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PRIMA SERIE

AVVERTENZA

l. Questo volume, secondo della prima serie, abbraccia il periodo dal 31 dicembre 1861, in cui terminava il volume precedente, al 31 luglio 1862, cioè alla vigilia della crisi di Aspromonte.

2. Il volume è basato soprattutto sulla documentazione conservata nell'Archivio storico del Ministero degli Affari Esteri e divisa nelle seguenti serie, secondo il nuovo ordinamento (R. MoscATI, Le scritture del Ministero degli Affari Esteri del Regno d'Italia ,dai 1861 ai 1887, Roma, 1953):

I. Gabinetto e Segretariato Generale: a) Registro copialettere corrispondenza ,confidenziale, n. 6 (7 ottobre 18614 maggio 1863).

b) Istruzioni per missioni all'estero, busta l (Brasile, aprile 1862.); busta 2

(Paesi Bassi, marzo 1862; Persia, aprile 1862; Russia, luglio 1862); busta 4

(Turchia, 5 luglio 1862).

c) Corrispondenza telegrafica, registri telegrammi in arrivo l (13 giugno 1861-3 marzo 1862) e 2 (4 marzo-24 ottobre 1862); registri telegrammi in partenza 50 (5 aprile 1861-30 giugno 1862) e 51 (l luglio 1862-23 luglio 1863).

d) Carteggio confidenziale riservato, busta l (relazioni segrete con l'Ungheria, 1861-1867). e) Ex cassette verdi (carteggi Nigra su questione romana).

II. Divisione Legazioni e Divisione Consolare: a) Minutari della 1a Divisione (Legazioni) n. 16 (gennaio-aprile 1862) e 17 (luglio-ottobre 1862).

b) Protocolli della corrispondenza con le Legazioni e Consolati, VII (Francia, 1861-1864); IX (Germania, 1857-1866); X (Inghilterra, 1861-1869); XI (Paesi Bassi, 1858-1866; Portogallo, 1857-1869; Prussia, 1861-1869; Russia, 1857-1870); XII (Spagna, 1860-1869; Stato Pontificio, 1857-1869); XIII (Stati Uniti 1857-1869; Svezia, 1857-1869); XIV (Svizzera, 1859-1869); XV (Turchia, 18591867).

c) Registri copialettere dispacci Ministero Affari Esteri alle Legazioni:

47 (Francia, 11 luglio 1861-26 maggio 1862); 48 (Francia, 27 maggio 1862-27 marzo 1863); 57 (Grec'ia, 24 luglio 1861-23 gennaio 1867); 59 (Inghilterra, 10 luglio 1861-26 gennaio 1867); 63 (Paesi Bassi, 30 agosto 1841-1 gennaio 1870); 65 (Portogallo, 27 maggio 1859-3 genha'io 1870); 66 (Prussia, 11 gennaio 185816 gennaio 1867); 70 (Spagna, 24 marzo 1856-6 febbraio 1866); 72 (Stati Uniti, 27 dicembre 1854-2 settembre 1866); 74 (Stato Pontificio, 12 luglio 1861-4 settembre 1863); 76 (Svezia e Danimarca, 15 aprile 1846-7 aprile 1865); 79 (Svizzera, 27 maggio 1861-12 novembre 1863); 85 (Turchia, 13 febbraio 1856-29 gennaio 1867).

d) Registri copialettere dispacci Ministero Affari Esteri ai Consolatf: 106 (Belgrado, 20 ottobre 1859-4 agosto 1866); 163 (Malta, 19 agosto 1854-3 gennaio 1870).

e) Rapporti degli Agenti Diplomatici e Consolari all'estero: pacchi 155 (Atene), 159 (Berlino), 162 (Berna), 165 (Bruxelles), 167 (Bucarest), 170 (Copenaghen e Stoccolma), 173 (Costantinopoli), 177 (Francoforte), 178 (L'Aja), 180 (Lisbonà), 181 (Londra), 187 (Madrid), 196 (Parigi), 214 (Washington), 225 (Belgrado), 263 (Roma), 267 (Scutari).

f) Pratiche diverse: busta relativa a questioni di diritto internazionale marittimo circa l'osservanza della neutralità.

Il materiale documentario dell'Archivio storico .del Ministero degli Affari Esteri a Roma è stato integrato con quello che_ è rimasto all'Archivio di Stato di Torino, -cioè la cartella 5 della Legazione a Francoforte (1861-1864), e con quello proveniente dall'archivio Ricasoli e conservato nell'Archivio Centrale dello Stato a Roma.

3. Di tutto questo materiale erano editi solo alcune circolari del Ministero degli Affari Esteri agli Agenti Diplomatici all'estero nella Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia; pochissimi documenti-sei! -presentati in un Libro Verde dal ministro degli Affari Esteri, Durando, al Parlamento, nella tornata del 12 luglio 1862 col titolo Documenti Diplomatici intorno ad alcune questioni italiane;

PRINCIPALI ABBREVIAZIONI

Archivistiche: A T = Archivio Teccio.

M R R = Museo Risorgimento Roma. A R B = Archivio Ricasoli Brolio. M R T = Museo Risorgimento Torino. A S T = Archivio Stato Torino. Cass. = Cassetta. A C R = Archivio Casa Reale, Cascais. Orig. autogr. = Originale autografo A C S R = Archivio Centrale Stato Co. = Copia.

Roma. L p = Lettera particolare. A P = Archivio Pepoli. T. = Telegrarr.ma.

Bibliografiche:

L V 4, Libro Verde n. 4: Documenti diplomatici relativi ad alcune questioni italiane presentati dal ministro .degli affari esteri (Durando) al Parlamento nella tornata del 12 luglio 1862.

Ricasoli VI: Lettere e Documenti del Barone Bettino Ricasoli, pubblicati per cura di M. TABARRINI e A. GoTTI, vol. VI, Firenze, Le Monnier, 1891.

Episodi: Episodi diplomatici del Risorgimento italiano dal 1856 al 1863. Estratti dalle carte del generale GIACOMO DURANDO, compilati da CESARE DURANDO, Torino, Roux e Viarengo, 1901.

Colombo: A. CoLOMBO, La questione romana nei carteggi Nigra-Durando in • Il Risorgimento Italiano •, vol. XXII, fase. III-IV, 1929.

Da Aspromonte a Mentana: [Anonimo], Sulla via di Roma. Da Aspromonte a Mentana in • Nuova Antologia •, Gennaio 1900, pp. 7-33.

CRISPI, Carteggi politici: Carteggi politici inediti di F. CRISPI (1860-1900), Aspromonte -Mentana -La Questione Morale, ordinati e annotati da F. PALAMENGHI-CRISPI, Roma, 1912.

Lynn M. Case: LYNN M. CASE, Franco-Italian Relations 1860-1865, Philadelphia, 1932.

PIRRI: Pio lX e Vittorio Emanuele II dal loro carteggio privato, II, La Questione Romana (1856-1864), per il P. PIETRO PIRRI S. J., Parte I e Parte II, Roma, Pontificia Università Gregoriana, 1951.


DOCUMENTI
1

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO (AT, orig. qUtogr.)

L. P. Torino, 31 dicembre 1861. Premetto che invito a trattenere ogni ;prima em~one ail.J..'udire H lingua~ggio che io terrò, e a disporre lo spirito a ri:ceverne i pensieri con ca:l.!ma, e c0111 risoluzione patriottka. Importa ·che i Roma:Illi rsi manirfe.st1no. Ne credo vennto il .tempo. È necessario di: apparec.chi:arne gli spiriti. Roma verrà all'Italia al seguito di un grande

processo di laivoro complicatissimo! Que:L popoJ.o, che infine dovrà stare a capo della vita nazionale, dovrà egli restare sempre muto, passivo, e sofferente? Egli che de<ve essere il depositario Idei Ò/Ue grandi: [POteri sociaU, il reUgioso e il. politico? Egli che dovrà essere il depositario del Capo della Chiesa Cattolica, e del Capo, e dei R!l\Pipresentanti della Nazione italiana? Ciò non ;può essere, ciò non può essere assolutatmente. E se fosse, lo :sarellbe a grande sua vergogna, a terribile nostra sventura. Ne conosco le difficoltà; ma più delle difficoltà .sta la necessità di atrrivare aJ.l'intento. Delle difficoltà non vogl;io parlare, se non quando, accettato risolutamente e generosamente il compito, si ;pa1ssi ad esaminare ile vi:e mi~ per conseguir·lo. Or dunque, i Romani, deposte ile ire e i rall!Cori antkhi, sceverando il passato in questo: il Papa si -il Re no, si adoperino a manifestare in modi pacilfici e civiili questa loro ferma volontà, 'come que'hli che 1:a Provvidenza fece nascere nella Città che deve stare alla testa della Nazione, e a un tempo

conservarsi Sede del Capo delia Chiesa CattO'Uca ,chiatmata jpllll"e Essa a libertà. Quei Cittadini debbono avere l'animo pari •al loro destino; fa d'uopo che si :dtrovi tutta la virtù di un popolo che ha la missione di operare la transformazione del Papato, e più queLla che .più particolarmente :spetta a quella pai'Ite (± Romani) dii questo Popolo, che de<ve essere il Depositario deillla Sacra Persona del Papa. Occorre oramai che l'Italia e l'Europa sappiano ·Che Roma ha dei Cittadini capaci all'opera ·grande .che si prepara in mezzo alla presente umanità. Sicc·ome ìl p!l"ocesso è tutto moraJ.e; 'il lavoro :è rbutto diretto a1 rass~curare il mondo cattolico che il Ca.po della Chiesa serberà ila sua indipendenza, godrà anzi di maggtore venerazione, dii maggiore gloria, ne consegue che dobbiamo mirare undcamente a penetrare nell'univer.sale che nessun migliore 'CiUStode può avere il Papa del Popolo italiano; e chi, in questo, dee :r:appresentare il Popolo itaUano, se non coloro ·che formano hl Popolo di Roma, capitaLe d'Italia e Sede del Capo della Chiesa Cattolica?

Quei Cittadini che sono deSitinati a tailito non possono nè debbono restare quasi negletti, in una passiva aspettativa: hanno !P€r Jo contrario a mostrarsi capaci a geneocosi oblii, e a resoluzioni vigor.ose in pro della Patria. Per essi la soluzione delle .intricanze romane debbe avvicinarsi.

l

l -· Doçumenli diplomatiçi • Serie I • Vol. II.

Chi potrebbe dire per qua•le atto questa sol!Uzione potrà venire? Qualunque ne sia modo, la riescita dovrà pur sempre in moLta parte dipendere dai Romani. Sopra ogni ·cosa preme •Conseguire la partenza delle Truppe francesi da Roma. Dirimpetto a ·questo fatto ogni considerazJione si annulla. Non tfa d'uopo che io lo dimostri. Liberata l'ItaUa dal più imbarazzante degl'interventi stranieri si trova padrona di sè. Ma questo fatto ·conviene :predisporlo, ed e•cco l'opera dei Romani, e, conseguito, tanto più occorre quest'opera. Il Governo d'Italia non oblierà i Romani; in quanto sarà da Lui ·cercherà .sostenerli nel modo che potrà meglio; ma con ciò non ,gi asterrà da dicl"e: a Voi toc•ca innanzi tutto. Sui particolari ,c'intenderemo quando ne potremo discorrere. Ora importa che i Cittadini romani [sic], e si cominci ad insinuar·e le idee più sane intorno il Papa e il Suo Governo. Alla riapertura del Corpo Legislativo in Francia, e del Senato si rinnuoveranno discorsi di ogni natura; ve ne sarà probabilmente altro del Principe Napoleone. Queste cose saranno come segnaLe delle manifestazioni romane. Conviene dunque che il Popolo romano si appare•cchi a organizzare la sua vita di Cittadino Romano e italiano.

Ella adoperi con saggezza di queste mie considerazioni (1).

2

CIRCOLARE DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO (Ed. in Gazzetta Ufficiale, 21 gennaio 1862, n. 18; in francese in Archives

Diplomatiques, 1862, II, pp. 286-290)

Torino, 3 gennaio 1862.

La S. V. Ill.ma è informata delle discussioni seguite nella Camera dei Deputati intoo-no alle più vitati questioni della politica italiana e delle dell1berazioni •che vi .diedero te:runine.

mato. Codesto Governo continua nella sua cecità e spingerà se stesso alla sua ultima rovina.

La Francia, fin qui, gli ha reso un sempre cattivo servizio sostenendo gli errori di Lui. Io sono

quieto nell'avvenire nostro, cioè sono certo della vittoria della nostra causa che è causa della

giustizia, della civiltà, dell'umanità. Gl'Italiani non mancheranno a loro stessi, e resteranno

saggi e forti fino in fondo. Ai Romani in particolare toccherà un compito speciale, e al

quale vorrei che fin d'ora si preparassero. Fra i modi di condurre all'ultimo periodo la

Questione Romana, potrebbe esservi quello della partenza dei Francesi con esigenza di

promessa per parte del Governo italiano di non invadere il territorio oggi del Papa. Questo

ripone sui Romani un forte obbligo, quello di far da sè come fecero i Toscani. Preme che

sieno padroni del terreno, che dirigano essi stessi i nuovi conti col Governo proprio, e non

si lascino sopraffare da alcun partito.

Quanto al Governo italiano è fermo di fare rispettare il territorio pontificio, di rispet

tare e di accettare le dichiarazioni del popolo romano; ma non aspetterà un minuto a invadere

" occupare Roma stessa al primo cenno di un governo importato di qualunque colore sia.

A Roma non dee succedere quello che successe nell'Italia meridionale. Faccia bene capire

Ili più autorevoli liberali questo pensierc..

P. S. -Tre fini dovrebbero mirare a conseguire fin d'o.ra i Cittadini romani. Ordinarsi per:1) dimostrazioni civili e assumere all'occasione il governo;2) per procedere ad un plebiscito; 3) per assicurare l'inviolabilità del Pontefice e indurre nel di Lui animo la confi

denza pel Popolo Romano, che se non lo vuole come Re, tiene a conservarlo come Papa. Nell'ordine con cui ho enunciato questi o,ggetti il terzo dovrebbe diventare il primo. Questo oggetto importa tanto, che mira a rispondere ai dubbi dell'Imperatore dei Francesi, che vede con terrore la fuga del Papa. Preme indurre nell'animo dell'ambasciatore Francese la persuasione che il Papa nulla ha da temere dai Romani, che se ne fanno i veri, e leali protettori, dividendo la questione politica dalla religiosa -inesorabili sulla prima; generosi per la seconda •

Ella pur •già 'conosce la fa·coltà conceduta al Governo di riscuotere per tre mesi le imposte e pagare le spese, non che di emettere Buoni del Tesoro sino alla concorrenza di 50 mtlioni. L'importanza però di questa fase della sessioTIJe parla,.. mentare prossima a chiudersi è tale che non parmi superfluo accennare aHa S. V. Ill.ma con precisione l'opinione del Governo del Re sia riguardo ai motivi, come circa gli effetti delle avvenute discussioni.

Il Parlamento Italiano aveva coi primi suoi atti gettate le .basi dell'unità nazionale, segnata la via secondo cui s'avesse a com,piere, provveduto 11 mezzi per armaJ.'e il pat>se e fecondarne le risol'lse. Era naturale che a·l ripigliarsi dopo tre mesi di sospensione i lavori parlamentari, i rappresentanti della nazione .bramassero conoscere quali progreStSi 1si fossero fatti e quali risultamenti ottenuti in questa grande opera di co,~t1tuire ed ordinare l'Italia. Dal canto suo il Gabinetto, penetrato della gravità del suo mandato, doveva .provare non meno vivo il desiderio di esporre lo stato delle cose·, e di chiarire se l'indirizzo da lui tenuto ·continuasse ad avere dl suffragio dei suoi c·oncittadini. Alcune cause particolari, come il ritardo nello scioglimento della Questione Romana per difficoltà indipendenti dalla volontà del Governo e dei suoi alleati, la soppressione della Luogotenenza di Napoli, il momentaneo rinvigorirsi del brigantaggio nutrito da avventurieri stranieri in qualche luogo del Napoletano, le comrpJicazioni politiche e pecuniarie d'Europa e l'influenza loco sul nostro credito concorrevano a far più sentita J:'grpportunità di reciproche spiegazioni e di reciproche intelligenze.

Una discussione ampia, sincera, compiuta appariva dunque necessaria per dÌISISipa~e le incertezze, illuminare la Nazione, e porla in grado di nnovamente proclamare per bocca dei suoi rappresentanti la condotta che si avesse ad osservare. A tale scopo corrisposero il f,attosi esame e le prese deliberazioni. Io non mi fermerò, o Signore, a considerare nel voto preso con sì numerosa maggioranza dalla Camera la testimonianza di fiducia che ne risulta per le persone che dirigono la cosa pubblica. Quel voto, ed in ciò consiste principalmente l'alta sua significazione, è l'esplicita e rei.terata sanzione di un programma consig'liato dal buon senso e dall'esperienza come il solo che possa condurre l'Italia alla finale sua meta, diminuendo le difficoltà della giusta e gloriosa nostra impresa e crescendole il favore della pubblica opinione d'Europa. Il Parlamento ha dimostrato che la nazione italiana, quantunque nuova in gran parte a vita libera e propria, pure non ism.entisce nè la pratica saviezza, nè la costanza onde furono sinora improntati i suoi passi nell'acquisto della patria indipendenza; che gU Italiani mirano sempre concordi al medesimo fine e che non si lasciano nè atterrire da ostacoli e da sacrifizii, nè spingere da generose impazienze. Tale si è,

o Signore, il senso intimo e vero delle ultime risoluzioni del Parlamento.

Nella Questione Romana infatti la Camera non solo riconfermava ma rafforzava il voto del 27 marzo. Frammezzo alle difficoltà incontrate essa nuovamente dichiarava che Roma è necessaria all'unità e alla quiete d'Italia. Ma in pari tempo, deliberando in seguito ai documenti presentati dal Governo del Re, essa veniva a signilficare che La Nazione italiana, sinceramente affezionata alla sua religione, è disposta a dare le più ampie cautele, le più sicure guarentigie che le coscienze cattoliche possano desiderare per la dignità e l'indipendenza del Sommo Pontefice.

Nè la Camera si mostrava men ferma o men temperata nella questione della Venezia. Col raccomandare alle sollecitudini del Ministero gli armamenti, essa non intendeva provocare prematuri conflitti, ma far palese all'Europa come l'Italia vuole proporzionare le sue forze ai bisogni del suo riscatto, affidando intanto alle ponderate deliberazioni del Governo il giudizio delle congiunture e dei mezzi che si presentassero favorevoli a propugnare efficacemente la rivendicazione di quella eletta parte del territorio italiano.

La facoltà infine accordata al Governo di riscuotere provvisoriamente le imposte e pagare le spese è chiaro argomento della volontà dcgli.Italiani di provvedere al corso regolare dei pubblici servizii, di non venir meno giammai agli impegni ed alle necessità del paese.

Questi voti, o Signore, hanno tanto maggior autorità, che essi furono emessi dopo mature discussioni nelle quali si erano attentamente esaminate le condizioni tutte della politica, dell'amministrazione e delle finanze.

Malgrado i sacrificii che impone all'Italia una trasformazione di cui non v'ha ,esempio neJ:la storia, malgrado ,gli ostacoli ,che 'filmangono a SU[)erare, la voce dei rappresentanti della nazione non fu voce di sfiducia nè di stanchezza, ma di forte e pacata risoluzione, di fede inconcussa nei destini della patria.

E questi destini il Governo del Re s'adoprerà a compierli seguendo quella via che gli è additata, e che non consiste in precipitare gli eventi, ma in prepararvi il paese e far vedere sempre più all'Europa che l'Italia ha effettivamente in sè ~Iii elementi edl hl. vilgor necessario per formare una Nazione ordlinata, prospera e quietar, senza che ne siano turbati gli interessi del!l'equiliibrio europeo, nè minacciati quei principii religiosi e civili sui quali poggiano le moderne società cristiane.

I risultamenti già 'conseguiti in così breve spazio di tempo, e tra le peripezie inseparabili da ogni grande rivolgimento dimostrano la fermezza di queste risoluzioni, ed il giusto fondamento delle nostre speranze. Le condizioni morali e materiali d'Italia non hanno cessato di migliorare e di procedere verso un regolare e soddisfacente assetto. L'ordine e la tranquillità regnano generalmente dall'un capo all'altro della Penisola. I nostri centri di maggior popolazione nelle nuove come nelle antiche provincie offrono chiari segni di fiducia, e di crescente attività industriale e commerciale.

Gli ultimi avanzi del brigantaggio, suscitato con oro ed intrighi stranieri, ormai ,sono d~strutti, ed alle repreSSiioni concovsero volonterose non solo le guardie nazionali, ma le stesse popolazioni combattendo con un ardore che attesta quanta avversione ispirano le pretese di una restaurazione non voluta dal paese e che impiega salariati ribaldi. Una leva numerosa si va operando nelle rprovincie meridionali ed i chiamati accorrono sotto alla bandiera itaJ:iana, con prontezza dovunque, in molti luoghi con entUJsia,smo. L'a!bolizione de'1l:a Luogotenenza in Napoli è stata accolta con generale soddisfacimento dalle popolazioni, le quali già sentono i benefizii del regime normale nel regolato e spedito procedere dei vari irami della iPU!bblica amministrazione. La sicurezza momentaneamente minacciata in una delle principali città da una associazione di malfatto11t, dolorosa eredità delJ.a rilassatezza delJ.'antico governo, fu con energiche ed adeguate disposizioni prontamente tutelata, e l'impero delle leggi farà sentire ai colpevoli che per il delitto non vi ha in Italia nè impunità, nè indulgenza. Le ferrovie ed altre opere pubbliche largamente decretate si eseguiscono attivamente, e dando lavoro a migliaia di braccia contribuiscono già poten.temente alla moralità ed al ben essere delle pqpol:azioni, intantochè servano a renderne più facili le relazioni ed animarne i traffici e le industrie.

Un servizio postale ampiamente ordinato per terra e per mare assicura sovra tutti i punti della penisola la celerità delle corrispondenze.

Quell'esercito, che dai nostri avversari si diceva ~o&.c:ùbile mettere E!i tenere insieme perchè formato di elementi diversi, prova col!l.a fratellanza, coll'istruzione, e colla disciplina che gli Italiani di tutte le provincie sono atti alla professione delle armi.

I carichi infine cui dovranno sopperire le nostre finanze non sono superiori ai mezzi di cui ,può diisporre la Naz1one, e l'Italia dimostrerà fra breve aver essa bastante ricchezza e bastante patriottismo per soddisfare a tutte le esigenze del suo nazionale risorgimento.

In somma, o Signore, quando si volga uno sguardo imparziale alle nostre condizioni ed a!lla nostra ,condotta, si riconoscerà che l'Italia seriamente vuole costituire la sua unità, ed è capace di costituirla.

Questa è la vera nostra situazione, e questa soddisfazione varrà, io lo spero, a conservare alla patria nostra le antiche, e procacciarle nuove amicizie.

(1) Il Ricasoli aveva già scritto al Teccio in data Torino 15 dicembre 1861 (AT, orig.autogr.): c Voglia recapitare l'acclusa in proprie mani del Sig. Battarelli. Continui a tenermi informato dell'andamento delle cose di costà, accompagnandomi la relazione dei fatti con i suoi giudizi. Cerchi però quanto ai fatti di attingere al vero. Mi occorre di essere sempre bene infor_

3

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

L. CoNFIDENZIALE s. N. Torino, 3 gennaio 1862. La circolare che qui Le acchiudo (1) Le spiegherà il concetto delle rece.'lti

deliberazioni del Parlamento, lo stato del paese, e le conseguenze che nell'op.·nione del Governo del Re ne debbono derivare. Credo che in mano della

S. V. Ill.ma e da Lei interpretato, quest'officio produrrà buoni effetti.

Le aggiungerò però alcuni riflessi più specialmente relativi alle relazioni nostre colla Prussia e dai quali Ella vedrà l'uso riservato e confidenziale che dovrà farne presso il Gabinetto di Berlino.

Il voto della Camera e la vera situazione degli spiriti e delle cose in Italia d ,sembrano dover raSISkurare pienamente quel Gabinetto non solo SIUlla stabilità e sul regolare procedere del Regno italiano, ma eziandio sulla indipendenza e sulla ponderatezza della nostra politica.

Noi capivamo che un due o tre mesi fa le condizioni dell'Italia Meridionale potessero ancora ispirare al Governo Prussiano qualche dubbio sulla possibilità che si cementasse l'unione fra quelle provincie ed il resto della penisola nostra, che si costituisse delle varie parti uno Stato forte, tranquillo e che dasse piena guarentigia di sè all'Europa.

Ora questo dubbio non ha più giusta ragione di essere. Le Provincie Meridionali sono quasi assolutamente libere dal flagello del brigandaggio, e le popolazioni han fatto molto per a:iutare il Governo a sradkarlo. Non vi potrebbe essere prova migliore del loro pieno consenso al nuovo ordine di cose e della ripugnanza loro per ogni pensiero di restaurazione. Ma possiamo inoltre assicu

rare il Governo Prussiano che le Autorità Regie sono obbedite e rispettate nel mezzogiorno d'Italia come nel resto, che il regime normale introdottovi abolendo la Luogotenenza vi funziona senza niuna difficoltà, che insomma la fusione si va regolarmente operando e non v'è motivo di temere che non si compia perfettamente. Nelle discussioni fattesi in Parlamento vi può essere stato soverchio calore prodotto da poca pratica della vita parlamentare ed anche da quell'urto momenUmeo di personali interessi o di personali desiderii che non si evita neanco negli Stati costituiti da lungo tempo e che è naturale in uno Stato nuovo e dove è succeduta in due anni una totale trasformazione. Ma in sostanza ed in Parlamento e fuori l'a!S'Pirazione essenziarle, la volontà ben decisa delle popolazioni italiane si mostra una sola, quella cioè di star uniti, di organizzare il nuovo regno e di completarne il territorio.

Quindi se la Prussia esitava a riconoscerei per timore di sconvolgimenti che distruggessero l'opera delle annessioni, questo timore debb'essere cessato e ci sembra che ragionevolmente un Governo liberale, ed illuminato, il Governo di un popolo che ha tanto patriottismo e tanta robustezza di carattere non possa tardare più oltre a riconoscere la nostra nazionalità, il nostro Regno.

I Ministri di S. M. Prussiana hanno assicurato più volte la S. V. Ill.ma che non vedevano per la Prussia alcun danno nella formazione di un forte Stato Italiano, che anzi in massima la credevano utile ai suoi interessi.

Questo modo di vedere onora la loro perspicacia ed è pienamente conforme ad una sana politica. Diffatti la Prussia deve desiderare che l'Italia sicura pel consenso delle grandi nazioni che le sue sorti non possono seriamente pericolare, sia libera di seguire una politica la quale contribuisca ad un ponderato equilibrio degli Stati d'Europa e pur rimanendo amica di tutti, benevola con tutti, non sia costretta dalle diffidenze o dalle inimicizie altrui a cercare esclusivamente l'appoggio di una piuttosto che di una aJtra nazione.

Questa considerazione mi sembra debba avere molta influenza nei Consigli del Governo Prussiano.

Raccomando a Lei, Signor Conte, di svolgerla e farla valere. Il rkonoscimento della Prussia sarebbe un fortunato evento per l'Italia, ma credo coscienziosamente sia pure nelle convenienze della Prussia medesima.

(1) Cfr, n. 2.

4

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

L. RISERVATA. Torino, 3 gennaio 1862. Ho segnato nella circolare qui unita (1) quelLe generali considerazioni che ci sembrano logicamente risultare dai voti recenti della Camera e dalla condizione del paese quale essa è realmente. Ma uno degli effetti più essenziali che, secondo noi, debbono derivarne si

è di rendere più urgente e nello stesso tempo più facile uno scioglimento della Quistione Romana.

Ormai non si può ragionevolmente dubitare che l'unità d'Italia è seriamente voluta dagli Italiani, e che l'Italia si può costituire e praticamente va costituendosi con ordine, con fermezza e con quiete.

Quindi il timore di far opera vana dandole Roma non può più sussistere. Ed il possederla è per il nuovo regno una vera necessità, sia perchè da quel punto centrale si può governare più facilmente, sia per sedare le inquietudini e le impazienze che nascono dall'avere in casa un fomite di agitazioni .e di dissidii, sia per evitare che vengano a prodursi gare municipali.

Per altra parte moralmente e religiosamente parlando, le discussioni e le deliberazioni della Camera hanno chiaramente confermato un fatto evidente d'altronde per chi conosce 'i sentimenti religiosi delle nostre popolazioni, che cioè se gli Italiani desiderano vivi:ssimamente di aver Roma non vogliono per niun modo osteggiare l'autorità spirituale del Pontefice, anzi son dispostissimi a largheggiare perchè quella autorità sia del tutto libera e guarentita.

La forza dunque che il Governo Italiano riceve da questo consenso della Nazione non solo nello scopo finale, ma eziandio nel modo di conseguirlo non con danno ma con utile della Chiesa, deve far persuaso il Governo dell'Imperatore che il Sommo Pontefice troverebbe non solo in diritto ma in fatto ogni più ampia tutela della sua dignità, ogni più sicura guarentigia della sua indipendenza piena ed intiera per l'esercizio del sublime e necessario suo Ministero.

Il Papa in Roma capitale d'Italia sarebbe certamente rispettato non solo, ma amato e difeso dagli Italiani. Ci sembra quindi che non vi possa essere motivo per differire a soddisfare i legittimi voti d'Italia, affidando Roma alla sola tutela di truppe ed autorità Italiane, od almeno, qualora si credesse conveniente di procedere a gradi, ammettendo in Roma un presidio misto di Francesi e d'Italiani.

L'opinione del mondo cattolico è ormai preparata a questo avvenimento. L'opinione liberale in Francia, che è la più numerosa e la più potente, ci sembra approvarlo e desiderarlo come giustizia resa alla Nazionalità italiana, e come mezzo di por fine agli imbarazzi che derivano alla Francia dalla occupazione di Roma.

Io so infine quanto sieno alti i pensieri dell'Imperatore, e quanta la benevolenza sua per l'Italia.

Spero adunque che la S. V. Ill.ma troverà terreno meglio preparato a ricevere nuove istanze e confido non meno nel suo impegno che nella sua abilità in saperle fare.

(1) Cfr. n. 2.

5

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (Ed. con qualche variante in Ricasoli, VI, pp. 268-271)

L. P. 40. Londra, 3 gennaio 1862.

Ieri sono stato a trovare Lord Russell a Richmond. Abbiamo discorso lungamente assieme sulla situazione attuale e lo trov;;~i nelle migliori disposizioni. Egli s'accusò immediatamente di certa lettera scritta ad Hudson onde distinguere nell'approvare jJl programma di V. E. tra J:a parte pacifi·ca e 'la bellLcosa, accettando la prima e sconsigliando la seconda, come non solo pericolooa pex l'Europa, ma come avendo molti abissi principalmente per noi italiani. Gli dissi che naturalmente suo dovere come Ministro inglese era di consigliar la pace; ma che non stupirebbe se, colla massima riverenza pei suoi consigli, noi invece seguiteressimo quelli venutici dalle circostanze e principalmente dai nostri interessi. Ed egli rispose che questi interessi non dovevamo mal interpretarli.

Io chiamai rpoi la sua attenzione sull'ordine con cui V. E. intendeva procedere nel suo programma, facendo Roma iPUllto che preceda quello di Vene~ia, mentre partiti più impazienti o forse meglio imprudenti facean 1'Qpposto. Siccome iJl modo di vedere di V. E. si combinava anche più con que1lo del Ministero inglese, dtssi a Lord Russell che dorvean aiutare attivamente l'E. V. pokhè se non si vedea per parte degli amici nostri che fiactchezza ed iner21ia, allora noDi solo g]i a:vversari del partito d'azione ma noi pure più prudenti, avremmo finito ·col darci per persi a meno savi divisamenti. Del resto dissi: ,la ver~ità ·rendendo omaggio a:lle sue simpatie toostanti e sLcu:ramente fin qrui non inoperose, ma domandai quaèlche atto, per dir così palpabile, da farsi va~lere. Egli mi narrò dettagliatamente quant'aveiSiSe fatto, aver ·egli scnitto a BerJ.,ino e{): a Pietroburgo, ma con lettere particolari, parendogli poco dignitoso di faJr proposizioni formali ove poi fossero mal accolte, onde con runa fregatina di mani disse ·che il Blue Book non avrebbe a mischiars:ene. A Berlino sempre gli stessi indugi. Bernstorff non avverso ma domandando che non gli si chiedetsse rottura con l'Austria. A Pietroburgo pareva da principio Gortchakoff un po' meno avverso; ma essendosene ralilegrato seco lui Lord Napier, il Ministro gli disse che aveva prr-eso sbaglio e ,che la questione non avea fatto passo avanti. A Vienna pure Bloomfield ebbe incarico di parlar a Rechbel'g e lo fece chiedendo notizie dehla sua gita a Venezia, e se il cattivo risultato della visita imperiale non avrebbe fatto pensare a ~cedere la Venezia. Ma ila il"isposta fu del tutto contraria.

Io feci osservare a Lord RusseU,che ero di un parere interamente contrario al suo, in quanto al modo di far questi passi presso alle varie potenze, poichè se anche una proposizione si facesse dall'Inghilterra officialmente e pubblicamente, e andasse fallita, quest'apparente sconfitta sarebbe ampiamente compensata dal bene che ne risulterebbe nell'opinione pubblica in Italia. Lettere particolari non si conoscerebbero, e poichè essi in Inghilterra parlavano sempre di appoggio morale, scrivessero almeno dispacci e poi li pubblicassero. Guardasse il buon effetto prodotto in Italia dai dispacci ultimi di Thouvenel e giudicasse. Lord Russell mi parve piuttosto persuaso di questo mio ragionamento e disse vi rifletterebbe sopra. Intanto disse che già da Berlino gli si scrivea di provare se un dispaccio non farebbe buon effetto. Dimenticai di notare che dandoci consigli di prudenza, Lord Russell mi disse che anche a Parigi Cowley scrivea che Thouvenel gli diceva esser l'Imperatore avverso al nostro muover guerra

per la Venezia. Ed io gli risposi che se anche l'Imperatore la pensasse altrimenti, non andrebbe a contarlo a Cowley e forse neppure a Thouvenel. Ma egli disse che Cowley aveva vari modi di sapere le cose anche oltre a Thouvenel. Ma io gli domandai, se quando si maturavano i progetti di Plombières, Cowley era stato informato a dovere. Ed egli dovette finire col confessare che sia per riguardo ad Alatri che per i rinforzi mandati al Messico, Thouvenel pareva ignorante di quanto opravasi dal suo coLlega ana :guerra ..

Dissi poi a Lord Russell che per un momento avevo esitato a parlargli senza reticenze sui vari •casi che potean:si presenJtare nelle nostre ricerche; ma credevo agire nel senso delle intenzioni del lealissimo mio capo, parlandogli con franchezza tale, che mai poi in qualunque circostanza egli potesse accusarmi d'aver finto o taciuto in cose gravi ed importanti. Parlai di tentazioni imperiali e parlai di movimenti in Ungheria. E sicuramente, benchè non approvando, non mi par che il mio interlocutore udisse cose nuove. Egli pare abbia fatto a Parigi qualche osservazione sul modo d'agire del signor Benedetti per riguardo alla V·enezia; ma Thouvenel pa.r ave.r risposto che rse Benedetti spingeva in quel senso, agiva a modo suo e non secondo le intenzioni e le istruzioni del Governo imperiale.

A Roma l?are esista antagonismo tra La Valette e Goyon. Lord Russell mi raccontò un propos curioso attribuito al Cardinale Antonelli, il quale avrebbe detto che se partivano i Francesi, il Papa avrebbe ricevuto i Piemontesi a piè della gradinata di S. Pietro. Lord Russell mi lesse allora un dispaccio confidenziale di Hudson, il quale tributa giusti elogi alla politica seguita dall' E. V. come la sola che possa condurre le cose a bene. Ecco all'incirca cosa sentii ieri da Lord Russell. Siamo insieme nei migliori termini. E anticipai le istruzioni che V. E. mi dà nella sua penultima lettera (1). Vivo in ottime !relazioni con tutti i Ministri, ma non ne frequento che due, perchè in questo paese se ci vedessero troppo frequente ne.gli altri dicasteri si aJVrelbbe l'aiiia d'un faccendiere. Ma l'essenzial punto da me non senza fatica ottenuto si è d'esser in casa del primo Ministro, in una situazione eccezionale, malgrado opposizioni infruttuose di vario genere. Ma sapendomi non solo i colleghi ma gli altri Ministri di qua, fermamente ancré dal capo \loro, ne provo sovenrti, le assi-curo, i saLutari effetti, in modo che non si crederebbe.

Basta, spero che in tanto Lord Russell le scriverà ver via di Hudson in modo rassicurante. Mi parve, lo ripeto, nelle migliori disposizioni ed io nel mantenerlo feci il mio dovere, dovendosi da noi diplomatici combattere le difficoltà con modi concilianti e l'uso della pazienza.

Ec,co Ja 'Lettera rche stamani Shaftesbury mi mandò dalla campagna (2).

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IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

H. 123. Londra, 6 gennaio 1862.

Ieri ho visto Lord Russelil per rig.uaroo della soluzione prO!Posta da V. E. per l'affare delle ,armi sequestrate nei principati Danubiani e di cui trattavasi nel Dispaccio 31 dic. (Confidenziale) (3).

Il Ministro degli Esteri pare di.spost1ssimo ad adottare quest'assestamento delLa quistione. Però tuttochè m'abbia illJCarioato di scriverne Jin questo senso all'E. V., ha desiderato prima di dar risposta definitiva, di aver qualche eom.municazione •con Sir H. Brulwer onde assicurarsi che non eslistesse per parte sua qualche valida obb1ezione.

Ho nella stessa mia visita informato S. E. dclia ir'isoluzione presa dal R. Gov·erno di rinunziare a mandar una nave da .guerra nel Messtco, la quale egli approvò pienamente.

(1) -Cfr. Serie l, vol. l, 432. (2) -Manca. (3) -Manca.
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IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (ARB, cass. 53, n. 115, orig. autogr.)

L. P. 43. Londra, 6 gennad.o 1862. Ho ricevuto l'ultima sua (1), non saprei dire se con più interesse o riconoscenza. La confidenza da Lei dimostratami mi va al cuore e sicuramente non posso a meno che di rispondervi con gli stessi sentimenti ed aumentare, se potessi, il desiderio di far quanto sta in me per esserle di qualche assistenza nelle circostanze attuali. Mi metto in pensiero aJ. suo posto e ne comprendo tutte le aridità e le difficoltà. Siamo da così poco tempo condotti allo stato di nazione, che si dura un po' fat1ca a considerarci come facenti parte d'un tutto .e poi per Lei che deve intendersela, non solo con colleghi scelti nelle varie parti della penisola, ma che travasi avere a capitanare in tutti i dicasteri impiegati invecchiati in certe teorie di routine e di campanile, non posso realmente .dir altro, malgrado l'onore, se non che non l'invidio. Ad ogni modo intendo come certe volte Ella provi strane tendenze a riveder la Toscana, poichè credo realmente che per certi caratteri, come il suo, invece d'abituarsi alle costumanze e tradizioni dei bureaux o ai raggiri della politica vien, dopo un certo tempo, il destro di mandar tutto a spasso. Esempio notevole ne vediamo nel mio riveritissimo zio e credo fermamente che, senz'aver meriti uguali o biografia da star a paragone, il nipote non durerà tanto a far lo stesso. Basta, questo almeno le voglio dire per consolarla, che in questo paese Ella non ha fatto che crescere in stima e considerazione; più hanno potuto convincersi, coll'esperienza, del modo in cui Ella pensasse. Come le dissi fin da principio, Ella veniva appunto a restituir per la nostra politica quella confidenza che, malgrado l'immensa ammirazione per i suoi talenti, Cavour aveva perduto in gran parte, avendo dovuto, nelle tempeste ch'ebbe a traversare, salvar solo quel che potè in fatto di principii onde arrivare al porto. Il modo suo di pensare relativamente alla politica imperiale si combina con quello di questi signori. Onde non occorre ch'io le dica in sostanza che qui si considererebbe la sua uscita dal Ministero come una calamità, per impedir la quale sarebbero pronti a far quanto dipende da loro. Ma questo tanto, diciamolo francamente, non è gran •cosa. Malgrado tutta l'importanza che vedono i Ministri inglesi a impedir

la politica imperiale di diventar preponderante, essi realmente sanno di poco potere per opporvisi. L'Imperatore è padrone della situazione, fa le guerre

lO

a suo talento ed a dispetto dei suoi sudditi, sente in certi momenti la necessità di portar l'attenzione dei Francesi e dell'esercito su una guerra che soddisfa l'ambizione nazionale e la fa; mentre i Ministri ingJ,esi devono contare cori parlamento, combinarsi colle idee sode e poco guerresche della nazione ed infine sono obbligati a prevedere gli istinti del paese e secondarli a costo d'esser rovesciati. L'Inghilterra non brama conquiste, n'ha anche di troppo di quanto ha. Nelle situazioni politiche simili alla nostra attuale, i Ministri inglesi si trovano dunque ,colle mani legate e quando noi élll'gomentiamo dei vantaggi con cui può sedurci la Francia, si stringono nelle spalle e dicono di non ne poter fare altrettanto. Del resto il problema da <Sciogliere può esser suscettibile di due soluzioni: far l'Italia con la guerra e la Francia; far l'Italia con la pace e l'Inghilterra. Per questa seconda tesi vi vogliono tre operazioni, tutte difficilissime per non dire impossibili: che, spinte dall'Inghilterra, la Prussia e la Russia ci riconoscano; che dopo la ricognizione agiscano vivamente sull'Austria per la cessione della Venezia; che l'Austria convertita vi acconsenta.

Ora sembra a me che la Prussia e la Russia non pensano menomamente a prestarsi alle urgenti preghiere inglesi per la ricognizione; che ove pesassero sull'Austria coi consigli, questa li manderebbe a spasso, dicendo che non intende cedere la Venezia per salvare le provincie renane e che sarà sempre a tempo a cedere alla forza, siccome non andremo a Vienna. Che se son così tenere per la Venezia, diano il buon esempio in Polonia e Galizia. In ultimo dirà l'Austria che non può cedere se non almeno a un apparente violentarla.

La miglior volontà dell'Inghilterra di risparmiare a se stessa le vicende d'una guerra europea assistendoci nell'acquisto pacifico della Venezia, essendo così contrastata da difficoltà così colossali, resta l'altra soluzione colla Francia ed i cannoni.

Sicuramente Ella dice benissimo che tante seduzioni può accatastare la Francia che finalmente gli uomini di stato italiani non potranno impedirsi d'andar avanti ed allora sarà quel che potrà. Stiamo attenti però che non succeda che venga fatto, a chi osta l'unità italiana, di metterla a meno di due dita d'un naufragio totale. Ma sicuramente, sebbene quella teoria sia più diplomatica che leale, una gran maggioranza in Italia, benchè non amante l'Imperatore, sarà per continuare il capo d'opera di Cavour, il quale, non essendo più francese di Lei o di me, seppe sempre impiegar la Francia ed ottenere i suoi fini. Suppongo che questo sarebbe ugualmente il fondo del pensiero di Rattazzi. In quanto all'esecuzione resta a vedersi chi sarebbe più furbo dell'altro. Il gran timore che in molti cuori italiani desterà l'avènement di Rattazzi si è che per errore o per colpa si lasci andare a concessioni di una conseguenza duratura.

A questo dunque tende tutto [que]sto mio bel ragionamento: se realmente Ella vedesse ostacoli insuperabili all'esecuzione del primo progetto, l'acquisto pacifico della Venezia, e non restasse più che il secon.do, crederebbe Ella impossibile, accettando una volta ancora questo sacrifizio alla patria, di combinarsi con Rattazzi ed impedir colla sua presenza quella linea ultra francese che in fondo tutti rpaventano? E fo11se esagerano, ,potchè non posso credere che, prestandosi a cessioni territoriali, di cui s'è mostrato l'accanitissimo avversario, Rattazzi volesse rovinars1i l'avvenire, destar complilcazioni europee e forse il'ivolgimenti in Italia da tutto rovinare; ma, skuramente, restando Ella ai!. Ministero, 1e apprensioni, certissime a destarsi nel caso contrario in Inghilterra, diminuirebbero d'assai. E la linea politica che seguirebbe questo paese se ne risentirebbe senza alcun dubbio. Voglio dire che credendoci divenuti roba francese con una combinaz~one Rattazzi pura, troveressimo musi duri, :prevenzioni e sospetti, invece delle cortesie che ci si cerca usare. Sapendola invece al Ministero si sa di certo che al più si tratterà d'alleanza, ma non di subbiezione. So che molti possono essere gli argomenti contro, che un elemento può assorbir l'arltro, che potrebbe accadere ·ch'Ehl:a perdesse in prestigio più del 1bene che potrebbe fare, ma sarebbe tale il desiderio di saperla al caso di tutelar certi interessi che facilmente si potrà capire quanto lo desidero.

La sua lettera mi giunse in campagna in casa dei Shaftesbury, amici devotissimi alla nostra causa e che da anni ci han date prove continue dell'interesse profondo che vi portano. Milord, ottima persona, che com'Ella sa è alla testa del partito religioso, porta all'Italia un dévouement come n'ho visti pochi. Diresse comitati, organizzò sottoscrizioni sia pei profughi napoletani, sia pel monumento a Cavour, perorò dappertutto per noi ed è considerato come un caldissimo fautore delle cose nostre. Lord Palmerston, tuttochè non lo creda un genio, ha però per lui una grande e singolare stima ed in questi giorni ·stessi gli ha ancora offerta la Giarrettiera che Shaftesbury ha ricusata, per indipendenza e forse per economia, come l'avea già ricusata a Lord Aberdeen.

L.ady Shaftesbury, olt:ve al!l:'aver presieduto al comitato per [i] soccorsi ai feriti in Sicilia, ha dal canto suo arditamente sostenuto la nostra causa ogni qualvolta l'occasione se ne presentò e molte utili informazioni le son dovute. Essa è figlia prediletta di Lady Palmerston ed anzi, io non credo di esser cattiva lingua perchè si sa da molti, che essa pure è figlia di Lord Palmerston, il quale anche lui ne ha gran affezione ed anzi gran concetto del suo modo di pensare. Questa dissertazione di cui le chiedo scusa era però necessaria onde spiegarle il mio modo d'agire.

Dopo d'aver presa conoscenza della sua lettera consultai gli amici coniugi

sul miglior partito da prendere, Milady eil.'a per partecipare le idee di V. E.

immediatamente a Lord Palmerston, profittando di questo intervallo di riposo,

prima che arrivi la risposta d'America. Era da temersi però che venuta questa,

facesse dimenticar ogn'altra vertenza. Meditatosi sul preferibile, mi decisi alla

proposizione seguente che, pensata da me, fu accolta con plauso dai miei con

siglieri intimi.

Farei, in inglese, un srunto delle idee :princi.pali della l·ettera per gui:da di

Milord, il quale brevemente ne avrebbe scritto a Lord Palmerston, dicendogli

che trattavasi di notizie ricevutesi da me e di cui mi riservavo dargli comuni

cazione in tempo opportuno, questo fissando su questo argomento l'attenzione del

primo Ministro, basterebbe pel momento a dar un'analoga direzione alla politica

del Gabinetto. Intanto si lascerebbe passare questo temporale della risposta

americana e quando poi verrei a conferire con Lord Palmerston lo troverei

già padrone del suo soggetto ed al caso di darmi una risposta un po' meno

dis·colorata.

Inoltre ho pensato che intanto potevan nascere circostanze che forse a

Lei pure farebber pensar meglio di non entrar in materia, e facendo, siccome

feci, se poi ora non si credesse dover entrare in particolari, basta non parlarne più. E neppur qua possono lagnarsi che li abbiamo presi totalmente per sorpresa. Ho fatto queste riflessioni nel caso in cui, per esempio, diventasse indispensabile di dar alla nostra politica una tendenza guerresca e francese. Non so fino a che punto sa,rebbe politico di destare noi medesimi direttamente le gelosie e le apprensioni dell'Inghilterra. Nel qual caso si metterebbe in pratica il principio fare e no-n dire.

Ad ogni modo ho preparato una semplice notizia pro-memoria che intenderei, ove Ella lo stimasse a proposito, di rimettere a Lord Palmerston, quando gli andrei a parlare a questo riguardo. Questa notizia l'ho messa al netto e mi perdonerà se gliene mando solo la mifluta, bestialmente scritta e che la pregherei, dopo letta, di 'bruciare. Se Ella crede che la cosa valda bene, la ,pregher,ei di volermi autorizza:ve a presentarLa, sia per telegrafo coll'espressione: J'approuve, oppure scrivendomi in termini da non intendersi alla posta. Allora mi terrò per autorizzato e quando crederò opportuno parlarne a Lord Palmerston gliela darò.

È inutile d'aspettarsi a una risposta positiva dal Gabinetto inglese. Dirà quel che è vero, che prende un profondo interesse all'assestamento della questione di Venezia, che ha fatte e fa tuttora istanze presso le potenze e se poi andassimo fino a domandargli cosa farebbe se scoppiasse una guerra tra noi e l'Austria, coll'assistenza della Francia, inevitabilmente ci esi risponderebbe come al solito: che l'Inghilterra non risponde a semplici ipotesi, ma aspetta si presenti il caso e poi agisce come lo crede meglio adatto a quella circostanza. Siam dunque ridotti a indovinare.

A me pare che l'Inghilterra non mostrerebbe i denti che se vedesse minacciato il Belgio o soprattutto Anvel1Sa. Ma la questione veneta quasi di certo porterebbe conseguen2le e complicazioni in ordine progressivo. L'Inghilterra ammetterebbe i primi gradi di questo termometro e resisterebbe agli ultimi. Voglio dire che ammetterebbe, senza incoraggirlo, il distacco anche violento della Venezia, parlerebbe forte quando vedesse impegnarsi guerra fra gli alleati francesi e la Prussia. Ma dubito assai che farebbe la guerra pel Reno a meno, come dico, che vi attaccasse l'idea dell'annessione del Belgio. Si durerà fatica a persuadere alla nazione inglese di entrare in una guerra per sostenere puramente Interessi tedeschi ed austriaci. Ma quando difenderà Anversa crederà difender se stessa. Le simpatie inglesi per la Prussia sono minime perchè non armonizzano le nature dei due paesi e la Corte prussiana si tratta qua d'ilmbecilie: cattive qualificazioni per accomunarsi [in] una guerra. Quanto agli Amtriaci esiste, è vero, fra gli uomini di Stato una rancida persuasione che possa esser utile la loro esistenza politica e la loro alleanza, ma dovendosi riconoscere quanto caduca sia questa potenza, si finirà col dirgli: chi è cagion del suo mal pianga se stesso.

Questo timore di vedersi trascinati in una guerra europea agirà sicuramente sui Gabinetti inglesi Whig e Tory. E forse proverebbero, se non sono in guerra coll'America, a parlar forte fin da principio per veder d'impedir la Francia di principiar il ballo. Ma, come ripeto, essenzialmente non agiranno davvero che quando interessi inglesi anderan di mezzo.

Secondo i Ministri al potere, secondo il partito a cui appartengono, faran più o meno, grideranno, forse andranno fino ad interrompere i rapporti diplomatici, ma non si batteranno per la Confederazione.

Ieri vidi Lord Russell a Richmond per l'affare delle armi a Costantinopoli. Egli stesso fece parola della lettera di Shaftesbury di cui Lord Palmerston gli aveva parlato ed io gli dissi che, per ora, non entrerei in discorso perchè in questi gravi momenti credevo la loro attenzione concentrata altrove. Ma più tardi, e con l'autorizzazione di V. E., gLiene avrei detto di più. Però, senz:entrare in altri particolari, si discorse dietro alle nozioni avutesi in questa corrispondenza. Egli naturalmente .consiglia di aspettare. Dice di ammettere ·le conolusioni, come le vogliamo noi circa Venezia e Roma, ma dice d'aspettare le soluzioni dal tempo, anzi citò un discorso del Re in cui dicevasi esservi il tempo d'agire e quello d'aspettare. Al che risposi che stava pur bene, ma che doveasi però ammettere un termine alle dilazioni e gli citai il suo ultimatum a Seward, il quale ammetteva bensì dilazione, ma la fissava a sette giorni, e gli rammentai che forse verrebbe il giorno in cui ci pentiremmo di non aver scelto l'attuale momento propizio degl'imbarazzi finanziari austriaci, ag1tazione ungherese etc. Lord Russell disse a questo proposito che, s'econdo gli si scrivea, gli Ungheresi erano molto meno mal disposti ad intendersela coll'Imperatore. Ed io replicai tenersi le due quistioni :n reciproca dipendenza, cioè ~che se gli Ungheresi si credevano abbandonati daghl Italiani, sicuramente penserebbero a cavarsela come meglio potrebbero.

Lord Russeli mi dis,se aHora di badare che l'Italia indipendente era una cosa e l'Italia satellite della Francia un'altra; e che qui in Inghilterra la differenza nel modo di vedere e di simpatizzare se ne risentirebbe enormemente. Disse inoltre che se l'Imperatore, invece di una politica di moderazione, voleva, come suo zio, intraprendere una politica aggressiva, finirebbe come lui. E d'altronde, soggiunse, ~che dovevamo non rperder di vista il detto d:i Thiers.: cioè che stava bell'e bene andare avanti coll'assistenza della Francia, ma che se ~capitava che le cose andassero male per l'Imperatore egli sacrtficherebbe, per salvai"e la Francia, non i Francesi, ma gl'Ita·liani. Ed io rìsposi: che non chiudevam gli occhi ai pericoli che correvamo, ma volendo mettere termine a quello stato di provvisorio che ci minacciava di morte e, non potendo sperar altra combinazione, dovressimo pur tentar la sorte con quei mezzi di cui potevam disporre.

Mi ripetè parimenti che avea fatte continue istanze a Berlino per la ricognizione, ma che, benchè Bernstorff non vi fosse tanto alieno, però non la vedea probabile.

In conclusione, se Ella crede, farò ai due Ministri inglesi des ouvertures su quanto Ella ebbe la bontà di scrivermi. Finora, si può dire, che non abbiamo fatto niente. Ho voluto, semplicemente, far prevedere la risposta. S'avrà sempre quest'utilità di poter dire dopo: Avressimo volentieri evitato mezzi violenti e fino all'ultimo v'abbiam domandato d'ottenere una soluzione pacifica. Per conseguenza, se Ella troverà il mio pro-memoria buono, abbia la bontà di telegrafare. Se Ella crede di non far niente, voglia scrivermene, ed infine, se Ella crede dover fare cambiamenti alla mia ·redazione, voglia farli e poi mandarmelo per via sicrura.

ALLEGATO

PRO MEMORIA (1)

(AST, Carte E. D'Azeglio, minuta)

L'interprétation donnée par Ricasoli au dernier vote de la Chambre des Députés à Turin (11 Décembre ult.) est que la majorité veut avant tout l'ordre à l'intérieur moyennant de bonnes institutions et une forte organisation civile et militaire.

Et qu'elle croit en outre nécessaire en adoptant une politique fondée sur des principes de dignité, de fermeté et de persévérance de poursuivre sans relache le but que tous se proposent, de la réunion à la Monarchie Italienne de toutes les parties qui lui manquent encore: la Vénétie et surtout Rome.

Le Ministère Ricasoli accepte ce programme dont la partie essentielle peut s'accomplir pacifiquement par l'aide de l'Angleterre ou par la guerre par l'aide de la France.

C'est donc pour éviter une conflagration Européenne que Ricasoli désire exposer au Cabinet Anglais toutes les hypothèses qu'il croit les plus probables afin d'aviser en commun à des intéréts qui par là deviennent également communs à tout le monde.

En gardant Rome la France tient en main les destinées de l'Italie et un levier tout puissant pour contraindre en quelque sorte à un moment donné l'Italie à se preter à ses machinations pour s'assurer la frontìère du Rhin.

Ricasoli exprime une conviction profonde que si le Cabinet Anglais veut déjouer ces intrigues de la politique Française il faut en premier lieu faire disparaitre cette tentation, je devrais presque dire cette nécessité pour les Italiens de se laisser entrainer à la suite de la France si les autres combinations échouent.

Et la première chose à faire en ce sens serait que l'Angleterre obtienne, ou travaille à obtenir la reconnaissance de l'Italie par la Prusse et la Russie, en les éclairant sur leurs véritables intérets. Et que par une action commune de ces trois puissances on parvienne à obtenir de l'Autriche la ccssion pacifìque de la Vénétie.

On éviterait ainsi les probabilités d'une guerre Européenne. En obtenant un pareil résultat on desintéresserait l'Italie de toute participation aux complications qui pourraient surgir entre la France et l'Autriche.

Par conséquent non seulement l'Italie cesserait d'etre une cause incessante de danger pour la paix, mais elle pourrait en de certaines éventualités servir de contrepoids à l'influence française.

Tout en étant redevable à la Frar:ce de la première organisl:ltion de sa nouvelle existence, l'Italie en devrait la consolidation aux puissances du Nord sous la médiation de l'Angleterre.

Ricasoli est d'avis que si l'Italie se complétait réellement de tout ce qui lui

manque du còté de la Vénétie la prolongation de l'occupation de Rome perdrait

beaucoup de sa raison d'etre et prendrait un caractère insoutenable d'intervention

étrangère contraire à tous les principes adoptés.

Telles sont les idées exprimées par Ricasoli et qui dirigent ses vues politiques.

Il est décidé à faire aussi longtems qu'il lui sera pos~ible tous ses efforts pour les

faire prévaloir.

Mais il ne se dissimule nullement les intrigues dont il est entouré de toutes

parts. Il méprise les intrigants plus qu'il ne les craint, et en tous cas ne désire pas

conserver le pouvoir une heure de plus qu'il ne le croirait utile au pays.

Il a meme cru indispensable dernièrement d'offrir ses démissions au Roi qui

ne les a pas acceptées.

Ricasoli parait croire qu'après l'attitude prise par Rattazzi à Paris, ou du

moins celle que les journaux lui ont faite, une association entre lui et Rattazzi

est devenue impossible. Il àoute mème que la Nation n'ait pas compris que nul Ministère ne doit paraitre dépendre d'une influence étrangère.

Mais de certaines circonstances peuvent à tout instant rendre indispensable que Ricasoli se retire.

Le Roi peut accepter les démissions refusées l'autre jour.

Mais il est juste d'ajouter que d'autres circonstances peuvent également laisser Ricasoli au pouvoir, mais en modifiant profondément sa manière de voir et la ligne politique à suivre.

S'il se trouve dans l'impossibilité de réaliser la combinaison indiquée au commencement de cet écrit d'émanciper la politique Italienne de la pression Impériale par l'aide de l'Angleterre secondée par la Prusse et la Russie, exerçant une action prépondérante sur l'Autriche pour la cession de la Vénétie Ricasoli si une impossibilité lui était prouvée de ce còté là devra alors se résigner à adopter de nouvelles combinaisons basées sur le concours de la France.

Il pose mème ces deux alternatives:

soit qu'il reste au pouvoir, soit qu'un rival lui succède.

S'il reste à la tète des affaires et que le tentateur prodigue les séductions en lui faisant entrevoir l'unité de l'Italie cette terre promise de tout Italien patriote, H.icasoli indique deux conditions auxquelles il ne souscrirait jamais; ce qui est assez dire qu'il en est d'autres auxquelles il souscrirait.

Ces deux conditions inacceptables à son point de vue seraient: lo Une concentration de pouvoirs entre les mains d'une personne irresponsable, mème de la Couronne. 2o La cession d'un point quelconque de territoire Italien. Évidemment en connaissant la droiture de Ricasoli on ne saurait admettre le moindre doute sur ce qu'il entendrait par là.

Mais si par contre l'Empereur disait: -Je vous donne Rome et je vous aide à réunir la Vénétie au Royaume d'Italie. Mais par contre vous vous unirez à moi pour insurrectionner la Pologne, soulever la Hongrie, et vous me prèterez main forte pour m'emparer des provinces Rhénanes.

La tentation ne serait-elle pas trop forte pour n'importe quel Ministre Italien surtout s'il avait dù reconnaitre l'inutilité de frapper à d'autres portes? Victor Emmanuel ferait à la nation un appel sùr d'etre entendu, il monterait à cheval et che sarà, sarà.

Les dangers à courir, quoique évidents, ne seraient pas capables de nous retenir et la politique courageuse de la maison de Savoie subirait une dernière épreuve décisive.

Dans le cas au contraire où Ricasoli se retirerait il y aurait fort à craindre que son successeur ne fut pas très disposé à résister à la pression et à la prépondérance française: Ricasoli parait meme ne pas se dissimuler qu'on pourrait en ce cas accéder à des conditions dont il serait difficile de prévoir les conséquences et qui peut-etre lieraient les destinées Italiennes aux intérets français pour un long espace à venir.

Ricasoli qui semble fort préoccupé de ces possibilités déplore tout danger de guerre avec l'Amérique parcequ'il reàoute que l'Angleterre ne se trouve entrainée en des luttes lointaines et que l'Italie ne se trouve ainsi Iivrée à la prépondérance de la France.

Seule l'Angleterre pourrait avoir assez d'influence pour changer la politique insensée de la Prusse qui, ne se rendant pas compte des dangers qui la menacent du còté de la France, ne comprend pas qu'elle devrait non seulement éviter à tout prix de s'aliéner l'Italie, mais se proposer comme un résultat très essentiel de chercher à la rendre indépendante des mouvemens de la France.

Le printems semble gros d'événemens; peut-étre serait-il tems encore pour le Cabinet Anglais d'en modifier le cours dans une utilité générale. Je termine par les paroles de Ricasoli lui m&me:

• La Prussia, la Russia e l'Inghilterra fa d'uopo che operino onde l'Italia possa prontamente compire se medesima e togliersi da ogni influenza straniera; diventare pienamente libera e indipendente 'e garanzia di pa<'e a tutta Europa.

Quanto esprimo è frutto di perfetta cognizione di cose e di persone •.

(1) Cfr. Serie I, vol. I, 448.

(1) Notazione marginale molto posteriore dell'Azeglio: • Pro memoria que j'avais probablement rédigé pour le soumettre à Lo.rd Palmerston •.

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IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (ARB, cass. 53, n. 116, orig. autogr.)

L.P.41. Londra, 6 gennaio 1862.

Quanto Ella mi scrive circa gl'intrighi che paralizzano l'azione ministeriale non mi sorprende, avendone soventi sentito parlare da chi la precedette al Ministero. Io stesso mi sarei qualche volta trovato imbarazzato per la venuta di certe persone con missioni semi-officiali, se, in fondo, la cosa non fosse stata più apparente che reale, perchè, in generale, queste persone portavano lettere ministeriali, dicendomi di far quanto mi chiedevano. E, d'altronde, si trattava di persone devote nell'istesso tempo al Re ed alla Costituzione. Però, in circostanze recenti, pregai questi tali almeno di non ricercare queste missioni anfibie. Sicuramente, pel Re personalmente, abbiamo tutti non solo devozione, ma molt'affezione; poichè, non solo è capo della gloriosa dinastia di Savoia, a cui gl'Italiani, ed in primo luogo i Piemontesi, devono tanto, ma certo ha contribuito immensamente alla formazione dell'Italia. Ed anche per l'influenza che esercita sopra certi spiriti irrequieti ha potuto, certe volte, impedir molto male. Ma questo non impedisce che la responsabilità ministeriale debba mantenersi illesa. Domandai ieri a Lord Russell cosa ne pensasse riguardo agli antecedenti in Inghilterra, ed egli mi disse dipender molto come la pensasse la Nazione nelle varie questioni. Poichè, se la pensavano, per esempio, come il Re, anche avvenuto un cambiamento ministeriale, se si scioglieva la Camera, gli elettori darebbero ragione alla Corona e torto al Ministro. E1ffii dunque non vede aTtrache dimissioni per far all'uopo. Dice che al tempo di Giorgio III soprattutto questi casi si presentarono. In uno dei quali il Primo Ministro andò dal Re e, rispettosamente, gli sottopose che certi amici suoi esercitavano un'indovuta influenza sugli affari e per conseguenza, se non si allontanavano da Corte, il Ministero avrebbe dovuto ritirarsi. Il Re si sottomise al rinvio ed il Ministero restò. Del resto cercherò di parlarne con Lord Palmerston e con Panizzi ed avrò cura di scrivergliene ulteriormente; ma penso che non vi sarà gran diver

sità d'opinioni, non convenendo d'introdurre la Corona nelle discussioni parlamentari.

2 - Eowmenti diplomatici · Serie I • Vol. Il.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL CONSOLE A MALTA, SLYTHE

D. s. N. Torino, 7 gennaio 1862. Mi pregio di significare alla S. V. Ill.ma che il Ministro inglese a Torino mi diede testè confidenziale comunicazione d'un dispaccio contenente J.e istruzioni impartite dal Governo inglese a Sir G. Le Ma11chant in ordàne agli intri1ghi ocdHi a Malta dal partito borboni.co. Giusta questo dispaccio il Lord Alto Comm~ssario dovrà informare immediatamente il Governo inglese dello spirito e delle tendenze del giornale che ha per titolo Il Guerriero Cattolico. Esso dovrà inoltre porre in opera tutti i mezzi accordati dalle J.e~i vigenti a Malta e cosi anche dalle leggi ing!lesi che s.ono applicabi!li a quell'isola per impedire ogni prejparativo di •spedizioni armate contro le coste Napoletane e ·contro un'aJ.tra parte quaJ.siasi dei dominii di S. M. :il Re d'Italia. Pel caso le leggi ·attuali non fornissero mezzi sufficienti, il sig. Le Marchant dovrà proporre al Governo inglese queUe modLfica~ioni che 1gli parranno necessarie a tale intento. Però esso non dovrà mai dimenticare essere costante polit1ca dell'InghiLlterra di guarentire ai rifugiati politiei dii quaJunque partilto il diritto d'asilo, purchè esso non venga abusato a danno d'una Potenz·a amica al Governo inglese. S'intende altresì che dovranno essere il'ligorosamente applicate le disposizioni del « Muting Act » contro chi tentasse aHa diserzione i soldati inglesi. Queste precise e benevoli istruzioni mi fanno sperare che le trame ordite costì del partito borbonico dovranno cessare fra breve in seguito all'atteggiamento

più ene.rgico dell'autorità locale. Vog:Ha la S. V. Tll.ma informa:rsi a suo tem,po del modo con ·cui •le istru2lioni suddette saranno state eseguite...

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IL MINISTRO DELLA MARINA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 47. Torino, 7 gennaio 1862. Facendo seguito alla nota dei 7 novembre 1861 n. 2266 (Gabinetto) e compiendo al desiderio egpresso da codesto Ministero nel suo foglio dei 5 andante (1), lo scrivente si pregia di comunicare ailo Onorevole suo Collega Ministro deg!li Affari Esteri, come, appena giunta :la, notizia deila presenza nelle aJeque del Re·gno di legni Col'!sari portanti la Bandiera delili'Unione A:mericana, i Comandanti Generali dei Dtpartimenti Marittimi ne furono fatti immediatamente consapeJVoli. Si 1si,gnJ.ficò loro avere ti Governo di S. M. detenmina,to secondo l'avviso di codesto Ministero, di modellare la sua condotta verso di cotali bastimenti nell'identtca guisa adottata già dal Governo Imperiale di Francia che cioè «qualora un bastimento Corsaro dei secessionisti d'America con bandiera federale si pre

sentasse alle Coste del Regno Italiano, esso non sarebbe ammesso in alcun Porto, eoc:ettuato il caso di sosta, forzata».

S'invitarono in pari tempo i Comandanti Generali a voler impartire ordini alle Autorità Madttìme da loro di,pendenti, affinchè quando iJ. caso :si presentasse·, esse :si attenessero fedelmente alle norme di condotta s.o;praindkate.

(1) Non pubblicati.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO DELLA MARINA, MENABREA

Torino, 8 gennaio 1862.

Un ra!PP.orlo del Console di S. M. a Malta, ,in data 28 dicembre 1861 conferma con maggiori partko[ari l'utilità .somma di tenere un R. Piroscafo da guerra in osservazione nelle acque di Malta. I reazionru-i 'colà riunitisi appTofittando dell'esaltazione del!: :sentimento religi:oso in queHe popolazioni, non ·contenti d'aver fondato un giornale che diffonde le 1)ÌÙ assurde calunnie •contro il Governo del Re, che :con molta facilità è spedito da Ma!lta a1le .coste di Calabria e di Stidlia·, non omettono modo alcuno per trasc.inaxe nei loro disegni gli equipaggi dei legni mercantili siciliani e napolitani che in numero d'un migliaio circa in ogni anno approdano a Malta. Gravi danni risulterebbero pertanto e dall'attivo 'contrabbando e da codesta propaganda politica, se non :si •continuasse con la p1resenza d'un legno da guerra a porre un freno a •Codeste mene. È quasi superfluo aggiungere che il Gove:rno inglese, asl quale il sottoscdtto non ma:ncò di nivolgersi, tpromise di porre i:n opera tutti: i mezzi legittimi !per impedire i prepara:tivi dei reazionari. Ma è noto tche non potendo l'Inghilterra derogare in al.crun modo aJ diritto d'asilo e bandire da MaJ:ta i bol'bonici, la loro riunione in tanta vicinanza delle cos:te Siciliane ·e Napoli:tane non ·sarà mai senza pericolo. Per queste ra1gioni il Ministero degli Est.eri spera che quel!lo della Marina potrà ordinare che un R. iegno da guerra 'continui a rimanere nelle acque di Malta.

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IL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 63. CostantinopoLi, 8 gennaio 1862. Già Le ho accusato ricevuta dei dispacci 17 decembre gabinetto e di un ·altro confidenziale .senza deta qui giunti il 4 andante. In base al p11imo di questi ho riconfermato ai regi agenti gli ordini ,già dati e sono ·conv.i:nto ·che non avremo inconvenienti d:a lamentare. n se,condo di questi mi servirà d'argomento per le W.teriori istruzioni da manda~si .a Bukarest ed a Belgrado. Le trascrivo qui un articolo di r.apporto dei Signor Cav. Scovasso in data 27 decembre: «Quando .si parla •se vi 'sarà guerra o no fra l'Italia e ll:'AUistria m. primaNera,, io dico: che non lo credo. Allora il Console russo mi rtsponde: Dovete aspettare e non esporvi con un'armata di reclute, benchè vaLorose, contro eserciti così for

midabili ed agguerriti come queUi delL'Austria. E poi vedete che gli Ungheresi sono sottomessi; la Transilvania perduta per sempre all'Ungheria ed acquistata all'Austria. La Vojvodina e Za Croazia così tranquille che si direbbero le più felici provincie dell'Impero. Nessuno pensa a muoversi. Se faceste Za guerra in primavera non avreste a contare che suLla vostra forza. Lo stesso lingua,ggio tiene il COIIlSOle inglese e direi quasi i:l francese, abbenchè questi lo fa,ccia forse per meglio coprire il suo pensiero e la sua missione».

Il .s~gnor Risttch a•genrte di Serbia jn Costantinopoli parlandomi di armi mi

disse; esser vero che il suo governo desiderava cOilll,perare 20 mHa fucili; ag~illmse

per altro che non potevano averli a:ttraJVIerso de~lil'jmpero austriaco rperchè quel

governo non lo permetterelbbe. Mi chiese di pa1ssaggio se i fucili qui depositati

al!le Sette torri di proprietà italiana, siano armi di pemezione e se in tal caso il

pro:prietario sarebbe disposto a venderli; ma io non volli coltivare que•sto discorso

per.chè una tale o:perazione sarebbe feconda d'inconv•enienti per noi.

Mi aggiunse esser'egl1i di opinione 'che realmente esista se non un trattato,

aLmeno un accordo fra l'Austria ·e la Turchia per garantirsi reciprocamente Ile

provincie limitrofe con obbligo di ai:uto mutuo in •Caso di qualche insurrezione.

Per altro mi fec·e sentire non averne indubi1tato documento.

La politica del Divano è sempre incerta. Il ministro attuale degli affari esteri partigiano conosciuto della politica austriaca, conserva sempre la sua influenza.

Fuad Pacha gran Visir e M~hemet-Aali Pacha ministro della marina e co

gnato del Sultano, sono meno ligi all'Austria, ma non so se potremo contare su

di Ioro in ·caso di necessità.

Non ho potuto più avere ulteriori informazioni sul vapore Lutfié, capitano Obradowich, che mi si fece •credere partito per Trieste .sotto pretesto di riparazioni, ma destinato a portar aiiiDi e denaro ai rivol:tosi napoletani. Estste .in questa città un comitato borboni<co in .corrispondenza •con Roma e •con Bruxel1es, ma non ho powto ancora scoprire il <Luogo della riunione, nè vogUo fare passi intempestiVii ed imprudenti •che svegLierebbero l'attenzione' e d toglierebbero ogni mezzo di prova. &d ogni modo anche a rischio di mandarLe ,indicazioni meno esatte, non mancherò di riferire a V. E. quanto mi verrà fatto ,sapere di urgente su questa

materia.

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IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (ARB, cass. 53, n. 120, orig. autogr.)

L. P. 44. Londra, 8 gennaio 1862.

Ho visto quest'oggi Lord Palmerston ed anche Panizzi desiderando saper l'opinione loro su quel tal punto di cui Ella mi scrisse. Lord Palmerston mi ripetè e mi riconfermò quasi esattamente il parere di Lord Russell. Leggi non ne esistono, pevchè non si -credono tali SIU,PPOsizioni realizzabili, però, se Ella crede, potrà trovar qualche situazione analoga nel 1782, neUa vita di P,itt, aJ!l'o,c,casione di uno Stamp India Bill.

Ho fatto riflettere ai miei interlocutori che, appigliandosi a quel partito, si farebbe .precisamente il gioco di chi voleva so:ppiantave. Ma rrni si. disse esser questo alla verità partito estremo, rimaner prima le rimostranze.

Sento dire da due ottime sorgenti che 1a Regina si teme non voglia dar molto a studiare ai suoi Ministri, vuol fare a modo suo e quasi si comincia a temere che l'assenza del Principe Alberto non sia per essere maggiore di quanto si 'credeva. Mi si assicura, tra <l'altre cose, ~che non volesse sentir a pa·rlar di questo Consiglio privato per la proroga del Parlamento e che ad ogni modo ··non consentì, essendo indispensabile la sua presenza, che a star in un'attigua stanza colla porta aperta, ma senza comparire. Lord Palmerston ci raccomanda pazienza e prudenza. Dice che se aspettiamo, la Venezia pure ci capiterà in mano, ma che se facdamo guer.ra soli non basteremo e se colla Francia ne dovremo subir la legge.

Layard mi fece capire ieri al Foreign Office che si sarebbe stati contenti qua che avessimo potuto scrivere a Washington in biasimo dell'affare del Trent. Le mando iJl mio rapporto per ·l'affitto del palazzo. iPiù vi penso e più vedo

le cose future sicure d'andar male per chi non professa opinioni galliche.

Abbia la hon:tà, ·caro Barone, di darvi un colpo d'occhio e se può prendere una determinazione favorevole mi renderà un vero servizio e spero anche non lo troverà immeritato.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 273-278)

R. CONFIDENZIALE 53. Parigi, 9 gennaio 1862. Col dispaccio riservato del 3 gennaio corrente (1)', V. E. chiama la mia attenzione 1sulle considerazioni esposte nella ci:t'colare della stessa data e risultan,U

dai voti r·ecenti della Camera, non .che dalla vera ·condizione attuale del nuovo regno italiano.

V. E. osserva nel medesimo dispaccio: che uno degli effetti più essenziali che pare debbano derivare come conseguenza dei fatti esposti, si è di rendere più urgente e nello stesso tempo più facile uno scioglimento della questione Romana;

Che oramai non si può ragionevolmente dubitare che l'unità d'Italia è seriamente voluta dagli Italiani, e che l'Italia si può costituire e praticamente va costituendosi ,con ordine, 'con .fermezza e con quiete;

Che il timore di far opera vana dandole Roma non può sussistere;

Che n possesso di Roma è per il nuovo regno un:a vera necessità .sia perchè da quel punto centrale si può governare più facilmente, sia per sedare le inquietudini e le impazienze che nascono dall'avere in casa un fomite di agitazioni e di dissidi, sia per evitare che vengano a prodursi gare municipali;

Che per altra parte, moralmente e religiosamente parlando, le discussioni e le deliberazioni della Camera hanno chiaramente confermato un fatto, evidente d'altronde per chi conosce i sentimenti religiosi delle nostre popolazioni, che cioè se gli Italiani desiderano vivissimamente di aver Roma, non vogliono per

niun modo osteggiare l'autorità spirituale del Pontefice, anzi son dispostissimi a largheggiare perchè quella autorità sia del tutto libera e guarentita;

Che la forza ,che il Governo Italiano riceve da questo ,consenso della Nazione, non solo nello scopo finale, ma eziandio nel modo di conseguirlo non con danno, ma con utile della Chiesa, deve far persuaso il Governo dell'Imperatore che il Sommo Pontefice troverebbe, non solo in diritto ma in fatto, ogni più ampia tutela della sua dignità, ogni più sicura guarentigia della sua indipendenza piena ed intera per l'esercizio del sublime e necessario suo Ministero;

Che il Papa in Roma, capitale d'Italia sarebbe certamente rispettato non solo, ma amato e difeso dagl'Italiani; che quindi non parrebbe potervi essere motivo per differire a soddisfare i legittimi voti d'Italia, affidando Roma alla sola tutela di truppe ,ed autorità Italiane, od almeno qualora tSi credesse conveniente di procedere a gradi, ammettehdo in Roma un presidio misto di Francesi e d'Italiani;

Che l'opinione del mondo cattolico è ormai preparata a questo avvenimento e l'opinione liberaLe in Francia ,che è la più numerosa e la più potente, sembra approvarlo e desiderarlo come giustizia resa alla NazionaHtà italiana, e come mezzo di por fine agli imbarazzi che derivano alla Francia dalla occupazione di Roma;

Che infine questo fatto non potrebbe a meno d'esser conforme agli alti pensieri dell'Imperatore ed alla sua benevolenza per l'Italia.

V. E. conchiude il. Dispaccio esprimend~ la speranza ,che io troverò fOil'se ora un terreno meglio preparato a ricevere nuove istanze.

Prima di fare nuovi passi in via ufficial,e, nel senso del Dispaccio di V. E. volli esplorare ancora una volta, ufficiosamente il sentimento del Ministro Imperiale degli Affari Esteri, a cui non lasciai ignorare il contenuto del Dispaccio stesso, e credei quindi conveniente d'esporre qui all'E. V. lo stato in cui si trova la questione Romana ~elativamente alle disposizioni dell'Imperatore e del suo Governo. Ciò che vado a dirle è il risultato delle impressioni !asciatemi dalla conversazione che ebbi coll'Imperatore, e col suo Ministro degli Affari Esteri, del quale chiamai a parecchie riprese l'attenzione sulle domande, consideraz1oni ed argomenti 'contenuti sia nei dispacci uffidali, sia nella corrispondenza particolare di V. E.

Anzi tutto il Governo Imperiale distingue nella questione romana due questioni, connesse ma diverse, cioè: la questione della cessazione dell'occupazione francese e la questione del possesso di Roma t()llto al Pa;pa e dato al Governo Italiano.

Quanto a questa ,se,conda questione, ho ragione di ,credere che il Governo dell'Imperatore trova essere almeno prematuro l'occuparsene. Io non dubito che l'Imperatore e il suo Ministro degli Affari Esteri considerano ormai il potere temporale del Papa come avente cessato d'avere condizioni naturali d'esistenza. Ma sia l'Imperatore ~sia il Sig. Thouvenel evitarono sempre di pronunciarsi nel senso di rendere Roma all'Italia per farne la capitale del nuovo Regno. Posso anzi affermare che il Sig. Thouvenel, se avesse a formolare un'opinione, sarebbe di preferenza portato a proporre che Roma rimanesse città libera, colla residenza del Papa e con istituzioni puramente munidpali. M'affvetto però a soggiungere che questa è una sua opinione affatto personale. In fondo è possibile che l'Imperatore non abbia finora un'idea ben determinata a questo riguardo, e che si riservi di pronunciarsi a seconda degli eventi e dei fatti compiuti, che esercitano una grande influenza sulle sue risoluzioni. Checchè sia però delle intenzioni del Governo Imperiale rispetto al possesso definitivo di Roma, fatto è ch'esso in questo momento non par disposto ad ammettere che la discussione possa utilmente impegnarsi su questo terreno.

Riguardo all'altra questione, cioè la cessazione dell'occupazione francese, il Governo Impericrle è più esplicito. L'Imperatore e il suo Ministro, !POfSISO dirlo in coscienza, desiderano vivamente che questa occupazione cessi.

Essi non si fanno illusione sulla falsa posizione che è fatta in Roma alla Francia; nè dubitano -punto che Roma sia il focolare·permanente dell'opposizione legittimista e clericale diretta contro il Governo Imperiale. Ma l'Imperatore il"ipete di continuo, .semprechè è questionato su questo soggetto, che non lascierà Roma se non quando potrà farlo convenevolmente ed onorevolmente. L'opinione della Francia e del mondo cattolico non gli permette, dice egli, di consegnare, senza sicure guarentigie, il Sommo Pontefice sia in mano de' suoi sudditi, i l,lUali lo forzerebbero forse a nuova fuga, sia nelle mani d'un Governo, che il Papa, a torto o a .ragione, considera come suo nemico. Il giorno in cui l'Imperatore potrà lasciare il Papa a Roma con non dubbie guarentigie per. la sua sicurezza e per la sua indipendenza per parte dei Romani e del Governo Italiano, non esiterà a richiamare le sue truppe. Ma quali possono essere queste guarentigie? Per farsi un'idea ben netta del modo con cui l'Imperatore vede la questione e cerca di risolverla, sarebbe importante conoscere che cosa s'intende con questa parola e quale sarebbe il progetto pratico ·che avrebbe maggior probabilità di riuscita. A questo proposito, devo confessarlo, ogni dato positivo e sicuro ci fa difetto. Nessuna dichiarazione ufficiale fu fatta più o meno esplicita. Non è quindi che per induzione che si può giungere a determinare, più o meno approssimativamente l'ordine di idee che avrebbe maggior probabilità d'inspirare le risoluzioni dell'Imperatore.

Esaminando, sotto un punto di vista generale il complesso di questa penosa negoziazione, e paragonando certi fatti, come il progetto di trattato proposto poco prima della morte del Conte di Cavour, colle conversazioni confidenziali, delle quali resi conto a V. E. nella mia corrispondenza particolare, io mi risolvo a credere che allo stato attuale di cose, se avvi possibilità di far adottare all'Imperatore un progetto pratico, non potrebb'es.sere che accettando un accomodamento sulla base della cessazione dell'occupazione francese, sostituita all'uopo da un presi-dio italiano, mediante il riconoscimento per parte del Regno d'Italia degli attuali possessi della Santa Sede e mediante l'impegno che esso si assumerebbe di rispettare e far rispettare questi possessi.

Non dico che più tardi e meglio consolidate le cose italiane non vi sia possibilità d'ottenere basi migliori. Ma nel momento attuale, e questa è pure l'opinione dei Membri del Gabinetto Imperiale che sono a noi più favorevoli, L·e ripeto che il solo progetto che presenti qualche probabilità d'e,sser preso in considerazione dall'Imperatore, sarebbe un accomodamento in questo senso.

Ora un tale accomodamento potrebbe essere accettato dal Governo del Re in presenza della recente votazione della Camera dei Deputati? E in caso affer

mativo, quale sarebbe il modo di procedere più atto ad ottenere il consenso dell'Imperatore? Dovrebbe il Governo del Re pigliare l'iniziativa d'una proposta, o dovrebbe invece attendere che il Governo Imperiale prenda esso stesso questa iniziativa, liberamente e spontaneamente? Ovvero sarebbe da preferirsi il mezzo termine di domandar semplicemente al Governo dell'Imperatore che ci faccia conoscere il suo modo di pensare?

Relativamente alla prima questione, tocca al Governo del Re il risolverla. Io mi limiterò a far osservare che il fatto d'un tale accomodamento convenuto tra il Re e l'Imperatore, sia esso accettato o no dal Papa, dovrebbe avere per necessario risua:ta:to J.a cessazione deU'occu:pazione :llraiil>eetse.

Rispetto al modo di procedere, parnni 'conveniente l'evitare con cura ogni passo che possa far credere che noi vogliamo forzar la mano all'Imperatore o metterlo in certa guisa in dimora di pronunciarsi. Imperciocchè una risposta negativa, o un fine di non ricevere, provocati da un'insistenza creduta troppo viva, ritarderebbe anzichè accelerare la soluzione. Il consiglio del sig. Thouvenel sarebbe quindi che si lasciasse al Governo Imperiale ogni iniziativa di proposta pel momento che sarà giudicato opportuno. !;l Governo dell'Imp.eratore si rende pieno ~conto de11e nostre e delle sue difficoltà. È dunque probaibile che appena creda venuto il tempo di sciogliere la questione, esso coglierà l'occasione d'aprirci il suo pensiero.

Tale è lo stato della questione, e tali i consigli di questo Ministro degli Affari Esteri, il cui desiderio di risolvere queste gravi difficoltà nel senso della cessazione dell'occupazione, mi pare vivo e sincero. Io l'ho lungamente trattenuto in questi giorni su questo delicato soggetto. Gli comunicai la circolare di V. E. e gli feci anche conoscere, in modo confidenziale, le di Lei istruzioni contenute nel citato Dispaccio riservato. La .conclusione delle sue risposte è il consiglio d'una prudente aspettativa, ora più ancora richiesta dall'avvicinarsi della discussione sull'indirizzo nelle Camere francesi, ove a quest'occasione sarà probabilmente tra,ttata la questione Romana.

Come l'E. V. m'ha invitato a fare, ho tastato con prudenza e con circospezione, ma con pari diligenza, il terreno. Le ho esposto fedelmente quali sono le disposizioni e quali i consigli del Governo Imperiale. Ella è quindi in misur~ di giudicare e sul fondo della questione e sulla opportunità.

(1) Cfr. n. 4.

15

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

L. P. Parigi, 9 gennaio 1862.

Aggiungo poche righe al d1spaccio confidenziale che le spedisco oggi per mezzo del Cav. Gerbiani (1). Il sig. Thouvenel m'ha detto oggi confidenzialmente che aveva sottomesso all'Imperatore un progetto di nota al Marchese di La Valette redatta nel senso

del progetto che Ella conosce, ma in termini generali. L'Imperatore lesse la nota, disse che tale era il suo pensiero, ma che per ora non ne voleva far nulla; e la nota non fu spedita. Ciò accadde in questi ultimi giorni (1). Com'Ella vede, H IS:ig. Fould, il sig. Thouvenel, il principe Napoleone, han tentato di decidere finalmente l'Imperatore a prendere un partito, ed hanno insistito a più riprese. Ma l'Imperatore, d'accordo con essi in ordine alla sostanza della questione, non crede ancora venuto il tempo di prendere una risoluzione. Il sig. Thouvenel mi ha quindi ripetuto il ·consiglio d',attendere. So che la parol·a è dura, ma io devo trasmetterla a V. E. quale mi fu detta. Il sig. Thouvenel mi parve però animato de' migliori sentimenti e ascoltò da me con molta benevolenza le osservazioni contenute nel di Lei dispaccio, il quale è del resto redatto con molta convenienza e moderazione. Il sig. Thouvenel è d'avviso che una ulteriore insistenza non farebbe che peggiorare lo stato d'animo dell'Imperatore.

Avrò cura d'avvertirla di ogni mutazione che accada in queste disposizioni, massime se in meglio.

(1) Cfr. n. 14.

16

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO BELGA A TORINO, SOLVYNSI

Torino, l O gennaio 1862.

J'ai reçu la Note que vous m'avez fait l'honneur de m'adresser le 7 courant (2), et par laquelle vous m'avez remis la copie d'usage des lettres qui vous accréditent auprès de Sa Majesté Italienne en qualité d'Envoyé Extraordinaire et Ministre Plénipotentiaire de Belgique.

Je me <S~Uis empressé d'infomner le P·réfet du Palais de votre arrivée à 'IIurin, et ·c'est par son en:tremise que S. M. vous fera ·eonnaitre le jour de 'l'audience royale (3).

Quant aux ·considérations qu'il vous a paru conv·enable d'ajouter à la communication précitée (4), je dois me borner à vous répéter les décla·rations que le Comte de Montalto availt été chargé de fatre à Mon:sieur le Mini,swe des Affaires Etrangères à Bruxelles qui avatt soumis les memes remarques au Ministre d'Italie.

Le Gouvernentent du Roi a désiré et tl désire la reconnaissance du Royaume d'Italie par les puissances amies et alliées, mais illes a laissées entièrement Hbres d'apprécier à leur point de vue .les événements qui se sont a.ccomplis dans. Ila péninsule. Il s'est également absten:u de solUciter un acte qu'il ne pouvait envisager que comme une question de temps et de convenances et nullement comme une espèce de sanction de.s droits de la nation italienne.

J'espère en ·conséquence, Monsieur le Ministre, que maintenant que. leS ra;pports diplomatiques sont rétablis d'une man.ière plus régulière, il conJtinuera à exister entre l'Italie et la Belgique cette meme cordialité et cette constante amitié qui s'éta1t maintenue entre la Belgique et ila Sardaigne.

De mon ·còté je serai .toujours heureux d'en faciliter les moyens, en accueillant avec empressement les communi:cations que vous serez dans le cas de me faire au nom du Cabinet de Bruxelles.

(1) -Cfr. Cowley a Russell, 2 gennaio 1862, in ·LYNN M. CAsE, p, 151. (2) -Non pubblicata. (3) -L'udienza reale ebbe luogo il 14 gennaio 1862, cfr. Ca. TERLINDEN, La reconnaissance du Royaume d'Itatie par !a Be!gique in Mé!anges d'histoire ojJerts à Henri Pirenne, Bruxelles, 1926, p. 504. (4) -Il Governo belga aveva apposto al r.iconoscimento del regno d'Italia la seguente riserva (TERLINDEN, op. cit., p. 503): c La Belgique, Etat neutre, n'entend point s'arroger le droit de vouloir, en reconnaissant le royaume d'ltalie, décider des questions qui concernent des tiers. Elle reconnait des faits accomplis sans se constituer juge des événements qui les ont amenés et sans aliéner sa liberté d'appréciation vis-à-vis des éventualités qui pourraient modifier cet état de fait •.
17

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 278-279)

L. P. 8. Torino, 10 g~nnaio 1862. Ebbi ieri tsera le interessanti sue ·carte del 6 corrente (1), e poichè mi si presenta l'occasione del corriere inglese di questa sera, ho preferito seguire questa stessa via nel darle la mia risposta. lo approvo la linea di condotta che ella si è prefissa presso il Governo inglese. Basta che sia evitata ogni parola acre, allorquando trattasi di un'azione francese nella vita nazionale italiana; ma della cosa che d'altronde è pur troppo vera, si può discorrere, ed anzi è dovere. D'altronde si comprende facilmente che questa azione francese è il risultato naturale degli ultimi fatti, quelli cioè che segnarono il principio del nostro rigeneramento nazionale, e di quelle circostanze che ancor sussistono, e che premono sul libero sviluppo della Nazione; ma però non :può essere vista di buon occhio da alcun Governo europeo, ICUÌ stia a cuore la libertà delle Nazioni, onde non si formino preponderanze e depressioni oltremodo pregiudizievoli sia al particolare sia al generale del sistema politico, da cui dee derivare la desiderata garanzia per una pace durevole, e per il sincero applicamento del principio del non intervento. l'l Governo inglese che ha adottato nella polihca europea i più ·l·a11ghi Jllrincipii di una politica di avvenire, non può restare l'ultimo a perorare l'adozione franca e sincera del principio della libertà delle Nazioni di costituirsi siccome vogliono, e fare per quanto è in lui, onde l'Italia sia posta in caso di veramente esplicarsi secondo i suoi veri interessi, e i bisogni del suo carattere nazionale. Ecco quello che mi pare di dovere aggiungere a quanto ho avuto già il

bene di scriverle in proposito, mentre io la conforto a seguire quelle pratiche che la sua prudenza e il suo amor patrio le suggeriscono.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 367. Berlino, 10 gennaio 1862.

La correspondance officielle et particulière de V. E. m'a fourni ampie matière à un entretien avec M. le Comte de Bernstorff (7 janvier).

J'ai cru devoir lui donner lecture de la circulaire du 3 janvier (1), ainsi que de plusieurs passages de vos lettres, M. le Baron, en date des 29 décembre et 3 janvier (2). Chez vous l'enel'gie du .style égale la force des convtctions, et notre cause ne peut qu'en profìter, lorsque je cite votre propre langage. Je n'ai pas besoin d'ajouter que j'ai donné à mes communications un caractère confìdentiel.

M. de Bernstorff m'a beaucoup remercié de la confìance que je lui témoignais, et dont nous n'aurions jamais à nous plaindre. Il suivait avec un véritable intérèt le mouvement italien, par conséquent il désirait se former un jugement aussi exact que .possibl:e sur notre situation. En suite vo~ci ce qu'il m'a dit; si ce ne sont pas textuellement ses mots, ce ·sont les pensées qu'il a exprimées:

« J'envisagerai les choses sous deux points de vue: la question des faits, et la question essentiellement politique. Quant aux faits que vous m'avez exposés, je vous avouerai franchement que j'ai l'esprit un oeu perplexe. Vos informations ne coincident guères avec d'autres données, qui me parviennent de différentes sources. Ces dernières sont bien .loin de présenter la situation sous un aspect aussi rassurant. L'amvre de l'unification tferait peu de progrès; les po,pulations, notamment dans les provinces Napolitaines, re.gretteraient leur ancienne autonomie. Outre les difficultés que vous rencontreriez à chaque pas dans vos efforts pour amalgamer des élémelliS disparates, vous maintenez dans votre programme des droits sur Rome et Venise. Pour ce qui me concerne personnellement, je vous abandonne Rome, mais pour Venise ·c'est là une question essentieHement pOilitique, •en ce qu'elle se ra•ttache à des intérètls allemands; en ce ·qu'.elle tou·che à une position stratégique d'un des membres de la Confédération, et elllfìn pavce qu'·eHe ipOUrrait amener un •conflit dont nous aurions à nous préoccuper à juste titre ».

M. de Bernstorff a reproduit sur ce sujet quelques uns des raisonnements que j'ai rapportés dans mes dépèches n. 3•6•1 et 3,54 (3). «La Prusse, ajoutait-i•l, a pratiqué jusques ici à votre égard une poLitique indépendante :de i1a Rus1sie et ide l'Autriche; elle a fermé l'oreille aux suggestions d'une rupture diplomatique. Elle continuera à ètre animée de dispositions bienveillantes; mais une reconnaissance formelle nous paraitrait au moins prématurée, puisque nous ne pouvons encore nous croire assez rassurés, ni pour le présent, ni pour l'avenir de l'Italie. Qui peut d'ailleurs répondre de la France? A-t-elle renoncé à ses plans de Confédération? Pour les faire triompher ne s'unirait-elle pas au besoin avec l'Autriche? Dans chaque circonstance vouE prònez la sagesse, la modération, l'esprit d'indépendance de M. le Baron Ricasoli. Je forme à mon tour les vceux les plus sincères pour que cet éminent personnage reste au pouvoir. Mais s'il y avait un changement de Ministère, n'aurions-nous pas à craindre que le parti de l'action ne mit alors le feu aux poudres? ».

J'ai fait observer au Ministre des Affaires Etrangères du Roi Guillaume, que la parole de V. E. avait une telle autorité, que je prenais ses déclarations au pied de la lettre. Je pouvais admettre que les rapports de ce.rtains agens

.(2) La lettera del 29 dicembre manca; quella del 3 gennaio è il n. 3 di questo volume.

diplomatiques prussiens se ressen.tissent des impressions recueillies dans da.s centres qui nous étaient hostiles, comme Rome, Madrid, Vienne, et meme St. Pétersbourg, où nous n'avons aucun agent pour démentir de faux bruits. De là provenaient [sic] sans doute dans les. nouvelles une contradiction qui semblatt réagir sur la Cour de BerLin. Mais en matière de renseignemens, il me paraissait qu'il fallait de préférence ajouter foi à ceux de personnes compétentes. J'ignorais entièrement la teneur des dépeches du Comte Brassier, mais comment supposer que, vu son caractère loyal et son esprit perspicace, il ne rende pas compte en toute vérité des événemens qui se déroulent sous ses yeux et sur un terrain qu'il étudie de longue date! Une fois déjà le Gouvernement Prussien pour s'éclairer sur nos circonstances intérieures, nous envoya un agent officieux qui ne pechait certes p;:ts par un libéralisme outré; mais c'était un homme consciencieux, et en 1859 le Général de Wildenbruck est revenu de sa tournée dans ·l'Italie centrale en donnant raison aux vues du Comte Bra,ssier, contre celles de ses collègues de Rome, de Naples et de Florence. Nous ne redoutons nullement les jugemens de semblables agens, nous les provoquerions au besoin. Il est impossib1e à qui .que ce soit de visiter l:a Péninsule et de fermer les yeux à l'év:idence. Nous prouvons nos assertions par des résul!tat.s manifestes; tandis que nos ennemis avancent des calomnies qu'ils colportent dans les salons de la diplomatie, afin qu'elles se frayent plus facilement une route vers les Cabinets étrangers. Que ce tissu de mensonges se produise au grand jour, et nous saurcms démontrer qu'ilsi sont dilctés ou par l'ilgnorance, ou pa.r une malveillance systématique.

Quant à la France, ou plutòt à ll'Empereur Napoléon, dont on suspecte toujours les vues, il a un esprit trop éclairé pour remettre sur le tapis un projet de Confédération dont personne ne veut en Italie. Une alliance de la France avec l'Autriche, au détriment de la Péninsule, serait incompatible avec les intérets divergens de ces deux Puissances. Mais si nous devions jamais rencontrer une telle déraison chez une Puissance quelconque, nous saurions lui résister les armes à la main, et on verrait alors de quoi est capable une nation qui défend ses droits les plus légitimes.

Relativement à V·enise, j'ai donné quelques développemens aux considérations que j'avais déjà soumises au Comte de Bernstorff et qui sont mentionnées dans mes dépeches précitées n. 361 et 364. Et comme ce Ministre me parlait nouvellement de garanties à donner de notre parr"t, je lui ai déclaré (1) * que nous ne sacrifierions nos droits et notre liberté d'action à aucune Puissance quelconque. Si l'Autriche, les Etats secondaires de l'Allemagne demandaient à la Prusse un engagement forme! de ne jamais sortir des limites qui lui ont été as.signées par les Traités de 1815 .qu'elilie a eependant :signés elle-meme, y consentiraìt-elle? N'a-t-elle pas aussi des aspirations secl'lètes OIU avouées que ces Souverains, qu'ils le veuillent ou non, seront entrainés à satisfaire?

«Mais, j'espère, qu'ils le voudront! ». Cette interruption du Comte de Bernstorff m'a mis à l'aise pour lui marquer mon étonnement du retard apporté par la Prusse à nous reconnaike. J'ai

serré l'argumentation. Pourquoi ne pas s'unir étroitement à une dynastie, à un peuple qui remplissent glorieusement en Italie un ròle analogue à celui réservé à la Prusse en Allemagne? Pourquoi se donner l'apparence de làcher pied à Turin et s'exposer à perdre, au profit d'autrui, une infiuence salutaire? Pourquoi le Gouvernement du Roi Guillaume ne proclame-t-il pas hautement qu'une Italie Monarchique, unitaire et fortement constituée devient une des meilleures garantres d'ordre et d'équilibre Européen?

Le Comte de Bernstorff ne m'a donné que des réponses évasives, en me faisant entendre qu'une décision à cet égard ne dépendait pas de lui! Il n'a pas prononcé le nom de 1son Roi, mais c'est évidemment là que git l'olbstade *.

Comme il m'avait parlé de l'éventualité d'un changement de Cabinet chez nous, et de ses appréhensions si ce fait se réalisait, je lui ai fait observer que le langage qui m'était tenu par V. E. n'était pas celui d'un Ministre agonisant; mais bien plutòt celui d'un homme sur de son terrain, et jouissant, à juste titre, de la confiance du Roi et du parlement. La grande majorité dans les chambre.s approuve notre programme politique qui est et restera le programme de la nation; car le parti !l'étrograde n'a aucun avenir possible, et le parti Mazzinien, peu nombreux du reste, est contenu par not.re attitude, calme et ferme tout à la fois.

J'ai donc encore une fois preché pour IUile :reconnaissa:nce réclamée par une saine politique, et par les intérets de la Prusse non moins, et plus encore, peut-etre que par nos propres convenances. Mais je n'ai obtenu qu'une réponse sans caractère décisif. O n examinera... O n avisera...

En attendant, M. de Bernstorff m'a chargé de Vous dire, M. le Baron, qu'il vouait le plus vif intéret à vos efforts pour asseoir l'Italie sur des bases solides.

J'ai pris rendez vous avec M. d'Auerswald, un des Ministres les plus infiuens à la Cour.

(1) Cfr. nn. 6, 7 e 8.

(1) -Cfr. n. 2 . (3) -Cfr. Serie l, vol. l, 435, 459.

(1) I passi chiusi dai due asterischi sono pubblicati testualmente in Die auswiirtige PoLitik Preussens, 1858-1871, Il, 2, p. 545 nota 6.

19

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 280-292)

L. P. Torino, 10-11 gennaio 1862. Ho alquanto indugiato a rispondere alla riverita sua particolare e confidenziale del 29 dieembre decorso (1); irl ·cui ai'gomento si è «Roma», onde rpensare e meditare rsulle cose gravissime rivi ccmtenute. Primieramente io dirò ·che sebbene costà s'intende a di;stinguere per due punti essenzialmente diversi e la partenza delle truppe francesi da Roma, e la possessione di Roma per parte del Regno Italiano, io mi trovo del pari indifferente sia che così si opini, sia che si opinasse per contrario; imperocchè io

ritengo per impossibile, salvo un'orrenda catastrofe, che in definitiva Roma non cada in possesso degli italiani. Quale altro sentimento potrebbe primeggiare in

mezzo a questa nazione, sorta per incanto alla vita di unità politica e civile, che nel giro di trenta mesi ha fatto opere di senno e di virilità da confondere i più increduli, e gli ostinati suoi nemici, e da generare amici alla propria causa, mentre non ne avea alcuno nella sua origine? Il sentimento di unità, di nazionalità, di italianità si radica e si conferma a passi quasi prodigiosi, e si traduce in leve .che si ·com_Qiono là dove non si ·era osato di farne, in votazioni d'imposte, in abbandono di forme politiche ed amministrative che rammentavano antiche autonomJe, e a ·cui .si era testè attac,catissimi, e cui pure si rinunzia per.chè il senno e la devozione patriottica nel giro di alcune settimane usciva fuori, da latente che era, e avvertiva che tutto doveva cedere l'interesse del singolo all'interesse dell'universale. Valga ad esempio la condizione delle Provincie meridionali che iniziate appena, sotto la legge comune di amministrazione, vi rispondono ordinandosi, rappacificandosi, svolgendo nuwe attività, e dando segno di un senno fin qui inatteso.

Mi paiono questi grandi e solenni fatti, che mostra forse avere mente pregiudicata o cieca, colui che potendoli conoscere, o si rifiuta ad averne cognizione, o si ostina a spiegarli in opposito.

Oramai è vano lo sperare che il popolo italiano Sii soffermi, e pigli altro cammino, e molto meno che si decida andare a ritroso; per cui è, a parer mio, gravissima svista, non tenerne conto e non prevedere, per provvedere per tempo.

Saviezza al contrario sarebbe il preparare il prossimo avvenire onde salvare alcun che di quei principii, che hanno la sanzione di molti secoli, ma che non rappresentando un vero principio eterno, vanno soggetti a consunzione se non si ravvivano in tempo. Quel principio su cui si fonda ,H Papato Spirituale, a parer mio, va tutto giorno logorandosi, non già perchè gli si vuoi levare d'attorno il potere temporale; ma perchè non gli si leva, e non si procura che lo abbandoni, ora che quella consociazione è riprovata dalla pubblica coscienza, ed è colpita di paralisi e morte, e non può oggimai che far discendere nella disistima il Papato Spirituale ostinandosi a volere restare quale è contro la maturità dei tempi, e il sentimento dell'universale. Vedo con dolore questa genesi, che tutti i giorni si va compiendo, e che oggi ha condotto in una deplorabile condizione il Papato, perchè odiato dagli uni, è ludibrio degli altri, e dei più. Invero non potrebbesi conseguire effetto diverso, da quello che l'Imperatore dei Francesi ·consegue in ItaHa quando s,i fosse voluto d1struggere, sfogando una feroce vendetta, questa istituzione secolare, e un tempo così minacciosa all'autorità regia. Gli agenti dell'Imperatore secondano quest'opera malaugurata in modo prodigioso. Il nostro Console a Roma, uomo così mite e riservato, mi scrive del Generale Goyon, che attraversa in ogni parte gli ordini del Governo Imperiale, e le istruzioni del Marchese di La Valette. «Tutti i rapporti fatti di recente al generale Goyon sulle mene reazionarie sono rimasti nel suo portafoglio. E soltanto da JJui dipese di non arrestare Chiavone nel convento di Scifelli. Sembra non avere voluto dare ordini che i comandanti militari francese e italiano, sulle frontiere si ponessero in immediata comunicazione fra loro. SemlJra pure che egli abbia scritto al Ministro della Guerra in proposito. Non v'è caso che egli denomini per Italiani i nostri soldati. Per lui non sono che Piemontesi. È sicuro che Chiavone è stato in Roma, che ha conferito coll'ex Re ed ha avuto ordine di ricostituire le sue bande e completare le sue compagnie. È

innegabile che, tolto Chiavane, sarebbesi recato un gran colpo morale alla reazione, e avrebbesi dato prove per parte dell'armata francese di una vera buona fede nel reprimere H ,br.Lganta~gio. Dell'animo dell'31Illbasdatore franc·ese non s.i può dubitare; egli è paralizzato dal generale Goyon. Non è a dil'si quale doloroso senso facciano. questi frutti sul!L'animo della popolazione più illustre per animo e >per pl"ecedenti e quanto si vadano alienando .gli animi verso l'Imperatore, mentre s'inaspriscono ognora verso questo insenooto Governo».

Questa è la condizione di cose e d'animi a Roma. Chiedo io se, persistendo così si apparecchia provvidamente il futuro, o piuttosto si guasti accatastando difficoltà ognora più gravi? È singolare l'udire ripetutamente che l'Imperatore è il primo a senti~si gravato della sua posizione ,in Roma, che non desidera meglio dell'andarsene, e che veramente ciò che lo angoscia si è la ricerca del modo di fare questa partenza, senza che il Papa ne sia compromesso. Chiedo se i fatti sono quelli che si potrebbero aspettare dopo tante dichiarazioni. Chiedo pure se in presenza di tanti vandalismi che si compiono in Roma a danno nostro, e in presenza di tanti altri che ci minacciano, sia possibile conseguire dagl'Italiani quella pazienza che si vorrebbe, e che s'inculca tanto; e parimente chieggo come il governo d'Italia potrebbe lungamente tenersi le mani alla cintola, e restare spettatore passivo? Io avrei inteso le parole dell'Imperatore, e le avrei accolte, e ·con me la Nazione, quanQ:o in coerenza di tali parol,e si fosse procurato di tener Roma in condizione di moderazione e di pace; cauta e prudente, neutra verso i partiti, insomma inoffensiva; e declinante nel credito e nell'autorità solo per effetto del convincimento che oramai fosse finito il regno mondano del Papa. In questo contegno avrei visto un grande benefizio, ed una grande previdenza; e l'Imperatore mutato in una grande leva di trasmutamento civile destinata a operare il bene e ad evitare ogoi violenza della grande risultanza. L'Italia poteva allora aspettare; potevamo tutti aspettatre, per:chè :i danni e le vi01ìen2le, le irritazioni e le vendette, erano prevenute. Ma è egli questo il caso attuale?

In questa condizione :di cose, il progetto di che Ella :mi dà ,cenno non credo che sia attuabile. In ogni caso non è da noi che l'Imperatore dovrebbe cominciare a scandagliare terreno; ma sì dal Papa. Ma lasciamo vie così infeconde di risultati onesti, e prescegliamo una via più degna di ,tmtti e più sicruro resultato.

Io non credo che il Papa fuggirebbe da Roma se i Francesi partissero. Se io così dico, ne ho anco le morali ragioni, e prove. Io non credo che il Papa lascerebbe Roma. Dove dovrebb'egli ritrarsi onestamente? Non sono più i tempi che egli potrebbe immaginarsi di trovrure armi efficaci per essere ristabilito; e penso che egli sente nella sua coscienza a quanti mali esporrebbe sè e la Chiesa fuggendo fuor d'Italia.

Ma se così si pensa costà, perchè non si opera a indurre nell'animo del Papa la confidenza di nessun maltrattamento, e della volontà espressa di considerarlo qual capo della Chiesa romana, e come tale trattarlo; mentre partendo sarebbe abbandonato dai più, che persuasi che il principio religioso può esplicarsi indipendentemente dal Papa, presto accetterebbero le trasformazioni cui i tempi chiamano la oramai provetta istituzione, sicchè poca o nessun'agitazione pericolosa addurrebbe quel fatto? Perchè non si opera pure sull'animo dei Romani onde si plachi ogni rancore verso il Papa, e si cominci a considerarlo quale

capo della Chiesa di Cr:isto, simbolo di carità, e di amore, inculcando tm perdono vell'lso i di lui malvagi consiglieri, perdono ·che non si rifiuta ai malandrini al momento del supremo giudizio? lo conosco i Romani, e sono certo che se tali parole venissero pronunciate dall'Ambasciatore francese a nome dell'Imperatore sarebbero come una scintilla in quell'anime generose che le infiammerebbe di propositi degni di coloro, che sono destinati ad essere i depositari dei supremi poteri della Nazione, e sarebbero * del pari* gloriosi di divenire di quelli della Chiesa Cattolica.

Io .sono certo che quelle popolazioni potrebbero essere lasciate a se stesse, e saprebbero dimostrare tale un carattere di fermezza e di moderazione, che la persona del Papa dovrebbe bene vedersi assicurata, ripigliando un prestigio, che la tutela improvvida di armi straniere le ha totalmente tolto. I Romani saprebbero porre .fine aJ: Govemo .temrporale senza alcuna ll:esione alla Santità del Pontefice, saprebbero .comporre un governo provvisorio ordinato e purificatore, confìàerebbero la tutela dell'ordine a loro medesimi; procederebbero ad un plebiscito in conformità degli altri popoli, e si compirebbe così un'opera grande e rtgeneratrice senza sconcerti pericolosi, ad un tempo salvatrice deH'ordine e della libe~tà in Italia, e .del principio ·cattolico in Europa. ·l due Governi, il francese e !l'italiano, secondereb'bero questo periodo con J.a loro influenza morale, e con la presenza delle loro truppe, disposte, le francesi a Civitavecchia, e le italiane a Corneto, a Viterbo ecc., a Terracina, Alatri ecc. Prima conseguenza di queSito pensiero provvido e fecondo di risultati immensi sarebbe la partenza del Borbone e la cessazione del brigantaggio, e con ciò la depurazione della popolazione romana da tutto ciò che colà si è radunato di più infame, e di più perduto, l'abbattimento del partito clericale ora violento, perduto ogni appoggio, sentirebbe unicamente la necessità di salvare alcun che della sua autorità morale ritornando a sentimenti di dovere; gli ordini del Governo Italiano, in ispecie quelli relativi alla coscrizione, non troverebbero più i perfidi insinuatori alla ribellione, alla diserzione, alla resistenza; le carceri e le galere romane cesserebbero di rigettare per opera del Pontificio Governo la gente la più infame (e non dico ciò a caso) ridotta a emissarii, diretti sulle nostre Provincie per attirarvi brigantaggi, incendii, e assassinii orrendi.

A questo proposito io sono informato che oggi in Roma si organizza un disegno per fare, nelle varie città del Regno, ·che nascano turbolenze. A tale fine partono da Roma alla spicciolata gente perduta, liberata dalle galere, emissarii di Antonelli e di Francesco II, e si dirigono per varie località loro assegnate. Anco a Trieste si prepara nuova spedizione di briganti che sbarcheranno in breve sulle coste italiane dell'Adriatico. Lo spagnolo Tristany è designato a capitanare la nuova spedizione. Neppur la Toscana è eccettuata da questo infame disegno.

L'esecuzione del pensiero che io emetto è semplice. L'Imperatore dee significare al Papa: l) la evacuazione del territorio per parfe delle sue truppe al 1° di marzo,

o quale altro sarà creduto più proprio, ma che non sia lungo troppo, salvo una guarnigione che resterebbe temporaneamente a Civitavecchia;

2) la •convenzione stabilita .col Governo Italiano dell'occupazione unicamente militare, per premunirsi da ogni sorta di brigantaggio, dirò pure per impedire qualunque aggressione di esaltati, di alcuni punti del territorio pontiftcio. Il Governo Italiano assumerebbe obbligo di tutelar:e i1 territorio pontificio da ogni violazione o irruzione di corpi franchi, nonchè da ogni moto in senso repubblicano, od anarchico qualunque, ed assumerebbe non meno l'obbligo di adoperare tutta la sua influenza e l'adopererebbe con franchezza sincera, onde sia evitata ogni violenza, e i voti del ;popolo romano si enuilJCino con forme moderate e pacifiche.

Io ho fondata fiducia che questa sia la vera strada per conseguire la soluzione ·deùla questione romana; perchè •Cosi essa è posta sul Sl\lo vero terreno. Dee innanzi tutto scomparire: (lo in una dichiarazione, 2° di fatto) ogni occupazione straniera da Roma, senza di che non è possibile soluzione alcuna; finchè Roma avrà baionette francesi, i consiglieri del Papa·saranno ostinatissimi, siccome l'esperienza va tutto giorno provando, con un grande deperimento di ogni morale e religioso principio, con danno degli interessi italiani, con perdita del credito dell'Imperatore. Così facendo si distrugge e non si prepara l'avvenire. L'Italia d'altronde, non potrà lungamente aspettare in una condizione cosi pregiudizievole, e molto meno restare spettatrice passiva delle spoliazioni che si fanno a Roma, e di quelle che più si minacciano.

Io non vo' dire che se l'attitudine francese a Roma fosse stata quella di sostenere schiettamente e solamente la indipendenza del Pontefice, impedendo che diventasse sede e fucina di ogni reazione legittimista e di ogni macchinazione da compirsi con l'assassinio o il brigantaggio, se quell'occupazione fosse stata moderatrice saggia delle improntitudini clericali, io i:J.on vo' dire, che, in allora non si fosse potuto aspettare, pazientare il tempo desiderato dal Governo Imperiale e forse anco uno più lungo; perchè in allora si faceva chiaro il fine profondo e fecondatore; e questa occupazione sarebbesi chiarita per benefica oltre ogni modo, e avrebbe aiutato del pari alla Chiesa ed al consolidamento del Governo nuovo in Italia. Ma non è stato cosi; anzi esso è stato tutto al contrario. Sarà difficile dimostrare di quell'occupazione, in snecie durante il 1861 in quale parte sia stata benefica, e tale da compensare, almeno parzialmente, i tristi e dannosi effetti recati, e il ciel non voglia che abbiamo a gustare anco delle più tristi conseguenze!

IIJJUtile è qui dunque di dire, cosa saxebbe oggi se l'occupazione francese aJVesse avuto un altro carattere e s.piegato un m~gliore disegno: sono certo che l'Imperatore non mirava nè voleva ciò che ne è fatalmente avvenuto. Ora fa d'uopo prevenire ancor più tristi effetti; fa d'uopo di uscire da uno stato, non più provvido, non più benefico, non più fecondo, perchè ridotto a condizioni di marciume, di vituperio, e dirò anco di cinismo, perchè quello che og.gi dicesi Governo romano, che altro è, se non un gruppo di consorti che si giocano di ogni onestà per tenersi al banchetto delle loro pazze passioni, e sfogarle più a lungo che possono? E H Governo francese vorrà ancora :farsene il puntello? Profitti anzi del momento; e poichè nell'eccesso stesso cui giJUnsero oramai ile cose a Roma, si può verificare il fatto provvidenziale che si è perduto anco la fiducia in sè stessi non che il credito degli altri, cosi anco per questo l'annunzio del prossimo ritiro delle tru;ppe francesi da Roma, e ~ manifestaziotne di sentimenti moderati e pacifici per parte del popolo romano, compirà l'effetto che il Papa resterà fermo in Roma convinto che ha più da sperare dagl'Italiani,

3 -Docttmenti diplomatici • Serie I • Vol. II.

cui infine ha qualche cosa, che desiderano, da concedere, che partire per andare a cercarsi pellegrinando un asilo; e dove cercarlo? quando non v'è parte in Europa in cui potrebbe andare ove il terreno non tremi già sotto ai piedi di colui nelle cui braccia dovrebbe mettersi il pellegrino Pontefice, e cercare asilo, e sostegno da chi non desidera darlo, perchè le condizioni che in altri tempi di questa civiltà potevano ammettere uno scambio di servizi, oggi mercè i progressi del senno e della coscenza, o non hanno più valore o non sono più possibili?

L'autorità civile ha da guardaTsi a casa sua, e il ·connubio con l'autorità

spirituale non serve più alla salute di alcuna di due, così le restaurazioni sono

restate senza ·credito per ognuna di esse, e ringraziamone davvero il progresso

della vera coscenza.

A dì 11 gennaio.

Sebbene mi sia 'giunto stamane il suo dispaccio colllfidenziale (1), io non ne

terrò conto in questa presente mia, e vi risponderò con altra mia a parte.

Ripiglio e finisco quanto io ieri scrissi riepilogando.

Sebbene non si voglia pigliare atteggiamento di meschina e triviale insistenza sull'animo imperiale, pure non può evitarsi dal dichiarare che l'Italia nelle presenti sue condizioni non può tollerare che di soverchio si prolunghino le presenti condizioni di Roma, le quali tengono dolorosamente preoccupati gli animi in Italia, e sono fomite di un continuo agitarsi e di uno stato morboso, che penetra in tutti gli ordini, e in tutti i casi, e avversano e paralizzano buona parte della nostra esistenza, e si frammettono al compiuto nostro riordinamento

Il Papato non usufrutta del male che le nostre nazionali condizioni risentono, perchè ognora più si attira lo spregio e lo indifferentismo nost.<·o, stato questo anco peggiore dell'ira e della vendetta.

Nulla s_i avvantaggia di quello stesso male, perchè è tale stato di cose in Roma non più riconosciuto per utile, ma anzi tutti ne veggono i mali, i più risentono di questi mali, infine è generale la nausea, la stanchezza che si prolunghino tutte queste provocazioni a violenze, immoralità, disturbi, ruine, morti, a scomptglio e onta alla ragione morale.e civile.

La cessazione sarà moralità, e insieme potrà addurre rinsavimento nel Pon·tefi·ce, ill quale rnon può :pernsare a fuggire :perchè rnon saprebbe ove andare; non faccio l'ipotesi del Papa di Gerusalemme non osando di leggere cosi addentro nei decreti della Provvidenza; ma pure il ritorno alle origini per diventare istrumento di civiltà nuova io potrei capirlo, ma in Europa non veggo più posto pe1 Pa~a fuor che di mantenersi Vescovo di Roma, spogliandosi del!la qualiltà di Principe temporale. E nel fervore dei Governi e dei Popoli non ha più da contare, avendone abusato di troppo, e in restaurazioni non ha più da confidare. Egli lo sente; ed ha i lugubri esempi davanti (è vero che erano .Principi secolari; ma ciò :poco monta) dei Principi fuggenti e del vuoto da essi lasciato, chiusosi dietro a loro senza speranza che per loro si riapra.

Il Papa adunque non fugge, e assicurato sarà anco dalla :stessa Popolazione Romana, che so essere nobilissima e piena di virili sensi, e che stanca è della passività, in cui fu fin qui tenuta, e anela il momento di farsi v;iva e attiva in civiJ:tà e in devozione alla Patria e alla Chiesa. Questa è la vera guarentigia che l'Imperatore si dee procurare, quando al desistere dal suo aspettare intorno a Rom~. null'altro che garanzie aspetti e voglia.

E garanzie di fatto a Lui ;porgerà i!li Governo italiano secondando ['attuazione del disegno, perchè piglia impegno di occupare i vari punti soltanto temporaneamente e agli effetti militari contro il brigantaggio; e piglia impegno di tutelare la fronti:era da ogni violazione di gente organizzata di qualunque sorte. Così predisposte le cose, potranno dire che si prepara un avvenire con qualche fondamento di effetti morali e civili. La stessa Francia non tanto riguadagnerà in dignità, e in fiducia; ma quello che più importa si ritroverà in una posizione di indipendenza, della quale potrà. vantaggiarsi nei suoi rapporti internazionali d'ogni maniera. L'Italia potrà allora aspettare il momento definitivo di avere Roma quale sua capitale effettiva, e potrà aspettare perchè non tanto i danni a suo carico saranno in grande parte cessati, e vedrà altresì un compimento non remoto a questo periodo transitorio, ma eziandio perchè sente le proprie solidarietà negli effetti cui ella è chiamata a concorrere!

Queste pagine, com'Ella ne scorge dalla forma, non sono scritte per essere lette, sebbene nessuna dettatura rappresenti più al vivo e al vero quali sieno gli spiriti e le cose tra noi; ma appunto per questo che la forma ne è tutta alla buona, e spontanea e che non è fatta per atti ufficiali o per darlesi notorietà. Ma non pertanto ella si dovrà meno immedesimare con la sostanza. Non le vengono date prescrizioni; ma tutto, e perfino il far leggere queste carte quando possa giovare, è rilasciato a quella saviezza e quelle cognizioni di opportunità, e quella pratica di persone, mercè che, non dispero, anco questa lettera potrà profittare alle nostre grandi e prementi sorti.

P. S. -Unisco due lettere del Teccio con uno dei graziosi Proclami della Stam,peria Camerale di Roma. Io, non ripeterò giudizi, ma dovrò ben dire che a Parigi non si conosce quello che si fa a Roma, e molto meno si misura al giusto la pazienza degli Italiani, e volerne fare degl'Iloti, è follia. è follia!!

(1) Cfr. Serie I, vol. l, 470.

(1) Cfr. n. 14.

20

NAPOLEONE III A VITTORIO EMANUELE II (ACR, orig. autogr.)

Parigi, 11 gennaio 186,2.

J'ai été bien touché dlu souvenir de Votre Majesté à l'occas.ion du nouvel an et je la prie de croire que les vreux que je forme pour son bonheur sont bien sincères.

J e voudraiJs bien avoir quelques bonnes nouvelles à vous donner, maist la fatalité pèse sur cette malheureuse question de Rome, et je ne vois pas encore le moyen de amener une réconciliation entre Votre Majes.té et !la Cour de Rome.

Malgré la recommandation de Votre Ma~esté je n'ai IPBS pru recevoir le Gen. Thiirr. Etant officieHement en bonrs termes avec l'Autriche je ne .puis avoir l'alir

de ·conspirer contre elle, et le Gen. Thiirr a trop de notoriété tpour que sa visite ne soit pas remarquée (1). Je prie V:otre Majesté de croire toujOUJ'Is aux sentiments de toute estime et de sincère amitié avec lesquels je suis de Votre Majesté.

21

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. CONFIDENZIALE 54. Parigi, 11 gennaio 1862.

Benchè finora non sia stato ufficialmente annunziato, pare tuttavia certo lo stato interessante di S.A.I. la Principessa Maria Clotilde.

Da persona ordinariamente bene informata venni assicurato che l'Austria sta facendo all'Imperatore Napoleone delle proposizioni relative agli affari italiani, destinate ad essere anche comunicate al Gabinetto Britannico. Avrò cura di indagare se la notizia è vera e a che si riferisca. Intanto ne ho avvertito ad ogni buon fine il R. Ministro a Londra.

Ebbi in questi ultimi giorni, trovandomi alle Tuileries, l'occasione di parlare col Principe di Metternich.

L'Ambasciatore Austriaco si mostrò meco molto preoccupato del linguaggio tenuto da Garibaldi in questi ultimi tempi, come se il Gabinetto di Vienna s'attendesse veramente a qualche tentativo. Mi domandò poi se io credeva che

c Mon cher ami, je n'ai pu me dispenser de remettre au général Tiirr le mot d'introduction qu'il m'a demandé pour vous. Sans me dissimuler ses projets, qui ne sont autres que ceux du roi Victor-Emmanuel, il n'était pas entré, avec moi, dans des détails aussi précis qu'avec M. Conneau, qui a été autorisé à le recevoir. Il lui a dit (je tiens ces détails de l'empereur !ui-méme) que le mouvement devait commencer par la Grèce, qui tenterait une incursion en Epire; que les Albanais fatigués de la Porte, se soulèveraient en mème temps: que le prince de Monténégro seconderait les insurgés de l'Herzégovine, et que la Serbie se mettrait aussi en branle. Les choses ainsi préparées, la Hongrie aurait son ròle, et, du moment où l'insurrection y aurait pris quelque consistance, le roi d'Italie attaquerait la Vénétie, pendant que les Garibaldiens tenteraient diverses entreprises du còté de la Dalmatie. L'empereur a fait l"épondre que, " ne pouvant pas apprécier les chances de succès d'une pareille odyssée, et ne voulant y participer d'aucune façon, il n'avait aucun conseil d àonner ,. J'aurais préféré que Sa Majesté donnAt le conseil de s'abstenir, car le pian du roi Victor-Emmanuel me parait aussi absurde que dangereuxl Les Grecs, en e1fet, sont incapables de quoi que ce soit. Les Albanais ne donneront jamais la main aux chrétiens. Le mémoire que je vous envoie sur le Monténégro indique ce qu'il faut attendre de ce còté, et les Serbes n'ont pas d'armes!

Je ne veux pas dire assurément que le statu quo se maintiendra longtemps en=e dans le nord de la Turquie, mais si le roi d'ltalie avait un peu de bon sens, il laisserait les Russes agiter cette partie de l'Orient, et ne chercherait pas à y provoquer des velléités destinées à avorter miserablement, tant que le cabinet de Saint-Pétersbourg ne se décidera pas à les encourager pour son compte.

Je me rappelle que le général Tiirr a aussi parlé du Tyroll Ce serait de la folle à la

triple puissance. Je vais invitel" le due de Gramont à émettre une opinion sur le voyage

de l'empereur François-Joseph. Pour moi, je n'ai guère cansidéré ce qui s'est dit à Vérone

que (fOmme une revanche de ce qui se débite à Turin. Il serait trop commode vralment

pour les Italiens, de proclamer chaque matin qu'ils se préparent à attaquer la Vénétie,

si ceux qui la possèdent aujourd'hui n'avaient pas le droit de s'impatienter de ces bravadesl

Quant à provoquer eux-mèmes la lutte, c'est une faute que les Autrichiens ne commettront

pas deux fois. Mais ce dont je ne doute pas, c'est qu'ils soient résolus à se considérer

comme en guerre, si les garibaldiens engagent quelque ehose e n Dalmatie •.

Sulla missione Tiirr è da aggiungere quanto Vittorio Emanuele aveva scritto al Vimercati il 20 dicembre 1861 (ACR). • Tiirr parte per Parigi, non le scrivo a lungo perché lui la metterà al corrente di tutto il passato e il presente. Guardi d,l. sapermi dire come va l'affare dell'Imperatore verso Roma e cosa dice di noi. Poi in che condizione si trova la Francia con la Russia e se sono vere le trattative della Francia con l'Austria per una lega contro di noi. Queste ~time notizie mi vengono da Vienna. Tutto questo per sapere come regolarmi •· Ed è da aggmngere anche che il Re rimase cosi male del mancato ricevimento del Tiirr da sfogarsene amaramente col principe Oscar di Svezia, cfr. Die auswiirtige PoZitik Preussens, 1858-1871, II, 2, n. 436, nota 3. Cfr. Addenda n. 619.

veramente Garibaldi avesse in animo di tentar novità per la primavera. Risposi essere mia opinione personale che ciò non potesse accadere. Impegnandosi il discorso in modo più generale esposi al Principe di Metternich le ragioni di alta convenienza pei due paesi che l'Austria finisse per decidersi a restituire Venezia all'Italia, e gli domandai se mai la cosa a suo giudizio fosse, in un prossimo o remoto avvenire, sperabile. Risposemi il Principe che la cosa sarebbe possibile, ove non vi fosse di mezzo la mèmoria sanguinosa di Solferino; ma, soggiunse, lo spirito che domina l'esercito austriaco non permetterà mai al Gabinetto di Vienna una tale cessione, se prima non venga rilevato l'onore delle armi austriache così duramente percosse sul Mincio e sul Ticino. Proseguì poi dicendo che, sventuratamente a suo avviso, le pianure di Lombardia sarebbero state ancora per lungo tempo il campo di battaglia tra l'Austria e la Francia.

L'interruppi osservando che appunto l'Italia libera, unita e forte, coll'annessione della Venezia, avrebbe reso all'Europa questo grande servizio d'impedire a perpetuo questa lotta micidiale. Ma esso insistette dicendo che se l'Austria non cesserà di essere grande potenza, questo non potrebbe accadere, sia perchè l'Italia non potrebbe star neutrale, ma sarebbe come fu sempre il Piemonte, ora con l'Austria ed or colla Francia, belligerante sempre e neutra mai, sia pe1rchè la lotta tra Italia e Austria sorgerebbe pur sempre nell'Adriatico, sia infine perchè a suo giudizio, è indubitato che l'Italia non potrà costituirsi nè mantenersi costituita in forte nazione.

Quando lasciai il Principe di Metternich gli dissi che per conto nostro avremmo fatto tutti gli sforzi possibili perchè quest'ultimo di lui presagio non si avverasse.

Credei utile rUerirle questo discorso perchè Ella possa coordinare le cose dettemi dall'Ambasciatore Austriaco con altri fatti, e massime colle circostanze del viaggio dell'Imperatore d'Austria nella Venezia, circostanze che pajonmi rivestire un carattere non del tutto pacifico.

(1) Della missione Tiirr cosi il Thouvenel dava notizia al Benedetti il 25 gennaio 1862 (Pages de l'histoire du S.econd Empire par L. THOUVENEL, Parigi, 1903, pp. 342-344):

22

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 292-298)

L. P. Torino, 12 gennaio 1862. Ora ho sott'occhio il dispaccio confidenziale del 9 corrente e la lettera particolare della stessa data (1). Da questa lettera ricavo il tentativo fallito presso l'Impera-tore e promosso dal principe Napoleone e dai signori Fould e Thouvenel. Io non ho parole per esprimere la mia riconoscenza inverso tutti, vedendoli così generosamente impegnati a promuovere una conclusione da cui l'Italia ha sì tanto da profittare. Vogliano però non !asciarsene scoraggire,. perchè non è solo l' Italia che ne risentirà bene, ma tornerà a grande vantaggio anco della Francia

e del suo Imperatore, nonchè dei più sacri principii morali e religiosi che dalle presenti condizioni di Roma sono orrendamente offesi. Il Governo Italiano non

mancherà mai al suo dovere e ·contrarrà impegni ogni qualvolta a lui si chiedano cose che non stieno in opposizione agli interessi nazionali. Non si potrebbe più riconoscere il diritto nel Papa di aversi un potere che la coscenza dell'universale non gli riconosce, e che sta in opposizione con i nostri più sacri interessi, ma se si esige che sOilo i cittadini. romani possano dLchiarare a quale sudditanza intendano appartenere, * o intendano restare di sè, popolo libero e municipale (!!!) *, il Governo Italiano non vi <saprebbe disdire. E dichiaro ciò per riSpondere ·al pensiero esternato dal Signor Thoovenel diretto a dare a Roma lo stato della Città Hbera. Gran Cielo! finiamola con questi progetti eterodossi, fatti contro gli interessi dei popoli ed a loro insllipUta. Ciò mi adduce un tr:iste dubbio nell'animo, •che ile difficoltà ·che .costi si accaanpano sieno p~uttosto l'effetto di un grande contraggenio, che si provi da codesti signori (non eccettuato l' Imperatore) a darci questa Roma, città magna! Non si lasci sedurre, signor Ministro e veda di penetrare nei cuori, e faccia ogni possibile per dileguare giudizi cosi sovranamente sbagliati, che se prevalessero, potrebbero portare catastrofi.

Io non credo che un Ministro italiano potrebbe solstenersi davanti il Paese e la Catm.era, <sol che .si venisse a dubital'e, ehe egli avesse un qualche mezzo termine su Roma; vo' dire sol che, dato più ·corpo che non hanno alle diffi.coltà presenti, esprimesse il pensiero di accettare una aualsiasi transazione contraria all'onore ed agli interessi nazionali. Non è così ove si chiedesse che il Popolo Romano decidesse da sè dei suoi destini. Ha già deciso! Perchè non volersene ancora persuadere? Tutta volta esso è pronto, penso, a nuove ed ultime prove. Spero adunque che l' Imperatore, ed altri si guarderanno bene dal volere imporre alcun •che ad alcuna parte d'Italia, perchè da quel giorno attirerebbero gravisosimi contrasti, e gravissime lotte a sè ed a noi. Ella dice pure nel suo dispaccio confidenziale che è pronto l'Imperatore a far cessare l'occupazione francese che oggi tiene Roma, /l)erchè ciò fa una falsa posizione alla Francia, ed io aggiungo, con buon permesso, <che più fa:1sa sarà in seguito. Che a<ltro domanda il Governo Italiano, <Se non che si faccia ·cessare uno stato di cose, eosì pernicioso per tutti? L'occupazione francese a Roma, e il modo con cui vi è stata esercitata nel corso del1861, ha fatto sì che oggi la, necessità di cessazione è •fatta un reclamo generale, è fatta un dovere di buona politica e di buona morale. Egli è così, non ci si illuda; la politica, la morale, la religione chieggono questa cessazione. Oggi non vi è che la volontà personale dell'Imperatore che vi si oppone; e siccome questa volontà porta l'effetto di sostenere un governo di reazione e di ladronerie, ne consegue, del pari che infine quella volontà soffrirà della reprobazione generale data alle sue conseguenze.

L'lffi/Peratore però dice: « Io escirò da Roma quando mi darete guarentigie per la <persona del Pontefice ». Questa formula conta più mesi. H Governo Italiano ·Credette alla gravità della domanda; anzi ne conoibbe la giustizia e d'accordo ·con ciò siÌ chiamò pronto per J.a sua parte. Siccome non si veniva a particolari, il Governo Italiano si fece avanti e offerse varie dichiarazioni ed infine il •capitolato. 11 Governo francese o non aoco1se o rigettò; ma nulla propose siccome ne aveva il debito. d'interesse e di lealtà; anzi consigliò e consiglia di pazientare, di non aver l'aria di forzare la mano all'Imperatore e cose simili, alle quali ho già risposto altra volta, e credo con giustificazione; perchè qui si è dim.ostrato che la Nazione italiana sa di essere e di essere stata paziente larga

mente, ma sente insieme 1le sue rpropil'ie necessità, sente ed è <>tretta anco da suoi proprii interessi, e tutto giorno a lei si fa vivo il bisogno di provvedere. Fa d'uopo che una risultante si trovi tra queste due spinte contrarie, quella che parte dalle necessità in cui versa l'Italia e quella della resistenza imperiale. In questo sta la saggezza di tutti, e la stessa dignità imperiale. Ma chi potrebbe garantirmi che tra un mese o due in seno stesso del Parlamento non si facesse qualche for~ male proposta a proposito di Roma, del governo Romano, delle sue violenze, delle sue reazioni, del saccheggio che esso opera sulle sostanze nazionali, non a beneficio della Chiesa ma in fomite di malanni? Non sarebbe ciò un mettere la Francia ed il suo Imperatore nella più compromettente posizione? Ebbene, sap~ piasi che questa volontà c'è e fin qui mi è riuscito di farla sospendere, ma si durerà, mentre ogni giorno vanno crescendo le ragioni di lamento e di protesta? Mi 'sono hene accorto che in Parigli si fapno delle bene errate pel'SUasioni sul conto dell'Italia, e credono forse che stia tutta negli intrighi ministeriali, ed il resto sia un mucchio ·che si scomiPonga in briganti, ed in addormentati. Egli è questo un grave e funesto errore, che è urgente sia dileguato.

A Lei, Signor CavaLiel'e, che ha in mano costà gli interessi della nostra Patria, con·fido la pittura precisa delle nostre condizioni, onde l'animo 1SUO ne sia compenetrato. A Lei nè io nè il mio paese faranno mai 'Colpa di non essere riescito nell'intento ogni qual volta si possa conservare fiducia ,che Ella non aibbia di~ smesso dall'opera studiosa, sagace e dignitosa, che trova nella stessa mia fiducia il più vivo impulso.

Da Roma passo alla Venezia. Non posso passare sotto silenzio questo punto, il quale mi preoccupa non meno del primo, sebbene sotto altri rispetti e con altri mezzi. Dissi, e lo ripeto, che lo andare a Venezia dipenderà dall'opportunità; i mezzi per andal'ci sono ,le armi che si preparano ,in silenzio. Con ciò sarebbe finito questo discorso, quando la operazione fosse unicamente consistente in queste semplici espressioni; ma vi sono eventualità, che conviene pesare per tempo; queste mi pare, possono prevedersi nelle resistenze che vanno apparec~ chiandosi tra quelle razze diverse che sono soggette all'Austria dal lato di Oriente. Vorrei sapere cosa se ne pensa in proposito costà, e vorrei inoltre avere dei dati di fatto. Le mie notizie sono: l o che l'Austria è ben cauta di non spingere ad estremo quelle popolazioni; 2o che l'Austria cerca accarezzarne parte per divi~ derle tutte tra loro; 3o che in effetto sono divise tra loro, sebbene siano concordi nel desiderio di emanciparsi dalla dipendenza dell'Austria; 4o che in Ungheria, che non è punto d'accordo colla Transilvania, vi è un fortissimo partito per non romperla affatto e non dividersi affatto con l'Austria; 5o che l'Austria pos~ siede una numerosa e buona armata spirante di battersi, ma costretta a dividersi in più parti onde impedire la scompagine dell' Impero. Ora l' Italia non ha armata per attaccare con successo l'Austria. Sarebbe tradire la Patria esponendosi a scon~ fitte, ed al ricol"so di .straniero aiuto. L'Italia ,potrà atta0eare l'Austria con sue~ cesso, nella primavera del 1863 perchè in allora avrà 300 mila uomini addestrati e fatti alla disciplina e all'esercizio delle armi. All'Italia non conviene oggi pro~ voca·re nè agitazioni, nè rivoluzioni. I1 suo ~compito si è di proseguire nell'opera di riordinaJIUento della sua amministrazione e de'11a sua armata. Il,progreSiSK> nella soluzione romana è condizione essenziale di ciò.

Con tutto ciò possono sorgere eventualità che potrebbero mutare in saggio un consiglio che altrimenti saria follia, quello cioè di attaccare l'Austria nella Venezia nel corso di quest'anno; perciò mi occorre star bene informato: l o per tentare lo allontanamento di tale necessità; 2° per prepararci quando le cose avessero tale apparecchio, da stimar folle l'opporvisi. Conto perciò molto sopra di Lei.

Passo ad aUro. Non so se Ella avrà stupito che io nulla abbia risposto a quel telegramma col quale mi esprimeva un certo dispiacere del signor Thouvenel pel dubbio rche io mostrassi rpiù simpatia inverso al Rarppre•sentante inglese che al Rappresentante francese (1), come pure che io non arbbia mai scritto a proposito delle mene ministeriali, cominciate colla gita del sLgnor Rattazzi a Parirgi, durate di rpoi, duranti ancora. La ra,gione del mio silenzio è semplice e sta fu questa serie. di proposizioni: l o il ciarlio e l'intrigo d'ogni maniera ha fatto sì che l'onore e la dignità d'entrambi, Rattazzi e Ricasoli, non permettevano pigliare oggi parte insieme in un Ministero; 2o lo scandaloso usufruttare che si è voluto fare della mancanza di un individuo nel Ministero e la pochezza degli uomini, ha fatto sì che io non ho potuto confidare ad altri fin qui il Ministero dell'Interno. D'altronde voglio persona che m'ispiri fiducia e la pensi come me; 3o in allora io ho riguardato se veramente v'era necessità di completare il Ministero ed ho rilevato che !ungi da questa necessità v'era invece pericolo finchè la serie delle riforme non sia compiuta; 4° decisi allora conservare il Ministero qual'è; 5° quanto a me, chiamato dal destino e dal voto del Paese, cui io ho soltanto piegato la mia volontà, sarei un traditore della Patria se dimettessi per un momento dal mio zelo o cedessi davanti agli intrighi di palazzo o di strada. Il mio onore è a me solo confidato e solo davanti un voto del Parlamento io avviserò alle ulteriori decisioni che siano del caso.

Quanto alle mie simpatie e antipatie disdegno parlarne. Io non ho nè dell'une nè dell'altre. Sono cortese ed amichevole con tutti; cerco di essere saggio e dignitoso nelle mie relazioni. Amo davvero la Patria, la cui dignità e fe11icità ho .grandemente a cuore; sono devoto alla libertà e m'inchino alle dichiarazioni del Parlamento.

Eccole, signor Cavaliere, una dichiarazione altrettanto netta che sincera. S'intriga sempre d'intorno. Giornali francesi senza decoro se ne fanno strumento. Conosco i calunniosi articoli del Pays e non so corrispondervi che co!l: disprezzo. Badi però Ella, che codesto Governo non vi presti fede; e procuri che sia dato un termine a questa commedia codarda. Voglia anco di ciò scrivermene a sufficienza. * Mi perviene il suo dispaccio ·Confidenziale n. 5·4 (2) contenente materia non immeritevole di considerazione.

Mi dia ragguagli ·sulla presenza in Parigi del cameriere di S. M. il Re (3).

P. S. -Parlasi di detti e di manifestazioni che si vogliono attribuire al Re nostro, e dai quali si dedurrebbe che il Re voglia fare una politica a conto proprio, o indipendente dal Ministero. È già un male che si pensi a questa possi

bilità; ma non saprei !asciarmi andare al dubbio che questa politica reale potesse trovare autori tra i funzionari governativi, cui non può restare ignoto di quale indole sia il Governo che eglino rappresentano. Non vorrei che il discorso a Lei tenuto da codesto Ambasciatore aru,striaco avess,e [atente qualche sospetto su ciò che ora io le dico, e solo enunciasse il nome di Garibaldi, perchè più opportuno ed agevole che non quello delL' .AJUgusta Persona *.

(1) Cfr. nn. 14 e 15

(1) -Cfr. Serie I, vol. I, 424, p. 502 nota. (2) -Cfr. n. 21.

(3) Allude alla presenza a Parigi di Giuseppe Antonio Cinzano, uno dei garzoni di camera di S. M., cfr. Calendario Generale del Regno d'Italia, vol. I, 1862, p. 44.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO (AT, orig. autogr.)

L. P. Torino, 12 gennaio 1862. Ho ricevuto regolarmente ~ suoi Dispacci, e pur quello del 7 ~corrente (1) è nelle mie mani. Ella però non accusa il ricevimento della seconda mia lettera sull'attitudine propria al Popolo Romano ne' presenti momenti onde predisporre il proprio destino per compiere quelLo deUa Nazione. Ho ragione di credere che Ella non Sel'\bi quella profonda notte che si deve sulla origine delle istruzioni relative. Deve capirsi da Lei e da tutti che cosi facendo si guastano le uova nel paniere, e che mi si il'ende inabtle ad Qlg.ni QiPera utile. È grave Sbaglio proseguire per una via che fa conoscere a tutti, ciò che non dee essere saputo che da uno o due e nulla più. Non ho oggi tempo di scrivere lungamente, ma che potrei a,ggirmgere che già codesti Egregii Cittadini non abbiano inteso, e non sentano .iJ debito di riunire ogni loro possa onde riescire. Ripeto ancora, io non posso prevedere qual sarà il momento pratico della soluzione Romana. Sarà una soluzione -questo è inevitabile -a noi la cura di affrettarla non solo, ma di preparare 11a ;più opportuna agl'interessi Nazionali. Oggi il primo scopo si è: procurare la partenza dei Francesi da Roma. L'Imperatore dice: Io parto, ma datemi guarentigie che la Persona del Pontefice sarà rispettata. -Io vo' credere l'Imperatore dei Francesi sincero. Lascia però ignorare quali garanzie vogHa. In questo caso, tentiamo d'indovinarle. La m~gliore delle garanzie è l'attitudine del Popolo Romano. Quest'attitudine è, eziandio, (cosi parmi) una condizione di prudenza politica e di dirHto pubblico tra noi, imperocchè giova aL nostro avvenire che anco i Romani si pronunzino in quel senso di sentimenti Nazionali e cattolici come il resto d'Itallia. Non dee padarsi di Capitolati, ma unicamente d'indipendenza, di libertà, di rispetto al Papa e a]la Chiesa. Vogliamo essere ·con la Nazione e col Re che la Nazione si è scelto, vogliamo ~restare Cattolici, e perciò vogliamo salva e custodita la Pe~rsona del Papa e la Chiesa. Parmi che da questa via debbano venirne utili frutti; e poichè vi rilevo eziandio un'armonia col carattere del rivolgimento italiano, ne concludo che non si può non fare; e perciò ne giudico il tempo venuto. Questa

attitudine del Cittadino Romano può ravvivare il :fraddume in cui d ha posto l'occupazione francese, improvvidamente applicata, perchè inerte, anzi negativa

al .bene, e positiva al male .e che ci prepara guaj, se noi ~stessi non portilamo aiuto e a Noi, e alla Francia stessa.

Una volta per sempre; non .si creda alle 'chiacchiere che si spargono da ogni partito sul conto mio. Io non mi aPIPoggio sopra di alcun part1to, e sopratutto, io non mi aippoggio sul disordine. Non ho fede in alcun ~comitato, s'intitoli in un modo o in un altro. Oramai finì rper loro lil momento. Ho fede su!Ll'animo virile di quel Popolo che dee ·coronare 'La nostra Opera Nazionaile; con J.ui solo io ho e terrò legami, e gli porgerò quell'aiuto che per me si potrà migliore. Ecco tutto, e ricordiamocene. Con ciò rispondo al telegramma al Silvestrelli (1).

(1) Non pubblicato.

24

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

(AST, Carte E. d'Azeglio, orig. autogr.)

L. P. 9. Torino, 14 gennaio 1862.

Ho saputo, e credo meritevole di fede l'origine, che a questi giorni Lord Cowley non parlava troppo in favore dell'unità d' Italia e, a quelle parole, non vi pareva neppure estraneo il soffio di Lord Russell, anzi si diceva che Lord Palmenston era il 1so1o che vi avesse fede nel Gabinetto inglese.

Io confido ciò a Lei con pochi commenti, perchè Ella bene comprende che se l' Inghilterra ha di tali agenti, non so allora quale autorità potrebbe mantenersi nelle sorti d' Europa. Io ne sono restato stupefatto e mi sono confermato ognora più che non v'è da contare che in se stesso. Qua!l meravigLia 1che l'influenza francese progredisca tra noi? dovremo dunque finire cdi cedere del territorio? Il discorso di Lord Cowley è una diserzione!

25

IL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (ARB, cass. 53, n. 145, orig. autogr.)

L. P. Costantinopoli, 14 gennaio 1862.

Coll'ultimo corriere ho ricevuto la di Lei lettera particolare del 21 dicembre (2), ·ed ecco quanto posso dirle.

Un movimento in Ungheria non è possibile senz'armi e senza qualche denaro per le prime spese. Basterebbero 15 o 20 mila fucili fra i Czeklers della Transilvania ed un imprestito di tre milioni; ma la prima di queste condizioni è di quasi impossibile effettuazione nello stato attuale delle cose, la seconda è inutile senza la prima.

Se Napoleone non anima il Principe Couza a restituire agli Ungheresi le armi che loro appartengono, non abbiamo assolutamente nulla a LSperare da quel lato e ci conviene aspettare il 1863, ancordlè questa dilazione giovi all'Au

stria che potrà trascinare al Reichsrath i deputati transilvani, i serbi ed i croati e finalmente anche i magiari, completare la leva e procedere alla incoronazione che, com'Ella sa, non è in Ungheria una semplice cerimonia di Corte, ma una conferma di diritti.

Un rapporto assennato e coscienzioso del cavaliere Strambio mi dipinge la condizione degli animi in Rumenia come avversa agli Ungheresi, e l'intenzione ben decisa del Principe Couza di non agire in favor nostro se non quando sia sicuro della cooperazione o del consenso di Napolèone, altra cosa sulla quale, come V. E. mi dice, non dobbiamo contare per ora, 1occhè mi prova che l'Imperatore non conosce, malgrado la sua immensa capacità, di che sia capace il popolo ungherese, che nel 1848 e 1849 battè due armate austriache ed avrebbe battuto la terza senza l'intervento di centomila Russi.

La nostra spedizione d'armi del 1859 riuscì male per indiscrezroni commeS6e in Genova ed in parte per la pusillanimità del Principe Couza. La fallita di quell'impresa fu una vera calamità per tutti, ma la sua ulteriore pubblicità ebbe almeno per risultato di far conoscere agli Ungheresi gli incessanti nostri sforzi in loro favore. Anche i sacrifizi da noi fatti in denaro col mantenere degli agenti nei vari punti·dei Principati ed altrove non andarono perduti e quello stesso simulacro di legione formatosi con drappelli successivamente mandati di qua colle messaggerie imperiali contribuì a tener vivi gli animi dei nostri amici.

Di molte ·cose io avrei voluto tenere ;personalmente discorso con V. E., ma la missione di Persia va ad allontanarmi da un centro di affari ove credo potrei rendermi più utile che altrove. Colla Persia ormai ci troviamo impegnati e qualcuno deve andarvi e presto, nè io mi rifiuto, perchè non ho mai fatto difficoltà sulle destinazioni che mi vennero assegnate; ma qualora entri nelle di Lei viste di mandare un altro Ministro a Costantinopoli, io mi crederei più al mio posto presso di V. E., cui posso offrire dodici ore di lavoro al .giorno, ·che fra le pompe della missione persiana, che altri meglio di me potrebbe disimpegnare.

Voglia scusarmi se ho mischiato qualche considerazione personale in questa lettera ma l'ho fatto unicamente perchè ciò •Si collega colla questione su cui ile piacque interpellarmi.

Mi riassumo. Allo stato delle cose sarebbe follia per l'Italia il rischiare la bella situazione che ha saputo crearsi con tanti sacrifizi ed alla quale V. E .. ha tanto contribuit?. L'Austria può disporre di forze tremende ed ha per sè le simpatie di molti Gabinetti se le mancano quelle dei popoli. Nulla noi possiamo fare senza la cooperazione degli Ungheresi. Questa non può aver luogo senz'armi; il trasporto delle armi non è possibile se l' Imperatore non ci assiste presso il Principe Couza od in qualche altro modo. Dunque aspettiamo e contentiamoci di studiare il 1862 col suo corredo di eventualità, non rallentiamo la nostra vigilanza e raccomandiamo ai nostri amici la pazienza e la fede.

I fogli di Vienna lasciano supporre che in un Consiglio di ministri presieduto dall'Imperatore siasi deciso di non forzare l'Ungheria ad accettare la Costituzione di febbraio; ma di racchiude:rsi nel terreno del diploma del 20 ottobre, e dò sarelJbe un primo passo vemo una riconci!liazione. Temo pur troppo che gli Ungheresi l'accetteranno se si crederanno abbandonati dalla Francia! Forse fino a tutto marzo la Francia sarà ancora in tempo per averli !POtenti ausiliarii; passata quell'epoca, sarà troppo tardi.

(1) -Manca. (2) -Nll'n rintracciata.
26

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI-GAROFOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 204. Madrid, 14 gennaio 1862. Ho l'onore di •segnare a V. E. il ricevimento del dispa.ccio Circolare direttomi il 3 del ·corrente (1), ed offedrle in pari tempo i dovuti ringraziamenti pel prospetto in esso presentato" di tutti i fatti che tanto onorano l'Amministrazione diretta dall'E. V., e tendenti a consolidave il grande evento del·l'unificazione della nostra Patria. Agli amici la conferma del progresso nel quale s'inoltrano le cose nostre giova a •conservarli a noi uniti, mentre ai nemici dà loro !lo scoraggiamento a sostenere una causa perduta, e poco a poco li avvicina al!le idee sal<o giuste e ragionevoli, perchè desiderate dalla maggioranza. La Epoca di ieri a sera porta infatti nelle sue colonne una sirruulata corrispondenza di Napoli ed ivi si legge che non v'è più spel'lanza per la reazione. La soppressione della LuogOitenenza, la leva, •le ·contribuzioni, tutto insomma procede contro 1le sospirate profezie dei reazionarii, e quel che è più, dice il citato giornale, l'idea stessa unitaria fa in Napoli grande progresso. Giacchè mi trovo a parlave de'll'Epoca, mi pel'ffietta l'E. V. di farle conoscere che il suo ben noto Direttore D. Diego Coel!lo venne nominato nell'ultimo Consiglio dei Ministri a Segretario Generale nel Ministero di Stato in surro.gazione del signor Comyn destinato a Costantinopoli, ma nè l'uno nè l'altro di questi Signori avendo a•ccettato il nuovo destino che loro veniva affidato rrimasero sospesi i mutamenti Diplomatici progettati, però oggi parmi di non andar errato nell'asserire che il signor Coello verrà destinato quanto prima a Brusella. Il Ministro di Stato presentò alla sanzione delle Cortes il trattato di commercio conchiuso •col Sultano di Marocco. Quest'atto che porta la data del 20 settembre 1861 viene accompagnato da un parere del Consiglio di Stato che ilo dichial'la altamente favorevole atgli interessi di questo paese. Infatti Marocco è il passo pel commevcio della Spagna coll'interno dell'Africa, d'onde le carovane le traggono la gomma, l'avorio, la lana., i legna.mi ec.c., potendo in cambio la Spagna smaltirvi i tessuti Catalani, che sebbene in competenza cog!li Inglesi avranno pur sempre in quel barbaro paese facile smercio, giac•chè negoziati da gente ·che hanno affinità di razza con loro. In esso trattato si dà pure libertà alla Spagna di nominare Consoli .in qualunque città del Marocco, accordando loro le immunità d'uso. Potendo questo trattato essere d'utilità pel R. Governo, giacchè parmi essere noi ammessi in Marocco ai benefizi della potenza più favorita mi dò perciò l'onore di trasmetterlo qui unito a V. E. Mi riservo poi a suo tempo d'inviarle pure il trattato consolare conchiuso ultimamente colla Francia nel quale si stabiliscono i diritti dei Francesi in Sipagna e si chiariscono i dubbi che continuamente sorgono nell'interpretazione del R. decreto 1854 sulla leva militare.

L'affare del Sumter non ebbe pur anche termine. I prigionieri però furono consegnati al Console americano in Cadice ed il battello sorvegliato si sta ripa

rancto nella parte che il consiglio militare giudicò indispensabile onde !POSSa met· tersi in mare. Il Console d'ordine d:i questo Incaricato protestò contro 1a riparaz!one che si sta facendo, ma questo Governo ruchiarò verbalmente che si atterrebbe a quanto in simi!l caso si !fece altrove, cioè di permettere il rilparo i1 più indispensabile e poscia invitare il Capitano a partire. Su questo senso pare sarà pure redatta 1a risposta che tuttora attende questo Incaricato Americano.

Nel Senato si sta discutendo la legge sulla leva e sulla redenzione dal servizio militare per la marina. NeJ. Congresso dei Deputati continua poi lentamente la discussione del Bi.!l!ancio e ciò solo nelle due uLtime ore della seduta, mentre nelle due prime continuano interminalbilli interpellalllZe 1e quali non hanno che un interesse locale e personale, avendo però lasciato a·Lquanto questo carattere quella mossa dal signor Sagasta,, sulle continue denunzie dei giornali liberali.

Nel pregare l'E. V. di vdler far rimettere al signor Barone Tecco la qui unita lettera statami in modo speciale raccomandatami dal Barone di Grovestins, ministro d'Olanda presso di questa Corte, colgo l'incontro pe1r offerire a V. E. gli atti del massimo mio ossequio.

(1) Cfr. n. 2.

27

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

T. 18. Londra, 15 gennaio 1862, ore 16 (per. ore 18,05).

Lord Russell m'a dit hier très confidentiellement que Lord Palmerston avait reçu dernièrement des communications, à la vérité, ver'bales, indiquant que l'Autriche n'aurait pas été mal disposée à écouter des propositions quant aux affaires italiennes; mais jusqu'ici la chose ne serait pas allée plus loin. J'attends d'autres renseignements.

28

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, DELLA MINERVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 41. Lisbona, 15 gennaio 1862.

A completa informazione di V. E. circa quanto ebbi fin da ieri a segnarle (1) ho l'onore di qui unire gli artilcoli di due giornali (2) ohe hanno discorso sul matrimonio di S. M. il Re D. Luigi.

È da notarsi che il giornale ministeriale Opiniao segue le ispirazioni del Presidente del Consiglio Marchese di Loulé ed ho luogo di credere che la rettificazione ivi fatta sia stata precedentemente autorizzata dall'alto.

Le altre gazzette di ogni colore politico si sono astenute per lodevoli motivi di riguardo, dal parlare di soggetto così d~licato.

L'arrivo del Signor Visconte d'Alte Ministro Portoghese a Roma fu il soggetto di varie supposizioni ignorandosi da tutti il vero motivo della di lui chiamata. Alle interpellazioni che vennero fatte nella Camera dei Pari e dei Deputati

il Ministro degli Affari Esteri rispose in termini evasivi e tali da fare intendere che non potrebbe rispondere esplicitamente per non rendere più difficile l'esito di pratiche pendenti colla Santa Sede. Il Signor d'Avila ed il Nunzio assicurano che le relazioni fra i due Governi sono eccellenti. Se si deve però prestar fede al giornale clericale A Naçao che è l'organo per così dire ufficiale dtÙ clericali di Roma e che perciò deve essere il meglio informato, sarebbe insorta contestazione intorno ai termini con cui furono redatte le Bolle pel nuovo Arcivescovo di Goa che danno un effetto diverso dai concerti presi fra i due Governi. Il motivo di questo fatto secondo il giornale succitato sarebbe la ricognizione del Regno d'Italia per parte del Portogallo e la messa in suffragio del Conte di Cavour, atti che avrebbero inasprito l'animo della Corte Pontificia.

Oggi parte per recarsi a Roma passando per Parigi il Duca di Belluno onde occupare il posto di primo Segretario di quell'Ambasciata. Giovane di spirito e di grande intelligenza favorevole nelle sue opinioni al movimento nazionale italiano, sinceramente devoto all' Imperatore, io sono persuaso che egli interpreterà in senso piuttosto largo che ristretto in favore dell' Italia le intenzioni del suo Sovrano suHa questione romana. Questa nomina ha perciò un significato abbastanza importante, e le premure che gli vennero ultimamente fatte di portarsi al più presto alla sua destinazione mostrano non essere priva di fondamento la voce di male intelligenze fra l'Ambasciatore Francese e la Corte Pontificia.

Ho ricevuto il dispaccio circolare di V. E. del 3 corrente (1) pel quale mi ·affretto di ringraziarla ponendomi esso in istato di esporre nella vera loro condizione la situazione attuale d'Italia.

(1) -Con telegramma n. 16 del 14 gennaio Della Minerva aveva comunicato che un giornale di Lisbona aveva dato per fatto il matrimonio del Re Don Luigi con la PrincipessaHohenzollern e che il giornale del Ministero lo aveva smentito. (2) -Non pubblicati.
29

IL MINISTRO DELLA MARINA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 116. Torino, 16 gennaio 1862. Prima di impartire alle Autorità marittime formali istruzioni ed ordini recisi per il caso che il Piroscafo Sumter, di cui nella pregiata nota dell'E. V. in data d'ieri (2), approdasse in alcuno dei porti del Regno, questo ministero stimerebbe conveniente che più lunghe e minute i'nlformazioni si ricercassero, al!lo scopo di acquistare un giusto criterio della questione, e che senza di queste non si avessero a dare disposizioni, le quali potrebbero per arvventura, venir giudicate almeno premature. Imperocchè dalla suddetta nota si rileva, come lo stesso Signor Marsh (3) non escluda avere H Sumter le app•arenze di un bastimento da guerra de.gli Stati

Separatisti: che se esso sia inve·ce un vapore privato armato in corsa per esercitare la pir"ateria, ciò non viene asserito recisamente ma apparisce piuttosto come una supposizione.

n Signor Marsh avrà certamente dati abbastanza sicuri per poter giudicalt'e dai fatti, e nessuno saprebbe mettere in dubbio quanto egli asserisce, o sia per asserire.

Lo ,scrivente, .pertanto crede dover esporre wll'Onorevole suo Collega Ministro degli Affari Esteri, se non sareiblbe opportuno prima di decidere su tale proposito di non lieve importanza di richiedere dalla le.gazione degli Stati Uniti più positive informazioni, ovvero ricercarne al più presto presso il Consolato di S. M. a Cadice, che senza fallo avrà avuto occasione di formarsi una giusta idea di quanto è relativo al Sumter, e potrà fornire al Governo quei ma.ggiori schiarimenti, che ìl sottoscritto stima indispensabili.

Crede poi ,questo ministero che sia cosa altamente necessaria, tanto per. il caso presente, eome per a!ltri che possano successivamente presentarsi il definire nettamente i rapporti che a tale riguardo il Govemo di S. M. intende mantenere colle due parti be!Hgeranti degli stati d'America.

*Secondo la massima stabilita dal Governo di Francia, e adottata da quello di S. M., 'l'esclusione dai porti del Re.gno devesi limitare ai soli Legni Corsari dei Secessionisti; :E adunque implicitamente ammesso che i legni non Corsari, quantunque appartenenti ai Secessionisti possano liberamente approdare nei nostri porti. Ora ,se il Govemo Separatista, esistente di fatto, armi regolall"mente dei Legni da Guerra, dovranno questi, per il solo :fatto di appartenere ad un Governo non riconosciuto, ma verso di cui quello di S/. M. si se:rba neutrale, coiJJsiderarsi bastimenti Corsari? Questo ministero stimerebbe che ciò non dovesse essere, e ~che soltanto s'avessero a trattare come Corsari ed esc'ludere perciò da'i nostri porti, quei Bastimenti che si trovino 'esser muniti di lettere di corsa, e non provvisti di regolari patenti dal Govern~o Separatista. * (1).

Questa qui:stione assai delicata, lo scrivente sottomette all'ill'U!ffiinata saviezza di codesto Ministro perchè vogl:ia provocarne lo· scioglimento, che nella circostanza presente, sembra essere di prima importanza.

(1) -Cfr. n. 2. (2) -Manca. (3) -George P. Marsh. ministro americano a Torino, aveva indirizzato una Nota su questo caso al Ricasoli, cfr. J. W. MANIGAULTE, Ricaso!i e la guerra dt secessione americana in Atti del V Convegno Storico Toscano, Lucca, 1953, p. 149.
30

IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 35. Atene, 16 gennaio 1862. Moriva, or fa pochi giorni, l'Arcivescovo d'Atene che era al tempo stesso capo e presidente del Sinodo, da1l quale Sinodo dipende tutto il governo della Chiesa del Regno Ellenico. Toccava, dicono, li eento anni ed ebbe una parte notabile nella rivoluzione e guerra della 'Ì'ndipendenza greca. Non osteggiò mai il governo e fu !buon cittadino. Il re giunse inaSJPettato nella Chiesa di S. !rene ad assi:steve ai funerali, il che à sommamente gradito al popolo. Io pure vi assistevo, sebbene in forma privata, perchè mi fo debito di .partecipare a tutti g!Ii atti più solenni della vita civile di questa nazione.

Il Sinodo fa la nomina dell'Areivesc&vo e il Re la conferma; e il Sinodo à proposto il Vescovo di Patrasso, venerando prelato, bello di aspetto come di

animo; parla più lingue e l'italiana fra !l'altre e lo dicono molto dotto. n re à già sanzionata la scelta e il nuovo arcivescovo fu l'altro giorno insediato, con le solite cerimonie. Qui il clero, in genere, è molto modesto e non s'ingerisce di cose politiche; non à ric·chezze, non ambizione e tutto il .po.polo gli professa alto ossequio e sincero (1). V'à, pera<J.tro, tre gravi difetti nell'ordinamento suo. Vuno è la povertà soverchia del clero inferiore; quindi cfacillmente si lascia corrompere dal denaro nell'adempimento de' suoi ufficj. L'altro difetto è l'ignoranza ancor troppo grande; sebbene la Facoltà teolog~ca introdotta nella università di Atene cominci a recare buon frutto. L'ultimo difetto è tl'essere il Sinodo del regno ellen~co voLuto al tutto separarsi da quello di Costantinopoli in cui era :bene lasciare una certa primazia di autorità e di fatto, ;pe~~chè ella tornava a superiorità e forza morale della stirpe greca sulle stirpi slave pertinenti alla Chiesa ortodossa. Il poco sano esempio dato della Grecia va propagandosi. I Rumeni, i Servj, i Bulgarì, gli Alessandrini fannosi indipendenti; i Russi da ·gran tempo si tengono tali. Ciascuno traduce i vangeH ed il rituale nel proprio !volgare a detrimento visib:ille della influenza e ingerenza dell'elemento ellenico.

Il re Ottone à fatto grazia della vita al Dossio, condannandolo ai lavori forzati perpetui. Il decreto dice che 11a grazia è fatta a considerazione delle pre.ghiere porte al re dall:a amatissima sua consorte Amalìa. I tre bassi ufficiali incolpati di aver macchinata la morte del re il giorno del suo Slba·rco al Pireo sono da un consiglio di guerra stati assoluti.

Infine, circa al giudicio che dovea cominciare deglt acCIUSati di crimenlese e la cui causa porta il nome di Cospirazione di maggio, io riferivo di già a V. E. come !l'Areopago cancellava il decreto in virtù del quale gl'incolpati erano tradotti dinnanzi ·alle Assisie di Calcide; e invece manteneva la prima proposizione di farli giudicare dal'le Assisie di Atene; e di più~ aggiungeva che H fatto sarebbe stato compiuto nella presente Sessione. n governo sebbene abbia richiamati da Calcide gl'inquisiti che J.à spediva, à Lasciato fuggire il termine della Sessione, non compiendo altramente i!l giudicio. Per conseguenza, gl'inquisiti si rimarranno tanto tempo in carcere quanti mesi corrono dal chiudersi all'aprirsi delle Assi!Sie.

Del resto, parlasi sempre di mutar ministero e l'uomo posto innanzi dalla opinione universale per r~comporne uno nuovo, è sempre il Canaris.

(1) Il passo tra i due asterischi è pubblicato da J. W. MANIGAULTE, op. cit., p. 150.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (ARB, cass. 53, n. 146, orig. autogr.)

L. P. Berlino, 16 gennatio 1862.

I miei rapporti nn. 367 e 368 (2) ragguagliano su quanto feci in esecuzione delle recenti istJ.'IUzioni di V. E.

Il momento sembrava propizio ai nostri tentativi, ciò a motivo delle favorevoli notizie sul regolare procedere del nostro Regno e del malumore che si manife.sta fra ila Prussia e 1'Austria in seguito alle ideate riforme della costituzione federale. Ma finora nulla ho ottenuto.

Quando il sig. D'Auerswald sarà in migliore salute, vedrò di procacciarmi

il suo voto. Però, a parer mio, non sarebbe più il caso per ora di far parola della

questione di riconoscenza presso il Conte di Bernstorff, a meno che egli stesso ne

prendesse le mosse. Quando la Prussia vedrà che non ci curiamo oltremodo di

lei, essa forse allora ci farà buon viso e sarà più arrendevole.

Se giudicassimo a proposito di stare ufficialmente sulla riserva, ciò non im

pedirebbe che 'Ìo di proprio moto dessi Jettura al sig. di Bernstorff delle lettere

particolari che l'E. V. avrebbe la gentilezza di dirigermi. Tale modo di corri

spondenza produce talvolta maggiore effetto che il consueto dispaccio, almeno

posso assicurare che m'accorsi, allorquando comunicai vari passi delle di Lei

lettere, 29 dicembre e 3 gennaio (1), che il di Lei parlare franco e leale avrebbe

quasi indotto questo Ministro a mutar contegno, se ciò fosse stato nel solo suo

arbitrio.

Prego, adunque, V. E., nel mio interesse come in quello del regio servizio,

di continuare ad indirizzarmi lettere particolari.

IJ;J.tanto debbo far parola di un colloquio che ebbi pochi giorni sono col Mini

stro dei Lavori Pubblici.

Ragionando dei fatti nostri, gli spiegai come gl'interessi materiali della Prus

sia fossero pregiudicati dalla non riconoscenza. Vari Stati d' Europa hanno con

chiuso o stanno per conchiudere trattati di commercio, di navigazione col nuovo

Regno. In un mercato aperto a condizioni privilegiate, i prodotti prussiani non

potranno, nello statu quo, sopportare la concorrenza. Una convenzione postale

sarebbe pure da desiderarsi. I negozianti, non meno che i privati, si lagnano qui

della tassa troppo elevata delle lettere e specialmente dei campioni di mercanzie.

Qualunque siano le nostre disposizioni di stringere nuovi patti colla Prussia, essa

medesima se ne toglie la possibilità col ritardare, ormai senza motivo, la rico

noscenza.

Ecco qual fu ia risposta del sig. von der Heydt:

«Ma perchè non ci presentereste delle proposizioni, progetti di trattati, a questo riguardo? Procuratevi dei pieni poteri. Fra voi e me, i negoziati prenderanno buona piega. Quando saremo d'accordo sugli articoli, mi incaricherò di appianare le difficoltà di forma. L'influenza mia ha qualche peso nella bilancia. Vi raccomando soltanto il segreto su quanto vi ho detto». Il sig. von der Heydt mi lasciò intendere in pari tempo che egli preferirebbe, non so per qual motivo, che questi affari non venissero trattati per mezzo del sig. Conte Brassier.

Sarebbe forse il caso d'intavolare simili negoziati se veramente le fond devait emporter la forme.

Non ho ancora potuto abbastanza scandagliare il terreno, come ne fui incaricato, :presso il stg. di Budberg relativamente alla Russia; ma mi risulta da una fonte assai sicura che il Gabinetto di Pietroburgo, indispettito contro l'Austria a motivo degli affari di Suttorina e della Se11bia, oerca di avvicinarsi più strettamente alla Francia. Se costei, è, quale si dice, la nostra fedele alleata, le riuscirebbe forse in tali circostanze di ottenere che la Russia riconoscesse l'Italia.

4 -Documenti diplomatici • Serie I . Vol. IL

Profitto di quest'occasione per ringraziarla nuovamente, signor Barone, della tanta bontà dimostratami nell'anno scorso. Se i suoi atti destano affezione nei suoi impiegati, il suo carattere ispira confidenza all' Europa. Ognuno aduTJque deve rallegrarsi che V. E., colla sua tempra risoluta e colla sua intelligenza notrita di forti convinzioni, sappia starsi ferma in mezzo alle difficoltà int·renti alla situazione.

(1) -Notazione marginale del Ricasoli: c Bel confronto col Romano •. (2) -Il n. 367 è in questo volume il n. 18; il n. 368 non è pubblicato.

(1) La lettera del 29 dicembre non è stata rintracciata, quella del 3 gennaio è il n. 3.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 299-301)

L. P. Parigi, 16 gennaio 1862.

Ricevo oggi le sue importanti lettere particolari del 10, 11 e 12 corrente (1), e mi accingo a rispondervi quanto posso adeguatamente oggi stesso.

l) Questione di Roma. Ho il piacere di annunziare a V. E. che l' Imperatore ha finalmente consentito all'invio al Marchese di La Valette della nota, di cui le parlai nella mia ultima corrispondenza, modificata però in modo da non accennare a nessun particol,are (2). La nota impegna l'Ambasciatore di Francia a chiamare l'attenzione della Santa Sede sulla necessità di venire ad un accordo col Re d' Italia, e di mettere. cosi l' Imperatore in grado di richiamare le sue truppe da Roma. Procurerò di darle nella prossima corrispondenza, appena avrò veduto il signor Thouvenel, ragguagli più precisi sia sul contenuto della nota, sia sull'accoglienza ch'essa avrà avuto. Io non dubito che il Papa risponderà in modo negativo o evasivo. Non penso che questa nota abbia un risultato immediato; ma credo che essa servirà di punto di partenza dei negoziati ulteriori, quando l'Imperatore si deciderà a intavolarli davvero (3). Intanto pare che la lotta si prepari all'apertura delle Camere francesi. Il Principe Napoleone mi ha detto che stava preparando un discorso (tenga questa notizia secreta per ora), basato sulla corrispondenza delle Ambasciate francesi a Roma, da Luigi XIV in poi, dalla quale risulta essere stata opinione costante e tradizionale degli uomini di stato francesi, che il potere temporale sia funesto alla Chiesa, all' Italia, e ai veri interessi della Francia. F. t-adi che tali documenti furono domandati dal Principe all' Imperatore che li concesse. Il Principe desidera che di questa cosa non si faccia motto per ora, affinchè il discorso giunga tanto più efficace, quanto inaspettato di più.

D'altra parte i Deputati della sinistra, Favre e Ollivier, si iPreparano a domandare categoricamente la cessazione dell'occupazione di Roma. Ho parlato a lungo

con quest'ultimo che incontrai in un salone di Parigi. Esso mi assicura che il discorso di Favre eserciterà una grandissima influenza sulla pubblica opinione, la quale nelle classi più numerose è per noi favorevolissima.

2) Questione Veneta. Ho ragione di credere che l'Imperatore, nella previsione di una possibile guerra tra l'Inghilterra e l'America, abbia pensato per un momento all'eventualità d'una guerra in Italia. Ma ora, dopo risolta la questione del Trent, credo siasi singolarmente raffreddato. Ed eccone la prova. Il si:gnor Cinzano (1) è vennto in questi giorni a Parigi portatore d'una lettera lli

S. M. per il Conte Vimercati. Questi mi disse che il Re io chiamava a Torino e che a questa occasione lo pregava di informarsi delle disposizioni dell'Imperatore per il caso in cui l'Italia fosse attaccata dall'Austria. L'Imperatore avrebbe iatto dire a Vimercati, che non ammette il ·caso possibile, ma quando accadesse, il Re dovrebbe tenersi per assicurato. L'Imperatore consiglierebbe inoltre il Re a prepararsi, ma ad attendere. Tutto ciò mi fu detto dal Conte Vimercati e non dubito che mi abbia detto la verità. Il generale Klapka è qui. È pur qui il generale Tiirr. Ma che cosa questi sia venuto a fare, non lo so. Questo solamente so, che desiderava vedere l'Imperatore, e l'Imperatore non potrà riceverlo. Ha però veduto il signor Thòuvenel, il quale gli avrà tenuto, non ne dubito, un linguaggio non dubbio sulla necessità di non precipitare gli eventi. Insomma, per quanto io so, i consigli dati di qui sono nel senso della più grande prudenza. Non si vuole compromettere quanto si è guadagnato con una guerra sconsigliata. Quanto a me, siccome nè con l' Imperatore, nè col signor Thouvenel, non ho mai profferito una parola che possa riferirsi ad una guerra coll':Austri31, nulla mi tfu detto in proposito. Ma il signor Thouvenel, parlando per incidente sulle cose italiane, ha manifestato più volte il suo convincimento che convenga aspettare, per risolvere la questione Veneta, che s'impegni la gran questione d'Oriente. Del resto qui si crede che i preparativi austriaci siano !fatti puramente in vista di un'aggressione o diretta o indiretta per parte nostra.

Rias1sumo in poche parole la situaz;ìone: per la questione romana, invio della nota, attesa della risposta; consiglio all'Italia di attendere che l'Imperatore si decida ad un'iniziativa. Lo si spingerà e dai Ministri, e dal Principe e dagli oratori delle Camere.

Per la questione veneta: nessuna voglia di spingerei ad una guerra. Si teme che non si possa trattener Garibaldi. Consiglio di trattenerlo, di usar prudenza, di armare, ma di attendere, attendere, *attendere * facendo i Fabii Massimi.

(1) -Cfr. nn. 19 e 22. (2) -• In seguito-narrava Nigra al Minghetti il 31 gennaio 1862 (L. LIPPARINI, Minghetti,Bologna 1947, II, pp. 28-29) -alle nostre cOilltinue sollecitazioni, a quelle del Principe e dei Ministri Fould, Thouvenel, "Rouher, Persigny, l'Imperatore aveva da molto tempo ordinata questa nota. Ma quando fu preparata non volle più che si spedisse, ed ecco perchè: in quel tempo pareva prossima una rottura fra gli Stati Uniti e l'Inghilterra. Questa eventualità aveva ridestato certe idee bellicose nell'animo dell'Imperatore, il quale era forse lieto che, stando l'Inghilterra occupata altrove, un'occasione gli si porgesse di compiere i suoi progetti, cioè la liberazione della Venezia e il resto. Questi pensieri gli erano anche suggeritidalla credenza in cui è che il Re non desideri affrettare la soluzione della Questione Romana e che pensi invece di preferenza alla Questione Veneta. In tal caso l'Imperatore non voleva privarsi, col ritiro delle truppe da Roma, d'una eccellente posizione strategica nel cuore della penisola. Ma la resa dei prigionieri del Trent decise l'Imperatore a ripigliare la Questione Romana, e quindi diede ordine che la nota fosse spedita •. (3) -Secondo Cowley a Russell, 24 gennaio 1862 (in LYNN M. CASE, p. 152), questa nota aveva il semplice scopo di fornire materiale per il Livre jaune.
33

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 301-306)

L. P. 35. Parigi, 16 gennaio 1862.

Passo a rispondere ad alcune parti, assai delicate, della sua lettera del-12 corrente (2).

V. -E. mi parla degli intrighi che si fecero nei giornali, e nelle anticamere ed in piazza all'occasione del viaggio di Rattazzi a Parigi. Sono lieto che si offra quest'occasione di aprirle l'animo mio. Rattazzi venne a Parigi e fu ricevuto dall' Imperatore. lo fui estraneo affatto e al viaggio e all'udienza. Quando fui informato del viaggio, ebbi per un momento il pensiero di domandare un congedo, ben sapendo in qual difficile posizione sarei qui rimasto. Parvemi viltà il farlo, e tale fu anche il consiglio di qualche amico che consultai in proposito. Stetti adunque, e ricevetti il Presidente della Camera come J.'alto suo grado esigeva, e come del resto me lo ordinava una lettera del Re con cui S. M. mi raccomandava di accoglierlo 1con ogni gentilezza. Lo presentai att Signor Thouvenel che me lo richiese, e al Principe Napoleone che me lo richiese egualmente, come del resto è uso, e come feci rìs:petto agli aLti personaggi che vengono d'Italia in Francia,, fra cui cito Fanti, Pasini, Grattoni, Scialoja, ecc. Dissi poi al Signor Rattazzi che io avrei riferito a V. E. quanto io sapessi o da lui o da altri. Devo rendere questa giustizia al Presidente della Camera che capi perfettamente la mia posizione, e mi disse che era anzi sua intenzione di riferire l'esito del suo viaggio a V. -E.. E partendo mi disse che andava a Torino disposto ad appoggiare il Ministero. Devo ancora rendergli un'altra giustizia, ed è, che nel colloquio che ebbe in mia presenza con Thouvenel e col Prindpe, il Signor Rattazzi non disse una parola che non fosse convenientissima rispetto al Ministero. Quanto al colloquio coll' Imperatore, a cui non assistetti, io non poteva che riferirle quanto il Signor Rattazzi mi * aveva detto * egli stesso; e cosi feci.

Andai poi a Compiègne, essendo stato compreso nella prima serie degli invitati. Rifiutai di assistere al famoso banchetto (1), non ebbi la menoma comunicazione coi giornali e non voglio averla, offemi l'ospitalità a Rattazzi, ma egli non accettò che un pranzo. Insomma io tenni in qu~sta difficile contingenza la condotta la più corretta e la più irriprovevole. Me ne appello prima alla mia coscienza che è pienamente sicura, poi a quella di V. E.; me ne appello alla testimonianza di Thouvenel, del Principe, di Rattazzi, di tutti quelli con cui ho parlato. Or bene, che cosa è accaduto? È accaduto che io fui accusato sommessamente si ma infine fui accusato, di avere cospirato, o agito o parlato (la parola poco monta) contro il Ministero. E vi fu nel Gabinetto (non vorrei crederlo, ma ne vengo informato da troppe persone), un Ministro, il signor Peruzzi, il quale si sarebbe fatto organo della vile accusa, discorrendo però privatamente. Quanto io abbia sofferto nella mia intemerata coscienza d'onest'uomo, Lei può immaginarlo, Lei che sente altamente della propria dignità e del proprio onore. Fu mio primo pensiero di pregarla di volermi ottenere dal Re di essere richiamato dal posto. Ma le dimissioni erano allora troppo frequenti. Il Ministero dicevasi (badi che non dico che fosse) in crisi. Una dimissione come la mia sarebbe parsa un atto di ostilità, poteva creare imbarazzi al Governo. Parvemi viltà il pigliare questo partito. Continuai ad occuparmi della mia missione come se nulla fosse capitato. Ora la posizione del Ministero parmi talmente assicurata, che il pericolo da me temuto non ci sarebbe più. Ma di ciò parlerò più sotto.

S2

Parlai del giornalismo francese. Ella a quest'ora deve sapere da qual fucina partono le corrispondenze e 'gli artilcoli del Pays. Il fabbro è un certo La Varenne, che Ella conosce forse, e che io consegnai alla porta della Legazione la prima volta che si presentò. Vorrei che Ella si persuadesse che il Ministro del Re non può, senza compromettersi, mescolarsi a una certa stampa parigina, che in verità tinge chi ci si accosta. Questo però deve fare e ha fatto il Ministro del Re, cioè mettere in avvertenza il Governo presso cui è accreditato contro le assurdità dei giornali. E noti, che questo consiglio d'astenermi di mescolarmi al giornalismo, mi fu anche dato amichevolmente da:l signor Thouvenel. Adunque io non posso rispondere del giornalismo francese. Dirò di più, non posso mettermi in contatto con esso senza guastare interamente la mia posizione, la quale mi mette in grado di render servizio al paese. Ora è veramente sua intenzione ch'io faccia dei passi perchè il Governo dell'Imperatore faccia cessare il basso linguaggio del Pays e d'altri giornali? Non dico che la cosa sia impossibile, e penso che il signor Persigny ci metterà tutta la sua buona volontà. Ma non avrà allora diritto l'Imperatore di domandare un freno alla nostra stampa? Ci pensi: la questione è grave. Io mi ricordo (era allora al Gabinetto degli Affari Esteri) la lotta incresciosa che abbiam dovuto sostenere con l'Imperatore or volgon molti anni, quando ci chiedeva d'internar gli emigrati francesi, e di reprimere la stampa e di sottometterla a censura. Ci fu allora di grande aiuto il poter dire e alla Francia e all'Austria che faceva eguali domande, come il giornalismo francese e austriaco ci attaccassero di continuo, benchè sommessi a censura. Ci pensi. Io agirò se Lei me lo dice, e come mi dirà.

Ritengo ed apprezzo quanto Ella mi dice degli sforzi fatti per corapletare il Ministero. Devo però dirle schiettamente (e non se l'abbia a male perchè non fo che esporle un fatto) che le pratiche fatte e non riuscite fecero credere ad una specie di crisi che nocque molto al Gabinetto, qui e altrove. Ora le determinazioni della maggioranza e le di lei dichiarazioni fecero rinascere maggior fiducia.

Eccole ora la parte più delicata della mia lettera. Ella accenna nel suo foglio ad una politica (1) personale del Re.

Io devo dirle a questo proposito che il Re ha sempre capito e rispettato la mia posizione. Mi ha scritto due volte; una, rispondendo ad un mio foglio confidenziale sul progettato matrimonio portoghese; ed un'altra volta per raccomandarmi Rattazzi con tutta deferenza (giacchè mi avevano anche accusato di essere avversario di Rattazzi). Io gli scrissi due volte sul matrimonio di cui sopra. Una di queste lettere conteneva pure notizie politiche conformi in tutto alla mia corrispondenza col Ministero. Adunque se io dovessi giudicare dalle mie comunicazioni ,col Re, non avrei nulla ad aggiungere. DeL resto il Re sa benissimo che il giorno in cui io fossi posto in mezzo a due politiche, a due ordini opposti, tra lui e il suo Ministero, quel giorno pregherei e Re e Governo di rilevarmi da una posizione impossibile.

Ma quello che non consta ufficialmente a me, è ormai divenuto di pubblica notorietà. Si ripete qui, e massime a Torino, che mentre il Barone Ricasoli crede che la questione romana deve precedere la veneta, il Re pensa che questa deve precedere a quella. Io non so se ciò sia vero o falso; ma si dice, e peggio, si crede.

Ora Tiirr è qui; ieri era qui Rattazzi; domani è Cinzano, ;posdomani sarà un aJ.tro. Io fin ora ho tenuto alta, netta la posizione, e ciascuno al suo posto. Mi si accorda una certa considerazione e quando dico una cosa a nome del mio Governo mi si crede. E perchè le mie parole avessero tutto il peso possibile, partendo da Torino chiesi al Re ·che oltre alle credenziali di ufficio mi raccomandasse specialmente all'Imperatore, e il Re mi diede una lettera di speciale raccomandazione.

Le ripeto adunque, che il Re non mi ha scritto nè fatto saper nulla delle sue intenzioni. Di quanto poi abbia detto o scritto a Rattazzi, a Vimercati o a Tiirr non so se non quel tanto che essi mi dissero e ·che le riferii.

Qua,le ·Sia la mia ·condizione qui, in un tale stato di cose, Ellla può ora giudicare. Accusato o messo in sospetto presso il Ministero; sempre minacciato di trovarmi un bel,giorno tra il Re e Lei', le ,giuro su l'onor mio che non tutti gli

uomini di Stato avrebbero conservato in mezzo a queste difficoltà la posizione che tenni qui. Ma ogni forza ha un limite. Il pensiero che possa essere compromesso il Re, cioè il più sicuro elemento di ordine che abbia l'Italia, mi spaventa. Il dubbio ·Che 'continui intrighi mi mettano in sospetto pre.sso il Governo, mi addolora e m'inspira una nausea invincibile. A ciò s'aggiungano altre considerazioni. Il Ministro del Re a Parigi deve essere ascoltato a Torino. Quando fa una proposta * come quel:la di dare la decorazione d'ufficiale ad un distinto segretario di }a ·classe Gropello, * questa deve essere presa in considerazione, o almeno gli si deve dire perchè non si fa. Insomma deve essere sostenuto, fortemente sostenuto dal Ministero. Se no perde considerazione e non potrà rendere i servizii che si richiedon da esso. *Soprattutto poi non parmi che convenga togliergli e mandargli i segretari, massime il primo segretario, senza interpellarlo, giacchè in fin dei conti risponde esso solo, verso il Ministero, del servizio. Tolga Dio che le mova accusa di questi particolari. Di fronte al resto sono inezie che possono rimediarsi facilmente. Ma quello a cui non posso portar rimedio è il pericolo della posizione che le ho descritto. Di più le parlai di quanto mi fu riferito esser stato detto da Peruzzi * (1). Non sono anillllato da sentimento d'esagerazione. Ma tmi sento amara·mente offeso nel più vilvo dei miei sentianenti, l'onore. Ella mi appcrova, non ne dubito, nel fondo del suo cuocre. Intendo chiaricre la cosa. Non posso farlo stando a Parigi. Però la prego di volermi ottenecre dal Re ch'io sia richiamato. Badi che io non voglio suscitarle il menomo imbarazzo nè ora nè poi. Prefigga ella stessa il tempo in cui io deva cessare dall'Ufficio, pensi e decida intorno alla forma e al modo. Ma mi metta in grado di provvedecre all'oltraggiato onor mio, e di porre fine a una posizione non sostenibile se non a patto che e Re e Ministero abbiano piena, intiera fiducia in chi li rappresenta ambedue.

Non parlo delle dicerie che vengono continuamente da Torino. Ora è Minghetti che è destinato a succedermi; ora è Pallavicina. Anche queste cose nuocciono. Adunque mandino qui un personaggio che sia al disopra d'ogni pericolo di calunnia. Il Ministro del Re a Parigi dev'essere come la moglie di Cesare. Badino a trovarlo tale, che possa spendere 50.000 del proprio oltre lo stipendio. Credano in lui e lo sostengano. E allora sarà in caso di rendere i servigi che deve rendere. Mi manca tempo e carta a continuare. Finisco adunque, assicurandola

che sarò lieto se con la mia revoca da Parigi io potrò esser utile al mio paese; e che non mai sì cordialmente le stringerò la mano che quando sarò rilevato da questo letto di spine.

P. S. -Badi che ho scritto in fretta. Non faccia attenzione alla forma.

(1) -Il cameriere di S. M., del quale aveva chiesto notizia il Ricasoli, cfr. n. 22. (2) -Cfr. n. 22.

(1) c ... dato al Rattazzi ... •: aggiunta in Ricasoli, VI, 302.

(1) In Ricasoli, VI, 304, invece della parola • politica •, vi è la parola « notizia •.

(1) In Ricasoli, VI, 305, manca il passo segnato tra asterischi, salvo l'ultimo periodo che porta alcune varianti.

34

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI (1)

T. 11. Torino, 17 gennaio 1862, ore 14,30. Le Gouvernement du Roi ignore complètement le fait et l'intention dont vous a parlé le Grand Vizir. Il ne pourrait d'ailleurs l'emp(kher, parce que aucune loi l'autoriserait; Garibaldi n'appartient pas à notre armée; il est simple

citoyen. Renseignez-moi sur tout ce que vous croyez pouvoir intéresser le Gouvernement du Roi.

35

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO (AT, orig. autogr.)

L. P. Torino.17 genna.io 1862 (2).

Ricevo il Suo Dispaccio Confidenziale del 10 (3).

Permettano gli Egregi miei Concittadini di Roma che io insista nelle mie antecedenti proposizioni, poichè io non potrei a!ltrimenrti parlare ·che secondo che io penso e sento.

È oramai giunto il momento di spingere risolutamente verso la conclusione finale la Difficoltà romana. Ricordiamoci che la opportunità è un momento essenziale nei fatti illffiani; i mezzi che si scelgono sono un altro momento: e run altro momento si è l'azione concorde deHe rforze. Io sono convinto che siamo ora entrati in un'altra oppOTtunità, quella che i Romani riappariscano con la propria. attività, con 1a propria iniziativa. li Governo italiano non è mai stato inattivo, e non è stato mai indietro, e forse ha cercato dolcemente di anco [sic] il limite della sua sfera d'azione.

I Romani (vi comprendo tutto il Territorio tutt'ora soggetto, ma i Cittadini di Roma debbono capitanare) possono in questo momento più dì ogni altro procedere al compimento di questa grande difficoltà che intercede tra il desiderio degl'Italiani di avere Roma, e Roma stessa. Essi hann01 una volontà da esternare, la volontà di far parte integrante della Nazione italìana, del!la quale Roma per solenne dichiarazione del Parlamento, e per destini umanitarii e storici dev'essere la Capitale. Estern.ém,do questa volontà Eglino non fanno che affermare il loro

~) In ARB v'è un biglietto del Ricasoli al Silvestrelli in data 17 gennaio 1862: • Mi affido a Lei per il più pronto e sicurissimo recapito dell'unita •. Probabilmente c l'unita • lettera, alla quale si allude, è la lettera che qui pubblichiamo.

diritto e il diritto della Nazione; con ciò precludono reciso ogni via ad altra

combinazione ·che la Dtplomazia vo.glia ingegnarsi di proporre sul ·conto Loro.

La Loro !VOlontà, e il Loro •diritto si trovano però contrastati non solo dalla

Corte di Roma, ma da alcune delle potenze Europee, e tra queste, e più sensibil

mente del<le altre, dalla Francia.

Il Papa capo della Cattolicità siede in Roma da secoli. Movendosi da quella

Sede, ci pare che Egli abbandonerebbe le più antiche e le più solenni tradizioni,

perderebbe una gran parte del Suo prestigio, ovunque si recasse in Europa non

porterebbe il Suo prestigio intatto; trarrebbe seco tutti gl'imbarazzi che accom

pagnano un Principe decaduto, e a:L paese che gli desse ospitalità non darebbe

altro vantaggio che di farlo testimone dei suoi :rammarichi pel potere perduto,

e teatro degl'intrighi e delle mene per riaverlo.

Tutti devono dunque desiderare che il Papa rimanga a Roma: Egli pel pri

mo; quindi i Romani, che perdendo Lui perderebbero gl'incontesrtabili vantaggi

che provengono dalla Sua presenza, debbono persuadere il mondo Cattolico, e

rl Papa stesso, che il Papa può restare non solo sicuro, ma riverito fra loro; e così

facendo avrebbero tolto un .grande ostacolo alla loro unione con l'Italia.

L'Imperatore Napoleone non fa che dire e ridire« essere pronto di richiamare

le sue truppe da Roma purchè possa fare ciò onorevolmente»· Egli non può

consegnare alle truppe italiane i posti occupati oggi dalle truppe francesi, peroc

chè avrebbe dò idea di una vioLenza al Papa; può ·bensì evacuare lo Stato papale,

e abbandonarlo in piena balia del Papa; ma da far ciò è trattenuto dal dubbio

che sia un abbandono del Papa ail.lorchè questi abbia più bisogno d'aiuto: perciò

necessità di una reazione, dirò così, dei Romani stessi contro questo timore dei

l'Imperatore, e contro questo .giudizio degli Europei Cattolici a danno loro e

d'Italia.

Sare!ibbe quindi bisogno che fossero simultanee le Loro dichiarazioni per

l'unione coll'Italia e di devozione al Pontefice.

Per mezzo d'Indirizzi al Pontefice essi dovrebbero dichiararsi sinceramente cattolici, alteri di essere scelti fra tutti i Popoli de:Lla Tenra a dare Sede condegna al Capo della ChiCISa, al Vicario di Cristo, alteri che il Capo della Cattolicità sia dato a Loro quasi a custodirne la dignità e la indipendenza nell'esercizio del Suo Spirituale Ministero.

Si dovrebbe evitare in questi indirizzi qua~unque negazione del potere tem

porale. La negazione del potere temporale dovrebbe invece risultare da indirizzi

simultanei ai :primi, al Re, al Parlamento, nei quali i Romani, affermando ila

propria nazionalità, o il loro volere di appartenere alla Nazione che ha dichia

rata Sua Capitale la Loro Città, dicessero di volere affrettare i destini cui sono

chiamati.

Questi indirizzi potrebbero coprirsi per firme individuali, e farsi ancora per

deUberazioni Municipali.

In questi indirizzi devono domandarsi che le armi sieno consegnate ai Cittadini e non ai brigantl per mezzo dell'immediata istituzione della Guardia Cittadina, onde la volontà del Popolo romano espressa negl'Indirizzi trovi modo di attuazione a difesa del Papa e dei diritti nazionali, e queste domande devono fare con parole ferme e risolute, come espressione di un diritto incontestabile, e come garanzia della ioro :parola.

Lmporta che un'attitudine pronta sia presa costà-importa che un apparecchio si faccia tosto negli animi generosi di codesta città-che si organizzi l'intelligente virilità in codeste Popolazioni -importa che H Popolo Romano si manifesti!! Quando gli animi sono preparati e si è concretata una specie di rappresentanza dell'opinione pubblica, l'occasione tostochè si presenti non andrà perduta. Questa occasione può ad ogni momento porgersi. Certo ne sarà una quella della discussione dei!l.'Indirizzo al Corpo Legislativo e al Senato di Francia.

Importa far sentire ognora più sull'animo dell'Imperatore e sulJ.a Nazione Francese il peso di una falsissima posizione; ma importa in pari tempo rassicurare l'animo dell'Imperatore che Egli possa onorevolmente ritirare le sue truppe da Roma; che anzi ne è venuto il tempo!!!

Questo devono fare i Romani.

Facciano circolare scritti brevi stampati in cui dichiarando m che consi:ste l'opera civile e nazionaie dei Romani al punto in cui sono giunti i destini d'Italia, si tocchi la corda dell'onore e della di-gnità delle moltitudini onde secondino l'azione illuminata dei Loro capi di fiducia. Si fa.ccia soprattutto valere l'affetto che il Popolo di Roma non può essere di meno di quello che furono i popoU delle altre parti d'Italia al momento che si separarono da Governi che si erano resi incompatibili con la indipendenza e la libertà della Nazione. Anco il Popolo romano dee fare obliare .gli eccessi del '48 e '49 ecc.!

Se occorrerà alcuna ·cosa e che dipenda da me, me lo dichiari. Preme soprattutto che il mio nome resti un arcano, onde non si tolga autorità alle manifestazioni di codesta Città. Questa è le quarta lettera ·Che Le scrivo su questo argomento. Mi accenni se Le ha ricevute tutte. Sono lettell."'e scrittele dal dicembre a oggi (1).

(1) Cfr. n. 36.

(3) Non pubblicato.

36

IL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

T. 19. Costantinopoli, 17 gennaio 1862, ore,8,35 (per. ore 11,20).

Le Grand Vizir m'a exprimé des craintes d'un débarquement de Garibaldi sur la cote turque de l'Adriatique. Dois-je le démentir et donner nouvelles satisfaisantes? La Convention télégraphique a été signée aujourd'hui.

37

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Ed. in Ricasoli, VI, pp. 312-316)

L. P. Torino, 18 gennaio 1862.

Ricevo le sue due lettere del16 corrente (2) e vi rispondo senza ritardo. Sono contento della Nota che codesto Governo ha inviata al suo Ambasciatore a

Roma. Io non esigo che si battano ,grandi ,colpi di scena, ma sì che si faccia, e non si resti inerti in· questa faccenda romana sulla quale la Francia si è fermata troppo e viziosamente. Spero che la Nota sarà savia e dirà cose che importa dire, e spero che sarà in breve resa di ragione pubblica. Godo nell'udire le buone disposizioni del Principe Napoleone, nonchè dei Deputati *convinti delle massime di* savia e intelligente libertà. Vedremo ]l'attitudine del Coll>O Legislativo e del Senato do:vo un anno trascorso. Vedremo se restarono di pietra nei loro giudizi o meglio pregiudizi, o se ebbero animo pensante, e capace di capir meglio che sopra le passioni rispettive vi stanno 1a Chiesa e le Nazioni.

Io non posso variar niente nel mio pensiero. L'evacuazione di Roma per parte dei Francesi è una urgente necessità. Se io ho discorso dei modi, egli è stato per aiutare unicamente al modo di sua esecuzione. Se l' Imperatore prescieglierà di dire nettamente a S. S.: « Intendetevela con il vostro popolo, che io me ne vado fra due o tre mesi». Io dirò: «Tanto meglio»· Ogni qual volta si chiami il Governo Italiano a pigliar promesse sarà sempre difficile impegno quello dell'intendersi sopra i particolari. Ma il Governo Italiano si presterà in quanto potrà!

Il Vimercati mi ha fatto molti discorsi, porgendomi luogo a rilevare qualche discrepanza fra le cose che Ella mi ha scritto. Ad esempio: diceva egli che si sarebbe alla fine ritornati sul progetto ultimamente iniziato col Conte di Cavour, ed avendo Io esclamato « E perchè l' Imperatore non ce lo propone? ». Egli ha risposto che l'Imperatore non ce l'avrebbe proposto mai: che toccava a noi. Ella sa quale consiglio mi ha ripetuto in proposito: che il Governo d' Italia farebbe meglio se aspettasse l'iniziativa imperiale. Secondo il detto del Vimercati sarebbe il contrario. Ho fatto allo stesso il quesito: come potesse conciliarsi la paura dell' Imperatore per una fuga del Papa con un progetto che lascia il Papa in balia di sè? Le ragioni che mi ha date non mi hanno appagato. Dico queste cose a Lei soprattutto, perchè io vorrei che Ella, Ella solo fosse alla confidenza con il Governo e con l'Imperatore; imperocchè io non tengo duplici organi, e non ho ·che Lei costà.

Eccomi a Venezia. Il mio disegno in proposito è ben fermo. Ordinare l'Italia all'interno, tranquillizzarla, calmarla e costituire l'esercito, è l'opera che deve seguire, e cerca seguire il Governo, intanto che l'opportunità per la Venezia si presenterà. Questo disegno richiede che non solo non si promuova alcuna agitazione all'interno, ma si -cerchi di .calmarne, ove ne sia, e il paese venga raccolto sotto l'impero della legge e dell'autorità.

Intanto si dia sviluppo all'opere economiche e si raffidi i!1 credito non tanto con l'economie e con nuove tasse, quanto col fare sicuri tutti, che l'Italia, per compire se stessa non si getterà in folli imprese, ma saprà intendere assennata. Io sto al Ministero perchè sono profondamente convinto di questa necessità, perchè il Re troverebbe in Rattazzi un compiacente e debole Ministro e rovinerelbbero insieme l'Italia.

Chiedo permesso di lasciare il tema di Venezia per parlare di questo grave scandalo di una politica personale del Re, e ripigliare poi l'argomento di Venezia. È un male si supponga o meglio dirò, che si parli di questa politica, che il Re fa per suo conto, imperocchè ciò agita ed eccita i partiti, incoraggisce gli intrighi di ogni maniera e mantiene uno stato di diffidenza. Ciò avviene più a Torino che nel resto d'Italia. Ma che fare a questo male che esiste, mi dicono, in ogni tempo, ed oggi sarà di minore conseguenza che in altri tempi non fu? Coloro che hanno fede e devozione al regime costituzionale potranno deplorare questa velleità reale; ma varrà meglio che nell'ordine dei loro pubblici doveri badino bene di non prestar:visi perchè infine iii Re regpa e non governa; e quanto a me sono deciso di bene vigilare l'andamento della cosa pubblica ed impedirne il dissesto con tutte le forze di cui dispongo, preservando cosi la corona dalle conseguenze delle sue follie, e il paese tenendogli !ungi i malanni che da quelle follie deriverebbero. Fin qui gli Italiani e il Parlamento mi danno fiducia di essere concordi meco. Ma muterebbe davvero la mia posizione e forse dovrei mutare ancora il mio disegno sulla Venezia, se l'Imperatore Napoleone non tenesse una via decisa di non incoraggire ed aiutare alcuna rivoluzione nelle parti orientali dell'Impero Austriaco; vaie a dire se l'Imperatore agitasse d'accordo col Re nostro. Se l'limperatore rifiuterà cooperazione e consiglierà a tutti di essere saggi, io mi terrò fermo nella mia via altrimenti avviserò quello ·che convenga fare. E qui richiamo pure tutta la sua diligenza. Ora è tempo che Ella si metta in situazione di tutto penetrare cosa si pensi é si faccia costà, dall' Imperatore e dal Governo, e può essere sicuro che io le dirò tutti i miei intendimenti, cosi Ella si troverà come se avesse in mano l'animo mio e lo ponesse sotto gli occhi del Ministro Imperiale.

Ripiglio l'argomento di Venezia. Io non voglio mettere alle spalle di questa povera Italia, e la Ungheria che mandò nel 1848 i suoi figli a combattere gl'Itataliani ed i Croati che combatterono aspramente gl'Italiani. So che Ungheresi, Transilvani, Croati, Schiavoni, tutti si odiano cordialmente e sebbene portino odio all'Austria, io credo che più potente sarà l'odio domestico, l'odio tra loro. Io dirò loro: «Fate la vostra parte e l'Italia farà la sua ». Se attaccheranno potentemente l'Austria, se la loro rivoluzione sarà concorde e piena, gl'Itataliani attaccheranno l'Austria nella Venezia. Ecco il solo caso nel quale io crederei dovere derogare al mio disegno; anzi dirò meglio, ecco l'opportunità. Ma non si devono accendere a bella posta dei fuochetti, e fare agitazioni fittizie, per generare fatti, e non avvenimenti. Vorrei essermi spiegato, e le sarò grato se me ne farà certo.

Io non temo nessun attacco dell'Austria, e vigilerò perchè nessuna provocazione le venga dalla parte nostra. L'Austria nelle condizioni cui si trova non farà opera da pazzo, e noi imiteremo, e con più ragione, iJ suo senno.

Riassumo: Per Venezia attendere l'opportunità vera ed evitare sollecitamente la fittizia. Per Roma, attendere per ora l'iniziativa imperiale, ma a tempo e luogo promuoverla.

(1) -n 15 dicembre, cfr. la nota l al n. l; il 31 dicembre, cfr. n. l; il 12 gennaio,cfr. n. 23. (2) -Cfr. nn. 32 e 33.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (1)

L. P. Torino, 18 gennaio 1862.

In una sua particolare in data 16 corrente (2), scorre in esami alcuni fatti che io ho additato con il nome d'intrighi e coi quali si pretende, da pochi,

di dominare le sorti d'ItaLia e di pigliarsene le redini. Intanto Ella si è oreduto forzato a penetrare in molti particolari giustificativi di sua condotta in quella occasione. Io ho attentamente letta la sua lettera e ne ho avuto piacere piuttosto che disgusto. Però Ella insiste per un richiamo da costà onde domandare certe spiegazioni al cav. Peruzzi. Io non vedo alcuna relazione in proposito e molto meno io la vedo quando si tratta di verificare una cosa, che resta facile fin d'ora a me di dirle, che non sussiste. Sappia, signor Cavaliere, che raramente si trova adito di fare personalità intorno a me, perchè io sono molto difficile a prestarmi a tali sorta di argomenti, il cui mostrarsi è non pure raro, ma eziandio fugacissimo. Durante questi vergognosi tre mesi di continuo pettegolezzume, se Ella vi è stato talvolta introdotto, i giudizi sopra di Lei non tanto non hanno preso mai carattere aggravante, ma sono perfettamente schiariti da quanto Ella mi ha dichiarato e quanto a me, neppure avevo bisogno di ciò. Quindi io vorrei eliminare questo motivo dalle ragioni del suo richiamo; quali altri Ella yossa averne io non so, ed aspetto che Ella le enumeri, o anche senza di ciò mi manifesti le sue intenzioni. Ammetterei che una ragione fosse se Ella non avesse la fiducia di codesto Governo, ma ciò non posso ammetterlo, e fiducia del Governo d' Italia in lei parvemi dimostrarlene tosto che ed a Lei soltanto mi dirigo ed a Lei apro tutto il mio pensiero. *Le rimorde forse alcuna cosa? Si confessi, che io son facile al perdono. Parlare qui della Croce al Gropello e del Segretario mandatole senza preventivo consulto, io non mi sento l'animo, imperocchè se colpa vi è, spetta alla burocrazia; e sia detto soltanto di volo che se tutti i Ministri esigono scegliersi tutto il personale da per sè, non so nè come contentarli, nè come evitare disordine. Ma parlare di ciò non è il caso davanti a più grave soggetto*.

Ella mi parla delle sue sofferenze durante quel periodo di sudicia polemica, durante la presenza di alcune persone, che avevano apparenza di essere emissari del Re. Credo alle sofferenze, ma siccome io non ne ho alcune, permetterà che io dica a lei quello che io dico di me. Noi appartenghiamo ad un Governo Costituzionale; * e siamo e dobbiamo essere ·Costituzionali, il Re come noi sarà giudicato costituzionalmente. * Io intendo le sofferenze, se non avessimo una via netta e legale da scegliere, una via aperta al nostro onore, una via che ci permetta, ad ogni caso, di portarla innanzi al giudizio del paese; ma noi l'abbiamo; perchè dunque le sofferenze? Ella sa che parti da qui con la mia fiducia, dubita forse di averla demeritata? Dubita non avere piena quella del Governo, presso cui Ella è accreditata? Ecco in ogni caso quali sono gli argomenti che Ella deve porre a disamina. Quanto alla fiducia mia, Ella può essere certo che non può essere superata, se non da chi fosse certo che meritasse più di Lei. Per ora non mi si è messo innanzi a me; per ora non conosco altri che mi dia luogo a dire: « Questi avrà più autorità presso il Governo Imperiale». Se questi mi si presentasse, glielo direi, ed Ella ne dovrebbe ringraziare Dio, e dire come dico io: «Perchè la Nazione, il Parlamento, non additano l'uomo con precedenti tanto più auspicati e forti, che non son quelli che io posseggo, cui possa trapassare il mio carico, che io ne sarò lieto al doppio!!! ».

Gli uomini che Ella mi nomina, potranno avere più denari di Lei, ma per ora non mi pare doverne caldeggiare il baratto. In conclusione, Ella ben veda se può servire efficacemente la Patria, costà, se la sua voce è udita e soprattutto SIU Roma. Io dovrei pensare che Ella pure possa avere cooperato alla Nota del Marchese La Valette. Lascio questo argomento fino ad altro suo richiamo.

Nè autorità Ella guadagnerebbe mescolandosi col giornalismo. Io lo concordo pienamente. E ciò basti. Tuttavolta non ho potuto impedirmi la sorpresa ed una certa sfavorevole impressione leggendo queste sue parole: « Ora è veramente sua intenzione che io faccia cessare il basso linguaggio del Pays e di altri giornali? ». È vero ,che io ho profferito aleune parole che ·guardate nella sua materialità potrebbero tradursi in una volontà quale Ella suppone; ma se Ella ripensa al telegramma che mi avvertiva di certe sinistre impressioni fatte sull'animo del signor Thouvenel, intorno le mie relazioni inglesi; ma se Ella pensa a quanto mi aveva scritto in passato su certi tali articoli che parevano inspirati in alto luogo, infine se Ella pensa che se costà si diffida di me, e parmi si faccia ogni possibile per conseguire il reo fine, sarà una nuova difficoltà che Ella incontra, era naturale che io passassi in quella esclamazione intorno all'abuso della stampa che Ella ha inteso per volontà mia di divenire a qualche ufficio e pratica in proposito. Io chiedo unicamente che Ella faccia certi tutti che io sono leale in ogni mio passo e amo chi mi fa del bene. Del resto io disprezzo pienamente il Pays ed ogni altro venduto giornale, e soprattutto disprezzo il Pays, da poichè Ella mi dice che vi scrive il La Varenne, e altri mi hanno detto avervi il signor Rattazzi quattro azioni (1). E sia dato fine al parlare di queste laidure.

Quanto al completamento del Ministero, Ella sa come io la pensi. D'altronde potevo io rifiutarmi al suo completamento? Potevo credere che i partigiani politici ed una sconsigliata maggioranza parlamentare volesse coltivare cosi disavvedutamente il terreno ministeriale? Appena me ne feci accorto, me ne trassi e risolvetti com'Ella sa. Mi pareva che fosse facile a tutti il considerare quale via terrei, e non sarebbe quella della viltà. Quello che io sono, sono, e nessuno potrebbe aspirare a mescolarsi col mio animo se già il suo animo non fosse identico al mio. Non essendo vile, non v'è ·caso ehe io ceda ad intrighi di palazzo o di piazza, e non essendo vile non mi commovono le critiche e le lodi; ed essendo soprattutto amante sincero dell'Italia e della libertà costituzionale io non declino da questa via. Mi pareva come mi pare, che tutti abbiano la chiave per giudicare di me. Qui non siamo come in Francia, ove la volontà dell' Imperatore è tutto. Qui è la volontà del Governo e del Parlamento che regola i destini della Nazione. E con ciò replico a certe sue parole, in cui si parla di due politiche rispetto a Venezia e Roma. Io lascerò il Ministero soltanto quando lo vorrò, e lo vorrò soltanto quando potrò dire a tutta la Nazione il perchè lo lascio. Non posso dire più chiaramente l'animo mio. Ella lo capisca, e vi risponda ardentemente.

Ora bisogna lavorare onde cessi al più presto l'occupazione francese a Roma, che è resa insopportabile ed indecorosa a tutti. Bisogna lavorare a calmare gli

(ARB cass. D2 n. 14, orig. autogr., 18 gennaio 1862): c Rattazzi ha quattro azioni nel Pa.ys di 2500 franchi ciascuna. Notizia certa detta confidenzialmente da un redattore del Pays a Luigi Chiala. Ciò spiega le parole scritte già dal Direttore di quel giornale al Zanardini quando gli si propose come corrispondente: Nous ne sommes pas !.es ennemis de M. Rattazzi e spiega ancora il contegno di quel giornale •.

animi intorno alle cose ungariche, e ciò Ella faccia presso codesto Governo onde esso parli netto agli Ungheresi ed agli altri che di qua si spediscono.

Ella mi tenga bene al giorno di tutto.

Gradirei avere una perfetta informazione intorno l'ordinamento interno di codesto Ministero degli Affari Esteri con quelle maggiori dilucidazioni che sieno possibili. In questo Ministero degli esteri, parmi, vi sieno degli inconvenienti, cui vorrei provvedere. Perciò mi occorre conoscere quello che si fa costà.

(1) -In Ricaso!i, VI, 316-320, questa lettera e la precedente sono una sola. In ARB le lettere sono invece distinte. (2) -Cfr. n. 33.

(1) Ricasoli aveva avuto da Celestino Bianchi la seguente • informazione confidenziale •

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 306-312)

L. P. 10. Torino, 17-19 gennaio 1862. È singolare che al momento nel quale mi giungeva il suo telegramma, con cui mi accennava a certe possibilità d'intelligenze con l'Austria per la cessione della Venezia (1), circolavano qui in alto e basso notizie d'intendimenti interamente bellicosi di quell'Imperatore e di quel Governo. Si sosteneva la verità di questa notizia, dicendo per fino che di attaccare l'Italia anco come mezzo di salute per l'Austria, se n'era parLato perfino nel Gabinetto di Vienna. Importerebbe che io avessi la verità su di ciò. Ella conosce i miei fermi propositi nella politica italiana. Ordine e calma all'interno; Roma; armamento; intanto aspettare l'opportunità per ricuperare Venezia. Questi sono i termini della politica italiana che io seguo, eziandio accennati secondo la successione, che dovrebbero avere se solo da me dipendesse. Voglia porsi bene nel cuore le mie parole onde non vi siano equivoci; imperocchè io sono leale, e mi preme evitare l'accusa di sleale per cagione d'equivoco. Attendo per tanto che gli altri pure siano leali meco, e non v'è nulla che più mi disturbi quanto o il non essere creduto leale, o il non essere trattato lealmente. Or vediamo per quali ragioni potrebbe disturbarsi quella successione di fatti, e costringermi a seguire una diversa via. la Se Francia dicessemi: Vi do Roma, vi aiuto a Venezia, ponghiamo insieme l'insurrezione nell'Ungheria, ma dovete pure voi aiutarmi a riconquistare certe provincie, che fanno comodo alla Francia. Oh! sebbene con rammarico, io accetto l'offerta. Di chi la colpa? soprattutto della politka non abbastanza decisiva e franca del Gabinetto di Saint-.James. Vuolsi evitare questa eventualità? La Prussia e la Russia ci riconoscano. L'Inghilterra vi può molto, e lo deve. 2° Una forte insurrezione in mezzo alle popolazioni orientali dell'Impero Austriaco; in mezzo a quelle popolazioni che il Danubio, la Drava e la Sava bagnano. Se avviene questo caso io consiglierò al Re di salire a cavallo, e fatto un appello a tutte le forze vive della nazione slanciarsi oltre il Mincio. Così fare

sarebbe per noi senno e politica. Non si potrebbe perdere l'occasione, nè lasciare che l'Ungheria, e gli altri popoli, che vogliono rivendicare libertà ed indipen

denza, restino schiacciati dalle armi austriache, perchè poi queste medesime si ritorcano contro di noi. Come si evita ciò? Procurando: l) che l'Austria conceda agli Ungheresi i diritti che reclamano e che sono una giustizia;

2) che l'Austria ci dia la Venezia previo o un riscatto d'argento, a nostro carico, o meglio, assai meglio per l'onore di tutti, che le sia dato un compenso di territorio fra quelle popolazioni, che più non possono vivere sotto i Turchi.

Ecco un disegno di politica degno dell'Inghilterra; disegno fecondo di felicissimi risultati immediati. Conviene non troppo indugiare, perchè il tempo incalza.

Io sono profondamente convinto che all'Italia occorra pace, e farò ogni possibile per conservargliela, perchè sarà per la patria mia un benefizio superiore a tutti; ma non può avere pace, se l'Italia non ha conseguito il possesso di Roma e di Venezia. I Francesi non hanno più ragione di stare a Roma. La loro presenza ·consuma il :Papato, offende la ragione e :!:'!Umanità; danneggia l'Italia. Per·chè costringere ad una guerra per la Venezia, ad una ~erra che ,può incendiare Europa, quando è incontestabile che appartiene all'Italia, e all'Austria possono darsi compensi con utilità generale?

Occorre che Ella convinca il Gabinetto Inglese di questa di lui missione. Poichè la provvidenza lo ha liberato da una disastrosa guerra, così non le si mostri ingrato, e si adoperi efficacemente a removere dall' Europa ogni ragione di guerra. Con ciò l'Inghilterra crescerà in dignità, e in autorità. Non tardi a dirigersi alla Francia e alle altre ;potenze con un programma di sana e feconda politica.

A tale effetto fa d'uopo ch'egli accetti non solo il programma di politica italiana, ma se lo faccia, per dir così, suo; e faccia sentire vivamente che egli disapprova ogni atto ostile dell'Austria inverso noi, e procacci lo svolgimento delle parti, che ho disopra indicato.

In una lettera Ella mi accenna che si va a divenire Francesi. Come può Ella dir ciò? In ogni caso, se questo avvenisse, sarebbe a cagione. della sterilità della politica inglese, e talvolta delle sue contraddizioni. Le scrissi che io sapevo avere Lord Cowley deplorato in qualche !Salone parigino la politica dell'unità in Italia, approvando quella della confederazione, prop.,sta già dall'ImperatOl'e dei Francesi. Che significa ciò? ISe non altro che la verità di ciò che io or ora dichiaravo sulla politica inglese?

Non si vuole ancora capire che una Italia forte è la caparra della pace e dell'ordine in Europa! Perchè dunque attraversarne lo svolgimento quando sarebbe lo generale interesse lo acclamarlo, lo appoggiarlo?

A lei lascio la cura nella sagacia sua di valersi di queste parole.

P. S. -Avverta, egregio Marchese, che non v'è tempo da perdere. Io starò fermo come rocca in mezzo agl'intrighi d'ogni maniera; io terrò forte la mia politica d'ordine, e di previdenza; ma innanzi a tutto sono e sarò italiano, e se al fine io vedrò, che, in grazia dell'egoismo e della insipienza dei Gabinetti europei, possa correre pericolo l'unità d' Italia, io denuncerò al mondo civile gli errori del Gabinetto Inglese, l'ostinazione di Napoleone III, le insipienze del Gabinetto di Berlino, e chiamerò in mio sussidio la rivoluzione, dove ne vedrò gli elementi, e darò fuoco alla miccia. Questo stato di cose è più distruggitore, che la guerra e la rivoluzione. Quando la cecità della diplomazia è ridotta a non vedere neppure ciò che più splende, cioè il modo di dare la pace e la confidenza all' Europa nel giro di due mesi che altro resta a fare al Governo d'Italia, se non che di tentare ancora coi mezzi, che a lui furono fin qui si avventurosi? l'occupazione di Roma per parte della Francia è un vero non senso, perchè è cosa che va contro il fine propostosi. La vera tutela del Papa è il popolo stesso di Roma, purchè non sia più attraversato nei suoi voleri nazionali.

Il giorno che la Francia dicesse: « io lascio Roma, e affido il Papa all'onore del popolo romano, e alla dignità della nazione Italiana», sarebbe un elettrico, che suonerebbe in tutti i cuori italiani, e colpirebbe di morte gli assassini di ogni maniera, e avrebbe salvato il Papato, e paralizzato l'QPera di tutti i partiti sovversivi.

Io ne resto garante con la testa; mentre del pari resto garante che, seguitando per una via si pazza ed ostinata, hanno impulso e ragione le idee repubblicane e sovversive.

Ella, Marchese, si avvalori di questi pensieri, che sono il frutto di chi co· nosce le cose; ed è in grado di operarle.

Io sono qui in mezzo agli intrighi di corte e di piazza. Si vorrebbe che io lasciassi il posto, <>nde fare pazzie di ogni maniera, per fare e commettere codardie in appresso, e rovinare l'Italia nelle sostanze e nel decoro. Io resisterò a tutti, e spero che il Parlamento resisterà meco. Io mi attraverserò ad ogni opera rivoluzionaria, finchè non vi sia costretto dall'egoismo duraturo di Francia e d' Inghilterra. Se arriveremo a questo fatale momento io chiamerò loro responsabili delle conseguenze, ma non chiederò il loro aiuto che non potrei più apprezzare.

A dì 19 gennaio 1862.

Aspettando una occasione sicura per l'invio di questa lettera, la materia si è andata man mano sovrapponendo.

Libert~di coscienza! Libertà di culti! Chi mi paria di cw, e ne dubita, mi offende. Io non credo compiuta la libertà di un paese, se con la libertà civile e politica non sia un sacrosanto diritto del cittadino: la libertà religiosa. Da ciò ne deriva che nessuna difficoltà deve frapporsi all'erezione di Chiese, qualunque sia il culto cui vengono consacrate. Io non posso ammettere che incontri difficoltà la erezione della Chiesa inglese in Napoli. Viveva Cavour quando ebbi ad occuparmi di questo affare dietro richiesta del mio amico James Graham. Venuto al Ministero e Ministro della Guerra, rimossi ogni ohietto; rimossi in appresso certe difficoltà, che vi frapponeva il Demanio; infine pochi giorni sono passò di qui il Graham, che mi fece grandi ringraziamenti a proposito della suddetta Chiesa, per parte degli Inglesi, ringraziamenti che non accettai, perchè avevo seguito la mia convinzione, e fatto il mio dovere. Del resto sono qua, e sarò sempre l'avvocato d'ogni libertà civile e religiosa.

Se io non gridai officialmente per l'atto violento commesso sul Trent, fu per modestia. Oramai la Francia avea fatto quella stupenda Nota, e sarebbe stato uno scimmiottare poco decoroso; e, credo io, poco efficace. Ma ora ho pensato di fare un ufficio al Governo Americano felicitandolo delle sue savie risoluzioni, e così avrò occasione opportuna per dichiarare il gius in proposito per l'avvenire.

P.S. -Ho cercato di fare per il meglio sul conto «Casa». Mi dica fino a che punto io sia giunto a contentarla, persuaso che non vi sarò riuscito interamente! Il Governo Inglese tiene egli trattato con alcun altro Governo per l'estradizione dei delinquenti per reati comuni?

(1) Cfr. n. 27.

40

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO (AT, orig. autogr.)

L. P. Torino, 20 g.ennaio 1862.

Mi recò una profonda sodisfazione il telegramma suNe cose avvenute in Roma salbato decorso comunicatomi dal !Deputato Silvootrelli (1). Nell'udire confermati i miei presagi, rafforzata la mia fiducia sull'attitudine del Popolo Romano a fare cose degne di questa Italia rigenerata, noi nascondo, me ne sentii commosso. Coraggio, adunque; procediamo con forte animo, che fu sempre la caratteristi·cat dell'antica Roma. La vittoria è per noi; e noi la daremo alla umanità intera. La causa d'Italia è causa di Civiltà.

Ricordiamoci sempre ·che l'Europa s'inchina ai Popoli che sanno non vendicarsi, ma perdonare! S'inchina alle Nazioni che sanno essere ad un tempo forti e generose; che sanno fare opere di senno magnanimo. Non si tralasci di faTe appello al generoso animo delle Popolazioni e si pongano nel contrasto di essere generose e .grandi di animo, perehè con questo si diranno degne delle prossime sorti, piuttosto che fiere e vendicative. Al Governo che trapassa ignominia e nessun onore di fossa! Sia il nuovo incurante e magnanimo. Con ciò si farà scottare il sasso sotto il piede del soldato francese, che sentirà vergogna della missione che tenne fin qui, e non resisterà al rossore delle guance, vedendo che venne a tutelare un Papa da un Popolo che vinceva in civiltà entrambi; vedrà che la vera inviolabilità del Capo dell'Orbe Cattolico e dei tempj cattolici fia assicurata da quel Popolo che sa perdonare! Si fac·cia getto di vendette e di spirito di parte.

Stupendo il pensiero di quanto era scritto suUe bandiere. Diceva e dice tutto. Io non oso dare altre indicazioni a gente che sta in casa sua e ha tanto senno. Il programma politko e religioso sta in quelle parole, e non si deve dire di più: mostrare coi fatti costanza, fermezza in quel programma.

I particolari si svolgeranno successivamente. Occorre ognora più dichiarare

finito il Governo temporale, mettere diffidenza in chiunque avesse a trattare

con quel Governo. Occorre stringerlo con la fame, e la generosttà delle forme.

Presto non avrà da pagare. È un gran deprimente il bisogno.

5 -Documenti diplomatici • Serie I • Vol. II.

Non è mia :intenzione di riassumere trattative col Papa; o meglio non è mia intenzione di rimettere in campo nessun progetto di trattato con Roma. Il mio progetto ebbe il suo scopo; non fu accettato. Ora io credo che Roma debba venire all'Italia per mezzo di un'aUra Fase, per opera cioè dei Romani; i quali accoglieranno in Roma i trionfi d'Italia, e gl'incoroneranno non come popolo ris-cattato e miserando; ma ·come Popolo ·che con propria opera ·Compiette l'edifizio nazionale. Lo dico schietto; vedo una ·garanzia dell'avvenire, che così si. consumino i destini d'Italia.

Il Papato temporale dee morire tisico per opera pietosa dei Romani. Il Vescovo di Roma dee restare inviolato e ·garantito dalla Religione dei Romani. La sostanza finanziaria del Pontefice, del Capo della Chiesa, dee venire dal mondo cattolico •col mezzo del vero obolo di S. Pietro, veramente santificato. Il Governo d'Italia verrà a Roma quando ·con l'istituzione della Guardia Nazionaile avranno i Romani garantito l'ordine pulbblico presso a Loro, e compìto coi Plebiscito l'espressione del Loro voLere. Questi sono• i punti principali di questa grande fase nella quale entriamo. Ai Romani e a tutti il senno dell'apparecchiarla; la virtù di compierla!!!

Io trasmetto ai Prefetti della frontiera istruzioni onde sappiano contenere e moderare gli emigrati e i troppo zelanti, e lascino fare ai Romani. Io Le farò versare L. 10 mila per le occOlìrenze. Organizzino il movimento; e or.ganizzi Ella una comunicazione faciil.e e sicura (in ctfra o altrimenti) con me. Io mi spiegherò o ·con Lei direttamente o con Silvestrelli; non credano alla mia parola portata da altri.

(1) Il sabato 18 gennaio a Roma, mentre i papisti, per la festa della cattedra di S. Pietro, facevano una dimostrazione favorevole al papa, i liberali inondavano la città di bandiere tricolori con diciture antitemporaliste e la sera accendevano fuochi di bengala, cfr, CoMANDINI, lV, p, 208.

41

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (ARB, cass. 54, n. J2, orig. autogr.)

L. P. 48. Londra, 20 gennaio 1862.

Mi son deciso a leggere (senza però !asciargliene copia) a Lord Russell la memoria di cui ·ebbi l'onore di trasmetter copia a V. E. (1). Mi determinai a questo, prima perchè Ella ben volle, nella .sua risposta (2), rimettersene a me su quanto parrebbe meglio. Ed in secondo luogo perchè, avendone Lord Russell avuta la parte essenziale da Lord Palmerston, preferivo non parer dal canto mio mancar di confidenza. Finalmente mi si levarono tutti gli scrupoli essendomi stato riferito che il Duca d'Argyll, dopo il suo ritorno, aveva, dietro ad una conversazione avuta con Lei, tenuto a un dipresso lo stesso linguaggio con i suoi colleghi.

Vidi Lord John due volte. Una in princ1p10 alla settimana; l'altra ieri. Tanto più che intanto il Commendatore Nigra da Parigi m'aveva scritto in cifra per verificare se si fosse qua sentito parlare di certe proposizioni venute

da Vienna a Parigi e che doveansi comunicare a Londra, circa l'assestamento della questione italiana.

Lord Russell, siccome m'aspettavo, tenne un linguaggio molto povero di spedienti pratici o di soluzioni immediate. Anzi egli ci consigliò a non ingolfarci in una politica d'avventure rischiando di tutto perdere. Disse che colla prudenza e la pazienza la questione di Venezia, maturando, si terminerebbe secondo i nostri desideri. Infine più o meno ripetè quel che ho scritto dell'ultima mia conversazione nell'ultima mia lettera a V. E. Gli dissi che tutto questo stava bene, ma che, oltre alla pazienza, occorrevano certi momenti nella vita delle nazioni in cui bisognava coglier l'opportunità. Che una volta persa, era persa pure la fortuna che favorisce gli audaci. Che nel consigliar l'azione del tempo e la pace riconoscevo un Ministro inglese, il quale, tutto che credesse darci quei consigli che credeva migliori per noi, dava nello stesso tempo quelli che potean meglio accordarsi cogl'interessi della politica inglese. Evitando conflagrazioni nella Venezia, s'evitavano le conseguenze che avrebbero potuto avere sul Reno, e quindi, sapendo l' Inghilterra che appressandosi d'Anversa essa pur entrerebbe in ballo, era naturale che volesse impedire la causa prima di questi risultati.

Lord John disse, sottovoce, che anche prima d'Anversa gl'inglesi avrebbero creduto dover intervenire. Siccome dissi prima, ne dubito assai.

Feci risaltare inoltre la differenza che esisteva tra le apprezzazioni di una potenza che può, quando vuole, agire nelle questioni con 600 mila uomini, e quella che, voglia o no, è inceppata nell'inattività. Lord Russell ammise il fatto, ma con questo correttivo. delle cessioni territoriali e della perdita d'indipendenza morale e politica; ma riconobbe che la posizione del Gabinetto inglese, anche capitanato da Lord Palmerston, non avea cambiato a questo punto di vista di quanto avvenne sotto Lord Derby, quando Salvagnoli, venuto a Londra e stando a Richmond con Lord John, gli domandava che l'Inghilterra si muovésse in armi a favore d' Italia. Fin d'allora, gli diceva Lord Russell, esser impossibile.

Del resto Lord Russell m'assicurò che non cessava di far istanze a Berlino per la ricognizione nostra completa. Non esservi avverso Bernstorff, ma il Re opporvisi, e in generale esser la politica prussiana decisa a grandi riguardi verso l'Austria.

Non devo omettere di dirle che Lord Russell diede grandi encomi alla risoluzione di V. E. di opporsi a due condizioni importanti se anche si dovesse venire a patti colle combinazioni imperiali.

Paragonai la posizione politica estera del nostro paese come se i nostri uomini di Stato si trovassero sempre cogli sguardi rivolti all' Inghilterra su di una nave che le correnti trascinavano verso la Francia.

A Lord John in fondo può rincrescergli, ma non può a meno di capire che tentazione p.ossa essere per un paese d'impiegare i mezzi energici che possono venir messi a sua disposizione.

Ma finchè V. E. sarà Capo del Gabinetto tollererà quello che sotto altri Capi potrebbe avvicinarsi a serii dissapori. Del resto è innegabile che la situazione dei rapporti colla Francia sia molto migliore dopo la condotta tenuta dall'Imperatore nel conflitto americano. E se si potessero capacitare che l'Italia libera, con combinazione francese, non porterà a conseguenze fatali, lascerebbero fare.

Relativamente a quanto mi chiedea Nigra, Lord John mi disse, ultra-confidenzialmente che Lord Palmerston avea avuto comunicazioni, alla verità verbali (penso dal Conte Appony) che diceva, che l'Austria non sarebbe poi del tutto contraria a ricevere comunicazioni per riguardo ad un aggiustamento. Ma aggiungeva che in fondo quel che volevamo era non tanto la Venezia, come di escluderla dall'Adriatico, e perciò volevamo ancora di più la Dalmazia e l' !stria. Onde avrebbe voluto l'Austria che l'Inghilterra al caso, guarentisse la possessione di queste coste. E Lord Russell, a cui ne parlai ieri di nuovo onde ben capire il suo modo di pensare, mi disse che l' Inghilterra non sarebbe stata contraria di adottare questo modo di vedere, ove però avesse potuto intendersela colla Francia.

Trovandosi poi per buona sorte i Shaftesbury a Broadlands, li pregai d'indagare nelle conversazioni intime fra i due Mylords come stesse l'affare e mi si rispose come segue:

« Mon rnari a eu une longue conversation ce matin. On a de nouveau répété qu'on croyait fortement d'après de certaines données que l'Empereur n'était plus disposé à faire la guerre au printemps et les finances paraissent aussi s'y opposer (1). On a aussi vaguement eu l'air de croire que la cession de la Vénétie ne serait pas une impossibilité parceque l'Autriche commence à se montrer beaucoup plus raisonnable à l'endroit de la Hongrie, sa morgue et sa fierté se rabaissant à l'égard de l'autre pays. On n'a rien dit de plus sur des communications qui ne semblent pas avoir été reçues.

Je vois qu'on est fortement occupé ici dans ce moment de l'obstination de la Reine .sur le sujet du Prince de Galles. Ce qui n'est pas pour le pays une petite chose, ni une simple affaire entre une mère et son fils, mais peut bien influer beaucoup sur les destinées du pays.

Je pense que c'est surtout de cela que veut parler le Roi des Belges qui est absolumen1 avec Lord Palmerston dans toutes ses idées là-dessus ». Per carità non parli di queste mie sorgenti d'informazioni, che svelo soltanto onde V. E. ne conosca l'importanza e l'autenticità.

Del resto, discorrendone ieri con Lord John, gli dissi che con tutto il rispetto che avevo per Lord Palmerston non ero del suo parere, parendomi invece che l'Austria cedesse sulla questione ungherese per separarla dalla quistione italiana e salvar almeno l'ultima. Lord Russell fu egli pure di quel parere e mi disse sembrargli che facendo concessioni all'Ungheria, l'Austria voleva approfittare di certe tendenze ad un accomodamento che crede esistere in Ungheria e poi poter dire all' Inghilterra: vedete, dietro ai consigli vostri ho fatto concessioni all'Ungheria; non insistete dunque ora per l'Italia. Del resto, mi disse, che un giorno Appony disse che l' Inghilterra, essendo un paese egoista, consigliava la cessione della Venezia onde risparmiare a se stessa una

guerra. Egli notò il discorw di Benedeck (1) 1come cercando d'impedir l'Impera tore di cedere.

In quanto al Principe di Galles, egli parte fra breve per la Siria. E par difatti che regni un certo mistero per questa visita del Re Leopoldo, poiché ricevo stamane una lettera di Lady Palmerston che m'invita a Broadlands per venerdì e mi dice di non parlar del Re Leopoldo. E gli vado a rispondere che questa visita sta stampata su tutti i giornali.

Del resto quando mi congedai da Lord John una settimana fa, mi disse che avrebbe deliberato con gli altri Ministri di quanto gli avevo parlato; ma senza grandi speranze di risultati positivi. Al che io risposi non dubitasse che non me ne facevo la menoma illusione.

Ieri poi, quando tornai a casa da Richmond da veder Lord John, trovai la letterina di V. E. relativa a Cowley. Immediatamente ne scrissi a Lord John per la posta, dicendogli solamente quello che occorreva; feci presto onde potesse giustificarsi scrivendo ad Hudson.

Del resto, creda pure, che in quanto riguarda Lord Russell le informazioni devono essere inesatte. Sempre l'ho trovato lo stesso in sentimenti, come Lord Palmerston. E dirò che Gladstone e Milner Gibson pensan lo stesso. Posson dire che l'unità avrà gran difficoltà a superare, ma ci credono perchè la sperano. Lord Russell fa continui pas,si a Parigi onde !levino ,gl'impedimenti. Ne fece ora per riguardo ad Alatri e gli venne risposto, che mai dal Governo francese eransi fatte pratiche a questo riguardo.

Non può spiegarsi la risposta altrimenti Lord Russell se non se pensando che le pratiche si sien fatte per il Ministero di guerra e non per Thouvenel. Inoltre premurosamente mandarono a Torino avvisi che gli erano pervenuti di certe spedizioni borboniche che dovean partire dalla costa dalmata ed approdare al disotto d'Ancona. Agisce a Vienna ed agisce a Berlino. Veramente credo di poter assicurare V. S. interamente sulle disposizioni di Lord Russell, il quale non ha mutate le sue convinzioni.

Quanto a Cowley, il caso è diametralmente opposto. È cosa antica. Da molti anni Cowley a Parigi, non ha mai fatto a favore nostro che puntualmente quanto gli veniva prescritto. Quando dure parole gli furono permesse le impiegò. Mai, nelle sue corse in Inghilterra, ho voluto entrare in materia con lui per questo motivo. Del resto Cowley passa ora un mauvais quart d'heure. Egli è generalmente detestato pei suoi modi secchi e scortesi, a principiar dai Segretarii, dalla società, e dai suoi compatriotti. N Times stampò giorni sono una fortissima lettera lagnandosi del suo astenersi a ogni ospitalità per gli Inglesi a Parigi, malgrado abbia 250 mila \franchi. Inoltre, cosa più grave, non radunò i suoi compatriotti all'occasione della morte del Principe Alberto, mentre invece visse a Chantilly patinando e dando dei déjeuners sul ghiaccio agli intimi suoi.

Tutto questo va a creargli difficoltà e può esistervi speranza che ne saremo forse liberati. Ad ogni modo ho pregato Lord Russell di raccomandargli la

cautela nell'esprimer le proprie opinioni, tanto più ove non fossero simili a quelle del Governo.

Devo complimentarla per il bel successo parlamentare recentemente ottenuto (1). Per me, che potevo calcolare le difficoltà da vincere e gli intrighi sott'acqua, me ne rallegro come provando il trionfo d'un uomo di talento dabbene, onesto e retto sulle mene di pochi raggiratori. Questo le serva di premio e di conforto come di sentirsi sostenuto dalla parte sana ed elevata dell'opinione pubblica in Italia.

(1) -Allude alla memoria allegata al n. 7. (2) -Cfr. n. 17.

(1) Cfr. un importante Memorandum di Lord Cowley (10 gennaio 1862) a Lord John Russell edito in Conversations with Napo!eon III, by SIR VICTOR WELLESLEY AND RoBEBT SENCOURT, Londra, 1934, pp. 200-205.

(1) Discorso bellicoso pronunciato a Verona il 2 gennaio in occasione d'una rivista passata da Francesco Giuseppe alle sue truppe.

42

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A WASHINGTON, BERTINATTI

D. CONFIDENZIALE s. n. Torino, 21 gennaio 1862.

Je viens de recevoir votre rapport du 30 Décembre et je vous remercie des r,enseignements que vous me donnez sur l'affaire du Trent (2). Je n'ai pas besoin de vous dire avec quelle satisfaction le Gouvernement et le peuple de l'ItaiJie ont reçu la nouvelle de l'heureuse solution d'une question qui a mis pour un moment en doute la paix du monde.

Il Segretario di Stato, da quell'uomo calmo ed abile che egli è, mostrò un cm-aggiomorale di cui gli si saprà maggior grado in futuro di quanto possa esserne fatto segnoin questo momento d'improvviso disappunto e d'orgoglio nazionale più o meno ferito.

Egli sprezzò una falsa popolarità. e non credette come si fa sul Tevere, che l'ostinazione

ad ogni costo fosse il maggiore, ed il più commendevole pregio d'un uomo di Stato, e

fece bene.

Egli è però vero d'aggiungere che presso un popolo come questo, essenzialmente pratico,ponderato, e buon calcolatore, ben presto il retto senso piglia il sopravvento, e, mettendo a paraggio il guadagno che da un lato gli sarebbe venuto dal perfidiar nella propria opinione e mantenersi irremovibile nell'attitudi,ne dapprima presa, in una questione per lo meno contestabile, e contraria in ogni caso alle proprie tradizioni e precedenti inter.nazionali, colla perdita più che probabile che gliene sarebbe derivata qualora l'Inghilterra avesse voluto spingere le cose all'estremo, si sa fare all'uopo di necessità virtù, ed acconciarsi ad una posizione momentaneamente umiliante alla quale, in verità, si pel fatto della propriaaudacia, sì per la tolleranz;t e la longanimità dell'Europa non era avvezzo da lungo tempo.

Non si può non tener conto, per altra parte, della nota francese del Sig. Thouvenel indirizzata al Sig. Mercier, la quale ebbe una notevole per non dir decisiva influenza sulle deliberazioni del Gabinetto di Washington; al qual ragguaglio il nostro glorioso alleato, l'Imperatore Napoleone III, può vantarsi a buon diritto d'aver reso un non ordinario servizio agli Stati Uniti, nonchè agli amatori della pace in generale.

L'Inghilterra ha intanto avuto uno splendido successo, ed una special rivincita intorno al poco corretto procedere adoperato altra volta col Sig. Crampton, cui vennero dati i passaporti nel modo che l'E. V. èonosce. Parmi però che saria cosa di buon gusto il non menar un trionfo troppo protratto ed ingeneroso per tale successo. Dal testo della corrispondenza diplomatica scambiata dal Sig. Seward colli Sig.ri Adams, Lord Lyons e Mercier l'E. V. potrà far giudizio da sè medesima qual sia l'importanza del soggetto sul quale s'aggira meglio che non potrei farlo io stesso mercè un apposito e particolareggiato commentario in questa circostanza. Stimo però utile di aggiungerle alcuni brani di Giornali (oltre il Times, ed il Courrier des Etats-Unis -parzialissimo al Sud -) che so pervenir regolarmente al Ministero per cura del Console Generale di S. M. in Nuova York affinchè possa discernere qual fu la prima impressione provata in Washington, ed in Nuova York appena si ebbe notizia della liberazione delli Sig. Slidell e Mason.

Chiamo egualmente l'attenzione dell'E. V sull'annesso estratto di Giornale sotto la Rubric:a: Suspension of Specie Payments by the Banks, come quello che può in specialmodo mteressare la dotta curiosità di S. E. il ministro delle Finanze».

Attaché :par !es liens de la ;plus étroite sympathie aux deux nations qui ont élevé si haut dans les deux hémisphères la gioire de la race anglo-saxonne, le Gouvernement du Roi s'effrayait justement des conséquences de la lutte qui aurait surgi entre l'Angleterre et l'Amérique du Nord. Cette lutte en effet, quelle qu'en fùt l'issue, n'aurait pu avoir que des résultats contraires à la civilisation et à la prospérité générale: elle aurait ébranlé la confiance dans ce principe du self-government qui sert de base commune aux institutions politique·s de la race anglo-saxonne, et amené en se prolongeant des complications dont le monde entier aurait eu à souffrir.

*D'ailleurs et bien que nous devions arreter de préférence notre attention sur les questions qui touchent à l'accomplissement du grand.'reuvre de l'unité italienne, nous étions loin d'etre indifférents au débat qui s'était élevé entre l'Amérique et l'Angleterre. Le Gouvernement du Roi, vous ne l'ignorez pas, Monsieur le Ministre, a toujours été attaché au principe de la liberté des mers. Au Congrès de Paris il s'associait avec empressement à la déclaration du 30 Aoùt 1856 et il espérait que cette déclaration, une fois qu'elle aurait eu le consentement des Etats-Unis d'Amérique ;pourrait devenir avec le temps le point de départ de nouveaux progrès dans la pratique du droit international. Connaissant les efforts courageux et persévérants que le Gouvernement de Washington a fait depuis cinquante ans pour défendre l_es droits des neutres, nous hésitions à croire qu'il voulut changer de ròle tout à coup, et se faire le champion de théories que l'histoire a démontrées funestes et que l'opinion publique a condamnées sans retour. En continuant à rester attaché aux principes, dont la défense a constitué une des causes de gioire de l'Amérique du Nord, M. Lincoln et ses Ministres ont donné un exemple de sagesse et de modération qui aura les meilleurs résultats pour l'Amérique aussi bien que pour les Etats Européens. * (1) Veuillez donc en féliciter vivement, au nom du Gouvernement du Roi, le Président et son Gouvernement en lui donnant, si on vous la demande, copie de cette dépeche.

(1) -Allude al voto del Senato di piena fiducia nel ministero Ricasoli in occasione dell'interpellanza Pareto sulla sua politica generale il 15 gennaio. (2) -Il Bertinatti nel suo rapporto riservato n. 91 del 30 dicembre 1861 aveva cosi dato notizia della fine della quelrtione del Trent: c La guerra che con buon fondamento s'avea ragion di temere potesse uscire dall'affare del Trent è fortunatamente evitata in giornatadietro la soluzione data al medesimo dal Governo federale con non poca sorpresa di moltissimi, i quali, avuto riguardo all'atteggiamento anteriormente mostrato in proposito, e come tosto la cattura di questo Steamer postale venne a cognizione del pubblico Nortamericano, si ripromettevano una ben diversa soluzione.
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IL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 65. Costantinopoli, 22 gennaio 1862. Il dispaccio telegrafico del 17 andante (2) con cui V. E. mi annunziava non

essere a cognizione del R. Governo che si meditasse da Garibaldi una discesa sulle ·coste turche dell'Adriatico fu da me communicato, in parte soltantò, a

S. A. Aall Pascià il quale parve rimaneii"e soddisfatto delle mie spiegazioni.

Non le nasconderò che sono stati dati ordini severissimi su questo particolare ad Ome.r Pascià, commandante in capo del corpo d'armata deUa Erzegovina, come non devo taeerle che la confidenza del Divano neHa nostra lealtà contri:bui molto a tranquillare l'animo del Sultano e dei suoi Ministri; gli è perciò che qualora V. E. non fosse abbastanza persuasa che questo sbarco non debba avere luogo, la pregherei di dirmi in quali termini io debba rispondere ad ulteriori

communicazioni, poichè proverei molta esitazione ad annunziare a queste autorità che il distinto ·geneli"ale Garibaldi non è che un semplice cittadino e che come tale, si trova libero di agire a:ll'insaputa del Re nel cui nome ha compiuto sinora le più belle imprese. Mi parrebbe far torto alla lealtà di questo generale ammet· tendo una tale supposizione.

Si la Porte nous devenait hostile nous ferons ce qui nous convient mais jusque là il convient d'attendre d'auta~t plus si l'on pouvait l'amener à donner des armes aux Hongrois; ce que nous connaltrons en Février (1).

Il Cavaliere Scovasso mi scrive in data lO gennaio quanto segue:

« Omer Pascià ha preso i quartieri d'inverno. Gli Erzegovini resisteranno ancora al riaprirsi della campagna, ma non lo potranno seriamente se saranno attivamente incalzati, e si ritireranno nel Montenegro per ritornare nella Erzegovina, tosto ·Che le truppe d'Omer Pascià l'avranno abbandonato. Una lotta veramente seria e tale da mettere in pericolo l'impero non può aver luogo se il Montenegro e la Serbia non ·l'attaccheranno simultaneamente. Le apparenze per ora non sono favorevoli a questa alleanza se pure devesi credere alle relazioni d'un capitano serbo. Egli dice che giunto nel Montenegro fu dal Principe Nicolò richiesto del motivo della sua venuta e da chi era inviato. Rispose vengo volontariamente a pormi sotto i vostri ordini per combattere contro 'i tur·chi. Il Principe gli disse: «Se volete combattere i turchi, li avete laggiù, addittando l'Erzegovina. Se venite volontariamente avrete tre giorni di tempo per isgomberare dal Montenegro, e se foste inviato dal Principe di Serbia vi avrei espulso immediatamente ».

Trasmetto oggi alla E. V. un piego contenente:

l) La nuova convenzione telegrafica eon tutti i suoi annessi accompagnata

da un mio rapporto (n. 64 Serie Politica).

2) Un piccolo pacchetto consegnatomi dal Ministro d'Olanda per H Cava

liere Fossati che passerà o manderà a prendere.

3) Un piccolo pacchetto consegnatomi per essere stato lasciato in addietro

dalla Signora Contessa della Rocca.

4) Una lettera giunta da Bel<grado per Kossuth.

5) Una supplica diretta a V. E. dal signor Materasso domiciliato a Teheran.

Tutti i sudetti oggetti le saranno spediti dal direttore delle dogane di Genova

in un piego avvoito in tela cerata.

Il Signor Cav. Vernoni, Primo dragomanno, avendo perduto recentemente un

suo fratello dimorante al Cairo sente la necessità di un congedo per recarsi colà

ad aggiustare alcune cose di famiglia, e mi diresse a questo oggetto una domanda

per sei mesi d'assenza. Gli risposi che assolutamente non gli si potrebbe accordare

tanto tempo, ma che riducendo la sua domanda alla metà del tempo, potrei chie

dere gli ordini di V. E. e ciò pul'chè sieno condotti a fine prima della sua partenza

i lavori sulla nuova tariffa. Essendo già trascorsi sei anni dacchè egli ebbe l'ultimo

permesso, io credo che V. E. potrebbe senza danno del servizio, aecordargli questo

permesso, ed in tal caso la pregherei a farmelo sapere telegrafi-camente affinchè

partendo al più presto possa trovarsi qui di ritorno prima della fine di Aprile,

epoca in cui possiamo avere maggior bisogno dei suoi servigii.

(1) -Il passo tra i due asterischi è pubblicato i'll ;r, W. MANIGAULTE, op. cit., pp. 152 e 153. (2) -Cfr. n. 34.

(1) Capoverso cifrato.

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L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI-GAROFOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 205. Madrid, 22 gennaio 1862. Di crisi ministeriale prima, e poscia di scioglimento delle Cortes si parlò in questi giorni come di cosa positiva ed i giornali s'intrattennero gli uni a dare e confermare queste notizie, e gli altri a disdirle. Sebbene io creda che il Ministero attuale dovrà modificarsi poco a poco con elementi del partito unico possibile, cioè il liberale, pure non penso che ciò possa succedere per ora. Nella Camera è ben vero che si sollevano antagonismi nelle diverse frazioni che formano il partito dell'Unione Liberale, sostenitore di questo Gabinetto, e che l'elemento conservatore scontento della nomina a Ministro del Fomento del Marchese d'Armijo, come pure del Signor Lafuente a Vice Presidente del Congresso dà soventi a vedere il suo malumore con scandalose scene che passano ordinariamente negli uffizi. Ma non per questo si trova compromessa la maggioranza in favore del Ministero: nella Camera popolare si trova esso scortato non solo dal suo partito, ma conta pure colla falange d'impiegati che s'avvicina ai cento, perciò non havvi ragione di sorta per sciogliere una Camera che necessariamente è ministeriale. Le discussioni è vero sono lente, giacchè l'opposizione e principalmente la progressista è composta degli oratori più eminenti del paese, e questi procurano di suscitare ad ogni momento discussioni calorose e così mettere inciampo al lavoro del Congresso onde provare al paese l'impossibilità di governare cogli attuali ministri. Ma questi pazientano ed attendono le votazioni che sono pur sempre a loro vantaggiose. Ora infatti il Bilancio continua ad essere discusso e già si è giunto a quello sempre più combattuto cioè del Ministero degli Affari Esteri. In esso com'ebbi già a notare a V. E., figura la Legazione presso il già Re di Napoli; questo capitolo venn.e combattuto avant'ieri dal Marchese di San Carlos, del Partito moderato, qualificando quella Legazione d'inutile, giacchè la Spagna, disse, nulla aveva a fare con un Sovrano che non conserva Stato alcuno; ieri poi il Signor Mad"oz, vecchio progressista colla sua accreditata voce stigmatizzò la condotta del Governo in quest'affare, non solo come nemica della nazione che più è simpatica alla Spagna, ma come dannosa agl'interessi stessi Spagnoli, osservando che l'esistenza d'un Ministro della Regina presso Francesco II era stato eccitamento a molti Spagnoli per recarsi a combattere a favore del pretendente e molto opportunamente notò che i vantaggi che la Spagna avrebbe ottenuto dalla vittoria di Francesco II era di trovarsi con un Borgès od un Tristany, nem1ci della Regina a Capi del Governo al quale si mostra simpatia, conservandogli un Ministro Plenipotenziario. Soggiunse infine, che governo, che regno, che corte, che autorità è quella di Francesco Il? Con chi scambia note il nostro Ministro? E ricordò quel che successe col pretendente Don Carlos col quale il Borbone stesso di Napoli simpatizzava. Voti e desideri di futura felicità gli inviò, ma mai si sognò di accreditare una Legazione alla Corte di Ofiate e Don Carlos possedeva un territorio, mentre Francesco II si trova completamente sprovvisto di ciò che forma la sovranità.

Queste osservazioni del Deputato Madoz e quelle del Marchese San Carlos non ebbero risposta dai membri della commissione. Il Ministro di Stato forse sarà costretto di rispondere a questi attacchi, benchè ad onore del vero mi consta che egli stesso non crede sostenibile l'impiego che occupa il Signor Bermudez in Roma, che, anzi, so positivamente che si stabilì in Consiglio dei Ministri la nomina del Bermudez per Londra destinando il Signor Isturiz ad Ambasciatore presso la Santa Sede. Questo cambio che sopprimerebbe la rappresentanza tanto ora osteggiata devesi quanto prima proporre a S. M. ed intanto si sta lavorando onde preparare la Regina ad annuire a detta proposta.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO (AT, orig. autogr.)

L. P. Torino, 23 gennaio 1862 (1).

Non è mestieri che io mi accinga a dimostrarLe le ragioni per le quali Le raccomandai molta riserva intorno le mie istruzioni, o ;per me,glio dire su di me. Se ~si cominciasse il solito andazzo -è il Piemonte, è il Ricasoli; è il dènaro del Governo rivoluzionario ecc. ecc. -si scorge bene quanto ne potrebbe andar pregiudicato l'oggetto cui vuolsi giungere. Potrebbe forse andarne offeso anco l'amor proprio de}.l'ambasciatore Francese.

Di nemici ne abbiamo a migliaia e slealissimi tutti! S'intenda adunque che ciò che da Lei viene, viene da me; ma di me non si parli mai, e mi si dimentichi ancora, che sarà ~meglio.

Che i Romani procedano ·come hanno miralbilmente cominciato, e procedano con lento cr·escendo; così se ne assicura l'esito. Egli è come se ci si trovasse nella folla; e quando la vogliamo dinanzare egli è con accorta manovra, dolcemente insinuandovisi, parendo quasi d'essere tratti da quella che infine la sorpassiamo, e ci si mette a capo.

In conclusione, io mi affido al senno di codesta brava ,gente. Essa miri a restar padrona del ·campo e di sè; badi a scacciarne gli avvoltoj d'ogni maniera; faccia occhio torvo a tutti, ·che ·capiscano che a Roma, sono i Romani che comandano. Come dicevo in a1tra lettera io ho dato istruzione alle Autorità di frontiera perchè vigilino che non muovano su Roma nè nemici, nè amici, che temo più dei nemici.

Mi sta .grandemente a cuoce che siano i Romani coloro che aprano le porte del!la Capitale. Il processo è complesso, e dee tendere a rassicurare Papa e Francesi, onde e il Papa resti, e i Francesi si ritirino; e infine Roma venga in mano Loro prima per ragione di sicurezza, poi .per ragione di proprietà. Ne intendo le difficoltà; ma non ne vedo l'impossibilità. È una scherma, e ho fede negli schermitori. Non si vorrà negare che questo procedimento non sia degno di chi dee coronare l'opera nazionale, e basti ciò per doversene fare una regola di ·condotta per chi sia di Roma. L'·esito ne è pur sicuro. Con ciò i Romani rispondono ad ogni garbuglio diJplomatico, che si volesse porre sul tappeto ri

spetto a Loro; e dirimpetto al volere di Roma ogni tentativo cade. Si miri a. scolpire nel Popolo di Roma con breve· sentenza che il suo dovere si è assicurare il Papa, e dare la Capitale all'Italia, e sono certo ·che farà il suo dovere da confonder tutti, perchè starà sopra tutti.

Intendiamoci ibene; io, o scriverò, o farò dire col mezzo del Silvestrelli. Ogni

altra origine è impura.

Rkeverà Lire diecimila per le occorrenze.

(1) In ARE v'è il seguente biglietto del Ricasoli al Silvestrelli, intermediario col Teccio di Bayo : • Ec{!o la lettera, raccomando grandissima sicurezza •.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 321-323)

L. P. 11. Torino, 25 gennaio 1862. Mi perviene la riverita sua del 20 de~ corrente (1). Vada pur quieto su quanto Ella può confidarmi di più geloso e delicato, che con me nulla v'è a temere, perchè per natura ed abitudini io penso che la riserva sia nel più dei casi :un mezzo efficace alla buona direzione degli affari. So ibene che la indiscretezza, ed anco la indecorosità oggi prevale, ed in ispecie quì dove la dignità delle forme è veramente bandita. Pazienza! ma non vi aggiunghiamo del peggio e perciò noi ci dobbiamo tenere alieni da ciò che rimproveriamo in altri. Un telegramma, non so di dove, avea ieri commosso questa gente. Consisteva nell'annunziarci la morte di Lord Palmerston. Io potetti dileguare tosto la triste novella. Tuttavolta io pensai alle conseguenze che ne sarebbero, ove il tristo caso si verificasse. Io penso che l'Italia ne avrebbe dolore e danno, perdendo persona che meglio di ogni altra ha conosciuto la nostra volontà, e le nostre necessità che ci tirano all'unità. Facciam dunque che Lord Palmerston ci sia ancora di giovamento, col far fare un passo qualunque alla politica italiana e in specie tra le Potenze del Nord, che non hanno interesse diverso da quello di vedere l'Italia libera di sè, e sottratta ad ogni influenza estera. Ella, sono certo che si adopera in questo senso, parlando non tanto con Lord Palmerston, quanto con Lord Russell, non che con gli altri Ministri: imperocchè è saggio ed è prudente, che Ella non ne trascuri alcuno, e voglia anzi tenere buoni rapporti con tutti. Oramai costà si deve essere fatti capaci, che ove io sia libero di seguire una poHtica, io seguirò quella della pace. Ma non si perda di vista che l'Italia non è libera dei suoi movimenti, se si seguita a !asciarla sola, con solo amica la Francia che ha piede a Roma. L'Inghilterra ha torto se vuole fare responsabile l'Italia delle ·conseguenze di questo isolamento. Non dico altro. Io sono persuaso che, con aspettare, la questione della Venezia si maturerà da sè, ma intanto conviene che altre questioni si maturino in Italia; e sono:

l) Riconoscimento per parte della Russia e Prussia; 2) Liberazione di Roma dall'occupazione francese.

Succeduto questo, si potrà aspettare anco il definitivo installamento della Capitale a Roma; ma se invece si persiste a tenere lo stato presente di cose, io temo a primavera forti guai.

L'Inghilterra occorre che pure si adoperi onde le cose non precipitino in Ungheria, dove neppure sono d'accordo per una rivoluzione, che riescirebbe fallace per gli Ungheresi e pericolosa per noi, e forse salverebbe l'Austria da una prossima ruina, ma che non sarebbe che aggiornamento ad una ruina cui la destinano le sue membra, che non sono fatte per impastarsi insieme in una omogenea unità, siccome ciò avviene e progredisce in Italia.

(1) Cfr. n. 41.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 323-325)

L. P. Torino, 25 gennaio 1862. Il Conte Vimercati mi annunzia che ripartirà domani per Parigi e brama avere meco una conferenza istruttiva delle viste del Governo sulle cose di Roma. Ciò è naturale sotto certi rispetti; ma si conviene che il capo della Legazione ne sia pienamente informato, ed io sia tranquillo che egli non ne scapiti nè al di dentro nè al di fuori; imperocchè io credo che importi assaissimo che chi ci rappresenta in Francia goda della maggiore stima e della maggiore fiducia per parte del Governo rappresentato, e ne goda altra ancor maggiore presso il Governo in cui risiede. Ciò è capitale! A me pare che Ella sappia tutto il mio pensiero, e ove resti oscurità si conviene che Ella domandi. Ritenuto adunque che Ella non abbia mcurità come io la pensi su Roma, le resta facile prevedere i punti su cui ci aggireremo col Conte Vimercati, e la Nota di ricordi che egli porterà, dovrà essere d'accordo. La mia opinione intorno Venezia si è: non fare atti ostili verso l'Austria, e attendere, armandoci. Questa attitudine ci è costretta non solo da una ragione di .saviezza comune, ma eziandio dalle nostre condizioni interne. L'esercito è tutto sparso per lo lungo dell'Italia, le leve si stanno facendo gradatamente. Ci occorre un anno buono per potere dire che abbiamo un esercito. Ella è una follia, un vero tradimento volere spingere le cose per una guerra con l'Austria. Perciò non agitazioni all'interno, e tenerci estranei affatto ad ogni agitazione esportata. Con ciò gioveremo alla Corona, se proseguisse a fomentare folli e incostituzionali pratiche, e alla Nazione. Rispetto a Roma Ella sa che io pure sono del sentimento che si dovrebbe preferire un procedimento che de,sse per primo atto la partenza delle truppe francesi da Roma, lasciando a sè medesimo lo Stato della Chiesa. Come si potrebbe ciò fare con opera dei Francesi e dei Romani, cui si potrebbe facilmente inculcare di seguire una via di moderazione e di generosità;

io l'ho pure accennato nelle mie precedenti. Il Governo italiano vi darebbe opera studiosa, imperocchè entra nelle sue viste che tra la partenza delle truppe fran

cesi dall'Italia e l'installamento di una autorità italiana a Roma debba intercedere un complesso di atti consumati dal popolo stesso di Roma, rilasciato a sè stesso. Ma se l'Imperatore dei Francesi credesse proporre al Governo italiano altra cosa, che non ostasse al fine che ci proponghiamo, ne accetteremo la proposta almeno per discuterla, sicuri che il GO'Verno italiano è in grado di accettare ogni impegno saggio, poichè sentesi sicuro di potere rispondere dei suoi atti e delle sue obbligazioni.

Sulla Ungheria e la Polonia mi occorre bene conoscere tutto il pensiero dell'Imperatore e del suo Governo oggi e in seguito.

Per il bene dell'Italia, onde si possa formare al di dentro, e costituirsi forte, fa d'uopo che nessuna guerra avvenga innanzi il '63. Per ispirare fiducia presso tutti, fa d'uopo che si faccia conoscere viemaggiormente per vogliosa di un governo di autorità regolare.

Quindi occorre allontanare da noi ogni dubbio che si voglia fare i paladini e gli esportatori di rivoluzioni.

P. S.-Notizie che mi giungono di Roma, e che non ho tempo di trascrivere, mi porgono ragione di credere che il Generale Goyon non si stanca di paralizzare gli ordini imperiali e le sagg·e previdenze del La Valette. Se si seguita così, si arruffa più che mai.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI. RICASOLI

R. 370. Berlino, 26 gennaio 1862.

J'ai eu, il y a quelques jours, la visite de mon Collègue d'Angleterre qui m'a rendu compte confidentiellement d'un entretien qu'il a eu avec le Ministre des Affaires Etrangères de Prusse. Après avoir échangé leurs vues sur les affaires d'Italie, le premier dans un sens qui nous était favorable, le second en trahissant toujours les memes hésitations, Lord Loftus insista pour la reconnaissance de l'Italie par la Prusse. Le Comte de Bernstorff laissa entendre qu'un grand pas serait fait vers ce but, si nous lui faisions parvenir des assurances plus tranquillisantes au 'sujet de la Vénétie (1).

Lord Loftus a du informer Lord John Russell de cette démarche qu'il avait faite de son propre mouvement. Il se proposait meme de revenir à la charge, et il venait me demander des renseignemens sur la situation.

Après lui avoir fourni tous les renseignemens désirés, je l'ai beaucoup encouragé à persister dans ses efforts, car le moment me paraissait assez opportun ayant moi-meme récemment communiqué au Gouvernement Prussien des données très rassurantes sur la marche régulière des choses dans la Pénin

sule. Et qui plus est le Baron Ferrone avait apporté une dépeche du Comte

Brassier traitant le meme sujet avec quelque développement.

.J'ai ajouté que la Cour de Berlin ferait fausse route, si elle croyait par une demande d'assurances tranquillisantes obtenir une élimination de la question Vénitienne, puisque jamais nous ne renoncerions au droit de compléter notre territoire; que, dans ces conditions, le parti le plus sage serait de passer Venise sous silence, en reconnaissant purement et simplement les faits accomplis. D'ailleurs du moment où les Ministres de ce pays, se faisant l'écho d'une opinion émanée de quelques notabilités militaires, semblaient enclins à admettre que la possession du quadrilàtère entre les mains de l'Autriche était d'une haute importance stratégique pour le Sud de l'Allemagne, était-il habile de nous opposer, camme fin de non recevoir, que l'Italie n'est pas encore constituée? N'était-ce pas nous offrir un nouvel argument pour nous engager de plus en plus à né pas démordre de notre programme?

Lord Loftus a promis de me faire savoir comment ces nouvelles observations seraient accueillies par le Comte de Bernstorff. Frésentées par lui ellcs auront un certain prix, parcequ'ici on reçoit avec moins de défiance les conseils d'un représentant britannique.

Le Frince de la Tour d'Auvergne pense que pour le moment nous ne devons attendre aucune décision satisfaisante du còté de la Frusse. Cependant, il le dit du moins, il ne laisse échapper aucune occasion de parler en notre faveur.

Comme je l'avais prévu, la majorité de la Chambre de.s députés a décidé de renoncer à la di.scussion de l'adresse, pour ne pas jouer le jeu des féodaux qui ca.Iculaient sur l'irritation que les débats n'auraient pa.s manqué de jeter entre les divers partis. Sans cette résolution, il est p1us que probable que le Ministère aurait été appelé à expliquer son attitude vis-à-vis de l'Italie. Mais partie remise n'est rpas partie perdue; l'occasion se rerprésentera tout natureilement lors de l'examen du budget.

Le Baron de Budberg a reçu l'ordre d'adresser désormais en langue Russe ses notes d'affaires courantes. Le.s Ministres de Hollande et de Suède se servent également de leur propre idiome. Four ma part j'écris en Italien. Le Ministère des Affaitres Etrangères se trouve fort embarrassé, ·absolument comme !S'il siégeait dans la Tour de Babel. Voilà à quoi a abouti la résolution prise par le Comte de Bernstorff de se départir brusquement d'une habitude qui constituait presqu'un droit rpour le corps diplomatique étranger, ·celui de recevoir ses communications en Français.

En suite de cette innovation, le chef de chaque mission dans cette résidence devra connaitre l'Allemand; il sera mème indispensable que le Secrétaire de Légation puisse le traduire couramment .et exactement. .Je dois rendre au Comte de Fuliga la justice qu'il a fait en peu de mais de merveilleux prog.rès dans une étude qui décourage beaucoup d'autres diplomates. Le Baron Ferrone a déjà pris un maitre, et lui aussi est animé d'un zèle bien louable.

!P. S.J Ci-joint une lettre particulière à l'adresse de V. E.

(1) Cfr. Bernstorff a Brandenburg, incaricato d'affari prussiano a Londra, 27 gennaio 1862 m Die auswiirtige Potitik Preussens, 1858-1871, II, 2, n. 438.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

L. P. Berlino, 26 gennaio 1862. Conformandomi al suo desiderio, ho scandagliato, in modo affatto particolare, il terreno presso il barone di Budberg sulle disposizioni del Governo russo a nostro riguardo. Quel Ministro mi disse che ragguaglierebbe il Gabinetto di Pietroburgo di quanto io avea esposto, come pure de' miei argomenti in favore della nostra causa. Ma egli prevedeva che il principe Gortschakoff risponderebbe che l'imperatore Alessandro ave~do stimato di richiamare, nell'anno scorso, la sua Legazione da Torino, non ravviserebbe ancora motivi sufficienti per far cessare tale rottura diplomatica. Infatti in ogni occasione si va accennando in Torino alla necessità di completare il territorio italiano. Non converrebbe per ora al Governo Imperiale di riconoscere un regno i di cui limiti, dal giudizio stesso degli interessati, non sono ancora raggiunti. Diverso sarebbe il caso se, soddisfatti dello statu qua, da noi non si mirasse ad altro scopo che a quello di vivere tranquilli nelle attuali nostre frontiere. Ho fatto al signor Budberg gli stessi ragionamenti che al conte di Bernstorff onde ribattere le sue obbiezioni. Egli riservandosi di comunicarmi il parere del principe Gortschakoff, mi parlò in senso assai moderato delle circostanze nostre. Secondo il suo avviso, sarebbe forse stato meglio che la Russia fosse sempre andata d'accordo colla Francia riguardo alla Penisola, essendo molto malagevole il rannodare relazioni diplomatiche. Il barone Budberg avea letto, non so in qual giornale, che il R. Governo aveva rifiutato il suo consenso alla formazione di una legione .polacca. Se jl fatto è esatto, pregherei V. E. di mettermi in grado di confermare una notizia che produrrebbe ottima impressione in Pietroburgo. Malgrado il discorso bellicoso pronunciato dal generale Benedeck in cospetto dell'imperatore Francesco Giuseppe, non si crede qui, nelle regioni le meglio informate, che l'Austria mediti un'aggressione contro il nostro Stato; è lei piuttosto che teme un attacco da parte nostra, se possiamo prestar ft!de alle

spiegazioni date r.ecentemente dal conte Rechberg alla commissione del Consiglio Imperiale incaricata dell'esame del bilancio. Qui unito in proposito un articolo

dell'Ostdeutsche Post (1).

Mi sia lecito di porgere congratl.ilazioni all'E. V. pel di lei discorso in Senato nella tornata del 15 gennaio e pel voto quasi unanime di fiducia che ne fu il risultato.

(1) Non pubblicato.

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IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

(Ed. in Ricasoli, VI, pp. 336-338)

L. P. 49. Broadlands Park (Hampshire), 26 gennaio 1862.

Ho l'onore di trasmetterle la traduzione di un biglietto che ho ricevuto da Lord Russell dopo il mio arrivo a Broadlands in risposta a quanto gli scrissi per riguardo a Cowley. Esso è nei termini seguenti (1).

V. E. vedrà da quanto precede non esser i due Ministri inglesi perfettamente d'accordo. Poi Lord Russell differisce sulle intenzioni austriache e Lord Palmerston, al quale lessi il biglietto di Lord Russell, pare pensi come me che l'ammettere la sovranità temporale in principio anche per due palmi di terreno è ammettere un principio capace di conseguenze funeste. Inoltre, perchè condannare anche poche centinaia di cristiani a esser governati dai preti? E finalmente vediamo fin d'ora cosa sia lasciar un centro e un fomite di intrighi e cospirazioni. Tutto al più potrebbe essere il principio di una soluzione finale, ma così non durerebbe che a stento.

Quanto a Cowley ne parlai con Lord Palmerston il quale parlò come Lord .John, e inoltre disse che realmente sia Lord John che Gladstone e Milner Gibson erano nel Gabinetto i principali aderenti che avevamo, secondati nell'istesso tempo dagli altri membri del Ministero.

Temo che da Parigi qualche volta vadano a Torino corrispondenze inesatte. E cer~uni più per buona volontà d'esser utili che altro, si fanno i portavoci di questi errori. Citano nomi che a prima vista paiono madornali e poi si scopre che son le cose magnifidate dal passar da una bocca all'altra. Il buon Lacaita è qualche volta nel novero di questi spacciatori di nuove grosse.

Del resto Cowley è sempre stato mal disposto per noi locchè non ha impedito che abbia dovuto far prevalere la politica Italiana dei suoi superiori. D'altronde è un uomo avvertito.

Mi permetta di non terminar questa lettera senza ringraziarla distintamente della gentilezza con cui tutte le mie proposizioni vennero accettate per riguardo alla casa. Penso che ora potrò cavarmela per provvedere a tante obbligazioni che m'incomberanno per l'anno attuale.

•.

io stesso son di parere che qualunque aggiustamento pel quale il Vaticano ed il Trastever~ si lascerebbero al Papa, sarebbe giovevole per l'Italia: potrebbe regnarvi il Papa come il

principe di Monaco a Monaco. ' L'Austria non par per ora disposta a cedere la Venezia. E neppur la Francia par probabile che mandi una seconda volta le sue armate in Italia ad assistere ad una seconda conquista.

L'imperatore d'Austria dice che le città gli sono sfavorevoli, mentre la bassa classe fra i contadini è per lui. La conclusione di tutto questo è che penso che Ricasoli dovrebbe offrire alla Francia di guarentire a Pio IX ed ai suoi successori la città Leonina quale fu descritta dal padre

Burgess e dal principe Napoleone •. L'originale in inglese di questa lettera è pubblicato in G. P. GoocH, The Late Correspondence oj Lord .Tohn Russe!!, London, 1925, II, p, 280.

(1) Pembroke Lodge, Richmond, 23 gennaio 1862. «Caro D'Azeglio. Non credo veri i rapporti che pervennero al barone Ricasoli. Ho scritto a Lord Cowley per dirgli quanto s'era affermato, ma egli conosce troppo bene esser l'unità d'Italia uno degli oggetti principali della politica dell'attuale Gabinetto per aver parlato come gli viene attribuito. Quanto poi all'unione di Roma al resto dell'Italia'

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IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 326-330)

L. P. 50. BroadZands Park (Hampshire), 26 gennaio 1862. Le scrivo da Broadlands, dove mi fermo qualche giorno. Il re de' Belgi dopo aver rimandata la sua venuta da un giorno all'altro per motivi di salute, ha finito per accettare l'offerta di Lord Palmerston di venirlo a trovare a Londra martedì prossimo. V'ha chi crede che S. M. soffra della malattia della pietra, e questa sia la causa della sua immobilità a Buckingham Pala·ce a Londra. Intanto Lord Palmerston tornerà in città nella settimana, pronto a riprendere, colla solita energia, le sue occupazioni parlamentari, mentre i giornali esteri lo danno per morto. Si direbbe esistere una qualche malvagia intenzione nel rinnovarsi così di frequente di questi rumori, e siccome l'effettuarsi di queste prave speranze nulla avrebbe di buono per noi, fo conto oggi stesso e d'accordo con parte della famiglia di scrivere due righe sotto un nome di guerra all'Indépendance per contraddire quelle ciarle. Ebbi con Lord Palmerston una conversazione ieri, nella quale entrai minutamente in quanto forma il soggetto della lettera importante scrittami dall'E. V. in data dei 16 dicembre (1). Prendendo la questione nel suo insieme, mi è parso di vedere che a forza di ribattere in varie guise, siccome feci, sull'argomento, l'attenzione di quest'uomo di Stato, è realmente fissatasi sull'importanza dell'argomento. Cosa importante ad ottenersi. Sarei anzi disposto a credere che sia questo il punto principale con gli uomini di Stato in Inghilterra i quali ho sempre visti a far di più di quanto davano a sperare colle parole. Questo però quando poteasi ottenere che riflettessero veramente a quanto gli si dicea. Anzi non le tacerò che vista la mia posizione presso Lord Palmerston e la mia esperienza del suo carattere, non solo gli lessi la memoria mia, ma ben anco la lettera di V. E. Con gente retta e onesta v'è sempre guadagno a celare il meno possibile. Gli uomini della stampa di V. E. guadagnano il 100 per 100 a esser visti in tutta la nudità, per dir così, del loro modo d'esprimere i loro pensieri. Ed è importante per noi con gente come il Ministero Inglese in generale e col Ministero Palmerston in particolare qualunque cosa avvenga, il poter dir loro: Badate che non v'abb~amo presi da traditori ma onestamente v'abbiamo

prevenuti di quanto ci obblighereste a fare se altrimenti non ci potevamo· cavar d'impiccio.

Dissi dunque a Lord Palmerston che a lui solo come ad un amico leggerei le espressioni medesime di V. E.; che se trovassimo qualcosa che lo ferisse lo pregavo dimenticarlo. Invece egli parve gradire assaissimo tutta la lettera. Ne trovò il soggetto di grave conseguenza, e disse che benchè non fossero da negarsi le scarse risorse che avea in mano l'Inghilterra per secondare i nostri voti, pur farebbe quel che le sarebbe lecito. Anzi disse che già erasi insistito a Berlino per la riconoscenza, ma che la Prussia attualmente credendosi abbisognare del concorso dell'Austria, temeva con questo rendersela contraria. Che

6 - Documenti diplomatici • Serie I -Vol. Il.

avea poi aderito a quella curiosa teoria che stabiliva la Venezia come il bastione avanzato dell'indipendenza germanica. Ed inoltre obiettava a rendere omaggio ad un nuovo ordine di cose che avea per base perturbazioni nei diritti di possessione di certe dinastie. :Lord Palmerston soggiunse che egli non capiva questo modo di argomentare, poichè mettendo anche la ricognizione, non voleva dire impegnarsi in una garanzia di quanto riconoscevasi. La Russia scusavasi pretestando i suoi principii ligi alla legittimità. In quanto all'Austria Lord Palmerston la crede in questo momento concentrare assolutamente la sua attenzione sull'Ungheria. Egli soggiunge che portata a compimento la questione Ungherese, l'Austria sarebbe allora più disposta a prendere in considerazione la cessione della Venezia, la quale essa s'accorge essere causa d'insopportabili spese e detrimenti. Io gli risposi che con tutto il rispetto che avevo per il suo modo di vedere, differivo totalmente in queste sue opinioni. L'Austria cercava di liberarsi delle due questioni d'Ungheria e di Venezia separandole, e dando una batosta prima all'una poi all'altra. Siccome sapeva esser la Venezia una delle idee fisse e direi quasi favorite del Ministero Inglese per la cessione, così l'Austria cercava fargli credere a viste moderate, onde non metterli di cattivo umore. Ma giudicasse dalle riviste e discorsi di questi ultimi giorni, e poi dicesse se l'Austria gli pareva così arrendevole. Si parlò anche della Dalmazia, ma Lord Palmerston non ammette che per parte nostra si possano aver intenzioni a questo riguardo, dicendo che non dobbiam volere oltre all'Italia. Io gli risposi, ci dessero la Venezia e pensavo non faressimo difficoltà più oltre, benchè mettendosi al nostro posto, potrebbe giudicare che non saressimo indiscreti desiderando non aver nell'Adriatico una flotta ed un porto nemico. E benchè prendessero pazienza essi probabilmente non se l'avrebbero avuto per male se avessero potuto liberarsi di Cherbourg e consimili.

Lo pregai poi per mia propria curiosità di spiegarmi d'onde venisse quell'idea fondamentale della politica Inglese, della grande 'utilità dell'Austria come alleata dell'Inghilterra. Avea il Governo Inglese, la storia in mano, derivato gran vantaggi dal concorso di questa nazione? Lord Palmerston mi disse che l'Austria era un contrapposto alla Francia. Che in un caso di guerra l'Inghilterra sarebbe almeno sicura di trovare al centro del continente una potenza al caso di disporre di un poderoso esercito e professando idee consentanee a quelle di questo paese. Era dunque cosa grave per l'Inghilterra di trovare a disposizione un elemento tale per agire sul continente. Aver l'Austria in principio del secolo preso certi impegni per agir d'accordo coll'Inghilterra e questi impegni esser stata per continue disfatte obbligata a non osservarli. Ma ciò non impediva aver l'armata austriaca efficacemente contribuito alla caduta di Napoleone, poichè finalmente, soggiunse Lord Palmerston, nessuno può negare constare essa di 30 milioni d'uomini i quali devono pure provvedere un ingente esercito forte quanto un altro. Al che io risposi che ricordavami appunto l'osservazione fattami da Milord mezz'ora prima mentre pioveva dirottamente; ed egli guardando il barometro mi dicea salire il mercurio. Così malgrado l'Austria desse certe indicazioni di dover vincere, eppure era generalmente in pratica al tempo brutto; cioè battuta.

Egli poi mi ripetè ancora che la gran differenza che l'Inghilterra facea tra la questione Ungherese e la questione Italiana era che essa desiderava la seconda cioè la cessione della Venezia. Ma non potea ammettere che l'Austria s'impove

risse colla perdita dell'Ungheria. Nulla di nuovo mi disse sulla questione Romana ripetendo la solita argomentazione, esser cioè l'Imperatore segretamente contrario all'unificazione d'Italia e tener Roma strategicamente. Però devo dire che per la prima volta da lungo tempo lo sentii a parlare con elogi in termini positivi del modo d'agire della Francia in questa questione americana. Alla verità egli non mi celò che pensava non esser del tutto estraneo a questa politica il desiderio per parte della Francia, di salvar da distruzione la marineria americana, che a un momento dato avrebbe potuto giovare alla Francia. Ma nullameno questo non l'impedì di lasciar il merito all'Imperatore della sua condotta. Questo sintomo non è forse da tralasciarsi, poichè avrà influenza in quanto può accadere, rendendo l'Inghilterra più tollerante per l'Imperatore. E sicuramente anche non essendo partigiani dei Francesi si può calcolare il gran vantaggio che avrebbe una lega fra l'Inghilterra la Francia e noi. Se l'Imperatore potesse continuare in questa buona via e provasse che non vuole ingrandimenti sul Reno e principalmente nel Mediterraneo, credo lascerebbe far quel che vuole per la Venezia. E precisamente parlando del perico~o che si correrebbe con cessioni, mi si scrive da chi sa:

«Il est certain, je crois, qu'une cession de territoire quelconque éloignera à jamais l'Angleterre de l'Italie et mème produira une guerre dans laquelle l'Angleterre se trouvera opposée à la France et à l'Italie. Et le sentiment contre l'Italie en Angleterre sera très amer après tout ce qu'e'lle lui a montré de sympathie ».

Ho profittato di questo mio colloquio per saper la verità su questioni estranee alla nostra, e per esempio domandai come intendesse l'Inghilterra la questione dell'America confederata. Egli mi disse che non avea l'intenzione di far nulla per ora. E d'altronde non esservi parola di vero che la Francia stesse insistendo per la ricognizione del Sud. Esser vero bensì che s'erano fatte rimostranze a Washington su l'affare di Charlestown.

Riguardo al Messico parlò delle operazioni spagnole come se non si credessero tali da interrompere la buona armonia fra i confederati; però voler la Francia mandar truppe di sbarco da pareggiare quelle degli Spagnoli. Non c'è gran male anche in questo, disse Lord Palmerston.

Sulla mia domanda se era vera la candidatura dell'Arciduca Massimiliano, Lord Palmerston non la negò, anzi disse che se si decideva una Monarchia, esso avrebbe le maggiori chances. Parlò però da incredulo, come se il Gabinetto Inglese si contentasse di non dir di no. Ma parve credere che si troverebbero nel Messico elementi troppo discordi e troppo repubbHcani per stabilire ipso facto un Re. Per me gli dissi che pensavo che per parte nostra avressimo visto favorevolmente Casa d'Austria dirigersi verso quest'altro mondo, poichè questo potrebbe consolarla nel nuovo di quanto era esposta a perdere nell'antico.

Ecco a un dipresso quanto si disse ieri. Lord Palmerston osservò che benchè potess·ero parer ardue all'E. V. le difficoltà da vincersi da chi regge le sorti del Paese, non dovea esser per V. E. un motivo per ritirarsi. Parlò della gran stima che s'aveva per Lei qua, e della gran differenza che farebbe saperlat Primo Ministro o semplice particolare. Disse che all'epoca dell'emancipazione cattolica, il Re Giorgio circonvenuto da taluni subitamente negò al Duca di Wellington il consenso promesso. Il Duca lasciò la campagna ove a caso trovavasi Lord Palmerston, partì alle 3 dopo mezzanotte per Windsor e non avendo potuto vincere l'ostinazione del Re diede le sue dimissioni. Si accettarono, ma, nessuno avendo voluto formare un Ministero, due giorni dopo il Duca rientrò ed il Bill fu presentato. Promise Lord Palmerston di far quanto potrebbe nel senso di quanto Ella scrisse a me.

(1) Cfr. Serie I, vol. I, 448.

52

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI-GAROFOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 207. Madrid, 26 gennaio 1862. Come ebbi a prevedere nel mio ultimo rapporto il signor Calderon Collantes si riservò di rispondere ai deputati dell'opposizione sul carico fattogli pel mantenimento della Legazione spagnuola presso Francesco II. Il signor Calderon volle imporre al Congresso l'autorità di Wattel, e poco comprendendo che non a proposito prendeva quell'antico scrittore per consigliere della sua condotta, disse: « Che tanto che la guerra civile dura rimangono in vigore i trattati celebrati coi Sovrani deposti dal trono», perciò egli conserverà il Ministro presso Francesco II sino che scompajano le guerriglie, ora esistenti, e veda che la causa di quell'ex-Sovrano sia compiutamente perduta. A questo discorso rispose in modo brillante il signor Figuerola. Egli mostrò la non neutralità del Governo spagnuolo in Italia citando. la medaglia di Gaeta che il Bermudez trae sul suo petto, dicendo: «Voi avete permesso al vostro

Ministro di portare tal segno, ed in ta:L caso non v'è più neutralità; o non l'avete permesso, ed allora, secondo la legge, il Bermudez perde' i diritti di Spagnuolo ». Sulla citazione di Wattel cadde d'accordo il Deputato progressista col Ministro

di Stato, ma per dirgli che il tempo che indica il detto autore era giunto, giacchè nè un Generale, nè un soldato aveva il Borbone che combattessero per lui. Per l'interesse che entrambi questi discorsi possono avere, mi dò l'onore di rimetterli qui uniti a V. E.

Qui pure unisco (1) una dichiarazione ufficiale pubblicata nei .giornali, dalla

quale si ·scorge l'imprudenza e la 'POCO buona posizione in cui si pose questo

Governo riguardo alla spedizione del Messico. I giornali ministeria:li ci tormenta

rono bastante tempo sul grand'onor.e che la Spagna avrebbe in quella spedizione,

giacchè sia i Francesi, che gli Inglesi sarebbero comandati dal Generale Prim.

Ora poi si vede che ognuno ha il proprio Capo e che i tanto decantati vantaggi

che la Spagna ritrarrebbe da quella spedizione sono la formazione di una Monar

chia che sarà destinata ad assorbire le gioie spa,gnuo:le in quei mari.

In data del 23 corrente ricevetti da questa Segreteria di Stato l'annunzio ufficiale che S. M. la Regina era entrata nel quinto mese della sua gravidanza. Tal notizia, ·come è di mio dovere, la trasmetto a V. E.

(1) Non pubblicata.

53

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 332-336)

L. P. 37. Parigi, 26 gennaio 1862.

V. E. mi scrive: «Per Venezia attendere l'opportunità vera, ed evitare sollecitamente la fittizia. Per Roma, attendere per ora l'iniziativa imperiale, ma a tempo e luogo promuoverla ».

Son ben lieto che ella mi abbia così nettamente formulato un programma che mi pare il solo savio, il solo pratico, il solo possibile. Il sig. Thouvenel mi ha ripetuto, a parecchie riprese, quasi le stesse parole. Con questi concetti, e col fermo proposito di seguirli senza lasciarsi smuovere da eccitazioni e da impazienze anche legittime, donde che esse vengano, si può, non ne dubito, camminar d'accordo col Governo francese verso la grande meta finale, che ci proponiamo di toccare. Questo accordo, non illudiamoci, ci è indispensabile.

Ora esamino le due parti del programma. Siamo noi pronti a fare una guerra per la Venezia e a misurarci, soli, coll'Austria? Fra uno o due anni, non dico. Ma ora certamente no. Possiamo contare sugli aiuti altrui? Gli aiuti non possono venirci che dalla Francia e dall'Ungheria. La Francia ci aiuterà, se noi provochiamo la guerra? L'Imperatore non desidera ora la guerra, checchè si pensi o dica. È imbarazzato del!la questione finanziaria. Le nuove imposte non piaceranno. Esse non piacciono mai. Tutti i pensieri dell'Imperatore sono ora rivolti a far economie e a ricondurre l'equilibrio nel bilancio. Con tutto ciò, se la guerra si accendesse in Italia, sarebbe alla lunga forzato ad aiutarci. Ma quando? quando noi saremo battuti dall'Austria, non prima. E allora quali sarebbero le condizioni della nuova alleanza? quale l'esito della guerra? È una incognita che nessuno può indovinare per ora. Questo vi sarebbe però di certo, che ci troveremmo di fronte a una sconfitta, separati dall'Italia meridionale, e ridotti a metterei a discrezione della Francia.

Quanto all'Ungheria il general·e Klapka, che fu qui in questi ultimi giorni, mi disse esplicitamente che l'Ungheria non si moverebbe che due o tre mesi dopo la dichiarazione della guerra, cioè quando l'Austria avrà avuto tutto il tempo di battere la nostra giovine armata. Egli propone una guerra difensiva che possa menare in lungo. Ma la tattica di Fabio Massimo mi par poco possibile ai tempi che corrono, in cui le campagne son rapide e sanguinose. E poi, anche qui, siamo noi in grado di fare una guerra, benchè difensiva? Non lo credo, per ora.

Adunque se precipitiamo, abbiamo innanzi a noi la probabilità di una sconfitta, e le incommensurabili conseguenze che possono derivarne. Se attendiamo invece, il tempo lavorerà per noi. Non credo ad un accordo * effi.cace e durevole * tra l'Austria e l'Ungheria. Là come in Italia, la questione non è di riforme; è questione di nazionalità, e questa non si può risolvere dall'Austria *tedesca. * I movimenti del Montenegro, dell'Erzegovina, deUa Servia, e della Bosnia non mancheranno a scoppiare a tempo debito. Se si lascia tempo al tempo, avrerru> in questi moti la Russia per compJi.ce; ora l'avremmo ostile. Non tema. L'Imperatore ha detto che voleva liberare l'Italia dalle Alpi all'Adriatico. La profezia deve compiersi, ma a suo tempo. L'ombra di Venezia, due volte sacrificata, passeggia per le saLe delle Tuileries.

C'è ancora un altro vantaggio a ritardare gli eventi che condurranno la liberazione di Venezia. Se Venezia si liberasse ora, dopo una sconfitta nostra, e dalle armi francesi, chi ci assicura contro il rinnovamento della proposta d'una confederazione? Contro questa eventualità noi dobbiamo opporre il consenso unanime della nazione, provato dal consolidamento dei nuovi ordini, e dalla riuscita ed applicata unificazione politica, amministrativa, legislativa e giudiziaria dell'Italia. Ora tutto ciò si va facendo, ma non è ancora compito.

Del resto so positivamente che l'Imperatore ha mandato al Re consigli precisi in questo senso, dichiarando che in questo momento egli vuole, finchè può, evitare una guerra che turberebbe tutti i suoi piani finanziarii.

Quanto a Roma, la nota spedita è già un primo passo.

La Valette è animato da ottimo spirito. Io spero, e tento quanto posso, che si proceda in questa via, lentamente se si vuole, purchè si proceda. Le confermo, a questo riguardo, quanto le scrissi antecedentemente. Il signor Thouvenel consiglia il Governo del Re a lasciare per ora libera la iniziativa dell'Imperatore. Intanto le farò sapere, appena ne avrò notizia, qual risposta sarà stata fatta dal Papa all'apertura fattagli dalla Francia. I discorsi tenuti dall'Imperatore a monsignor Meglia e a monsignor Chigi, ch'ella avrà letto nei giornali, paionmi di buon augurio. Non vi ha nulla in essi che alluda al potere temporale. La minaccia di un concilio ecumenico sotto pretesto di beatificazioni ed altro, da tenersi questa primavera in Roma, influisce a nostro vantaggio sull'animo imperiale. Però benchè disposti ad attender l'iniziativa della Francia, è nostro dovere l'insistere specialmente perchè il generale Goyon eseguisca le intenzioni del suo sovrano.

Adunque parmi ben certo che dall'un lato, se l'Imperatore ha interesse che si mantenga vivo il fomite in Ungheria, e nei paesi slavi, ha però maggiore interesse ad evitare una guerra, e desidera evitarla per ora, quali che abbian potuto esser per un momento le sue velleità, quando era sul punto di scoppiare la guerra Anglo-Americana. Dall'altro lato, è desiderio e intenzione dell'Imperatore di evacuar Roma. Questo desiderio sarà esplicitamente confermato dal signor Thouvenel nel suo rendiconto alla Camera, ove è detto che la sola morte del Conte di Cavour ha impedito che fin d'allora si richiamassero le truppe.

Questi sentimenti dell'Imperatore il Re deve conoscerli. Rattazzi ha dovuto

spiegarglieli, e la lettera dell'Imperatore al Re mandatagli ultimamente, di cui

non conosco il contenuto, deve certamente confermarli. Mi par quindi che non

sia cosa impossibile che si stabilisca, riguardo a cosa di tanto momento, da cui

dipende l'avvenire e l'esistenza stessa d'Italia, un accordo tra il Re e il suo

Governo.

Ella mi conforta a non addolorarmi di questo disaccordo attual·e. Ma non

si comanda a certi sentimenti, e le ripeto che sono profondamente addolorato

di questo sconcio, non tanto per la penosa posizione in cui mi mette, quanto

per le conseguenze che può avere per il paese. Signor Barone, io non appartengo

a nessun partito politico, non sono legato a uomini di destra o di sinistra, non

so che siano mene ambiziose o intrighi di corte o di piazza; ho sparso il mio sangue pel mio paese e lo servo come posso da quattordici anni; la mia parola è dunque e deve essere sin-cera, ed Ella deve accoglierla con quei medesimi sentimenti che me la dettano. Ebbene, io mi fo ardito di ripeterle che il Re è uno dei più saldi elementi di ordine che abbia l'Italia. Bisogna evitare che il Re sia compromesso. I Ministri e gli Ambasciatori possono rimpiazzarsi. Il Re no. Ella ha fermezza, prudenza e retta coscienza. Il Re ha ottime qualità ed ha buon senso, nè manca della finezza innata nella sua stirpe. Può fino ad un certo punto dare ascolto a consigli imprudenti. Ma quando si tratta di pigliare una grave risoluzione, sa arrestarsi a tempo, e non commetterà mai una follia. Mi par quindi possibile che si stabilisca un migliore accordo per poco che ci si metta buona volontà dalle due parti.

Non ho bisogno di dirle che questi sentimenti e queste cose le ho sempre tenute chiuse nell'animo mio, e che del resto nè l'Imperatore nè il suo Ministro degli Affari Esteri non hanno mai toccato questa corda in presenza mia. Io ho tenuto e tengo il linguaggio che ella mi prescrisse. Non ho avuto, e glielo dissi, istruzioni dal Re, il quale ha rispettato costantemente la mia posizione.

Ma non per ciò la mia posizione diviene meno difficile. Le parlerò di essa con occasione sicura e a lungo. Le sue buone parole a mio riguardo mi hanno consolato, e gliene rendo grazie sincere. Le accuse ignobili e ingiuste che mi vengono di costì hanno rivoltato tutto il mio sangue. Mentre con una condotta, pubbUca e .privata, irreprensibile, e usando della benevolenza e della stima che ho saputo acquistarmi in Francia, tento di fare alla Legazione italiana una posizione eccezionale, quale non hanno le Ambascerie delle grandi potenze, creda pure che è duro e disgustoso il patire simili cose. Ma ho in lei esempio di pazienza e di costanza, e mi consola che ella pensi di me ch'io sarò lieto quando avrà trovato chi meglio valga di me a rappresentare la nuova Italia in Francia. Spero che non le sia difficile nè lungo il trovare. Lascio per ora il disgustoso argomento.

Mi occuperò di un rapporto, quale ella desidera, sull'ordinamento del Ministero degli Affari Esteri in Francia.

Rinnovo le istanze per l'abolizione dei passaporti.

Spero di poterla pure informare esattamente sulle cose messicane. Il Prin· cipe Napoleone si è felicemente ristabilito. Spero ed insisto perchè parli sulla questione romana. Anche l'Imperatore, visitandolo al letto, lo impegnò a parlare. Com'Ella vede, questo è buon segno.

Ho ricevuto una lettera di La Marmora, che dà eccellenti notizie di Napoli. Farò mettere queste e altre buone notizie che ricevo sotto gli occhi dell'Imperatore. Anche la principessa Matilde ha ricevuto da Napoli, e da persona disinteressata, ottime nuove. Impegnai S. A. I. a far leggere la lettera e all'Imperatore e a Thouvenel, e l'ha fatto. Le notizie di Sicilia sono invece poco soddisfacenti. L'Imperatore me ne domandò questi ultimi giorni, e mi chiese quali erano le cagioni del malcontento. Risposi che si esagerava e che le poche difficoltà insorte doveano attribuirsi alla novità della leva in pa~se da tanto tempo esente da questo tributo nazionale; e gli rammentai la Corsica.

P. S. -I negoziati per il trattato commerciale, di cui lo Scialoja deve renderle conto con sollecitudine, procedon lenti, ma procedono. La Commissione .Pasini-Grattoni procede più alacremente. Ho finalmente ottenuto dal signor Thouvenel una risposta tale, da far ammettere la partecipazione della Francia alle spese del traforo.

54

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

T. 29. Pm-igi, 27 gennaio 1862, ore 7,55 (per. ore 9,35). La réponse du Gouvernement Pontificai à la note de Thouvenel est complè

tement négative. Le Cardinal Antonelli déclare impossible accord entre le Roi et le Saint-Siège. La note et la réponse seront publiées.

55

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 338-341)

L. P. 51. Broadlands Park (Hampshire), 27 gennaio 1862. La 1Sua lettera del 17 e 19 (1) mi fu ll"imessa ier sera a mezzanotte, a tempo però per poterne conferire con Lord Palmerston prima di lasciar Broadlands questa mattina. Ebbi dunque la notte per riflettere a quanto dovevo fare benchè la lettera mi sembrasse (le dirò tutta la verità) un po' concitata e forse un po' severa per gli uomini di Stato inglesi che finora ci hanno sicuramente secondati nella politica e progresso nostro, pure preferii non celare a Lord Palmerston e forse palesare a lui solo in che modo ella giudicasse la situazione attuale. Evidentemente siccome dissi a Milord a guisa di preambolo, c'è un misterÒ. Qualcuno è in errore sia fra loro o fra noi. Ma evidentemente essi veggono tutto talmente in rosa e noi talmente in nero, che qualcuno non può a meno di sbagliarla. Cowley probabilmente non vede chiaro e si addormenta in una falsa securità come già fece in altri tempi. Diedi poi lettura della massima parte della lettera, perchè sicuramente, come le dissi nella mia lettera di ieri, in questo paese per grosse che si dicano le verità, sarà sempre meglio che agire con duplicità. Se Cavour avesse potuto dir la verità sull'affar di Nizza, si sarebbe evitato molto dei malanni ch'ebbero luogo. Però raddolcii certe espressioni, ne saltai delle altre, ma volli destare con questo palesare di una situazione piena di pericoli chi forse dormiva e nello stesso tempo salvar la cosa ove siamo a tempo, ed inoltre, come dissi, non incorrere al rimprovero di poca iealtà. Lord Palmerston da quell'uomo che è, capì facilmente questi motivi e parve accettar queste comunicazioni nello stesso spirito in cui venivan fatte. Approvò pienamente il

programma messo avanti da v: E. Ordine e calma all'interno, Roma, armamento, aspettar l'opportunità per Venezia. Quando lessi del confidar la sicurezza del

Papa alla lealtà italiana fece plauso a questo programma al quale egli pure presta fede.

In quanto ad un attacco per parte dell'Austria, egli si rifiuta assolutamente a credere a una tal pazzia; anzi i suoi dati son tutt'altri, cioè che l'Austria imbrogliata com'è finanziariamente e politicamente, ha una paura maledetta che l'attacchiamo noi colla Francia, locchè è, come disse Milord, assai più probabile. Dunque, soggiunse egli, tra questi due pericoli d'attacchi da una parte e dall'a!tra, l'Inghilterra deve consigliar la pace e predicare all'Italia la pazienza ed il temporeggiare onde ottenere l'intento che tutti desideriamo, il conseguimento della Venezia. Sicuramente, disse egli, Ricasoli quando si lagna del nostro egoismo e sterilità non può ignorare che non disponendo che di mezzi pacifici e diplomatici la nostra azione sulle Potenze è limitata. In quanto aWegoismo ogni Ministro di un Paese è e•goista in qruesto senso, che deve sempre cercare di far quadrare gli avven~menti politici con gl'interessi del proprio Paese. Ma noi ci siamo adoperati per l'Italia come nessuno negherà esser stato sommamente utile alla sua consolidazione, e siamo disposti a lavorarvi ancora siccome vi lavoriamo attualmente. Ma se le nostre istanze son freddamente accolte a Berlino ·come a Pietroburgo ed a Vienna, perchè darne la colpa a noi? Vorrei essere mago -disse Lord Palmerston -e tutto far quanto mi domandate, ma devo rimaner nei limiti del possibile.

Avendolo poi interrogato su queste tali comunicazioni verbali, di cui mi avea confidenzialmente parlato Lord Russell, per riguardo a possibilità che l'Austria ascoltasse proposizioni sulla Venezia, Lord Palmerston mi disse che queste gli erano state fatte bensl, ma da persona di nessuna autorità e che per conseguenza non ~ aveva prese sul serio, ma che nullameno le sue convinzioni personali erano che l'Austria non si ricuserebbe finalmente a trattare. Gli feci osservare ·che noi credevamo precisamente il contrario, cioè voler essa separar le due questioni sorelle e poi recider con la spada quella d'Ungheria prima e poi quella di Venezia. Ma egli disse che credeva che trattavasi di concessioni all'Ungheria sulla base della ·costituzione del '49 ma lasciando in fuori dell'autonomia solo l'armata e la diplomazia. E ripetè per la Venezia che l'Austria cominciava a persuadersi che la Venezia era cagion di spesa e non ·di forza per lei. Del resto, non ho (benchè con un po' di esitazione) creduto dover nascondere l'ipotesi di una rivoluzione in Ungheria, trascinandoci in un attacco sull'Austria. Ma devo dire che Lord Palmerston non parve menomamente maravigliarsi di sentirlo, anzi accettò la possibilità senza commenti.

Non parlai direttamente di una compensazione da prendersi sulla Turchia, perchè sapeva che tale è la persuasione personalmente di Lord Palmerston che non debba toccarsi a quest'edifizio ottomano, che avressimo fatto male ad inquietarlo inutilmente. Ma gliene feci menzione come d'idea mia. E vidi difatti che gli andava poco a genio. In quanto a Cowley egli non può credere possibile che abbia potuto esprimersi così. Ma avendogli detto che realmente non era poi tanto da stupire in bocca d'uno che sempre era stato poco amico nostro, egli disse ad ogni modo che quanto potesse dir Cowley era di poca importanza, la condotta del governo Inglese provando bastantemente che pensava tutto altrimenti. Dissi poi a Lord Palmerston che sicuramente potea parer duro a chi avea come V. E. da lottare contro tante difficoltà interne ed esterne, di non trovare

negli amici su cui ca:leolava di più, come l'Inghilterra, quell'appoggio e quelle simpatie cui credeva poter far calcolo. Mi pareva questo l'effetto di una malintesa: ma ad ogni modo sarebbe stato utile che si scrivesse ad Hudson sia per parte di Lord Palmerston sia per parte di Lord Russell per spiegare semplicemente le difficoltà che malgrado suo incontravano i Ministri inglesi quando cercavano adempir le viste di V. E. Ella sa, caro Barone, che le parlo sempre schietto perchè i miei rapporti con lei che ho appena l'onore di conoscere, son basati sulla riverenza che m'ispira il suo carattere e la divozione che mi farà seguirla dovunque ella andrà, sapendo seguire un uomo leale e patriottico. Ma creda pure che ella è un po', se non ingiusto, almeno severo per i Ministri. Che posson far poco glielo concedo. Ma che non abbian fatto e faccian quel che possono a prò nostro e che non la pensino come noi in generale sulla utilità di costituir l'Italia una, questo lo contesto positivamente. Lasci cantar Cowley nei saloni parigini e creda pure che possiam contare sugli uomini principali che reggono l'Inghilterra. Spero non mi troverà impertinente se le espongo così le mie convinzioni. Spero d'altronde, come dissi, d'aver loro aperto gli occhi sui pericoli che ci stanno a fronte. L'Inghilterra ha convenzioni per l'estradizione dei delinquenti comuni con la Francia e con l'America. Ma in pratica le difficoltà create dalla legisla

zione inglese le rendono quasi inutili.

La ringrazio di nuovo per quanto ha fatto per me riguardo alla casa e sono contentissimo. Mi sarei anzi contentato di qualunque cosa, e mi rincrescerebbe se il mio desiderio di metter la Legazione in alto grado di decoro avesse potuto farmi passare agli occhi suoi per indiscreto.

(1) Cfr. n. 39.

56

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 19. Torino, 28 gennaio 1862, ore 9,30. Le résumé du discours de l'Empereur aux Corps Législatifs de France en

ce qui concerne l'ltalie, rencontre ma pleine satisfaction et il énonce la véritable formule de la question romaine (1). Veuillez en faire mes félicitations à

M. Thouvenel.

57

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in Ricasoli, VI, p. 343)

L. P. Torino, 28 gen11-aio 1862. Ho avuto il colloquio col conte Vimercati sul quale da lui medesimo le

saranno forniti i maggiori particolari, mentre io mi limito alle sostanze. A me pare che nel momento nulla di meglio si abbia sul tavolino tra i mille progetti

per sciogliere la difficoltà romana, fuor di quello che era rimasto, non so per qual ragione, sospeso in prossimità della dolorosa perdita del Conte di Cavour; imperocchè, com'io dissi allora quando il Conte di Cavour mi consultava, questo progetto in nulla compromette l'avvenire, e mantiene decorosa la posizione di tutti.

Non parmi necessario di aggiungere altre parole.

Sta per uscire altro libro dei Documenti Diplomatici del Governo francese. La prego mandarmene una copia al più presto per mio conto particolare, aggiungendovene altro dell'anno passato.

Tengo molto ad avere tutto il prospetto che mi rappresenti l'organizzazione dei servizi di codesto Ministero. degli Affari esteri, amando vedere tutto quanto può essere fatto in miglioramento del Ministero degli Affari esteri d'Italia.

(1) Cfr. Annales du Sénat et du Corps Législatij, (Sess. 1862), 27 janvier 1862, p. 6.

58

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 371. Berlino, 29 gennaio 1862.

Faisant suite à mon mpport n. 370 (1) j'ai l'honneur de communiquer à V. E. quelques détails sur un second entretien que Lord Loftus s'était ménagé ces jours derniers avec le Comte de Bernstorff.

Au dire de celui-ci, les motifs qui s'opposent encore à une reconnaissance du Roi d'Italie par la Prusse, sont les suivans: les principes du Roi Guillaume; une hésitation bien naturelle à jeter le gant à l'Autriche; certains ménagemens à garder surtout vis-à-vis de l'Allemagne du Sud, non moins que vis-à-vis de la population Catholique. Tout en convenant qu'une semblable reconnaissance serait conforme aux intérets de la Prusse, il estimait qu'il faudrait avant tout obtenir quelques garanties pour le maintien de la Vénétie sous la domination Autrichienne, vu l'importance stratégique du quadrilatère pour la défense du territoire Germanique.

Lord Loftus tse prévalant des argumens que je lui avais suggérés a fait ressortir la convenance et qui plus est l'intéret de la Prusse de ne pas mentionner la Vénétie. Il a en outre invoqué un précédent historique sur lequel j'avais aussi appelé son attention. En 1802, et en 180,4 les Hohenzollern se montrèvent moins scrupuleux qu'aujourd'hui pour admettre les changemens survenus dans la Péninsule, et cependant ils tournaient au profit de la France et au détriment de la plus légitime et de la plus ancienne des dynasties confinée alors dans l'ile de Sardaigne.

Le Comte de Bernstorff avouait qu'il avait déjà eu lui-meme l'occasion de citer ce fait (2): * «quant à la légitimité, ajoutait-il, j'en ai fait mon deuil. Je parta.ge l'opinion que désormais !es Puissances devront prendre conseil, surtout de leurs propres intérets ». En meme tems il laissait entendre que si le Cabinet

Anglais pouvait faire parvenir l'assurance que nous n'attaquerions pas la VénéUe, un ,grand pas serait fait vers une entente satisfaisante. *

Lord Loftus s'est empressé de rendre compte à Lord John Russell de cet entretien par une lettre particulière et confidentielle, en émettant l'avis que si le Cabinet de St. James le mettait en mesure de communiquer ici une dépèche rédigée de manière à ètre lue au Roi Guillaume et développant les considérations les plus propres à frapper l'esprit de S. M., il y aurait bien des chances que cette démarche fUt couronnée d'un heureux résultat.

V. E. voit que si notre dignité ne nous permet pas de paraitre officiellement et en première ligne pour décider le Cabinet de Berlin à sortir de ses retranchemens, je n'en agis pas moins, dans les ·coulis.ses, ·pour seconder les avocats bienveillans de notre cause. M. d'Auerswald est toujourrs malade. J'espère le gagner en notre faveur. En attendant on m'assure que le Prince de Hohenzollern, quoiqu'absent de Berlin, travaille aussi pour nous. Il aurait réussi à réveiller les sympathies, un peu endormies à notre égard, du Baron de Schleinitz, Ministre de la maison du Roi. Je ne veux point dire pour autant que nous touchions de sitòt au terme de nos efforts; mais la position, malgré la dénégation du Prince de la Tour d'Auvergne, semblerait s'ètre un peu améliorée, grace aux sages directions que je reçois de V. E. Les dépèches du Comte Brassier y ont sans doute aussi contribué. Je sais que le Baron Perrone a apporté ici des rapports très intéressans sur des conversations que ce Ministre a eues avec V. E. (1). Le Comte de Bernstorff ne m'en a pas dit davantage.

Le langage violent des feuilles Autrichiennes a été très remarqué; mais

M. de Bernstorff m'a assuré n'avoir reçu aucune espèce de communication sur des velléités agressives de la Cour de Vienne; il n'y croyait pas, pas plus qu'à l'intention qu'on lui prete de demander notre désarmement. A son avis il serait cependant on ne peut plus désirable, dans l'intérèt du maintien de la paix, que l'Italie et l'Autriche réduisissent le chiffre de leurs armées respectives.

Le Baron de Budberg m'a dit aussi que, d'après des dépèches récentes de

M. de Balabin, on. ne pouvait opposer qu'un démenti aux 'bruits arlarmam.s qui ont cours aujourd'hui dans les journaux.

Il n'est pas moins vrai, malgré ces démentis, qu'à Vienne on est à bout de reSISources et qu'on pourrait bien se laisser entrainer à quelque coup désespéré, et ce d'autant plus que les idées belliqueuses ont cours dans l'armée, à la Cour, et dans les sphères de la haute aristocratie. Quant à M. de Schmerling il prèche la modération; mais il proclame hautement que l'Autriche ne peut, ni ne doit faire aucune concession relativement à Venise, son programme étant basé sur le maintien de l'intégrité territoriale de l'Autriche.

(1) -Cfr. n. 48. · (2) -Il passo tra i due asterischi è citato in Die auswiirtige Potitik Preussens, 1858-1871, II, 2, pp. 562-563 in nota.
59

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. CONFIDENZIALE 56. Parigi, 29 gennaio 1862.

Pregiomi inviare a V. E. sotto fascia e per la posta due pubblicazioni del Governo Imperiale, communicate al Parlamento francese, e contenenti l'una i

documenti diplomatici più importanti, e l'altra un'esposizione degli affari trattati dai singoli Ministeri.

L'una e l'altra pubblicazione presentano un vivo interesse. Ma la risposta data dal CardinaLe Antonelli all'ultima communicazione fatta dal Marchese di La Valette, della quale Le feci cenno per telegrafo (1), chiama più specialmente l'attenzione degli uomini politici. Che tale risposta dovesse essere negativa non si poteva mettere in dubbio e, come già ebbi l'onore di dirle in altra corrispondenza, il Governo Imperiale non poteva serbare in proposito alcuna illusione. Ma i termini nei quali essa è con-cepita !Superò ogni aspettazione. Il Cardinale Antonelli non solo dichiara che il Governo Pontificio non verrà mai a patti con quelli che egli chiama spogliatori della Santa Sede, non solo sentenzia impossibile ogni concessione, ma applicando l'immutabilità e la rigida infallibilità del dogma religioso, alle contingenze storiche ed essenzialmente mutabili del Governo temporale, pronunzia che nè Papi, nè Cardinali, nè Conclavi, nè o~ra, nè mai, fino alla consumazione dei secoli, hanno potere di cedere la benchè menoma parte del potere temporale, non solo in diritto, ma neanche con una tolleranza di fatto.

Questa incredibile dichiarazione, che tenta di togliere in perpetuo all'amministrazione delle popolazioni romane i caratteri costitutivi d'ogni governo civile, e che avrebbe per effetto di vincolare l'azione e la coscienza di tutto il mondo cattolico e degli stessi successori nella Catt:edra di S. Pietro nel presente e nell'avvenire intorno ad interessi puramente temporali, costituisce un vero attentato non solamente contro i principii del diritto pubblico moderno, e contro ia costituzione della Chies~, ma anche contro la stessa fede cattolica (2).

(1) Cfr. Die auswéirtige Politik Preussens, 1858-1871, II, 2. n. 436.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, E AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE S. n. Torino, 30 gennaio 1862.

Da parecchi giorni alcuni periodici abbastanza accreditati si occupano di negoziati mercè i quali verrebbe costituito nel Messico un trono a favore dell'arciduca Massimiliano d'Austria. Questa notizia fu pure recata dalla telegrafia privata, che ora la confermò ora la contraddisse.

Benchè il silenzio della S. V. Ill.ma e quello dei suoi colleghi di . . . . . e di . . . . . m'induca a credere non avere questa voce alcun fondamento, stimo tuttavia non inutile di pregarla di trasmettermi qualche informazione precisa a questo riguardo. Quantunque il Governo del Re non abbia stimato conveniente di prender parte alla spedizione francese, inglese e spagnuola del Messico,

v'hanno in questo paese numerosi sudditi italiani ed interessi di grave momento da proteggere.

È poi superfluo che io aggiunga che non può essere indifferente al Governo del Re di conoscere tutto quanto si riferisce ai rapporti fra l'Austria e le altre Grandi Potenze.

(1) -Cfr. n. 54. (2) -Allude al Livre jaune: A.fJaires Étrangères, Documents dipLomatiques, 1861, Paris, 1862. Dei documenti editi in tale Livre jaune nella parte A:ffaires de Rome quelli più importanti, cioè la lettera di Thouvenel a La Valette dell'll gennaio 1862 e la lettera di Thouvenel a La Valette del 18 gennaio 1862 con l'annessa lettera di Antonelli a La Valette del 13 gennaio,furono pubblicati in traduzione italiana nella Gazzetta Ufficiale deL Regno d'Italia., Torino, 30 gennaio 1862, n. 26. Cfr. anche gli appunti dell'Antonelli sulla sua conversazione del 17 gennaio 1862 col La Valette in PIRRI, II, 2, pp. 222-224.
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IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (AST, Legazione Francoforte, cart. 5)

R. 7. Francoforte, 30 gennaio 1862. Dans sa dernière séance la Diète s'est occupée d'une question assez importante: sur l'avis de son Comité Militaire, elle a résolu de réunir à l'armée adive de la Confédération sa réserve de 50 mille hommes, et de remplacér cette dernière par un dépOt équivalent de 50 mille hommes que l'on laisserait dailiS leurs foyers, mais qui seraient prets, au premier appel, à se rendre sorus les drapeaux. Cette mesure qui se rattache aux grands travaux de défense et d'armements militaires qui se poursuivent avec une très-grande activité dans les :llorteresses fédérales indique assez de quelle nature sont les préoccupation:s de la haute Assemiblée, et avec quelle sollicitude elJ.e s'efforce de parer aux événements futurs. Ainsi que l'on s'y attendait, les récentes élections de la Prusse ont eu pour résultat immédiat de déterminer un mouvement liibéral de :plus en pl!us prononcé dans le reste de l'Allemagne. En Wurtemiberg l'approche des élections a donné à ce mouvement un caractère tout particulier d'agitation, et l'on doute fort, que malgré son haibileté politique, le Roi puisse maintenir au poruvoir des hommes aussl impopulaires que ses Ministres actuels, contre lesque}s l'aversion · générale inspirée par leur manière de gouverner, va presque jusqu'au mépris. Dans le Hanòvre également où, en dépit de la constitution légitime du pays, règne le despotisme le plus absolu, <l'on remarqrue des symptòmes d'agitation et de profond mécontentement, qui n'attendent que le renouvellement prochain des élections pour éclater au grand jour. Ce qu'i:JJ y a de très remarquable dans la situation de ,ce Royaume, c'est que le Roi s'imagine que le Hanòvre est destiné à faire un jour concurrence à la Prusse pour la formation d'un grand Royaume du Nord; et que dans son aveuglement, S. M. pense que le meilleur moyen d'arrive;r à ses fins est de se mettre en opposition constante avec l'opinion Hbérale du pays, en laissant à son Gouvernement pleine et entière fa,culté d'agir comme s'il n'existait pas de constitution. Les Ministres rusent :Largement de cette déplorable facilité, et jamais Gouvernement soi-disant constitutionnel ne fut livré à plus d'arbitraire. Les organes du Cabinet de Vienne repoussent avec de grands airs d'indignation, la combinaison politique qui, d'après 'la presse étrangère, aurait pour but de préparer la solution de la question Vénitienne, en donnant la couronne du

Mexique à l'Archiduc Maximilien. Non seulement ils soutiennent qu'il ne peut y avoir aucune connexité entre 'les deux questions, mais ils déclarent encore que ce serait faire injure à la dynastie des Habsbourg en supposant qu'un de ses descendants puisse accepter sous la garantie de la France et de l'Angleterre, une couronne dont ne voudrait pas le p1us petit prince de l'Allemagne. À l'appui de cette dernière assertion ils rappellent le refus qui avait été fait dans le temps par le frère de l'Empereur du tréìne de Belgique, en ajoutant au surplus, que l'on ne peut pas établir de comparaison entre un royaume placé au ·centre de l'Europe et un rpays lointain livré à l'anarchie et habité ·Dar des hommes à demi barbares.

Sans entrer dans le mérite de ces appréciations, il est certain que l'an ne croit point ici à cette royauté transatlantique, et qu'en supposant mème qu'elle ait quelque chance de se réaliser, l'on ne pense pas qu'elle pùt infl.uer en rien sur la solution de la question Vénitienne. Cette O:Pinion parait d'autarrt ;plus exacte que d'après le langage de plus en plus irrité que tiennent depuis quelque temps ici les partisans de l'Autriche, il ne faut pas s'attendre à aucune transaction de la part de cette puissance sur cette question brùlante que l'honneur de la Monarchie aussi bien que celui de l'armée, disent-ils, leur font un devoir de ne vider qu'avec les armes. Pour preuve que ce sont bien ·là les ,sentì.ments qui dominent pour le moment dans les conseHs de l'Empereur, l'an dte le rpropos de S. M. qui en quittant Vérone aurait dit positivement et avec beaucoup d'animation dans le cercle intime de ses Généraux: «que le maintien de ses possessions Vénitiennes était une question d'honneur pour son écusson, et qu'il préférerait risquer sa couronne plutòt que de transiger là-dessus ».

Les ardents du parti ne s'arrètent pas là; ils disent que l'Autrkhe ne peut pa1s supporter plus longtemps ce qu'ils appellent les provocations de l'Italie; que ce serait une grande faute de sa part d'attendre l'arme au bras, et au grand détriment de ses finances, que l'Italie soit assez forte pour l'attaquer en Vénétie; que ifraprpée de ces considérations elle se propose à la première occasion favoraible de rprévenir ce résultat inévitable de la politique Italienne, en attaquant ellemème la première, et qu'en respectant soigneusement le Piémont et la Lombardie, la France ne l)eut pas trouver mauvais que l'AUJtriche veuille fai'l'e préva~oir les sttpulations du traité de Zurich en ce qui concerne le reSJte du territoi'l'e Italien.

Il y a sans doute beaucoup de jactance dans ce langage inconsidéré; cependant l'on ne saurait se dissimuler que la persistance avec laqueUe il se réproduit et la vivacité toute nouvelle dont il est ernpreint dans ces derniers temps, semblent cacher des arrières pensées secrètes et un travail mystérieux qui de tout temps ont été le signe distinctif de la politique Autrichienne.

Le discours de l'Empereur Napoléon que l'an attendait avec une très grande impatience dans la persuasion où l'on était qu'il renfermerait quelques indices de sa pensée sur la question Italienne, a complètement trompé l'attente publique en produisant un désappointement général.

En terminant cette dépèche je ne dois pas oublier de dire que la Circulaire de V. E., en date du 3 courant (1), que j'avais eu soin de faire insérer dans un journal libéral de Francfort, et qui a été immédiatement réproduite par toute la presse d'Allemagne, a prodluit une impression des plus favorables, et que de

plusieurs còtés à la fois, l'on est venu me dire 'cornbien il serait utile à notre cause que de temps à autre l'on agit sur l'opinion rpublique de l'Allemagne en lui exposant dans son ensemble la situation de l'Italie que l'Autriche n'a que trop de motifs et de moyens de dénaturer en la présentant invariablement dans les seuls journaux que lisent les Allemands, sous un jour faux et calomnieux.

En ayant l'honneur d'accuser réception à V. E. de sa dépèche du 22 courant (1), je saisis...

(1) Cfr. n. 2.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 344-345)

R. CONFIDENZIALE 58. Parigi, 30 gennaio 1862. Resi conto antecedentemente all'E. V. d'un rumore che correva nei circoli russi di Parigi, secondo il quale la questione del riconoscimento dell'Italia pet' parte della Russia pareva s'avvicinasse ad una soluzione. Questo rumore era fondato piuttosto sulle simpatie personali d'una parte dei diplomatici ed altri personaggi russi, anzichè su disposizioni ufficiali del Gabinetto di Pietroburga. La principale abbiezione che si fa dallo Czar al nostro riconoscimento è formolato dai diplomatici russi nel modo seguente: Come volete, dicono essi, che lo Czar riconosca uno stato di cose che voi stessi dichiarate provvisorio ed incompleto? Come possiamo noi riconoscere un Regno che secondo le stesse ufficiali dichiarazioni vostre non ha nè capitale nè limiti fissi e certi? Lo stesso linguaggio è tenuto dal Gabinetto di Berlino. Parlando di queste ·cose col Sig. Thouvenel, io impe.gnai vivamente questo Ministro a fare per quanto era in lui, ogni migliore ufficio perchè la misura del riconoscimento per parte dei due Gabinetti di Berlino e di Pietroburgo non sia impedita da un'abbiezione, a toglier la quale o a dirrninuirne la portata, giova appunto lo stesso riconoscimento che noi invochiamo. Il sig. Thouvenel mi assicurò ·che aveva di già fatto, per ordine dell'Imperatore, degli uffici in questo senso e che non mancherebbe di rinnovarli. E.gli m'ha anzi autorizzato ad assicurare l'E. V. che se l'Italia può pa.ssare calma e tranquilla qua-ttro o cinque mesi, se il Governo del Re continua efficacemente nell'opera dell'unificazione e dell'organizzazione interna, se bada ad armare e disciplinare un esercito, non superiore a suoi mezzi finanziarii, ma abbastanza rispettabile e più forte per la sua bontà intrinseca che pel numero, se compie quanto può celermente la rete di ferrovie le quali devono porre in comunicazione l'Italia meridionale colla valle del Po, e che avranno più che qualsiasi altra misura un'azione efficacissima per l'unificazione della penisola, se si giunge a questi risultati, esso non dispera, dopo l'accennato lasso di tempo, che i Gabinetti di Pietroburgo e di

Berlino si decidano finalmente alla misura del riconoscimento. Il s1g. Thouvenel è d'avviso che un tal fatto avrebbe per noi una grande importanza giacchè ri

durebbe il numero delle potenze che non ci riconoscono a quelle sole le quali

hanno per ciò fare ragioni ed interessi affatto speciali.

*In quest'occasione il Sig. Thouvenel esaminando meco l'attuale condizione di cose in Oriente mi raccomandò di chiamare l'attenzione di V. E. sulle considerazioni seguenti. È evidente, disse egli, che le cose d'Oriente non possono stare a lungo come sono ora. La Russia ha interesse a promuovere un movimento che sta preparando. Se questo moto nasce di per sè o solamente eccitato dalla Russia, l'Italia potrà approfittarne, ed avrà per cooperatore il Gabinetto di Pietroburgo; ma se invece il moto sarà provocato dall'Italia, la Russia, per tema dello spirito rivoluzionario e dell'ajuto che ne verrebbe ai malcontenti di Polooia, sarà ostile. D'altra parte l'Austria che sa perfettamente ove il colpo andrebbe a ferire non esiterebbe ad invadere le Provincie Italiane in condizioni a Lei favorevoli, :perchè il nuovo regno italiano è ben lungi dall'essere in misura di sostenere da solo un attacco di tutte le forze dell'Impero Austriaco, e la Francia dal suo canto non vuole nè può fare una guerra nelle presenti condizioni finanziarie. *

Quanto a Roma, l'opinione del Sig. Thouvenel è che la risposta del Governo Pontificio è per noi piuttosto un bene che un male. Ma ogni decisione, anzi ogni direzione relativa a questa questione è' in questo momento subordinata all'esito della discussione dell'indirizzo nelle Camere Francesi, ove la questione stessa non potrà a meno di trattarsi. Le disposizioni del Senato sventuratamente non sono buone; ma quelle del Corpo Legilslativo sono i.n ricambio molto migliori. Io volli ad ogni buon fine non lasciar ignorare al Sig. Thouvenel come l'E. V. sia pronta a pigliare in esame l'antico progetto rimasto in sospeso in prossimità della dolorosa perdita del Conte di Cavour.

(1) Non pubblicato.

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IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (ARB, cass. 54, n. 47, orig. autogr.)

L. P. 52. Londra, 31 gennaio 1862. Una seconda leUera dei 25 gennaio (1) è venuta a raggiungermi nel Dorsetshire ove ero andato per due o tre gioil'ni dai Shaftesbury, dopo Broadlands.

A parlarle schietto questa seconda mi fece piacere poichè mi pareva più calma dell'altra e come se Ella fosse meno sotto l'impressione di funesti e prossimi avvenimenti contro i quali Ella lottava indarno. Siccome era stato dover mio il non lasciar ignorare ai Ministri inglesi i pericoli di una situazione, che pareva darle cosi gravi preoccupazioni, cosi m'affrettai di scriver due righe a Lord Russell onde ·capisse che parlavamo forte quando pensavamo forte, ma senza idea predeterminata di tutto giudicar alla peggio e d'esagerarci le nostre vicende. John Russell adotta, non di rado, modi aspri. Onde se, credendosi mal giudicato, avesse scri.tto intingendo la penna nel fiele, mentre invece Ella trovava

7 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. II.

a riprender nella sua politica verso noi, le cose sicuramente non avrebbero preso quella piega conciliante che desideravo imprimerle. Onde insistetti sulla necessità di spiegar le difficoltà di questa sua politica inglese, ma come da amico ad amico e con linguaggio di benevolenza. Intanto questa frequenza stessa di corrispondenza provava l'urgenza del caso e non potea a meno di dar loro un po' di scossa.

Inoltre V. E. toccava due punti che sapevo gli andrebbero al cuore. Idee di pace e consigli di pacificazione in Ungheria. Non dubito adunque che questa mia comunicazione gli abbia piaciuto. Naturalmente non gli dissi, della lettera, che quanto era a proposito.

Oggi poi me ne tornai a Londra in compagnia di qualcuno, il quale è a secretis di Lord Palmerston. Questi, anzi, mi disse una cosa curiosa. Ed è: che tempo fa Lord Palmerston disse ad Appony che se l'Austria ci attaccasse sarebbe questo un casus belli per l'Inghilterra; almeno ov'egli fosse stato al Ministero. E nel caso avesse avuto un successore egli avrebbe cercato far in modo che la Nazione agisse in quel senso.

D'altra banda un fratello di Lord Shaftesbury, che nell'ottobre scorso è stato a Vienna, mi disse essergli stato asserito dalla migliore autorità che se l'Austria esitava sulla cessione della Venezia, capitò a queH'epoca a Londra l'arciduca Massimlliano il quale telegrafò a Vienna certe conversazioni avute qua colla Corte, e s'abbandonò in conseguenza a Vienna qualunque idea di transazione simile. Sarebbe un grande errore, ed è quale si commette dai forestieri, di confondere la Corte col Gabinetto.

Non ho mai celato al Governo di Torino il mal animo della Regina e, soprattutto, del principe Alberto. Ma questo non ha impedito i Ministri nè di riconoscerei nè di coadiuvare alla nostra causa.

Mandai a Lord Russell un brano dell'Indépendance in cui si diceva che l'Ambasciatore inglese Bloomfield incoraggisse Rechberg nella resistenza. Ma benchè deplorabili certamente questi mali ufficii, come pure quello di Cowley, non ci faran gran male.

Pregai pure Shaftesbury di scriverle in poche parole le opinioni sue sui fatti nostri e le loro relazioni colla politica inglese e penso lunedì mandarle questa lettera (1). Se non sarà Vangelo e se forse avrà colore religioso o quello di un uomo che si lascia portar tropp'oltre dalle sue simpatie, pure avrà il suo buon lato. Shaftesbury si è finalmente lasciato persuadere d'accettar la Giarrettiera in grazia alle istanze di Lord Palmerston e del desiderio della stessa Regina. Egli avrà per ,compagni Lord Canning, Lord Russell e il Duca di Somerset.

Marocchetti mi scrive da Osborne, e come se gli fosse suggerito da qualcuno a Corte, per domandare se S. M. ha scritto alla Regina dopo la morte del Principe. Io gli ho risposto ignorarlo e che inoltre forse lo crederei più galante. Ma anche se non l'avesse fatto potrei spiegarlo, poichè realmente, dopo la visita del Re a Londra, non s'era mai data alla nostra Corte la menoma prova di cortesia. Il Principe di Galles andò a Roma ed ebbe cura di evitarci. Va ora in Siria e passerà per Vienna e ci eviterà. Le prevenzioni della Corte qua, dopo l'aver noi spossessati tanti Principi tedeschi, non sono un mistero. Inoltre

non ho mai avuto riscontro neppure del telegramma mandato a S. M. l'indomani della morte; perciò, ove esistesse ritardo, sarebbe spiegabile.

Mi è rimasto sul cuore un rimprovero che nella penultima lettera Ella mi muove e che m'andò al cuore. Io non dissi che stiamo per divenir francesi. Dissi bensi, formando la mia opinione da quanto Ella ripetutamente mi diceva, che potevamo, in certe circostanze, esser spinti a valerci delle armi francesi mancandoci gli altri appoggi che avremmo preferiti. E aggiungevo che, ove questo connubio avesse dovuto effettuarsi, avrei voluto averlo sotto l'egida della presenza di V. E. al Ministero; che in quel caso, quel francesismo, sarebbe accettabile, perchè sicuri che non oltrepasserebbe certi limiti. Ecco quanto penso e quanto intendevo dire. E se non lo dissi a dovere fu colpa della penna e non della testa; onde spero mi vorrà perdonare. Come pure domando indulgenza per l'ultima mia lettera che scrissi in una stazione di cammin di ferro ove indispensabilmente mi dovetti fermare un'ora e mezzo.

Stia di buon animo e non ci abbandoni. Che se non abbiamo gente come Lei al timone, si corre gran rischio d'un capitombolo. A dirle la verità non vorrei trovarmi in vece sua; ma nel render giustizia alla sua divozione alla cosa pubblica, dobbiamo pregarla di prolungar ancora per qualche tempo il sagrificio.

(1) Cfr. n. 46.

(1) La lettera di Shaftesbury, tradotta in italiano, è stata edita in Ricasoli, VI, pp, 345-347.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI

T.22. Torino, 1 febbraio 1862, ore 21. Veuillez me dire dans quel but s'est réunie la Conférence pour les affaire,s de Syrie et si vous n'avez: pas été invité. Je pense qu'il serait le cas de renouveler

auprès des puissances la protestation de l'année dernière afin de sauvegarder notre droit.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (ARB, cass. 54, n. 53, co.)

L. P. Torino, 1 febbraio 1862. Ho ricevuto l'exposé et tes documents e la ringrazio (1). Di gran cuore vorrei compire ai desideri del Conte di Persigny sull'associazione di S. Vincenzo de' Paoli, che sono pure i miei. Venutami ieri la. sua lettera detti subito gli ordini necessari. Non spero nella riuscita, poichè trattasi di avere non la copia, ma l'originale. Vedremo. Non so come la Francia abbia lasciato cosi organizzare i suoi più acerrimi nemici, tutte queste congregazioni

gesuitiche e dericaU, affiliazioni l'una dell'altra e tutte dipendenti da Roma. Se non colpirà con mano ferma questa genìa, non avrà mai pace vera all'interno

e Roma, anco cadavere, conserverà sempre una vita atta soltanto a turbare la pace interna nostra. Mi sono sempre meravigliato di questa protezione data dal Governo francese a questa miserabile, ma potente nel male, milizia sanfedista.

Il buon Benedetti pare qui ridotto ad essere il protettore dei frati e delle monache. A ogni momento viene a pigolare per quel monastero o per quell'altro, perchè si eccettuino dalle leggi di abolizione. Ciò eziandio contraria la libertà del Ministero nelle cose che gli spettano, perchè o deve deferire alla richiesta con ingiusta eccezione alla regola, o deve negarsi con dispiacere. Di più tra noi non vige tenerezza per questa gente, di cui conosciamo i vili artifici, i pericoli che ci creano e che gli reputiamo perfino dannosi alla religione.

Da ciò si scorgerà con qual piacere vorrei servire il Conte di Persigny. Io spero che il governo imperiale scrivesse sul serio la sua nota del di 11, e prevedesse la risposta, e quindi fosse già nell'animo suo apparecchiato a ulteriori risoluzioni che matureranno successivamente.

Man mano che Ella potrà raccogliere fatti e riscontri, confido che me li paleserà con quei giudizi che Ella crederà poterne trarre. Io mi tengo frattanto nell'aspettativa. Consegno la presente al marchese Atenolfi, deputato al nostro Parlamento. Ho regolarmente ricevuto le due lettere precedenti.

Ella ha fatto benissimo ad esprimere al signor Thouvenel la mia gratitudine anco per la pubblicazione del Rapporto del Console francese a Napoli (1). Ella è sicuro di ben interpretare l'animo del Governo italiano.

(1) Cfr. n. 59.

66

IL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

T. 34. Costantinopoli, 2 febbraio 1862, ore 13,35 (per. ore 1,30 deL 5).

Reçu votre dépéche chiffrée hier. Réunion des cinq représentants chez ie Grand Vizir a eu pour but conclusion des indemnités ,chrétiennes en Syrie. Résultat des travwux des cinq Commissaires spécia1:s réunis pour la question de Syu-ie nous n'y avions pas de Commissaire et le Gouvel'!lement Italien y est resté étranger jusqu'ici. J.e suspens donc :protestation. Consultez le Général Durando. Détai'ls par lettre.

67

IL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO D'EGLI ESTERI, RICASOLI

R. S. N. CostantinopoLi, 3 febbraio 1862.

Riassumo nel presente rapporto alcune materie che senz'avere un interesse di urgenza desidero sieno portate a di Lei eognizione onde possa far~i sapere le Sue intenzioni.

..

Quando presi le redini della L.egazione mi astenni dal far visita al Principe Lobanof ministro di Russia, ma :sic,come ebbi luogo di ,sapere che nelle Conferenze tenute sugli affari dei! Principati non si era espresso 1n modo ostile verso di noi profittai della circostanza in cui ci trovammo assieme presso l'Ambasciatore straordinario di Persia per farmi presentare a lui da Mirra Hussein Khan. Pochi giorni dop·o gli feci una visita ch'egli mi restituiva, ed aU'oc·casione di una serata che io diedi ai miei colleghi ed alla società del paese egli permise a tutti gli impieg.ati della legazione di intervenirvi.

Giungevano pochi giorni dopo in questa città 214 giovani polacchi con passaporto del R. Prefetto di Genova e dieci di questi mi chiesero di vistare il loro passaporto iper i Principati ove sperano trovare impiego. Io non esitai a farlo stantechè la loro presenza a Costantinopoli poteva dar luogo a qualche disordine, ma credetti bene di incaricare il Conte Grepipi d'informarne il Principe Lobanof il quale parve gradire questa nostra attenzione.

Or sono tre mesi drca ,giungeva qui pure il Principe Witoldo Czartorisild primo .genito del defunto principe Adamo; egli venne a vedermi e non avendomi trovato Jn casa mi lasciò una ,carta di visita. Mi rincrebbe poi di non avergli restituito la visita, e parti senza che io lo vedessi, ma se non compiei a questo dovere sociale si è perchè avevo ,fresche alla memoria le manifestazioni fatte in Parigi ed altrove da questa famiglia in favoire del Potere temporale del Papa, etd in senso quasi ostile a noi.

I miei -colleghi delle cinque grandi Potenze hanno da qualche tempo presa l'abitudine d'invitarsi recipro-camente a pranzo e di trattare quindi fra Imo, a quanto mi si suppone, d'interessi generali; alcun'altri miei colleghi attirarono la mia attenzione sopra questo fatto sui quale parmi io non abbia diritto di fare doglianze ma, mentre credo opportuno prevenirne confidenzialmente V. E., indagherò meglio quale sia lo scopo di .qu·este riunioni esclusive e se mi parrà conveniente di fare qualche osservazione agli ambasciatori d'Inghilterra e di Francia non mi tratterrò dal farla e ne informerò V. E.

E qui cade in acconcio varlarle della riunione tenutasi presso S. A. il Gran Visir sugli affari della Siria per la quale Ella ebbe a spedirmi un dispaccio telegrafico (1). In seguito ai massacri del 1860 fu adunata una Confe,renia in Parigi alla quale, se non erro, :liurono dnvitate le sole cinque Potenz.e maggiori. La quistione della nostra ammissione fu discussa in Parigi, e là furono fatte le nostre proteste e le nostre riserve e ci sarebbe stato risposto dal Gabinetto francese che non essendo noi interveruuti negU accordi del 1845 r1guardo al Ldbano avremmo fatto prova di buona volontà nel non sollevare una questione che poteva far ritardare misure urgenti sulla situazione dei Cristiani. Si concertò poscia la spedizione francese e la nomina di cinque commissarj diplomatici per esaminare le cose sul luogo ed è in seguito ai loro studj di circa un anno e mezzo che stannosi qui prendendo delle risoluzioni sulle indennità da accordarsi ai cristiani indigeni (Libanesi e Siriaci) danneggiati da quegli avvenimenti, locchè fa cosa a parte dalle indennità richieste da Cristiani Europei (:llranchi) che ebbero a soffrire in quell'epoca e per le quali ogni Legazione, compresa l'Italiana, sta qui atti

vamente trattando col Divano in base agli elementi radunati con tanta intelligenza e tanta sollecitudine dal signor CavaUere Villanis in Bayrouth.

Molte altre quistioni possono d'ora innanzi insorgere, come quella della Serbia, quella del Montenegro e della Erzegovina ed altre di uguale natura ed in queste è mia opinione ·che abbiamo un diritto positivo di intervenire .come garanti della integrità dell'Impero in virtù del: Trattato di Parigi. Finora, ch'io sappia, non si sono tenute conferenze formali a questo proposito, ma da un momento all'aUro può occorrerne il caso, ed io son ben deciso, a meno di un ordine in contrario, di protestare contro la mia esclusione !Se mai avesse luogo. Ad ogni modo se, in prevdsione di simili evenienze, V. E. volesse far fare qualche comunicazione per mezzo del Signor Cav. Nigra e del Marchese d'Azeglio, ai due Gabinetti amici ed anche per mezzo del Conte de Launay a quello di Berlino (col quale ultimo possiamo trovavci in uniformità di viste) io troverei qui il terreno già in parte preparato.

Il Cavaliere Scovasso mi scrive da BeLgrado che quel Governo avendo risposto ai Consoli d'Austria e d'Inghilterra suHe osservazioni disapprobative fattegli intorno all'operato dell'assemblea nazionale, fu data COil)ia in integrum di tale risposta agli altri Consoli mentre che a lui (Cav. Scovrusso) non se ne diede che un sunto. Questa disparità di trattamento mi ha dispiaciuto assai e passo a lamentarmene coll'Incaricato di affari di Ser:bia, ma questo prova appunto non essere ancora nata in tutti la convinzione che noi abbiamo diritti uguali a quelli delle altre cinque Potenze; e SIU questo particolare non mancherò di spiegare molta fermezza.

Le ho scritto telegraficamente in data di j•eri (1) ·che i quattll'o bastimenti a vapore destinati a rafforzare la squadra turca dell'Adriatico partirono appunto ier ·sera alle 4 p.m. Ecco i loro nomi: Fregata Gheiran-Bahri, Fregata Muhbiri-Surur, Fregata Eaif, Corvetta Rehper: Mehmed Pascià generale di brigata del genio ha preso passaggio a bordo di questi Legni assieme ad un migliajo di soldati per l'esercito di Omer Pascià cui porta pure munizioni denari e viveri per l'inverno. Questi bastimenti devono fare un servizio più o meno combinato colla squadra austriaca e proteggere le rispettive coste da qualunque tentativo di sbarco.

P. S.-In questo momento mi si annunzia che la succitata Corvetta Rehper tornò addietro per sofferte avavie, cosicchè soli tre bastimenti continuarono il loro viaggio.

In questo momento giunge una lettera dixetta a V. E. dal Cav. Scovas!So e qui la compiego (2).

(1) Si tratta del rappc.rto del Console francese a Napoli Soulange-Bodin, in data 10 gennaio 1862, ripubblicato anche in Archives Dip!omatiques, 1862, l, pp. 200 e sgg.

(1) Cfr. nn. 64 e 66.

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IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. CONFIDENZIALE 208. Londra, 3 febbraio 1862.

Ho avuto l'onore nella mia corrispondenza particolare di indicare a V. E. quanto seppi dalla bocca di Lord Palmerston nell'ultima mia gita a Broadlands circa la candidatura dell'Arciduca Massimiliano per la corona del Messico.

Se non ne feci menzione nella mia corrispondenza ufficiale si fu prima per la non grande importanza che questo pareva avesse per parte del Ministro, inoltre perchè preferivo aspettare ad ogni modo di sentire cosa ne pensasse Lord Russell, finalmente perchè preferivo aspettare un'occasione privata che mi presenta il Corriere Inglese.

Difatti ne parlai ieri a Lord Russell raccontandogli cosa m'avesse detto Lord Palmerston, parergli cioè strano che con un colpo di bacchetta si potesse cambiar in monarchia gl'instituti di un paese finora repubblicano. Poteva darsi che un simile miracolo avesse luogo, ma doveasi aspettare a vederlo per crederlo. Non potersi dir altro per l'Arciduca, se non se aver egli migliori condizioni di successo dei suoi rivali. Ma non potersi l'Inghilterra impegnare altrimenti che col lasciare libertà di agire col n·on opporsi.

Lord Russell poi mi conf-ermò quanto precede aggiungendo che jeri aveva avuto da Madrid un telegramma facendogli domande sul medesimo soggetto ed aggiungendo se era vero che l'Inghilterra avesse messo avanti un altro candidato protetto o iniziato dal re Leopoldo, cioè il suo secondo figlio. Lord Russell trattò di assurda sia la parte che si attribuiva all'Inghilterra sia l'idea che il Re dei Belgi mettesse in campo un avversario al suo genero. Disse che questo paese non voleva imporre sovrani a chi non li volesse nè farsi fautore d'intrighi di partiti religiosi cattolici. Che ad ogni: modo si affermava che qualunque principe agli occhi dei Messicani sarebbe tollerabile purchè nè Spagnuolo nè Francese. Parer questo progetto arciducale venuto di Francia con viste relative allo scambio colla Venezia, locchè pareva non renderlo punto gradito a VienÌla. Ad ogni modo l'Inghilterra non bada che a impedire che s'imponga un Sovrano per forza e del resto oss•ervata la ·Convenzione lascia fare. Ma è curioso che Thouvenel consultato da Cowley sull'invio di maggiori forze Francesi al Messico rispose nulla saperne facendosi molte cose indipendenti da lui al Ministero della Guerra. Pare che alcuni Messicani a Parigi abbiano ideato questo aggiustamento il quale se esiste da qualche tempo può ajutar a spiegar le difficoltà che si fecero al nostro prender parte alla spedizione. Poichè benchè certamente possa essere utile per noi il traspiantar la Casa d'Habsburg nel nuovo mondo, parrebbe strano che gli andassimo a conquistar dei troni. Ecco quanto mi si disse a questo riguardo.

(1) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicata.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 351-355)

L. P. Torino, 5 febbraio 1862. Le .s·crissi già (1) del mio desiderio di servire il signor Conte di Persigny, che infine sarebbe stato servire la causa che hanno comune l'Italia e la Francia. Ella comprende di leggieri la difficoltà di trovare l'originale di una lettera che

io ignoro perfino nel suo contenuto. Io stesso raccomandai caldamente l'oggetto al Direttore Generale di Polizia, e gli ho dimostrato quanto stesse a cuore ai

due Governi. Egli ne prese ogni impegno; ma non tacque sulle difficoltà di raggiungere lo scopo. Io già le avevo presentite. Ieri esaminammo il caso di ricorrere ad una perquisizione, ma anco questo è un modo grandemente fallace, e per più per le nostre leggi non vi si potrebbe ricorrere senza forti indizi. Conveniva pure conoscere il punto essenziale della lettera in parola, e fu per questo che io le chiedeva ieri sera, qualche informativa in proposito, e che non mi è giunta ancora al momento che io scrivo. Qui l'atto di una perquisizione si riconosce per molto grave, e vuole essere giustificato da certe ragioni di ordine pubblico. Eglì lè poi certo, io lo credo fermamente, che tra i partiti, quello da cui la Francia deve bene • bene* ,guardarsi, quello è che si chiama clericale. Oh! ... Egli è ben funesto; nemico ad ogni libertà ed onesta causa, e sarebbe tempo che il Governo francese lo deprimesse e si appoggiasse oiù sul vero partito liberale. Questo partito clericale e reazionario adopera più efficacemente in Italia, a ·cagion di Roma, e perchè si crede protetto e sorretto daHa occupazione francese di Roma. Lo stesso partito di azione diviene molesto in. ragione della incoraggita reazione, per il che condanna il contegno dei Governi, ed in specie di quello d'Italia. Quindi è che si renda manifesto ognora più la convenienza per entrambi i popoli di uscire da una posizione, che ci tiene costantemente inquieti e disturbati, e, diciamolo pure, talvolta in urto tra noi.

Mi sia lecito di mostrare come sia generalmente sentito il bisogno di condurre a condizioni normali l'Italia, !asciandola libera di compiere i suoi voti; e a denotare ciò, basti citare il notevole accrescimento nei fondi italiani, di che varie debbono essere le cause, ma non ultima essere dee quella del vedere entrare la questione romana in una nuova fase, nella quale si spera vedere la Francia adottare una conclusione conforme alla bella iniziativa già presa con la sapiente nota del dì 11 scaduto mese, la quale ha fatto uno stupendo effetto sulla pubblica opinione, perchè i popoli oggi non acclamano che alle vere ragioni, e agli atti di opportuna e savia fermezza.

Avrei molto gradito, e molto apprezzato il suo giudizio, se Ella avesse creduto bene di discorrermi intorno alle varie cagioni, che possono avere influito sull'aumento dei fondi pubblici, e cosa se ne speri in avvenire. Capisco che questo avvenire sarà un presupposto probabile; ma infine sarà sempre una congettura fondata.

Mi fa d'uopo di essere molto ragguagliato da Lei intorno ai fatti interessanti la vita italiana, e molto mi occorre che Ella trovisi in copiosi utili contatti, onde esercitare un'influenza doppiamente efficace.

Le cose nostre procedono bene nel fatto, e lo sarebbero anche in apparenza, se qui non seguitasse una guerra che muove al Parlamento e al Ministero una mano di ambiziosi, che non hanno neppure un vero e proprio programma.

*Mi sembra che la stampa onesta in Francia cominci a ravvedersi che ella era divenuta il loro istrumento e, invece di 1servire ad un nobile principio, aiutavano la causa di un'ambizione a danno del principio. • Imprestano una idea per rendersi ligii, come cortigiani, che però la generalità della Nazione non partecipa, e sarebbe funesta aUa Nazione se potesse attuarsi. Questa idea è l'impresa di Venezia per mezzo di insurrezioni Dalmate, Ungariche e simil.i.

La Nazione si persuade ognora più che fa d'uopo per l'Italia che duri la quiete, mercè la quale l'Italia potrà ordinarsi e giungere in breve a comporre il

suo assetto * interiore * e costituirsi in una reale indipendenza autorevole. H Parlamento, panni, partecipa ognora più a queste credenze, e da che si è aperto questo nuovo periodo della Questione Romana gli animi sonosi acquietati alquanto, e la fiducia assai restaurata. Ora sperano e desiderano vedere presto cessata in Roma la iniqua reazione, e gli eccitamenti di discordie civili; sperano che la Francia cesserà di farsene l'involontaria aiutatrice.

Queste buone disposizioni del Parlamento, e le nostre condizioni politiche e amministrative ci hanno persuasi a non sospendere minimamente i lavori parlamentari. Ogni giorno vedesi maturare lo spirito di ordine e di lavoro nei Deputati; vediamo come acquistino la ·COscienza del loro mandato, e come tendano a renderlo efficace. Molte leggi di Finanza e di Amministrazione civile sono ancora da elaborare; intanto il Bilancio del 1862 si studia nella Commissione, e in marzo o aprile potrà essere recato davanti il Parlamento. Una studiosa e solenne discussione del Bilancio sarebbe uno dei più begli Atti di questo primo Parlamento Nazionale; ma il più stupendo di tutti sarebbe il compimento di tutta questa opera .complessa del riordinamento d'Italia, che si chiuderebbe con avere dato alla Nazione un Bilancio normale, opera necessaria e quanto mai utile, e la sola che possa ristabilire il credito, e darci la guida per regolare la pubblica opinione. Ecco come io concepisco si dovrebbe adoperare il 1862 per l'Italia, e Jll"epararci agli avvenimenti del 1863.

Conviene che ogni opera malefica, disturbatrice ne sia tenuta lontana. Io spero una piena cooperazione da codesto Governo, e soprattutto io la spero in ciò che riguarda la Ungheria, e in questo la vorrei esplicita e in tutti quei modi che possono essere efficaci e quindi vorrei pure quello che partisse diretto dall'Imperatore, che valesse a condurre il Re a quella calma e saviezza di consigli oggi più che in altro rtempo necessarie.

L'abolizione della Luogotenenza in Sicilia ha avuto per primo effetto quello di calmare le agitazioni, al seguito di che sarà immancabile la ricostruzione amministrativa di quelle "'varie"' Provincie, in che si divide la Sicilia, e (1) il consolidamento della quiete e della fiducia. Intanto il·Governo sia in terra ferma come nell'Isola si occupa di tutto quanto concerne la pubblica sicurezza, che mi sta tanto a cuore. In breve io non ho alcun motivo di turbamento perchè travedo, con sicurezza di non errare, nella quiete del 1862 la vera costituzione d'Italia. Quando io parlo di costituzione ci comprendo la soluzione romana già notevolmente progredita.

La causa degli Ungheresi e dei Polacchi non può non essere a tutti simpatica; ma ben anche nell'interesse loro conviene non sia precipitata per modo da urtare con interessi che diventerebbero seriamente ostili. Dobbiamo guardare al progresso della nazionalità e proteggerlo; ma non eccitare i popoli a dei riscatti immaturi e inopportuni. L'Italia poi deve avere delle simpatie, ma guardarsi ibene da uno zelo che può essere doppiamente funesto e soprattutto funesto a lei stessa.

Faccia quell'uso che meglio crederà della presente.

Esprima poi al signor Thouvenel la mia piena soddisfazione per gli importanti materiali che trovansi nel libro dei Documenti, e cosi interessanti la causa d'Italia, di che mi piace dichiararmi veramente sensibile, e profondamente riconoscente.

(1) Cfr. n. 65.

(1) In Ricasoli, VI, 354: c ••. perchè si divida la Sicilia e si consegua ... •.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO (AT, orig. autogr.)

L. P. Torino, 5 febbraio 1862.

Le notizie che Ella mi trasmette intorno le disposizior.t di codesta .brava gente mi consolano, e mi danno fondate speranze che il programma, il disegno politico religioso proi>osto sarà efficacemente attuato, e non si tarderà a vedeme i tfelid effetti, che !io stimo immancalbili, perchè è inesoralbile il -destino di Roma ove i Romani se ne facciano i vigorosi, gli assennati, i generosi propugnatori. L'Italia tutta, spero, farà eco attivo e potente al rivolgimento Romano, e l'Europa resterà attonita e ammirata di tanto prodigio. La Francia dovrà dire a ~ stessa: «Che venni io a tare in Italia, che vi feci, che vi resto io a fare? ». Ecco un periodo stonico dei più famosi nel giro di pochi giorni, ed ecco veramente fatta, vivifi·cata l'Italia; imperocchè dessa riceve più nocumento, più indebolimento ed impaccio dall'occupazione straniera di Roma che da quella di Venezia.

Vorrei che codesta brava gente s'inspirasse a questi pensieri e concepisse quella persuasione ·che diventa fede animatrice dei forti e continuati propositi.

L'occasioni per le manifestazioni non mancano di per se stesse, e anche si procurano. Il primo ed essenzia!le dovere si è di andare preparando la ragione pubblica, la coscenza generale con opportune scrittul'e destinate a chiarire ogni argomento, e renderlo POPOlare. Col popolo, poche parole; crna idee chiare, nette, che parlino instintivamente più che con lungo ragionare.

Le formule adottate mi paiono e.ccellenti. Su quelle formule si fanno brevi scritture che ne spieghino ancor più il concetto. Le .scritture servono al!le varie idoneità degli spiriti. Mentre si dee seguire le regole del perdono, che è l:a divisa della rivoluzione italiana per cui si ebbe e si ha tanta simpatia, non dee trascurarsi alcuna occasione di mettere in chiara luce l'insania di codesto Govemo, screditarlo, e fare tutti diffidare di Lui, eccitando in ogni incontro il sentimento nazionale offeso di continuo da codesta Curia, e salvando sempre il Papa. Diffidilsi nettamente ognuno che abbia dato, o sia per dare denaro a!l Govemo, chiunque Direttore di Stabilim•ento di credito, che abbia deviato il denaro per darlo al Governo, onde se ne valesse contro l'Italia; diffidino gl'Impiegati, i militari, ognuno che voglia proseguire a farsi istl"lllmento cieco delle crudeli follie di un Antonelli, e di un De Merode; insomma non lascino occasione con calma severa di fare palese al mondo gli errori, e l'incompatibilità del Governo dei Preti. Questo Governo è ormai sfinito, ·e non .gli manca che la tomba, e questa gli dev'essere aperta dall'attitudine meravigliosa e potente dei ·Romani.

L'effetto ne sarà infallibile.

Passo ora a dire del caso di una morte del S. Padre.

In questo ment~re mi giunge il Suo dispacdo del 31 gennaio decorso (1), e quindi lascio questa lettera per dare seguito ad un'altra domani.

71

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL COMITATO VENETO

Torino, 5 febbraio 1862.

Mi son regolarmente pervenute le sei copie della Storia detle elezioni tentate dall'Austria nella Venezia (2), che le S.S. L.L. si compiacquero trasmettermi, per incarico dei loro concittadini colla lettera del 27 scorso mese.

Mentre mi pregio ora di segnarne ricevuta alle S.S. L.L. IILme le prego di gradire e di far gradire ai loro concittadini i miei vivi r-ingraziamenti pel grazioso invio. Il nobile contegno dei Veneti in cospetto dello straniero e la loro perseveranza nei generosi propositi giovano mirabilmente a raggiungere quel fine a cui essi e noi aspir,iamo.

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IL PRESIDENTE DELLA CAMERA, RATTAZZI, AL CONTE VIMERCATI (ACR, Carteggi V. E. II, b. 21)

L. P. Torino, 5 febbraio 1862.

ApJ}ena ricevlllto ieri mattina la cara vostra del 2, mi portai da Cordova, ma non avendolo trovato gli scrissi pregandolo di spingere la cosa quanto maggiormente poteva, e nel tempo stesso di ragguagliarmene, affinchè io fossi in grado di scrivervene il risultato.

Egli mi rispose le linee, che mi fo grata premura di trasmettervi per vostra norma: intanto non dubitate, che non mancherò di sollecitarlo continuamente, insinochè la cosa sia fatta.

Vi ringrazio delle notizie ·Che mi date: spero :presto di vedere il Re, il quale è attualmente fuori di questa Città, e mi farò debito di comunicargli quanto mi accennate. Sono ansioso di ricevere la J.ettera, che mi annunziate, onde conoscere quali siano costi le intenzioni, e meglio giudicare di quanto convenga. Qui siamo ognora nello stesso stato: per altro 'Si va sempre guadagnando terreno. È però cosa singolare il vedere i tentativi che si fanno dal Barone per avvicinarsi l'estrema sinistra, ed i passi, che si eseguiscono per aver delle dimostraz.ioni pubbliche, in favore di Roma, nelle principali Città Italiane. In verità è difficile il comprendere tutti questi imbrogli, ed è ancora più difficile persuadersi che ciò si tfaccia con senno e con quel giudizio, da cui dovrebbe essere ispirato chi presiede a un governo.

.(2) Si tratta dell'opuscolo: Storia deUe elezioni tentate dall'Austria neUe province venete la primavera del 1861, Torino, 1862.

(1) Non pubblicato. .

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IL SEGRETARIO DI LEGAZIONE A LONDRA, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (ARB, cass. D2, n. 56 c, co.)

Londra, 5 febbraio 1862.

R. 53.

Appena Lord Russell ebbe conoscenza del contenuto della lettera del barone Ricasoli scrisse a Lord Cowley per domandargli delle spiegazioni intorno a certi propositi che .gli si attribuivano riguardo alla quistione italiana (1).

Lord Cowley mandò immediatamente una risposta concepita presso a poco nei seguenti termini:

« Ella mi rende giustizia non prestando fede alla supposizione che io abbia potuto usare, nei miei rapporti con questo Governo, espressioni poco favorevoili all'unità italiana. Come puossi infatti immaginare che colui che è incaricato di fare tutti gli sforzi possibili (sebbene riescano vani) onde ottenere· che il Governo francese richiami le sue truppe da Roma, si permetta di manifestar poca fede nell'avvenire dell'unità d'Italia che ne è lo scopo? Avendo tuttavia qualche sospetto sull'origine di tali voci, profittai della prima occasione per domandare al signor Thouvenel s'egli avesse per avventura scritto alcuna cosa al signor Benedetti che avesse potuto fornire al barone Ricasoli l'occasione di concepire siffatta idea (2). Il signor Thouvenel mi rispose ave1r scritto qualche giorno prima al signor Benedetti che il Governo imperiale era poco soddisfatto del progresso fatto nell'organizzazione del Regno d'Italia, e che credeva il Governo britannico nutrisse analoghi sentimenti. Lo pregai di farmi sapere su quali basi fondasse le sue asserzioni per quanto riguardava il Governo inglese. Cui il signor Thouvenel replicò non aver voluto, nell'esprimersi in tal modo, che comunicare la sua opinione personale, e non aver nominato nessuno. Lo assicurai allora che il Governo britannico era anzi soddisfattissimo dell'andamento delle cose d'Italia, e che trovava strano che il Governo francese si lamentasse a Torino del poco progresso fatto nell'organizzazione di quel Regno, mentre la sola causa di tale lentezza era la Francia stessa col mantenere nel cuore d'Italia un centro d'intrighi e di cospirazioni. Lo pregai poscia di dirmi francamente s'egli era favorevole od avverso all'unità d'Italia. Thouvenel rispose non nascondermi che in altri tempi egli era infatti avverso all'unità italiana, ma che dopo quanto era seguito egli le era divenuto favorevole quanto prima le era stato contrario, che il suo Governo era andato troppo innanzi perchè gli fosse possibile di retrocedere ed ora desiderava anzi vivamente ch'essa fosse

per realizzarsi al più presto. E credo che il Thouvenel fosse sincero nelle sue dichiarazioni amichevoli verso l'Italia, imperocchè ebbi più volte ad osservare come allorchè egli riceve buone notizie di quel paese egli ne mostra contentezza, mentre il contrario avviene quando·le notizie sono meno favorevoli:..

Lord Russell, discorrendo poi del contenuto di quella lettera, osservò non cessare d'insistere presso il Governo francese perchè ritiri le sue truppe da Roma, attribuendo la causa dei nostri disordini a siffatta occupazione. Egli aggiunse la maggiorità dei membri di quel Governo essere all'Italia favorevole, ed i principali avversari Walewski ed il Ministro della Guerra, i quali lascierebbero il Ministero se l'Imperatore adottasse una politica più italiana. Ma esserle soprattutto avversa l'Imperatrice. Sperar tuttavia che l'Imperatore finirebbe per capire che dal Papa nulla si ottiene di comune consenso, ma doversi fare quanto si creda opportuno forzandogli la mano. Egli aggiunse che Lord Palmerston, avendogli scritto due mesi sono che proponesse al Governo francese ' di consigliare al Papa d'accettare il Transtevere con tutte le guarentigie possibili d'indipendenza, si pregò infatti quel Governo di fare officii in proposito e se n'ebbe poi da Roma per risposta che il Governo pontificio nulla aveva ad aggiungere alle già fatte dichiarazioni, per cui la cosa cadde nell'acqua.

Essendo poscia venuti a parlare della Venezia ed essendosi osservato a S. S. che la quistione italiana non potrebbe veramente dirsi sciolta finchè il Veneto non fosse riunito al resto d'Italia, avvegnachè gli Italiani non potranno mai persuadersi che l'Austria abbia definitivamente rinunziato al suo dominio sulla Penisola finchè vedranno gli eserciti austriaci affollarsi al di là del Mincio,

S. S. rispose proponendo il quesito seguente: «Non vi pare che siffatta costante minaccia abbia per voi il salutare effetto di spingere gli Italiani ad armarsi e di tenerli uniti fra loro? :. Gli si repUcò esservi del vero in tal "maniera di vedere, ma creder tuttavia che dalla costituzione definitiva d'una Italia indipendente ne verrebbero vantaggi assai maggiori, imperocchè nello stato attuale delle cose essa è costretta a regolare tutti i suoi atti e principalmente le sue alleanze in vista dello scopo finale di conquistare quanto si trova tuttora nelle mani dello straniero, mentre che se essa fosse nel pieno possesso di quanto le appartiene, si darebbe con grande energia a sviluppare le sue immense risorse industriali e commerciali, non che quegli altri rami di prosperità che ripugnano soprattutto dagli sconvolgimenti. Essa diventerebbe così in Europa una garanzia di pace non seconda all'Inghilterra, e farebbe sempre pesare la sua potenza dal lato del buon diritto contro chiunque volesse turbare la pace del mondo.

S. S. soggiunse essere certamente quello uno stato di cose assai desiderabile, ma non credere che l'Austria sia per ora disposta a cedere il Veneto, ed avendo insistito che veramente se l'Italia avesse Roma potrebbe rinunziare alla Venezia, gli si spiegò come ciò fosse impossibile, allegando gli opportuni argomenti in proposito. Gli si osservò in seguito come, malgrado la poca simpatia che esisteva tra Francia ed Inghilterra, quelle Potenze si trovavan tuttavia da più anni riunite nelle grandi controversie politiche, citando fra l'altre quelle d'Oriente, della China, della Siria, del Messico, ecc. S. S. disse con aria assai compiaciuta essere questo un fatto incontestabile e fortunatissimo per una parte e per l'altra. « E pel mondo intero -gli si replicò -ma peccato che tale accordo non abbia esistito nella lotta del 1859, che forse avrebbe avruto un esito ancora migliore>.

Lord Russell disse credere che, se il suo partito si fosse trovato al potere allorchè scoppiò quella guerra, l'Inghilterra avrebbe cooperato colla Francia, ma l'Inghilterra guidata da Lord Derby avrebbe piuttosto combattuto per la parte contraria se la follia dell'Austria di farsi aggreditrice non l'avesse reso impossibile. Quanto al riconoscimento del Regno d'Italia per parte della Prussia e della Russia, Lord Russell disse che, avendo fatto officii presso la Francia onde invitare quei Governi a compiere un atto sì opportuno questa aveva risposto lo stato attuale delle cose d'Italia non presentare sufficiente apparenza di solidità per poter supporre che esse possano decidersi in nostro favore. Al che il Governo inglese aveva replicato ripetendo l'argomento che la causa principale dei pochi disordini che ancora si seguivano era precisamente la Francia colla sua prolungazione dell'occupazione di Roma.

(1) -Fin dal 29 gennaio 1862 con telegramma n. 31 spedito alle ore 16,05 e pervenuto alle ore 19,25 l'Azeglio aveva informato Ricasoli: • Lord Cowley a écrit à Lord Russell pour démentir assertion qu'il a tenu langage défavorable sur l'Unité Italienne •· (2) -c Lord Cowley -narrava a tal proposito il Thouvenel al Benedetti (L. THOUVENEL, Pages de l'histoire du Second Empire, Paris, 1903, p. 346} -est venu, tout ému, l'autre jour, me dire que M. Ricasoli, dans sa correspondance avec M. D'Azeglio, le signalait comme tenant à Paris un langage peu favorable à l'unité italienne. Je lui ai répondu que je ne vous avais rien écrit de nature à le compromettre. Mais vous voyez qu'il faut prendre garde aux confidences avec le loyal baron •. In realtà, il Thouvenel aveva scritto al Benedetti (op. cit., p, 341): c Lol'd Cowley commence à envisager fort en noir les affaires d'Italie. Il m'a avoué confidentiellement que les memes impressions pénétraient à Londres, et que lord Palmerston, dans le cabinet, était aujourd'ui le seul partisan convaincu de l'unité italienne. Lord John Russell en arrive à dire que j'avais r'aison de vouloir essayer d'empecher Garibaldi de débarquer sur le continent •.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO (AST, Carte E. d'Azeglio, orig. autogr.)

L. P. 12. Torino, 6 febbraio 1862. Ho ricevuto la grata sua del 31 gennaio (1) per mezzo del sig. Corti e tutte le precedenti regolarmente. Non guardi al mio stile, io scrivo come penso e come sento. Scrivo naturalmente, ma con animo sempre generoso quando anche io sia sdegnato per cagione di qualche pericolo pubblico proveniente da parti che dovrebbero per lo contrariQ contribuire meco a rimuoverlo. Del resto quando io ·parlo, mentre io voglio libertà di dire lascio una stessa libertà agli altri, e non mi adonto ove una mia parola suscitasse una qualche emozione in altrui, che si esprimesse poi con un linguaggio alquanto concitato. Mi piace la gente animata come sono io. Non è che la situazione nostra siasi di molto migliorata: essa prosegue ad avere i suoi pericoli, come ho scritto in altre mie atteso la inconsideratezza e la poca lealtà di questo nostro Re, che avendo per consiglieri dei veri ga!<mtuomini, fedeli al paese, e capaci pel paese di ogni sacrificio e che hanno l'ap poggio del Parlamento, voglia fare una politica di soppiatto, turbolenta e pericolosa, violando i principi salutari del nostro Statuto. Ecco quello che è grave. n Re non è circondato che da cortigiani e ruffiani. Io non sono nato per subire di tali influenze. Io ho accolto ripetute dtchiarazioni e proteste di fiducia e di affetto del Re inverso me: e poteva farle, perchè ho piena coscienza che meritavo queste dichiarazioni. Io però mi sono guardato bene dall'escire di una linea da quel livello nel quale ho consumato la mia esistenza, non mi inchino nè mi inalzo sia davanti ai Re sia davanti ai plebei. Mi feci una regola di condotta di non mi preoccupare un momento della vita privata del Re, come non mi preoccupo di quella di alcun privato.

Io stetti sempre entro i limiti del mio ufficio. Tentai di allettare alla cosa pubblica il Re: volli esperimentare se pigliasse gusto ad occuparsi seriamente

di affari e ciò lo feci anche in vista che una volta volesse fare della politica, fosse preparato a farla un po' meglio, ove avesse contratto un poco di pratica dei negozii. Tutto fu inutile. Ora la politica vuoi farla coi ruffiani suoi! Il giornale Il Tribuna che dice male del Governo e della Camera, riceve il denaro per mano del Bensa, Segretario onorario di Sua Maestà, che vi scrive anco degli articoli. Si vorrebbe sbalzare il Ministero, mandare il Garibaldi a Napoli, raccogliere gente e partire per non so quale pazza impresa nel Montenegro, o altrove. Io non mi ritiro davanti a queste difficoltà, e a questi sozzumi. Al contrario accetto la lotta, e farò di tutto di sventare le agitazioni, e credo che infine anco il Re si rimetterà in miglior via. L'Italia ha bisogno di calma, e non sarà con pazze imprese che ne consolideremo l'edifizio. L'Italia ha bisogno che i Francesi partano da Roma, perchè la loro presenza offende il sentimento nazionale, e protegge i nostri eterni nemici, la reazione. L'acquisto della Venezia non deve farsi oggi: per questo dobbiamo aspettare l'opportunità: intanto ci fa d'uopo mettere regola alle nostre interne condizioni, assestare le finanze, dare principio alle nostre strade, far sentire ovunque i benefizi delle nuove istituzioni. Roma ci è necessaria per affrettare quest'opera di formazione, e far cessare gli interni dissidi. Il non avere Venezia non ci reca danno immediato. Molto ce ne reca Roma non nostra.

Io sono contentissimo della nota del Thouvenel, ma fa d'uopo mostrarne la buona fede. Che farà la Francia alla risposta dell'Antonelli? Siamo in un momento pericoloso: perchè se la Francia lascia ulteriormente il Goyon a Roma, io temo che infine potrà esservi un grave fatto, doè tqualche conflitto tra i cittadini Romani e le forze francesi. Ma questo accade quando si tira troppo tla corda! Goyon è un fanatico e abusa della forza. I Romani hanno eccellenti disposizioni, sono risoluti di rispettare, di venerare il Papa, di farsene di Lui i guardiani veraci e fedeli, di garantire la di Lui indipendenza, e inviolabilità. I Romani non faranno una vendetta: eglino procedono col vessillo del Perdono ai t•inti, del Viva it Papa non Re, della Libera Chiesa in libero Stato: ma i Romani sono stanchi del giogo pretesco, non ne vogliono più. Io credo che faranno delle dimostrazioni pacifiche in questo senso: ma che accadrà se le armi francesi lo impedissero? Sarebbe una iniquità di togliere a quel Popolo anco il modo di mostrarsi civile e generoso. Sarà ella ridotta la nostra Roma a una prigione, a silenzio forzato per quei bravi cittadini sotto la sciabola degli sgherri pontifici sussidiati dalle truppe francesi? e in allora dove andremo? Non resterà al Popolo romano che di fare un Vespro Siciliano contro i suoi oppressori.

Mi consta che il 3 febbraio corrente doveva aver luogo al Teatro Tordinona una dimostrazione in senso tutto pacifico e favorevole al Papa non Re, e fu impedita ·da questo che i Carabinieri pontifici vennero sussidiati da due compagnie di Francesi. V'era il Papa, v'erano i preti al teatroJ Mai no! Questo fa d'uopo fare bellamente sentire al Governo inglese, che se il Governo francese non manda migliori e più opportune istruzioni ai suoi agenti a Roma, accadranno cose gravi. Fa d'uopo che gli agenti francesi cessino di stare a Roma da padroni, e quando la nota del signor Thouvenel è leale, dopo la risposta dell'Antonelli, non resta alla Flrancia che di fare un appello alla Lealtà degLi Italiani e in specie dei Romani di venerare e proteggere il Papa, e di andarsene da Roma. Fare diversamente sarebbe un circolo vizioso pieno di pericoli. Per noi poi, oltre tanti altri inconvenienti amministrativi, vi è il grave male che nell'indugio della liberazione di Roma, cavano pretesto gli agitatori di spingere alla rivoluzione in Ungheria e ad aggredire la Venezia. A me tocca di combattere con tutti, e di resistere a tutti; sono solo, come potrò io riescire? Quindi nel dipingere questo stato di cose, le relazioni che corrono tra le diverse parti di questo dramma, e infine i pericoli che possono derivare da certe circostanze, ho in mira di aiutare il Goverho inglese e fare quei passi, che saranno meglio suggeriti dai suoi rapporti con il Governo francese.

P. S. -Sarebbe una bella ventura per l'Italia se i capitalisti inglesi, che tanto denaro posseggono, si rivolgessero alle imprese di strade ferrate in Italia. Che v'è di vero nella proposta di una Monarchia messicana?

(1) Cfr. n. 63.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO (AT, orig. autogr.)

L. P. CONFIDENZIALE. Torino, 6 febbraio 186.2.

Ieri m1 pervenne la Sua lettera del 31 deco~so mese, e insieme la elaborata e .savia relazione di codesto Comitato Nazionale.

Assicuri codesti Signori che io apprezzo più che EgLino non pensano l'opera loro, adoperata in mezzo a gravissime difficoltà, e ciò nonostante infervorata pur sempre e sempre studiosa, vigile, assennata, vigorosa, perennemente inspirata al soffio vitale di quel grande amor di Patria, di che dettero già tante bellissime pruove. Vorrei avere abilità di potergli levare d'impaccio: ma parmi non sia d'uopo pruovare che io non posso far di più; che anzi rendesi ognor più manifesto che sia di grande anzi grandissimo bene che sorga una iforza che fin qui si tenne passiva, e alla quale parmi sia giJUnto il tempo di mostrarsi. Faccia bene capire tutto questo a codesti Signori; gli assicuri che io farò sempr.e tutto quello che posso per Essi; che mi chieggano, sicuri che io risponderò secondo il vero bene deHa Patria. Ma con tutto ciò premesso dovrò pur sempre dire che la opera efficace e necessaria è oggi· quella che io ho additato costà, e che il Governo d'Italia seconderà nei modi che potrà. Non sarà per me perduta nessuna circostanza nella quale possa a•ggtungere l'opera mia a prò dell'opera Loro. E mentre così io dico, io secondo in modi più o meno diretti la causa di Roma sia al di dentro sia al di fuori, e non è mestieri che io dica il come.

Piglierò adesso a dare replica ad alcuni punti della Relazione. Dichiaro :però C'he dovrò essere !breve.

Non credo .che potrà riescire al Governo papale di accrescere gran lfaltto la propria armata. Vi si oppone il difetto di denaro, e il grande discredito inj cui quel Governo è caduto. E qui molto ,gioverà la diffusione estesa di proteste fermissime contro il nuovo debito, contro l'alienazione di oggetti d'arte, ecc., contro i briganti, contro Francesco ecc. Molto meno poi può accadere che l'Austria sia per inviare al Governo papale dei Reggimenti mascherati. In ogni caso vedremo al momento. Non si dimentichi che ·le truppe Francesi sono in Italia, e trattasi .adesso di avvisare ai modi meglio ordinati per aprire la via alla ces

sazione dell'oc.cupazi:one Francese. E neppure fa d'uopo esa.minare se possa scop~

piare una guerra con l'Austria innanzi di anda·re a Roma. Qui rispondo: «Fate, e

fa.cdamo; fate il meglio che potete, perchè questo è additato dal comune inte

resse e dalla ragione delle cose. Anco in vista di guerra con l'Atustria, caso

tutt'ora remoto, conviene affrettare una soluzione nelle cose di Roma; facciamo

adunque .con fede il meglio che si può; ma facciamo».

Quanto al Plebiscito io penso ·che tutto debba ·esser·e predisposto. per com

pierlo, quando se ne vedrà l'opportunità, e compierlo secondo ·che si potrà o sarà

reputato più idoneo. Non si può discutere alcun particolare in proposito in questo

momento. Avviseremo nel .successivo svolgersi di questo dramma quanto sia

da farsi.

Tanto meglio se un bel •giorno si udisse che il Papa ha evaso da Roma, sebbene i Francesi vi .sieno tutt'ora. Sarebbe singolare e meritato gastigo, ehe dopo avere tanto fatto e male :fatto, il Papa stesso si desse il carico di mortificarline. Ma parmi dò difficile. Tanto più diffidle ora ehe il Papa, dieomni, essere malato molto. Occupiamoci pi.JUttosto di procedere con piglio fermo, rassicurativo, ordtnato e decisivo, non senza far trapelare, ma, per •carità, con accorgimento finis.~imo, ·che se l'attitudine del generale Goyon non si modifica, ana fine, aUa fine, la volontà dei Romani è oramai a tar punto giunta dopo si tunga compressione, che se i Francesi perseverassero a farsi ancora gLi sgherri di quel. turpe Governo, i Romani seguite.rebbero a manifestare l'animo loro, dovessero pure v·enir:e a conflitto con Essi. Fa d'uopo persuadersi che siamo giunti a tal punto, che è e dev'essere l'estremo di questa agonia IUinosa ;per tutti. E poichè vogliamo raggiungere a ogni costo il fine, cosi il primo fatto si è di operare con una ~onganimità sapiente, ardita e d!sperata ad un tempo. Non temano che il Govemo italiano non gli accompagni col cuore, ·con lo sguardo, eol pensiero e con quell'opera ehe volta per volta .sarà la più sa:ggia, e della ·quale non debbo qui parlare essendo estranea a questi ragionamenti.

Il giorno della morte del Papa, che può essere lungi da noi ·come. !PUÒ essere prossimo, è punto che v:a se•riamente •Considerato. Imperocchè a: me pare ·che vada arditamente colto per installare run governo provvisorio in qualunque modo, fosse anco in un rione della Città. Primo atto di quel .governo dev'essere di dichiarare la incolumità del Sacro Collegio, ]:a inviolaJbilità dei Ministri della Chiesa nell'esercizio del Loro Ministero. Conviene tosto proclamare la separazione della Ch1esa dallo Stato. La Chiesa ritorna padrona di ·se stessa, come i Romani ritornano padroni della Città Loro. Anco in questo io non saprei dettare dei par.ti·Colari che possono essere m~glio avvisati da chi è sui luoghi e dee operare.

Io vorrei incontrare tutti ·i desiderii di codesti Signori per discorrere di ognuno; ma penso ·che il loro fervoroso patriottismo supplirà largamente. Io conosco pienamente le difficoltà; ma egli :è appunto per questo che io ra.ccomando di affrontarle ·con animo premeditato. Non sarò anali :per accusargli pel non fatto, confidente com'io sono .che Eglino far:ann:o ,con tutta la loro possa. Abbiam fede, coraggio e senno pari alla ragione della nostra causa, e aspettiamo quieti l'esito.

lo ho combinato un ordinamento di corrieri skuro, e frequente, secondo il bisogno, e questo pure è una utile cosa. Restami a dìré della cosa più importante, perchè la più pericolosa, e la più avversa alla mia natura, vò dire delle suscettibilità che impediscono costà di

8 -Documenti dip/nmatici . Serie I . Vol. Il.

operare concordi ·COloro che pure sono ammati dallo stesso patriottismo. Io non posso spendere che poche paroJe tanto mi fa ribrezzo la cosa. Come in momenti sì formidabili di pericoli e di speranze per la Patria, vi sarà ;pur uno che abbia cuore, e sia sì infame e stolido per porre sull'altare della Patria in luogo dell'imagine d'Italia, la miserabile propria figura? Si lascino gli egoismi, che sono cose di vituperio, e si glorii ognuno di essere milite obbediente, combattente nella falange dei generosi, dovesse pure andarne obliato il nome.

Dirà poi al sig. Checcatelli in mio nome che gli sono grato deHa fid!ucia che ha in me; ma il vero. modo di portarmi affetto si è di non venir mai meno all'opera generosa cui Egli si è dedicato, e de.porre ogni individualismo fosise pure il più ragionevole; e con ciò mi riferisco a certo dispetto ·che si è in Lui prodotto al seguito dell'affare Franchini (1).

Ella, Sig. Console, prosegua nella Sua opera dignitosamente conciliativa e prudente.

P. S. -Ho detto già che questo Governo, sebbene non abbia un compito universale e quindi non possa fare quello che tocca agli altri in quest'opera complessa, pure non manca di fare il suo proprio, e di s•econdare stud.Josamente e sagacemente quanto tocca a fare ai Romani, e coopera a ciò con tutti i mezzi che m:an mano gli cadono in mano, e anco ne affretta e ne procura di nuo'vi. Pll'·eme ora a me di conoscere a fondo la condotta del sig. La Valette, l'animo suo reale, tutto quanto il su0 spirito in quanto concerne la soluzione Romana. Con lui fa d'uopo si stringano quanto più possono codesti Signori, e ove ne sia. degno fa d'uopo usino con lui l:a confidenza più estesa, e se trovino che al ouore si aggiunga capadtà di alti e fecondi concetti sarà utilissimo se lo assoderanno alla .generosa Loro ·cospirazione, fino a fare in modo .che Ei ne creda avere il merito. Raccomando tutto ciò, e di avvalersi di ogni generoso artificio.

Che fa l'aristocrazia romana? Al bravo Gaetano (2) non tiene dietro altri? Badi che ogni dispaccio poLitico contenga al di fuori la prescrizione del

Riservato.

c Non ho mai fatto cenno a V. E. della venuta in Roma del R. Suddito signor Franchini, e delle circostanze che accompagnarono la di lui breve dimora, non avendo creduto attribuirglialcuna importanza, ma siccome diversi giornali ne hanno fatto oggetto di polemica, credo opportuno, senza rammentarne gli incidenti già resi noti colla stampa, di rassegnarle quelle poche indicazioni che mi riguardano particolarmente.

Egli mi si presentò il giorno dopo al suo arrivo chiedendomi se non avevo ricevuto dal R. Governo alcuna commendatizia sul di lui conto, e sulla mia negativa, mi disse che mi sarebbe pervenuta, essendosi egli qui portato per missione governativa. Non entrò nel merito della medesima, ma si accontentò di dimandarmi per il momento appoggio e protezione. Non avendomi egli presentato alcun documento giustificante le sue asserzioni, a mente delle istruzioni più volte ricevute, credetti tenermi col medesimo in assoluta riserva, e di non accordargli fiducia : nate in seguito le diffidenze ed i dissidii tra esso ed il Comitato Nazionale, si presentò nuovamente per espormi voler giustificare la menzogna degli appunti atribuitigli, onde io me ne rendessi garante presso il detto Comitato, e le persone presso le quali egli era in sospetto. Nissuna prova però fu in grado di darmi in suo favore, per cui mi mantenni nella istessa riserva, tantopiù che già erano qui giunte da Torino informazioni contrarie affatto alle sue asserzioni. Dopo io più .non ravvidi il Franchini, e seppi da altri l'udienza accordatagli da Sua Santità, e la scena che la accompagnò e la succedette •.

(1) Sull'affare Franchini, cfr. quanto scriveva il Teccio di Bayo al Ricasoli il 7 febbraio 1862, n. 134:

(2) Allude a D. Michelangelo Caetani, duca di Sermoneta.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 372. Berlino, 6 febbraio 1862. Afin d'etre à meme de répondre à la dépeche que V. E. m'a fait l'honneur de m'a:dresser en date du 30 Janvier (Cabinet) (1), j'ai pris des rensei·gnemens de divers còtés. J'avais déjà, depuis plusieurs jours, des indices qui me portaient à admettre l'existence de pourparlers confidentiels dans le but de poser la candidature de l'Archiduc Maximilien au tròne futur du Mexique. Si je n'en ai pas écrit plus tòt, c'est que je supposais que le Gouvernement du Roi en aurait eu avis de Paris d'où part l'initiative de ce projet. Il me résulte, en effet, que l'idée en a été émise, dès l'automne dernier, par l'Empereur Napoléon lui-meme dans un Conseil des Ministres. Mais cette idée n'a pris quelque consistance qu'après la signature du traité réglant l'action combinée de la France, de l'Angleterre et de l'Espagne pour réclamer le redressement de leurs griefs contre le Mexique. Le Due de Grammont avait été chargé de sonder le terrain à Vienne. Et, d'après les nouveHes les plus récentes de cette capitale, ses insinuations n'auraient été repoussées ni par l'Empereur François-Joseph, ni par l'Archiduc Maximilien. L'Empereur d'Autriche nommément et son entourage ne verraient peut-etre pas de trop mauvais reil s'eloigner ainsi un Prince dont le renom libéral offusque le parti réactionnaire. Mais il n'y a point eu jusqu'ici d'acceptation formelle, acceptation nécessairement subordonnée à la maQ'che ultérieure des événemens, et aux vreux des populations qui n'ont pas encore été consultées. Pour le moment aussi la candidature dont il s'agit n'aurait point été rattachée à une cession de la Vénétie. J'ignore s'il y a quelque arrière-pensée à cet égard. Dans tous les cas, ce n'est pas là une affaire à courte échéance. Mais il n'est pas moins vrai que la réalisation des intentions de l'Empereur des Français relativement à l'Archiduc, pourrait rendre le terrain plus favorablc pour la combinaison qui nous tient si vivement à creur. Le nouveau Royaume ne pourrait se fonder et se consolider que moyennant une occupation plus ou moins longue du territoire mexicain par les troupes alliées. Il en résulterait une certaine dépendance de la maison de Habsbourg vis-à-vis des Puissances occidentales. Celles-ci seraient alors plus à meme qu'aujourd'hui d'exercer une influence salutaire, surtout si d'autres Etats de l'Amérique du Sud passaient, à l'instar du Mexique, sous le régime monarchique, et acceptaient pour Souverains des membres des anciennes familles dépossédées en Italie. A ce propos il me revient, d'assez bonne source, que bon nombre de notabilités politiques dans ces pays, seraient assez disposées à déserter le drapeau républicain. Ce n'est que hier que le Prince de La Tour d'Auvergne a parlé au Comte

de Bernstorff sur ce sujet, mais bien entendu confidentiellement et par voie d'insinuation.

(1) Cfr. n. 60.

77

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 357-361)

R. CONFIDENZIALE 59. Parigi, 6 febbraio 1862. Rispondendo al Dispaccio di Gabinetto che V. E. mi fece l'onore di dilrigermi in data del 30 Gennaio scorso (1), pregiomi portare a di Lei notizia le seguenti informazioni intorno alla vertenza Messicana. L'idea d'un intervento Europeo al Messico collo scopo di stabilirvi in seguito una forma di Governo monarchico, non è nuova, e nacque per la prima volta nel Messico stesso. La prova poco felice delle varie amministrazioni che si succedettero in quel paese dopo la separazione dalla Monarchia Spagnuola aveva suggerito fin dal 1840 al partito assolutista, composto invero quasi esclusivamente dall'elemento clericale, a porre innanzi 'l'idea dell'intervento e della monarchia. Si fece organo di queste idee il Sig. Gutierr·ez Estrada, il quale le espose in una pubblicazione che valse all'autore il bando dalla sua terra natale. Venne in seguito l'amministrazione di Santa Anna, la cui storia è bastantemente conosciuta in Europa. Ma ciò che forse non si conosce abbastanza si è che il Santa Anna, avendo sperimentato esso stesso la grave difficoltà di governare un paese, guasto nell'amministrazione e nei costumi, con ordini repubblicani, ripigliò nel 1854 il concetto medesimo e tentò di ridurlo ad esecuzione. A questo fine egli mandò in quell'epoca istruzioni secrete a Gutierrez Estrada, incaricandolo di tentare presso le Potenze Occidentali d'Europa, se fosse possibile il deci

derle ad un intervento al Messico avente per risultato di costituirvi il principio monarchico. Ma ,scoppiò in allora la .guerra d'Oriente; poco poi cadde lo stesso

Santa Anna; cadde in !spagna il Ministero di San Luis che favoriva queste pratiche, e tutto si rimase.

Più tardi nel 1857 il Sig. Gutierrez Estrada, sempre esule in Europa, tentava d'intavolare nuove pratiche, che ancora andavano fallite. ImP·ercioc·chè gli eventi d'Italia e la guerra a cui diedero luogo tenevano i Governi Europei distratti altrove.

Intanto l'Amministrazione Messicana precipitava ogni di più. Agli abusi interni successero altri abusi diretti a danno degli stranieri residenti al Messico. I reclami sporti ·dai Ministri esteri erano male ac.colti e non esauditi. L'E. V. potrà formarsi un'idea esatta di quanto succedeva a questo riguardo, percorrendo le pubblicazioni ufficiali recentemente fatte dal Ministro degli Affari Esteri dell'Imperatore. Del resto anche i sudditi italiani porgevano reclami che tornavano inesauditi. Le cose vennero al punto che i Ministri di Francia, d'Inghilterra e di Spagna si credettero forzati a rompere le relazioni diplomatiche col Governo del Presidente Juarez. Ciò accadeva nel Luglio del 1861.

Le tre potenze pensarono allora seriamente ad una spedizione militare, la quale dovesse avere per iscopo d'ottenere le occorrenti soddisfazioni, e di facilitare al tempo stesso, in un modo indiretto, la costituzione d'un Governo ordinato.

La spedizione fu decisa nel Settembre, e una convenzi'one fu firmata a quest'oggetto nell'Ottobre seguente.

V. E. conosce questa Convenzione; mi credo perciò dispensato dall'esaminarla. Devo solo notare ·che la spedizione e la Convenzione furono cagionate esclusivamente dalla necessità in cui il Governo Messicano pose le tre Potenze di tutelare la sicurezza e i diritti dei loro sudditi rispettivi, e non già dalle pratiche precedenti a cui ho accennato. Noterò in secondo luogo che le tre Potenze contraenti stipularono che nessuna di esse si proponeva di trarre dalla spedizione un vantaggio per sè.

Come dissi, la spedizione aveva due oggetti; uno diretto, cioè la soddisfazione dei gravami; l'altro indiretto, <:ioè lo 'stabilimento· d'un Governo 01rdinato.

Intorno a questo secondo oggetto, ebbero luogo parecchie conversazioni ufficiose ira l'Imperatore e il Sig. Thouvenel, e parecchi Messicani influenti residenti in Europa, fra cui menzionerò il Sig. Gutierrez Estrada, il generale Almonte, e il Sig. Hidalgo, ,già Incaricato d'Affari del Messico a Parigi. Questi signori si misero pure in comunica;done ufficiosa con Lord Palmerston e col Maresdallo O'Donnel. Essi domandarono ai tre Governi lo stabilimento d'ella Monarchia al Messico ed un Princip•e Europeo.

I tre Governi rtsposero agli ufficii fatti che i Comandanti delLa spedizione avevano per istruzione di dare appoggio a qualsiasi tentativo fatto da uomini onesti per stabilire un Governo ordinato. Espressero la loro simpatia, di preferenza, ad un Governo di forma monarchica; ma dichiararono unanimemente che non si sarebbero mai risolti ad imporre alla popolazione messicana una forma di Governo qualsiasi, e che in niun caso avrebbero proposto un candidato o Francese o Inglese o Spagnuolo.

In questo stato di cose il generale Almonte, uomo influente al Messico, ove rappresenta insieme a Commonfort ed altri, il partito Hberale moderato, si decise di partire per la sua patria, coll'intento di mettersi alla testa di un p3.1l"tito monarchico, il quale appoggiandosi all'influenza morale della spedizione provocherebbe la riunione d'una costituente che si .pronuncierebbe per una Monarchia Messi.cana con un Principe Europeo.

Il Generale Almonte partì da Parigi solamente quattro giorni fa, e prima che esso sia giunto al Messico, e che la spedizione abbia fatto le sue prime operazioni non potrà sapersi se il partito monarchie() abbia probabilità di !riuscire nell'intento che si propone. Pare intanto che il Presidente attuale del Messico si disponga a sostenere la guerra.

Il Geneo:-ale Almonte porta seco tutte le pubblicazioni fatte nei giornali europei concernenti la ·candidatura d'un Principe Europeo al Messico. I candidati di cui più si occuparono gli organi della pubblica opinione in Europa e in America sono l'Arciduca Massimiliano, il Conte di Fiandra, il Conte di Trani, l'infante Don Sebastiano e la Duches~a di Montpensie,r.

Finora non vi fu in proposito alcun atto ufficiale. Il Sig. Thouvenel mi dichiarò esplicitamente che la Francia non intende imporre nessun Governo al Messico, benchè vedrebbe con maggior simpatia lo stabilimento della forma monarchica. Questa forma e la scelta del Principe sarebbero quindi subordinate alla decisione d'una costituente Messicana. In ogni caso rimane fermo che nessun

• 1.., !J.(

principe Francese, Inglese o Spagnuolo sarebbe ammesso dalle rispettive Potenze. La Spagna stessa, in un Dispaccio diretto al Sig. Mon, Ambasciatore della Regina a Pa.rigi, esclude recisamente ogni candidatura di Principi Spagnuoli, e quindi quella di Don Sebastiano e della Duchessa di Montpensier. La sola candidatura seria è quella dell'Arciduca Massimiliano, alla quale propendono l'Imperatore Napoleone, il Re Leopoldo del Belgio, e il Governo inglese. Pare che l'Austria, senza mostrarsene desiderosa, acconsentirebbe, e l'Arciduca stesso, spinto a quanto dicesi dal Re Leopoldo, non sarebbe alieno dall'accettare, a condizione ben inteso che la sua nomina procedesse dalla libera iniziativa d'una Assemblea Messìcana.

Il Sig. Thouvenel, da me interpellato in proposito, rispose, che !nessuna parola ufficiale era corsa su questo argomento; ma che l'Imperatore s'era aperto col Principe di Metternich, in via ufficiosa, facendogli conoscere che esso, occorrendo il caso, preferirebbe la candidatura dell'Arciduca.

Ecco a qual punto son le negoziazioni intorno a questa vertenza.

"' Io volli domandare al Sig. Thouvenel se nel pensiero del Governo francese, l'assunzione d'un Arciduca al trono Messicano si complicasse per avventura colla soluzione più o meno prossima o remota della questione veneta.

Egli mi rispose che finora la questione della candidatura eventuale dell'Arciduca era un fatto isolato; che nessuna parola nè ufficiale nè ufficiosa era corsa, la quale potesse far credere ad una connessione fra le due questioni; connessione la cui enunciazione sarebbe stata in ogni caso respinta dall'Austria nel modo il più formale.

Ma anche se l'Imperatore nel segreto del suo animo pensi che la questione Messicana possa giovare in futuro alla soluzione della questione veneta, le pratiche sono ancora troppo immature perchè questa idea siasi potuta formolare nel suo pensiero in modo preciso. *

(1) Cfr. n. 60.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 355-357)

L. P. Parigi, 6 febbraio 1862. Il * Signor de Boittelle * prefetto di polizia, dopo aver preso *consiglio * dal Conte di Per,signy, si risolse a fare stampare la copia della lettera del si,g'nlor Baudon, di cui parlai aJ:l'E. V. Mi pregò quindi di farla pubblicare nella Perseveranza facendola precedere da queste semplici parole: c Sappiamo che ~. seguente lettera fu diretta dal signor Baudon presidente .generale della società idi San Vincenzo de' Paoli a Parigi, a parecchi presidenti della stessa società in Italia». Io incaricai il conte Sormani, segretario di questa Legazione, che è lin relazione con uno dei direttori di quel foglio, di mandargli la lettera, perchè si pubb11chi preceduta dalle poche parole ~surriferite. Pregai poi il conte Sormani a non 1ndicare al suo corrispondente l'origine della ·comunicazione. È intenzione

del Conte di Persigny di servirsi di questa pUbblicazione nella prossima discussione al Corpo Legislativo, per combattere questa pericolosa associazione.

Il Conte Walewski mi ha espressamente incaricato di ringraziare V. E. di quanto fece pel Bargagli.

Ho fatto conoscere, per mezzo del Conneau, all'Imperatore il linguaggio che tiene Goyon nella sua corrispondenza. Spero che questa * àémarcne * avrà qualche buon risultato.

L'Imperatore, al ricevimento di ieri sera, facendo il giro della sala, ove i capi di Missione si trovavano radunati, scambiò meco alcune parole, per congratularsi della migliorata condizione di cose a Napoli, ma si mostrò molto inquieto degli affari di Sicilia. Il signor Thouvenel mi manifestò eguali preoccupazioni. Le sarei grato se mi mettesse in grado di conoscere ·se per avventurru non si esagera intorno alle cose siciliane. Il signor Thouvenel rende piena giustizia a

V. E. del fermo proposito ch'Ella mostra di mantener tranquillo il paese e di opporsi a tentativi mazziniani o garibaldini, ma non mi celò la sua inquietudine sui progetti che si attribuiscono a Garibaldi di fare uno sbarco in Dalmazia. M'affretto a prevenirla, soggiungendo che anche Benedetti ha avuto incarico di chiamare la di lei attenzione· in proposito.

Intorno alla questione romana, dopo la risposta d'Antonelli mandata da La Valette, non si fece ~altro ufficio. È intenzione del Governo francese d'osservare anzitutto la piega che piglierà la questione nelle due Camere, ove sta preparandosi la lotta. Nel Senato il signor Thouvenel (parlando negli uffici) fece preva•ler·e il partito che la Commissione esprima H suo rincrescimento che la Corte di Roma abbia risposto con tanta inflessibilità aLle propost~ benevole di conciliazione fatte dalL'Imperatore. È poco se si considera la ·cosa in sè. È rmolto se si pon mente in qual luogo e in mezzo a chi la proposta fu fatta e accolta. Parlarono bene e in favore nostro Thouvenel, Vaillant e altri. Parlò male il Brenier. Dei dieci commissarii al Senato, sette nop. ci sono ostili, tre avversi, Barthe, Dariste e Bourqueney. *Ho insistito in questi giorni perchè il Principe Napoleone parli in Senato. * Ho il 1bene d'annunziarle ·che parlerà e nel senso da me indicatole in altl'a lettera. Spero poi che al Corpo •legislativo si voterà una clausola un po' più esplicita, e si lavora perchè si esprima addirittura la convenienza della cessazione dell'occupazione.

Le negoziazioni commerciali procedono bene e lavoriamo lo Scialoja e io perchè procedano anche alacremente. Questo trattato; oltre al vantaggio commerciale, avrà pure a mio avviso una grande utilità politica, e sarà un atto importante della di lei amministrazione.

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APPUNTO DEL PROFESSOR C. BIANCHI SULLA QUESTIONE UNGHERESE (ARB, cass. D2, n. 85, inserto 3)

Torino, 7 febbraio 1862.

Il sig. Pulsky si reca a Parigi per avere criteri certi sulla politica imperiale rispetto alla Ungheria.

Sembra che egli creda ad una crisi imminente. Il partito liberale austriaco cerca d'intendersi col partito Deak moderato ungherese, per timore che un sollevamento in Ungheria faccia risorgere e rassodare l'autocrazia militare nel

l'impero austriaco. Vi fu una conferenza in Pesth, nella quale si concordò presso a poco nelle >basi di una conciliazione. L'Ungheria tornerebbe allo statu quo del 1848; non si potrebbe alffilllettere che il Regno così restaurato e avente per re l'imperatore d'Austria, rimanesse con un esercito separato; ma si ammetterebbe la separazione quanto alle finanze e agli altri rami di amministrazione. Se questa conciliazione fosse accettata, l'Ungheria, in caso di guerra contro l'Italia od altri, fornirebbe il contingente prescritto dalla Prammatica Sanzione. Gli Austriaci venuti alla conferenza di Pesth si facevano forti del nome di Schmerling, e le loro promesse convalidavano colla sicurezza della sanzione di lui: dubitavano però di venire a conclusione, poichè alle guarentigie solide ch'essi offrivano, gli Ungheresi di Deak non potevano corrispondere se non colla dubbia probabilità di avere la maggioranza nella Dieta.

Se i tentativi di conciliazione fallissero non sembra possibile evitare una collisione. Non è piccolo il partito che si nega ad ogni trattativa e che vuole una radicale separazione dall'Austria. Questo partito riconosce ancora, in forza di antica abitudine, per suo capo Kossuth, ma si afferma che la influenza di esso va di giorno in giorno scemando, e si indica Klapka come l'Uomo dell'avvenire.

Il Pulsky, dopo il viaggio di Parigi, si recherà a Caprera ad esplorare l'animo di Garibaldi.

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L'INCARICATO D'AFFARI A STOCCOLMA, MIGLIORATI, AL PRESIDENTE, DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RlCASOLI

R. 111. Stoccolma, 7 febbraio 1862.

Il Re Carlo ha ~ricevuto giorni sono una lunga lettera dal fratel suo il Principe Oscar con la quale .gli rese un conto ·Circostanziato tanto dell'accoglienza avuta a Torino per parte di S. M. quanto delle testimonianze di simpatia che ricevette dal popolo italiano.

Da quanto seppi sia dal Conte di Manderstrom che dal Re medesimo sembra che S. A. R. sia rimasta oltre ogni dire ·soddisfatta del suo soggio.rno in Torino, e ne serberà nell'animo suo ·grata memoria.

Sensibile l'A. S. alla bontà di S. M. il Re Nostro Augusto Sovrano, per i lunghi colloqui ch'Egli si compiacque tenere con esso lui intorno ai grandi avvenimenti che si ·Compirono in Italia dal 1848 in poi, nonchè sull'attuale difficile posizione in cui ancor versa il nostro paese, mentre sta attendendo con fede sicura la soluzione di due grandi quistioni: Roma e Venezia, il Principe Oscar espl'esse nella Sua lettera il profondo sentimento di ammirazione da cui fu preso per la Maestà del Re Nostro Sovrano e ia convinzione sua doversi i1 trionfo della causa nazionale nostra all'aver Esso saputo stabilire un perfetto ac·cordo, e una intiera fiducia tra Sovrano e popolo. Parla eziandio d'ella necess~tà in cui si trova l'Italia di a<Vere Roma e Venezia, e fa voti IP€r la soilecita soluzione di queste due questioni, mentre acc·enna con chiarezza gli osta·coli che vanno ad esse collegati.

Fui lieto infine di conoscere il giudizio che S. A. ha sopra i principali. nomi politici che diressero e dirtggono le sorti del: nostro paese, e coi quali sembra essersi E·g'li intrattenuto onde studiare e conos·cere a fondo le basi delle nostre costituzionllli istituzioni.

I giornali Svedesi hanno pubblicato parecchie relazioni concernenti il soggiorno di S. A. R. a Torino e queste furono tutte così impresse di riconoscenza e di gratitudine verso il nostro Monarca ed il Suo Governo che da circa dieci giorni non havvi Svedese che io incontri il quale non me ne tenga parola.

Non debbo, inoltre, lasciare ignorare a V. E. che la stampa ·svedese colse quest'occasione per esprimere la lusinga della nazione che S. A. R. il Principe Umberto si ll'"e·chi a far una visita al Re di Svezia nella prossima estate: e di questo desiderio della nazione il primo interprete è stata la gazzetta officiale, in un suo articolo, alla quale io credo era stata comunicata la relazione di

S. A. R. Nel mio raJpporto, n. 95, del 3 Dicembre ultimo scorso (1), io accennai all'E.

V. l'idea ·Che si va qui ·c(Jiltivando d'introdurre una riforma aHa legge fondamentale del Regno. Giorni sono difatti una commissione composta d'uomini appartenenti al partito liberale della Dieta presentò a S. E. il Barone de Geer, Ministro della Giustizia una petizione coperta da circa 38.000 firme, preganidolo volesse presentarla al Re come !Pruova che ·la Nazione vorrebbe prendesse l'iniziativa nella riforma costituzionale. Il Barone de Geer fec·e alla commissione una risposta :di cui qui unita ho l'onore d'inviare a V. E. la traduzione.

Il Barone de Geer che passa per l'uomo di Stato fra tutti il più liberali'! non ha dato molto fondamento a questa credenza con la sua risposta, neUa quale -e l'E. V. ben lo potrà :scorgere -non vi è quella sicurezza di idee, e quella franchezza di dire, ·che le alte vedute di un avvenire più 1Lberale pel suo paese avrebbero dovuto ispirargli nel suo discorso.

.ALLEGATO.

Messieurs

Je reconnais comme vous et comme ceux que vous représentez le besoin qu'a le pays d'un mode de représentation plus conforme au temps. J'ai la ferme croyance qu'une réforme accomplie dans le sens qui a été suivi avec succès, non seulement par les peuples qui nous sont alliés de plus près, mais aussi par presque toute l'Europe libre, contribuerait à rendre le peuple Suédois uni et fort, et qu'elle offrirait moins de danger qu'on n'en doit attendre de la représentation par Ordres.

Dans cette persuasion je ne serais pas d'accord avec moi méme si, dans le poste que j'occupe actuellement, je négligeais aucun moyen légal et honorable de faciliter l'accomplissement de la réforme.

J'ai trouvé jusqu'à ce jour une raison légitime de l'inaction du Gouvernement à ce sujet dans l'impossibilité où il était de rien accomplir. J'apprécierais l'importance de l'opinion que vous représentez·, Messieurs, si j'y voyais une preuve que cette impossibilité a maintenant cessé. C'est cependant un signe du temps, le quel uni à d'autres nous permet d'espérer que nous approchons à grands pas de l'époque où l'on peut au moins essayer avec quelques espoirs de succès, la solution de cette question qui concilie, autant qu'il est possible, la prétention au droit général avec la sécurité générale.

Je soumettrai avec satisfaction à S. M. la pétition que vous me présentez comme étant un tel signe de l'époque.

(1) Non pubblicato.

81

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in Ricasoti, VI, pp. 361-364)

L. P. Torino, 8 febbraio 186>2. Conosco a tarda ora la partenza, questa sera, del cav. Grattoni; ma pur voglio profittare dell'occasione per dirigerle alcune parole in replica della sua del 6 ·COI"Irente, avuta nelle ore pomeridiane (1). Tutto procede al di là delle mie aspettative in quanto concerne l'ordine interno. Con l'abolizione della Luogotenenza Siciliana, le nuove che mi giungono dall'Isola sono per la migliore. Dal: primo febbraio in poi tutti i telegrammi mi annunziano ovunque tranquillità, e la stessa leva ha preso un indirizzo dei più lusinghieri. Il Governo però non si fa illusioni in niente, e se non si lascia preoccupare da un male neppure si lascia sedurre da un bene, prosegue nell'opera sua riordinatr1ce, opera complessissima, e lenta, perchè a me non è dato creare gli uomini e rifare quelli che già esistono; occorre operare per scelta lenta progressiva, e quindi io non posso darvi una Italia che rappresenti, se non un secolo d'oro che non sarà mai, ma neppure l'età dell'argento nel corso di poche settimane. Basti il dire che ne'l mese di luglio non avevamo diecimila Carabinieri e ora ne abbiamo circa quindricimila. Ma non sono ancora educati, ancora addestrati!

Non si tema: l'Italia va per la via del suo riordinamento; e le popolazioni fanno prodigi per questa via, quando si pensa che sono il frutto del più iniquo dei Governi; quando si pensa che escono da Dittature, da Prodittature, che hanno

scompigliato tutto, e messo in convulsione ogni più infausta passione. L'Italia è per la via del suo consolidamento, e non temo dell'esito; me ne raffida la ragione e l'opera mia indefessa.

Il male ci viene da Roma, perchè di là è incessante il soffio animatore della reazione. Io sono dietro raccogliendo le fila del più esteso ed infame complotto borbonico che siasi ideato a Roma. Carte preziosissime mi sono già giunte in mano che portano la firma dell'Ulloa, primo ministro del Borbone. Ecco a che servono le baionette francesi! Come si fa a ordinare e pacificare l'Italia, a guadagnare fiducia e autorità? Ho tutto il programma della cospirazione che ha centri e nodi ovunque, e Marsiglia stessa è un centro. Ma per ora basta. Se posso proseguire per le vie di questo infame complotto e pesarvi sopra al momento opportuno, farà strepito, e farà chiaro se abbiano gli Italiani ragione di aborrire Roma papale.

Non è di Mazzini, che si deve stare in pena, ma egli è di questa reazione furibonda che la Francia sostiene senza volerlo. Anch'io vedo che dobbiamo aspettare le "discussioni del Senato e del Corpo Legislativo.

Io verso in difficoltà immense, senza però sentirmene superato. Si vuole l'ordine interno, e la più feroce reazione si mantiene a Roma sotto l'ombra della Francia. Si fa chiara la necessità di tenere lontana d'Italia ogni sorta di agitazioni, e deporre affatto l'idea di imprese arrischiate, e un giorna~e si pubblica e dicesi, con .i denari del Re, nel quale si allude a quelle imprese senza tenere conto nè del Governo, nè del Parlamento (legga il Tribuna d'oggi) (1). *In verità

si perderebbe ogni fede nelle teste coronate, ed io, nel vedermi attraversato da loro nella mia opera di conservazione, dovrei perder pazienza e voltar casacca e farmi repubblicano. Debbo dire il vero che non è dalle moltitudini nè dal partito rosso che io ho le vere uggie; queste mi vengono da Roma e dal contorno spudorato di questo nostro Re. * Ho fede che vincerò anche di queste difficoltà; 'sono certo che il Parlamento approva la mia politica; e poichè ogni male non viene per nuocere così spero che il Parlamento si stringerà ognora più ad un Ministero •che salva l'onore del Paese e della *Camera.*

Se l'occupazione francese a Roma dovesse prolungarsi di troppo, io prevengo ·che la condotta insolente del Goyon cagionerà qualche grave inconventente. Il Governo francese ci t>ensi, e per carità cessi da un'attitudine cosi sgradevole, quella che le sue armi sussidiano i satelliti del Governo romano.

So che nella sera del 3 volevasi fare una dimostrazione pacifica al Teatro Tordinona, e fu impedita dalla presenza di due Compagnie francesi. I Francesi non impediscono i briganti, o li impediscono imperfettamente, e impediscono le civili e religiose dimostrazioni dei Romani, che tanto potrebbero contribuire alla soluzione della questione romana.

Quanto allo sbarco di Garibaldi, per ora non è che una voce. Io mi sono bene dichiarato, e sono risoluto di tenere tranquillo il paese e di oppormi a qualunque follia. Sono certo dell'esito del mio proposito. Aspetto efficace cooperazione anco dal Governo francese.

Sento .con vero piacere che le trattative per la convenzione commerciale proseguono bene e fanno sperare un esito molto speranzoso. Me ne dichiaro soddisfatto.

(1) Cfr. n. 78.

82

IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

T. 38 (annesso al R. 37 del 30 gennaio 1862). Atene, 8 febbraio 1862.

Le travail souterrain continue. La conspiration avance et la révolution serait certaine si elle avait des chefs plus généralement connus et si tout le monde ne vivait en grande défiance l'un de l'autre.

(1) 11 Ricasoli era in possesso della seguente • informazione riservata • di Celestino Bianchi (ARB, oass. D2 n. 15, 8 febbraio 1862): • Sono assicurato che il Re vede spesso il Muratori proprietario del Tribuna. Questo gic.rnale sostiene attualmente le due tesi: Dimissioni del Ministero e scioglimento della Camera. A Venezia e non a Roma •·

83

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 364-366)

L. P. 41. Parigi, 8 febbraio 1862. Il rialzo manifestatosi sui nostri fondi dopo le passate perturbazioni deve attribuirsi a più cagioni. Accennerò brevemente a V. E. quali a mio giudizio siano le principali. l • La nuova attitudine, meno indecisa, pigliata dalla Francia nella questione romana e risultante dalla nota di Thouvenel, dal linguaggio dell'Imperatore al Nunzio e all'apertura del Parlamento; linguaggio molto significativo nelle sue riserve. 2° Le migliorate condizioni di Napoli, ifatte manifeste e per altri mezzi e per la pubblicazione dei dispacci del Console di Francia a Napoli. 3• La cessazione di quella agitazione che erasi fatta a Torino intorno al Gabinetto, e l'attitudine più energica presa dalle due Camere nel sostenere il Gabinetto. 4• La fiducia che si ha che il Gabinetto da V. E. presieduto non si lasci smuovere da impazienze e tentativi che possano mettere a rischio la pace d'Europa. 5° *Le mi,sure * prese dal ministro Fould su'lla conversione della rendita francese. 6• Un conseguente aumento di domande di fondi nostri, fatta dai piccoli proprietarii e possessori di fondi francesi, a titolo di collocamento di risparmi e piccoli capitali. 7• Credo che anche la notizia del buono andamento dei negoziati commerciali abbia contribuito al rialzo. Un trattato di commercio conchiuso con la Francia è un atto non solo economico di molta importanza, ma altamente politico. A questo proposito posso assicurarla che le negoziazioni procedono alacremente. Ieri abbiamo avuto una seconda conferenza la quale si aggirò esclusivamente sull'esame della tariffa. Lunedì ne avremo un'altra. Ella sarà regolarmente informata con sollecitudine da Scialoja e da me. Questi negoziati aumentano talmente le mie occupazioni, già molto gravi pel sollecito disimpegno degli affari ordinari, che non posso sempre scriverle a lungo, come vorrei. Tuttavia non ometterò nulla perch'Ella sia informata d'ogni cosa che valga. La discussione si prepara nelle due Camere francesi sull'indirizzo. Fin là il Governo francese non farà nè dirà nulla. Dopo la discussione, s'ella procede bene come desideriamo, sarà tempo di far nuovi uffizii. Le scrissi quello che ho potuto raccogliere sul Messico. Le informazioni mi vengono dal Thouvenel, da Mon, e dai Messicani mentovati nel dispaccio. Le sorgenti sono quindi buone essendo controllate le une con le altre. Il nuovo Nunzio (Chigi) ha ricevuto in questi giorni le visite del corpo di

plomatico. A me, come era naturale, non ha mandato avviso. Mi astenni quindi dal rendergli visita. A me basta ch'egli siasi così collocato dalla parte del torto.

• Ora chiamo la di lei attenzione sopra un affare che concerne il duca d'Alba,

parente dell'Imperatore. Ella vedrà di ·che si tratta per.correndo l'unito foglio (1). La prego di parlarne all'egregio Bas:togi, .e di mettermi poi in misura dii :lial" sapere che il Governo mette la più gran sollecitudine nel procurare che si faccia diritto a ogni .giusto reclamo. *

Se si potrà votare un bilancio normale, sarà ottima cosa. Qui si vede con piacere che la Camera si faccia operosa. Atenolfi mi ha recato a questo riguardo ottime informazioni. La di lei lettera le conferma e completa, e ne la ringrazio. Essa mi gioverà nelle conversazioni con questi signori. Se ha buone o migliori nuove di Sicilia me le mandi. V'ha chi ha interesse ad esagerarne il mal:umore presso l'Imperatore, il quale se ne mostrò meco inquieto.

Uno di questi giorni mi sono :imbattuto col Grandguillot del Pays. Mi sono !agnato amaramente con esso del linguaggio tenuto da questo giornale, linguaggio che recava nocumento ad una causa per la quale esso vanta delle simpatie, eh~ nuoceva ugualmente al Presidente del Consiglio e al Presidente della Camera, che feriva la prerogativa del Re e il sentimento nazionale, e che metteva me qui in una difficile posizione. Il Grandguillot mi promise, queLlo che gli domandai, cioè di non occuparsi più nè in bene nè in male del nostro Gabinetto; e Dio gli perdoni il mal fatto.

P. S. -Aggiungo una corrispondenza d'Atene sull'ultima crisi ministeriale.

84

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

T. 40. Londra, 9 febbraio 1862, ore 16,27 (per. ore 18,15). Palmerston m'a confidentiellement dit hier au soir que l'Autriche nous accuse de favoriser secrètement une expédition contre la Dalmatie organisée par Garibaldi et le parti d'action. Il ne croit pas un mot de ces accusations sachant

que ce n'est pas dans votre caractère, mais il pense qu'il serait utile, par quelque déclaration à •choix, de enlever à l'Autriche ce prétexte de mauvads voulloir.

85

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 30. Torino, 10 febbraio 1862, ore 11,30. Vous pouvez assurer formellement Lord Palmerston qu'il n'y a de la part du Gouvernement du Roi ni .compl.icité, ni connivence, ni meme .approbation dans les expéditions contre la Dalmatie si tant est qu'on en prépare: ajoutez que le gouvernement veille pour prévenir et empèche·r si besoin était. Cependant l'Autriche nous donnerait le droit de procéder autrement, car nous savons à n.'en pas douter qu'à Trieste il y a un Comité Bourbonien qui enròle et envoye

réactionnaires sur les còtes italiennes de l'Adriatique, et cela au vu et au su des autorités.

(1) Non allegato.

86

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 375. Berlino, 11 febbraio 1862. J'ai l'honneur de transmettre ci-joint une lettre particulière à l'adresse de V. E. La manifestation politique qui vient d'ètre faite contre la Prusse, à propos de la réforme fédérale, par l'Autriche et ceux des Eta.ts qui gravitent autour de cet Empire, a provoqué les attaques les plus vives du camp libéral. C'est aujourd'hui, m'assure-t-on, que le Caibine.t de Berlin a: répondu à cette protestation, et cela sur un ton assez ressenti. Mais je doute fort qu'il pousse les choses plus loin. Le courage civil manque aux hommes d'Etat de ce Pays. Tout se bornerait alors à un échange de dépèches qui iront grossir les archives des chancelleries allemandes où l'on ne sait presque jamais venir à bout d'une solution. Reste à voir si les Chambres ne chercheront pas à stimuler le Cabinet de Berlin, llorsqu'elles discuteront sur les affaires aUemandes. Les journaux de ce matin annoncent déjà qu'il se prépare une motion pour la reconnaissance immédiate du Royaume d'ltalie. Il m'avait été demandé dès le début de la session et d'une manière très indirecte, si je désirais que cette question fut portée à la tribune, et j'avais répondu que sans vouloir m'ingérer ouvertement à cet égard, j'étais p.rét à fourn1r tous les relliSeignemens qui pourraient ètre sollicités. A propos de la reconnaissanoe, il est évrdent que les circonstances nous serviraient à souhait pour peu que le Roi Guillaume voulut les exploiter. M. de Budberg ne croit pas que le Gouvernement Prussien se soucie de s'attirer de nouvelles difficultés sur les bras, en rompant en visière avec le camp de Wiirtzbourg. Mais le Prince de La Tour d'Auver,gne et Lord Loftus prétendent que M. de Bernstorff ,exprime de meilleurs sentimens, que par le passè, à notre égard. Dans ce cas il serait fort à souhaiter que Lord John Russell se décidat à faire ici la démarche qui lui a été conseillée par Lord Loftus (voir mon rapport n. 371) (1). Quoiqu'il en soit, il me résulte que nous n'avons aucunement lieu de craindre que la Prusse consente à garantir la Vénétie. Le Comte de Bernstorff s'est exprimé très nettement à ce sujet vis-à-vis de M. de Budberg. Je ne suis pas aussi rassuré relativement aux quatre royaumes secondaires, à Nassau et à la Hesse Grand-Ducale. Il me parait difficile d'admettre que l'Autriche ait osé se piacer, au milieu de tous ses embarras, à la tète d'une coalition contre la Prusse, si elle n'avait pas obtenu des engagemens secrets de la pa,rt de

ces Etats secondaires. Ceux-ci pourraient au besoin disposer d'une armée de 150 mille hommes au profit de l'Autriche.

(1) Cfr. n. 58.

87

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (ARB, cass. 54, n. 84, orig. autogr.)

L. P. 2. Berbino, 11 febbraio 1862.

Il Barone di Budberg mi fece ieri visita per darmi lettura di una lettera particolare indirizzatagli dal Principe Gorschakoff in risposta al colloquio che ebbi con questo mio collega e di cui ragguagliai V. E. colla mia lettera del 26 ·gennaio (1).

Le mie insinuazioni avendo rivestito un carattere affatto privato, il Principe Gorschakoff, dal canto suo, stimò meglio di non ispiegarsi in modo ufficiale. Il signor Budberg non mi lasciò copia di quella lettera, ne faccio dunque un sunto a mente.

Il precitato Ministro degli Affari Esteri crede non esservi motivo sufficiente per mutare il contegno della Russia verso uno Stato i di cui limiti ancora non sono raggiunti, poichè apertamente da noi si va accennando alla riunione di Roma e del Veneto al nostro territorio. Il riconoscerei in tali condizioni equivarrebbe, in certo modo, a dare una nuova spinta a progetti che turbar potrebbero la pace europea. D'altronde l'attuale situazione incontra non lievi difficoltà a raffermarsi, almeno nell'Italia meridionale, dove esisterebbe tuttora un partito fedele al Re Francesco II.

Il nuovo Regno non sorse, come lo diceva il Conte di Launay, quasi come da eruzione vesuviana. La sua formazione venne preparata con mezzi e compiuta con atti, la responsabilità dei quali ricade sovra chi di diritto, ed egli fu appunto a motivo di tali mezzi e di tali atti, contrari ai principi che informano i governi stabiliti, che la Russia si decise a richiamare la sua Legazione da Torino.

«Non intendo con ciò biasimare il signor barone Ricasoli. Il suo carattere nobile e leale viene apprezzato in Pietroburgo. Sappiamo discernere il vero merito ovunque lo incontriamo. Il barone Ricasoli accettava il retaggio di una situazione già fatta (2). Egli fu con viva soddisfazione che ho ricevuto le dichiarazioni date dal signOII" de Launay sulla simpatia del suo Sovrano e del suo Governo a nostro riguardo, nonchè sul loro desiderio di vivere in stretta amicizia colla Russia. Presto fede a simili dichiarazioni, quantunque sarebbe forse il caso di domandarsi perchè allora l'emigrazione polacca trovi in Genova un terreno propizio ai suoi maneggi sotto la direzione di Mieroslawski?

« Comunque sia, e malgrado l'interruzione delle nostre relazioni diplomatiche, il Governo russo non osteggia in verun modo la Corte Reale di Torino. Prova ne sia la sua politica d'abstention. Egli non ha mai cercato di sollevare (,ameuter) chi che sta a di lei danno :..

Il barone Budberg, dopo la lettura di questa lettera, disse essergli abbastanza noto lo stile del Gorschakoff per accorgersi che, con tal modo di discutere, non si ·Chiudeva l'uscio ad un ulteriove scambio di idee. «C'est une conversatiO!n qui demande à etre soutenue par l'autre interlocuteur ».

L'inviato di Russia ascoltò le mie osservazioni e rifutazioni. Egli credeva che la Russia, a guisa di altre potenze, non sarebbe aliena dal deporre il lutto

per Francesco II e per gli altri sovrani spodestati nella Penisola e che troverebbesi modo di addivenire ad una riconoscenza se ci dkhiarassimo ·soddistfatti dello statu quo territoriale.

«In tal caso -soggiunsi -dovremmo per ora rinunciare ad una riconoscenza da parte vostra, qualunque ne sia il valore. Giammai i nostri uomini di Stato saranno consenzienti a restringere il nostro programma politico. Ciò non togHe ·che non tralasceremo mezzo alcuno per compierlo pacificamente. A rivederci dunque quando Roma 'e Venezia saranno :in nostro possesso! Però dal momento che il Gabinetto di Pietroburgo non sembra tenace nel suo appoggio morale in favore dei sovrani scaduti dal trono, non gli rimane altro da fare che di prendere consiglio del principio monarchico dal Re Vittorio Emanuele, così ben tutelato nella Penisola, e dei vantaggi che risultano per l'equilibrio europeo da una Italia unita e forte. Inoltre la Russia non dovrebbe dimenticare che, nella previsione di gravi avvenimenti in Oriente, la nostra alleanza potrebbe riuscirle di somma utilità! In tali circostanze, ogni indugio a riconoscere il nostro Regno, danneggia le convenienze stesse della Russia ecc. ecc.».

Il signor di Budberg, riservandosi di trasmettere nuove osservazioni al suo Governo, mi ha ripetuto che bisognava continuare le pratiche. Egli mi disse che in altra lettera il Principe Gorschakoff scrivea le seguenti parole riguardo alla riconoscenza: le mot jamais n'est pas de mise en politique. Egli mi lasci~ pur capire che il Ministro degli Affari Esteri di Russia, nelle sue comunicazioni, non può scostarsi dal modo di sentire di un Sovrano allevato in principii che non sempre vanno d'accordo con quelli adottati in Italia. In pari tempo il mio Collega, per ben due volte, fece istanza sull'opportunità che io fossi posto in grado di somministrare qualche spiegazione atta ad acquietare in Pietroburgo sulle mene del partito polacco nel nostro Stato. Una simile spiegazione produrrebbe ottimo effetto sull'animo dell'Imperatore Alessandro.

V. E. giudicherà se sia il caso, come il crederei, di proseguire questi rapporti extraufficiali ·COl Barone di Budberg. Egli è persona grata p.redsamente nel campo a noi avverso alla Corte dello Czar. Forse la risposta sarebbe stata migliore senza una circostanza che non avrà sfuggita all'E. V. La Santa Sede si è raddolcita riguardo al Governo russo e viceversa, pochi giorni prima dell'arrivo in Pietroburga dei dispacci del signor di Budberg sulla nostra conversazione in gennaio. Quando la Corte Romana inchina a dare una palla nera alle aspirazioni nazionali del clero in Polonia e che il Gabinetto Moscovita è disposto a ricevere un Legato, il Gorschakoff, quantunque scevro di pregiudizi, avrà esitato a consigliare un riavvicinamento coll'Italia.

(1) -Cfr. n. 49. (2) -Notazione marginale del Ricasoli: c A questo giudizio ho dato adeguata risposta •·
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IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (AST, Legazione Francoforte, cart. 5)

R. 11. Francoforte, 11 febbraio 1862.

Les notes identiques (1) remises dernièrement au Cabinet de Berlin par ·l'Autriche et les petits Etats. qui lui serven t de satellites, constituent le grand

événement du jour et causent une très grande agitation en Allema~ne. Les journaux Autrichiens prétendent déjà que ces notes ne contiennent pas seulement une protestation solennelle ,contre la politique Prussienne en Allemagne, mais qu'elles étahlissent en outre le fait d'une entente commune destinée à garantir le territoire des Confédérés, età laquelle viendraient [sic] se joindre pour compléter la nouveUe ligne fédérale, l'institution pvès la Diète d'une Chambre représentative formée par les délé~és des Diètes particulières des divers Etats.

Il est fort possible et mème très probable que l'Autriche qui est à la tète de la coalitiOIIl contre la Prusse, es:père arriver à se faire garantir ses territoires extrafédéraux; mais, jusqu'à présent, il ne parait pas qu'il en soit question; et d'autre part à quoi servirait un traHé de garantie dans lequel n'entrerait pas la Prusse, et qui en obligeant les petits Etats à porter secours à l'Autriche, laisserait leur propre territoire sans défense à la merci des convoitises !Prussi.ennes.

Quant à l'établissement près la Diète d'un Parlement national tformé par les délégués des différents Etats, il est facile de prévoir que le choix des députés se faisant :sous la pvession immédiate des différens Gouwrnemens, l'on en arriverait inévitaiblement à une seconde édition de :la Diète actuelle, tout aussi servile et tout aussi dévouée qu',elle l'est à l'Autriche.

Si donc l'on dégage la démarche de l'Autrtche et des petits Etats des obscurités Germaniques dans lesquelles elles ont voulu l'envelopper, l'on trouve qu'elle se réduit à une simple mise en demeure adressée à la Prusse de sortir de la Confédération ou de continuer à subir comme par 1e passé les déciiSiOilJS d'une majorité irrévocablement acquise à l'Autriche.

La question posée en ces termes ne saurait ètre douteuse; et pour y répondre comme une grande nation qui a la conscience de s:a force ,aussi bien que de sa dignité doit le faire, la Prusse n'a qu'à s'inspirer du sentiment nationa~ qui est tout entier pour elle et les idées qu'elle teprésente.

Jamais depuis dix ans une plus 1belle occasiOIIl ne s'est offerte à la Prusae de ,sortir de ces fatales indécisions qui ,lui ont déjà fait tant de tort auprès du parti Hbéral, en prenant franchement et ouvertement la direction du mouvement unitaire; et la question de la Resse semble se présenter d'elle-meme au Cabinet de Berlin pour lui indiquer 'la courageuse initiative qu'il doit prend're.

En attendant que l'on connaisse la résolution à laquelle se sera arrètée la Prusse, il n'est pas sans intérèt de constater qu'ici les représentants des Etats secondaires encouragés ,comme ils sont par l'Autriche, s'imaginent déjà qru'ils ont placé la Prusse dans une impasse où elle devra nécessairement reculer et, que dans leur joie qu'ils ne dissimulent plus, ils voient déjà revenir le.s temps d'01mtitz pour la Prusse.

Il est inutile d'ajouter de quelle haute importance peuvent [sic] ètre pour la cause Italienne le résultat des dissensions qui viennent de s'élever entre les Etats secondaires d'Autriche et la Prusse. Car, si d'un coté il est évident pour tout J.e monde que l'attitude hostile ou mème douteuse de la Prusse doit singulièrement gèner les mouvemens de l'Autriche en Vénétie, de l'autre còté 11 ne serait pas .impossible que la Prusse en s'entendant avec la France sur un remaniement de territoire, ne s'agrandit considérablement au Nord, au prrix de concessions sur le Rhin. Ce sont là sans :doute des prévisions qui ne sont pas encore à la veille de se réaliser, mais bien des gens, mème id, cro~ent que !la

9 -Doc11menti diplomatici -Serie I · Vol. Il.

Question Vénitienne pourrait bien se lier un jour à celle du Rhin, et ce qu'il y a de certain, c'est que les agents du Gouvernement Français suivent les événemens qui se développent en A:llema.gne avec une attention qui dépasse évidemment les limites d'un simple intéret politique.

(1) Staatsarchiv, II, n. 229.

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IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (ARB, cass. 54, n.83, orig. autogr.)

L. P. 54. Londra, 11 febbraio 1862.

Ieri riceyetti la sua del 6 febbraio (1). Non posso dirle con che vero interesse io legga le sue lettere, le quali, ogni volta più, mi definiscono l'uomo e cosi mi permettono di conoscerla davvero nelle virili e solide sue qualità.

Ella dovrebbe vivere in Inghilterra, che in nessun paese come questo s'apprezza la lealtà, il coraggio civile e la perseveranza per un dato ed onorevole fine. E così mi confermo sempre più in quanto mi colpì immediatamente alla morte del Conte di Cavour, pel quale però avevo, per certe sue grandi qualità, una specie di culto, ed è che quella confidenza che ispira un uomo di talento non solo, ma netto nei suoi movimenti e che forse non esisteva troppo per la nostra politica dopo certe vicende, Ella era destinato a restituirla. E così è, poichè vedo in questi uomini di Stato dei quali si può dir quel che si vuole, ma che son pur galantuomini e conoscitori in menti elevate, è che tutti credono alla sua menoma parola senza occorrano asserzioni smodate. Spero dunque che in virtù di tutte queste simpatie che Ella trova qui non cesserà di sfogarsi con tutta confidenza, quando ne prova il bisogno per le eccessive seccature, pensando che Ella ha qua chi l'apprezza e la compatisce.

Sono stato stamane a discorrere con Lord Palmerston del contenuto di quest'ultima lettera e, stasera, pranzai dai Russell, onde posso, per sicura occasione che mi si presenta domani, scriverle due righe.

Lord Palmeil'lston la ringrazia prima di tutto del suo telegramma di ieri (2), di cui feci pur parola con Lord Russell, il quale mi disse che, essendosi già scritto a Vienna per riguardo a questi reclutamenti di Trieste, Rechberg era montato su tutte le furie dicendo se dimenticavasi da noi che burò o comitati esistevano a Brescia, Bergamo e in tutta la Lombardia per distaccare gli imperiali e reali sudditi dall'obbedienza al loro Sovrano. Rechberg, con bel garbo consultato sulla probabilità d'una cessione veneta, avea, montando sempre più sulle furie, risposto all'Ambasciatore inglese consigliandolo a leggere non so qual 'foglio semi-ufficiale viennese ove si bandisce l'anatema su qualunque più distante allusione al soggetto; però, con tutto questo, Lord Palmerston era d'opinione che precisamente perchè tanto di frequente s'avvalorano a Vienna con proteste consimili, significa che la pensano forse in modo meno positivo, facendo come le donne che molto parlano della loro virtù quando pensano a sbrigarsene.

Ambedue i Ministri assentono interamente alla sua teoria sia su una mora per Venezia, che per una più prossima soluzione di Roma capitale. Soggiunsero che erasi scritto di recente a Parigi onde cercar di convincere l'Imperatore con gli stessi argomenti impiegati da lui stesso in discorsi e note diplomatiche; ma Thouvenel rispondeva stramberie che Lord Russell intendeva ribattere, proponendo l'Inghilterra l'occupazione d'Alatri e delle regioni montuose verso la frontiera. Rispondevan che Antonelli minacciava che partirebbe Sua Santità se avanzavamo più oltre. Inoltre essersi i briganti arrestati ldai Francesi; ma naturalmente si risponde di qua: a cosa ,serve se li restituite ai papalini? Ma, siccome ripeteva stamane Lord Palmerston, il persuadere l'Imperatore non sarebbe difficile se si trattasse di una argomentazione ordinaria; ma siccome, egli ha deciso, per fini suoi particolari, di non lasciarsi convincere, parlasi ad un sordo. E se si suscitassero tumulti nelle vie di Roma, crede Lord Palmerston, che per non parer cedere all'intimidazione, i Francesi rimarrebbero ancor più.

Non devo omettere di farle osservare che, nel colloquio di questa mattina, Lord Palmerston toccò di nuovo all'argomento di guarentir, se cedeva la Venezia, di guarentir dico Trieste e la Dalmazia all'Austria. Ed io risposi che sicuramente, per un tal fine, lo faressimo, ma non senza considerar come un pericolo l'aver una flotta nemica nell'Adriatico. Ma egli disse che, fatta l'Italia, vi sarebbe molta più disposizione a viver in armonia anche coll'Austria, per la semplice ragione che, collegandosi colla Francia, questa ci domanderebbe cessioni rovinose, mentre nulla avressimo a invidiare o conquistare sull'Austria. Basta. Vorrei che ne fossimo già a far questi conti.

In quanto al Messico, la prego ricordarsi che gliene scrissi nelle mie lettere particolari e quindi con dispaccio. Di più non saprei dirle per ora.

I capitalisti i~glesi hanno avuto cura d'esaudire immediatamente la sua preghiera. Da un dieci giorni in qua hanno fatto acquisti ingenti in fondi italiani come se provassero confidenza nell'andamento delle cose. E il salire dei fondi prova che le operazioni furono di conseguenza. Della strada ferrata di Savona non ne parlo. V'eran ventimila azioni e ne furono sottoscritte trentaduemila.

La si faccia dunque buon animo. Che Ella vede che l'universale le rende giustizia.

(1) -Cfr. n. 74. (2) -Cfr. n. 85.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in Ricctsoli, VI, pp. 366-368)

L. P. Torino, 12 febbraio 1862.

Ho ricevuto la grata sua del dì 8 corrente (1).

Molto saggie sono le sue riflessioni intorno l'aumento verifìcatosi nel prestito italiano e sono certo che salvo alcune oscillazioni, se si mantiene e si corrobora la fiducia che sia tenuta lontana dall'anno 1862 ogni ragione di agitazione interna, e che la questione romana sia veramente prossima al suo qualunque scioglimento, il prestito suddetto crescerà ancora di più.

Per la parte della quiete interna io faccio quanto uomo convinto di fare un grande bene alla Patria, può fare. Non dispero, nonostante tante difficoltà che la stoltezza e la malizia possono creare, di superarle, ho anzi fiducia piena di superarle. Vedo già che si entra in una fase, nella quale Le follie vanno rimettendosi; segnali non equivoci mi danno ragione di credere questo. Nelle Camere, perfino dal lato sinistro predomina la persuasione che sarebbe follia fare dei tentativi che potrebbero metterei in cattiva posizione con l'Austria, e farci perdere la simpatia di tutti. Ho contatti con tutti, non escluso i corifei degli strani disegni, e in questi vedo bel bello calmarsi l'immaginativa e risorgere il giudizio.

L'Italia vuole ed ha bisogno di calma, ma di aveve Roma, non ce ne illudiamo, cresce il desiderio e il bisogno. Si è detto dai nemici del Governo, che questi abbia spinto le genti a far dimostrazione nel senso di andare a Roma. Questo è falso. A chi mi ha parlato di ciò, io non ho avuto che condurlo al Ministero dell'Interno e aprirgli il Registro dei telegrammi, e mostrargli come io abbia parlato ai Prefetti appena ebbi notizia di una certa dimostrazione avvenuta in Roma il 19 gennaio. Ecco come io scriveva il 21 detto: «Il Governo ha notizia di una dimostrazione nazionale avvenuta a Roma il 19 corrente. È di massima importanza che l'emigrazione non si lasci portare in questa occasione ad impeti inconsiderati, che distruggerebbero l'efficacia degli atti che si maturano a compimento dei destini d'Italia. Ella adoperi ogni mezzo per mantenere gli animi pacati e tranquilli». E così successivamente (1). Ma ·io conosco casa mia; ed appunto per conoscere gli animi degli Italiani ho .giudicato opportunamente delle cose nostre. Si pensi pure che oramai sono tre anni, che io mi trovo in mezzo agli affari, anzi che si sono svolti intorno a me, e qualche cosa vi ho fatto anch'io. Merito adunque ascolto. Or dico che conviene trovare una non ritardata soluzione per Roma. Non l'aspettare dagli eventi soltanto. Dicesi il Pontefice malato molto. Alla sua morte io credo sia il caso di una risoluzione radicale per parte della Francia. Se la Francia, vivendo il Papa, non volesse pregiudicare nessuna forma di scioglimento, dovrebbe dichiarare che al primo maggio, ad esempio, ella ritirerà le sue truppe da Roma. In questo spazio il Governo del Papa se l'intenderà come ,crede o col Popolo di [Roma] o col Governo italiano. Per quella via arriv·eremo a soluzione. Intanto vedremo quale piega piglieranno le cose nei Corpi Legislativi in Francia.

Trovammo le lettere desiderate. Sono state oggi consegnate a Benedetti. Faccio voti che la Francia la finisca con tutte quelle congregazioni gesuitiche, così funeste per tutti; e vorrei ·che il Governo Imperiale la finisse con l'incaricare Benedetti a perorare ora per i Lazaristi, ora per Santa ChiaJra, ora per altra simile gente. Per noi, che non ne vogliamo più di questi frati, ci secca questa alternativa o di doverci ingoiare la conservazione di un convento o di negare alla Francia.

* Mi oc·cUJ)erò con tutto l'impegno dell'affare del Duca d'Alba. * Gran cielo! La Sicilia è un paese barbaro, animi feroci, costumi propensi al sangue. Io ho sciolto la Luogotenenza per meglio conoscere le condizioni

dell'Isola, e vi provvederemo saviamente; ma pria che i costumi sieno ingentiliti occorrono anni. Intanto l'Isola è tranquilla e ancora gli effetti dei nuovi prov· vedimenti non si possono risentire. L'Imperatore, se avesse organi fedeli e savi che l'informassero, avrebbe speranze per sè, e conforti per me. Io non mi preoccuperei quando le cose in Sicilia andassero peggio.

La coscrizione corre oggi assai bene, e questo è molto, molto. App.laudisco al suo contegno col Grandguilllot. Il male è fatto e non è poco: tuttavolta la sua parola sarà efficace, spero, a prevenire il resto. Ringrazio molto per la corrispondenza di Atene e moltissimo per la informazione minuta e precisa intorno alJe cose messicane.

*P. S.-Mando a lei l'acclusa pel conte de Launay nella fiducia che di costà potrà mandarsi al suo destino con tutta sicurezza. *

(1) Cfr. n. 83.

(1) Una circolare Ricasoli del 4 febbraio 1862 ai prefetti del Regno per interdire le pubbliche manifestazioni reclamanti Roma capitale fu pubblicata in Archives Diptomatiques, 1862, Il, pp. 291-293.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 369-372)

L. P. 13. Torino, 13 febbraio 1862. Ebbe a sorprendermi il tenore del suo telegramma deL 9 corrente (1), ma ho fede che Ella avrà trovato netta ed esplicita la mia immediata ll'ilsposta. Non vi è articolo della politica interna ed esterna che un Governo chiamato a guidall'e i destini d'Italia debba seguire su di cui io non abbia oramai la mia ·coscienziosa e ben dichiarata opinione. E se questa opinione è chiara e netta sopra di ogni articolo, essa è poi nettissima e precisa sull'oggetto intorno cui Lord Palmerston si apriva seco lei confidenzialmente. Dissi nel primo luglio che quanto all'andare a Venezia aspettavo ~'opportunitd, quella opportunitd che si prepara e sorge nel tempo. Con ciò non voJevo indicare *nessuna cosa in particolare, non indicare* più una via che l'altra; più la via delle armi che deile trattative; parlavo. di una opportunità senza dire quale, ·e certamente io non potevo alludere a spedizioni clandestine, a sbarchi stupidi, ad agitazioni artificiali e dissolventi, ad insurrezioni provocate con mezzi artisttci, buone soltanto a disturbare i grandi fatti che si vanno preparando, e in questi .soltanto io intendo che un Governo abile ed ardito deve cercare J.e propizie opportunità. Che anzi rispetto all'argomento « guerll'a » parmi avere detto chiaro, in altre occasioni, e lo ripeto qui, anco più esplicito, e con tutto l'animo, che io prego Iddio che ne tenga lontana perfino l'ombra da noi per tutto questo anno almeno. Si, egregio Marchese, io credo che veruna cosa si può desiderare di più funesto all'Italia quanto la guerra; cosicchè io mi studio a tenerne lontano da noi il seme; e tutta l'opera mia, tutta la vigilanza e tutta la mia pena consiste appunto nel tenere salda e quieta l'Italia, nel procacciare il s:uo consolidamento interno promovendo ogni miglioria sia nella pubblica sicurezza sia

nelle Amministrazioni dviii, sia nelle sue finanze. Cerco penetrare nell'animo del Parlamento pensieri ognOII'a più savi e la convinzione in specie che per il bene

della nostra Patria è necessaria la quiete interna e la pace all'esterno. Cerco penetrare nel Parlamento un'alta idea di sè nei destini della nazione; da lui solo dilpendere le sorti d'Italia; a lui toccare il compito di unificare l'Italia con 'buone leggi civili e finanziarie e chiudere la presente sessione a maggio prossimo, dopo avere pienamente ed elaboratamente discusso il Bilancio pendente onde divenga il nostro Bilancio normale e si possa dire che in tre anni l'Italia si guadagnò [a libertà, la indipendenza e l'unità e seppe anco compire il nuovo suo ordinamento amministrativo e finanziario. Chieggo se un programma simile possa associarsi a progetti di sba,rchi, di spedizioni darndestine? Chieggo se un programma simile possa essere disapprovato da uomini di stato che sappiano ·cosa sia il Governo di un paese libero.

È vero 'che parole imprudenti * escite di bocca al nostro Re, * esagerate poi da ·chi ha interesse a 'tenere agitato il paese, possono aver dato origine alle promulgate ma .supposte temerarie imprese; ma io e il Ministero ·tutto siamo all'unisono, e terremo ben forte il paese in mano e resisteremo alle puerili ambizioni, e agli inconsiderati desideri *della Corona * come pure alle temerarie imprese degli avventati, ed ho fede che il GoveTilo, ntel quale la fiducia del Parlamento non venne ancora meno, escirà trionfante da questa lotta con la persuasione di avere salvato la Corona e la nazione da un grande pericolo.

Io sono fermo nel mio posto perchè ho la coscienza di essere necessario, e vedo aprirsi una via di pericoli partendo io; cosicchè io mi ritirerò il giJO;rn,o soltanto nel quale il voto del Parlamento mi mostri diminuzione di fiducia, o il Re mi scriva formalmente chiedendo la mia dimissione. V'è una cosa che appartiene a me solo e superiore alla stessa devozione inverso il Re, ed è l'onore dirimpetto alla Nazione. È la nazione che mi pose in questo posto, e la nazione deve avere ragione del mio ritiro. Non è a caso che procedono le cose, e Dio sa quello che V'Uole. Mori Cavour e dovetti surrogarlo; Minghetti si ritirò e dovetti pigliare anco il portafoglio dell'Interno, che io presi per non più che due mesi; dovetti ritenerlo e lo ritengo per diretto di chi possa surrogarmi. Forse tutto questo è accaduto, perchè la politica estera e la politica interna fossero perfettamente all'unisono.

Solo la partenza dei Francesi da Roma manca, onde l'opera nostra nazionale e di riordinamento si compia. Quel giorno in cui cesserà l'occupazione straniera di Roma, potremo veramente cantare l'inno al Signore e dire l' Italia è fatta! Oh non è a dirsi per quante vie, quella occupazione infelice disturbi la nostra vita interiore. Per chi siede al Governo è un prodigio se serba ancora autorità e riscuota ancora fiducia. La Nazione ha tale disturbo, tale agitazione, tale irrequietezza, da quella occupazione, che è spesso indotta a commettere ingiustizia e pigliarsela con i suoi Governanti. Io ognora più debbo convincermi che non si potrà lungamente restare cosi, senza qualche grave disturbo. I Francesi perdono ognora più la loro popolarità in Italia, e il peso della loro presenza ferisce ogni dì più il sentimento nazionale. Lascino Roma ai Romani e si ritirino a Civitavecchia. Basterà che eglino confidino il Pontefice alla lealtà e alla devozione dei Romani e questi non falliranno alla fiducia. Eglino grideranno: Viva il Papa non Re e in questa formula sta una grande sapienza e una vera magnanimità. Parmi aver detto a sufficienza, e passo senz'altro a salutarla.

Voglia mandarmi, per occasione sicura, l'unita al nostro Ministro a Berlino.

(1) Cfr. n. 84.

92

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLr,

AL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO (AT, orig. autogr.)

L. P. Torino, 13 febbraio 1862. Io speravo che col ritorno del corriere col quale Le inviavo una mia Lettera, avrei potuto avere importanti ragguagli sulle cose romane. Il silenzio che trascorre mi mette nellJa necessità di non dire alcuna parola, non avendone neppure il soggetto. A me è necessario di avere dei settimanali ragguaglj sulle cose romane, e

quando .to dico cose, io intendo parlare degli animi e delle persone, e non del[a materia, siccome Ella bene capisce.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

T. 51. Parigi, 13 febbraio 1862, ore 13,15 (per. ore 14,35). Veuillez dire très confidentiellement au Roi que je viens d'etre informé d'une source certaine que la Reine d'Angleterre a été douleureusement affectée de ce

que le Roi ne lui a .pas écrit directement une lettre de condoléance pour la mort du Prince Albert. Priez S. M. de vouloir réparer à l'oubli le plus tot possible.

94

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 376. Berlino, 13 febbraio 1862.

• Sous l'empire d'un premier mouvement de surprise et de dépit, le Comte de Bernstorff semblait décidé à répondre incontinent par la reconnaissance du Royaume d'Italie (Dép. n. 375) (1). La meme velléité a été manifestée par le Baron de Schleinitz. Le Comte de Bernstorff avouait meme que si une pareille mesure était soumise au Conseil des Ministres, elle ne rencontrerait très probablement aucune opposition. Lord Loftus n'avait pas manqué de saisir l'occasion pour conseiller cette détermination; de mon cOté j'avais fait jouer des ressorts secrets.

Mais· on semble s'etre ravisé. Au lieu d'opposer un acte significatif à la protestation des sept Etats, on répliquerait par une note plus ou moins énergique. On pourrait presque croire le Gouvernement Pl"UISSien est arrivé à ce rare degré de perfection attribué à Talleyrand par quelque mauvais plaisant, qui disait: «Il recevrait un coup de pied dans ·le ... qu'il resterait impassible devant son interlocuteur! ».

Le Comte de Bernstorff se déclare encore pret à nous tendre la main; mais H croit devoir respecter les scrupules du Roi Guillaume, et éviter 9.1Uprès

de lui tout ce qui pourrait ressembler à une pression! * (1) Nous verrons si les Chambres entendront de cette oreille, quand elles seront saisies de la motion qui sera présentée demain à savoir: « qu'il est dans l'intérét de la Prusse de ne pas retarder davantage la reconnaissance du Royaume d'Italie ». Cette motion souscrite par plusieurs députés de différentes fractions, est motivée sur la situation actuelle des circonstances politiques. Si comme j'ai lieu de le croire la majorité se prononce en notre faveur, et que le Gouvernement hésite encore, nous aurons une preuve de plus que le Roi ne vceut, ou ne sait tenir CQffipte des votes de la représentation légale du pays.

Il ne faudrait cependant pas perdre patience; car dans ces derniers tems, nous avons fait des progrès notables. La majorité du Ministère nous est acquise y compris le Comte de Bernstorff. La Chambre des Députés, à moins de commettre une inconséquence, adoptera la motion qui nous concerne. Il parait don<: difficile que le Roi Guillaume persiste longtems encore à nous opposer des fins de non recevoir.

P. S. -Ci-joint une lettre particulière à l'adresse de V. E.

(1) Cfr. n. 86.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

(ARB, cass. 54, n. 90, orig. autogr.)

L. P. 3. Berlino, 13 febbraio 1862.

Oggi mi giunse la pregiatissima di Lei lettera confidenziale del 7 febbraio (2). La medesima mi darà occasione di spiegarmi nuovamente col conte Bernstorff. Gradisca intanto l' E. V. i sinceri miei ringraziamenti per questa interessante non meno che utile corrispondenza.

Facendo seguito alla mia lettera particolare dell'altro ieri, debbo notare che mi risulta positivamente che il barone Budberg, nel leggermi la -risposta del principe Gortchakoff, omise alcuni passi scritti in modo cortese sì, ma con una critica piuttosto severa sui mezzi adoperati pel risorgimento dell'Italia. Inoltre egli stimò 'opportuno d'istruire di tutto quanto il conte di Bernstorff, nello scopo evidente di ritardare qui ancora il riconoscimento nostro. I Gabinetti di Pietroburgo e di Berlino cercano di camminare d'accordo in questa quistione. Prova ne sia la similitudine di alcuni argomenti che ambedue ci oppongono. Le spiegazioni testè somministrate dal barone Budberg avranno forse alquanto influito per trattenere nei loro effetti le migliori disposizioni manifestate a nostro riguardo dal Ministro de~li Affari Esteri di Prussia.

Lord Loftus prende molto impegno in nostro favore. Siamo in perfetta intelligenza. Lo tengo informato di tutte le mie mosse sullo scacchiere assai malagevole della politica prussiana. Le mie relazioni col principe La Tour d'Auvergne esse pure sono ottime; ma, da quanto mi pare, se il medesimo dimostra simpatia personale per noi, non mi risulta che il di lui Governo lo abbia

incaricato, di recente almeno, di interporsi in pro od in contro. Questa sarà forse indifferenza di mera apparenza; non vorrei prestar fede ai sospetti espressi da qualche mio collega sul miglioramento occorso nelle relazioni tra Francia e Austria.

(1) -I passi tra i due asterischi sono in Die ausw/irtige Politik Preussens, 1858-1871, Il, 2, n. 442, nota 2. (2) -Non rintracciata.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 372-374)

L. P. 14. Torino, 14 febbraio 1862. Trattenuta ancora l'occasione sicura per Londra, e avendo ormai sigillata l'altra mia di ieri (1), ripiglio la penna per tracciare ancora alcuni pensieri, che riguarderanno lo stesso argomento espresso nell'altra mia, considerato però sotto altro punto di vista. Che noi non vogliamo guerra coll'Austria nel 1862, egli è chiaramente dimostrato da me; che intendiamo consolidarci, e mantenere calmo il paese, io l'ho detto con la ragione e col cuore. Ora io voglio dire alcune cose intorno al caso che l'Austria ci attaccasse. Mi si dice che ciò non è possibile; io pure dirò che mi pare poco probabile. È un fatto però che l'Austria adopera contro di noi in modo indegno. Ella ci ha gettato in casa a questi giorni, senza alcun preventivo avviso, sei dei più riconosciuti assassini, come fa il Governo papale ogni giorno dei suoi galeotti; e di questi assassini, che hanno allarmato le popolazioni, non abbiamo potuto arrestarne fin qui che tre. L'Austria lascia che si organizzino spedizioni borboniche e reazionarie a Trieste, scienti le Autorità, e perfino aiutandole, che poi vengono a scaricarsi tramezzo i nostri briganti, e servono di rinforzo e d'incoraggiamento a proseguire in una resistenza brutale. Chieggo agli uomini di Stato Inglesi, se non sono queste spedizioni clandestine contro di noi, connivente il Governo Austriaco, al cui dirimpetto ponno ben stare, anco a titolo di correspettivo, le spedizioni di cui Ella mi parla nel suo telegramma, sa<lvo che le prime sono composte da briganti, che ne vogliono non solo alla libertà, ma eziandio a ogni principio d'onestà; e le seconde sarebbero di .uomini generosi, che un principio generoso muove e guida a benefizio di popoli, che si riguardano come oppressi. In quest'operare dell'Austria parmi di vedere per lo meno il desiderio di provocare, e di far nascere un'occasione, che sia un pretesto a qualche suo atto violento contro di noi. Prego di fare considerare questo a Lord Palmerston, che tanto senno possiede, che trova soltanto egual misura nel cuore nobilissimo di lui; per cui seppe tosto antivedere le conseguenze del movimento italico, e farsene il protettore generoso. Io non voglio indovinare cosa Lord Palmerston risponderà. Sono certo però che, interprete dell'animo della Nazione che così degnamente rappresenta, non permetterebbe un'aggressione iniqua dell'Austria su di noi, e

farebbe consistere la sua gloria nel sostenere il buon diritto della causa italiana con la forza anco materiale, o solo, o unendo le forze militari inglesi alle

francesi, non essendo degno per l'Inghilterra che l'Italia, nazione benemerita a tutte le nazioni, riceva soccorso da una sola! Di ciò sono certo, e perciò proseguo animoso, in mezzo alle difficoltà, a sostenere una politica italiana e leale.

(1) Cfr. n. 91.

97

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 374-375)

L. P. Torino, 14 febbraio 1862.

Debbo ripigliare la penna per comunicarle una singolare notizia, e della quale Ella si varrà con riserva e sagacità, onde toccare alla verità. Mi si assicura che nel mese decorso il Ministro prussiano a Vienna ebbe incarico di scandagliare il Gabinetto Austriaco in nome del suo Governo, se quello sarebbe stato disposto ad escire e staccarsi dalla Confederazione con la condizione che la Prussia gli garantirebbe il territorio attuale della monarchia, non eccettuata Venezia. Sembrerebbe che l'Austria avesse decisamente rifiutato l'idea. Io non mi tratterrò ad analizzare quanto vi sia di assurdo in una tale idea; ma piacemi r:ilevare che, ove questa notizia fosse vera, mostrerebbe e una grande insipienza politica, e una grande perfidia nel Gabinetto Prussiano. Vale la pena di conoscere la verità di quanto si va dicendo. Qui nulla di contrario all'ordine pubblico, e alla regolarità amministrativa. Per ora nulla si manifesta di concreto intorno alle cosi dette spedizioni, che il Governo è ben deciso d'impedire con i mezzi che la legge possiede.

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IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (AST, Legazione Francoforte, cart. 5)

R. 12. Francoforte, 14 febbraio 1862. L'on peut dire sans exagération que l'Allemagne toot entière attend avec une impatien:Ce fébrile la réponse de la Prusse aux notes identiques présentées par l'Autriche et les Etats Moyens pour combattre les idées émises par le Cabinet de Berlin sur la question des réformes fédérales. Le parti libéral ·espère que la Pru:sse, au lieu de s'attacher à l'interprétation stérHe d'un article du pacte fédéral qu'elle avait torut au moins maladroitement invoqué, portera résolument la question sur son véritable terrain en donnant pour base essentielle de sa ,politique, les aspirations un.ive11selles de l'Allemagne qui veut et a droit de prendre rang parmi les nations européennes. Mais en présence d'une hostilité déclarée comme celle qu'est venue révéler la démarche des Etats secondaires, con:duits par l'Autriche, ce n'est pas seulement une réponse énergique que l'Allemagne attend de la Prusse; ce sont surtout des

actes vigoureux témoignant hautement de sa ferme volonté de se mettre à la tète du mouvement unitaire.

Si dans cette circonstance où toute l'Allemagne a les yeux fixés sur elle, la Prusse méconnait sa mission au point d'hésiter dans la voie que toute la nation lui indique, c'en est fait de sa popula:rité, et de longtemps elle ne pour:ra se relever du coup que dans son aveuglement elle se sera porté elle-meme.

Ce qu'il y a de tres remarquable, et ce que j·e voulais surtout signaler à l'attention de V. E. c'•est que parmi les actes.que l'opinion publique réclame du Cabinet de Berlin, l•e premier de tous est la reconnaissance immédiate du Royaume d'Italie.

Rien en .effet ne produirait une meilleuve impression sur l'esprit des masses par la haute signifkation qui s'y attacherait, et cette •sage détermination, dans les clrconstances actuelles, serait tout un programme permettant au Cabinet de Berlin de miì.rir et de préparer toutes lles allltves.

A ce sujet l'on écrit de Berlin que le Comte .de Bernstorff avait effectivement pensé à faire précéder sa irépOIIJ.Se de cette première satisfaction à l'opinion populaire; mais le Roi, dit-on, est en proie à de telles agitations nerveuses, qu'il •a été impossibl!e de lui faire a·ccepter oette tdée sans consulter la Russie, et que, à l'heure qu'il est, la question n'est pas encore décidée.

L'on croit ·cependant que si, dans •cette circonstance décisive, la France dont la Russ1e •chel'che par tous les moyens à captiver l'a:mitié, faisait parvenir au Cabinet de Pétersbourg quelques paroles sympathiques en faveur de la reconnaissance du nouveau Royaume, une pareille démarche leverait tous les scrupu1es du Roi, et mettrait fin aux perplex.ités de son Cabinet.

Cette décision du Gouvernement Prussien viendrait d'autant plus à propos que, camme j'avais l'honneur d'en informer V. E. dans ma dépeche précédente, les représentants des petits Etats ·continuent ici à se réjouir entre eux de ce qu'ils appellent la prachaine reculade de la Prusse. Ainsi hier, à la séance de la Diète, il s'agi:ssait de la réunion d'un Comité à Hambourg pour l'examen de la défense du littora<l Allemand, et comme l'Envoyé Prussien n'a pas refusé d'en faire partie, ils se sont aussitòt imaginé que c'était là un premier pas dans le mouvement de retraite qu'ils appellent de tous leurs vreux. Rien n'est moins exact, ·car le fait de l'existence du Comité remonte déjà à l'année dernière, et dan:s une question qui tient de si près aux intérets de la Prusse, il eiì.t été puéril de la part de son représentant de pousser la susceptibilité jusqu'au point de refuser de s'associer à ses travaux.

P. S. -Le Général Autrichien Rzikowsky, Président de la Commission Militaire, ·est depuis quelques jours de retour de son voyage en Vénétie, où, comme j'ai eu l'honneur d'en informer V. E., il avait été appelé par ordre' de l'Empereur pour donner son avis sur le plan de défense du littoral Vénitien. Il disait hier en présence de plusieurs personnes que ce qui l'avait surtout péniblement .impressionné c'était d'avoir vu que dans les villes comme dans les villa.ges personne ne songeait méme d ote1· son chapeau sur le passage de l'Empereur.

99

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CARUTTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE S. n. Torino, 15 febbraio 1862. Il Maresciallo Duca di Malakoff tenne il 6 del corrente mese, in occasione d'un ricevimento ufficiale del Corpo Consolare, il seguente dialogo col R. Con

sole residente in Algeri. « Eh bien l'Italie vous voulez décidemment tout absorber? ».

«R. Nous espérons former un seul Royaume de toute l'Italie en vertu du

droit, qui a fait annexer à la France Nice et la Savoie ». «Mais avec la diffé11ence du .petit au .grand».

« R. Le droit est toujours le meme ».

«C'est le droit de Garibaldi, eh bien nous pourrons prendre de méme les frontières du Rhin et la Belgique ».

« R. Je ne crois pas que la chose soit tout à fait identique, mais nous espérons réussir avec l'aide de Dieu, la protection de l'Empereur et en vertu du principe des nationcclités ».

« Adieu Italie (en me serrant la main), veuillez présenter mes hommages au Roi et lui dire, que je le félicite d'etre bientòt Grand-Père ».

«R. Je rendrai compte en rentrant à S. E. Monsieur le Ministre des Affaires Etrangères de notre conversation, et je le prierai d'avoir la bonté de faire votre commission à S. M.».

100

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 377. Berlino, 15 febbraio 1862. Les journaux publient aujourd'hui la réponse de la Prusse aux notes de l'Autriche et de six autres Etats Allemands, au sujet de la réforme fédérale. Elle est écrite avec dignité et fermeté. Hier une motion relative à la reconnaissance de l'Italie et appuyée par 141 membres des fractions libérale et progressiste, a été présentée à la Chambre par le député M. de 'Carlowitz. Cette motion a été ~renvoyée au comité pour les affaires Allemandes vu la connexité qui existe entre les deux questions. Il me revient en outre que le Conseil des Ministres s'est montré favorable à notre reconnaissance. Je ne douterais pas d'un résultat favorable si le Comte de Bernstorff avait le courage de faire des instances respectueuses et pressantes auprès du Roi. Au départ de ma dernière dépeche n. 376 (1), ce Ministre hésitait encore à se charger de ce ròle. Si je suis bien renseigné il serait maintenant décidé à faire une tentative. C'est du moins ce qu'il a laissé ent.revoir à un de mes collègues

en se réservant de s'expliquer plus clairement dans quelques jours sur les moyens qu'il mettrait en reuvre pour obtenir les suffrages de S. M.

Lord John Russell n'a pas jugé à propos de suivre le conseil Q.e Lord Loftus (rapport 371 (1)), mais U a entLèrement approuvé le langage qu'il a·vait tenu au Comte de Bernstorff, et il l'a engagé à reproduire les m~mes argumens en notre faveur.

Je continue à suggérer à des personnes influentes les considérations les plus propres à obtenir de la Prusse le changement de son attitude expectante à notre égard. Je laisse pourtant entendre assez clairement, que si le Cabinet de Berlin veut se rapprocher de nous, nous ne pourrions accepter qu'une reconnaissance pure et simple; c'est-à-dire que nous ne consentirions jamais, le cas échéant, à ce qu'on la rattachat à des conditions quelconques par exemple à des engagemens de notre part de restreindre notre programme national.

Si je ne réussissais pas ce ne serait pas faute de zèle, d'un zèle bien entendu dans la mesuve que .comporte le sentiment de notre dignité. En meme tems pour mettre la Légation d'Italie en évidence je suis très assidu aux réceptions de la Cour et de la Société, je ne néglige pas meme les petits moyens: en moins de deux mois j'ai eu chez moi une série de quatre représentations dramatiques, pour lesquelles je me suis moi-meme employé de mon mieux, et ai mis en réquisition ma famille et les Secrétaires de la Légation. Quoique plusieurs Ministres et Char.gés de Cour se fussent rendus à.mes précédentes invitations, M. de Berillstorff et ses collègues sont revenus il y a huit jours avec un empressement assez marqué, m'a-t-il paru, et que je m'explique par 1es civconstances politiques actuelles.

En un mot nous gagnons du terrain à vue d'reil et ne dussions-nous pas encore emporter la position, il me semblerait difficile que nous puissions rétrograder.

(1) Cfr. n. 94.

101

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (Ed. in Ricaso!i, VI, pp. 375-377)

L. P. 42. Parigi, 1.5 febbraio 1862. Si fu qui inquieti per le manifestazioni che ebbero luogo in alcune città italiane, e massime perchè ad esse si associò il nome di Mazzini. Per buona ventura il telegrafo e poi i giornali ci portarono le dichiarazioni del Governo; ed il linguaggio da Lei tenuto in questa circostanza incontrò l'approvazione di tutti i veri amici d'Italia. Una manifestazione moderata, circoscritta entro limiti legali, non avrebbe fatto male. Essa sarebbe stata d'altronde giustificata dalla provocazione contenuta nella frase d'Antonelli. Ma la tendenza delle dimostrazioni avvenute spaventa anche i più risoluti. Ora devo darle una notizia non buona. Il Conte di Persigny da qualche tempo vacilla nelle sue convinzioni rispetto a Roma. So che ultimamente negli uffizii del Senato si espresse nel

senso di lasciare per ora in disparte questa questione, che è per noi cosi vitale. Il signor Persigny deve scrivere a V. E. per ringraziarla di quanto fece per le

lettere Baudon (1). Credo ch'Ella dov11ebbe pigliare quest'occasione per ricondurlo alle sue antiche convinzioni. Gli scriva e gli apra il suo pensiero. Se PeTsigny ci abbandona, la posizione nostra diventa molto più difficile. Vero è che non si è mai pronunziato per una soluzione immediata; ma in questi giorni il suo linguaggio è divenuto più esplicito nel senso di dover aspettare. Invece il signor Thouvenel combatte energicamente in Senato, perchè si esprima il regret (2). Questo Ministro è entrato risolutamente nell'opinione favorevole alla completa unificazione il più presto ·che si potrà. Ma d'altra: parte, dopo l'arrivo del Nunzio, il partito di Corte a noi ostile si mostra più attivo e più intrigante che mai. Io mi trovo in mezzo a queste contrarie influenze e le combatto quanto posso. Le buone nuove di Sicilia giunsero opportune, e le ho sottomesse all'Imperatore. Ho pure ricorso a lui perchè si sciolga una volta, e conforme a giustizia, la questione della partecipazione della Francia nelle spese del traforo. I miei passi non furono inutili, e nell'ultimo consiglio la questione fu risolta dall'Imperatore a nostro vantaggio, cioè secondo la nostra domanda, che in fin dei conti anzichè vantaggio è pura giustizia.

Le trattative commerciali proseguono alacremente. Abbiamo tre o quattro conferenze lunghissime per settimana. La sola questione che rimanga a risolversi è quella del ribasso sulle seterie di Francia, che noi secondo le di Lei istruzioni proponiamo di ridurre a 4 e ·che i Plenipotenziarii francesi vorrebbero ridurre a 3 lire il kilogramma come si fece pel Belgio e come si farà per lo Zollverein. Ma di ciò scrissi d'ufficio. La prego solo di farci tenere al più presto la sua ultima parola. Credo che sia indispensabile ch'Ella ci autorizzi a scendere fino a 3, raccomandando d'accordar meno se la cosa è possibile.

Penso che i rapporti fra la Prussia e l'Austria si van raffreddando. Mi si dice che gli Stati meridionali tedeschi offrono all'Austria di guarentirle la Venezia. Le dò la notizia per quel che vale; Ella potrà controllarla coi dispacci di Berlino.

Spingo il Principe (Napoleone) a parlare sulla Questione Romana in Senato. Credo ·che lo tfarà: e me ne attendo un movimento favorevole nell'opinione pubblica. F:in dopo questa discussione credo che non si possano fare nuove istanze. Avvenuta la discussione Ella vedrà come regolarsi. Ho intanto ragione di sperare che di qui non si incoraggerà nè il Re nè Garibaldi ad imprese avventate. A questo proposito le segnalo una lettera di Trieste del 1° febbraio pubblicata nell'Allgemeine Zeitung, intorno ad un progetto di sbarco di Garibaldi in Grecia con tutte le probabili conseguenze. Si pretende poi che il Sumter passi al servizio di Garibaldi. Ecco tutto quel che so. Le narro anche i rumori perchè le servan di norma, di criterio.

Si agisce qui con energia contro la società di San Vincenzo de' Paoli, e forse il Governo si prepara ad attaccarla al Parlamento; se vi saranno interpellanze.

Godo che l'agitazione creata intorno al Re si vada calmando, e ne godo sinceramente. Sono certo che non starà da Lei, perchè si continui in bene.

• P. S. -Unisco confidenzialmente Wla lettera di Lady Holland, intomo al cui oggetto le scrissi tper telegrafo. Aibbia la bontà di rimandarmela poi; e intanto, guardi ·che H Re ripari all'oblio.

La ringrazio di occuparsi dell'affare del duca d'Alba.

Mi si accerta che sarebbe giunta notizia a Parfgi che la Russia avrebbe risposto negativamente alla p·roposta fattale dalla Prussia di riconoscere l'Italia. Verificherò e scriverò.

Che è questo giornale Il Tribuna? Le sarei grato se me ne mandasse qualche numero. *

(1) Cfr. n. 58.

(1) -Cfr. n. 65. (2) -Cfr. Thouvenel a Benedetti, 11 febbraio 1862, in Pages de Z'histoire du Second Empire, cit., pp. 352-354.
102

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (AST, Legazione Francoforte, cart. 5)

R. 13. Francoforte, 16 febbraio 1862. J'ai l'honneur de transmettre ci-joint à V. E. la traduction de la note prrussienne en réponse à ceHe de l'Autriche et des Etats Moyens (1). Sans entrer dans le fond de la question re·lativement aux projets de rréforme fédérale, le Cabinet de Berlin se bome à réfuter les insinuations dont il .a été l'objet de la part des Etats coalisés; et après avoir étahli qu'ils n'avaient ni le droit ni la rafson de protester contre les idées émises par la Prusse, il termine en déc·larant irès nettement que la: réforme basée sur les indications contenues dans les notes identiques des Etats lui paraissant inexécutable et étant d'ailleurs opposée d son opinion personnelle, il lui est impossitble d'entrer .en délibération sur un projet fondé sur de pareilles bases. Le maintiten de la -ligne politique suivie en Allemagne par la 'Prusse aussi bien que son refus absolu de s'associer aux vues de l'Autriche et des autres Etats, ne sauraient étre plus catégoriques, et après une déclaration de principes aussi opposés, énoncés de part et d'autre avec tant de netteté, l'on. comprend que la parole ne peut plus désormais arpparten.ir qu'aux faits. D'un còté l'Autriche et les Etat.s dévoués à sa cause vont poursuivre à la Diète leurs projets d'unité artHìdelle s'adressant uniquement arux intérets matériels de l'Allema.gne; de l'autre la Prusse s'appuyant sur le sentiment national va également continuer son travail d',assimilation po.Utique. A partir d'aujourd'hl,li il y a donc deux camps bien tranchés en Allemagne, et il est impossi:ble qu'entre de soi-disant confédérés devarnt chaque jour traiter d'intéréts communs, les choses puissent cheminer ainsi encore longtemps, sans que l'on se rencontre tòt ou tard sur un terraìn où nécessairement [l faudra passer de la discussion aux faits. Et d'abord, la première question brillante qu'il faut .à tout prix vider et dans laquelle de part et d'autre l'on est en plein désaccord, est celle de la Resse

Electorale dont les populations frémissantes n'attendent que la première occasion pour se soulever-. Le ·caradère indomptable de l'Electeur ne se prete à aucun

accomodement avec son malheureux :peuple, et si comme an le prévoit, des troubles viennent à éclater, la Prusse autalllt pour se montrer conséquente aV'ec 1es principes qu'elle a 1constamment soutenus, que pour pourvoir à sa propre sureté, ne pourra guè:re ,se dispenser d'intervenir 'ell occupant militairement un territoire qui touche de toute part au sien, et dont elle consentira difficilement à sortir une fois que ses troupes y seront entrées.

Mais une pareille intervention que toute l'Allemagne libérale réclame de '1a Prusse ,comme un gage de sa politique nationale, ne pourra pas s'effectuer sans l'opposition ardente de ~'Autriche et des autlres Etats; et dès lors l'on comprend les éventualités que peuvent déterminer un pareil conflit.

Quoiqu'i:l en soit, (et :c'est là pour nOUIS, je crois, le còté essentiel de la situation) la discorde ,entve la Prusse et l'Autriche unie aux Etats secondaires, a pris de tel1es proportions que toute entente entr'eux sur les tquestions de politique extérieure comme intédeure est devenue pour ,longtemps imposs:i!ble. Les Etats moyens du Midi, la Bavière en tete, pourront bien promettre leur appui à l'Autriche dans ses secrets projets de revanche en Italie comme le disent ses Généraux, mais l'abstention hostHe 01U meme rsimplement douteuse de la Prusse qu'ils lai:sseraient derrière eux, en leur imprimant une crainte salutaire pour la sécurité de leur propre terri:toire, paralyserait nécessairement leurs efforts et rendrait vaine une :bonne volonté, dont, il est vrai, '1'on ne saurait douter.

Si enfin à 1cet état de ,choses l'on joint, ,comme on a maintenalllt tout lieu de l'espérer, la reconnaissance du Royaume d'Italìe par la Prusse, l'on en arrive à cette heureuse conclusion que dans sa haine contre l'Italie I'Autriche va se trouver isolée, et que nous n'avons :plus rien à craindre de ceux que par un reste d'habitude elle appeHe encore ses confédérés.

(1) Non pubblicata, cfr. Staatsarchiv, II, n. 232.

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IL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (ARB, cass. D2, n. 94, co.) (Annesso cifrato al) R. l. Belgrado, 16 febbraio 1862.

Ho esaminato il quadro degli Agenti Diplomatici e Consolari di S. M. che ho ricevuto colla circolare al n. 12 e nella parte che mi riflette lo trovai esatto se non che Je sais de source certaine mais confidentielle qu'il est arrivé hier matin à Belgrade des émissaires Bosniaques annonçant que la population de cette Province, à quelque religion qu'elle appartienne, se trouv,e dans un état si intolérable qu'elle est décidée à se soulever dès que la fonte des neiges rendra les ,communications praticables. La Sexvie ne se trouve pas encore en mesure de prendre part au mouvement et je doute beaucoup qu'elle puiS'se meme l'aider.

Voilà, Excellence, bientòt six mois que je suis ici et je n'ai encore rien vu d'organisé.

Pendant et après la Scuptchina on ne s'est occupé qu'à faire des lois qui n'ont abouti qu'à faire se meler l'Europe .sur la Servie et à mécontenter le peuple qui se plaint de celle sur l'impòt au lieu de s'occuper à organiser le pays, à trouver des armes et de l'argent et à se préparer en silence aux

événements que, comme V. E. voit, ne sont pas ibien éloi!gnés.

La Servie pourrait ètre le Piémont Slave, mais il Lui faudrait un Prince

à la hauteur des circonstances et malheureusement pour elle le Prince Miche!

ne l'est pas. Il a envoyé il y a quelque temps, comme j'ai eu l'hOiliDeur d'eu

informer V. E., soixante ou septante mH1e fra'lWS aux Monténégrins sans résultat,

car le Monténégro n'est pas plus l'ami ou l'allié de la Servie qu'il ne l'est de

la Turquie, et je prévois que bien d'autres oc·casions comme celle-ci de la

BoSIIlie la Servie verra sul'lgir sans pouvoir en profiter ma1gré la honne volonté

et l'incontestable habileté de M. Garachanine, Ministre des Affaires Etrangères,

et de M. le Chevalier Mondin, Ministre de la Guerre. Les conséquences de la

révolution BoSIIliaque pourraient ètre facheuses. Je sais que •la France tout en

se tenant à l'écart à l'égard de la Servie et de la BoSIIlie ne permettra pas, ni

la Russie à l'Autriche d'intervenir. li reste à savoir si malgré cela ·l'Autriche

ne se résoudra pas à faire quelque •Chose. Ici on est disposé à le croire.

L'Autriche intrigue trop en Bosnie pour qu'on puisse ètre tranquille sur

ce rapport. Daignez, Excellence, faire accuser réception de ce rapport pour ma

tranquillité.

104

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 378. Berlino, 17 febbraio 1862. Dans la visite que j'ai faite ce matin au Comte de Bernstorff, je lui ai donné lècture de plusieurs passages de la lettre particulière que V. E. a bien voulu m'adresser en date du 7 Février (1). Elle ne pouvait arriver plus à propos pour présenter sous son véritable jour notre politique ferme, et à la fois

aussi sage que modérée. En mème tems ·cette communkation était bien faite pour faire faire un pas de plus à la question de la reconnaissance.

M. de Bernstorff m'a donné l'assurance qu'il était personnellement disposé à cet acte, qu'il s'en occupait, qu'il avait déjà écrit au Comte Brassier, et qu'il se réservait de lui écrire nouvellement à cet égard. Il désirerait obtenir quelque garantie préalable, convenir à cet effet d'une forme de rédaction.

Je l'ai remercié de ses bonnes dispositions; mais je lui ai répété en mème tems que si par une garantie préalable il entendait quelque restriction de notre programme national, jamais nous n'y consentirions, et que mieux vaudrait alors laisser tomber nos pourparlers.

Il m'a dit que telle n'était pas son intention; que le Cabinet de Berlin lui aussi avait un programme, mais qu'il ne s'en suivait pas qu'il dùt le faire triompher les armes à la main.

<Nous ne pensons pas autrement, lui ai-je répondu; nous ne songeons pas à imposer à l'Europe des impatiences qui, bien que justifiables, seraient de nature à troubler la paix du monde. Les Italiens ne transigeront jamais

10 -Documenti diplomatici -Serie I • Vol. II.

sur leurs droits; mais ils ·se maintiendront dans la ligne de condruite pleine de prudence que le Gouvernement leur recommande en toute circonstance, comme il vient encore de le faire dans sa circulaire du 4 Février aux préfets du Royaume (1). Nos propres intéréts nous portent d'ailleurs à sauvegarder la cause de l'ordre à l'intérieur, ainsi que celle de la tranquillité générale. Cette seule considération devrait suffire pour convaincre la Prusse de la sincérité de nos déclarations, surtout lorsqu'elles émanent du Ministre des affaires étrangères dont la loyauté est aussi incontestable, qu'incontestée. Le Baron llicasoli veut étre cru sur parole; ne lui demandez donc pas des engagemens qui iraient à l'encontre de nos aspirations les plus légitimes. Tout au plus pourrait-il consentir à reproduire dans une dépéche ostensible, quelques uns des argumens dont il se sert dans sa correspondance particulière avec moi, nommément quant à Venise ».

M. de Bernstorff m'a demandé quelle impression la reconnaissance de la Prusse produirait à Paris. *De Turin on la désire probablement pour faire de plus en plUJS contirepoids à l'infiuence Française; mais précisément en suite de cette circonstance une semblable reconnaissance porterait-elle peut-étre ombrage au Cabinet des Tuileries * (2). Ne conviendrait-il pas que celui-ci fit à cet égard des ouvertures à Berlin? Depuis quelque tems il ne semble pas s'en préoccuper au méme degré que l'Angleterre!

Je n'ai pas voulu admettre qu'après avoir proclamé dans maintes occasions que l'indépendance de l'Italie était une des meilleures bases de l'équilibre général, qu'après avoir reconnu notre Royaume, qu'après avoir l'année dernière manifesté à Compiègne le désir que le Roi Guillaume imitat son exemple, je n'ai pas voulu admettre, dis-je, que l'Empereur Napoléon put raisonnablement s'ofiusquer de voir la Prusse nous tendre la main. Et cela serait-il, ce serait un motif de plus pour elle de passer outre, surtout si (M. de Bernstorff paraissait le soupçonner) l'occupation prolongée de Rome cachait quelqu'arrière-pensée, peut-étre celle de favoriser, à un moment donné, la candidature d'un Prince Français dans l'ItaUe Méridionale.

M. de Bernstorff m'a laissé entrevoir que le principal obstacle était de s'assurer de l'assentiment de son Souverain douloureus·ement affecté du sort de l'ancienne dynastie de Naples. Sous ce rapport S. E. regrettait la motion présentée à la Chambre des Députés par M. de Carlowitz; car S. M. craindrait d'avoir l'air de céder à une pression parlementaire.

J'ai répondu qu'il ne m'appartenait pas de m'ingérer dans les rapports du Gouvernemerrt Prussien avec les Chambres, mais qu'il serait encore à tems d'éviter une discussion politique en devançant leurs délibérations, en prenant l'initiative de nous reconnaitre sans plus tarder. Précisément parcequ'on montre ici quelques scrupules vis-à-vis de la Cour des Tuileries, conviendrait-il de ne pas attendre des débats où des orateurs, dans le feu de l'improvisation, pourraient se livrer contre la France à des attaques propres à faire envisager le vote de la majorité comme un acte de méfiance contre cette Puissance. Vis-à-vis meme

de l'AutrLche ,ce mode de procéder vaudrait mieux et couperait court aux commentaires, aux inter:pellations. Au sujet de i'Autriche j'ai développé le thème, en apparence paradoxal, mais eri réalité très juste, que mème dans l'intérèt de cette Puissance la Pruss'e devrait nous reconnaitre.

M. de Bernstorff m'a dit alors: « c'est ce que nous ne parviendrons pas à lui faire admettre, pas plus qu'aux Etats de Wiirtzbourg. Ils ne manque:ront pas de dire que nous nous rapprochons de vous en suite des notes collectives qui m'ont été remises par les Gouvernemens de ces pays. Au reste je n'ai pas de conseils à leur demander! ».

J'ai pris congé de mon interlocuteur en lui rappelant le Proverbe latin qui cito dat bis dat.

Je m'empresse de rendre compte, encore par le courrier de cet après-midi de cette conversation. J'espère que mon langage dont je n'ai pu donner qu'un résumé, pour ne pas m'étendre outre mesure, aura exercé une bonne influence sur les instructions qui seront adressées au Comte Brassier de St. Simon, et qu'on ne nous demandera rien qui soit en opposition avec notre dignité et les intérèts de notre nation. Votre lettre particulièl'e du 12' Février (1), Monsieur le Baron, m'a été remise pendant que j'étais au Ministère. J'en ai lu le premier article au Comte de Bernstorff qui m'en a paru très satisfait.

Le moment est venu d'emporter la reconnaissance de la Prusse. Si la France et l'Angleterre voulaient envoyer des avis télégraphiques dans ce sens à leurs représentans à Berlin, le succès serait presque certain. Le tems presse car il importerait de s'entendre avant les débats de la Chambre Prussienne (2).

Je me prévaudrai auprès du Baron de Budberg du jugement porté par

V. E. sur des prétendus eDiròlemens Polonais.

(1) Non rintracciata.

(1) -Pubblicata in Archives Diplomatiques, 1862, II, pp. 291-293. (2) -Il passo tra asterischi è riportato in Die auswiirtige Politik Preussens, 1858-1871, II, 2, p. 588, nota 3.
105

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (Ed. in R.icaso'li, VI, p. 380)

R. CONFIDENZIALE 61. Parigi, 17 febbraio 1862.

Sono informato che il Gabinetto di Berlino ha, in questi ultimi giorni, interpellato il Gabinetto di Pietroburgo intorno alla convenienza che ci sarebbe di riconoscere il nuovo Regno d'Italia, mostrandosi per conto suo non lontano dall'adottare una simile misura. Il Gabinetto Russo avrebbe risposto che non crede per ora opportuno di prendere una così grave risoluzione. Il signor Thouvenel, confermandomi questa notizia, mi diceva però che la risposta della

Russia, benchè non affermativa, non lascia tuttavia chiuse le porte a future e più felici istanze.

(1) -Non rintracciata. (2) -Il succo di questa lettera era stato comunicato da de Launay a Ricasoli con telegramma n. 56 dello stesso giomo (ore 18,43, per. ore 21).
106

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, E AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 39. Torino, 18 febbraio 1862, ore 16. J'ai lieu de croire bonnes dispositions du Cabinet de Berlin pour la

reconnaissance prochaine d'Italie. Je pense qu'un mot de recommandation de Lord Palmerston ì

. ( transmis par télégraphe pourrait décider l'habituelle

l'Empereur. Napoleon ) incertitude du Roi, qui peut-ètre tient à prévenir discussion Chambre Prussienne. Lord Palmerston

Je vous prie de présenter ma prière à Th dont j'espère l'efficace

~ ouvene1 appui.

107

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 36. Torino, 19 febbraio 1862, ore 12,30. Le Prince de Galles au nom de la Reine Victoria a fait part au Roi de la mort du Prince Albert. Je désire savoir si la mème chose a été faite à l'égard

des autres Souverains, et si ceux-ci ont répondu directement au Prince ou bien à la Reine.

108

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

T. 59. Parigi, 19 febbraio 1862, ore 8,25 (per. ore 9,20). Thouvenel ne croit pas qu'une deìnande directe de l'Empereur auprès du Roi de Prusse puisse produire l'effet que nous désirons, mais il a envoyé à

Berlin une dépéche au Ministre de France, le chargeant d'insister pour la prompte reconnaissance.

109

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

T. 61. Londra, 19 febbraio 1862, ore 8,55 (per. ore 11,30). Je ferai votre communication au Ministère Anglais. Lord Russell m'a dit

aujourd'hui avoir meilleures nouv,eHes à cet égard, mais que le Ministere de Prusse avait demandé patienter ,encore quelques temps sans l'embarrasser.

110

IL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

T. 63. Semlin, 19 febbraio 1862, ore 10 (per. ore 14,30). Le Gouvernement Serbe désire d'urgence renseignements .sur Vincent Poiret, qui se dit corl'espondant de l'Illustration Gazette de Lipsia. Arrivé à Belgrade hier il s',est présenté à moi et à M. Leschannin, Chef de Division au Ministère des Affaires Etrangères, connaissance du Général Tlirr; mais sans mot d'ordre et sans lettre. Il a été prudent avec moi, mais à Leschannin il a dit qu'il a mission de le prier de la part de Tlirr au nom du Roi, d'aUer en Italie. Le Général Leschannin l'a envoyé chez moi. Il est venu ce matin: je lui ai dit que j'ai ordre de me mèler ,en rien et que je ne pouvais pas admettre qu'il poo-làt

au nom du Roi. Serait-il vraiment un émissaire du parti extrème ou un espion? Veuillez répondre par télégraphe.

111

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

T. 64. Londra, 19 febbraio 1862, ore 20,55 (per. ore 21,45).

Lord Russell m'a dit que outre expédition d'un courrier .à Berlin, il fera encore tout son possible pour presser reconnaissance.

112

IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 40. Atene, 19 febbraio 1862. Il giorno stesso della spedizione dell'ultimo mio dispaccio che fu venerdl non mancai sulla sera di scriv,ere per telegrafo a V. E. la notizia della rivoUa militaxe di Napoli in R()[Dania. Spero Le sia pervenuta non molto tardi per la circostanza che la nave corriera del Lloyd austriaco poo-tiva quella notte medesima per alla volta dei Dardanelli, dove è il primo ufficio telegrafico terrestre che si lega a tutti gli altri sulla via di Vienna e d'Italia. Al presente, narl'erò a V. E. Le cose principali accadute nella settimana. La cospirazione di molta parte della 'truppa e molti borghesi scQIPpiata il giovedì alle tve del mattino in Napoli o Naupiia, era ord~ta e lavorata da lungo tempo, com'io ne detti avviso a V. E. in più relazioni e segnatamente nelle parole cifrate dei dispacci n. 6 -16 agosto 1861 e n. 37 -30 gennaio 1862 (1). Per fortuna non troppo meritata da ques1to governo, l'accidente d'alcune lettere cadu

tegli in mano gli à dato agio da una parte di meglio premunirsi o difendersi, dall'altra, forza,va i ~cospiratori a precipitare il fatto che dovea contemporanea

mente succedere in Nauplia e in Atene. Dicono i bene informati che senza quell'accidente domenica scorsa di notte mentre tutta la Corte era in fe·sta e ·le Lo11·o Maestà ballavano in mezzo ai più fidati consigHeri e ,capi del governo e della milizia, sarebbe scoppiata la rivolta nella città, e V. E. intende beale con che corufusione e spavento di tutti. Ma su ciò spero tra breve di raccogliere nozioni e ragguagli precisi e sicuri.

Nauplia è la •sola fortezza importante del Regno; fu per più anni residenza del governo; à poca popolazione ma piuttosto facoltosa. La sua guarnigione composta di due battaglioni è tutta sollevata,, e ·capo principale del moto è un colonnel'lo Artemi che non dava di ciò al governo neSJSun indizio nè soopetto. Per altri particolari mi rimetto 'al foglio mandato sabato a V. E. rper la via d'Anc001a. Qui aggiungo che la carvalleria la quale da Argos ve:nn·e a congiungersi coi ,sollevati è .comandata dal generale Azoeri uomo di bravura e di credito. Ieri poi pervenne notizia che il giovine Cristo Griva fratello della damigella d'onore della Regina e nipote d'un celebre palllicari arvea sollevato Tripolizza e conduceva seco una banda di volontaii"j. Similmente, si ebbe notizia che in

Nauplia non si •commette nessun eccesso, come n'·era corsa voce. È fa11so che abbiano aperto .il Bagno e saccheggiart:o i forzieri della, succursale della Banca ateniese. Solo furono tolti di prigione i soldati condannati, e i sei detenuti, fra quali il ·colonnello Coroneo, che aspettavano }e nuove Assisie per essere giudicati dell'accusa di crilllllenJese, come più volte ne •tenni discorso a V. E. Dall'altro lato il Govemo in questi giorni ria'V'lltosi del primo sg?mento non

à mancato di provedersi con prestezza ed energia. Imbarcava soldati, cavalli e cannoni (nella misura de<lle sue forze) e ne spediva porzione a Nauplia stessa ad impadronirsi d'una .posizione a1ssai forte detta dei mulini la qual·e sporgendo sul mare .è difesa dalle artiglierie di due corvette colà mandate a chiudere il porto ai ribbelli. L'altra porzione di milizie venne sbarcata a Corinto e crebbe dei soldati fatti venire da più punti con grande sollecitudine; in.tutto, due terzi appena più delle forze dei rivoltati di Nauplta. Il re sbarcato esso pure a Corinto fece rassegna delle milizie, diresse loro parole d'incoraggiamento, poi se ne tornò al Pireo e rientrò nella notte in Palazzo.

Ieri ~L'altro i Ministri convocavano le due Camere annunziando loro la sollevazione di Nauplia e chiedendo pr-onta e 7!elante cooperaZci.one, la quale fu promessa larghissima e senza ombra di esitaz~one. Di più, la Banca sborsava al governo due milioni di dracme, soccorso necessarissimo, perchè le casse erano tutte vuote. Chiudonsi la università e il Ltceo e un picchetto di soldatil ne guarda le porte. Chagi-Petros, altro veechio pallicari e ajutante del re, partiva per arruolare volontarj e credo ne abbia radunati ed armati un centinaio. Ma insino 'a questa mane (19) le truppe regie non si <Sapeva che avessero oc·cupato Argos posto .importante per essere a poche m~glia discosto da Nauplia e di là dalle strette di San Giorgio passo difficile e pericoloso, perchè poca ,gente lo può difendere con suceesso. Un ,bol1ettino del governo annunzila 'lllllO scontro accaduto con qualche banda di rivoltosi stata respinta e dispersa.

Prima di chiudere lo spacdo riferirò ilie notizie ultimissime secondo che le potrò attingere a fonti sincere. Ma insino all'ora ·che serivo elle s0111o assai poco esatte e pochissimo particolareggiate; e come il governo non si fa scrupolo di alterare la verità quasi altrettanto che i suoi avversari, così è fatica grande il poterla appurare.

Per dire poi la mia mente suHa sollevazione, osserverò in prima cosa che nel fondo ella è più de' soldati o a dir meglio degli ufficiali che dei citta:dinù.; e però è pessima di sua natura essendo troppo ill!fortunio per una nazione che le milizie partecipino dello spirito delLe sette e abbandonino cosi presto la difesa del re, delle ·leggi e dell'ordine ad esse !larticolarmente affidate. Non istarò a discutere se vi sia giammai caso in cui le truppe debbano uscire di quella obbedienza passiva e perpetua che loro conviene. Ma è intollerabile che l'esempio e l'istigazione della rivol.rta proceda da esse. Il che 'bisogna sopportare in Grecia dopo il fatto del '43; atteso che in quell'anno la mutazione dello stato da assoluto a parlamentare fu impresa e menata a termine similmente dalla truppa. E sebbene il re siasi studiato .più tardi a purgarla dei capi di quella violenza e v'abbia speso intorno infinite cuoce e troppi denari non è riuscito come si vede ad affezionarsela e farLa gelosa deH'onor militare, non avendo saputo impedire che le promozioni avvenissero con parzialità e secondo i brogli dei cortigiani.

Del resto, la sollevazione da molto tempo macchinata non aveva fondamento di buon successo per le ragioni da me scritte a V. E. e cioè per non avere capi assai l"'eputati e l'uno diffidall"'e dell'altro e nei ·cittadini in genere, essere più l'astuzia •Che il coraggio e più il desiderio di uscil'e, ·Come usa dil'si dali cienci che il puro e profondo amore del bene pubblico. Al che si aggiunge la difficoltà estrema del negozi'o in se stesso. Per,chè il fine vero della sollevazione essendo di caccial'e il presente re, conveniva pot.er proporre immediatamente il suo successore. Invece, il governo .provvisorio di Nauplia non à osato dichiarare nel suo proclama la decadenza del re, mentre dall'altra parte scansa di nominarlo e domandando fra l'altre cose una Camera Costituente non è ben capito dal volgo e mette la Corona nella necessità o di respingere la proposta o di avilirsi e di perdersi. Poi è strano che lamentandosi delle leggi non osservate e delle istituzioni falsate s'incominci dall'uscire d'ogni legalità e dai termini della Costituzione.

Quindi, sebbene la reppressione della rivolta accada lentamente e il governo sia sproveduto d'ogni forza morale, l'esito di quella non sembra per nulla dubioso. La sollevazione era scoppiata nella .seconda città del Regno e dove sta rac•colta la maggior parte dei materiali da guerra dell'intera milizia; avea molti ufficiali superiori con sé e tutto il Peloponeso aperto e indifeso. E ciò non ostante, in cinque o sei giorni non à quasi nulla progred1to e iJ.ascia tempo ed agio al governo di trar partito d'ogni suo mezzo ordinario e straordinario. Ora, chi non sa che le rivolrte se n:on avanzano, retl'ocedono?

Certo, nelle truppe mandate ·contro vi è larga magagna, ma se odorano che per gli insorti calano 1e probabilità di successo sp1egheranno zelo operoso e poco sperato inverso il governo ed il l'e; perchè questo è il solito delle sommosse militari e dei paesi corrotti. E similmente, in Nauplia debbono avere sperato neaià sollevazione d'Atene la qua1e per verità è rimasta sguerni:ta di truppa e doV'e tutti, può diirsi, sparlano del governo. Ma per ·contra, in At,ene sono i più facoltosi del Regno, ai quali il pericolo dell'anarchia mette spavento; una metà poi de' cittadini vive della Corte od à in Corte parenti ed amici. Infine, qui dimorano deputati e Senatori che sotto :nome d'indennità ,godono larga pensione a cui dovrebbero rinunziare mutando il sistema pl!'esente e introducendosi altra forma di Parlamento. Per tuttociò, ripeto, la rivolta nè mi dava credenza di buon successo quando venivasi macchinando nè la mi dà oggi che è scoppiata in modo piuttosto gagliardo.

Ma d'altra <banda, non è meno deplora:bHe la condizione del governo il quale si troverà impacciatissimo della stessa vittoria. Il contegno della Corte è assai disinvolto, e la .sotrerta paura benissimo diSISimulata. Ma ciò non vieta che eSISa ed il re non debbano confessare oggi a se medesimi quello che sempre ànno negato di ,credere, l'avve11sione qua,si generale contro di loro e contro il ~istema ostinatamente voluto seguire. E come il re a rovescio di ciò che domanda un governo costituzionale, à sempre voluto aver mano a tutto e farsi autore d'ogni cosa, però è ac·caduto che i partiti mirano a lui e lui accusano più ·che tutti; e veramente egli sarebbe spacdato senza verun riparo, quando nel popolo minuto e segnatamente nei buoni campa,gnuoli greci non fosse radicatissimo l'amore alla monarchia nella quale sola riconoscono il simbolo della nazione e l'esistenza della Gl'eda.

Per fermo, dal tutto insieme dei fatti di questa sollevazione si ra,ccogHe che il governo è saù.vo più assai per caso e fortuna che per buona previdenza; e la importanza dei nomi che V. E. può leggere a piè del Manifesto dei sollevati che io qui annetto basterà, penso, a persuaderla della mia aff&mazione.

Il re e i Ministri non sonosi valuti per nulla del Corpo diplomatico. Solamente M. Bourée ebbe invito di andare a Palazzo; il perchè non ò potuto sapere, tenendosi egli chiuso e taciturno e mostrando affettata negligenza e trascuranza; ma io spillerò tuttavia quello che andò a fare a Corte e ne scT(iverò a

V. E. È pur anche da notare che l'Inghilterra e la. Russia non potevano essere con opportunità in.terrogalte; imperoc·chè il M~nistro inglese è gravemente infermo e il Russo è in procinto di partire.

V'à al presente al Pireo un vascello inglese il Mars ed una corvetta. V'à pure due bastimenti da guerra francesi, e nel Ministro è la facoltà di qui chiamare parte della flotta che compone la stazione detta di Levante. A tal proposito, scusi V. E. l'arbitrLo dl!e pLglio di rivocare alla sua mente una ·cosa ripetuta

più volte nelle mie relazioni e cioè il •gran bene che recherebbe alla nostra influenza in questi paraggi la vista frequente della nostra bandiera. Oltl'echè, se lo stato della Grecia andasse ancor peggiorando, e pur troppo il caso non è impvobaJbi1e, converrebbe, mi sembra, garantir meglio le persone ed',n traffico de' nostri connazionali. Ieri appunto il mercante Signore Stoli, italiano dimorante in Ch&ocori, scriveva al Cavaliere Malavasi lamentandosi che in quella provincia sia scomparsa ogni spede di forza publica e teme, continua'l'JJdo la rivolta, di dovel'e sgombrare di 1là per difetto di sicurezza e con 'iscap~to grave de' suoi interessi.

Appena qui giunse la lettera di S. M. in risposta a quella del He Ottlone che gli recava il g,eneraJ'e Cal,ergi, mi feci ;pvem'llTa di domandare una regia udienza la quale mi fu ·Conceduta jeri alle due dopo mezzodì. Il Re nel ricevere ii foglio del nostro grazioso Sovrano disse pavol!e assai rispettose IJ€T lui e benigne per me e m'intrattenne non poco tempo chiedendomi informaz1oni e ragguagli sullo stato presente d'Italia .e in particolar modo sulle condizioni del noSitro esercito. Entrando da lui, io m'era proposto di cogliere l'occasione di qualunque

espressione la quale o d'accosto o da lontano si riferisse ai casi attuali del Regno, per biaisimare fortemente a:a rivolta ed assicurare il Principe di ,tutto l'aiuto e il cooperamento morale di cui la Legazione Italiana fosse capace. Ma il re forse appostatamente, scansò ogni frase tanto o quanto allusiv·a alla rivolta di Nauplia. lo pensai dunque uscendo di là di recarmi dal Mi:nLstro degli affari esteri, Signor Conduriotis; nè venendomi fatto di ll'itrovarlo, mi mossi a visitare jn Palazz,o il si,gnor Wendland primo Segreta:rio del Re e il quale, come già ne scrissi a V. E., è l'anima occulta di tutto il governo. A lui esposi che in quel modo che 'il shlenzio tenutomi da S. M. into:r.mo ai gravi casi del Regno \IlOil poteva mai nè dmneva essere mterpretalto da me quale dimostrazione di poca fiducia, similmente i:o non dubitavo che S. M. avesse creduto di scorgere nel mio contegno poca simpatia .e poco interesse per la sua persona e per le sorti della Greda. Non avere io osato di entrare il primo in soggetto estremamente geloso; e intorno al quale m'era stato impossi:bile per angustia di tempo di ricevere istruzioni speciali dal mio governo. Ma sì in forza delle istruzioni datemi nel lasciare l'Italia e sì per la notizia perfetta che io possiedo dei sentimenti particolari e di V. E. e del Re Vittorio Emanuele, io pregava il sign-or Wendland di ri:ferire -a S. M. che la Legazione Italkma gli era pienamente devota', affliggevasi con tutto l'animo della tentata ribellione e offerivasi per tutte le parti e gli uffici che fossero nei termini delle sue facoltà. Il Segretario udì con visibile compiacimento coteste dichiarazioni, e venendo in quel punto chiamato dal Re, levossi in ptedi dicendomi: io vo a ripetere a S. M. le vostre espl'essioni a parola per parola e vi ringrazio aRticipa1tamente della Sua alta soddisfaztone.

ALLEGATO.

MANIFESTO DEGLI INSORTI DI NAUPLIA (1) Il giorno 25 marzo spuntò gioioso nell'illustre nostra patria spezzando giogo di quattro secoli, e calpestata l'esecrabile mezzaluna che contamminava· la natale terra della libertà. Fatticosa ma nobile lotta ridonò a noi l'onore, la libertà e la vita, e la nostra nazione fu annoverata nuovamente nelle placche della vita e ha circondato il trono d'essa, stabilito col sangue e co' sacrifizj. Disgraziatamente però stranieri usurparono le nostre mete, e divoratori divorarono le nostre fatiche. La nazione in una notte risorse come gigante ed il 3 settembre del 1843 salutò la nostra cara patria e teneteva [sic] nella .sua ferita ed eroica mano la carta costituzionale. Quante speranze :furono allora ravivate! Oh quali la nazione attendeva giorni! Ma ohimé, politica maledetta dalla nazione, sistema assassino, e scellerato, sistema che riduce alla schiavitù, ed alla degradazione, portando come simbolo, l'illegalità ed il tradimento, ha contaminato col suo fetore, l'appena spirante aura di libertà, e fra poco innondava noi; ma serpeggiava il giorno della salvezza della nazione lo febbraio 1862. L'eroica Nauplia conduttori eroi coll'ajuto della generosa guarnigione, e della volontà de' cittadini, la prima impugnò le armi, e la prima vibrò ferita fatale contro il sistema, rimuovendo lo stendardo della libertà, sul quale co' caratteri d'oro si scorgono i tre principi della salvezza nazionale. l) Decadenza del sistema, fedelmente servito dall'attuale, proclamando nuovo, garantendo le libertà del popolo, e l'applicazione degli altri due seguenti principi. 2) Scioglimento delle con violenti mezzi istituite e sinora esistenti Camere, e 3) Riunione d'assemblea nazionale promettente il riacquisto della nazione delle sue calpestate libertà, e compimento, d'ogni nobile e nazionale nostro desiderio.

Innalzate dunque concittadini mani e preghiere a Dio pel riuscimento dell'opera nostra, e con ogni forza concorrete pel riacquisto della buona fede e de' salutari principi nella nostra bella patria.

Nauplia, 2 febbraio 1862.

La Commissione: Mich. Jatròs, G. A. Petimesa, Poi. Zaffiropulos, Bas. Cecchino, G. G. Jatròs,

C. A. Antonopulos, Gr. Dimitriadis, C. Pezzali, Gio. Pappazaffiropulo, P. Mauromichali. H Segretario Generale: G. D. Possidon.

Schiarimenti de' nomi della Commissione (1): Mich. Jatròs -Grande possidente, Negoziante, e più volte Deputato.

G. A. Petimesa -Giudice della corte d'Apello. Poi. Zaffiropulos -Attuale Dimarca di Nauplia. Bas. Cecchino -Ex Dimarca di Nauplia.

G. G. Jatròs -Possidente, Neg. e Deputato dello sciolto Parlamento.

C. A. Antonopulos

l

Gr. Dimitriadis

C. Pezzati Avvocati. Gio. Pappazaffiropulos

P. Mauromichali -Giudice di Prime Istanze. Il Segretario Generale è Avvocato.

(1) Il primo non pubblicato, il secondo è il n. 82.

(1) Il manifesto fu consegnato in questa traduzione italiana assai scorretta alla Legazione in Atene.

113

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

(ARB, cass. 54, n. 110, orig. autogr.)

L. P. 4. Berlino, 19 febbraio 1862.

Ho dato al Barone di Budberg gli schiarimenti trasmessi da V. E. nella sua lettera particolare del 12 febbraio (2), riguardo alle supposte mene polacche. Ciò non pertanto egli asseriva che quel partito estremo, ·capitanato da Mieroslawski agitavasi, ad insaputa del R. Governo, cercando ad organizzarsi nei nostri Stati nell'intento di tentare un'invasione, per esempio, nell'Erzegovina. Nell'interesse stesso della nostra causa, egli sperava che V. E. si compiacerebbe assumere nuove informazioni per rispondere alle osservazioni del Principe Gortchakoff in modo da tranquillizzare vie più la Corte di Pietroburgo.

Questo mio collega non crede ad una riconoscenza immediata della Prussia, forse perchè non la desidera per timore di vedere la Russia in allora isolata. Se non m'inganno, egli vorrebbe lasciar aperte le trattative con noi e disporre le cose in modo che la riconoscenza della Russia venisse dietro a quella della Prussia, senza troppo indugio.

Mi risulta positivamente che il Sig. Budberg patrocina la nostra causa, in opposizione al suo collega in Roma il Principe Wolkonski, il quale, forse per cancellare il biasimo incontrato in Gaeta, accarezza ora le simpatie leglttimiste dell'Imperatore Alessandro, e va profetizzando una prossima ristaurazione dei Borboni in Napoli. Mi risulta pure che, senza aspettare da Torino un riscontro

aHa lettera di cui mandai il sunto a V. E. (11 febbraio (1)), egli scrisse confidenzialmente al Principe Gortchakoff invocando le migliori ra<gioni per indurre lo Czar a mutar contegno a nostro riguardo. n motLvo principale da lui sviluppato con grande accorgimento, si è questo: necessità di rimuovere ogni divergenza colla Francia intorno agli affari italiani, e quindi di riconoscerei, se la Russia vuol mettersi d'accordo con quella potenza sovra altre questioni per lei di maggior rilievo. Nel sostenere questa tesi, l'inviato russo trova un tornaconto personare. In qualità d'erede presuntivo del Conte Kisseleff, egli aspira a rendersi persona grata al Gabinetto di Parigi.

Ciò sia detto per dimostrare la convenienza di proseguire le mie relazioni col Sig. Budberg e di mettermi in grado di somministrargli spiegazioni in appoggio dell'intelligente sua intenzione a nostro pro.

Mi premeva di verificare l'asserzione del Conte di Bernstorff, dispaccio politico n. 378 (2), che la Francia aveva ra~Hentate le sue pratiche amichevoli verso l'Italia. Da quanto mi venne affermato ,i,eri dal Principe La Tour d'Auvergne, egli non tralascia di spingere il Governo prussiano a spiegarsi in nostro favore. Inoltre mi disse confidenzialmente che, istruito dal Barone Budberg delle mie pratiche, egli ne aveva !reso consapevole il Sig. Thouvenel e che questi lo ~esortava ad agire d'accordo col suo collega russo e di rkordare m ogni occasione al Sig. di Bemstorff che la Francia desiderava il nostro riconoscimento per parte della Prussia.

Il Sig. La Tour d'Auvergne stima che tale atto non può tardare al di là di un mese, se non di qualche settimana. In quanto ad una ristaurazione in Napoli, egli, secondo la sua propria opinione, la giudica impossibile; la Francia stessa non vi consentirebbe giammai.

Ieri in una festa dai ballo, il signor von der Heydt, Ministro del commercio, mi disse in confidenza di aver più volte parlato al Re Guglielmo delle nostre circostanze e ciò non senza qualche riuscita, al punto che S. M. gli diede l'incarico di stimolare il Conte di Bernstorff, di un carattere piuttosto lento nel maneggio degli affari. Ieri pure a questo Ministro degli affari Esteri feci parola del telegramma da me spedito il giorno innanzi a V.E. (3). Da lui non venne fatta osservazione dappoichè aspetteremo le comunicazioni .già trasmesse o da tramettersi al Conte Brassier de Saint Simon.

Da tutti questi particolari rilevasi che le cose nostre procedono assai bene. Lord Loftus anche egli è soddisfatto, quantunque manifesti sfiducta sulle intenzioni dell'Imperatore Napoleone, poco propenso all'unità italiana, se prestar dobbiamo fede al linguaggio dei rappresentanti francesi in Vienna ed in Pietroburgo, ambedue sostenitori del progetto di confederazione. Ieri il telegrafo ci ha recato la notizia delle parole· pronunciate da V. E. nella Camera all'indirizzo del popolo e del Governo prussiano.

Un tale lusinghiero giudizio non poteva giungere più opportuno e produsse ottima impressione.

Le trattative commerciali tra Francia e Prussia non tarderanno ad esser chiuse, le maggiori difficoltà essendo superate.

Debbo notare che i due telegrammi menzionati nella _precitata lettera di

V. E. del 12 febbraio non vi erano annessi.

(1) -I Giudici e gli avvocati furono destituiti dal Governo con decreto Reale 6/18 febbraio 1862. [Nota del Mamiani]. (2) -Non rintracciata. (1) -Cfr. n. 87. (2) -Cfr. n. 104. (3) -Cfr. nota 2 a p. 147.
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IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (ARB, cass. 54, n. 108, orig. autogr.)

L. P. 9. Parigi, 18-19 febbraio 1862. Colgo il.'occasione che m'offl"e M. Barbe che si reca a Torino per certe forniture al Ministero della Guerra, onde inviarle alcuni dettagli circa alla situazione attuale; questi, non dubito, s'accorderanno con quanto le avrà inviato il Ministro Nigra, al quale comunicai le di Lei intenzioni circa alla questione romana. H Cavaliere accol'se con soddisfazione il da me rileritogli e s'accordò meco pei mezzi onde conseguire l'intento. Egli è pure d'avviso che il ritorno al Trattato ch'Ella conosce sarebbe il solo mezzo attuabile onde raggiungere lo scopo di dare all'Italia la sua capitale. Ho sovente veduto M. Thouvenel, che è sempre perfettamente disposto; nuove lettere scrittegli da Roma, dal Marchese La Valette, accennano sempre all'ostinazione del Papa e del Cardinale Antonelli a respingere qualunque progetto che sia per la conciliazione. La posizione del Ministro di Francia a Roma è eccessivamente difficile e, per qualche tempo, conta astenersi da qualunque comunicazione non indispensabile, e ciò come conseguenza del rifiuto espresso nella sua nota del 18 gennaio. Il signor Thouvenel comprende benissimo come ,le sue proposizioni, contenute nel dispaccio del cavalier N~gra, siano ina,ccettalbili per il Governo de'l Re (1); queste ed ogni altra combinazione che !richieda l'intervento della Corte di Roma sono divenute impossibili dopo il dispaccio, cui feci cenno più sopra. Non mancai di far ·sentire al signor Ministro degli Esteri come la condotta del Generale Goyon divenga ogni giorno più intollerabile. M. Thouvenel conviene che sarebbe utile il richiamarlo, ma nei suoi rapporti il Marchese di La Valette gli fa, in questi ultimi tempi, conoscere come il predetto signor Generale da alcuni giorni avesse modificato la sua maniera d'agire. Feci in proposito osservare al Ministro che queste modificazioni mi furono da lui più volte annunciate, senza che mai queste dessero un favorevole resultato. Per levarlo da Roma Thouvenel è disposto a proporlo come Senatore; ma pensa che in questo momento non è cosa conveniente il chiedere all'Imperatore una concessione di sì poco momento, mentre tutti gli sforzi debbono convergere ad ottenere da S. M. I. il ritiro delle truppe francesi e l'attuazione del trattato, che al parer del Ministro, come già dissi all'E. V., non potrà aver luogo che

dopo la chiusura del Senato e del Corpo legislativo, onde evitare inopportune interpellanze.

Pel momento tutti gli sforzi del Governo tendono a far che il Senato voti nel <;liscorso all'Imperatore, in risposta all'adresse, una frase che esprima il rincrescimento che i consigli di conciliazione, suggeriti dall'Imperatore, sieno stati rigettati daJ. Santo Padre. Anche questa fra!Se, di sempLice rincrescimento, incontrerà gravi difficoltà, ma si spera che venga adottata.

M. Thouvenel, a cui il Ministro Nigra ha richiesto i buoni uffici, onde far che la riconoscenza del Regno d'Italia per parte della Russia abbia luogo prontamente, promise anche a me di far quanto sarebbe stato in suo potere per raggiungere questo scopo, e raccomanda di prevenire l'E. V. onde nessun· passo venga fatto intempestivamente per tema di compromettere la riuscita.

L'Ambasciatore di Russia, Conte di Kisselef, presso il quale anche la Principessa Matilde insiste frequentemente, sarebbe favorevolissimo al riconoscimento del Regno d'Italia per parte del suo Governo. Egli promise di scriverne ancora in merito a Gortsciakoff, tanto più che questo riconoscimento è in Russia desiderato da tutto il partito liberale, e che il Governo non potrà, a parer suo, ritardarlo oltre tre o quattro mesi.

S. M. l'Imperatore è sempre a nostro riguardo nelle migliori disposizioni, sente nel profondo dell'animo tutte le offese e le ingratitudini della Corte di Roma a suo riguardo; non precipita nulla, non essendo ciò nel suo carattere, ma a suo tempo agirà. Lo preoccupa ora moltissimo la riunione di tutti i Vescovi della Cristianità in Roma. A questo proposito il Ministro Rouher sarebbe d'avviso che l'Imperatore, rammentando al Papa come da dodici anni egli sia il solo sostegno del papato, lo prevenga, con una sua lettera da pubblicarsi nel Moniteur, che se nella progettata riunione dei vescovi vi fossero decisioni nocive per il Governo lmperia~e o ostili alla sua poHtica, le truppe fran·cesi lascerebbero Roma nel più breve spazio di tempo. Questo partito decisivo non sarà forse adottato, perchè è in opposizione colla politica temporeggiante dell'Imperatore; ma la riunione in Roma di tutti i nemici della Francia e del progresso contribuiranno più d'ogni altra cosa a sollecitar la caduta del poter temporale. Il partito clericale rinforzato dagli Orleani.sti e Legittimisti non ha profonde radici, nè bene estese; ma sventuratamente 1si recluta fra quel ceto di .persollle che più frequentemente s'mcontrano nelle abitudini della vita sociale, e che, nella speranza di accattivarsele, l'Imperatore ha messe a far parte del Senato e proposte come candidati del Governo pel· Corpo legislativo.

M. Billault, traendo partito dal dfiuto ,perentorio della Corte di Roma, farà un buon discorso; le sue parole avranno tanto più effetto in Francia in quanto egli conta prendere la questione dal lato d'interessi puramente francesi.

Il Principe Napoleone, quantunque assai scoraggiato per l'andamento del Governo e per le esitanze del cugino, s'è deciso a prender la parola nel dibattimento dell'adresse. Alcuni: senatol"i, in piccolissimo numero, sarebbero disposti a segnare una petizione per il ritiro delle truppe francesi dagli Stati Romani. Il Principe vorrebbe che il suo discorso fosse il seguito di questa iniziativa; ma nulla in proposito vi è ancora di ben deciso. I redattori del Siècle, dell'Assemblée Nationale, della Patrie e d'altri della stampa liberale hanno proposto al Principe d'aprire nei loro uffici una sottoscrizione avente essa pure per scopo il ritiro delle truppe francesi. Il Principe non ha H coraggio d'ecci~ a codesta dimostrazione, che nel momento attuale non mancherebbe di grave importanza; forse

si potrà promuoverla dopo la discussione del Senato, se questa tornasse contro

al nostro interesse, che fortunatamente è anche quello di tutto il grande partito

liberale europeo, dal quale noi non dobbiamo disgiungere la nostra politica.

Una simile dimostrazione però non potrebbe aver luogo senza un tacito con

senso del Governo. È fra le cose possibili che dal Senato e dal Corpo legislativo

esca un voto per il prolungamento indefinito dell'occupazione francese negli

Stati del Papa. Ciò aggraverebbe le difficoltà già esistenti per la conclusione

del trattato: ma queste non perverrebbero a sopprimerne l'esecuzione, perchè

questa questione non può più a lungo rimaner sospesa senza divenir pericolosa

pel Governo Imperiale. Pel momento però tutto rimane sospeso fino a che sia

riconosciuto il voto dei Corpi costituiti.

V. E. conoscerà senza dubbio i progetti segreti che si prestano all'Imperatore in seguito all'iniziativa da lui presa di porre sul trono del Messico l'Arciduca Massimiliano d'Austria; senza averne fatta parola, pel momento, Napoleone spera che questa concessione potrà influire per far prevalere in Austria l'idea che è già entrata in alcun membro del Gabinetto austriaco di venire ad una cessione per la Venezia, a cui è ostinatamente contrario l'Imperatore Francesco Giuseppe, la maggioranza del di lui Gabinetto, l'armata e tutto il partito che tiene alla Corte. Non credo quindi che simile progetto possa awre serie probabilità ài successo; ma potrà valersene l'Imperatore dei Francesi per sollevare ·contro l'Austria la riprovazione europea, perchè anche dopo la concessione fattale, persiste a rigettare i consigli delLa ·Conciliazione; che se fosse:m accettati, dò non saTebbe, a senso mio, che a prezzo di .gravi sacrifid, che il Governo del Re dovrebbe fare nella questione di Roma; e ciò per non pensare di peggio, poichè se s'avesse a dar peso a certe dicerie femminee, si vorrebbero tirar in campo concessioni anche pel Re Borbone.. Tutto questo però non è serio, nè vatle la pena, per il momento, di preoccuparsene, fermandovi troppo seria attenzione.

Sono da seguirsi le mene della Russia nella Turchia non solo, ma in tutte le provincie limitrofe. Da queste il Governo del Re potrà all'occasione trarne il più importante partito; è d'uopo non perderle di vista, poichè l'Italia sarà forse chiamata a prendere l'iniziativa nella grande questione orientale. Di queste cose però non è il caso occuparsi per ora, essendo gli eventi ancora incerti e lontani, ed il Governo del Re avendo dirette le sue viste ad altro scopo.

Billault dicevami essere assai contento della piega che prendevano le cose al Senato; i vescovi ed i clericali avranno la voce alta, ma la votazione sarà, credesi, contro di loro.

Thouvenel è malcontento del modo con cui il Conte di Persigny ha parlato nel seno della Commissione al Senato, di cui fa parte, ove sorprese tutti, quasi dichiarandosi per l'occupazione permanente degli Stati del Papa! M. Thouvenel avendogli chiesto spiegazione della sua condotta, il Mindstro d!ello Interno rispose avere un progetto, mediante il quale il Governo Imperiale avrebbe avuto tutti i vescovi di Francia sottomessi ai voleri del Governo, ma per questo ottenere, non bisognerebbe ritirare le truppe da Roma. Thouvenel non nascose il suo dispiacere per questo procedere, che riguarda come una defezione alla politica liberale del Ministero. Il Conte Walewski, dopo d'aver dichiarato che fu sempre contrario all'unità d'Italia, vedendo ora ed ammirando la saggezza degli Italiani, crede suo dovere d'astenersi dall'opposizione. Questo cangiamento di Wa.

lewski si spiega da che Fould sembra entrare a parte di certe mene e progetti che partono dal contorno dell'Imperatrice.

Consigliatomi con Nigra, mi sono recato dal Conte di Persigny onde chiedergli la ragione delle opinioni manifestate; il Ministro mi rispose essere vero in parte quanto mi era stato riferito, non cessando per questo di essere il migliore amico dell'Italia e degli Italiani. A parer suo le truppe da Roma non debbono ritirarsi finchè non sia generalizzata la convinzione della stabilità dell'unità italiana.

Parlò a lungo esponendomi certi progetti più o meno inapplicabili e da attuarsi dopo la morte del S. Padre. Senza troppo contrariare le viste ed i vaghi progetti del Signor Ministro dell'Interno, ho cercato di ricondurre le sue idee e di predisporre la sua influenza ad aiutarci all'attuazione del trattato. Dopo lunga discussione, di cui credo inutile tracciare i dettagli, egli si è avvicinato ai progetti da me esposti, colla differenza che vorrebbe le cose fatte in modo che il

S. Padre possa accontentarsene, nella persuasione che i dodici mille uomini di truppa che gli sarebbe permesso di tenere bastino a difenderlo da ogni moto interno.

Io a ciò risposi che nessuno meglio del Governo Imperiale avrebbe potuto convincere il S. Padre, valendosi delle asserzioni del Cardinale Antonelli di non avere il Papato, in Italia, altri nemici che il solo Piemonte. Credo che questa lunga conversazione avuta col Conte ·di Persigny varrà a calmare in parte la vivacità del suo spirito, troppo pronto ad immaginare progetti non pratici e che, posti in capo, potrebbero nuocere e compromettere la ~riuscita del possibile.

Lo scopo della presente non è d'inviare all'E. V. cose che Ella non conosca. Ho giornalmente comunicato al Ministro Nigra, e sempre ho agito d'accordo con lui; sono quindi convinto che quanto le scrivo le sarà già stato riferito. Desiderando però provare a V. E. tutto l'interesse che porto alla causa comune, mi sono deciso a scriverle la presente; anche a rischio di tediarla ripetendole cose già note.

Recandosi S. M. il Re a Milano il giorno tre del venturo mese, io sarò prima di quell'epoca a Torino. Allora potrò darle più ampi dettagli.

Parigi, 19 febbraio.

Da alcuni giorni avevo scritta la presente che non ho potuto spedir prima, non volendo affidarla alla posta e mancando d'una occasione sicura.

Questa mane ho ancora lungamente veduto M. Thouvenel: si mostrò sufficientemente contento delle disposizioni del Senato, ben inteso, che visto il modo con cui è composto, è d'uopo accontentarsi se s'ottiene un mediocre concorso alla politica imperiale negli affari d'Italia. Il Ministro degli Esteri mi parlò a lungo intorno alle dimostrazioni che hanno avuto luogo in Italia, come protesta alla frase del Cardinale Antonelli. Queste ponno produrre un buon effetto, poichè sono l'espressione del volere di tutto un popolo; ma circa ai progetti avvenire, cioè all'attuazione del Trattato, questa nuova prova del fermo volere pel trasferimento della capitale, sarà una difficoltà. Questa osservazione, dicevami il Ministro, venire dall'Imperatore stesso, dal qualie, a parer suo, sa,rà assai difficile l'ottenere una determinazione qualunque nelle attuali circostanze. Questo linguaggio del signor di Thouvenel non mi spaventa, nè raffredda le mie speranze, conoscendo per prova quanto sia facile a cedere avanti agli ostacoli, che sa sormontare più tardi, quando l'umore di S. M. I. si mostra più proclive e disposto ad entrare nelle sue viste politiche, è quindi sopra lo spirito dell'Imperatore che bisogna agire; ma per ciò fare con speranza d'un buon risultato è d'uopo attendere il momento opportuno; quando questo sia giunto, nessuno meglio del Ministro Nigra potrà avere la voluta influenza. Egli è stimato dall'Imperatore, ed ha anche dell'ascendente sopra l'Imperatrice; il contorno della Corte è meno male per lui che per qualunque altro italiano; oltre di che possiede l'amicizia del Principe Napoleone, il cui concorso ci sarà indispensabile. Più di tutto contribuirebbe alla riuscita dei progetti il poter far entrare nel Governo francese la persuasione che lasciata Roma in seguito al trattato fra Francia ed Italia, il potere temporale ed il Papa potrebbero durarla per alcun tempo ancora, difeso il primo all'interno dall'armata papale, alla frontiera dalla promessa data dal Governo del Re d'impedire qualunque attacco. Una frase detta in proposito al Parlamento da V. E. produrrebbe buon effetto, ma questa avrebbe ad essere pronunciata con immensa riserva.

Perdonerà l'E. V. la libertà colla quale io mi permetto di esternarle il mio avviso, in questi affari di grandissimo rilievo. Mi sia scusa l'affetto che come italiano porto e·debbo portare alla patria comune ed al Re.

Dovendomi presto recare a Torino, spero poterle dare a voce qualche maggiore dettaglio.

(1) Cfr. n. 14.

115

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 394-395)

L. P. 15. Torino, 20 febbraio 1862. Mi rimane pochi istanti per mandarle queste righe. Mi è giunta la sua del dì 11 corrente (1). Vedo con gran piacere concorrere i capitali inglesi nell'imprese industriali d'Italia. Voglia Iddio che le preferiscano a quelle che fin qui recarono in America sì grandi perdite ai loro capitali. Facciamo di tutto di animare i capitalisti inglesi a proseguire nel loro iniziato indirizzo inverso noi. Gridi Rechberg quanto vuole; ma egli ha torto; perchè noi non eccitiamo nessuna diserzione nell'armata austriaca; anzi io ho in mille occasioni dimostrata la mia ferma determinazione di non volere disertori di alcuna sorte, perchè il disertore è per me un miserabiLe individuo.

Vengono sì dal Veneto cittadini veneti, cioè italian~, i quali preferiscono servire nell'armata italiana che loro appartiene, e questi noi accettiamo, perchè sono nostri. Ecco risposto agli spropositi del signor Rechberg, il quale ha il grave

torto di permettere a Trieste la organizzaz1one di una, impotente a vincere., ma potente a nuocere, reazione. L'Italia non è in mano di nessun partito; è unita e compatta sotto il suo Re costituzionale, e l'autorità saggia delle leggi regna

ovunque, senza bisogno di armi e ·COl solo consenso della Nazione; e salvo la reazione, che ci viene scagliata addosso dall'Austria, e i suoi satelliti, noi avressimo una quiete ·che ci potrebbero invidiare i più assennati paesi.

Ecco la risposta al signor Rechberg.

(1) Cfr. n. 89.

116

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 383-3tl0)

L. P. Torino, 19-20 febbraio 1862. La ringrazio della sua lettera del 15 corrente (lettera particolare), oggi pervenutami (1). Mi duole il lagno della regina Vittoria e più mi dorrebbe se fosse giusto. Fino dal luttuoso caso io ebbi a conoscere la sollecitudine del Re per dimostrare quanto Egli ne fosse restato dolente, perchè voleva far partire tosto uno della sua Corte per attestare i suoi sentimenti ·i!Il.verso la Regina. Mi fu ~omunicarto il pensiero del Re, ed io l'approvai senza esitare. Poco appresso mi fu detto che se ne era sospesa la esecuzione, parendo meglio lo aspettare quando fosse avvenuta la notizia ufficiale della morte del Principe. Io non ebbi più luogo di ,seguive questo affare fino all'arrivo del suo telegramma. Ne fu intrattenuto il Re, e mi mostrò sollecitudine per questo affare dicendo di avere fatto scrivere alla Dama d'onore della Regina per sapere se questa avesse consentito che egli mandasse la sua lettera particolare per mezzo speciale. È mia ferma persuasione che sia stato piuttosto il vivo desiderio di mostrare alla Regina quanto il Re sentisse per Lei, e il volere che l'estrinseco si accostasse all'intrinseco, che ha dato sembiante di una specie di oblio al ritardo piuttostochè vi sia sussistito indifferenza nell'animo reale inverso al grande dispiacere dalla Regina provato. Ella è questa una nuova prova di quanto sia vero che L'andare per it naturale e per it semplice è La migliore via. Se il Re seguiva il primo impulso, ciò non era. Sono d'accordo che nulla sia da fare (oggi) intorno alla questione romana fin dopo la discussione presso le Camere francesi, ma dopo, qualunque siano le deliberazioni di queste, conviene avvisare risolutamente a qualche cosa. Mantenere questo stato è cattivo per la Francia e per l'Italia, e di nessun bene al Papa. Trovare cosa che non vulneri alcun principio e che apra la via agli svolgimenti ulteriori, parmi sia quanto dobbiamo ricercare. Perseverare in questa maniera dopo le ultime dichiarazioni dell'Antonelli, parmi sarebbe un grandissimo errore, e dirò pure un imperdonabile errore, che ci addosserebbe una grande responsabilità. La posizione delle truppe francesi in Roma dee farsi ogni giorno più grave.

A questi giorni volevasi fare una dimostrazione pacifica per ricordare la presa di Gaeta, 'e il governo sussidiato dalle truppe francesi la impedi. L'Uffido

11 -Doc11menti diplomatici • Serie I -Vol. II.

delle truppe di una grande nazione quale la Francia, destinato a comprimere oneste e naturali manifestazioni di un popolo, che anela il possedimento di quella libertà e di quella indipendenza che profittano alle altre nazioni, è tale incarico da stri.nrgere l'anima. Si pensi che impedendo al popolo romano dd manifestarsi nei suoi sentimenti civili e nazionali, sarà forse la via di inasprirlo e di risuscitare in lui le feroci memorie di un passato ben poco lontano da noi. E se un conflitto succedesse con le truppe francesi? Tralascio di considerarne le conseguenze, sì tanto mi a,cooral!lo. Per,chè piuttosto non mettere in opera consigli di saggezza e di moderazione, e insieme lasciare che il popolo romano dimostri con mezzi pacifici quali sieno i suoi sentimenti veri inverso il Papa e il suo Governo? Concedendo questa libertà sarà facile conseguire che uomini influenti e veri galantuomini Si pongano alla testa d!ei cittadini e ne guidino gli raJtti; !Senza questo io temo çhe avremo degli sconci e delle agitazioni molto gravi. Sebbene la discussione che va iniziandosi in Senato trattenga da esami più definitivi, pure non credo inutile tenere proposito di cosa che va bollendo ad ogni momento. Mi perviene in questo momento una lettera da Roma che mi conferma quanto sopra io diceva in questi termini: « Ieri sera, anniversario della presa di Gaeta, Roma pareva in stato di assedio. Numerosissime pattuglie francesi e pattuglie di gendarmi papali, percorrevano le vie più frequentate della città. Ai negozianti di Piazza Colonna, fu intimato di ritirarsi, etc. ». Io mi astengo dal fare commenti; ma ciò che io non posso nè debbo tac,ere, si è che ~tutto ciò manttene una agitazione inquietante per tutta Italia, e con ciò si spiega il perchè le parole dell'Antonelli abbiano ovunque commosso gli animi, e abbiano provocato le dimostrazioni, delle quali mi parla nelle pregiate sue lettere, e che commossero una qualche frazione della società francese. Io però rifletto, che è questa una nuova prova della contenutezza de,gli italiani e -come eglino vadano feHci di una natura veramente idonea alla libertà; imperocchè con tanta ragione di impazienza e di irritazione non abbiano in quelle dimostrazioni trasmodato un istante nè detto cosa che fosse offesa nè alla legge, nè ai costumi, nè a Governi esteri, e non v'è a ridire che su alcuni Viva a Mazzini pronunziaJti a Genova e che furono accolti a fischi, e aLcune insolenze allo stemma pontificio apposto alla casa del Console a Palermo, di cui furono arrestati gli autori. D'altronde la dimostrazione in se stessa dentrava in quelle compl'lese sotto la denominazione di riunioni pacifiche e senz'armi, considerate nel nostro Statuto.

Vorrei adunque che le menti di uomini. filosofi e veracemente uomini di Stato (non so comprendere un uomo di Stato rche non sa studiare l'espans1oni del popolo che egli dee governare), meditassero su questi fatti, e ne concludessero che quanto è ammirabile un popolo che può contenersi così saviamente in mezzo a tante cagioni di provocazioni, d'insulti, di dolori, e conscio com'è dei suoi diritti, e degl'immeritati danni che tutto giorno accoglie nella sua vita civile dai sostenitori del parssato, altrettanto fa d'uopo non abusarne se non vogliamo farci complici dei maLi che possono venirne.

L'Italia, è innegabile, ha fatto prodigi da quattro mesi nella sua interna organizzazione, e procede decisamente in una via di vera temperanza e saggezza. Sarebbe però una imperdonabile imprudenza nelle condizioni di sensibilità eccitata in cui noi ci troviamo (e volere o non volere noi siamo in mezzo ad un imponente rivolgimento sociale) sarebbe, dico, una imprudenza massima volere tutJta la virtù, anzi .tutte le vi:r:tù dal popolo italiano,. .che è conscio di se stesso e si sente padrone e vuole essere padrone in casa sua, e sia concesso ai suoi nemici interni ed esterni, non dico di svillaneggiarlo soltanto, ma di ferirlo nei più cari suoi interessi. No, egregio Cavaliere, questo non può, non deve essere.

Se noi vogliamo ch'egli sappia contenersi ancora, occorre dare a lui pruove di fiducia; occorre mostrargli che nulla attraverserà il compimento dei suoi voti. Mi fa d'uopo dirlo, perchè voglio avere serena la coscienza di privato e di uomo pubblico; occorre che l'occupazione francese cessi in Italia. Con questo atto io credo che Roma potrà ancora restare del Papa alcun tempo, proseguendo quel processo lento di trasform,azione che ci viene imposto, purchè ad accettare questo procedimento, noi invitiamo il senno della Nazione, rendendole con quell'atto il dominio di se stessa.

Quanto al Governo italiano risponderà sempre dei suoi impegni e fin d'ora accetta quello di tutelare le frontiere da qualunque violenza. Al popolo romano la longanimità non è aliena, e già porge prova di possederla in un col senno mirabilmente. Lavorare su questa base io credo sia dovere urgente degli uomini di Stato in Francia ed in Italia. Vi è poi una circostanza che costringe all'affrettamento, ed è il concilio dei vescovi convocato in Roma nel maggio prossimo, e dal quale può venire, anzi verrà certamente, grave turbamento alla causa nostra, lo che ci obbliga a stornarne gli effetti in tempo.

Io mi permetterei sottoporre alla sagacia del sig. Thouvenel ancora una preghiera sulla posizione delle truppe a Roma. Io parlo per quella cognizione piena che ho delle cose e degli animi, e avrei scrupolo perciò, di tacermi. Non si dimentichi che io incominciai in Toscana a trovarmi nel rivolgimento italiano, che l'el)bi in mano senza interruzione, e oggi mi tro,vo qui per effetto di circòstanze non dipendenti da me, e sono il solo ·che sia restato in gambe!

Se il Governo francese persiste a volere impedire ai Romani le manifestazioni pacifiche, chiedo calorosamente, che ciò faccia lui solo, e vieti l'intervento dei gendarmi pontificii se non vuole che l'uniforme francese si macchi di sangue ttal:iano, o sia cOIIDplice del suo ,getto. Un conflitto con H soldato pontifido è inevitabile!; i gendarmi pontifici avranno perfino l'ordÌ!n'e di provocarlo. Mentre se soli si presenteranno i Francesi, sono certo che il popolo rOiffiano g1i farà evvh•a, e si ritilrerà al pr-imo cenno. Vorrei che l1e mie paroLe oneste e avvedUite fossero ascoltate.

È pur doloroso vedere la insipienza del Re di Prussia! Questa insipienza gli potrà puranche costare cara; ma essa sarà pure di grave danno al movimento unitario germanico. È di danno anche a noi. Nel riconoscere tosto l'Italia faceva un atto politico importantissimo, che rispondeva all'Austria e segnava la meta alla propria dinastia, ponendola senza proclamarlo alla testa della Nazione nascitura. Dalle ultime nuove di Berlino sembrerebbe che il Ministero fosse stato un momento per riconoscere l'ItaHa; ma le pasto1e della vecchia diplomazia vinsero per ora sul senno dei tempi nuovi.

Io spero di giungere ad impedire follie; sia dal lato di Garibaldi sia da altre parti. La vigilanza del Governo è quale può desiderarsi. Non conviene badare alle mille ciarle di mille colori che si fanno; il fatto è che i rapporti della Sicilia e delle provincie meridionali continentali sono tutti concordi ad annunziare un sensibile miglioramento in tutte le parti della pubblica amministrazione, e

nello spirito pubblico. Passammo già la parte peggiore del verno. Ogni giorno

si perfezionano i servizi e andiamo costituendo le forze tutte regolari per la

tutela dell'ordine, e il sostegno della legge. Il Parlamento procede bene, e

·compie mirabilmente l'opera sua. Se nulla ci dis:tu11ba a.rriV'e:remo a maggio, e

l'Italia sarà in un assetto tale, da dare le più ampie garanzie del suo avvenire.

Godo che gli studi pel Trattato con la Francia procedono bene, e con si

buoni auspici, e ciò fa molto onore ai Commissari. Io vorrei bene che le

risposte di qua venissero più leste, ma fa d'uopo consultare avanti di spedirle

e ciò S'Pieghi il ritardo. Oramai, parmi, a'bbiarno avuto quanta iJStruzione desi

deravano.

Quanto al Messico vi travedo lo svolgimento di un avvenire importante

e del quale potrà profittare l'Italia, cui oggi non tocca che di stare a vedere

salvo a tutelare gli interessi suoi commerciali. All'Italia non conviene darsi moto

apparente in questa nuova scena della civiltà espansiva europea. Il colpo che si

va tentando sul Messico merita l'attenzione di ogni uomo serio. Fa d'uopo di

abilità per recarlo a buon fine! Possono sorgere circostanze inattese e tali da

fare fallire il fine. Questa è la mia impressione e desidero ingannarmi.

20 febbraio.

Mi giunge la lettera di Scialoia, e a lui mando molti ringraziamenti. Sarà utile rivegga l'Imperatore innanzi di partire, e lo assicuri che il governo sa di avere il Paese in mano e più lo avrà il giorno che cesserà l'occupazione di Roma, ·che è la sola cagione per cui ringallettano ad ogni momento i ·reazinna:ri con le interminabili loro mene e deboli ma feroci cospirazioni, e gli oppositori traggono ogni maniera di attacchi inverso il Governo e il Parlamento. Dovrei ripeterle le cose già scritte.

Io ero assicurato dal sig. Cordova che i Commissari aveano ormai tutte le istruzioni per concludere il trattato e per lo contrario odo adesso che Scialoia stesso mediti venire qua. Mi informerò. Preme molto a me che si finisca e Scialoia torni presso Bastogi.

(1) Cfr. n. 101.

117

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 390-392)

L. P. 43. Parigi, 20 febbraio 1862. Oggi comincia la discussione dell'indirizzo al Senato. Il fuoco sarà cominciato dai clerkali, Larochejacquelein, Ségur d'Aguesseau ed altri, compres'o,

triste a dirsi, il Lagueronnière, il quale già ci muove nella Patrie assidua guerra. Il Principe Napoleone non parlerà nella discussione generale ed ·ecco perchè.

S. A. crede che se egli parlasse dopo i clericali, gli oratori del governo avrebbero troppo facile impresa e potrebbero interporsi con aria da mediatori fra i clericali e il Principe. Invece se il Principe non parla nella discussione generale, il Ministro Billault dovrà necessariamente trovarsi in faccia ai· clericali, cosicchè la lotta si impegnerà fra questi e il Governo direttamente. A questo modo il Governo sarà impegnato nella via opposta a quella seguita dai clericali; non vi saranno che due parti; da un lato il Governo e dall'altro i difensori del potere temporale. Quesrta tattica, che Lo approvai pienamente, è tanto più aibile, in quantochè essa non ci priva deHa parola del Principe. Giac.chè se non parla nella discussione generale, parlerà nella discussione dei paragrafi e in questa occasione terrà il linguaggio che le segnai in precedenti corrispondenze. Questo modo di procedere per parte del Principe non è ancora conosciuto che da pochi amici suoi. Quindi non ne faccia Ella parola. Volli avvertirla della cosa affinchè veggendo che il Principe non piglia la parola nella discussione generale, sappia il perohè, ·e non interpreti il contegno di S. A. in modo meno esatto. Nella discussione dei paragrafi il Principe comincerà a parlare sulla questione finanziaria, poscia, quando verrà il paragrafo intorno a Roma, passerà a parlare sulla questione italiana. Io mi riprometto molto dal discorso del Principe, il quale se non altro darà un forte movimento alla pubblica opinione che ha bisogno d'essere riscossa.

Dall'Allemagna giungono nuove che penso a noi favorevoli. Le relazioni tra Prussia ed Austria diventano oltre modo tese. La Prussia è in procinto di riconoscerei, e i passi del Gabinetto francese spero troncheranno gli indugi. Il sig. Thouvenel scrisse vivamente in proposito. Ma non giudicò utile che l'Imperatore facesse un passo personalmente. Ella conosce le suscettibilità tedesche. Basterebbe che si vociferasse che la Francia e l'Imperatore domandano il riconoscimento alla Prussia, perchè la cosa subisse un indugio. D'altra parte le potenze austro-germaniche, cioè Sassonia, Baviera, Wurtemberg, Hannover, si stringono intorno all'Austria, pronte a guarentirle i suoi possessi non tedeschi. Ho ragione di credere che la Francia ha dato ai suoi agenti in Germania istruzioni precise per combattere questa tendenza. Intanto il riconoscimento della Prussia che trascinerà seco quello d'altre potenze liberali d'Allemagna e più tardi quello della Russia, parmi cosa di momento. A questo proposito però rlE'vo confidarle, in segreto, un motto sfuggito dalla bocca del sig. Thouvenel. Il quale mi disse, osservando che parlava a me solo e in via affatto particolare e amichevole, essere egli stato informato che V. E. per ottenere il riconoscimento della Prussia si era valsa della ragione che questo era il solo modo di liberdre l'Italia dall'influenza esclusiva della Francia, che pesava sopra di noi. Io impegnai il sig. Thouvenel a non accogliere che con grande riserva quanto gli veniva riferito intorno al di lei linguaggio; ma esso mi assicurò che la cosa gli giungeva da fonte sicura. Soggiunse però: ciò non mi ha impedito di scrivere in molto energico modo per persuadere il Gabinetto di Berlino intorno alla conveniel"za del riconoscimento. La prego di tener ciò per norma sua, e di non compromettere la promessa che io feci a Thouvenel, di mantenere il segreto su quanto mi disse.

Baer è partito per Torino e sarà arrivato 24 ore prima di questa mia. Esso esporrà a V. E. lo stato dei negoziati commerciali i quali non incontrano che una difficoltà seria, quella delle seterie. Ma veramente se lo Zollverein e il Belgio hanno accordato 3 e .se la Inghilterra accordò l'esenzione, non potevamo scllivarci dall'accordare la cifra di 3. Tutto ciò che possiamo ottenere si è di ritardare l'applicazione del diritto di quattro, o cinque anni, in guisa che l'industria nazionale abbia tempo innanzi a sè per provvedere alle nuove esigenze. Questa è la sola difficoltà grave. Le altre possono facilmente risolversi. La supplico di

rimandare il Baer immediatamente, affinchè possa essere qui lunedi. Il trattato con la Francia non è solo un fatto importante, commercialmente parlando, ma è un gran fatto politico che avrà per risultato, tra gli altri vantaggi, di forzare altre potenze a scendere a trattative uguali con noi.

Del resto, con questo trattato otteniamo:

lo di avere, non solo per legge 1nterna •e quindi precaria e mutabile, il trartta:mento beigico ed Lnglese, ma di avel'e questo tl'attamem.to sanzionato da un trattato .bilaterale che oi assicura contl'o ogni ev.entuali:tà di mutazioni l.egistlative in Francia;

2o di avere il trattamento belgico ed inglese anche per quella parte che non è ancora estesa ad altri; 3o di avere riduzioni speciali pei prodotti italiani, come l'olio, i frutti, i sughi, le essenze, ma~rmi statuarii (che saranno ammessi in franchigia); ecc. 4o di conservare certi diritti di esportazione, utili alla finanza nostra ma aboliti dalla Francia e dal Belgio, cioè quelli sullo zolfo e sugli olii;

5o di non accordare tutto ciò che il Belgio ha accordato, avendo noi ottenuto dalla Francia di potere conservare dazi più elevati del Belgio su vari articoli importanti, come sui vini, sui prodotti chimici, ecc. Anche sulle seterie otteniamo di non applicare la riduzione del tre ai nastri, e di rimandare a quattro

o cinque anni l'applicazione della riduzione stessa; 6° di avere la libertà reciproca del cabotaggio per la navigazione a vapore.

118

lL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO (AT, orig. autogr.)

L. P. Torino, 21 febbraio 1862. Mi sono pervenute regolaTmente :le Sue lettere, e ne ho apprezzato il contenuto. Lodo il contegno di codesta popolazione e faccio plauso alla fermezza e .alla saviezza di chi la dirige. Quest'opera sarà un fattore importante negli svolgimenti successivi di questo ,gl'ande atto di •cui non è da<to ·calcoLare i particoilari; e nel quale c01nvi:ene guidfLrci ·con una certa ·comprensione sintetica del dovere del fine unicamente.

I giornali hanno l'eso gi1ust1zia all'indirizzo ai Roma11Ji. Non posso pJ.audire a quello datato da Orvieto, che promette pazienza in quanto a Venezia una volta fatta libera Roma. Può essere segno ad una di.Spia1cente polemica, e per dire che

la rivoluzione non forz.erà mai più la volonltà degl'Italianic, i quali seguiranno man mano la via che .~1rà indicata dail'utiJ.ità della Patria, non faceva mestieri adoprare quelle pardle. Di Venezia non si parli. I Romani delbbono oggi limitarsi a Roma.

Questo Govemo ha scritto aJ. suo Ministro a Parigi di rappresentare al Govemo imperiale il per1colo ·che vi era impedendo a Roma le manifestazioni pa·,cifiche; che così invece di spegnere i rancori si accrescevano, e non si sarebbe mai giunti a ,stabilire rapporti di 'tolLeranza nei Cittadini l'Offianli verso il loro cadente Governo; che per di più procedendo i.n questa dolol'osa incombenza in un •Con i Gendarmi Pontifid, era viva e prossio:na la oc•c1a.sione a nuovi conflitti, e pensassero i francesi quale dLsdoro verrebbe su di essi se sangue italiano si spandes!;'e 1oro presenti; ·che infine ad ovviare ciò doveél!Si dai .soli fr.ancesi in simili occasioni tutelacr:"e l'ordine, perchè così ogni scontro doloroso, sarebbesi evitato, é~Ssendo ;to ,certo che nel caoo di dimostrazkme basltasse un cenno. del comandante francese per fare ritirare la popolazione. DoV'easi eziandio non perdere di memoria che l'isltinto dlel Governo papale lo ;porta ad' eccitare prO'Vocazi:oni per .aver·e ·conflitti ·e subbugli da ·CUli sohan:to aspetta salute. Vedremo cosa farà il GoV'erno francese aJ seguito di questa avvertenza nostra.

Mantenga saldo il proposito in codesta brava gente. A Loro spetta l'aiutarsi. Io ,sono certo ·che da questo indirizzo ne verrà gran bene, e quando anche non ne venisse ·che .il mostra.l'e che a Roma v'è un popolo saldo e genel'oso, sareibib'eg'li poco? Le nuove di Francia sono piutto1sto buone; l'ImpeTatore aspetta con ansietà la discussione sull'indirizzo pi'es;so le Assembl•ee francesi, e in se;guito avviser.emo. Miriamo a far partire i Francesi d'Italia. Questo è il pen:stero prtmo che si deve aV'ere a Roma e fuor di Roma. A questo intento occorre mostrarsi dedsi in Boma a volere ·con senno e fermezza. Credo opportuno ,che· i Romani debbano fare indirizzi agl'Italiani per ringraziarli dei s.egni di .simpatia che si danno per-Loro, ma ag,giungendo che daranno aiuto più effica·ce tenendosi in un'attirtudiJn,e calma e seveva; che oramai non vi può essere più conciliazione tra i:l Re di Roma, e .gli Italiani; ma come operarne la definitiva sepall'azione spetta soltanto al PopoJ.o che ·ancor soffre del dominLo di questo Re; questo popolo non i,gnora quaJ. compito difficHe .egli abbia, ma trarrà da questo :suo sentimento tutta la forza necessada per riesdre 'al berne della Patria ·e dell'Umanità; che perciò n<on cederà a chi che sia il .suo posto, e lo terrà e lo ·cus,todirà ,gelosamente, perchè intende mostrare che Egli non è indegno di entrare nella famiglia italiana e tenervi il posto che per il bene della Nazione gli è riservato.

Raccomando tenere pll'onti i ruoli !S'celti per la Guardia Nazionale. Tutto ciò che può apparecchiare per tenersi rpDonti: al momento è neoessado non solo al caso effettivo, ma eziandio a tenere svegli gli spiriti, e l'attenzione generale.

119

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

T. 67. Berlino, 21 febb'l"aio 1862, ore 8,50 (per. ore 12,55).

Baron de Loe parti hter au .soir pour Turin aV'ec dépeche pour Brassier-de

S. Simon sur la question de reco:nrnaissanc•e (1). I.l s'agira.i:t de provoquer des assurances tranquiHisantes de n<otre parrt pour :fadliter ·cet ade. Le temps presse car 1e pall'ti retrograde et catholi!que j-ette de hauts cris et travame à reconciliation entre Prusse et Autriche. La France a fait hier ici démarches en notre faveur. L'Angleterre continue ses bons offices.

(1) Cfr. Die auswiirtige Po!itik Preussens, 1858-1871, Il, 2, n. 447.

120

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

T. 70. Londra, 21 febbraio 1862, ore 17,10 (per. ore 19,25).

La communication de mort du Prince Albert a été faite par le Prince héréditier pour toutes les Cours. Le désir de la Cour ici est que réponse soit faite au Prince héréditier et transmise par moi au Foreign Office.

121

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 379. Berlino, 21 febbraio 1862.

J'ai l'honneur d'accuser réception du télégramme de V. E. en date du 19 courant (1).

Dès le 18 M. de Thouvenel, en donnant une entière approbation au langage tenu .Lei en notre faveur par le Prince de la Tour d'Auvergne, l'engagea à nous con:tinuer ses bons offices. Il ,ajoute que le Gouvernement Français ne peut qu'applaudir aux dispositions bienveillantes manifestées par le Comte de Bernstorff à notre égard.

Mon collègue de France est donc revenu à la charge hier, et il a nouvellement développé au Ministre des affaires étrangères de Prusse les :raisons les plus propres à le convaincre de l'opportunité de procéder à notre reconnaissance.

M. de Bernstorff s'est rangé du meme avis, mais en laissant entendre qu'il rencontrait une assez forte répugnance dans la région de la Cour. Il a en outre parlé des réserves qui devraient accompagner cet acte, réserves dont la France ellememe avait d'ailleurs donné l'exemple.

Cette démarche du Prince de la Tour d'Auvergne, comme j'ai eu l'occasion de le dire le ·soir meme à M. de Bernstorff, aura dù lever les scrupu'les du Cabinet de Ber1in à l''endroit de la France qui témoigne, aussi bien que l'Angleterre, de son désir que le' Roi GuiHaume ne ta11de paiS davantage à nous tendre la main. Ce Ministre n'a pas varié dans ses sentimens, quelque contrariés qu'il fussent -par le parti Catholique, qui i:vait jusqu'à émett:ve 1es appréhensilons d'une guerre civiLe si la Prusse se décidait à franchir le Rubkon. Mais il m'assumit qu'avant tout il prendrait conseil des intérets de son pays, qu'on ne saurait subordonner au point de vue exclusivement Catholique. S. E. venait de faitre partir pour Turin le Baron de Loe, destiné à y remplaoer M. de Pfuel, ave'c des dépèches pour M. le Comte Brassier ayant trait à la question qui nous occupe. Il s'agirait, si j'ai bien pu suivre un entretien tenu à bàtons rompus au bai de la Cour, de provoquer de notre part de nouvelles assurances tranquillisantes et propres à faciliter l'acte de la reconnaii:ssance (2).

• La situation. ·continue à se dessiner heureusement. Peut-etre sommes-nous à une des dernières étapes; mais je n'ose point encore chanter victoire. Nous marchons sur des sables très mouvans et quoLque la Prusse se soit formée par une série d'alluvions que la maison de Hohenzollern a trouvé bon de consolider en Royaume par la gréìce de Dieu et le droit Divin, elle se montre pleine de scrupules quand il s'agit de l"econnartre che.z les autres un coul\S d'événemens et plus rapides et plus considérables. Nous avons à lutter encore contre bien des intrigues qui se nouent pour réconcilier la Prusse et l'Autriche. Je dois dire cependant que le Ministre du Commerce, M. von der Heydt, ne doute pas d'un prochain succès. Il croit que si notre Auguste Souverain adressait directement une lettre au Roi Guillaume, cette démarche serait la mieux faite pour aplanir 1Les obstades.

Le Baron de Schleinitz, qui exerce toujours beaucoup d'influence à la Cour, ne me semble plus autant porté en notre faveur qu'au moment de la remise des notes identiques du Cabinet de Vienne et des Etats de Wi.irtzbourg. Il parle de ménagemens à garder, dans les conjonctures présentes, vis-à-vis de l'Autriche. Il ne veut pas croire à la consolidation de l'ordre actuel des choses dans l'Italie méridionale, malgré les indications les plus positives que je ne cesse de fournir à ce sujet. Aussi serait-il à pTopos que V. E. vouhlt bien me mettre encore une fois à meme de communiquer ici des données rassurantes sur ce

p~int.

Comme je l'ai mandé ce matin à V. E. par le télégraphe, il serait urgent de conduire rapidement nos pourparlers, pour ne pas laisser à nos adversaires le temps de regagner le terrain perdu. Dans le courant de la semaine prochaine, nous aurons les débats de la Chambre sur la motion Carlowitz. La majorité nous est acquise; mais c'est encore là un danger, car il répugne au Roi, peu constitutionnel de sa nature, de céder, meme en apparence, à une pression parlementaire. C'est encore là un motif pour lequel j'eusse désiré que le Cabinet de Berlin devançat le vote de.s Chambres. *

(1) -'!el. n. 38 spedito in realtà il 18 alle ore 13,20, non pubblicato: c .·.. J'ai fait démarches à Paris et Londres. Thouvenel répond qu'il fera ... •. (2) -I passi che seguono tra i due asterischi sono pubblicati in Die auswiirtige Po!itik Preussens, 1858-1871, II, 2, pp. 588-589, nota 3.
122

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 380. Berlino, 21 febbraio 1862.

Hier Le Prince de la Tour d'Auvergne m'a donné lecture confidentiellement d'un artLcle de dépeche qu'il ven.adt de rec•evoir de Paris. M. de Thoruvenel approuve fort que, dans la réponse r·emise à Vienne le 14 Février relativement aux projets de réforme fédérale, le Comte de Bernstorff exprimc l'opinion qu'il résulterait un danger sérieux pour la Confédération Germanique si l'on admettait dans le système défensif de l'Allemagne les possessions extra-fédérales de l'Autriche.

Par cette approbation, M. de Thouvenel a évidemment voulu prendre acte des déclarations du Ministre des Affaires Etrangères de Prusse. Il s'en référait

d'ailleurs au jugement déjà porté précédemment sur la prétention de l'Autriche de rendre l'Allemagne solidaire pour l'intégrité de son Empire. Le Prince de la Tour d'Auvergne a lu au Comte de Bernstorff cet article que j.e viens de résumer.

P. S. -Ci-joint une lettre particulière à l'adresse de V. E.

123

IL MINISTRO A BERLINO., DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

(ARB, cass. 54, n. 120, orig. autogr.)

L. P. 5. Berlino, 21 febbraio 1862.

Mi giunsero questa mattina le due sue lettere particolari del 14 febbraio e l'annessavi copia di due telegrammi (1).

La politica prussiana va soggetta alle più strane evoluzioni. Potrebbe dunque darsi fosse esatta la notizia delle interpellanze mosse a Vienna. Avrò cura di verificare. Però stento molto a prestar fede a tal notizia, dopo le ripugnanze dimostrate di recente ancora (nella risposta mandata a Vienna, 14 febbraio, mio dispaccio d'oggi n. 380 (2) e nelle spiegazioni contenute nella Gazzetta; Prussiana: il,giornale Il Nord n. 50 ne dà la traduzione) da questo Governo a gua·rentire l'intiero territorio dell'Impero austriaco. Si ammetta ,pure che H Ministero in Prussia abbia per un istalllte pensato a sobbarcarsi in simile gual'entigia ·con la condizione che l'Austria si staccasse dalla Confederazione, egli avrà avuto bastante accorgimento per riflettere che giammai la Corte di Vienna potrebbe consentire, anche a tal patto, di rinunciare ai suoi interessi di riHevo assai maggiore in Germania che nol siano in Italia, oggi tanto più, allorquando i suoi antichi possedimenti sono ridotti al solo Veneto.

Il Principe La Tour d'Auvergne mi diede lettura ieri, in modo tutto confidenziale, di una lettera particolare del sig. Thouvenel. Questi scrive che l'Imperatore sghignazzò all'udire le voci assurde sparse in Berlino, che S. M., nel favorire la candidatura dell'Arciduca Massimiliano nel Messico, avesse l'intenzione occulta di rannodare a questa combinazione il progetto di assicurare il trono di Napoli al Principe Napoleone.

Le sarei oltremodo grato, Ecc.mo Signor Barone, se Ella volesse darmi, pel telegrafo, un sunto delle incombenze affidate al Conte Brassier ·COl dispaccio di cui è latore il Barone di Loe.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO

T. 41. Torino, 22 febbraio 1862, ore 9,30.

Je ne suis à meme de vous donner informations sur l'individu qui est inconnu à ce Gouvernement (3). Restez bien en garde; déjouez les manceuvres de quel còté elles viennent et rappelez-vous bien la substance de mes instructions.

(1) -Non rintracciate. (2) -Cfr. n. 122. (3) -Cfr. n. 110.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 400-401)

L. P. 16. Torino, 22 febbraio 1862.

Sir Hudson ha avuto la bontà di leggernii stamani un Dispaccio di Odo Russell * a Lord Russell. * Non ho potuto tacere la dolorosa impressione che ne ho ricevuto! Ho approvato ·1a giustezza di vedute dello scriV'ente in tutta IJ.a prima parte; ma quando è V'enuto a tra•ttare ùell'attua:Utà, due proposizioni mi hanno tristemente colpito per la contradizione e per l'erroneità. -Eccole. I Francesi occuP,ando Roma impediscono l'intervento d'altre potenze in Italia, e permettono così agLi ItaLiani di potersi organizzare. -L'altra proposizi'one è questa: L'Imperatore Napoleone avrà titoLo alLa ricD'Iloscenza degl'Italiani quando anche dovessero perdere l'unità e incontrarsi in una confederazione di due o tre Stati. Chi vo1esse fare l'·elogi:o dell'Im:pemtore agl'ltalliani non si terrebbe pago di simili citazioni, e quando non avesse che questi argomenti o si tacerebbe o sarebbe a•ccolto a fischiate. Io non mi farò a ·conlfuta'l"l1e, ma chiedo altamente •che peT l'onoi'e del ,si,g. Odo Russell e de:ll'ilnghilterra, e per il bene d'I•taJia si sopprima q~Uelìla malaugurata ,scrittura. Se a questa :liosse data pubblicazione, l'Italia esclamel"eibbe: che non ha più in chi fidarsi, salvo le proprie forze, e chiamare Garibaldi in suo soccorso, e questo si dovrà finire col fare, se si persiste a tenere la questione romana nella presente condizione.

Io ho divisato di aspettare fino ad aprile, e se da qui in allora non avremo progredito, avviseremo a qualche temperamento. Ma su di ciò le scriverò in seguito. È cosa grave e conviene ponderare.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Ed. in Ricasoli, VI, pp. 396-398)

L. P. Torino, 22 febbraio 186.2.

Voglia esprimere per me al sig. Thouvenel la viva riconoscenza che io provo per l'operosa e benevola assistenza che egli porge alla causa italiana, presso il Gabinetto di Berlino per procurare il riconoscimento del Regno d'Italia, che sembra non essere lontano, mercè appunto in gran parte di tale efficace appoggio. In questo mentre mi ricordo di cosa che mi venne naturalmente obliata nell'ultime lettere, e che non posso passare sotto silenzio, onde evitare interpretazioni che sarebbero aliene al mio animo. Il sig. Benedetti mi fece sentire che negli officii fatti dal Conte Brassier a Berlino, onde mostrar.e al suo Governo le convenienze del riconoscimento, e il suo affrettamento tra gli argomenti, v'era pure quello di non accrescere la influenza francese in Italia; e si aggiungeva dallo stesso :arassier che tale argomento egli lo riteneva dalla mia propria bocca (1). Tal cosa mi ha fatto dubitare che avesse ingenerato nell'animo del

sig. Thouvenel qualche impressione sinistra, quasichè c'incomodassero gli attuali rapporti col Gabinetto francese. Tengo a chiarire l'argomento e sono certo che l'animo nobile e giusto del sig. Thouvenel dileguerà di leggeri ogni nebbia, in proposito, se pure ve ne ha mai esistita. lo non mi ricordo chi fosse l'iniziatore di questo soggetto nella conversazione avuta col sig. Brassier; egli è manifesto che quando si tratta d'influenze estranee si suscitano due opposti sentimenti; e quello nazionale dalla parte di chi subisce la influenza, e l'altro di rivalità in quei Governi esteri che di tale influenza non fanno profitto. Da ciò più d'una volta mi è occorso risp·ondere e con vivacità: «Mi parlate dell'influenza francese in Italia e spesso mi sento accusare di servilismo al Gabinetto francese; ma quand'anche sussistesse in abuso questa influenza, quando l'accusa fosse anco fondata, vorreste farne colpa al Governo italiano? Quali sono gli altri Governi che d dimostrano amicizia real~e tol!tone la Francia e l'Inghilterra? » e parlando di ciò col Conte Brassier, ·e più d'una volta ne ho parlato, ho aggiunto: «Ad esempio, che fa la Prussia che non ci riconosce, mentre sarebbe per lei di compire senza indugio questo atto, prova di senno e di previdente politica? La Prussia partecipa alle paure che invadono la Germania, paure bensì. irragionevoli, che l'Imperatore Napoleone macini per il capo delle future conquiste, e possa intendersela ·con l'Italia, in un mutuo aiuto all'effetto di comuni interessi. Perchè la Prussia non attraversa questo immaginoso disegno riconoscendoci, procurando che la Russia faccia altrettanto, e premendo quindi sull'Austria per la cessione della Venezia?»· Credo che questi sentimenti saranno pienamente approvati dal sig. Thouvenel il quale per esser buon francese non può trovar male che io sia buono italiano; che anzi troverà che il buono italiano serve del pari gl'interessi francesi, e mi si renderà, spero, un giorno giustizia, e forse da taluno mi si rende ancora. Voglia assicurare il sig. Thouvenel che io altro non sono che un caldo italiano, e amo sempre e vivamente chi mostrasi costantemente benevolo alla Patria mia, e le procura bene, e il giorno che sarà all'Italia Roma, crescerà alquanto la simpatia degl'Italiani inverso la Francia, e il sentimento dei servigi riscossi sarà indelebile nel cuore siccom.e nella Storia (1).

*Quanto ·all'affare del duca d'Alba, ecco le prime informazioni ricevute.

«Si tratta di diritti intorno a~ quali sono state emesse delle decisioni favorevoli prima e infine una •Contraria con decreto .sovrano dietro parere del Consiglio di Stat·o e Gran Corte dei Conti. Ful'ono riprese delle tra·ttat1ve con la legazione di Spa1gna ne11859 ed ora si è scritto a Napoli per ri<chiederne info.rmazlioni e documenti ». Io assisterò questo affare e iutanto l'ho anco rac-comandato· moil:to.

Il Consiglio dei Min1stri ha deliberato intorno l'affare presentato al Re dal Conte Tattini (2). Vorrei sapere per quale canale debbasi dare comunicazione delle prese deliberazioni. *

Io ritengo per spianata ogni difficoltà intorno il Trattato commerciale con la Francia, e vedo con piacere compiuto un atto che frutterà immensamente alle due Nazioni, stringendole insieme con quei legami che sono nelle relazioni internazionali i più intensi e i più durevoli. Faccio veramente plauso agli abili nostri Commissari.

(1) Effettivamente era il l.eit-motiv delle conversazioni del Ricasoli col Brassier, cfr. Die auswiirtige Potitik Preussens, 1858-1871, Il, 2, n. 433 e n. 436.

(1) -Su questo punto il Ricasoli tornò in un'altra lettera particolare dello stesso giorno .iln. Rica:1oLi· 'VI, pp ·.399-400, che non ripubW.ichtamo. (2) -Riguardava i beni privati dei Murat, cfr. Ricaso!i, VI, p. 331.
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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

T. 76. Parigi, 22 febbraio 1862, ore 17,45 (per. ore 19,30). Une réunion 1composée en ,grande partie d'étudiants a fait aujourd'hui une démonst~ation au OolLège de France c1àns un sens anticlérica'l. L'a réun~on s'est dirilgée vers l'habitatiJon de Monsieur le Professeur Renan qui avait été objet

d'aitaques dédca1es. En passant devant le Sénat elle a crié: Vive l'Empereur, Vive le Prince Napoléon. A bas les Calotins.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY. AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 381. Berlino, 22 febb'l'aio 1862. Lord Loftus, probablement en suite de la démarche faite par V. E. à Londres en meme temps qu'à Paris, a reçu hier une lettre dont il se proposait de donner confidentiellement lecture, le soir meme, au Ministre cles Affaires Etrangères de Prusse. Cette lettre de Lord John Russell exprime sa satisfaction de ee que J.e Comte de Bernstorff, en se conciliant ainsi le parti libéral, soit animé de meilleures dispositions en fav.eur de l'Italie. S. S. va meme plus loin. Elle laisse entendre que la reconnaissance de l'Italie par le Cabinet de Berlin serait non seulement un gage de paix pour l'Europe; car l'Autriche ne saurait songer à une guerre contre nous du moment où elle ne pourrait plus compter sur le concours de la Prusse; mais que cette reconnaissance servirait de base d'alliance entre l'Angleterre et la Prusse. Dans cette meme lettre Lord John Russeii se montre, à l'instar de la France, contraire aux ,tendances Autrichiennes de faire admettre dans le système défensif de l'Allemagne les possessions extra-fédérales, et parmi celles-ci la Vénétie est spécialement désignée. On .s'est définitivement entendu sur le traité de ~commerce entre 'l:a Fronce et la Prusse, celle-ci agissant au nom du ZoUverein. Sur 1les tissus de soie Français le droit d'importation actuel est de f. 7,50 pal" kilograrrnme; i'l sera reduit dès la mise en vigueur du Traité a f. 3,75 et il ne sera plus que de f. 3 à partir de 1866, à ,l'expirattion du Traité entre les membre.s de l'union douan1ère. Je joins id la copie d'une 1ettre particulière (1) que j'aMaLs écri:te à M. le Chev,ali'er Nigra pour répondre à .ses interpellations. Le Traiié de ·Commerce entre la France et iLa IPrusse a marché pllus vite vers une conclusion, griì.ces aux protestations récentes et identique.s de l'Autriche et de ses satellites en Allemagne à propos des réforme·s fédérales. C'est là ~le premi,er frui:t de la coalition formée contre la Prusse. J'ai la confiance que nous en recueillerons bientòt le second résultat, moissonnant ainsi ~ce que l'Autriche a

semé. Quand une cause est à la fois aussi hien servie par ses ennemis que rpar ses amis le 1succès doit etre certain.

(1) Non allegata.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (ARB, cass. 54, n. 125, orig. autogr.)

L. P. 6. BerLino, 22 febbraio 1862. Il Barone di Budberg mi disse di aver ricevuto ieri dal principe Gortchakoff un ragguaglio da cui risultava che la situazione pareva migliorarsi rispetto a noi in Pietroburgo. Da altra persona, amicissima del sig. Budberg, mi vennero date maggiori spiegazioni; il Principe Gortchakoff approvò l'ultima lettera scrittagli dall'inviato russo per indurre il suo Governo a mutare contegno a nostro riguardo, e riservandosi di sottometterla all'Imperatore Alessandro. Ho già mandato nel mio foglio particolare, 19 febbraio, un sunto della precitata lettera del Barone Budberg. Feci parola con questo mio collega dei due telegrammi trasmessimi da V. E. sulle interpellanze mosse in Londra per conto del Governo austriaco ed in pari tempo gli lasciai sperare che fra poco sarò in grado di rispondere al dispaccio riassunto nel mio foglio dell'll febbraio (1). Mi sembrò anche opportuno comunicare al Conte Bernstorff i due telegrammi sovra menzionati. Il Principe ereditario di Prussia, il quale interviene alle sedute del Consiglio dei Ministri, è favorevolmente disposto per la ricognizione. Mi pare difficile che il Re Guglielmo possa resistere alla lunga alle istanze del suo Ministero, della Camera dei Deputati, della Francia e dell'Inghilterra. D'altronde le intemperanze dell'Austria sono quelle che più ancora fecero progredire la nostra causa. Procuro alla meglio di spingere di fronte le nostre pratiche con la Prussia e la Russia. Nell'istesso tempo, senza destare gelosia fra loro, metto innanzi i rappresentanti francese ed inglese là dove non converrebbe alla nostra dignità d'intervenire direttamente. Il mio procedere è assai agevolato ogni qual volta

da me viene invocata l'autorità del nome e del carattere di V. E. così rispettati all'estero come in Italia.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 401-403)

L. P. Torino, 23 febbraio 1862. Non può disconoscersi l'immenso progresso fatto dall'opinione pubblica in Francia da pochi mesi intorno le cose romane; e il linguaggio poi, che i primi rappresentanti del giornalismo mantengono in questi giorni, rende evidente la aspettativa, anzi il vivo desiderio delle moltitudini illuminate per una pronta

soluzione, soprattutto in ciò che attiene alla Francia, di questo importante negozio.

Io mi confermo ognor più nel giudizio che sia maturato il momento per il governo imperiale di un partito decisivo. Scorrendo quella serie di combinazioni che più d;una volta si sono prese in ma.no, e ponendomi anco dal lato dell'Lmperatore, e pesando con calma le contingenze prossime non che più lontane da noi, parmi che tutto considerato, votato l'indirizzo nelle due Assemblee, non vi sia da esitare, e l'Imperatore dovrebbe, senza che alcuno ne avesse sentore, fal"e dkhiarare seccamente e risolutamente al Governo Pontificio, che Egli ritirerà da Roma le sue truppe allo spirare dei due mesi dal giorno della notificazione. Dal Governo italiano potrà avere quelle garanzie che sieno nell'interesse della dignità reciproca, e in conformità della quiete dei due Stati. Io sono certo che il popolo romano sarà ognora più penetrato dell'alta sua mis

.

sione, e Roma non avrà mai avuto quiete più v·era che durante quel tempo di transizione, che avrà il .suo principto délll dì della pal"tenza delle truppe fram.cesi (se pure non vuolsi considerarlo dal giorno della notificazione dello sgombro di Roma per parte della Francia) e si chiuderà con l'ingresso delle nostre truppe e con la presenza di un'autorità regia in Roma; tempo questo che durerà più o meno secondo il maturarsi calmo e lento di questa prodigiosa trasformazione. Xon è un sogno questo disegno. Se guardasi con occhio pensoso e ricordevole, aitro non è chP l'imitazione di ciò che fecero i Toscani ed anco i pop')li dell'Emilia. Convengo che il processo è alquanto più complesso a Roma; ma vi è eziandio colà l'apparecchio dei due mesi durante i quali stanno i Francesi a Roma, e molta azione morale 1st adopera giovevole all'intento. Le difficoltà non sor.g~ranno, sono .certo, nè da noi, nè dai Romani, insomma non sovgeranno daJ.la parte laka. Ella è questa una ragione idi più per cui l'limperatore dee< finirla e non farsi -compHce di ulteriori dannose conseguenze a ca:rico d'Italia. L'infamie che ,si compiono a Roma sono insopportabitli.

Sono adesso avvertito che nella Tipografia Camerale si stampano cedole del Debito pubblico borbonico per cinque milioni di Ducati; si sta organizzando un nuovo brigantaggio, che si riunisce presso· Terracina. Si mandano emissari in ogni ;parte per eccitare ti Clero a resistere e tener forte e assicurare che a marzo prossimo tutto sarà ripristinato. Gli animi in Italia si fanno ognora più concitati. Il Concilio chiamato per maggio preoccupa tutti e si chiede che il Governo lo impedisca. La immobilità dell'Imperatore viene fatta soggetto di aspre censure per parte della gente liberale e spinta, cui si uniscono molti che fin qui si tenevano nella fiduciosa aspettativa. Ecco lo stato presente delle cose e degli uomini.

Godetti molto all'annunzio della dimostrazione parigina. Cesseranno le stolide osservazioni sul conto nostro e si faranno accorti anco costà che è tempo di andare coll'opinione pubblica sensata e non barcamenare tra i retrogradi e gli esagerati per essere infine trascinati dall'un dei due.

(1) Cfr. n. 87.

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IL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

(Annesso CÌJfrato al) R. CONFIDENZIALE 2. Belgrado, 23 febbraio 1862.

Poiret m'a dit que se prépare expédition Ancòne, Sicile, Corlou pour entrer par l'Albanie, la Bosnie, la Croatie, et [peut-etre par la Sel'lbie en Hongrie;

que Général Garibaldi doit etre maintenant Ancòne; de là il passera Naples Corfou. J'ai été et je suis sur mes gardes, et j,e n'ai rien oublié des instructions de

V. E. M. de Leschamin a pris mon conseil; il a congédié Poiret et il s',e,st refusé au voyage que lui proposa de faire en Italie pour parler au Général Ti.irr.

Je puis assu!'er V. E. que ['es émiJssaires ni les espions me tromperont ni moi ni le Gouvernement Serbe, avec !>eque! je suis on ne peut pas mieux.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 403-405)

L. P. 44. Parigi, 25 febbraio 1862. Per mezzo del deputato marchese Atenolfi fo pervenire all'E. V. questa mia lettera. Anzitutto ringrazio Lei e il Ministro del Commercio della sollecitudine

messa nel rinviare il signor Baer con definitive istruzioni per negoziati commerciali. Queste istruzioni ci mettono in grado di terminare le pratiche in otto

o dieci giorni. Così spero almeno, se le sedute del Senato permettono ai Ministri dell'Imperatore di assistere alle conferenze. La ringrazio poi anche di averci esternato la soddisfazione sua e del Governo. Posso assicurarla che gli interessi italiani furono, per quanto é stato possibile, invigilati e difesi dai plenipotenziarii del re; nè si risparmiarono fatiche, studii e pratiche sollecite ed attive. Non occorre ch'io le dica che la cooperazione intelligente ed attivissima del comm. Scialoja ed anche quella del Baer furono utilissime non solo, ma contribuirono in modo principale al buon andamento dei negoziati. È mio dovere di segnalar ciò all'E. V., e le sarò grato se vorrà testimoniare ad entrambi, e massime allo Scialoja, la sua soddisfazione.

Ora passo alle cose politiche. La posizione è divenuta, in Francia, d'una certa gravità in questi ultimi giorni. Già le scrissi per telegrafo della dimostrazione degli scolari (1). Ieri !Si 'temeva una nuova dimostrazione sulla piazza della Bastiglia all'occasione dell'anniversario della rivoluzione del 24 febbraio 1848. La polizia avvertita che si stavano facendo riunioni di scolari e di operai, :Lece occupare fin dal ma1ttino la ]J!Lazza da squadre di sergents de ville; e le truppe deHe vicine caserme furono consegna!te in quartiere. Durante tutta la giornata si interdisse il fermarsi sulla piazza e fu pure vietato di deporre corone, secondo l'uso, ai piedi della colonna di Luglio. Varii arresti furono fatti nei sobborghi.

La lettera dell'Imperatore al generale Montauban stampata nel Moniteur, fece in generale cattivo effetto; e credo sia questo uno degli errori commessi dall'Imperatore. Questa lettera fa nascere il sospetto che all'occasione l'Imperatore non esiti a fare un nuovo colpo di Stato. Ma questa volta in senso più liberale.

Infine le discussioni del Senatp agitano il paese in modo straordinario. Mi affretto a dirle che il d~scorso del Principe Napoleone (1) eccita neLle alte c~i la più sfrenata i:rritazione e nelle • basse un vero • entusiasmo.

*Ora Le dirò confidenzialmente quel che s'è passato. Domenica mattina, a

colazione, una specie d'alterco ebbe luogo; pres,enti l'Imperatore e l'Imperatrice, intorno a quanto il Principe aveva detto sul di11~tto ereditario (2). L'Imperatore avrebbe risposto all'Imperatrice che in fin dei conti per l'avvenire di suo figlio e pel diritto ereditario, nocevano assai più le opinioni di lei, cioè dell'Imperatrice, che quelle del Principe Napoleone. Ieri poi quest'ultimo vide a lungo l'Imperatore, il quale si lagnò perchè il Principe smodasse nella forma ed evocasse memorie irritanti. Il Principe rispose che era persuaso che in fondo le sue idee erano quelle dell'Imperatore, e che, quanto alla forma, era disposto a concertarla con esso lui. Fu dunque inteso (e questo è l'importante) che il nuovo discorso sulla questione italiana, il quale probabilmente sarà pronunziato domani dal Principe, sarà sottomesso prima all'Imperatore. Avrà quindi un'importanza grande e per la sostanza te per l'origine. Il telegrafo glielo porterà, nè io ;soggiungo ·alt11o, iPI'e.ganddl.a solo a non mdicare che s:appia che il ditscorso è stato previamente approvato dall'Imperatore. Tuttavia l'abboccamento del Principe con S. M. non potè rimanere segreto e ieri sera a pranzo alle Tuileries qualche indiscreto disse abbastanza alto perchè l'Imperatrice sentisse che il Principe e l'Imperatore andavan d'accordo e che questi approvava quanto il Principe avea detto. Allora l'Imperatrice, presa da uno dei soliti impeti, avrebbe detto che la cosa non poteva durare a questo modo e soggiunse che l'Imperatore scegliesse tra il Principe e Lei. Poi si ritirò negli appartamenti e, malgrado ci fosse ricevimento, non ricomparve fino alle dieci e mezzo. Spero che a quest'ora la calma sarà tornata sul petto imperiale.

L'Imperatore conservò naturalmente la sua imperturbabilità. Quando rientrò nell'appartamento di ricezione, si avvicinò a me, e si trattenne ostensibilmente meco qualche tempo. Mi parlò del Principe e si lagnò meco che non potesse contenersi entro certi limiti, massime nella forma. Io l'impegnai a sostenere il Principe, 1e ,cui idee erano pur quelJ11e ru cui :posa la Dinastia imperiaile. • Avendomi poi l'Imperatore domandato delle cose nostre, gli cfeci osservare come il nostro Parlamento dia migliore esempio che quello di Francia. Sorridendo mi disse ·che veramente aveva ragione.

Ella difficilment,e ;può frursi un'idea dell'esace.rha!Ziione che la questione romana desta qui in tutti i partiti in senso diametralmente opposto. È però un bene per noi, che la questione si agiti e passioni gli spiriti. Da queste agitazioni e dalla discussione nascerà la convinzione della necessità d'una soluzione.

*P. S.-Non occorre che io preghi l'E. V. di tener per sè quant01 è ~>~eritto in questa lettera intorno alle dtssenzioni ·che si manifestano intorno all'Imperatore. *

12 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. II.

(1) Cfr. n. 127.

(1) -Tenuto il 22 febbraio 1862. (2) -Cfr. T. n'HAuTERIVE, Napo!éon III et !e Prince Napo!éon, Correspondance inédite. Parigi, 1925, pp. 229-232.
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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 382. Berlino, 26 febbraio 1862. Le Comte de Bernstorff a fourni au Ministre d'Angleterre les memes explications qu'à moi, sur le contenu des dépeches confìées au Baron de Loe. Lord Loftus en a informé son Gouvernement, en émettant l'avis qu'il nous conviendrait de donner, dans la mesure de notre dignité, les déclarations 1es plus rassurantes et les plus propres à calmer de plus en plus les appréhensions manifestées par nos adversaires sur le maintien de la paix générale. Ces déclarations décideraient peut-etre le Roi Guillaume à la recoP-'laissance. En attendant je ne dois pas cacher que le discours du Prince Napoléon a Pl'Oduit 1ci l'impression la plus fàcheuse. S. M. s'en est ouverlement exprimée vis-à-vis d'un de mes ·collègues. «Ces doctrines, disait-Elle, sont une menace pour J.es dynasties, pour les rélations internationales; aussi veux-je croire qu'elles sont condamnées par l'Empereur des Français ». Le parti féodal voudrait nous rendre solidaires de ces doctrines et il les exploite pour amener un mouvement de recul à notre endroit; jusqu'ici il n'y a pas réussi, et meme le Comte de Bernstorff répondant à une interpellation sur de prétendues démarches de l'Autriche pour amener une entente entre les deux grandes Puissances Allemandes au sujet de la Hesse Electorale, et empecher ainsi la recon

naissance de l'Italie, a répondu que le Gouvernement Prussien n'entendait pas confondre deux questions parfaitement distinctes. •

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (ARB, cass. 54, n. 142, orig. autogr.)

L. P. 7. Berlino, 26 febbraio 1862. Ho ricevuto l'aiJitro ieri il di Le1 pregiatissimo foglio pa;rttcol•are in data d'el 18 corrente (1). Mi sono recato a premura di fame parola col Barone di Budberg. Anzi gliene diedi lettura per la maggior parte. Egli si dimostrò piuttosto soddisfatto dalle ragioni mosse da V. E. per ritspondere alJie obbiezioni del Principe Gortschakoff. Fui pregato di las.ciar copia dell'articolo rispetto ai Polacchi, articolo così conforme alla dignità del R. Governo. Menzionai in quel colloquio i telegrammi scambiati fra V. E. ed il Marchese D'Azeglio e ciò per porgere nuova prova del nostro fermo proposito di non !asciarci trascinare da una politica di temerità, di avventure. Il sig. Budberg mi domandò pure, confidenzialmente, una copia dei precitati telegrammi, assicurandomi che se ne varrebbe a nostro

favore. Egli mi disse che giunse non ha guari in Pietroburgo un dispaccio di un agente russo che percor:I"e l'Italia. Questi, fino:ra assai simpatko alla causa bor

bonica, è costretto dall'evidenza a portar miglior giudizio delle condizioni nostre; lo spirito pubblico progredisce verso l'unità e vi è stanchezza (lassitude) nell'opposizione.

Un tal giudizio, avvalorato da q'uanto ha scritto e scriverà il sig. Budberg in seguito allo stupendo ragionare delll'E. V., oi oattiveranno l'Imperatore Alessandro, tanto più che il suo Ministro degli Affari Esteri riavvicinasi ad un modo di vedere più giusto e più consentaneo agli interessi della Russia. Se la Prussia ci riconosce non dubito che lo Czar non indugerebbe di molto a :llarne aHrettanto.

L'inviato msso stima che due nostr1 ami:ci ci :recano più danno che nemici nostri accaniti. Questi amici sono il Principe Napoleone ed il giornale Il Nord. Il primo ci compromette con parole smoderate ed il secondo .stampa talvolta certi articoli che colpiscono oltre il segno, e perciò tornano definitivamente a nostro svantaggio.

Da informazioni assunte mi risulta insussistente la notizia cui si riferisce la lettera di V. E. del 14 febbraio (1). Mi viene suppo,sto che la medesima deve trarre ori!gine dai dispacci del Ministro del Belgi!o, Barone Nothomb, hl quail..e avrà preso un granchio.

Domani ho un'appuntamento col Conte di Bernstorff; anche a lui darò spiegazioni sul contegno nostro inverso i Polacchi. Simile questione interessa pure non poco ffia Prussia. Profitterò della 'circostanza !Per presentaTe, destramente alcuni riflessi nel senso dell'altra letteTa particolare di V. E. del 20 febbraio (1).

(1) Non rinvenuto.

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IL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI, AL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI (AM, orig. autogr.)

L. P. Costantinopoli, 26 febbraio 1862. La •copia dei di Lei rapporti al Mini!stro ch'Ella ebbe la bontà di mandarmi mi riuscl oltremodo interessante e mi fornì ampio soggetto di fondata conversazione sulle cose dt costà, rtema quasi esclusivo in questi momenti. L'anno 1862 ool suo ~corredo di eventualità può suggerire a:Ha nostra. politica qualche nuovo indirizzo e certamente che se i movimenti el[eruid pi'endessero una piega più pronunziata, potrebbe scaturire da code,stl scogli la grande scintilla. Egli è per questo ~che ,sono convinto che a Torino i rapporti di V. S. desteranno ill più virvo interesse e per parte mia non mancherò d'infoTmarla del contraccolpo che qui poti'ebbe rh:~e.ntirsi degli eventL di NaupHa; ora che abbiamo una cifra posso farlo anche per telegrafo e non ~vj! mancherò. In Valachia e Moldavia ed in Se:rbia tutto è !Per il momento tranquillo e' non dobbiamo a1spettare per qua[,che mese almeno, da, quelle contrade, alcun movimento. Il Principe Couza intenzionato di non rischiare il già acquistato si è fatto

modera1ltssimo e resistendo a~l partito Bojardo che V10rrebbe un ritomo al 'Passato tiene a freno il pa:rtito cosi detto nazionale che sogna invasioni ed ingrandimenti

e che vuole ricostruire un pa,ssato più antico, cioè l'impero daco-romano. In Serbia nD!!l hanno armi e nulla potrebbero tentare per H momento, ma, se accadesse qua1che cosa di serio in Grecia, non v'ha dubbio che se ne sentirebbe la ripercussione. Qui cSpe:mno di salvarsi ·con mtsure radicali e si stà O!l'a studiando :ilL m<Jidlo di svincolave la proprietà religiosa che abbrac'Cia i 4/5 della superficie dell'Impero e presto si nominerà una Commissione ad hoc, ma i risultati saranno lentissimi mentre se ciò fosse fatto da un moto proprio sovrano aiJIPoggiato da un'attitudine ferma e imperiosa si avrebbe il plauso di tutta l'Europa poichè ne sarebbe conseguenza immediata la permissione ai forestieri di acquistare, :possedere e trasmettere la proprietà stabile. Invece la ·commissione non prenderà che mezze misure e scontenterà tutti. Si spera qui di ottenere un imprestito di 10 millioni di lire sterline e vi dev'essere qualche cosa di serio perchè la carta moneta acquista valore ogni giorno più. Il napoleone d'oro .che valeva l'o scorso mese 200 piastre turche non è stato oggi ragguagliato ·che a 143. Sono ancora occupatissimo per lavori materiali; ma dei quali non posso a meno di occuparmi non avendo i miei collaboratori una attitudine speciale per questo. Intendo parlare delle nuove tariffe rese complicatissime dalla necessità di ridurre a un coefficiente comune tutte le misure pesi e monete delle province italiane neofite e di basare su questo tutti i calcoli di tassificazione.

(1) Non rinvenuta.

136

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 46. Torino, 27 febbraio 1862, ore 23. Le bruit de la maladie du Roi que vous m'annoncez avoir été répandu aujourd'hui à la Bourse (1) est encore une des indignes manreuvres dont se servent nos ennemis pour créer des difficultés au Gouvernement du Roi. S. M. a eu ces jours derniers une très légère indisposition qui ne l'a meme pas empechée d'assLster au bai d'avant hier soir, et se trouve maintena:nt tellement bien rétablie qu'Elle est partie aujourd'hui pour la campagne. Veuillez donc démentir de la manière la plus formelle la fausse nouv·elle qu'on vient de répandre, ainsi que toutes celles qu'on pourrait encore débiter à l'avenir ayant pour but de troubler les esprits sur notre compte, car si un événement important se présente j'ai toujours soin de vous en donner avis, mais je ne pourrais me

charger de démentir un à un tous les mensonges qu'inventent les ennemls de l'Italie.

137

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEI. CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

T. 79. Parigi, 27 febbraio 1862, ore 15,20 (per. ore 18).

Aujourd'hui l'emprunt italien a subi une baisse de soixante centimes sur le bruit répandu à la Bourse que le Roi était malade.

(1) Cfr. n. 137.

138

IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 43. Atene, 27 febbraio 1862. Nulla d'importante è accaduto da Sabato in qui, .giorno dell'ultimo mio spaccio a V. E. (1). Salvochè l'assalto tentato 'contro a1cuna trincea esterio'I'e di Nauplia e respinto con perdita di sofdati e d'ufficiali essendo ora a tutti ben noto, move tutti a pensare sulla gravissima condizione in cui ver<sa il Regno; e noce al goV1erno l'aver V"oluto cel!are iii combattimento sotto nome di ricognizione. Dalla ,parte dei regi sono morti un ·Capitano e due uffi.ciaH, e dalla !Parte dei ri.voltati due giovami tenenti usciti di :fresco ,dall'Accademia del Pireo. I terrapieni assaltati furono messi in or"~dine da uno Smo1ei11Sk figUo del Co1onrt1Jello Srmole[]jsk stato ministro della guerra e afl'ezi<matissimo a:l Pl1Ìillcipe. U!n altro capo deilll:a gente che vi combatteva dalla parte di Nauplia el'a il Griva, il fratello della Damigella d'onooe della Regina. Avverto questi rparticola.Ti petrchè dimostrano Ila confusione dei partiti e de~':interessi tn cui si t:mva il rpa:es:e, ill. pericolo che :gli sta sopra d'una guerra dvHe aecanita e l'odio ~a[J;de che v~ si ac:cwnula ogni giiorno più contro la Corona. Egli è pure •Certissimo rche ISe quelli della piazza ~sseTO continuato a spa.Tare rJJe artiglierie, la ritiratta dei :regi rius·civa sanguinosa, perchè le tr,incee attaccate come pure due altre poste in sullra medesima linea sono eziandio difese dai cannoni di Nauplia. Ma gli assediati cessarono il fuoco appena videro la ritratta degli a:ssalitorri. Ln fine, quell'atta:cco illlfruttuoso à distrutto la viva speranza del re ·che alle sue tl'uprpe non :farebbesi resistenza e che i soldati sedotti di Nau:plia sarelbbe11si a queli1e congiunte. E perchè V. E. figuri meglio al pensiero quella picciola guerra, se tal nome le si compete, io le ne farò un ;poco di descrizione. Le truppe regie sommano appena tre mila uoniilni, aV:elll!do voluto il governo serbare qualche corpo m Atene, Patra:sso, Mi:ssolongi e diversi altri prmti. La lorro fede non è dubia i:nsino a che il paese mamtiensi quieto e 'le probabElità d'el successo rstanno dail lato del re. Ma un caso inopinato, la lunga ostinazione degli insorti, la rivolta d'un uffiziale superiore può sgominarle. Loro comandante è il generale Hahn Svizzero di nazione, uomo onesto, buon militare e fedelissimo alla causa regia. Egli, peraltro, appunto come straniero di nascita, ,si perita assai di spargere il sangue greco; nè stima senza molto sangue potere sforzare i tre trinceramenti esteriori di Nauplia, l'uno dirima:>etto a:rla :strada di Tirinto dove sono accampati i regi, ['altro poco dLstante a r1do:sso d'un ·Convento di S. Elia, il terzo chiamato Aria e il quale per esser·e discosto può forse venire tagliato fuori, quando si:eno presi i due primi. D'altra :parte, qualorra anche' glli assediati perdess-ero quelle trin,cee, poS1Sono con poca :fati-ca reggere ancora qualche mese dentro la piazza. I :re:gi non ànno neppure un sol :cannone d'assedio IIlJè tal!lta truppa da stringere di rigoroso blocco la cilttà e le fortificazionJi. Non si può ·dunque pensare

nè a p1gliarle d'as-salto nè a praticaJre una breccia e la sempil1ce osiSi:dione ricerca troppo tempo e fa evidente :la debolezza del gov·erno.

In Nauplia v'à un miliajo di soldati e qualche centinaio di volontarj: v'à buoni artiglieri e buoni uffi.ciaili; abbondanza di munizioni e di armi, abbondanza di provigioni. La succursale della Banca ateniese provede denari e al bisogno lo provederebbero parecchi possidenti e banchieri della città. Capi principali della milizia ,sono tre: Artemi, Covoneo, Zambrakaki. Ii1 IX"imo di CM"attere mansuerto e tranquillo e già inoltrato negli anni è ireputa:to onesto ed abhle. La !SUa figlliuola diede iil segnale della, sollevazione. Coroneo è un di quelli ufficiali accusati dii crimenlese, che stavano prigioni in Nauplia attendendo il giudicio. La rivolta lo à scaJ"Cerato. È uomo risoluto e pratico assai n'el mestiere ma di costumi poco lodevoli. A Zambrakaki invece non si aa;Jpone nessun vizio, è giovine, à molta istruzione ed è tenuto assai valente nelle armi dotte. Ciò che comincia a recar meravigilia si è come la città di Nauplia e i suoi difensori non si disordinino, ved-endo fallito in gran parte il loro disegno, dapokhè la sola città di Tripolizza rispondeva al moto della rivolta e non potè sostenersi; il figlio del celebre Colocotroni ne à ripigliato il possesso a noone del Re. È però da consider-are che la unione è lor divenuta di suprema ~ecessità, poichè il governo con un deC!l'eto gli à posti fuor deil.la legge ed à in questi giorni medesimi chiesto e ottenuto dalle docilissime Camere di :sottrarre i militaJ:ri dal giuidic1o dei tr:ibrmaùd. civili ognora ~che si tratti di cause miste e doè quando millitM"i e cittadini semplici siano impticati in una causa medesdma e •colpiti dal medesimo atto d'accusa. P:mvedimento odioso, di pratica difficilissima, contrario a:ll'esempio di quéiJSi tutta l'Europa civile e da non essere mai proposto in tempi cosi torbidi e 'così pa:ssionati. Ai rivoltosi tli Nauplia à pur dato ansa l'attacco respinto, com'io raccontava, dal terrapieno di Glikia (cotesto è il suo nome) e prossimo ad una soll'gente d'acqua. Forse -attendono ancora qualche moto nelle PQ'Ovincie o quaLche defezione di cor:po. Ad ogni modo, vogliono 'cedere per patti 'ben: .gual'entiti e 1r10n mai rendemi a discrezione.

Intanto, spargest la notizia che oggi o domani i ridotti estell'iori verra-nno assaliti e sloggiatine i ribbelli, ,giudicali1do il gov-erno peggior partito il rimanersene inoperoso in faccia della rivolta. Per le ragioni sopranotate io dubito molto che ciò si avveri. Se rprima di spedire il fo~io a V. E. potrò ratccogliere in!formazioni più esatte, non manJCherò di fall'lo. M'accorgo di: aver ripetuto qualche particolarità già scritte ~n altri dispacci; ma 11a chiarezza e l'ordine del ra'Pporto sembra domaudarlo. Pongo qui per alle.gart;o il Numero del Précurseur giornaJe governativo, publicato oggi stesso (1). Prego V. E. di avvertire che dal 23 al 27 esso non dà aù.cuna notizia e quehle che registra. dei giorni anteriori peccano di •amplificazione rettorica nè sono esenti di errore g1i stessi ragguagli topografid che porge ai lettori. NuRameno, an.che a, questa tanto benigna e officiooa gazzetta sembra un pò strano che il governo non pubblichi qualche estratto almeno dei rapporti cotidiani del generale .Hahn, e la forza della verità la costringe altresl a confessar-e che gli attuali avvenimenti di Grecia compongono una lezione terribile ,così pei governanti come pei governati. Da ultimo, V. E. vi leggerà IL'annunzio del blocco di Nauplia dalila parte del mare; tutte Le L-egazioni estere ne ebbero ,comrmicazLD'llle iell'i ed io mi sono affrettato di darne avviso aJ. s~gn-or ConsOle e per mezzo suo agli agenti consolari del Regno; il governo greco è in

pieno diritto di di:fendtersi e d'altra parte i mezzi adoperati per manJtenere effettua,lmente il ,blocco sono sufficienti a rispetto dei piocioli legni mercantili che caJPitano in quel breve tratto di mare.

Del resto, sul tutto insieme delle cose io non posso se non confermare il giudicio ~espresso l'altra volta. La sollevazione quasi tutta militare non mi sembra avere modo d.i propagami e pervenliil'e ail !SUO fine. Ma la vittOTia del governo o sa;rà ottenuta ~con un. 'Compromesso e lo indebolirà ancor di vantaggto, o per !!:a forza tsola dell'armi, e il rsangue sparso rilcascb)erà sulla sua testa; perchè m'acool"lgo che la disposizi1one degli animi essendo nel ,generale assai sfavorevole alla Corte ed a' suoi ministri, quell'uso di forza tuttochè necessario ~crescerà di più doppj l'odio contro di loro. D'altro lato, la Corte seguita a pa·scersi d'illusioni e J'ostilllazione deil. Re lo rende incapace di part~ti buoni e comormd. alle estreme esigenze della cosa publica. Io per tutto ciò non prevedo nulla di stabile e di suffidentemente ordinato nell'avvenire di questo paese; e quando io dovessi aprirle l'intero animo mio e queNio chle mi sembra d'indovinare di più pii'obabi'fu, direi a V. E. che oggimai i:l ~regno del Re .Ottone ~div~enta impossibile, .senza l'intervento di truppe straniere. Il fatto può mdugiare di quaLche anno ma fon;e élll1Che di solo qualche mese. Quindi io mi volgo .di nuovo aJJ:'E. V. pregandola di constdera;re se non le paresse v·enuta l'opportunità di forniaini di più p~reciJSe istruzioni.

Nel Pireo sono quattro natVi da guer:ro. :fromcesi compresavi Ila Zenobia che alza la bandiera del contro ammiraglio Touchard; v'à una fregata russa l'Oleg; v'à due legni inglesi, un vascello cioè ed una corvetta. Veramente, in questi giorni tutti qui aspettano una nave italiana e mostrano un poco di maraviglia e rincrescimento di non vederla. Mi scusi d1mque V. E. del tornare troppe vol.te a pregarla che quanto più presto si può sia veduta nelle marine di Grecia la nostra bandiera.

Il Corpo diplomatko presso di S. M. Ellenica soglgiaoo 1n questi giorni a più d'una mutazione. Il Signor Fotiades Ministro Ottomano richiamato a Costantinopoli avrà per successOTe Zia-Bey. Questi è tuTco e mu:ssulmano, laddovle l'altro è greco e cristiano; compiette anzi gli studj suoi nella università di Atene ed à modi molto garbati e conciliativi. n: ,governo e la dttà sle ne mostravano del pari contenti; la città anche troppo, non giungendo 1o a capire come in una sua veglia sia concorsa lieta e festante quasi mezza Atene, dimenticando ·che è un Greco il quale rappresenta e .serve la Porta ottomana. Certo in Italia la cosa andava diversamente a ri:spetto dell'ambasciatore d'Austria. Del rimanente ila politica non entra per nulla, a ciò che io credo di sapere, nel richiamo del signor Fotiades. Partiva poi da Atene p& alla volta di Berna il Ministro Plenipotenziario russo, signor Ozeroff, e gli succede il signor Bludow. Al primo non venne mai fatto di essere molto gradito alia Corte ed anzi se ne desiderò il richiamo. Ma la Russia ·contenta del suo MinLstro l'à tenuto saldo al suo posto per qualche anno. QUi è vezzo di attrilbuire al!la Russia ed a suoi intrighi qualunque caso 'Straordinario avvenga nel Regno. Nè si manca oggi di dire che la sollevazione scoppiata in Nauplita è opera della Russia, ~:dla qu;aile StPiaceva l'arrivo dei giovani .princijpi bavaresi, come fosse principio ed avviamento buono a sciogliere il nodo della successione. Io quanto a me non do credenza nessuna a coteste ciance. Purtroppo la Russia è pervenuta ad attenuare l'aJScendente della stilrpe greca ed alzar quello

dei popoli slavi nelle provincie turche d'Europa. Ora l'opera è quasi compiuta e non J.e Ifa mestieri ri,ccorrere a, brogli poco degni di lei. La LegaZJ1one inglese sembra quasi non esistere per la infermità del degno suo capo, Sir Thomas Wyse. Ma alla ;poca azione deill'Inghitltecr:ra in Grecia SUJpplilsce il Ministro di FranC)ia Signor Bourée che è sempre in moto e di cui la Corte sembra fare molto caso, più certo per paura della Francia che per ischietta simpatia. Il Barone di Werthern prussiano vive modesto e non ambi:sce di: mettel'Sii innanzi. È cortesissimo !con ila Legazione italiana. L'invito che fece il Re al Ministro francese di recarsi a Corte in sul primo scoppiare della sollevazione fu per pregarlo a non mostrare nelle a..cque di Nauplia la bandiera francese; il medesimo fu domandato a Sir Wyse. Intanto, M. Bourée ha 1chiamato in fretta nel Pireo la fre1gatta la Zenobia e due a:J.tri ilegni da guerra, e per quello che dkesi, egli si maneggia molto ad agevolare al governo ·COn la propa:ia influenza il modo di raggiustare l'ordine publico assai conquassato.

(1) Non pubblicato.

(1) Non allegato.

139

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (ARB, cass. 54, n. 148, orig. autogr.)

L. P. 8. Berlino, 27 febbraio 1862. Nella visita che feci questa mattina al Conte di Bernstorff gli lessi l'articolo del pregiatissimo di Lei foglio particolare del 18 febbraio, relativo ai Polac·chi (1). Egli ne pl'ovò contento e mi lasciò ,capire come similli dichiare giungessero opportune in presenza delle molteplici obbiezioni suscitate contro un riconoscimento dell'Italia. Il suo animo era commosso da siffatta opposizione. Ho combattuto coi migliori argomenti le ragioni addotte dai feudali e dagli ultramontani per impedire un atto al quale, se ora non compiesi, assegnare non saprei nn'epoca qualunque, salvo in caso di guerra tra Prussia ed Austria. Ed in allora quell'atto avrebbe perduto qualsiasi pregio di libera iniziativa e ci svincolerebbe quasi da ogni Je,game di gratitudine. Inoltre, per parlare schietto, se il riconoscimento fosse indeterminatamente ritardato, quale ne sarebbe il contraccolpo in Italia, dove dall'opinione pubblica si considera la cosa come già decisa in principio? Coll'indugiare oltremodo crede il Gabinetto Prussiano di rafforzare il proprio Governo? Il Barone Ricasoli non sentirà rammarico di essere così poco coadiuvato nei suoi. intenti a pro della causa dell'ordine e della monarchia? Perchè trattenergli un attestato di fiducia nella sua politica nobile ed indipendente? Dice forse il vero l'inviato d'Austria, quando va asserendo che la Prussia non si risolverà a stenderei la mano? Quale sarà infine la mia posizione se avessi da perdurare nelle presenti e così anormali condizioni? Quali nuovi argomenti addurrei per consigliare la pazienza? In tal caso la pregherei, Signor

Conte, di suggerirli lei stessa: le sac dans lequel je puise depuis si longtemps est vide. «Mais votre sort est dans vos propres mains ». Dicendo questo, S. E. mi

lasciò intendere che una soluzione dipendeva molto dalla risposta che aspettavasi da Torino ai dispacci trasmessi di recente al signor Conte Brassier.

Risposi che in allora io non dubitava che V. E. nei limiti consentanei alla dignità nostra, si moswerebbe dìslposta a dare tutte le s1cu:rezze che richiedere si possono da un Governo che rispetta altrui appunto perchè rispetta se stesso. D'altronde non saprei veramente indovinare qual specie di dichiarazioni si possono desiderare da noi dopo le comunicazioni coe~ esplicite e da me più volte fatte sia al Barone Schleinitz, sia al suo successore.

Il Conte di Bernstorff era pure inquieto delle prossime discussioni nel Parlamento rispetto alla mozione Carlowitz. Egli mi disse in segreto che i membri della Commi!ssione incaricata dell'esame di quella proposta, vennero invita,ti con:fidenziahn:ente a non affrettare illOl'O rapporto, IJ.a quistdone essendo ora ventilata dallo ste3so Ministero. Di ciò non pago, egli stesso questa mattina avea procurato, ma infruttuosamente, di muovere il deputato Carlowitz a ritirare una proposta che potrebbe danneggiare le pratiche in corso.

Ho ripetuto a que<;to riguardo l'osservazione già da me fatta in altro luogo, cioè quanto sarebbe rincrescevole che il Governo prussiano si lasciasse sopravanzare dalla Camera, cui ripugna forse di desistere da un dibattimento finchè non abbia la certezza di un riconoscimento iniziato dal potere esecutivo.

Procurai in ogni modo di raffermare l'animo un poco sconvolto del Ministro degli Affari Esteri, in seguito agli sforzi dell'opposizione, la quale trovasi in uno stato di grande eccitamento e calcola sulla irresolutezza del Re Guglielmo.

Il Conte di Bermtorff mi confermò la notizia, già da me scritta a V. E., che il terreno ci è divenuto più propizio in Pietroburgo.

Devotissimo alla persona di V. E., Ella capirà quanto mi sarebbe caro se potessi contribuire ad ottenere un risultato che sar-ebbe la migliore risposta a chi ·cercasse indebolire il nostro Ministero e screditare la maggioranza del nostro Parlamento italiano.

(1) Non rinvenuto.

140

IL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (ARB, cass. 54, n. 145, orig. autogr.)

R. CONFIDENZIALE S. n. Costantinopoli, 27 febbraio 1862.

Mt è giunto il foglio confidetnZiaù.e del 7 arnda!llte di cui Le pia·cque onorarmi (1). Riletto quanto io avevo .scritto di volo nel mio a:apporto politico

n. 65 (2), tvovo veramente ·che si presta ad un'interpretazione di~rsta da!l senso che io avea inteso dacrgli e me ne duole assai. Quindi, mentre le esprimo il mio dispia.cere d'essermi es.pr·esso in senso poco chiaro, reclamo dalla di Lei bontà il favore di v~eder poste in salvo 1e mie intenzioni.

Ecco i pensieri da cui mi sentili dominato al rirevere i:l di Lei telegramma :

Il R. Governo ignora che si tentino secrete intraprese d'aggressione contro l'Impero Ottomano, ma non potrebbe impedirle qualora ciò avvenisse per opera di oompliici priva'ti e con modi che si oottraggono all'azi{)[le della legge e ciò fosse anche per opera di Garibaldi, il quale non è che un semplice cittadino. Ora se io avessi riprodotto integralmente ai Turchi il senso di questo telegramma, nessun commento per parte mia avrebbe potuto dissipare i sospetti di Alì Pascià, uomo diffidentissimo ed uso a non credere ad alcuno. L'annunzio che Ga:rtbaLdi non è che un semplltce cHtadino pa:rtvtemi, in quel momento, cosa improvvida (nelle nostre relazioni col Divano) peTchè in qUJesti paesi si ha un altissimo 'concetto, o, per dir meglio, rma gran paura di quell'uomo ed Jio voleva lasoiarr-•credere al Gran Visir e ad Alì PaJScià ·che Garibaldi pende dai crenni del Re e che il gilorno in •cui S. M. •gLi ordinerà di ·compiere un'impresa qua~lunque lo farà. Qui d'altronde non sanno tenere il segreto ed un annunzio troppo esplicito per parte mia sarebbe stato subito divulgato ed avrel)be potuto produrre un'eco poco popolare per noi nei pubblici fogli. Ella mi permetterà che per provarle la sincerità del mio cuncetto, quand'anche erroneo, le dica qui ciò ch'io pensi di Garibaldi, ed io, senza conoscerlo personalmente, posso parlarne perchè ho vissuto otto anni in America, sul teatro delle sue prime gesta. Uomo probo, coraggioso e disinteressato, ma uomo pericoloso ed. imprudente. Ha fatto molto bene all'Italia, ma è stato ·al momento di perderla per se~pre per le sue intemperanze e specialmente: nel 1860, quando minacciava di marciare sopra Roma. Le lettere che di quando in quando dirige ai Comitati degli operai sono aberrazioni d'una mente febbrile che collfinano colla pazzia. Un dignitoso silenzio, un'adesione illimitata ai principii deL R. Governo, o tutt'al più qualche anim.OIS:a esortazione a prepararsi pel gran momento, quando sarà giudicato opportuno da chi regge il timone degli affari, sarebbero più degne di lui e della causa per cui si adopera. In somma Garibaldi, tipo veramente eroico, avrebbe bisogno d'un amico che gli parlasse chiaro e gli facesse ben sentire che il conservare un gran nome è più difficile che acquistarlo.

Il di Lei piano di non rischiar nulla del già acquistato e di smentire col fatto l'imputazione che si fa agli italiani di mancare di senno politico è indubitatamente il solo che possa servire di programma ad un Ministro leale, amico della Patria e del Re, e finchè l'E. V. vorrà servirsi della mia debole cooperazione in questi luoghi, agirò in questo senso, che è quello delle mie convinzioni. Se qualche improvviso evento non induce l'Imperatore Napoleone ad aiutare gli Ungheresi (ciò che porterebbe successo pronto e sicuro più di qualunque aziOIIle sul Montenegl'o od Erzegovina), ci conviene aSISOlutamente aspettare il 1863 ed il 1864, se è necessario. Del concorso dei Turchi comincio a diffidare. Sono passati i tempi cavallereschi dei Solimani e dei Bajazet. Però procuro tenermi bene con loro per qualunque evenienza.

Le scriverò al più presto.

P. S. -Le dirò in tutta confidenza che il Principe Lobanow mi diresse un invito di ballo col titolo di Ministro di S. M. il Re d'Italia; ma lo tengo segreto per non comprometterlo colla sua Corle.

(1) -Non rinvenuto. (2) -Cfr. n. 43.
141

IL MINISTRO A WASHINGTON, BERTINATTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 94. Washington, 27 febbraio 1862. Il dispaccio di Gabinetto 21 gennaio p.p. (1) non poteva pervenire alle mie mani in miglior occasione, nè esser da me trasmesso per copia a quelle del Sig. Seward, Segretario di Stato, in più propizia circostanza. Quale effetto esso abbia prodotto sull'animo del Presidente, e de' suoi constitutionaL advisers l'E. V. il potrà discernere dalla risposta fattami, che acchiudo in originale, e senz'altro commento da quello in fuori che emerge dal testo medesimo.

Conosaendo il Seward, dt~o apposite informazioni, che iii Gove:rn.o dJel Re non istimò conv:entente di aderin:;i agli eccitamenti avuti dal Gabinetto di

S. James onde esel'citare a sua vicenda, ed in conformità di quanto fecero altre potenZJe, WJJa pvessione moll"ale sopra quello di W.ashington collo scopo di mdurlo ad adottare, nell'affare del Trent, la linea di condotta che ha appunto adottata, e di cui intende, come di ll"agione, che g1i si attl1ibuisca il'iilltiero me!l'tto d'una spontanea entratura, qual si .conviene alla gelosa suscettività d'un governo repubblicano, egli non poteva rnon tener ca:rta, da un lato, del nostro prudenlte riserbo, e non apprezzare, dall'altro, tutto il valore della nostra appTovazione, sl pel cliondo e per la dlorma con cui venne dettata, come per ila scelta del momento in ·cui v·enne mandfestata.

Alcuni Colleghi del Corpo Diplomatico, fra i quali queLlo di Svezia, L'ottimo Conte Piper, cui comunicai confidenzialmente il dispaccio dell'E. V., non che quello del Sewal'd, si mostraron grandemente soddisfatti nel leg.gerne il contenuto, e conchiuseTo meco, senza restrizione o riserva, che allo stupendo documento di Stato del 2.1 gennaio non poteva farsi più acconcia risposta di quella fattagli oon pari documento sotto la data del 19 febbraio, congralbrlandosi in pari tempo col Goverrno del Re cui desso è indirizmto.

P. S.-Il mio ·collega di Ollanda, Sig. Roest Van Limburg, del cui richiamo da Washi.n.gton i .giornali pa!l'llano in questo momento desi1gnandolo qual futuro Ministro degli affari esteri nel pToprio paese, fu talmente contento alla lettura dei dispacci 21 .gennaio, e 19 fehbl'aio, ·che mi pregò di felicitarne l'E. V.• e di offri:rle in suo nome una copia della traduzione con note da lui fatta del Principe di Machiavelli in lingua ollaindese, e stampata a Leyda nel 1834. Mi procurerò il piacere di spedirle questo iJ:ibro alla prima lfavovevole occasione.

ALLEGATO.

SEWARD A BERTINATTI

Washington, 19th february 1862. I have the President's directions to express to you the satisfaction he has derived from the despatch which was addressed to you by Baron Ricasoli on the subject of the Trent Affair, a copy of which you so kindly put into my hands. This Governement, after a full examination of the subject, decided that it could not detain the persons taken from the Trent by Captain Wilkes, without disavowing its own liberai interpretations of the law of maritime war.

It rejoiced, therefore, in the accidental circumstance that had given 1t an opportunity to show the same devotion to the freedom of commerce as a belligerant, that it had always before manifested as an interested neutra! power. If at any time the Governement had entertained doubts of the wisdom of its proceeding in the case, they would all now disappear at once before the congratulations which it is receiving from the most generous and enlightened nations that bave been passionless observers of the transaction. Among those nations while all bave spoken with cordiality and without reserve, none has spoken with truer magnanimity or more manifest sincerity and earnest sympathy than the Kingdom of Italy, the newest and most free of those nations founded upon the principle of the sovereignty of the people. Her utterance comes evidently from the very heart of a people who yet remember the sad experience how liberty is certainly lost through the loss of their national unity. Have the goodness, Mr. Bertinatti, to assure the Baron Ricasoli, and through him the great and chivalrous Prince who reigns over Italy, that their persuasions to the restoration of the American Union in its amplest constitutional proportions, shall be early submitted to the American people. They will have more than ordinary prophetic weight as the voice of a nation that is risen from among the dead.

The American Governement and People are unanimous in their wishes for the peace, prosperity and happiness of Italy. Be pleased to accept, Sir, the renewed assurance of my very high consideration.

(1) Cfr. n. 42.

142

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE S. n. Torino, 28 febbraio 1862.

L'art. 7 del Trattato di Parigi del 30 marzo 1856, chiamando le Potenze che firmarono quell'atto a garanti dell'indipendenza ed integrità del territorio ottomano, conferisce alle medesime il diritto di partecipare alla soluzione di tutte le vertenze che interessassero la condizione territoriale e politica della Turchia. Dopo la stipulazione di quel Trattato due quistioni res·ero già necessaria la convocazione in conferenza dei rappresentanti delle Potenze garanti, la quistione della Siri::. e la quistione dei Principati Danubiani.

Se la Sardegna, i cui diritti e doveri sonosi consolidati nel Regno d'Italia, non prese parte alle Conferenze per l'assestamento delle cose di Siria, è noto che 11 Goven-10 Italiano tra:tasciamdo d'insistere ;per la sua arnrnisstone ciò :f:1ece unicamente per ragioni d'umanità per non ritardare cioè provvedimenti resi urgentissimi dagli eccidii che distruggevano le popolazioni cristiane di quel paese, ma che in pari tempo protestò contro la sua esclusione e fece formale riserva del suo diritto.

Quanto al nuovo ordinamento dei Principati Danubiani, la partecipazione

del Governo Italiano agli accordi comuni non ve!!ne in veruna guisa contra

stata anzi gli fu indirizzato, del pari che alle altre Potenz.e garanti, ufficiale

invito della Sublime Porta.

Tuttavia le difficoltà di forma suscitate dall'Austria, che dichiarava non

voler permettere che il suo Inviato si trovasse in ufficiale conferenza col rap

presentante di uno Stato che essa non aveva riconosciuto, inducevano i Mini

stri delle Potenze in Costantinopoli a scegliere un modo di deliberazione che

salvasse il principio della partecipazione comune, escludendo per allora la

riunione di una conferenza formale.

Lo spirito di moderazione e di conciliazione di cui fece prova in quei due casi il Governo Italiano sarà stato apprezzato, non ne dubito, dalle Potenze, e, lungi dall'invalidare il suo diritto, deve aver dimostrato la giustizia e la convenienza di assicurargliene il pratico esercizio. Noi ci auguriamo che le quistioni che presentemente si svolgono in alcuni dei territori soggetti o vassani dell'Impero Ottomano possano terminarsi mediante amichevoli intelligenze fra le popolazioni interessate e la Porta.

Ma se gli avvenimenti consigliassero deliberazioni collettive delle Potenze garanti, il Governo del Re è persuaso che sarebbe invitato a pigliar parte alle discussioni ed agli accordi comuni. Per la sua posizione come per le sue relazioni commerciali l'Italia ha troppo interesse a quanto concerne la situazione della Turchia perché possa rinunziare a quei diritti ed a quei doveri che sono conferiti dai Trattati al suo Governo.

Questi diritti non potrebbero essere ragionevolmente contestati, e l'amicizia costantemente professataci dal Governo di S. M. l'Imperatore dei Francesi ci è sicuro pegno che, avendone il caso, esso vorrà cooperare perchè ci siano effettivamente mantenuti.

Quanto alle difficoltà di forma che potessero riprodursi per parte di qualcuna delle Potenze che non hanno riconosciuto ancora il Regno d'Italia, il Governo del Re, per desiderio di conciliazione, non si opporrebbe all'adozione di quegli espedienti che fossero compatibili col suo onore e colla partecipazione sua alle conferenze.

Per il momento non è a nostra cognizione che si tratti di riunione dei rappresentanti delle Potenze garanti. Sarà però utile che la S. V. Ill.ma, senza fare per ora una comunicazione ufficiale al Governo di S. M. l'Imperatore dei Francesi, gli tenga parola di quest'oggetto pregandolo a voler predisporre le cose in modo che la nostra ammissione sia as,sicurata e si evitino cosi difficoltà e proteste che hanno sempre inconvenienti e per le relazioni reciproche, e per l'assestamento medesimo delle quistioni che si avessero a trattare.

Favorisca, Ill.mo Signore, informarmi delle disposizioni che le verranno manifestate.

143

IL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 138. Roma, 28 febbraio 1862. Ho la soddisfazione di ,scrivere a V. E. sotto l'impressione ancora della dimostrazione in senso liberale che ebbe luogo nelle ore pomeridiane di ieri al Foro Romano. Essa fu tacita, siccome le ,condizioni attuali sembrano richiederlo, ma imponenti<ssima. Un'onda immensa di popolo si agitava nello spazio compreso tra H Campidoglio ed il Colosseo, e tutti i ri1aJzi di texreno e['ano gremità di folla compatta, mentre [ungo la vJa ed il ptazzale adia,cente vi si: era stabilito un corso di vetture. Lo spettacolo era maestoso, e non a ,to:r:to il popolo Romano

aveva scelto u:n suolo ,cqperto degli avBIDZi della !SUa antica grandezza, quasi ad evocarli a 'testimon~i della prossima sua rigenerazione.

Il temperamento proposto dai!. Capitano di Gendarmeria Francese a Moruslignor Matteuoci, di: non 'lasciar intervenire sul luogo !l.a forza Pontificia, sdlccome ebbi l'onore di accennare a V. E. nel precedente mio rapporto, e che pareva fosse stato dal medesimo a~.ocolto, non venne attuato, e diversi gruppi di Gendarmi Pontifici sia a piede che ,a cava1lo, pe!l'l1u:stravano le vie, e stazionavano in più punti. La forza francese era assai più numerosa, essendoche oltre ai suoi Gendarmi, dhrerse ·compagnie di truppe dii J.inea percorrevano tra la foRa, e si può dire rche accrescessero esse istesse la dimostrazione. Vei'so irl tramonto del sole, ~siccome era stato convenuto, il popolo si voLse aLla ritirata, e sal:i.to in massa e quarsi processiorralmente, il Campidoglio discese fino alla Piazza del Gesù, dwe si disperse.

Durante tutto il tempo della dimostrazione non ebbe luogo iii menomo disordine, e solo alcuni si permisero di fi.Sichia!re qualche gruppo di maschere non al volto, che non sono permesse per la città, ma in costume, che attraversavano il Foro, fischi ·che si ripeterono più unanimi allo stradale del Gesù contro le carrozze di maschere che ritornavano dal C011So. Venne pure accolta a fischi, alla discesa di Aracoeli una c~axrozza, dove mi si disse esservi il Cardinale Altieri, ed il Cardinale Patrizii.

In mezzo alla folla, nel momento della dimostrazione, fu pur veduto aggirarsi l'Ambasciatore d'Austria, ma per pochi istanti, condottovi forse dal desiderio di giud1care personahnente della portata di essa.

In questi due ultimi giorni vennero qui prattcate dive11se perquisizioni ed eseguiti arresti, e SiÌ assicura che molti siano in nota aila Polizia ,per subirli.

Ieri l'altro m'incontrai per le vie della città in quattro individiui portati da Gendarrmi Pollltificii che ·credo dli:sertati dail R. Esercito. Uno portava la divisa dell'Artiglieria, l'altro di Granatieri, e due col solito cappotto.

144

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (1)

T. 43. Torino, l marzo 1862, ore 10.

Je vous pxev1ens c0111fidentie11ement que le Ministère a remits hiier soir sa démission dans les mains du Roi. Je vous tiendrai au courant.

(1) Alle dimissioni presentate dal Ricasoli il 28 febbraio (Ricasoli, VI, pp, 414-418) il re rispose il 1o marzo con una lettera, nella quale tra l'altro faceva questa proposta (ivi, VI, p. 419) c ... le dirò, caro Barone, che, rispettando il partito preso dal Ministero, io però stando sempre prima di tutto alla purità del regime Costituzionale, desidero essere accertato e fare convinto me stesso che il Ministero goda la fiducia della vera maggioranza della Camera, non bastandomi per ottenere tale intima convinzione che il Ministero abbia ottenuto un voto favorevole, appoggiandosi all'estrema sinistra. Sarei dunqu~ di parere che il Ministero aspetti la prima seduta della Camera onde suscitare tale voto od aspettasse un'altra interpellanza da quello che sarà di parere diverso; allora sia il Ministero che io., ci vedremo più chiaramente, ed ambedue potremo deciderci sul da eseguirsi •. Ma il Ricasoli ribadi le sue dimissioni (ivi, VI, pp. 420-421), e sulla lettera del re lasciò il seguente appunto autografo inedito (ARB, cass. 55): c Risposta del Re, nella quale ripiglia le vecchie accuse, e ne articola una nuova calunniosa. La proposta di aspettare un voto del Parlamento pone allo scoperto il rio disegno, che si voleva corrompere il Parlamento, e condurlo a un voto contrario al Ministero, onde cosi con un atto di Parlamento coonestare il fine che il complottosi era proposto. La dimissione del Ministero scompose i disegni degli ambiziosi, e il Ministero nuovo dovette sorgere con i suoi mali elementi, e fuori d'ogni ragion pubblica e costituzionale •. Cfr. anche A. Luzxo, Aspromonte e Mentana, Firenze, 1935, pp. 132-138.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 408-413)

L. P. Torino, 28 febbraio-l marzo 1862. Le mie ultime corrispondenze da Roma mi danno notizia d'un fatto, sul quale debbo chiamare immediatamente la di lei attenzione. L'ex Re di Napoli va emettendo cartelle di fr. 100 come parte del prestito di cinque milioni di ducati decretato a Gaeta il 10 ottobre 1860. Le cartelle portano la data a stampa del 20 ottobre di detto anno. In esse si dichiara che il prestito è ammortizzabile in sei anni, ed i coupcms saranno staccati alla Legazione di Napoli in Roma. Vi figura come staccato il coupon del 1H61. Ora, mi risulta in modo certissimo, che queste cartelle si stampano in oggi da certo Petagna, nella sua bottega in Via delle Colonne di Massimi. Il Petagna è retribuito per questa frode con quattro scudi al giorno, e si serve per stampare le cartelle, dell'opera di due impiegati della Calcografia della Reverenda Camera Apostolica, i quali si chiam.ano Paolo Stu:llardd. l'uno, l'a~~tro Giovan Battista Rossoni. Queste ,cose non sono ignote nè al generaie Goyon nè al marchese La Valette il quale credo abbia già riferito al suo Governo in proposito. Ma quello che importa assai di far osservare al signor Thouvenel si è, che gli effetti di questa frode non sono puramente circoscritti alla sfera finanziaria. L'ex Re di Napoli vuoi far denari quanto sa e può, per mantenere d'accordo col Governo Papale il brigantaggio nelle provincie dell'ex Regno, e dargli a primavera un nuovo e tremendo. sviluppo. Tale è lo scopo dei capi della reazione, che continuano a giungere in Roma. Ultimamente vi arrivò il Principe Scilla (l'autore delle lettere al Borges) ed il Caume, banchiere sanfedista di Marsiglia. Pare abbiano mandato dai clericali e legittimisti, per spingere i borbonici ad uno sforzo supremo. Il piano che si sta 1combinando col generaie Ciary sm-ebbe il seguente: si moverebbe ad un tempo nell'Umbria e nel Napoletano. Per l'Umbria sarebbe destinato un ceil"to Covin de Collalto, ed avrebbe sotto i suoi oxdini un prerte Vettori Frasarelli di Stroncone (circondario di Terni) e certo Cecchetti già ufficiale borbonico. Nell'ex Regno, lo spagnolo Tristany ripiglierebbe la missione del Borges, e nel prossimo mese di marzo il brigantaggio riapparirebbe più forte che mai. Uomini, armi e danari non mancheranno adunque ai nostri nemici, e malgrado le filantropiche intenzioni dell'Imperatore, malgrado gli sforzi dell'ottimo marchese di La Valette, le provincie napoletane saranno di nuovo teatro di orrende scene di devastazione e di sangue. Per impedirle non bastano infatti le note diplomatiche, non bastano nemmeno gli ordini dati alle truppe francesi al confine. Il solo modo di prevenire il rinnovarsi di codesti luttuosissimi fatti, sarebbe di sventare in Roma stessa le trame dei comitati reazionari. Ma tale non è pur troppo, la missione che il generale Goyon si è assunta. Egli assiste impassibile, e senza nemmanco aver la scusa d'ignorarli, a tutti i preparativi reazionari. Testé i cinquecento briganti ch'erano a Terracina, si recarono a

Frosinone, ove giunse una altra banda di 150 uomini condotti dal capitano Borbonico Scaramuzzi e dal tenente Leopizzi, entrambi dipendenti dal generale Bosco. Il quale fu per quattro giorni a Fiumicino presso Chiavone, e ritornò con esso in Roma poche sere fa. Ma il generale Goyon cui fu denunciato l'arrivo del famoso capo dei briganti si rifiutò a da:>: l'ordine d'arrestarlo. In tal modo Chiavone tornerà felicemente alla montagna di Santa Francesca, ove ha dato convegno ai suoi briganti, per invadere, appena la stagione lo permetta, le provincie napoletane.

L'ossequio del generale Goyon verso la Corte Romana è giunto a tal punto, da fati" nascere dissapori fra lui e l'Ufficialità francese. Or sono alcuni giorni, un gendarme papale non fece il saluto al comandante Péan. Questi lo fece arrestare. Il gendarme tacque ch'era di servizio, e perciò il Péan si credette in diritto di farlo tradurre al comando di Piazza. Ma il colonnello Bossi reclamò: monsignor Matteucci sostenne che il gendarme era comandato di servizio, esso fu consegnato daU'autoti"ità fra!liCese al suo co11po, ed uscì il.ibero immediatamente. Goyon pose il comandante Péan agli arresti per otto giorni! Cosicché un ufficiale superiore francese fu punito, per aver voluto ottenere, inutilmente, che un gendarme papale non mancasse dei riguardi èovutigli.

Se hl: 1gem~a-ale Goyon offende persino ·le giuste sus<e:ettibil:ità dei suoi ufficiali superiori, come avrà cura d'impedire che si continui a macchinare in Roma a danno delle pacifiche e tranquille popolazioni napoletane? Gli è oggimai manilfesto ·che la p~esenza del ,generale Goyon a Roma è il maggiore ostacolo noo solo ad una equa soluzione della questione romana, ma al ristabilimento della quiete nelle provinde meridionali. Io non so inoltre come il marchese di La Valette comporti che gli atti del Generale suo concittadino contraddicano cosi apertamente allle parole ed ai ~con:sig]iJ 'che l'Ambasciatore fran1c·ese è incaricato d'indirizzare ufficialmente in nome dell'Imperatore al Governo del Santo Padre. Ev1denterrnente non andrà gran terrnpo, che il. Governo francese dovrà sceglliere fra quei .due suoi rap~esentanti, e questa scelta avrà !La maggrore influenza sui destini dell'Italia. Io non posso ·crede:re ·che il mar.chese di La Valette, il quale ebbe recentemente a conoscere dal labbro stesso dell'Imperatore quali fossero gl'intimi suoi pensieri, ablbila aid essere scooifessato da lui. Credo perdò che .hl richiamo del generale Goyon sia divenuta ormai una nece1ssità, tanto più m'gente ove si voglia ;realmente preservare ùe provincie napoletane dai]La caiamità che preparano per la prossima primavera i clericali e i borbonici. Che se l'Imperatore non attende, ~come è probab~1e, che un'occasione favorevole per prendere un atteggiamento più risoluto in faccia alla Corte Romana quale opportunità migliore può presentar di quella delle violenze di Larochejaquelein e dii S!égur d'Aguesseau? Io non dubito di affermare che il richiamo del generale Goyon, senza troncare alcuna di quelle questioni di principi, delle quali l'Imperatore cerca for:se ancora la soluzione, :farebbe fare praticament'e un passo enorme alla questione romana, e darelbbe CO!lfidenza e coraggio ail. partito liberale francese, che si rannoda intorno all'Imperatore ed al Principe Napoleone. Non si tratterebbe infatti che di un serr..plice cambiamento di destinazione. Il generale Goyon stette troppo tempo in Roma per poter notare le abitudini invalse presso di lui negli anni addietro. Come al duca di Grammont fu sostituito il marchese di La Va1ette così è d'uopo che altri pigli il posto del generale Goyon. Quand'anche il generale che avesse a succedergli non fosse un uomo politico, e non sapesse esser partecipe delle alte intenzioni dell'Impe

ratore, sarebbe sufficiente che egli si limitasse ad eseguire gli ordini ricevuti,

perchè il marchese di La Valette fosse in grado di condurre a buon termine la

sua missione.

Voglia, signor Ministro, far l'ooo che Le parrà più opportuno dei fatti e

dell'osservazioni contenute in questa lettera.

P. S. -Ricevo in questo momento (l marzo) altre lettere da Roma, dalle quali desumo le seguenti notizie.

I Romani si astengono dal prender parte ai divertimenti del Carnevale e

questa dimostrazione negativa è fatta viE;ppiù impGrtante dall'adunarsi del po

polo nel Foro anzicchè nel Corso.

Al caffè Ruspoli due ufficiali dei Carabinieri esteri fecero entrare due ma

scherate con stromenti da suonare. Il caffè che era pieno si vuotò ad un tratto.

Ll contegno dei gendarmi pontifici è !Sielmpre più insuiltante e provocante. Gio

vedl alle cinque, M. Wassichekoff, addetto alla L.egazione Russa, fu insultato

da un ufficiale dei cacciatori pontifici.

Il conte Szechenyi, già addetto alla Legazione Austriaca a Napoli, fu pure insultato dai gendarmi pontifici, ed un grave alterco sarebbe accaduto se non si fossero interposti i francesi.

Il generale Ulloa ritornò testè da Parigi e credesi ch'egli abbia portato al Re di Napoli somme vistose. Dicesi pure ch'egli sia fornito di una credenziale assai rilevante sopra una casa di Marsiglia. Inoltre il capo del Comitato legittimista di Parigi, Keller, gli avrebbe fatto fare recentemente per mezzo del gene· rale Cutrofiano l'offerta di 1500 francesi e belgi, GOO spagnoli, 5000 carabine, 5 vapori di trasporto, ed altre somme egregie di danaro.

Con tali disposizioni di cose e cogli arruolamenti di briganti che si stanno· facendo, si pensa di tentare un gran .colpo verso la fine di marzo lasciando intravvedere che l'ex Re stesso coi suoi fratelli si metterebbe in movimento. Intanto il generale Ulloa partirebbe per Napoli, ove cercherebbe di fomentare disordini, rivolgendosi agli ex ufficiali borbonici.

Da Germania e da Parigi si ricevettero nuovi rami per altre categorie di cartelle borbonkhe da falsificarsi sul Debito Pubblico delle Due SicHie.

146

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

T. 81. Parigi, 1 marzo 1862, ore 16,25 (per. ore 18,50).

C'est aujourd'hui que le Prince Napoléon parlera sur la Question Romaine. Je vous remercie de m'avoir envoyé le télégramme d'aujourd'hui (1).

13 -Documenti diplomatici • Serie I -Vol. II.

(1) Cfr. n. 144.

147

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, A LORD JOHN RUSSELL (1) (Copia).

Londra, i marzo 1862.

Des faits excessivement graves .se sont passés dernièrement à Malte, sur les

quels je dois par ordre du Gouvernement du Roi appeller l'aHention de V. E.

Ces faits contrastent tellement avec 1es principes d'ordre et d'hospitalité que je

me suis habitué pendant un long séjour à voir prévaloir dans ce pays-ci que,

persuadé d'avance du concoUII"s de V. E. dans la manière de !es apprécier, je me

borne à 1es signaler à son attentioo.

Le Gouverneme:rut de ·La Reine jugera 1soit des remèdes à apportm-pour empè

cher le retour de parei1s eXicès soit de la réparation à accorder •pour ceux qui

ont eu lieu.

Voici les fad.ts tel.s que me les communique S. E. !Le Baron R~casoli dans une

dépèche du 24 courant, reçue hier soir (2). II parait qu'on célèbre à Malte le

10 février la commémoration du naufrage de St.' Paul dan.s l'Isle.

Dès La veil1e on avait déco:ré les'maisons de Valetta de dréllpeaux pontificaux,

et bourboniens, à l'instigation de l'émigration appartenant à ces deux partis.

Le jour mème de J:a lfète, et plus encore le lendemain, un rassemblement de

gens des classes infi.mes, probablement salariés à cet effet, parcoururent, musique

en tète, IJ.es rues de la ville en paradant des bannières blanches et jaunes aux

cris de Viv·e le Pontife Roi. Vive François II.

Non satisfaits de cela ils insultèrent des Italiens qui n'a1ppartenaient pas au

par:ti réactionnaire.

Le Consul de S. M. fut rencontré par ces forcenés au moment où il rentrait chez lui. Violemment heurté, poussé et maltraité jusqu'au moment où il ptlt enfin parvenir à se réfugier chez lui.

Cette populace désordonnée alla deux fois consécutivement poursuivre de ses clameurs un député au Parlement Italien, Mr. Nicola Fabrizi, retenu au lit par une indisposition. Et passant des vociférations aux voies de faits ces agitateurs cherchèrent à abattre la porte du logis voulant faire irruption dans le domicile de ce député.

Enfin Ies mèmes excès eurent Heu par rapport à deux capitaines de navires marchands qui se trouvaient à terre ainsi qu'à quelques-rms de leurs matelots.

Ces 1tumultes produisirent une impression d'autant plus fàcheuse qu'ils ne furent pas fortuits et qu'étant préparés et prévus on aurait ptl facilement les prévenir. Le Consul du Roi à Valetta avait en effet donné verbalement avis au principa'l Secrétaire du Gouvernement des information.s qui lui étaient parvenues de plusieurs parts que le parti hourbonien préparait une manifestation et qu'on avait dans ce but répandu de l'argent dans le bas peuple. II faut pour etre justes reconnaitre que l'on avait quelque peu augmenté le nombre des agens de la

force publique. Mais il semblerait résulter que ces agens n'avaient ;pas des instructions précises ou bien qu'ils n'ont pa.s pris sur eux de les exécuter.

En un mot des ex·cès demandant réparation ont eu Ueu, et c'est ;précisément le motif qui m'oblige aujourd'hui à m'adresser aux bons offices de V. E. Le Consul du Roi n'a pas été mis à l'abri d'une insulte, et ;hl s'en est peu faJ.liu que des faits plus graves ne ,soient venus aggraver la situation de la question paa:-l'effusion du sang.

On a également outragé un membre du parleinent Italien et violé son domicile alors que rson état maladif l'empechait de repousser les agresseurs. D'autres sujets du Roi ont à se plaindre d'e:x:cès de meme nature. Il est lodn de la pensée du Gouvernement du Roi d'accuser les Maltais de pareils désordres.

Il préfère les attribue~r aux menées d'un parti qui abusant depuis longtems de l'hospitalité Britannique ourdit à Malte, camme dans un asile sur, des trames aboutissant à la guerre civile, ou du moins au brigandage.

Par ces menées une poignée de gens sans principes met en dang& dana un pays civilisé la sureté des Italiens bien perusans et meme d'un Employé officiel du Gouvernement du Roi. Et ·Ce n'est malheureusement pas la première fois que pareil ordre de choses (ou je devrais dire désordre), a du etre signalé à la vigilance des autorités supérieures soit de Malte soit meme de Londres.

Je suÌIS par ·conséquent chargé par le Ministre des Aff. Etrangères de présenter •l'ensemble de ·ces faits à V. E. et de tflaire appeù. à ses s·entiments de justice et d'impartialité quant à la question de réparations et de mesures à prendre pour empecher le retour de scènes twnultueuses qui pourraient faci:lement se terminer par des événemens tragiques qu'il e'st essentiel d'éviter à tout prix. Le Baron Ricasoli n'a point précisé ·la nature de ces répa~rations qu'il sait pouvoir attendre de l'équité d'un Gouvernement ami.

Une règle me parait infaillible en pareil cas. C'est d'accorder telle réparation qu'on exigerait soi-meme daiiliS un cas identique. Désirant fournir toutes les infor:mations en mon pouvoir, j'ai l'honneur de joindre à cet office (1): lo le rapport du Consul de S. M. au Secr. [etailre] Princ. [ipal] du Gouv. [ernement] à Malte.

2<> une lettre de M. Nicolas Fabrilzi, Député.

3° une lettre des Capitaines de Marine marchande.

(1) -Allegato a una lettera dell'Azeglio al Ricasoli, 26 febbraio 1862, Affari Generali n. 292, non pubblicata. (2) -Non pubblicata.
148

CIRCOLARE TELEGRAFICA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

T. 49. Tori1lO, 2 marzo 1862, ore 10.

Le Ministère a donné ses démissions. Le Roti a chail'gé le Comm. Rattazzi de former une nouvelle administration.

(1) Mancano.

149

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

T. 83. Parigi, 2 marzo 1862, ore 10,20 (per. ore 14,20).

Les symrptòmes d'agitation •conrtinuent dans le quartiler Latin. La démission du Mìnistère était connue hier à Paris et a causé une baisse sur nos fonds. Le discours du Prince Napoléon a p:roduit lbonne imp:ression.

150

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. CONFIDENZIALE 62. Parigi, 2 marzo 1862.

Pregiomi trasmettere qui unita a V. E. una lettera con cui il Sig. Thouvenel m'annunzia correr voce ·che H Si•g. De Ch:risten sia stato condannato a mocr.te 'in Napoili, la qual voce avrebbe spinto la famiglia a ricorrere al Ministecro Imperiale degli Affari Esteri! rammentcmdogli le assiCUJraziont date in !PTOpostto daila R. Legazione or sono più mesi (1). Diffatti, quando per la prima volta il Sig. Thouvenel aveva chiamato ·la mia attenzione sull'arresto dii questo suddito francese, io aveva dato J'assicurazione, a nome del Governo del Re, che iJl processo sa:rebbesi fatto nelle vie regolari e nel più .breve termine possibile; che naturalmente si doveva Jasciare libera aztone alla •g1ustizia ed ai triburnaJ.i:, per la 'condanna del reo, ove vi :fosse luogo; ma ·che in ogni caso rimam.eva aperta la via all'esercizio della regia rprerogativa di graziia, mediante un rkorso alia clemenza sovrana,, cui l'interesse mostrato per la famiglia deLl'incolpato daJ' Governo francese e dalla stessa Famiglia ImperiaJe avrebbe contcri'buito a far ptgliéllre in seria considerazione del Govemo del Re.

L'E. V. con lettera pa:rtilcolare approvava queste as:skurazioni e il linguaggio da me tenuto in quella circostanza (2).

Pregherei ora l'E. V. di mettermi in grado di far conoscere al Sig. Thouvenel il quale, secondo ·ch'egli stesso afferma, nei passi .che fa a favore del Christen. è principalmente spinto dall'interesse sincero che porta alla causa nostra, in quale stato si trova ril processo e qual:ì sono al dguardo le intenzioni del R. Governo.

151

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

T. 86. Berlino, 3 marzo 1862, ore 3,15 (per. ore 10,20).

Si la question de reconnaissance par la Prusse et la Russie ne doit point souffrìr gravement par le prétexte incertitude sur le programme du nouveau Ministère, H serait fort à désirer que )par télégraphe je fusse autorisé à déclarer que le langage que j'ai tenu jusqu'ici selon les instructions du Baron Ricasoli est maint.enu et corrlirmé.

(1) -Cfr. Serie l, vol. l, n. 325. (2) -Non pubblicata.
152

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI

R. 383. BerLino, 3 marzo 1862.

J'ai reçu h~er Le télégramme qui m'annonçait la démis.sion du Mini.stère (1). J'en ignore le motif, mais comme il s·e rattache sans doute à des motifs de politique intérieure, je ne suis pas compétent pour les ap,précier à ce point de vue. Je regrette serulement que •ce ·changement ait coi:neidé avec les négociations entamées avec la Prusse et la Russie au sujet de la reconnaissance de notre Royaume.

Par ma lettre particulière du 27 Février échu, j'avais déjà mandé à M. le Baron Ricasoli que j'avais tlrouvé le Comte de Bernstorff ébranlé, ;pour ne pas dire épouvanté de l'opposition qu'·on suscitait dans de 1certaines trég,ions au rprojet de reconnaissance (2). Je crains d'aprè.s un corurt .entretien que j'ai eu avec lui que les nouvelles récentes de Turin ne lui fourni.s·sent un prétexte de plus d'ajournement. Il se réserve de voir qu'elle [sic] sera la composition et J.'attitude du nouveau Ministère. C'est précisément pour etre à meme de ·combattre tout prétexte à un retard nuis1ble à nos intéret:s, que j'ai soJ.licité par ie télégraphe un ordre qui m'enjoilgne de ·déclarer que le langage que j'ai tenu jusqu'ici, selon le.s instructions de M. le Baron Ricasoli, est maint.enu et confìrmé (3). En meme tems j'ai rappeJ.é à M. de Bernstorff iles antécédens de l'hoonme éminent que :Le Roi venait de charger de former la nouvelle admin1stration, antécédens qui offrent à l'Europe de .solides garanties que les principes .d'ordre et de monarchre seront aussi fermement maintenus dans ·son programme qu'ils l'ont été sous ses devanoiers :lleu le Comte de Cavour, et M. le Baron RtcasoH.

J'ai aussi dit quelques mot:s à M. de Bel1nsltorff ll"elativement aux ouvertures ·confidentiellès qui nous ont été faites pa:r le Comte Brassier de St. Sdlmon. J.e Lui ai laissé ·entendre com:bten je regrettais qu'.iiln'eut pas mieux suivi mon conooil de ne pas nous demander l'impossible, en s'épargnant ainsi une démarche qui, de sa part, serait compromettante s'il ne pouvait pas compter sur une entière discrétion de la nòtre. Tout en me recommandant le plus grand secret sur ses propositions, il s'est réservé de continuer les pourparlers. De mon còté je reviendrai à la cha·rge dès que je recevrai une réponse au télégramme ci-de.ssus mentionné, et que je connaitrai la composition défìnitive de notre Cabinet.

La situation se •complique id. On prévoit une dissolution procha·ine des chambres. L'entourage du Roi évoque à .ses yeux :Le .fantòme de la révoiution, et le gouvernemen~prend des mesures pour réprim&, les armes à la main, tout mouvement séditieux. Inutile d'ajouter que l'opinion publique voit .cela de mauvais reil. La confiance disparait en présence d'un ministère qui flotte entre tous les partis .sans arborer un drapeau. La question des réformes Ge['maniques continue à provoquer un échange de notes. V. E. aura remarqué que l'Autriche et les Etats de Wiirtzbourg réitèrent leuv.s instances pour faire entrer dans le système défensif de l'Allemagne les provinces extra fédérales.

La Prusse ne parait pas disposée à céder. Pour ce qui me concerne, je ne me ·gene pas de ll.e dire qu'une semblable concession équivaudrait à une déclaration de guerre indirecte, en ce qu'elle constituerait un encouragement donné à Vienne de nous attaquer, et que le meihleur moyen de cou,per court à ces IPTétentions serait [précisément de nous reconnaitre et de nous tendre la main sans plus tarder.

P. S. -Ci-joint une lettre :parliculière à J.'adresse de S. E. M. ile Chevalier Rattazzi.

(1) -Cfr. n. 148. (2) -Cfr. n. 139. (3) -Cfr. n. 151.
153

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (ARB, cass. 55, n. 17, orig. autogr.)

L. P. 11. Berlino, 3 marzo 1862.

Non saprei dirle quanto mi rincrebbe la notizia che V. E. diede la sua dimissione. Ne ignoro il motivo, ma siccome lo scrivo oggi stesso al Ministero, temo assai che se ne prenderà :pretesto in Berlino ed a Pietroburgo per ritardare l'atto di riconoscenza.

Si conservi per il bene della .cara nostra Patria. Senza voler fare da p!rofeta, egli è certo che V. E. sarà un di richiamata a reggere la cosa pubblica. Intanto spero che Ella mi terrà qual persona a Lei devotissima e riconoscentissima pei numerosi suoi attestati di bontà e di fiducia.

Ho ricevuto l'ultima sua lettera particolare e segreta del 27 febbraio (1). Non avrei mai supposto che il Conte Bernstorff potesse, malgrado i miei consigli, inoltrare simili e cosi strane proposte. Se tutti gli uomini di stato in Prussia fossero di quella tempra, il carro dello Stato correrebbe a precipizio.

154

CIRCOLARE TELEGRAFICA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

T. 54. Torino, 4 marzo 1862, ore 9.

Le nouveau Ministère est ainsi composé: Comm. Rattazzi Présidence et Affaires Etrangères 81Vec l'intérim du Ministère de l'Intérieur.

Chev. Cordova: Grlke et Justice. Gén. Petitti: Guerre. Amira:l Pe11sano: Marine. Député Quintino Sella: Finances. Député Mancini: Instruction PulJlique. Député DepretiJs: Travaux Publilcs. Marquis Pepoli: Agriculture et Commerce.

Les nouveaux Ministres ont prèté hier soir serment dans les mains de S. M.

(1) Di questa lettera non v'è alcuna traccia all'Archivio Storico del Minilftero degli Affari Esteri. In A R B (cass. D 2, n. 69) vi è solo di pugno di Ricasoli e con l'annotazione • scritto a Berlino il 27 febbraio 1862 • il seguente appunto su due colonne, che contengono le condizioni alle quali la Prussia avrebbe concesso il riconoscimento (cfr. Die auswiirtige Po!itik Preussens, 1858-1871, II, 2, n. 447): c S. M. le Roi d'ltalie écrirait, ainsi que cela a été fait avec la France, une lettre contresignée par le Président du Conseil, au Roi de Prusse, pourLui annoncer Son avènement au tròne d'ltalie et pour exprimer le désir d'etre reconnu etc. Dans cette lettre S. M., pour donner un gage de la loyauté de ses sentiments et de ses intentions envers la Prusse et l'Allemagne, déclarerait que son Cabinet, pour le cas que la Prusse et la Confédération Germanique fussent impliquées dans une guerre, observerait une stricte néutralité, et qu'en conséquence s'abstiendrait pour la durée de cette guerre de toute hostilité ou attaque contre la Vénétie; que de méme il ne permettrait dans ce cas ni le passage de troupes étrangères pour ses Etats ni donnerait un appui quelconque sur le territoire où des operations de guerre contre la Prusse et l'Allemagne pourraient étre favorisées ou appuyées. -En revanche la Prusse s'abstiendrait de toute intervention active pour le cas d'une rupture entre S. M. le Roi d'Italie et l'Autriche, aussi longtemps qu'une puissance tierce ne prendrait pas part à la guerre et que le territoire de la Confédération serait respecté •. Dopo un primo momento d'incertezza, il Ricasoli respinse le condizioni prussiane, cfr. op.cit., II, 2, n. 448.

155

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

T. 93. Parigi, 5 marzo 1862, or.e 15,35 (per. ore 16,40). J'ai vu aujOU:IId'hui l'Empereur qui s'est exprimé sur vOlUS avec bien!Veil

lance en témoignant ses vreux pour que vous réussissiez dans votre tàche. Scialoja part ·ce soir avec dépèche.

156

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

T. 95. Parigi, 5 marzo 1862, ore 21,37 (per. ore 23).

Le Prince Narpoléon a reçu du Roi un télégra:mme en chiffre qui n'a IPU ètre déchiffré rpar le 1chiffrant de S. A. avec 1le Minìi..stère, ni pM" c~ui de ila Légation.

S.A.I. vous prie de le faire savoir à S. M.

157

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL BARONE RICASOLI (Ed. in Ricasoli, VI, pp. 423-424)

L. P. Londra, 5 marzo 1862. La sua caduta, o diciam meglio ritirata, m'ha sorpreso come un fulmine. Nella sua ultima Ellla faceva progetti pel mese d'aprile, prova evidente che qualcosa d'inaspettato deve esser suc·cesso. Non occorre diTle con quanto dolore io abbia ricevuta questa notizia. Vidi nella giornata d'ieri Italiani di quasi tutte le classi a caso in Londra in questo momento, e tutti furono d'un istesso parere sul pericolo che un simile stato di cose pronosticava all'Italia. In quanto al Governo ne vidi tutti gli amici nostri addoloratissimi e facendo per le cose nostre le più tetre previsioni. I Ministri quindi a quattr'occhi non celano le loro apprensioni e le esprimono in modo tale da farmele parere anche a me esagerate, non potendo io persuadermi che un Ministro italiano possa

aderire a certe teorie, se non altro per non correr rischio d'esser preso a sassate. Del resto fino a un certo punto il ritirarsi di V. S. le può aver evitato qualche amarezza. Poichè stavo precisamente per scriverle che il Governo Inglese non vedeva pur troppo cosa potesse fare, tanto più che da Parigi non dissimulavano che più si sarebbero mischiati di simili negozi più avrebbero corso rischio di guastarli, temendo i Francesi questo patronaggio britannico in Italia. Poi Lord John aveva intenzione quasi quasi di proporre ,che si lasciasse al Papa la sovranità d'una sponda del Tevere col Vaticano e il patrimonio di San Pietro, !asciandoci l'altra parte di Roma. Alla verità Lord John lo proponeva ,come modo attuale d'escire d'imbroglio, non credendo che l'avvenire impedirebbe gran fatto le cose d'aggiustarsi a modo nostro. Ma Lord Palmerston parteggiando piuttosto per l'abolizione del potere temporale consigliò al suo collega di non mettere avanti simili proposizioni, ·che non avean probabilità d'essere accolte nè dall'una nè dalil'atltra parte (1). In quanto poi alla J.ettera di Odo Russell essa non sarà pubblicata. Anzi Lord John disse ripetutamente che egli non ne divideva le opinioni. E trovò a ridire ad Hudson per avergliela fatta vedere (2). Ma è inutile parmi ragiona·re sul passato.

Questo spazio di tempo in cui mi è stato dato corrispondere con Lei e conoscerla meglio di quanto erami finora stato concesso, resterà per me una delle epoche più interessanti della mia carriera, come pure una di quelle di cui conserverò più grata memoria. Io ho imparato a stimarla come uno degli uomini più retti del tempo nostro. Mi permetta di sperare che Ella mi considererà come un amico e come un vero amico. E si ricordi che molti Ella ne conta in Inghilterra, paese che se ne intende in fatto di spiriti elevati.

158

IL BARONE RICASOLI AL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO (AT, orig. autogr.)

L. P. Torino, 6 marzo 1862.

Sebbene io abbia .cessato il mio Ministero officiale non cessa in me l'affetto al m1o paese, non ·cessano le mie cr~dlenze, e neppure cessa il desiderio dellJe persone che avevano bene inteso tutto il mio concetto. Piglio pertanto la penna per dire alcune ,cose.

Ho lasciato il mio ufficio quando il tenerlo poteva rendere me complice di una pubbHca !SVentura che passioni infami andavano preparando. Col ritirall'mi ho sventato una parte del reo disegno. Ora tocca al Parlamento a fare il resto. Gli Italiani, spero, staranno saldi nei loro propositi, e da un male ne verrà un nuovo e utile insegnamento atll'Italia.

Nei Romani poi ·confido che si terranno saldi nei :foTti e generosi propositi. Se ancora una parola può essere a loro da me mandata essa è questa: «Proseguite calmi e r~soluti per la via pr-esa. e infine vincerete : non date ascolto a consigli che vi ri;pongano nella precedente iinerzia: a Voi, a Noi tooca vincere l'inerzia altrui pel bene loro e nostro~.

Ringraz1o Lei della .savia direzione che Ella dà alhle man:ifestaz~oni di codesta eletta popolazione, e che tanto ·Contribuiranno ali. 1bene della Patria.

Ebbi il Rapporto politico n. 138 (1) e la riservata (2). Quello è stato da me rimesso al Comm. Carutti, e questa è '!'estata a me. L'artilco1o mseri:to nella Gazzetta del Regno sull'aggressione cui ·si di-ceva essere stato oggetto ·l'ambasciatore francese, lo fu per volontà espressa del Stg. Benedetti.

P. S. -Io mi ritiro per un mese dal Parlamento, e vado cercando un po' di riposo d'animo e di corpo in qualche parte fuor d'Italia, riposo fattomi necessario da oltre tre anni di lavoi!"o incessante ed assiduo.

(1) -Per la documentazione inglese, cfr. LYNN M. CASE, op. cit., p. 169. (2) -Cfr. n. 125.
159

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLJ: ESTERI, RATTAZZI

T. 99. Parigi, 6 marzo 1862, ore 12,55 (per. ore 13).

Al dispaccio per il Principe Napoleone si è già data ogni spiegazione.

160

IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

T. 112. (Annesso al R. 45). Atene, 6 marzo 1862.

Je crois de mon devoir informer V. E. que les radicaux Grecs sont en rapport avec le Comité de Gènes qui leur promet entre autres choses des armes, munitions de gueTre et mème .peut-etre (c'est Ile mot) J:'aide de Gar1ba[di. Les radicaux Gre•cs .sont moins cou.p:albles par ·ce qu'ils ne oont pas au fait de nos affaires et qu'ils sont tllusionnés sur l'importcmce et ,la nature du Comité en question.

161

IL PRINCIPE NAPOLEONE AL MINISTRO D'AGRICOLTURA E COMMERCIO, PEPOLI (AP)

L. P. Parigi (Palais RoyaL), 6 marzo 1862,

Les événements se précipitent. J'ai vu avec pJ.aisir .votre entrée au Ministère, vous avez bien .fait d'accepter mème un petit Ministère, donnez-moi de vos nouvelles. Mille amitiés à M. Rattazzi, il me semble que vous feriez bien de renforcer un peu votre Ministère et de ne pas verser dans les erreurs de

M. Ri•casdli trop isolé.

J'ai défendu votre cause avec conviction et énergie chez nous, l'opinion libéra1e me •Soutient bien, il n'en est pas de mème dans les sphères officilelles. Je vous envoie"quelques exemplaires de mon dtscours sur Rome, répandez-les, peutetre feriez-vous bien de le faire traduire en italien.

Adieu, mon ·cher Cousin, ma 1:emme vous dit mille •choses, sa grossesse marche très bien.

(!) Cfr. n. 143.

(2) Manca.

162

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

(AST, Carte E. d'Azeglio, orig. autogr.)

L. P. Torino, 8 marzo 1862.

Mi è grato che 'la mia nomina a ministro degl'Esteri mi metta in diretta relazione con L·ei: quando occorrerà qual·che cosa, di cui nOI.!l conlvenga fare oggetto di communkazione officiatl.e, to le sc~iverò pwticolarmente e confi:denzialmente. La prego di fare ailtrettanto con me, e spero ch'ELla vorrà avere qUJesta gentilezza.

E per darle prova della buona mia intenzione ·comincerò subito a ragguagliarla di una cosa, che mi pervenne da ottima, e sicura sorgente. Mi consta positivamente, che Sir Hudson, scrivendo costi al suo Governo dntorno alia recente crisi ministeriale asseriva essere questa dovuta ad intrighi di Corte, ch'egli qualificava sleaLi e pericolosi. Io la prego di far in modo, che si smentisca questa erronea supposizione, e non si lasci il Gabinetto Inglese sotto un'impressione così sfavorevole, e così contraria alla realtà dei fatti.

Elia può leggere nei giornali !il discorso fatto jeri dal Barone Ricaooli atLla Camera dei D€4Putati, e dal medesimo vedrà fedelmente, e lelllimente esposta la cagione della ·crisi: gl'intrighi di Corte sono sogni di alcuni poco onesti, e non parmi possibile, che Sir James vi abbia prestato fede, e siasi indotto persino a scriverne al suo Governo dichiarandoli fondati. È così rpoco vero, che ;H Re abbia potuto cadere in silmili intrighi, ch'Egli nOI.!l volle accettare le dimiSISiiOI.!li del Gabinetto passato, al]lorchè ile diede per la prima volta-pregò anZii Ricasoli di promovere prima di tutto un voto del Parlamento -. Se aderì si fu perchè Ricasolli ha voluto assolutamente insistere (1). [o SOI.!J.O persuaso che a V. S. ll!l.ma non mancheranno mezzi per rettificare ~ fatti e far •comprendere al Gabinetto Inglese quale sia la verità.

Non le dissimulo che rimasi assai dolente nel sentire che Hudson abbia potuto scrivere in quel senso al suo Governo.; ma spero, che queste informazioni potranno essere da Lei facilmente distrutte (2).

163

IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (3)

R. 46. Atene, 8 marzo 1862.

Il Governo prosegue a dire che in Nauplia è di:scordia e confusion•}. Gli amici de' rivoltati si confidano, invece, che Nauplia resiste unita e sicura dell'esito. Aggiungono che neJ1'Acarnania il generaLe Griva, padre di uRo dei capi della sollevazione, arruola gente in favore di questa. È uomo fierissimo e vio~entissimo e del cui cara:ttere e costume non corre buona fama.

Il Ministero non perdesi d'animo e spiega molta energia. Disiggilla tutte le lettere, sequestra .giornali, reilega e CM"'CeTa i più sospetti. Le quali cose gli sono forse comandate dalla necessità; ma dovea chiedere al Parlamento poteri straordinarj e non mettersi, come fa, sotto i piedi le guarentigie costituzionali. Ieri l'altro volea porre in prigione nn Levi:dis scrittore molto stimato in Grecia e compilatore del giornale la Speranza. Il re Io protegge e non ha conceduto che gl:i! pongano ile mani addosso. I Ministri poi àrrmo trasferito l'Ufficio loro in Pailazzo e quiv~ sotto gli occhi del re e secondo pia,ce a lui si proiVede allle W1genze. Strano ,governo costituzionale è pur questo.

Le moltitudini permangono inerti. Chagi Petros, ajutante del re mandato in Morea (come ò 1scritto altra volta) a raccogliere volontaii"j, scrive che le bande da lui messe insieme protestano di non volere combattere.

P1glia credito la voce spanc;a Clhe a due ore di distanza da Atene sia comparsa qualche frotta di briganti. Comilncerebbe quella scomposizione dello Stato di 'cui parlavo in a:ltro dispaccio a V. E.

I:J. giornale ~che è pubbHcato in Nauplia da queil governo provv,isorio s'intitola il Greco costituzionale e vi fu registrata, come io già le annunziava, ·..ma specie di Nota o meglio di Memoriale aHe tre potenze protettrici e so che è in mano ai tre Ministri: qui residenti. Spero lfm breve poterl!1e comunicare una copia autentica a V. E. Pochi o nessuno de' cittadini conosce e possiede cotal documento. Il governo aprendo :le letteTe e fru.gando da p€11' tutto à insino a qui impedito il suo divulgamento. Ma pOIS!So accertare V. E. 'che i suoi punti principali sono gtl'infrascritti:

l) Si accetta il principio monarehico prodlamarto in Grecia dal congresso di Lon!dra non che :le condizioni fondamentali determinate colà al n'l.l!ovo Regno el1en1co.

2) Si l"ispettano le mass~, i doveri e le prescrizioni delle relazioni in· ternazionali. 3) Non s:i tenterà nuHa in Oriente contro il vOlere delle tre potenze protettrici. 4) Si tiene per fermo che non imp€diranno la .convocazione d'un'assemblea costttuente solo rimedio ai dtsordini estremi del presente govemo.

V. E. ,scol'ge da questo sunto che la sollevazione di Nauplia non è al tutto dema,gogica e sebbene riprovevole nel suo primo atto, :ril.sulta, nullameno, in gran :parte dal·la generalle scontentezza e daJJe aspixaziJoni J.egittime della nazione. Questo dico perchè mi viene accertato che taJun personaggio costà giudica il movimento di Nauplia troppo sinistramente. Io non debbo nascondere a V. E. il mio modo di apprezzarlo.

(1) Cfr. invece A. LuziO, Aspromonte e Mentana, Firenze, 1935, pp. 132 sgg.

(2) -Cfr. LYNN M. CAsE, op. cit., pp. 164-166. Cfr. anche D. MAcK SMITH, Vittorio Emanuele 11 e i suoi primi ministri in • Rass. Sto.r. Ris.•, 1954, p. 413. (3) -La lettera è diretta al Ricasoli perchè il Mamiani non era ancora a conoscenza del recente cambiamento del Ministero. Cfr. anche il n. 170.
164

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

R. 384. Berlino, 8 marzo 1862.

J'ai communiqué au Comte de Bernstorff le télégramme du 4 ma:rs (1), et je me suis réservé de lui fournir, dès que je les a:uraLs reçues, des e%p!Lications

sur le progra:mrrne du Ministère présidé par V. E. En attendant, connaissant les antécédens honorablles des mem<bres de la nouvelle administration, j'ai pu donner des renseignemens de naJture à inspirer con:fiance dans des hommes d'Etat dont :le pa,ssé ~épond de 'l'avenir.

M. de Bernstorff a décliné de se prononcer jusqu'à plus ample irufo•rmation sur le programme et les premiers actes de son administration. C'est un retard pour ·la question de la reconnaissance; mais ce Ministre m'a donné l'assurance que ses bonnes dispositions à notre égard n'avaient pas varié, et que ce retard mème pourrait tourner à notre profit, en ce sens qu'il ne serait pas improbable que la Prusse parvint à s'entendre avec la Russie pour nous reconnaitre l'une et l'autre. Je n'ai pas eu l'air d'admettre ce prétexte dilatoire; j'ai plutot laissé comprend're que, jusqu'à un certain point, nous pourrions aujourd'hui attribuer à la Prus:se les atermoieme,nts de La Russie qui n'attend qu'une dédsion du Cabinet de Berlin pour se prononcer à ,son tour. Bien loin d'hésiter, celui-ci devrait, dès le début de notre Ministère, s'assurer de plus en plus ses sympathies par un acte conseillé d'ailleurs par une 'Sage et prévoyante politique.

Au reste on est ici tellement absorbé par une crise intérieure, qu'il est assez

malaisé de diriger l'attention du gouvernement sur les affaires étrangères. En

suilte de l'adoption de Ja motion tendant à enlever alli pouvoir exécutii la facul:té

des virements de fo!lldls dans Ile budget, Ile Minilstre des Finatnces aurait offert sa

démission. Au sujet de cette question, camme .sur celle relative aux réformes alle

mandes, il y a désaccord compJ.et entre la seconde Chambre et le Ministère. Aussi

croit-on assez généralement à une prochaàne dissolution. Dans ce cas U est pro

bable que le Mintstère lui-mème sera modi!fìé. Ces conditions nous sont défavo

rables, car en vue de nouvelles élections le gouvernement craindrait, en faisant

un pas vers nous, ide s'aliéner les catholiques des rprovinces du Rhin et de la

Westphalie, et de fortifier l'opposition du clergé polonais (1).

A propos des polonais, ils se trouveront, disent-ils, assez embarrassés lorsqu'il s'agira de voter la motion Carlowitz pour la reconnaissance de l'Italie. Pour tout concilier ils se proposent de donner une .baule bianche, mais en faisant des réserves sur la question romaine!

C'est 3:a semaine prochaine que nous aurons les débats sur cette motion adoptée déjà presque à l'unanimité par la commission. Le Ministère a déclaré vouloi:r s'abSitenir de pxendre ;part à la dtscussion. La théorile est peu constitutionnelle, aussi les députés ont-ils parfaitement raison de rpasser outre.

Le Conseil des Ministres est réuni en •ce moment chez le Roi pour aviser au moyen de remédier à une siltuation dont la gravité s:aute aux yeux. Ci-joint une lettre particulière à l'adresse de V. E. (2).

(1) Cfr. n. 154.

(1) Cfr. Die auswèirtige Politik Preussens, 1858-1871, II, 2, n. 450.

(2) Cfr. n. 165.

165

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

L. P. Berlino, 8 marzo 1862. Le Baron Ricasoli aura mis V. E. au courant des négociations engagées, par mon entremise, avec le Comte de Bemstorff. Votre prédecesseur, Monsieur le Chevalier, Vous aura également rendu compte <de mes pourpar-lers avec M. le Barron de Budberg. Je n'ai donc pas à revenir 1sur le passé, et je me bornerai à signaler !Les détails nouveaux qui parviendront à ma conna~ssance. Mon collègue de Russie <Wquel j'ai communiqué l'exrpl:iJcation retlative à Mieroslawsky et à quelques autres Polonais établis à Gènes, a été chargé par le Prince Gortschakoff de me dire confidentielllement que certains soupçons semblaient planer SU!I" nous en suite de la protection officieuse que nos agents consulaiJ:"es acco!I"daient aux !I"éfugiés Hongrois et Polonais dans les Principautés Danubiennes, et surtout des dépenses considérables auxquelles .ces a:gents seraient autorisés pour les secouriJ:". Ainsi un M. Ber:senszy toucherait périodiquement des somm.es as.sez élevées à notre ·consu1at à Galatz. Elles sont destinées tam.t à son entJ:"etien personneJ. qu'aux frai:s de la poste secrète qu'il a organisée. Les l)aquets de Lettres arr1vent de France, d'Italie, d'AngleterTe etc. par [es messageries Françaises, à Constantinople. De là ils ISont adressés à M. Bersenszy à Galatz par le,s soins du Chevalier Cerruti notre Ministre près la Sublime Porte. J'ai répondu à M. de Budlberg qu'en admettant meme (et pour J.'admettre il fallldrait des preuves certa1nes et non de sim,ples inJductions) que :certains de nos agents fussent mèlés dans des menées di!I"igées, non pas sùrement contre la Russie, mais peut-ètre contre l'Autriche, il n'en découlerait pas d'une manière nécessai:De qu'ils agi:ssent par ordre de notre Gouvernement. Je lui ai cependam.t promis de prendre des inrformations, et que je ne doutais pas que je serais à mème de lui déclarer qu'iJ. n'est jamai!s entré dans nos intentions de rien faill-e qui pùt porter ombrage à St. Pétersbourg. J·e vous serais reconnaissant, M. le Chevalier, de me mettre en mesure de fournir des assurances dans ce séns. Nous avons gagné du terr:ain auprès du Cabinet Russe. Il nous importe de maintenir ces bonnes dispositions qui se sont manifestées tout dernièrement encore. L'Empereur Alexandre a dit à M. de Bismarck, l'Envoyé Prussien, que s'il avait desapprouvé notre poHtique, le moment viendrait où il faudrait prononcer le mot reconnaissance, et que, dans cette prévision, il désirait ètre prévenu à tems des décisions de la Prusse. J'ai déjà mandé l'heureux effet produit sur l'e,sprit du Prince Gortschakoff par les communications du Baron de Budberg. M. Thouvenel a aussi fait une démartche directe auprès de M. de Kisseleff qui en a écrit a St. Pétersbour.g. Ces bonnes

disposition:s se conserveront je n'en doute pas. Il peut y avoir un moment d'alìl."èt tant qu'on ne ,c·onnaitr:a pa:s le programme et l'attitude du Cahinet présidé par

V. E.; mais il ne faut pas oublier que le motif principal, qui portera la Russie à nous tendre la main .c'est son désir de se rapprocher davantage de la France, de :la :seule Puissance dont la ·complicité rpeut servir J:es ilntérèts de so:n ambit~on. Or si ·celle-ci ,continue à nous ètre lfavocrabl:e, nou,s pouvons com:pter sur une

reconnaissance de la part du Czar. Seulement je ne saurais encoìl"e en assigner

• l'époque. Cela dépend encore de la Prusse. La Russie, pour user jusqu'au dernier moment de ména,gemens vis-à-vis de la dynastie déchue de.s Bourbons de Naples, voudra, je le crois, avoir l'air de céder en quelque sorte à son corps défendant. Ainsi eUe ne précédera pas, mais elle suivra la Prusse.

C'est donc sur le Cabinet de Berlin qu'il faut concentrer nos effort.s. La voix de l'Angleterre y jouit d'un grand ·crédit. S.i V. E. pouvait décider Lord .Tohn Russell à faire une nouvelle tentative auprès du Gouvernement Prussien, elle arriverait fort à propos, ne fut-ce. que pour couper ·court aux bruit.s répandus par nos adversaires, que le Cabinet Britannique s'est refroidi à notre égard, parce qu'il a vu de très mauvais reille récent changement de Ministère ·chez nous. Il serait également à désirer que V. E. saisit la première occasion (si possible avant les débats sur la motion Carlowitz) pour témoigner publiquement de sa sympathie envers la Prusse et l'Allemagne. Les déclarations faites à la Chambre par le Baron Ricasoli lor.s de la discussion des conventions postales conclues avec la Suisse et la Grece, avaient produit id la meHleure impression. Ce serait faire ade de bonne politique si le nouveau Ministère vou:lait les renouveler pour ne laisser aucun doute S'UT ses sentimens d'une meme amitié.

166

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 62. Torino, 9 marzo 1862, ore 11. Vous poovez confirmer les assurances tranqui!llisantes de mon prédecesseur. Je les approuve entièrement. Le programme du Ministère dont le télégoraphe vous aura fait connaitre la substance est conforme aux principes que vous avez développés. Vous le verrez mieux en en lisant le texte dans la Gazette Otfìcielle.

Assurez le Gouvernement de Berlin que le Ministère ne s'éloignera jamais de ce programme.

167

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI (AST, Legazione Francoforte, cart. 5)

R. 15. Francoforte, 9 marzo 1862. J'ai eu l'honneur de re.cevoir la dépeche en date du 4 de ce mois dans laquelle V. E. a bien voulu m'annoncer que le Roi Notre Auguste Souvera,in venait de l'appeler à ila Présidence du Conseil en Lui confiant en meme temps la direction des rélations extérieures (1). En Vous remerciant, Monsieur le Mi

nistre, de cette •communica:tion et en me félidtant des rapport.s qu'elle va me permettre d'avoir avec V. E., je n'ai pas besoin d'ajouter que dans le poste

d'observation où je suds plaJcé je continuerai à cfaire tous mes efforl.9 pour répondre à la confiance du Gouvertnement, et mériter la haute approbation de V . .E.

Ainsi que j'ai eu plusieurs fois l'occasion de le constater dans ma correspondance antérieure, tout l'intéret de la situation en Allemagne se résume en ce moment dans Jes évolutions de plus en plus équivoques de •la poUtique prussienne qui •Continue à présenter l'étrange spectacle d'une royauté e•t d'un gouvernement constitutionnels marchant en complet désa.ccord avec la repoc-ésentation nationale et i'opinion de l'AJilemagne. Il y a à pei:ne un mots, l'on avait tout li:eu de c•roire qu'après les notes agressives de J.'Autr]che et des Etats Secondaire,s pour combattre énergiquement les idées de la Prusse sur la question de la réforme fédérale, le Cabinet de Berlin releverait le gant qui lui avait été jeté avec tant d'audace et se mettrait tfranchement à la tète du mouvement national. Par une remarquable coi:ncidence, il y avait précisément alOil's deux questions qui s'offraient d'elles-mèmes au Gouvernement PrussiJen pour répondre victorieusemerit aux attaques des ·coalisés et donner en mème temps am:ple satLsfaction au ·sentiment national. La première était la reconnai:ssance immédiate du Royaume d'Italie que le parti libéral regarde avec raison comme le précurseur de l'U.ruté Allemande sous le sceptre de la Prusse. La seconde non moins significative ·consistait dans l'appui énergique à donner au peuple Hessoi.s contre les prétentions tyranniques et injustes de son souverain. Malheureusement l'on avait compté ·sans les tendances du chef de l'Etat dont il.'esprit étroit et vea:-satile n'est décidemment pas à la hauteur des ciroonstances, et penche secrètement ve:rs les idées que représente l'Autriche.

Par suite de ·cette regrettable disposition d'esprit de S. M. ·Ies choses ont pris une tournure toute différente de celle à !Laquelle ['on s'attendait: d'un còté, si l'on en 'oroit les correspondances de BerLin, J.a reconnaiJSsance du Royaume d'Italie est ajournée; et de l'autre l'accord qui vient de s'établir entre les deux Cabinets de Vienne et de Berlin sur la question Hessoise constitue de la part de la Prusse une véritable concession sur les principes libéraux qu'elle avait constamment (i#endus dans cette affaire.

Je ne suis pas à mème de controler !d'une manière exacte ce qu'iJ. y a de vrai dans l'·ajournement de la reconnaissance du nouvel ordre de choses en Italie, quoi:que 1ci on [e regarde comme certain; mais en c·e qui conc&ne l'entente survenue entre les deux Cabi:netls Allemands sur la question significative de l'a Resse, e11e rentre désormais dans le domaine des faits, puisqu'elle résulte d'une proposition commune présentée hier à la Diète et d'après laquelle l'on rétablirait, il est vrai, ila constitution de 1831, mais en faisant di:sparaita:-e !l.es dispos.i.tions les plus libérales, et en laissant à l'électeur le choix du mode d'élection pour la formation de La nouvelle Chambre.

Un pareill. compromis qui ne tranche nu1lement J:a question, dans un moment où toute l'Allemagne attendait une initiative énergique de la Prusse, dépasse tout-à-fait les limites du temps d'arrèt que l'on avait cru voill' dans la politique prussienne après la dernière note du Comte Bernstorff, et a pll"o&ondément découragé le parti libéral a::lLemand. L'on en fait remonter la responsabhlité toute entière au Roi, ldont 'la pensonne et J.'entO'UTage ne sont pas ménagés dans !la presse. Il est vrai qu'à Berlin rien ne ressemble moins à la politique de la veille que celle du lendemain; mais il n'en est pas moins certain que le parti libéral,

à quelque nuance d'opinion qu'il arppar.tienne, est unanime pour infliger le blàme

le plus sévère à cette politique à bascule, passant d'un extrème à l'autre sans

avoLr jama~s [e courage de son opinion du moment tantòt semblant vouloir

reprendre la tradition de Frédéric-le-Grand, tantòt ne se .croyant en sureté

qu'en al1ant demander des •Oonseils à Vierme ou à Pétersbourg, et paraissant

rever un rertour impossible vers l'ancienne ahliance du Nord.

Au moment de ternniner cette idépeche le télégraphe nous apporte la nou

velle de la démission du Cabinet Prussien et de sa probable récomposition dans

un .llens encore plus contraire à la cause libérale.

(1) Cfr. n. 154.

168

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 63. Torino, 10 marzo 1862, ore 16,15.

J'ai besoln urgent d'avoir sous les yeux l.a copie du traité que vous savez relativement à Rome (1). Vimercati me dit qu'il en a une copie chez lui à Paris et il m'autorise à vous prier de vous adresser à Madame Vimercati pour vous faire remettre la clef du serre-papiers qui est dans la chambre de son mari, et de m'envoyer ia copie de .ce projet qui se trouve dans le dossier des affaires (le Rome.

169

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

R. CONFIDENZIALE 63. Parigi, 10 marzo 1862.

Con Dispaccio Confidenziale del 28 Febbraio scorso il Barone Ricasoli dopo

aver a.ccennato le difficoltà sollevatesi per la partecipazione dell'Italia agli

aocordi relativi ahle verte=e di Siria e dei Prmdpati Danubiani fra la TuTchia

e le Potenze segnatarie del Trattato di Parigi del 30 marzo 1856, ~'incélll'icava

dì chiamare verbalmente su questo argomento l'attenzione del Sig. Thouvenel,

senza fare per ora alcuna comunicazione ufficiale in proposito al Governo

Francese (2).

Io era incaricato di: dil'e a1l Sig. Thouvenel che ove g1lti avvenimenti di

Turchia consigUa,s,sero delibe~azcioni coUettive delle Potenze garanti, i:l Governo

del Re era [persuaso che sarebbe invitato a pigliar parte alle discussioni ed

a,gli accordi comuni, come ne aveva diritto ed obbligo e per tra~tati lintemazio

nali e pei gravi interessi ·che ha l'Italia in Oriente; che il Governo del Re non

dubitava ·che la Francia, avvenendone il caso, avrebbe coo:perato perchè i nostri

diritti ci fossero effettivamente mantenuti; che però quanto alle difficoltà di

forma che potessero riprodursi per parte di qualcheduna fra le Potenze che

non hanno ancora r1conosciuto il Regno d'Italia, il Governo del Re per desiderio

di ·Conciliazione non si opporrebbe a/1l'adozione dt quegli spedienti che fossero

compatibili col suo ono1re e colla partecipazione sua alle conferenze.

A questa comunicazione, appoggiata dagli argomenti contenuti nel Dispaccio ste.SISo sopracitato, rispose il Sig. Thouvenel, osservando che la Francia e l'Inghilterra avevano nei casi precedenti costantemente domandato la partecipazione dell'Italia alle conferenz·e ed agli accordi relativi; ma che l'Austria, la Russia e la Prussia s'erano rifiutate a trattare in conferenza coi rappresentanti d'uno Stato non ancora riconosciuto da loro; che quindi, per quanto spetta ai recenti accordi intorno ai Principati Danubiani erasi adottato un modo di procedere che confermasse H diritto di partecipazione dell'Italia, senza suscitare imbarazzi di forma. Quanto all'avvenire, il Sig. Thouvenel mi diede l'assicurazione che nessun atto, nessun accordo, dipendente dal Trattato di Parigi del 30 marzo 1856, o in esecuzione di esso, sarebbe sta·to ammesso senza la firma di tutte le Potenze garanti e quindi dell'Italia, in cui si sono consolidati i diritti della cessata Sardegna.

Per ciò .che .spetta alla forma ed al modo di procedell'e, il Sig. Thouvenel mi disse che il Governo Francese avviserebbe per parte sua nei singoli casi alla maniera più conveniente di conciliare i diritti e la dignità del Governo Italiano colle esigenze e le suscettibilità delle altre Potenze.

(1) -Cfr. Serie I, vol. I, 58. (2) -Cfr. n. 142.
170

IL CONSOLE A SCUTARI, DURIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RICASOLI (1)

L. P. CONFIDENZIALE. Scutari, 10 maT\Zo 1862. Tanto desiderata quaa:Lto i.nlspell'atba mi si offire occasione sicura di far pervenire a mani di V. E. il rapporto ·confidenziale che mi onoro indirizzarle col mezzo di un gentiluomo inglese Signor Oliphant, già Segretar.io della Legazione Britannica a·l Giappone, ove rLportò due .graviJSsime rferite nell'esterminio tentato dai ,giappone!Si di que1Ja Le~tOile, e di cui fu non ha guari !discorro :in tutti i giOII'nali d'Europa. Conobbi il Signor Oliphant a Belgrado, è mio amico, venne qui ltestè da Corfù !dove si reca'Va col Pri:ncipe dii GaJJJes che il:o onora della ·sua particolare affezione; esso parte da qui domani per Corfù ed Ancona, lo munisco ·di rma commend:aftizia per quel Colonnel:lo dei Carabinieri Cavaliere More·lli di PopoLo, e g1i: affido :iJ. rpresente rapporto. Cinque sere fa ebbi con questo ConsoiLe dii Francia signor Wiet, che si mostra animato dei mi.gliori senti:menti pel finale processo della nostra causa, un ·Colloquio che mi credo obligato di riferire aLla E. V., tuttocchè il signor Wiet mi pregasse di non dirne parola a chicchessia nel suo istesso interesse personaile; io Jo promi!Si, •e sento di non ma!I1Care a quella mia promessa, ll"iferendo il •colloquio :in via •confid!enziaie a S. E. i1 Ba1rone Ricasoli. Ecco quanto si disse fra il signor Wiet e me: « Voyons, nous sommes seuls, ne faites pas le diplomate avec moi; jouons cartes sur table, qu'est-ce-que vous savez de la prochaine arrivée des GaribaLdiens?

«Non so niente, risposi io, .m•edo che siano •dicerie di giornali, e vi assicuro che nelle due volte che ebbi l'onore di vedere il Ministro Presidente del Con

14 -Documenti diplomatici • Serie I -Vol. II.

siglio prima di partire da Tori:no non intesi un'ette di una parola sola che facesse allusione a cose .simili».

« Je vous crois, disse allora il Signor Wiet, ça preuve que nos deux gouvernements ne veulent pas se compromettre, veulent en .cas de non réussite pouvoir dire qu'ils ignoraient la chose, et ils font bien en agissant ainsi. Malgré ça, je vou.s dirai donc qu'avant de quitter Paris, j'ai vu plusieurs foLs le Prince Napoléon et que l'expédition de volonta,ires à été décidée avant mon départ. Ce ne sera pas Garibaldi qui conduira les volontaires, mais Mieroslavski; ils s'embarqueront à Ancone, débarqueront par une belle nuit à Spissa, point que j'ai indiqué et fait adopter moi-meme pour le débarquement, et ma.lgré les fortins et les bataillons tures ils y débaJrqueront, car vous .savez le temps qu'il faut à des soldats tures pour se mettre en mouvement. Une demi heure après le débarquement, les volontaire·s auront gagné le Monténégro, qui est pret à les recevoir. Ils entreront en Herzégovine par GoubZJi où Luma Vukalovich les attend aussi; de là ils traverseront l'Herzégovine en la~ssant Mostar à leur droite, passeront en Bosnie, dans la Croatie Turque et parla frontière sèche [sic], ils entreront dans la Croatie Autrichienne, et enfìn ils aii'riveront en Hongrie. Tout est préparé partout, ·c'est condu, la France veut en finL:r av:ec J.'Autriche en Italie, en attendant on traitera avec l'Autriche pour la cession de la Vénétie, on lui fera des propositions inacceptables, par exemple, qu'.elle ait à s'indemniser en Turquie. Les volontaires arriveront, ils réussiront e:t l'affaire sera :fiaite. L'Autriche se trouvera au milieu d'une révolte générale. Le Prince Napoléon m'a dit que je serais averti 15 jours d'avance de l'arrivée des volontaires ».

Ringraziai il Signor Wiet della importantissima confidenza fattami e ripetei che fino a quel momento io non avevo avuto la menoma communicazione nè ufficiale nè .straufficiale di veruna specie in pii'oposito. Il Signor Wiet mostra piena confidenza nel ruccesso della impresa senza per altro dissimularsi le difficoJ:tà che l'accompagneranno, a scongiurare ,Je quaLi ·contribuiranno la buona d1sposizione delle popolazioni fra le quali verranno i volontarj, l'arditezza e la rapidità deLle loro marcie in confronto della proverbiale ·lentezza di queJ.le dei soldati turchi, e per ultimo la natura dei! luoghi poco adatti a manovra di truppe regolari e fatti a,pposta per favorire le mosse utilmente disordinate e necessatriamente scomposte dei volontarj che si attendono. Il Signor Wiet mi disse pure in questa oc•casione che a Principe Napoleone esitò qualche tempo ad affidare l'impresa a Mieroslavski per essere questo troppo rivoluzionario ed ostilissimo noto·riamente alla Russia, motivo peli' cui questa Potenza, malgrado la propria unilustre cdllera contro il'Austria, avrebbe potuto determinarsi una .seconda volta ad aiutare l'Austria in Ungheria, in odio e per timol'ie del capo dell'impresa; Mieroslavski però fu accettato.

Ecco quanto mi sta:va a cuore di r.ùferire a V. E., e mi faceva rincrescere assai di non ave'r ancora una cifra, con cui poter almeno a·c•cennarLe qualche cosa in proposito con un telegramma. Il Signor W i et mi disse anche: state a vedere che il Signor Oliphant, amantissimo delle avventure, c'entra per qualche cosa 1n quanto vi dis1si: Garibaldi ha per suo S.egre•tal1io part1colare un inglese, che, malgrado il suo pseudonimo, appartiene allla famiglia ded. Somemet ed è legatissimo ·coll'Oliphanrt.

Credo bene a questo proposito dire alla E. V. che il Sig. Oliphant avendomi richiesto di una ~commendatiZJia :Per Ancona, da dove 11 medesimo intende recarsi a N a poli senza toccar Roma, io gUe:ne diedi una pel Colonnello dei Carabmieri Cav. Morelli di Popoilo. V. E. saprà così dorve l'Oliphant rivoLge i suoi passi.

Avvicinandosi la stagione propizia ad una escursione nel Montenegro, dove per la prima volta farà la .sua apparizione un rappreserntéll!1te del Governo d'Italia, crederei utile cosa sottoporre all'aiLta awrezia2'lione di V. E., che quei montanari sono usi veder giungere fra .loro i Consoli di Francia e di Russia, ed a salutarli apport,atori di sussidi in danaro, armi e ~cose !Simili. Siccome .però l'andarvi ·con regali che potessero servire ad alimentare le ostiliità colla Turchia com cui il Montenegro è iJil guerra e noi ,siamo in pace, non saTebbe conveniente, crederei che per togliere l'andata a mani vuote, io potrei essere incaricato di pOtrtarvi per esempio un bel braccialetto d'oro con una croce greca in brillanti alla Principessa Milena moglie del Princ1.pe Regnante da parte di S. M. o di una deLle Nostre Auguste Principes,se Reali. Norn è gran tempo che l'Impemtrice Eugenia vi mandava un donativo di questo genere, senza rparlar~e dÈille annue 100 mila lire ~che v~ manda la Francia e di somme maggiori ed altre cose che vi sped1sce la Russia. L'Imperatore Napoleone ed il suo Ministro de,gli Affari Esteri non avendo mai 1ndirizzato veruna lettera al Prinoirpe di Montenegro, potrei recarmi anch'io colà sernza lettera di introduzione.

Non debbo l:ascia1r i:gnorrure alLa E. V. che e. per esperienza propria e per quella dei mie'i ColLeghi, i viaggi in questi paesi sono carissimi. Bisogna ilntra~ prenderli con rm seguito di parecchie perscme, e perchè ,la gente del paese misura sul numer,o di quelle la considerazione con cui rimerita il Governo .che il Console rappresenta, e perchè conviene porta~re ~butto l'oocoNente per la vita quotidiana con sè. Le mancie non hanno fine, perchè tutti, s-ervi e padroni, tendono la mano. Questi viaggi sono quindi cose di confidenza, e laddove V. E. me ne giudichi degno, sarei a pregarLa di ordiinare :l'anticiPazione a que1l'epoca deila somma che Le sarà benevisa, perchè ben presto le spese del mio viaggio colla famiglia dalla patria ,costì, quellle di antid.paziòne delle paghe allle guardie consolari e dragomanno, quelle di una intiera annata di fitto e quelle che mi oecorrono per la quasi intiera rkostruzione della casa che presi testè a pig,ione, avranno esaurito i denari ~che portai meco e norn sarò in 1grado di far tratta sul mio Procuratore costi per mancanza di fondi.

Sarei riconoscenti.ssimo alla E. V., se pe~r mia tranquillità vo1esse degnarsi farmi avvertive per telegrafo della ricevuta di questo mio rapporto.

(1) Cfr. nota al n. 163.

171

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

T. 108. Parigi, 11 marzo 1862, ore 13,45 (per. ore 18,30).

Je vous envoye aujourd'hui par une occasion le document que vous m'avez demandé (1).

(1) Cfr. n. 168.

172

IL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

R. 73. Costantinopoli, 12 marzo 1862. Già da qualche tempo i rappresentanti delle cinque grandi potenze hanno presa l'abitudine di esaminare e discutere fra loro senza ascoltare alcuno dei loro colleghi le questioni commerciali e d'ordine amministrativo e giudiziario che il governo ottomano ci presenta allo stato di progetto come applicabili ai sudditi esteri qui stabiliti. Di tal natura sono per esempio un nuovo regolamento sulla composizione e sulle attribuzioni d'un tribunale di commercio, un regolamento sulle borse e su i mediatori, un regolamento sul diritto da pagarsi per i fari, etc. etc. Alcuni de' miei colleghi si sono lamentati di questo procedere e per parte mia non ho mancato di far comprendere all'ambasciatore d'Inghilterra, decano del corpo diplomatico, che sebbene convinto della giustezza e dell'opportunità di misure concertate ed adottate dai miei cinque colleghi tanto interessati alla prosperità del commercio, io non avrei potuto sanzionarle senza un previo esame. L'ambasciatore mi promise che in casi ·consimili convocherebbe i suoi colleghi, e perciò anche il Ministro d'Italia, per consultarli, ma forse trovandosi impegnato cogli altri suoi colleghi delle quattro maggiori potenze non credette più opportuno il farlo. I ministri degli altri Stati si ravvisarono non offesi ma feriti un poco nella loro dignità dal sistematico isolamento in cui si trovarono lasciati e l'inviato d'Olanda, il più anziano fra tutti, ci convocò con circolare pel giorno 8 andante al suo palazzo, per discutere sulle materie pendenti d'interesse generale e prendere qualche decisione. Vi intervenni io, il ministro d'America, l'inviato di Danimarca per delegazione, e gl'incaricati d'Affari di Grecia, della Svezia, della Spagna e del Belgio. Ieri poi v'intervenne anche l'inviato di Persia,. Ben inteso si premise che non s'intendeva con queste riunioni di fare alcuna cosa in opposizione e tanto meno in senso ostile a quanto possono aver praticato i rappresentanti delle cinque potenze e si decise di porgere al Divano alcune note identiche, non collettive sopra certi interessi urgenti. Non credo necessario mandare a V. E. copia delle dette note; ma non ho voluto omettere di prevenirla dell'accaduto perch'Ella sia iruformato dello spirito che ha animato i miei ·colleghi in questa circostanza ed antivenire alla meno favorevole impressione che potesse lasciare nel di lei animo qualche vaga notizia portata dai giornali seppure si occuperanno di questo fatto. Io poi sono convinto che la mia esclusione dalle riunioni dei cinque rappresentanti, malgrado le buone intenzioni dell'ambasciatore · inglese, ha luogo per influenza dell'internunzio austriaco, e trovo piuttosto singolare che in questioni che interessano la navigazione debbano essere esclusi i ministri d'Italia e di Grecia che rappresentano individualmente, sia pel numero dei bastimenti che per l'entità del tonnellaggio, interessi superiori a quelli rap

presentati dall'Inghilterra e dall'Austria e doppii almeno a quelli che la Francia è chiamata a proteggere in questi paesi. Del resto la miglior armonia regna fra

J.a legazione di S. M. e quelle delle quattro potenze maggiOII"i. Coll'austria.ca non abbiamo relazioni che per mezzo dei consolati.

173

L'INCARICATO D'AFFARI A STOCCOLMA, MIGLIORATI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

R. 115. Stoccolma, 12 marzo 1862.

Ieri vi fu un gran pranzo a Corte, al quale io ebbi l'onore di assistere. Dopo il desinare il Re si degnò intrattenersi meco lungamente; mi favellò delle cose nostre con un interesse ed una simpatia tale che palesava la sincera sua amicizia per noi; mi esprimeva i voti che fa per la sollecita soluzione delle due grandi questioni che tengono in sospeso gli animi italiani: Roma e Venezia.

S. M. parlandomi in seguito di cose militari mi annunciò la formazione di un campo nelle vicinanze deUa Capitale per la fine di giugno, al quale effetto mi disse di aver già emanati gli ordini per concentrare verso quella epoca quella parte dell'esercito ch'è destinato a partecipare alle manovre; il Re mi chiese quindi se l'Augusto Nostro Monarca non sarebbe disposto ad inviare qui officiali, onde assistere al Campo, mi affrettai a rispondere che senza dubbio S. M. coglierà sempre ogni occasione onde fargli cosa grata, e gli domandai se io doveva scriverne in proposito all'E. V. Al che il Re rispondevami degnandosi dirmi che ciò gli farebbe gran piacere e già sapere che la Francia pure invierà a questo medesimo scopo alcuni officiali.

Terminata cosi la conversazione con S. M., mi si accostò uno dei suoi aiutanti di campo, il quale mi tenne presso a poco il medesimo discorso, di maniera che dovetti convincermi annettere il Re un particolare valore ad avere qui in tale occasione officiali dell'armata italiana.

174

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI, AL PRINCIPE NAPOLEONE

(Ed. in A. CoMANDINI, Il principe Napoleone nel Risorgimento Italiano, Milano, 1922, pp. 226-227)

Torino, 13 marzo 1862.

Non so come esprimere a V. A. la mia riconoscenza per la bontà che Ella ebbe di scrivermi e per le espressioni che si compiacque rivolgermi (1). Le poche parole che ho pronunziate alla Camera rispetto a V. A. non sono che una debole espressione di quanto io sento profondamente nell'animo, e di quanto deve sentire ogni Italiano per tutto ciò che Ella fece in favore dell'Italia.

Io Le sono gratissimo dei preziosi consigli che ha voluto darmi intorno al modo col quale converrà regolarsi. V. A. sa quanto io li apprezzi, e può essere certo che non me ne scosterò, conoscendo per prova che sono unicamente inspirati dal di Lei affetto per la nostra causa.

Io non mancherò di preparare una nota nel senso che V. A. mi ha cosi oppor

tunamente suggerito, ed intanto per meglio preparare la cosa, scrivo con questo

stesso corriere al dottor Conneau, pregandolo di rappresentare a S. M. l'Imperatore la somma urgenza che vi sarebbe di allontanare l'ex re di Napoli da Roma, come di surrogare il generale Goyon con un altro generale, il quale sia più favorevole alla causa italiana.

Se V. A. vorrà avere la bontà, come spero, di parlare anche in questo senso, io confido che si potrà ottenere qualche cosa.

Non mi dissimulo, Altezza, le grandi difficoltà che mi stanno d'intorno, ma spero io pure che si potranno vincere con la moderazione e la perseve•ranza: io non mancherò certamente di valermi di tutte le mie deboli forze, e se la sola volontà bastasse, non dubiterei di poter riuscire.

La maggioranza della Camera si è in questi ultimi tempi interamente disfatta: la formazione del nuovo Ministero fini con portarvi l'ultimo colpo. Spero per altro che ora si andrà ricomponendo colla mutazione di alcuni elementi e che il Governo potrà procedere senza necessità' di ricorrere all'estremo rimedio dello scioglimento, la qual cosa nelle circostanze attuali non sarebbe troppo opportuna, e che quindi conviene evitare quanto sarà possibile.

Esiste realmente nel ministero, e ritengo presso di me, la cifra per corrispondere con V. A.; perciò V. A. può servirsene quando ilo stima, ed io la ringrazio della bontà che ebbe, di permettere che io pure possa avvalermene.

(1) La lettera, alla quale il Rattazzi risponde, non è stata rintracciata.

175

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI (AST, Legazione Francoforte, cart. 5)

R. 16. Francoforte, 13 marzo 1862. La dissolution de la Chambre des Députés à Berlin a produit une impression des plus doulowreuses non pas seulement en Prusse mais encore dans toute l'Allemagne. Ce n'est pas qu'on craigne le moins du monde que le pays de nouveau consulté envoie des mandataires moins libéraux; bien au contraire, l'an ne doute pas un seui instant que l'élément progressiste ne se renforce considérablement par un nouvel appel à la nation et ne rende impossible le maintien du Ministère actuel auquella Chambre a été sacrifiée. Mais le sentiment public y a vu la preuve évidente de cette aveugle persistance du Roi à vouloir suivre une vaie entièrement contraire aux vreux du pays ·Camme à ceux de toute l'Allemagne, et c'est ce qui l'a surtout péniblement .impressionné en vue des luttes inévitables qui doivent en résulter pour l'avenir. Par une déplorable appréciation de l'état des esprits, S. M. croit que dans sa résistance aux aspirations unitaires Elle a pour Elle toute l'armée, et c'est ce qui, dit-on, l'encourage surtout à persister dans ses idée.s. C'est encore là une très grande erreur de la part d'un esprit auquel l'an s'accorde à reconnaitre les meilleures intentions, mais qui imbu des anciennes traditions du passé ne croit pas qu'il soit permis d'en jamais sortir. En effet si l'on excepte l'entourage immé

diat de S. M. bien connu pour ses sympathies Autrichiennes, l'immense majorité de l'armée se prononce pour la création d'une grande Allemagne forte, unie, à

la tete de laquelle marcherait la Prusse. Les propos qui se tiennent par les officiers dans les différentes garnisons ne laissent aucun doute à cet égard, et ce qui prouve que ce sont bien là les sentimens de l'armée c'est que meme les officiers de la garde que l'on a toujours représentés comme étant les plus attachés à l'ancien ordre de choses, ne se genent plus pour exprimer hautement leurs opinions dans le sens de l'unité Allemande et des moyens à employer ;pour la conquérir.

Pour combattre ce courant de l'opinion publique qui devient chaque jour plus fort, les partisans de l'Autriche et des Etats secondaires prétendent et cherchent par tous les moyens à faire croire que si famais la Prusse devenait la seule grande Puissance de l'Allemagne et que l'Autriche dut par conséquent sortir de la Confédération Germanique qui aurait cessé d'exister, la Prusse se trouverait impuissante à défendre les limites du nouvel Empire Allemand contre les convoitises bien connues de la France qui deviendrait son ennemie naturelle. C'est tout au plus, disent-ils, si l'action protectrice de la Prusse pourrait s'étendre jusqu-au Mein, et il ne se passerait pas longtems avant que la ligne du Rhin ne fut conquise par l'armée française.

C'est là, il faut bien le !l'econnaitre, un argument sérieux qui donne à réfléchir, mais il ne faut pas oublier que sur les bords du Rhin l'on parle exclusivement Allemand et que si par une assimilation qui date de plus d'un siècle et qui a pour elle la double consécration des intérets matériels et des traités, l'Alsace et la Lorraine ont pu passer à la France, il n'en serait peut-etre pas de meme des Provinces Rhénanes que protégeraient le droit public et l'opposition énergique de l'Angleterre.

176

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO (AST, Carte E. d'Azeglio, orig. autogr.)

L. P. Torino, 14 marzo 1862. Non ho prima d'ora risposto alla pregiatissima sua lettera del 7 corrente (1), appunto perchè, come Ella stessa ha opportunamente osservato, la mia risposta era perfettamente inutile dopo la precedente mià, che Le scrissi appena si è formato il Ministero. Del resto, Marchese gentilissimo, non credo fosse pure necessaria una mia dichiarazione per rassicurarla, che io ho pienissima confidenza in Lei, e che nulla desidero di meglio, che vedere affidate alla di Lei prudenza, ed al di Lei senno le relazioni del Governo del Re col Governo Inglese. So per prova quale, e quanto sia l'interesse ch'Ella pone nel compimento della sua missione: quindi non posso a meno di essere perfettamente tranquillo. Io Le sarò gratissimo, ch'Ella mi scriva particolarmente; e Le sarò tanto più

grato quanto sarà maggiore la libertà colla quale mi parlerà: io non desidero che mi dica cose gradevoli a me personalmente; desidero di sapere esattamente

quale è lo stato preciso delle cose; perchè in questo modo soltanto si potrà provvedere alle esigenze, ed all'interesse del Paese.

Quanto Ella mi scrive sul senso poco favorevole, che può avere prodotto sopra codesto Governo la crisi ministeriale, se può sino a un certo punto addolorarmi, certo che non mi meraviglia gran fatto. Già da gran tempo si era lavorato per attribuirmi le intenzioni, cui Ella allude, che non vi è a stupire, se simili sospetti abbiano potuto fare un qualche ,senso anche negH uomini di Stato Inglesi.

Non dissimulo però, che non avrei giammai potuto indurmi a credere, che la cosa si spingesse a segno dal suppormi capace non dirò di prendere parte, ma solo di permettere, o dare qualsiasi tacita adesione o ad un progetto di separare Napoli dal rimanente d'Italia, o ad una cessione qualsiasi di un palmo solo di terra Italiana. Le dico il vero, questo sospetto mi offende sì vivamente, che mi duole la necessità di doverlo respingere. Mi pareva che i miei precedenti, la condotta che tenni pubblicamente, e senza riguardo di sorta, allorchè si è trattato della cessione di Nizza, mi dovevano mettere al sicuro da un simile sospetto. Fra quanti vi sono qui forse non c'è altri, il quale meno di me potrebbe convenientemente prestarsi ad un simile mercato. Del rimanente ho pure l'intima convinzione, che a quest'ora l'unione con Napoli, ed il resto d'Italia, è un'estrema ed assoluta necessità per la nostra vita, e per la Dinastia, e ritengo, che converrebbe spendere l'ultimo soldo, e versare il sangue tutto dei nostri soldati prima di fare su questo qualsiasi concessione. Prima che l'unione seguisse si poteva discutere sull'opportunità; ora la questione è risoluta, e non rimane altra via, che quella nella quale siamo entrati.

Riguardo poi alla supposizione di sbarchi in Dalmazia, od altre spedizioni di simile natura, io non comprendo come ci si possano attribuire siffatti pensieri. Convien dire, che ci considerino pazzi per volerei perdere in avventure di questo genere. Non solo noi non promoviamo queste avventurose spedizioni, ma le impediremmo con tutti i mezzi di cui possiamo disporre quando si volessero eseguire nello Stato Italiano. L'autorizzo di dare su tale proposito le più chiare, e le più esplicite assicurazioni al Governo Inglese.

So bene che queste assicurazioni, e quanto Ella potrà dire per darvi forza non basteranno, e si rimarrà sempre in sospetto. Quando un dubbio è entrato nella mente dei Governi esteri, è difficile, che una semplice negativa sia sufficiente a farlo cessare. Ma ho fede, che col tempo, e soprattutto col contegno, che saremo per prendere finiranno per persuadersi, che sono in grandissimo errore, e che la loro diffidenza non ha ombra solo di ragione.

Io sono quindi perfettamente d'accordo con Lei, che per ora meglio convenga non porsi al cimento di avere qualche risposta dal Governo Inglese, perchè questa non potrebbe esserci favorevole. Temo, che Hudson qui abbia contribuito a rendere il Governo Inglese poco favorevole a mio riguardo: le mie relazioni ,con lui quantunque apparentemente benevole, non lo furono però mai sinceramente dopo che io sono uscito dal Ministero sul principio del 1860. Ella si ricorderà della parte presa allora da Hudson (1) o dirò meglio della parte che gli si

è attribuita nella crisi ministeriale, ed è perciò inutile, che mi dilunghi di più per ispiegarle la cosa. Spero che anche questo si modificherà col tempo. Ma intanto è opportuno ch'Ella abbia presente questa circostanza per dirne una parola all'occorrenza, e per avvertire come non si possa prendere, senza qualche riserva, tutto ciò che il Ministero Inglese può ricevere dal suo Rappresentante qui a Torino. Vedo, che nelle disposizioni d'animo in cui sono a nostro ri!guardo i Ministri Inglesi, è assai difficile che attualmente vogliano usare della loro influenza per indurre la Prussia e la Russia a riconoscerei; ad ogni modo io sono certo ch'Ella non mancherà di prendere tutte le occasioni le più favorevoli che le si presenteranno per procurare di muoverli ad agire in quel senso.

Quanto ai Generali Napolitani ho già scritto a Napoli, perchè si faccia in modo, che non possano sorgere ulteriori richiami. Ma avverta, che in questa parte vi sono non solo esagerazioni, ma prette invenzioni, alle quali non capisco, come il Governo Inglese voglia prestare la menoma fede.

Le scrivo in fretta perchè in questi momenti sono talmente distolto da tante cose, che non so qualche volta dove dare il capo: appena mi troverò più libero, Le scriverò più lungamente.

(1) Non rintracciata.

(1) Cfr. C. M. DE VECCHI DI VAL CISMON, P. Solaroli a Londra nel dicembre 1860 in « Rass. Stor. Ris. •, novembre-dicembre 1934, p. 1203.

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L'INCARICATO D'AFFARI A STOCCOLMA, MIGLIORATI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

R. 117. StoccoLma, 14 marzo 1862 (1).

I miei rapporti distinti coi nn. 55, 60, 64 e 65 dell'anno ultimo scorso (2) contengono la relazione delle differenti fasi, cui diede 'luogo la determinazione presa il 7 febbrajo 1861 daiJ.la Dieta federale di Francoforte intorno alla quistione dei Ducati tedeschi della Danimarca.

Desiderando oggi sottoporre all'E. V. un rapporto intorno alle trattative seguitesi e ancora pendenti tra le Potenze interessate, mi permetterà che io riepiloghi lo stato di una tal quistione onde rendere più chiare le notizie che ho potuto in proposito ragranellare.

Nell'anno 1852, allorchè le trattative tra la Germania e la Danimarca, trattative che versavano esclusivamente sulla questione dell'Holstein propriamente detto, senza confondervi il Ducato dello Slesvig, non condussero ad alcun risultato pratico, a causa, forse, di poco buon volere per parte della Prussia, non meno che per le interminabili tergiversazioni del Governo Danese, la Confederazione Germanica, sin d'allora, minacciò la Danimarca di una esecuzione federale.

Il Governo Danese sia per impedire una tale imbarazzante eventualità, 'sia per mostrarsi disposto ad una conciliazione promise con note diplomatiche indirizzate ai Gabinetti di Vienna e di Berlino, di fare motu proprio alcune concessioni allo Slesvig. Questi impegni versavano presso a poco sopra i tre punti seguenti, cioè

l) Di non incorporare lo Slesvig alla Danimarca propriamente detta.

2) Di rispettare l'autonomia di quel Ducato rispettivamente al bilancio.

3) Di non sopprimere la lingua tedesca nella parte tedesca dello Slesvig.

La Prussia pretende in oggi che soltanto in virtù di quelle promesse essa era venuta d'accordo sulla questione dello Slesvig, ed in considerazione di esse soltanto erasi mostrata più conciliante riguardo alla questione dell'Holstein.

Questo pare essere in oggi il punto legale della quistione. Diffatti il Governo Danese mentre accetta la discussione colla Prussia intorno all'esecuzione degli accordi presi per l'Holstein ricusa di eseguire le promesse fatte per lo Slesvig. Il Conte Bernstorff in una 1sua nota indirizzata al Ministro prussiano in CopenhagL!e il 5 decembre ultimo scorso in risposta a nuove proposizioni del Signor Hall chiede che il Governo Danese eseguisca, in pari tempo, le promesse fatte allo Slesvig nelle note preparatorie del 1852.

Il signor Hall con sua nota in data del 26 decembre rispose alla Prussia che a ,causa dell'opinione publica chiaramente manifestatasi non ooteva il Gabinetto Danese acconsentire al desiderio della Germania, aUa quale non riconosce alcun dritto d'immischiarsi negli affari dello Slesvig, e sostenne, inoltre, con fermezza che le concessioni di cui il Governo Danese parlò nelle sue note del 1852, non erano nè impegni, nè promesse solenni, delle quali la Germania avesse il diritto di domandare l'esecuzione. Il Ministro degli Affari Esteri di Danimarca fece ufficio in questo senso presso il Gabinetto di Stoccolma pregandolo d'impegnare la propria influenza presso i Governi segnatarii dei protocolli di Londra affine d'indurii a considerare il conflitto secondo il punto di vista del Governo Danese. Il Conte di Manderstrèim a,cconsentendo diffatti al desiderio espressogli indirizzò il. 27 decembre una nota circolare alle Legazioni di Londra, di Parigi e di Pietroburgo. Travasi in essa difesa la tesi danese, e di più che il Gabinetto Svedese è disposto ad impiegare tutta la sua influenza a Copenhague onde indurre quel Governo ad eseguire largamente e lealmente i suoi doveri e le sue promesse verso l'Holstein, ma che in quanto allo Slesvig divide intieramente l'opinione del Governo Danese, non riconoscendo, cioè, alla Germania alcun diritto d'ingerirsi nei suoi affari. Si proponeva, infine, nella sua nota il Conte di Manderstrèim di condurre i Governi segnatarii dei protocolli di Londra ad una perfetta intelligenza sul merito della quistione.

Ma, se le mie informazioni sono esatte, la risposta del Gabinetto Inglese, datata del 15 gennaio travasi in armonia alla opinione Svedese soltanto per c1ò che riguarda l'Holstein, e riguarderebbe il conflitto sullo Slesvig, siccome una questione Europea; sarebbe, quindi, in essa detto che il Governo Danese è legato se non legalmente, bensì per onore ad eseguire lealmente le promesse fatte allo Slesvig.

Lord John Russell reputa, pertanto, che il Governo Danese dovrebbe disporsi a procedere all'assetto della questione dello Slesvig, il che faciliterebbe la via ad appianare il conflitto intorno all'Holstein, e dichiara che in questo senso agirà presso il Governo Danese.

Invita la Svezia ad unirsi ad una tal condotta nell'interesse della pace. La risposta del Governo Francese è presso a poco dello stesso tenore, e dà al signor Baudin istruzioni analoghe. Questo è l'attuale stato in cui travasi la questione dei Ducati della Danimarca.

(1) -Per un evidente lapsus, questa lettera era datata 14 febbraio. (2) -Non pubblicati.
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IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI (AST, Legazione Francoforte, cart. 5)

R. 17. Francoforte, 15 marzo 1862. Ainsi que j'ai eu l'honneur d'en informer V. E. parma dépèche télégraphique d'hier le Ministre de Bade est venu m'annoncer que son Gouvernement avait résolu d'accorder l'exéquatur à M. Treumann en qualité de Consul de S. M. le Roi d'Italie à Mannheim. D'après ce que m'a dit M. de Mohl la décision a été prise en Conseil des Ministres, et est dùe surtout à l'insistance toute particulière qu'y a mise le Ministre des Affaires Etrangères, Baron de Roggenbach. Elle fait d'autant plus d'honneur au Cabinet de Carlsruhe que la proposition que j'avais soumise au Gouvernement du Roi de créer un Consulat d'Italie dans ce centre important du commerce Allemand remontait à plus de deux mois, c'est à dire à une epoque où personne ne pouvait s'attendre aux défaillances de la politique Prussienne sous l'influence de laquelle, autant par conformité de principes que par raisons de famille, se trouve immédiatement placé le Gouvernement Granduca!. La décision du Gouvernement Badois ne constitue pas, il est vrai, une reconnaissance o:fjìcielle du Royaume d'Italie; mais telle qu'elle s'est produite, elle indique assez quels sont ses sentimens à notre égard, et le fait seui de l'entrée en fonction d'un agent de S. M. en qualité de Consul d'ltalie au centre de l'Allemagne est un événement fo.rt important qui en étant particulièrement désagréable à l'Autriche et aux autres Gouvernemens dévoués à sa politique, ne peut manquer de créer un précédent des plus avantageux en notre faveur. Dans la dernière séance de la Diète, la Prusse et l'Autriche lui ont donné communication de la protestation qu'elles avaient adressée tout dernièrement au Cabinet de Copenhague contre les décisions du Conseil Suprème de la Monarchie Danoise tendantes à incorporer de plus en plus le Schleswig au Danemark, sans tenir compte des liens historiques qui rattachent cette province aux Duchés Allemands. Je ne ferais pas mention de cette nouvelle démarche qui ne fait que s'ajouter à tant d'autres sans résultat dans cette interminable question, si le fait d'avoir été préparée et concertée entre les deux Grands Cabinets Allemands n'était venu donner une nouvelle preuve de la communauté de vues qui tend de

plus en plus à s'établir entre la Prusse et l'Autriche dans la conduite des affaires Allemandes.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

R. 387. Berlino, 16 marzo 1862. Le Conseil des Ministres se réunit chaque jour. Il n'a pas encore réussi à

se mettre d'accord. Il est partagé en deux camps: d'un coté, le nouveau Président du Conseil Prince Hohenlohe, M. von der Heydt, le Général de Roon et le Comte de Bernstorff représentant l'élément conservateur avec des velléités rétrogrades; de l'autre, les Comtes Schwerin et Pikkler, MM. de Patow et Bernuth aux tendances libérales modérées. Il y a donc deux programmes sur le tapis. Le Roi s'étant montré favorable à celui des conservateurs, la fraction libérale aurait offert sa démission. S. M. aurait alors invité ses conseillers à transiger de part et d'autre de manière à n'avoir qu'un seul programme qui leur permit de garder leurs portefeuilles.

Voilà où .en sont aujourd'hui les pourparlers. On croit :généralement que MM. de Schwerin, Patow, Piickler et Bernuth feront piace à des hommes nouveaux et plus dociles aux volontés de S. M. Ce serait aller trop loin que de craindre un Cabinet réactionnaire. La Prusse s'est trop avancée pour pouvoir reculer; mais on voudrait enrayer le char de l'Etat, modérer les allures des progressistes en présence de la résistence de la majorité des gouvernemens allemands et de l'Autriche. Le Roi d'ailleurs, surtout depuis Konigsberg, a des idées très arretées sur J.e gouvernement personnel. C'est lui seul qui règne et gouverne par la gràce de Dieu. Les Ministres et les Chambres ne doivent etre là que pour recevoir et exécuter ses ordres. Malheureusement il ne s'est pas encore présenté un seul homme d'Etat assez ind~endant de caractère pour oser lutter contre des vues aussi inconciliables avec le régime constitutionnel.

En attendant la presse est à peu près unanime pour condamner l'acte de dissolution de la Chambre. Des comités s'organisent partout pour préparer les nouvelles élections dont le résultat sera certainement contraire au gouvernement s'il tarde à faire quelques unes des concessions impérieusement réclamées par l'opinion publique.

Nos affaires choment ici. J'ai essayé aujourd'hui, vainement encore, de voir le Comte de Bernstorff. Je n'ai pu lui dire que quelques mots chez un de ses collègues, pour lui esquisser à grands traits le programme de V. E. J'ai donné ces memes renseignements satisfaisants à M. von der Heydt qui m'a promis de les faire valoir en haut lieu. Mais, comme je l'ai écrit le 11 mars (1), la question de la reconnaissance est ajournée au moins après les élections. Lord Loftus s'abstient de son còté de toute démarche tant qu'il n'aura pas des instructions de Londres. Le Baron de Budberg prétexte qu'il est sans nouvelles de St. Pétersbourg.

Je ne sache [sic] pas que le Prince de J.a Tour d'Auvergne ait été ~récemment chargé de rompre une lance en notre faveur. D'ailleurs l·e langage du Cabinet des Tuileries n'a p1us le meme prestige. On donne presque raison à ceux qui prétendent que l'Empereur a bien faibli depuis Solferino. Il penserait avant tout à il.'affermissement de sa dynastie. Il craindrait de ·Compromettre .ce but par une attitude constamment conforme aux principes qu'il a proféssés lui-meme, et il se cabre à l'idée qu'on pourrait le qualifier de démocrate. Certains Cabinets en lui disant

-prenez garde, vous n'etes pas ·conservateur, vous retombez dans les anciennes heresies-sont à peu près surs d'ébranler ses convictions. Il faudrait pourtant si peu de clairvoyance pour se persuader que ces memes Cabinets ne cesseront jamais, quoiqu'il fasse, de le détester cordialement, de conspirer contre lui et contre toute la famille Napoléonienne, parce qu'ils considéreraient sa chute comme

l'événement le plus heureux. Et c'est à cette fantasmagorie d'une intimité avec que1ques anciennes Cours, qu'il ·contrarierait les aspirations de la seule Dynastie, de la seule nation qui lui seront fidèlement amies et alliées!

M. de Bismarck Envoyé de Prusse en Russie a été appelé ici par le télégraphe. On lui destinerait le poste de Londres, et meme il s'agirait de le faire entrer dans le Ministère. Aux Affaires Etrangères H n'est guère possicble dans un moment où l'on veut cajoler les Etats Allemands et ménager l'Autriche. On se proposerait de lui offrir le portefeuille de l'Intérieur. S'il acceptait, ce dont je doute fort, nous n'aurions qu'à nous en féliciter car il est partisan de la reconnaissance.

(1) Non pubblicata.

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L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI-GAROFOLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

R. 216. Madrid, 16 marzo 1862. La Correspondencia de Espana, periodico che riceve gli ordini di questa Segreteria di Stato, pubblicava ieri in capo alla edizione del mattino una dichiarazione che si può riguardare come ufficiale, e nella quale si rinnova la volontà della Spagna di conservarsi neutrale nella questione d'Italia. Questa specie di protesta promossa dalle continue diatribe del giornalismo oltramontano credo dover mio di portarla alla conoscenza di V. E. e qui mi do l'onore di letteralmente tradurla. «Il Govemo di S. M. C. è deciso a non scostarsi dalla linea di stretta neutralità che si ha proposto di seguire nella questione d'Italia, non porterà i suoi soldati a Roma, come pare che lo pretendino ed esiggano i diarii monarchici puri, il giorno in cui le trùppe Francesi potessero lasciare •la capitale dell'orbe Cristiano, ma non trascurerà di fare in favore del Santo Padre tutto ciò che le (sic) permettono le leggi e la sua risoluzione di conservarsi neutrale, nè riconoscerà la legittimità dei fatti compiuti in Italia mentre che col concorso della Spagna non dia loro la sua sanzione un Congresso Europeo. Questa dichiarazione che si può considerare come la momentanea espressione dell'idea del Ministro che la dettò, ebbe già degni commenti in questi giornali liberali, ed infatti chiara è l'imprevisione ministeriale giacchè, come ben osserva uno di questi fogli « E se tutte le Potenze riconoscano i fatti compiuti in Italia senza necessità di un Congresso? Che farà la Spagna? » La Gazzetta ojjìciale pubblicò ieri la Convenzione tra la Spagna e la Francia per fissare i diritti civili dei rispettivi sudditi e le attribuzioni degli Agenti Consolari destinati a proteggerli. Parecchi articoli di questa Convenzione mi paiono dettati ·con tale chiarezza da togliere nell'avvenire ogni specie di arbitrio per parte delle Autorità secondarie e trovo principalmente nell'articolo V definita con giustizia la questione grave che ogni Legazione qui tiene con questo Go

verno, cioè sul dovere dei giovani nati da padri esteri di concorrere alla Leva militare. Tal convenzione mi do l'onore di qui trasmettere a V. E. (1) potendo in

un tempo più o meno remoto essere utile al R. Governo il consultarla e c10 quando si crederà di ll'iformare quella ora esistente tra il Governo di S. M. e quello di Spagna.

(1) Non pubblicata.

181

CIRCOLARE TELEGRAFICA DEL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO A BRUXELLES, MONTALTO, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A STOCCOLMA, MIGLIORATI.

T. 68. Torino, 17 marzo 1862, ore 20,35. La Chambre des Députés vient d'adopter par 210 voix contre 80 l'ordre du jour pur et simple sur l'interpellation du Député Gallenga dirigée contre le Ministère. Le Président du Conseil a déclaré à la Chambre que, voulant écarter de la votation tout équivoque, il n'accepterait l'ordre du jour proposé que dans le sens d'un appui au Ministère pour l'exécution de son programme. Le Député qui l'avait proposé a déclaré à son tour qu'il y attacchait ce mème sens. C'est sur

cette double déclaration que le Président de la Chambre l'a mis aux voix. La votation a eu lieu par appel nominai.

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ISTRUZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI, AL MINISTRO RESIDENTE ALL'AJA, CARUTTI

Torino, 17 marzo 1862.

La bontà del Re e la fiducia del suo Governo La chiamano all'onorevole missione di rappresentare il Regno d'Italia prE;SSO S. M. il Re dei Paesi Bassi.

L'Olanda essendo stata fra le prime a riconoscere il nuovo ordine di cose provvidamente stabilito in Italia, il Governo del Re credette di dovere dimostrarle la propria gratitudine, ed il vivo desiderio di accrescere i rapporti amichevoli esistenti fra i due Stati, nominando all'Aja un Agente Diplomatico accreditato non solo presso il Governo, ma altresì presso il Re dei Paesi Bassi. Questa circostanza dà un'importanza speciale alla missione che Le viene affidata, e Le assicura sin d'ora le più onorevoli e gentili accoglienze nel paese in cui Ella porrà la sua dimora.

Gli alti uffici che Ella sostenne per lunghi anni nell'Amministrazione Centrale per gli Affari Esteri e la parte da Lei presa come Deputato ai lavori del Parlamento La misero in grado di conoscere in tutti i suoi particolari la politica del Governo del Re. Chiamare i popoli italiani a godere di quelle libere istituzioni, che largite dai nostri Re al piccolo Piemonte, furono per esso e per l'intiera penisola sorgente di maravigliosa grandezza, fondare un ordine di cose forte perchè libero e durevole perchè poggia sulla devozione al Re ed alla patria, ecco quale fu ed è tuttora l'immutabile scopo del Governo ch'Ella è chiamato a rappresentare. Principale ·Compito della S. V. Ill.ma sarà pertanto di dissipare i dubbi ed i sospetti che ancora possono spargersi sia sui mezzi da noi posti in opera per giungere alla unificazione dell'Italia, sia sulle intenzioni attuali del Governo circa il modo di compiere il riscatto della nazione.

Parlando al Governo d'un popolo libero, Ella non durerà fatica a far comprendere che l'Italia scissa in piccoli Stati oppressa da insopportabile dominio straniero e travagliata dalla febbre rivoluzionaria era per l'Europa un continuo pericolo. Ora invece, ra.ccolta in un grande Regno, intenta allo sviluppo ordinato e tranquillo della idea nazionale, l'Italia è chiamata ad essere uno dei capi saldi dell'equilibrio europeo. E quando, col progresso delle idee, le due questioni di Roma e di Venezia saranno state sciolte in modo conforme alla umanità ed alla giustizia, l'Italia posta finalmente in grado di svolgere le sue ricchezze naturali ed industriali, eserciterà sulla politica europea l'influenza moderatrice propria d'una nazione, il cui territorio è provvidamente circoscritto dalla natura, e che non aspira ad altre glorie che a quelle della civiltà simboleggiate nelle sue più nobili manifestazioni. In più l'Olanda stessa è splendido esempio ed ammaestramento all'Italia. Tenaci e pronti ad ogni eroico sacrificio per conquistare la loro indipendenza, gli abitanti delle Provincie Unite divennero, non si tosto ebbero raggiunto il loro nobile scopo, il più tranquillo ed ordinato popolo del continente. Ella potrà far fede che gli Italiani non si scosteranno da codesti esempi, e che, una volta soddisfatti i loro legittimi voti, essi vedranno nell'indipendenza delle altre nazioni la più efficace guarentigia della propria.

La miglior prova di quella moderazione ch'è nell'indole stessa degli Italiani, sta nel modo con cui affermando pur sempre il proprio diritto, essi cercano dl avverare la speranza della nazione senza sconvolgere gli altri Stati e turbare la pace europea. Essi confidano nei mezzi morali e diplomatici per sciogliere la Questione Romana: e sperano che gli stessi mezzi saranno efficaci a trovare, mercè il progresso della pubblica opinione, pacifica soluzione alla questione della Venezia. Ma poichè entrambe codeste questioni toccano indirettamente l'Olanda, io mi fermerò ad indicarle con qualche maggiore particolarità il linguaggio che Ella potrà tenere su ciascuna di esse.

L'Olanda è paese in cui è antica la libertà religiosa, e le due confessioni cattolica e riformata si equilibrano per modo che la seconda prevale appena alla prima. Per queste ragioni dovrebbe trovare favorevole accoglienza in quel paese il principio di Chiesa libera in libero Stato col quale noi ci proponiamo di risolvere la Questione Romana. I cattolici infatti non dovrebbero opporsi a questo principio, al quale essi devono la grande libertà di cui godono presso un Governo di culto protestante: mentre dal loro canto i riformati dovrebbero desiderare che la somma autorità religiosa, alla quale fanno capo i cattolici, riconosca finalmente e sancisca i principii di libertà e di tolleranza religiosa. Io penso quindi che Ella non avrà fatica a persuadere gli uni e gli altri dei vantaggi della soluzione da noi proposta. Ella non ometterà occasione per spiegare quali. sono i veri nostri intendimenti a questo riguardo, e farà osservare che quella soluzione ci è sovratutto ispirata dal vivo desiderio di conservare all'Italia il lustro del Papato, e la grandezza della Chiesa Romana rendendola conciliabile colle tendenze nazionali.

Argomento più importante e più difficile ancora è la questione della Venezia. L'Olanda deve occuparsene con ispeciale interesse perchè essa fa parte pei Ducati di Limborgo e di Lussemburgo della Confederazione Germanica. Ma inoltre intime ed estesissime relazioni finanziarie ·esistono per Vienna ed Amsterdam, cosicchè ogni cosa che tocchi lo stato finanziario dell'Austria esercita grande influenza sul mercato monetario olandese. A menti calcolatrici come quelle degli Olandesi, presso i quali la ricchezza mobiliare prevale alla immobiliare ed è titolo di splendore e d'influenza politica, Ella non durerà fatica a far comprendere l'immenso vantaggio che ridonderebbe all'Olanda da una pacifica cessione della Venezia. Egli è infatti evidente e cominciano ad avvedersene anche i fautori dell'Austria, che una vittoria di codesta potenza in Italia non farebbe che accrescere 1 di Lei imbarazzi finanziari. Quando anche gli Absburghi potessero dominare di nuovo o direttamente od indirettamente su tutta la penisola, l'enorme dispendio dell'esercito d'occupazione con cui si tenterebbe invano di soffocare l'insurrezione permanente, impedirebbe che i creditori dell'Austria sentissero alcun beneficio da codesta empia e sterile soddisfazione data al partito militare austriaco. Gli Olandesi presso i quali abbondano i detentori di cedole del debito pubblico austriaco sono dunque interessati grandemente a prevenire una lotta, la quale non può avNe per essi alcun utile risultato. E se, ,come già avviene di Londra anche il mercato monetario di Amsterdam fosse chiuso al Governo Austriaco, la voce imperiosa della necessità indurrebbe a poco a poco a più miti consigli il Gabinetto di Vienna.

Esercitata in questo senso, la di Lei influenza, sugli uomini di Stato Olandesi, e sui Membri del Corpo Diplomatico accreditato all'Aja avrà sovratutto benefica influenza in questo momento in cui l'Austria fa nuovi tentativi per indurre la Confederazione Germanica a guarentirle quanto le rimane dei suoi possessi in Italia. Ella studierà attentamente il contegno del Governo dei Paesi Bassi in codesta questione, e cercherà di farmi conoscere con esattezza il modo con cui quel Governo ha accolto codesta proposta. All'uopo non mancherà di far osservare che simili tentativi fatti dall'Austria nel 18'50 trovarono nei Gabinetti di Londra e di Parigi la più risoluta opposizione: che la Confederazione Germanica muterebbe con ciò in aggressivo il carattere meramente difensivo accordatole dai Trattati del 1815, e che si esporrebbe con ciò ad inevitabile sfacelo.

Del resto la missione affidata alla S. V. lll.ma all'Aja è sovratutto di osservazione. Importa al Governo del Re di conoscere con esattezza quale è lo stato dei rapporti della Olanda con ciascuna delle grandi Potenze, perchè all'Aja più palesemente forse che altrove appaiono i sintomi di ogni grande complicazione europea. Collocati sulla frontiera settentrionale della Francia, ricchi di capitali, e forniti di fiorentissima marina militare e mercantile, i Paesi Bassi potrebbero difficilmente rimanere neutrali quando la guerra scoppiasse fra la Francia e l'Inghilterra o fra la Germania e la Francia. Le intime relazioni che corrono fra le due Coll'ti di Pietroburgo e dell'Aja, la parentela esistente fra la Regina dei Paesi Bassi ed una principessa francese assai favorevole alla causa itaiiana (1), contribuiscono inoltre a fare dell'Aja uno dei centri più importanti della politica

europea. Non è d'altronde che io Le rammenti che i Paesi Bassi divisero colla Lombardia nei secoli 16° e 17° l'infausto privilegio di essere campo alle lotte di preponderanza che straziarono l'Europa. Simile cosa può avvenire altra volta e gli Italiani che vt militarono allora in gran numero e vi diedero esempii di ingegno e di valore, hanno grande interesse ora a cattivarsi le simpatie di quel popolo, ed a renderlo propenso alla indipendenza.

I rapporti fra l'Olanda ed il Belgio meritano pure per parte della· S. V. In.m• studio speciale e particolare attenzione. Ai rancori che gli avvenimenti del 1830 avevano lasciato nei due Governi e fra le due popolazioni, sembra succedano ora sentimenti più amichevoli, che giungono quasi, in certe classi degli abitanti, a rammaricare l'avvenuta separazione. Forse non è temerario il supporre che l'Inghilterra e la Prussia lavorino a ravvicinare i due Governi per ricostituire così, almeno con una stretta alleanza quel baluardo contro la Francia che si era voluto edificare nel 1815. Un trattato commerciale conchiuso testè fra l'Olanda

•ed il Belgio fu considerato quasi nei due paesi come un avvenimento politico. Ella avrà cura di riconoscere se la realtà delle cose corrisponde a quanto si può desumere da codesti sintomi.

Il Re dei Paesi Bassi è membro della Confederazione Germanka come Duca di Limborgo e di Lussemburgo. L'amministrazione affatto distinta a·ccordata a questi due paesi, che sono uniti all'Olanda con vincolo meramente personale ·offrirà pure alla S. V. Ill.ma soggetto di speciali osservazioni. Ella farà conoscere al Ministero come ciò s'accordi col regime costituzionale vigente in Olanda, e se non nascano mai collisioni fra il Parlamento Olandese e la Dieta Germanica. Finalmente tutte le questioni concernenti le riforme meditate in Germania, le tendenze sia dell'Austria e della Prussia, sia degli Stati minori, ed il modo con cui esse vengono giudicate dal Governo Olandese forniranno alla S. V. Ill.m• argomento di studio e di ricerche i cui risultati saranno utilissimi al Governo del Re.

(1) La principessa Matilde, sorella del principe Girolamo Napoleone.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. RISERVATO S. n. Torino, 17 marzo 1862. Je dois appeler sérieusement votre attention sur les nouvelles alarmantes qui me parviennent de Rome. Les Bourboniens y poursuivent ouvertement leurs intrigues; on continue, sans désemparer, à y enroler des brigands, et pour se procurer l'argent nécessaire, on va jusqu'à fabriquer des bons du trésor, et des eertificats de rente portant une fausse date: tout annonce que, dans une époque prochaine les Provinces de l'Italie Méridionale seront de nouveau le théàtre des sanglants exploits de Chiavone et de ses compagnons. Si les renseignements parvenus au Gouvernement Français confirment, ·comme j'ai lieu de le croire, ces nouvelles, S. E. M. Thouvenel reconnaitra sans doute la nécessité de prévenir, autant que possible, le retour de sem:blables événements. Certes, il ne sera pas difficile au Général Lamarmora d'étouffer, avec les

forces dont il dispose, les tentatives des brigands. Mais l'humanité et la bonne politique ordonnent d'aviser à ce que des provinces florissantes de paisibles popu

15 - Documenti diplomatici • Serie I · Vol. II.

lations ne soient pas sans cesse exposées aux conséquences douloureuses de ces attaques sauvages contre les propriétés et les personnes.

L'éloignement de Rome de l'ex-Roi François serait, à mes yeux, le vrai moyen de couper court aux intrigues bourboniennes. Je n'ignore pas que le Gouvernement de l'Empereur, dans sa généreuse so1licitude pour la cause de l'Italie, a déjà tenté inutilement de parvenir à ce but, et je connais la fin de non recevoir opposée par le Cardinal Antonelli aux sa·ges ·conseils du Due de Gramont, et du Marquis de La Valette. Mais il n'échappera pas à la clairvoyance du Gouvernement Impérial que le prétexte d'hospitalité sur lequel S. E. étaye son refus engage la responsabilité morale du Gouvernement Pontificai dans les tentatives des brigands, bien plus qu'elle ne fait honneur à ses sentiments de philanthropie. Est-ce que la Cour de Rome serait à meme d'accorder un asile à l'ex-Roi de Naples et à ses partisans, si elle n'était elle-meme protégée par le glorieux drapeau de la France? Et n'est-ce pas abuser d'une manière inconcevable de cette généreuse protection que de la faire tourner au détriment de cette cause italienne dont l'Empereur est l'illustre défenseur? Des documents qui ont été livrés à la publicité ont démontré, d'ailleurs, comment la Cour de Rome savait concilier les devoirs de l'hospitalité avec les ordres de l'Aut['iche lorsque des membres de la famille Bonaparrte ne pouvaient vivre en Italie .sans etre en butte aux défiances. et aux persécutions du Cabinet d~ Vienne. Ce qu'on demande actuellement au Gouvernement du Saint-Siège n'est donc pas sans précédents: il n'y a rien là qui dépasse ·la •sphère de ·ce.s tradition.s politiques auxquelles la Cour de Rome s'attache avec un respect si scrupuleux.

Il y a que1ques mois le Gouvernement de S. M. I. donna un précieux t~oignage de son désir de contribuer à la pacification complète de l'Italie Méridionale, en ordonnant au Général Goyon d'empecher, d'accord avec le Commandant des troupes royales, les expéditions des brigands.

Mais ce n'est pas seulement à la frontière, c'est à Rome meme que la plus grande surveillance est nécessaire. En effet c'est à Rome et dans les environs que les brigands, tombés dans les mains des troupes françaises et remis par elles aux Autorités Pontificales, sont, derechef, équipés, armés et tenus prets pour de nouvelles expéditions. C'est à Rome meme qu'existent les Comités légitimistes et bourboniens, qui ont recours à tous les expédients pour entretenir des troubles dans le midi de l'Italie.

L'éloignement de Rome de l'ex-Roi de Naples parait donc absolument nécessaire, pour prévenir le retour des scènes de pillage, de meurtre et de viol qui ont. désolé, pendant l'été dernier les Provinces Napolitaines. Vous savez, M. le Ministre, que le Cabinet que j'ai l'honneur de présider désire avant tout se mettre complètement d'accord avec le Gouvernement de l'Empereur relativement aux moyens pratiques de résoudre graduellement la Question Romaine. En cela nous ne faisons que suivre les vceux du Parlement, et du pays qui ont accueilli avec une faveur marquée la partie de mon programme où j'exposa~s ces idée.s. Cependant pour que les populations italiennes attendent sans trop d'impatience que les deux Gouvernements aient pu trouver le moyen de surmonter les diffi.cultés dont la Question Romaine est entourée, il faut au moins que Rome cesse d'etre le foyer des conspirations qui menacent notre existence nationale. C'est uniquement de

cette manière que nous obtiendrons le calme nécessaire pour suivre des négociations aussi importantes et aussi délicates.

J'ajouterai, à ce sujet, que mon désir de marcher d'accord avec le Gouverne. ment de l'Empereur me fait souhaiter de connaitre quelles sont ses idées sur le moyen pratique de résoudre la question romaine avant de formuler et d'exposer à mon tour un mode de solution.

Dans la remarqu<)ble dépeche qu'il a adressée au Marquis de La Valette le 11 Janvier 1862 S. E. M. Thouvenel, après avoir. rappelé que ouvertement proclamé ou tacitement admis, le principe de non intervention est devenu la sauvegarde de la pa.ix européenne, chargeait S. E. le Marquis de La Valette de lui faire connaitre si l'on pouvait espérer que le· Saint-Siège se pretàt à l'étude d'une combinaison qui assurerait au Souverain Pontife les conditions permanentes de dignité, de sécurité et d'indépendance nécessaires à l'exercice de son pouvoir.

Le refus du Cardinal Antonelli a empeché le Gouvernement Impérial de développer sers idées. Cependant ces paroles expiriment trop bien le but que nous nous proposons pour que je ne souhaite pas de connaìtre l'appli.cation pratique que S. E. M. Thouvenel serait disposé à donner à ces principes. En effet nous voulons, de méme que le Gouvernement Français, que la dignité, l'indépendance et la sécurité du Chef de l'Eglise soient complètement garantiers. Je serai donc reconnaissant à S. E. M. le Ministre des Affaires Etrangèll'es. s'il veut me communiquer confidentiellement par votre inte11médiaire, le développement qu'il serait disposé à donner à ces idées.

En vous autorisant à donner lecture de cette dépeche si vous le croy~z nécessaire, à S. E. M. Thouvenel, je saisis l'occasion de vous offrir, M. le Chevalier, l'assurance de ma considération très distinguée.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

T. 121. Parigi, 18 marZJo 1862, orte 13,35 (per. ore 14,10).

Hier au soir aux Tuileries le bruit courait qu'une expédition était partie d'Ancòne avec Garibaldi.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

T. 123. Parigi, 18 marzo 1862, ore 21,20 (per. ore 22,30).

Un télégramme d'Athènes parla voie de Vienne porte que le troisième fils du Roi Victor Emmanuel a été prociamé Roi à Syra sous le nom de Othon II (1).

(1) Il terzogenito di Vittorio Emanuele II si chiamava Oddone.

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CIRCOLARE DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO (1) (In traduzione francese nel LV 4, pp. 1-6)

Torino, 20 marzo 1862.

Dal programma svolto dinanzi alla Camera elettiva nella tornata del 7 corrente la S. V. avrà compreso quale sia l'indirizzo che la novella Amministrazione intende seguire tanto per ciò che concerne gli affari interni, quanto per ciò che riguarda le nostre relazioni coll'Estero. Non pertanto al fine di porla in grado di concorrere per quanto è da Lei all'attuazione di questo indirizzo, stimo opportuno di farle conoscere la mente del Governo intorno ad alcune questioni principali la cui soluzione interessa al più alto grado la gloria del Re, l'avvenire del paese e la pace del mondo.

L'Italia costituita nelle attuali sue condizioni e riconosciuta da alcune fra le Grandi Potenze come un fatto compiuto, ha oramai acquistato un titolo sufficiente per chiedere di essere riconosciuta dalle altre, e di assumere quindi in Europa la parte che, nell'interesse dell'equilibrio politico e dei progressi morali ed economici, spetta incontestabilmente alla madre della civiltà moderna.

Il modo con cui le popolazioni italiane, lasciate, dopo i preliminari di Villafranca, in balia di se stesse, son venute costituendosi intorno alla Dinastia di Savoia, ha resa accorta l'opinione pubblica dell'Europa del come l'opera che i trattati del 1815 stabilivano in Italia, fosse male assisa, e del come dopo le scosse che l'hanno rovesciata, si abbia oramai a ritenere di impossibile ristaurazione,

Dinanzi ai fatti che, sotto l'impulso del principio nazionale, si son compiuti in questi ultimi tre anni, torna inutile il cercarne le cause nel modo con cui le diverse parti della penisola furono per lunga mano rette dai cessati Governi. Questi sarebbero stati più illuminati, ·e meno ossequenti all'influenza dello straniero stabilito in Italia, che non avrebbero avuta miglior sorte, e ciò per la sola ragione che erano inciampo all'avvenimento della nazionalità dinanzi a cui non è stata forza di tradizione o di pregiudizi municipali che abbia potuto resistere. L'istinto italiano solo guidava le popolazioni tutte della penisola.

La pace di Zurigo, rendendo omaggio in pari tempo al concetto nazionale ed alle supposte tendenze municipali, sembrò ai migliori spiriti porgere la soluzione più accomodata alle condizioni della Italia, ma il popolo, col sentimento de' suoi destini e de' suoi pericoli, usava dell'a11bUrio che al proposito gli era accordato per protestare con voti replicati e solenni contro una forma che il senso nazionale non poteva più comprendere. Questa protesta aveva luogo malgrado i tentativi ·Che la Potenza ·cui 1si deve attr~buke il ·Concetto della Confederazione italiana, faceva, in forma amichevole, per farlo accogliere dalle popolazioni e dai principi. Nulla è accaduto dappoi che possa spargere il menomo dubbio sulla persistenza della volontà degli Italiani a simigliante riguardo. Una prova di tale persistenza e del bisogno che sente l'Italia di formare un tutto organico

ed indivisibile si è rivelato quindi nel fatto che essa anticipando sulle delibera~ zioni del Parlamento respingeva, come per istinto, un progetto in cui, fatta ragione della diversità di legislazione esistente tra le va~ie Provincie, si vendva da autorevoli Ministri proponendo di dividere amministrativamente la penisola in altrettante regioni, la circoscrizione delle quali sembrava riscontra,rsi con quella degli antichi Stati. E quando l'Italia si vide orbata del grande uomo di Stato che non cesserà mai di piangere, i voti concordi del principe e del popolo chiamavano a surrogarlo colui che aveva più saldamente oppugnato codesto progetto, l'illustre Capo della precedente Amministrazione, il quale, senza tener calcolo dei presagi funesti, ed ispirandosi unicamente del sentimento nazionale, sopprimeva arditamente le Luogotenenze per le quali erano in fatto mantenuti. cogli antichi centri politici gli antichi Stati.

Nessuna delle sinistre previsioni si verificò e le più splendide Capitali si adagiarono alla modesta condizione di sedi di Governi provinciali.

Tutti i mezzi posti in opera dai fautori dei Principi spodestati per suscitare qualche moto a far fede che non erano affatto dimenticati dai loro antichi sudditi, riescirono senza effetto e ciò malgrado l'appoggio che trovavano in una influenza potentemente organizzata e che per nostra sventura si è mostrata finora avversa alla ricostituzione dell'Italia.

Il brigantaggio, l'armata dei partiti irremissibilmente perduti, ha potuto desolare alcune delle Provincie Meridionali dove gli accidenti de!_paese sembrano più favorevoli al parteggiare, senza essere mai stato in grado di stabilire fosse pur anco per un giorno un simulacro di Governo non che in una piccola terra, in un villaggio qualunque. Non un ufficiale Hali'ano ài qualche grado, non una persona di qualche credito, ha osato di assumere la responsabilità di codesta guerra da masnadieri, sconfessata da coloro stessi in nome dei quali era stata accesa.

Vi può essere in alcuni Gabinetti d'Europa qualche simpatia per gli infortunii delle cadute dinastie, ma non vi può essere più chi, in presenza di simili fatti, pensi a ristabilire un ordine di cose cui la Provvidenza ha per sì aperti segni precluso il ritorno.

Gli interessi materiali vogliono pure essere ascoltati. Se si pone mente invero ai progressi industriali e commerciali che si sono compiti in questo breve stadio di regime unitario, si ha argomento di presagire l'importanza economica che in un non remoto avvenire sarà per acquistare il nostro paese. Quindi la convenienza di aprire trattative e stringere cogli altri Stati Convenzioni destinate ad accrescere le sorgenti della comune prosperità. Tutte le nazioni hanno perciò un eguale interesse a procacciare che, sull'etsempio prima dato dalle due grandi potenze occidentali, le altre non si rimangano dal riconoscere l'Italia. Questa ricognizione avrà per effetto di attutire gli spiriti contro la minaccia di una ristorazione che, al punto in cui sono oggi le cose, non potrebbe eseguirsi e mantenersi che mediante l'intervento delle armi straniere e col terrore. L'ordine nella libertà non può mantenersi e consolidarsi in Italia che nella forma monarchica rappresentativa sotto la gloriosa dinastia S.abauda, la quale congiunge alla legittimità storica ,la .le,gittimità del voto nazionale e ad entrambe quella che risulta dal fatto che in suo nome son mantenute nelle condizioni di pacifica coesistenza e d'ordine civile le diverse parti d'Italia.

La Questione Romana preoccupa' pure al più alto grado il Consiglio della Corona. Il Re ha mandato e dalla Nazione e dal Parlamento, come di reintegrare la nazione, così di portare la Sede del Governo nella Città E:terna a cui sola spetta il titolo che porta già di Capitale dell'Italia. Questo mandato è indeclinabile. La soluzione di simigliante questione si collega col mantenimento dell'opera compiuta in Italia a seguito dell'ultima guerra. I nostri alleati che pertanto hanno conferito a questo risultamento sono interessati a far sì che anche per questo riguardo si compiano i destini d'Italia. Il Governo non si dissimula che non pochi fra i cattolici contrastano al suo intento. Agli occhi di alcuni di essi, la confusione delle due potestà in Roma è la condizione principale della loro separazione nel resto della cattolicità. Nè s'accorgono che questo grande beneficio della separazione delle due potestà si attuava, come lo attesta la storia, quando la Santa Sede non aveva ombra di temporale dominio. I Pontefici invero che più potentemente conferirono a stabilire l'indipendenza del sacerdozio, sull'esempio dell'autOII'e della loro fede, non trovavano spesso, come sclamava il più illustre di essi, una pietra su cui ·riposare il loro ·capo.

La libertà della Chiesa non è caduta in sospetto e le relazioni del Pontefice colle Potenze non sono divenute cagioni di irreparabili scismi se non se quando la sua Sovranità temporale era più estesa e meno contestata: da oltre tre secoli il dominio temporale è il più grande .perkolo della Chiesa considerata come istituzione religiosa. La caduta di questo avanzo dell'età di mezzo non farà che assodare la libertà della Chiesa. In quel tempo tutte le grandi libertà si assicuravano

sopra una parte della sovranità territoriale. La Chiesa vi assise la sua. Col rovinare del medio evo la sovranità risale dovunque alla sua sorgente, e le libertà son venute cercando nel diritto comune la guarentigia che prima trovavano nel privilegio territoriale. Chi può oggi affermare che gli elettori ecclesiastici od i Vescovi Sovrani nell'impero ed in altri Stati fossero più liberi spiritualmente

che non lo sono oggi i Prelati che occupano i loro seggi? Il contrario è evidentemente solo vero. La protezione non è che una forma della servitù. Il bisogno che ne aveva la: Santa Sede pe' suoi possessi temporali, la rendeva nella mente dei popoli, meno libera rispetto alle potenze protettrici. L'indipendenza del Sovrano Pontefice, esonerato dal peso temporale, avrà un'assicuranza indefettibile nel fatto che la sua libertà è un bisogno perenne e costante di tutte le popolazioni cattoliche ed insieme dei governi che le rappresentano e le tutelano. Ne ha un'altra egualmente salda nell'interesse che ha l'Italia di mantenere nel suo seno la Sede di questo alto potere che è pure una delle sue glorie e una delle sue forze. Il nostro sistema elettorale, assicurando largamente il concorso delle popolazioni su cui ha maggiormente azione l'autorità religiosa, impedirà sempre che questa cessi di essere indipendente. La sua libertà ha altresì una malleveria efficace, quantunque negativa, nel principio che è a fondamento delle nostre istituzioni secondo il quale il Governo rimane assolutamente incompetente nelle materie religiose.

La resistenza che Roma oppone alle legittime aspirazioni dell'Italia per un interesse che non è nè compromesso nè minacciato, riesce evidentemente, qualunque sia l'intenzione dei loro autori, meno a porre le coscienze in guardia contro pericoli immaginari che a sostenere interessi di parte estranei alla religione e che cercano in questa Corte stessa e nelle potenti influenze di cui dispone ii punto d'appoggio che loro manca sul terreno politico. Da ciò un argomento di più perchè la questione si abbia a risolvere nel nostro senso.

Il Governo del Re farà ogni opera per conseguire, in accordo del grande alleato le cui armi tutelano la persona del Santo Padre, questo fine importante; Egli è disposto a guarentil'e di concento •COi Governi che vi soillo interessati questa alta libertà tanto per ciò che concerne. l'esercizio della potestà spirituale quanto per dò che tocca le relazioni della Curia Romana coi Governi e colle popolazioni Cattoliche. Collo stesso concorso e colle stesse garanzie sarebbe stabilita a titolo perpetuo una dotazione bastevole a provvedere decentemente alla dignità del Pontefice ed al decoro del Sacro Collegio, nonchè al mantenimento degli uffizi e degli 1sbttuti ond'è costituita l'ammin1strazione ·ed il Governo della Chiesa.

Quando la Santa Sede si sia rassegnata alla necessità di sacrificare per la costituzione dell'Italia e per la pace la sua sovranità temporale sarà agevole il riconoscere che dopo ciò, il Papa non potrà avere la pienezza di libertà indispensabile all'esercizio del suo alto ministero se non nella metropoli della Cattolicità sotto l'egida del Governo che più d'ogni altro è in grado di mantenerla incolume.

Per questa via si compirà colla reintegrazione di un gran popolo l'emancipazione della Chiesa a comune beneficio della religione e della civiltà. Tutti i pericoli che nell'antagonismo presente possono minacciare la religione svaniscono. Roma Capitale dell'Italia consolida e corona l'edifizio dell'unità nazionale ed assicura in pari tempo l'unità cattolica.

Un'altra questione di gran momento, la questione della Venezia, preoccupa vivamente le Potenze amiche come agita gli spiriti in Italia. Il Governo però si sente abbastanza forte per poter impedire che questa questione venga pregiudicata con tentativi atti a turbare lo stato delle relazioni esistenti, nè mancherà al suo compito. Tuttavia non bisogna nascondersi i pericoli onde per la presenza dello straniero in una parte si importante del territorio italiano, possono essere minacciati ad ogni istante l'ordine e la pace del nuovo Regno.

La comunanza di origine, di lingua, di dolori, di speranze e di glorie onde le popolazioni verrete sono strette a noi; i voti da esse espressi e il sangue sparso nel 1848, la chiamata e le p['omesse fatte loro durante la guerra de1 1859, la parte che quindi vi presero i volontari di tutte le Provincie verrete, il numero degli emigrati di queste Provincie che sono ora dispersi nelle nostre Città e nel nostro esercito, tutto ciò stabilisce fra la Venezia e il resto della penisola un nesso di simpatia e di solidarietà sì potente che egli è impossibile che l'Italia possa rimanere mai indifferente alle sofferenze di quella che funeste sorti legano ancora ad una straniera potenza. E più la nazione va rafforzandosi ,si ha maggior ragione di temere che essa un giorno, rotti i ritegni della pazienza, non tenti di riscuotersi dallo spasimo che risente per la pressione cui è sottoposta una sì nobile parte del suo corpo.

L'Austria qualunque sia la sua politica potrà bensì conservare coll'armi le Provincie che occupa in Italia, ma egli è aperto agli occhi meno chiaroveggenti che esse hanno cessato di moralmente appartenerle, attesa l'incompatibilità cui dà causa la repulsione del sentimento nazionale. Il suo diritto è scalzato dal fatto appunto che non può più tenerle se non con la forza. Essa potrà bensì aggiornare

la crisi ond'è minacciata, non potrà mai impedirla, l'esempio delle nostre libertà è fatalmente destinato a predpitarla.

E quantunque non si abbia argomento di credere che l'Austria sia per rinunziare ad alcuno dei suoi dominii senza esservi costretta, ciò non pertanto, si potrebbe venire oggi in un concetto diverso ove pure si considerasse la questione sotto l'aspetto dei carichi enormi che senza compenso adeguato, si impone l'impero austriaco per la conservazione de' suoi dominii italiani, e sotto quello dei vantaggi d'ogni maniera che sicuramente gli deriverebbero dal restituirli all'Italia, nella quale dopo ciò non potrebbe più ravvisare che una potenza naturalmente alitata ed amica la quale non avrebbe receduto da alcun sacrifizio per ottenere un tale risultamento.

Le Potenz·e che hanno creato un simUe stato di cose sono investite del man

dato di provvedere alla soluzione pacifica di questa grande questione.

Il Governo del Re su cui pesa la responsabilità del mantenimento dell'ordine e della pace d'Italia, aveva debito di avvertirle denunciando loro i pericoli cui a questo riguardo possono dar luogo a indugi troppo protratti, pericoli che non saranno rimossi che quando pel riordinamento del sistema territoriale stabilito nella penisola dai Trattati del 1815, si verrà a riconoscere nei suoi naturali confini l'Italia emancipata.

La S. V. coglierà tutte le occasioni che nelle sue relazioni officiali od officiose potranno offrirsele per portare a cognizione del governo presso il quale è accreditato, il modo secondo cui il nuovo Gabinetto considera le questioni che interessano per tanti e sì diversi rispetti le condizioni dell'ordine e della pace del mondo.

(1) Questa circolare era stata approvata dal Consiglio dei Ministri il 18 marzo 1862, cfr. ACSR, Verbali delle deliberazioni de! Consiglio dei Ministri, I, p. 25.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

T. 124. Parigi, 20 marzo 1862, ore 14,20 (per. ore 15,20).

J'ai lu aujourd'hui au Ministre des Affaires Etrangères la dépeche du 17 (1); Thouvenel est dans des excellentes dispositions mais avant de répondre il attend l'arrivée de La Valette qui est déjà parti de Rome.

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IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

R. 48. Atene, 20 marzo 1862.

Lo spaccio di Saba1to, che fu il 15 del corrente (2), fece sapere a V. E. il buon successo dell'armi regie sotto Nauplia e l'ordine ristabilito in Sira mediante quel poco di truppa che la corvetta Amalia avea colà trasportato con estrema celerità.

In questi ultimi giorni nessun fatto è accaduto di molto rilievo. Nella stessa notte del Sabato si radunarono pres,so ad Atene alquanti contadini armati, condotti dal medico Gondas con isperanza di eccitare tumulto nella città. Incontrati da qualche grossa pattuglia di gendarmi e 'lancieri, dopo sparati molti colpi e cnedo senza morte di alcuno si dileguarono. Ma la Corte fu in grande apprensione e il Palazzo venne subito custodito da soldati e cannoni.

In Nauplia, il dì dopo la presa degli esterni trinceramenti, si deliberò di chiedere un armistizio e quindi la resa della città col patto d'un'amnistia. Il generale Hahn consentiva l'armistizio di cinque giorni. Rispetto all'amnistia, rispondeva non avere facoltà a spedire al governo la domanda o meglio la supplica degli assediati.

Quanto al fatto medesimo della presa immediata e facilissima delle trincere, stimo di sapere il modo che vi si è adoperato e che non debbe ignorarsi da chi vuoi giudicare secondo verità i presenti casi di Grecia. Quindici giorni e più sono stati spesi dal governo in pratiche occulte coi soldati e i bassi ufficiali della guarnigione di Nauplia; e tali pratiche furono iniziate e menate a buon termine da alcuni finti disertori dell'armata regia. Assai denaro si è sparso di soppiatto in quella truppa e più assai se n'è promesso, dopo eseguiti gli accordi. Il governo medesimo, qualche dì innanzi, confidava agl'intimi suoi la certezza che aveva d'una pronta e felice risoluzione della rivolta di Nauplia per effetto d'intelligenze e maneggi prosperamente riusciti. Di quindi è proceduto che i regi, per ciò che si dice, potettero accostarsi ai trinceramenti di AriJa, e di Glikia senza ll'icevere danno nessuno dalle artiglierie, e, incominciato l'assalto, la soldatesca della città che dovea provarsi a respingerlo dettesi da ogni parte alla fuga salvo alcuni ufficiali rimasti morti o prigionieri. Però sembra che i nove soldati uccisi e i quaranta feriti di cui parla il rapporto del generale Hahn ,siena stati pereossi dalle artiglierie del solo Monte Elia, che era in guardia di gente o più abile o non ancora sedotta. Il sicuro è che i soldati di presidio in quel monte lo tennero e lo difesero insino alle nove di sera e quando s'accorsero della presa di tutti gli altri posti avanzati.

Ma comunque ciò sia, la sollevazione è vinta e disfatta per ogni lato e della profonda perturbazione del regno la prima parte è compiuta. Rimane ora la seconda dell'acquetamento degli animi e riordinamento delle cose. La voce più ripetuta e diffusa si è che il re non consente a dare alcuna amnistia, eccettuando i militi semplici e i bassi ufficiali che pel troppo numero e la troppo obbedienza prescritta loro vanno di necessità impuniti. Solo il re si propone far grazia spartitamente ad alcuno individuo che gli parrà meritarla per circostanze peculiari e straordinarie. Vero è che l'amnistia racchiude grandi pericoli e ne racchiude poco meno la punizione. Il meglio per lui sarebbe che i più compromessi rinvenissero un qualche legno che di notte su qualche punto mal guardato della spiaggia argolica li pigliasse a bardo e prendesse il largo, e in ogni caso il Governo facesse vista di non avvedersene. Innanzi di chiudere il foglio scriverò a V. E. altri ragguagli che spero di raccogliere intorno al proposito e che sono risoluto di chiedere alle persone stesse del Ministero.

Ripeto a V. E. che le Legazioni straniere quelle segnatamente delle tre potenze protettrici sonosi astenute da qualunque intervento o materiale o morale

conformandosi in ciò alle proprie istruzioni; e sebbene l'inviato di Francia sia in continui discorsi con gente di Corte e coi capi dei Ministeri, stimo di sapere che in tali atti è un valore unicamente ufficioso e quasi privato e v'à parte eziandio il carattere sempre aHivo del Ministro e l'·abito suo d'lingerirsi as,sai volentieri. I legni inglesi e francesi spediti a Sira ebbero commissione di solo proteggere le persone e l'avere dei sudditi rispettivi, qualora fossero minacciati. Il Vice Console nostro di là signor Vacondio non avendo alcun patrocinio di navi italiane à, nondimeno, protetto come gli era possibile, i nostri connazionali, alzando bandiera italiana sulla sua casa e chiamandovi la più parte delle famiglie di sudditi che sono in Sira, compresa quella del veneto Signor Conte Moro che là trovavasi di passaggio. Nè tanta cautela è stata soverchia per lo spazio di qualche ora e propriamente in quel tempo che giungeva in porto il vapore Carteria tornato in dietro e avente a bOII"do soldati regj. La plebaglia usciva armata per le vie gridando che bisognava impedire lo sbarco; ma il suo intento segreto era di approfittal'!si del subuglio e predare qua e là nelle -case e nelle botteghe. Sopravvenne la corvetta Amalia con altre truppe e le une e le altre scese a terra ànno ricondotto l'ordine e la sicurezza nell'isola; in cui per la poca amicizia che corre tra la cittadinanza cattolica e la ortodossa ogni moto di popolo diventa oltremodo pericoloso.

Forse V. E. verrà istruita di questi particolari dal rapporto stesso del Vice Console trasmessogli dal Signor Malavasi. Non ·pertanto, ne ò voluto fare parola, onde apparisca. a V. E. troppo fondata e legittima quella istanza che più volte ò ardito di farle per l'invio più che sollecito di qualche legno da guerra italiano. Nè stimo che oggi medesimo sarebbe inutile la sua comparsa, ma, invece, opportunissima.

Quanto al Signor Conte Moro, qual sia Ptntento che il fa giral!"e per queste provincie non so. V. E. può subito istruirsene con esattezza, perocchè quel signore s'intitola ingegnere del governo italiano e dice essere stato da esso governo spedito a Napoli ultimo suo soggiorno nella Penisola.

A giudicare poi il tutto insieme di questa sollevazione oso accertare a V. E. che se una parte del picciolo esercito l'à messa in atto, buon numero degli ufficiali dell'altra parte era tinto della medesima pece e disposto ai medesimi fatti. Ma come accade in simili tentamenti, l'avere il governo mutato a tempo qualche capo e l'essere fallito il disegno di far tumulto in Atene à bastato a ritenere parecchi dallo scuoprirsi ed anzi li à persuasi a spiegare zelo ed attività per la causa regia.

Un altro errore sarebbe di credere che il fatto consiste solo in una rivolta di caserma appunto come vanno discorrendo i Ministri ed il seguito loro.

Per grave danno della Grecia, l'armata dopo il successo ottenuto nel 1843 non à mai deposto i pensieri politici e la pretensione di essere come il palladio e il rifugio estremo della libertà popolare. Il qual sentimento le è divenuto tanto più abituale e profondo quanto che gli ufficiali appartengono quasi tutti alle famiglie più notabili del paese e quindi sono avezzi nelle lor case a trovare alimento e dogo a·gli umori polit'ici e a stimarsi in qualche modo arbitri delle sorti di quello. Aggiungesi che da gran tempo il Collegio Militare del Pireo dava all'esercito una gioventù estremamente accesa d'idee liberali ed ostili al Governo.

Quindi gli ufficiaH macchinando un'alzata di bandielfe contro i Ministri e le Camere non reputavano, come ·qualunque altro esercito avrebbe fatto, di recare offesa all'onor militare, ma sì di adempiere un sacro dovere soccorrendo la patria oppressa ed afflitta. Non pretendo con ciò di dire che le gelosie, le ambizioni e le altre cagioni interessate e individuali non vi s'inframettessero; ma nel generale la congiura si propagava per un amore inconsiderato sebbene sincero alla libertà e al risorgimento della Grecia. E ogni scrupolo veniva loro strappato dall'animo, vedendo tuttogiorno le leggi e le istituzioni falsate e contorte e però il governo dar primo l'esempio della illegalità e del soffocare con la forza il diritto. Vero è che i cittadini non militari cospiranti insiemé con l'esercito sono riusciti assai pochi il giorno che doveano pigliare le armi e assaltare per via di fatto il governo. Ma ciò è provenuto non perchè il re ed i suoi ministri e le Camere abbiano molti amici e fautori. Chè anzi la scontentezza è comune e crescente; e se taluno biasima la rivolta, nessuno s·e ne sdegna .per la ragione che il governo non l'abbia meritata. A me venne occasione altra volta di scrivere ne' miei rapporti che la presente generazione ellenica resta molto inferiore di vigorezza e di ardor bellicoso a quella che sosteneva ·contro il Turco una guerra lunga e disperaltissima. Nei campagnuoli poi non è altro concetto nè altro desiderio che di essere più sicuri e di pagar meno. Cotesta fiacchezza generale degli animi à fatto che il più de' cittadini non à nè soccorso nè combattuto il governo; e che dovunque la truppa insorgeva il popolo secondava; così è accaduto in Nauplia, ad Argo, a Tripolizza, a Sira, a Calcide. O' pure sotto gli occhi un rapporto del Vice-Console di Navarino. Egli attesta che quella provincia è quieta e non minaccia di scompigliarsi. Ma subito aggiunge che i lagni contro al Governo sono di tutti e sopra ogni cosa e che la pubblica tranquillità non è dipendente dall'affezione del popolo inverso chi lo regge ma sì dal timore dell'anarchia e dal rischio di vedere minacciate le possidenze in paese dove non è mai spento il seme dei masnadieri e saccheggiatori. In fine, l'apatia delle plebi, e il mal contento vivissimo delle persone educate ed agiate à prodotto che la rivolta è caduta piuttosto per insufficienza dei capi e il concorso di accidenti contrarj di quello che per la devozione dei popoli inverso il principe e per avversione all'opera dei ribbelli. Se il generale Zocrì invece di chiudersi in Nauplia difendeva, com'era stato ordinato, le serre di Argo; se la fregata Amalia partiva qualche ora prima per Nauplia a cui era diretta e gl'insorti di Sira avevano ;:~gio di eseguire il disegno loro; infine, se .i sollevati non avessero scioccamente perduto un mese di tempo dando campo al governo di ordire pratiche e stringere intelligenze, dubito assai che a quest'ultimo rimanessero mezzi e partiti da riuscire il più forte. Ma quanto esso à spiegato nel grave pericolo straordinaria abilità, energia e prestezza, altrettanto sono stati poco vigorosi e capaci i macchinatori della rivolta. Io già scriveva, or fa qualche mese, in una mia relazione che se la rivoluzione non iscoppiava, ciò doveasi recare a difetto di capi assai reputati e alla diffidenza naturale del popolo greco. Ora aggiungo che la rivoluzione scoppiata, cade e soccombe per le ragioni medesime del mancare i capi e del diffidarsi l'uno dell'altro.

Penso che le cose in sino a qui esposte a V. E. sieno bastevoli a dimostrarle in quanta confusione di pensieri e di passioni popolari e tra quali asprissime difficoltà versa la Corona ellenica, sebbene uscita vincitrice della ribbellione. Le carceri riboccano d'imputati di crimenlese; la irritazione degli animi è poco meno che estrema. Se il Re non rispetta le libertà pubbliche e non muta il tenore della sua amministrazione, la Grecia si accosterà alle condizioni in cui Ferdinando II mise il Regno di Napoli. Se, invece, il. Principe piglia l'occasione della vittoria e concede ai liberali ciò che oggi non gli può essere strappato dalla violenza e dalla paura, lo Stato può ancora riordinarsi e largamente progredire nel bene. Quanto a me, io ne sento un gran desiderio e una debolissima speranza.

Questa mane H Signor Ministro CondouriotLs da me interrogato circa l'>:J.rrmistia che domandano gl'insorti di Nauplia, mi rispondeva essere probabile la promulgazione d'una amnistia, ma non potermene ancora definire i limiti, perchè aspetta il governo altre nuove da Nauplia secondo le quali verrà all'ultima deliberazione intorno al proposito. Intanto, l'armistizio sarà prolungato.

Mando a V. E. come allegato (1), il numero ultimo del Précurseur in cui sono molti particolari degni di essere noti a chi va studiando con diligenza il corso degli avvenimenti di Grecia. Io già avvertivo in altra occasione che il Précurseur è parzialissimo pel governo; e tuttavolta dal fondo delle sue medesime considerazioni risulta la gravità minacciosa che stava per prendere la ribbellione. Debbo qui pure accennare che la posizione domandata dal Précursem· Molino di Tabacopulo, talvolta piglia il nome di Glikia per essere in prossimità di una sorgente così appellata.

Il Ministero degli esteri mi trasmette la unita :lettera rogatoria (2) alla quale prego V. E. a voler dare il corso regolare. Ho regolarmente ricevuti i dispacci di V. E. del 2, 4, 13 di questo mese, segnati coi numeri, 16, s. n. e 17 (3).

(1) -Cfr. n. 183. (2) -Non pubblicato.
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IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

R. 128. Londra, 20 marzo 1862.

La Camera dei Comuni ha dovuto prendere in considerazione un punto di diritto di grave importanza questa settimana. E quest'importanza stessa non si riconobbe per dir così che col progredire della discussione. Anzi un momento si pensò che al Ministero sarebbe toccata una sconfitta senza .che si credes3e però che per questa vi sarebbe una quistione di gabinetto.

Ma benchè il Governo abbia potuto far ritirare la mozione però n'è rimasta una situazione tale da far prevedere che si rinnoveranno forse con più energia gli sforzi un altr'anno degli armatori di bastimenti Inglesi.

Questi vogliono in previsione di una guerra qualunque ottenere che si adotti il principio che non solo la mercanzia nemica può esser salva sotto bandiera neutra, ma che il commercio anche delle potenze guerreggianti fosse dichiarato salvo da cattura. Questo principio, come osserva Lord Palmerston, abolendo i blocchi e restringendo le guerre a sole operazioni fra le flotte ed armate nemiche

ridurrebbe talmente i ma1i della .guerra da nemmeno contentare i filantropi poichè le guerre limitate in questi termini durerebbero eternamente. Ed inoltre un paese come l'Inghilterra, che vanta una Marina militare straordinaria si troverebbe così abdicare la supremazia dei mari poichè il nemico conserverebbe il modo d'arricchirsi e spender denari per una guerra che non impedirebbe il suo commercio ed inoltre a un dato momento i marinari della Marina Mercantile che nello stato attuale delle cose si potrebbero catturare e impedire di servire in guerra allora potrebbero circolare liberamente. Dunque, risponde Lord Palmerston, se fate la guerra sostenetene i pesi, anche a costo di veder le vostre operazioni commerciali fatte temporariamente da bastimenti forastieri e questi ricevendo grossi noleggi mentre i vostri staranno a marcire in porto.

Le interpellanze poi relative all'Italia non produssero nessuno degli effetti che ne volevano gli autori. Il Ministero rispose in modo da provarne la malignità e la stampa di Londra anch'essa sparse il ridicolo su questi settuagenari e rimbambiti calunniatori. Lord Malmesbury, tuttochè facesse vedere come credesse nocivo al suo partito nell'opilnione pubblica la ta·ccia d'avversare le cose Italiane, però con quell'animosità contro il Piemonte e contro l'unità d'Italia, che trapela in ogni suo detto, ha formalmente dichiarato, con una certa semplicità più che sincerità, scopo del suo discorso essere il chiamar l'attenzione pubblica sull'arresto per sette mesi senza p!l·ocesso di Chris.ten in Napoli. La più gran sciagura per l'ex Ministro degli Esteri il quaJ.e sempre sostenne la Confederazione Italiana inclusa l'Austria in virtù dei Trattati del '15, e crede impossibile l'unificazione per l'antipatia che pretende esistere fra le varie razze Italiane, la più gran sciagura, ripeto, sarebbe che noi avessimo ragione coi fatti e lui torto. Dio ci liberi dall'assistenza di simili amici, i quali piuttosto che confessare aver mal visto ci vorrebbero a sobbisso. Ma nello stesso tempo non posso a meno che chiamare l'attenzione dell'E. V. sul pes!"imo effetto che può avere in questo paese la continuazione per opera nostra di un sistema che rimproveravamo al Regno or cessato, quello di detenzioni senza processi che durano per parecchi mesi. Se mancano prove megl:io sarebbe dar la libertà o se prove esistono ·condannare alla detenzione. Ma prigionia senza processo suonerà sempre male ad orecchie Inglesi. Tanto più liberamente sottometto queste osservazioni a V. E. che essendo or ora venuta al potere non l·e si può accusare di simili inconvenienti.

(1) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicata. (3) -Non pubblicati.
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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

R. 389. BerLino, 21 marzo 1862. Le Comte de Bernstorff m'a enfin reçu hier au soir, et j'ai pu lui donner connaissançe du programme tracé par le Ministère présidé par V. E., des assurances tranquillisantes ·contenue1s dans la dépeche télégraphique dl'iffrée du 9

Mars (1), et des dernières votations dans notre parlement. J'ai émis l'espoir que le Cabinet de Berlin, en suite de ces communications rassurantes, nous continue

rait sa bienveillance accoutumée, et qui plus est se déciderait à nous reconnaitre sans plus tarder.

M. de Bernstorff tout en se déclarant toujours animé de bonnes dispositions à nostre égard, m'a indiqué les motifs qui lui conseillaient d'ajourner la question de la reconnaissance. Les deux Gouvernemens avaient été bien près de s'entendre; mais des événemens imprévus ont surgi dans ces dernières semaines. Le changement de Ministère à Turin. Son programme ne diffère pas essentiellement de celui de M. le Baron Ricasoli; mais la situation ne serait plus la meme. D'après des nouvelles les plus authentiques, et provenant d'une source dont' on ne saurait récuser le témoignage, les chances de paix ont diminué. Nous procédons à des armemens extraordinaires; les partis extremes s'agitent plus que de coutume; l'inquiétude augmente dans l'Italie méridionale. En Prusse la chambre a été dissouté, le Cabinet s'est modifié. On est à la veill~ de nouvelles élections. Il serait imprudent de s'aliéner les populations catholiques per un acte qui, à tort ou à raison, frotsserait leurs sentimens réligieux. Cet acte est déconseillé meme pour ce qui concerne la grand Duché de Posen. Du moins de sérieuses objections ont été présentées par le Président de cette Régence. Des considérations d'une nature analogue pour ses ressortissans Oatholiques, font désirer à ìa Russie un ajournement de la reconnaissance. Or camme elle tient à marcher d'accord avec la Prusse, celle-ci ne pourrait aller de l'avant sans blesser ses scrupules.

* « Dans ces conjonctures, disait M. de Bernstorff, pourriez-vous nous engager à franchir la dernière étape qui nous sépare? Parlez-moi franchement, la main sur la conscience » (1) *.

Je n'ai pas hésité à répondre affirmativement en ces termes:

« Ou vous avez confiance dans notre Ministère, et vous devez le lui prouver en resserrant davantage les liens d'amitié entre les deux pays; ou vous nourrissez contre lui une défiance des plus injustes, et ce serait un motif de plus pour prendre acte de ses déclarations et pour vous assurer de son bon vouloir dès le début de son administration. Vous vous alarmez de la prépondérance de la France en Europe, et vous nous forceriez en quelque sorte par votre attitude à nous jeter dans ses bras, si nous ne tenions pas avant tout à notre dignité et à notre indépendance. Au lieu de nous donner des raisons sérleuses, les seules qui puissent etre acceptées par des hommes d'état sérieux, vous ne sortez pas d'un cercle vicieux de prétextes, de fins de non recevoir. Quand vos chambres étaient réunies et que 141 députés avaient présenté une motion pour la reconnaissance de l'Italie, vous objectiez qu'il .repugnerait au Roi de subir meme une apparence de pre•ssion parlementaire. Je devrais dane admettre, après le décret de dissolution, que l'intervalle entre :les deux législatures ·serait le mieux approprié pour prendre une détermination dont personne ne suspecterait le caractère de spontanéité. Mais vous etes d'avis maintenant qu'il importe, à la veille des élections, de ne pas s'aliéner les populations Catholiques; c'est-à-dilre que pour enguirlander une minorité réactionnaire et ultramontaine, qui n'est autre que le parti Autrichien, vous mécontenteriez la majorité de la nation.

p. 613, nota 3.

c Dans un moment de dépit contre l'Autriche et d'autres États de l'Allemagnc coalisés contre la Prusse, le Cabinet de Berlin fait mine ·de nous tendre la main. On nous demande, et 1nous donnons des assurances pacifiques. Elles auraient diì satisfaire amplement, mais comme si l'on voulait écarter les chances d'une ententP. et sans tenir compte de mes instances de ne pas tòucher la question de Venise, on invoque sur ce point des garanties que ni le Baron Ricasoli, ni aucun Ministre Italien ne saurait accorder.

«Le Gouvernement Prussien, malgré ses préventions contre la France, hésitait à se prononcer avant de savoir si le Cabinet des Tuileries ne s'offusquerait pas de sa reconnaissance. Cet obstacle est levé par une démarche formelle faite par le Prince de la Tour d'Auvergne. Peine perdue! cette démarche est aussi infructueuse que celle de l'Angleterre.

«Survient le changement de Ministère à Turin. Il faut attendre son programme. L·e programme est satis:fia:isrant, mais la situation intérieure se serait modifiée. D'après des nouvelles dont on ne m'indique pas la source, les partis extrèmes •se 1remettraient à l'ceuvre, nous poussevions à des armemens extraordinaires, comme s'il appartenait à la Prusse, qui en tems de .paix a doublé l'effectif de son armée, de s'étonner que nous augmentions nos forces, lesquelles d'ailleurs n'ont pas encore atteint le ·Chiffre des siennes! On se réserve en dernière instance de nous jug.er d'après nos actes.

« Quant à la Russie, elle ne nous est nullement hostile; mais ayant rompu ses rélations diplomatiques avec l'Italie, et ayant d'anciennes obligations vis-àvis des Bourbons de Naples, elle voudrait avoir l'air de ne céder qu'à une douce violence; c'est-à-dire recevoir l'impulsion de la Prusse. Elle ne veut pas la précéder; mais elle la suivra. C'est donc en quelque sorte la Prusse qui est respom;able du retard que le Cabinet de St. Pétersbourg met à nous reconnaitre.

« Je craindrais presque en soumettant les raisonnemens de V. E. à Turin, que notre Ministère n'en vint à la conclusion que le Gouvernement Prussien n'a pas le courage moral de sortir de son attitude expectante, et que sous un certain rapport il se montre plus Autrichien que l'Autriche elle-mème. Car après son insolente campagne entreprise contre la Prusse dans les premiers jours de Février, elle avait déjà à peu près pris son parti de nous voir reconnaitre par sa rivale».

Dans sa réplique le Comte de Bernstorff s'est efforcé de justifier le point de vue de son Gouvernement en développant les mèmes considérations présentées au début de cet entretien. * « D'autres occasions .se présenteront, a-t-il dit, pour conduire nos négociations à bon terme. Nous ne subordonnons pas notre politique à celle du Cabinet de Vienne. Une seule foLs le Comte Kacr-olyi •a: traité avec moi de la question de la reconnaissance. J'ai coupé court à la conversation en lui disant nettement que la conduite de l'Autriche en Février, nous dispensait de tout ménagement à son égard » (1) *.

J'ai cru devoir prévenir M. de Bernstorff que nous étions sur le point de conclure un traité de navigation et de commerce avec la France, et que les inté

p. 613, nota 3.

rets économiques de l'Allemagne devraient au moins l'engager à ne pas exposer le Zollverein à supporter dies droits différentiels en Italiie. Il m'a alors engagé, quand nous aurions signé ce traité, à faire des ouvertures à la Prusse, et que ce serait un argument de plus en faveur de la reconnaissance.

V. E. excusera, je ,l'espère, la longueur de cette dépeche qui établit quelle est la situation du Gouvernement Prussien à notre endroit. Je l'avais déjà signalée dans d'autres rapports; mais il m'a paru opportun de provoquer de nouvelles explications de la part du Comte de Bernstorff, et de lui exposer mon opinion sur les derniers incidens survenus dans nos pourparlers. Je tenais d'ailleurs du moment où il battait en retraite, à lui démontrer, à la chiìte du rideau, que je n'admettais pas comme bien fondés ses argumens dilatoires.

Gràces aux allures maladroites de l'Autriche, nous avons été bien près de triompher. Il faudra recommencer une seconde campagne. Je guetterai un moment favorable pour rouvrir le feu. En attendant (à moins que V. E. ne juge à propos de faire encore une tentative sur le terrain commercial), il conviendra de nous abstenir de toute démarche officielle à ce sujet, ne fiìt ce que par un sentiment de dignité.

Seulement pour me ménager quelque occasion de voir le Comte de Bernstorff, il serait peut-etre utile que V. E. vouliìt bien, comme j'ai déjà eu l'honneur de le lui demander, m'écrire des lettres particulières sur notre situaHon. J'en ferai le meilleur usage.

En accusant réception de la circulaire Ministerielle du 17 Mars (1) ...

(1) Cfr. n. 166.

(1) Il brano tra asterischi è in Die auswiirtige Politik Preussens, 1858-1871, II, 2,

(1) n brano tra asterischi è in Die auswèirtige Politik Preussens, 1858-1871, II, 2,

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

L. P. Torino, 22 marzo 1862. Il Barone di Seebach, Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario di Sassonia a Parigi, m'indirizzò il 15 corrente una nota per trasmettermi la qui unita lettera del suo Sovrano per S. M. il Re di Sardegna. Dopo la legge sancita l'anno scorso, la quale abolisce questo titolo, io non posso consegnare detta lettera reale a mani di S. M., e mi trovo perciò costretto a rimandarla indietro. In questo stato di cose, per tutelare la dignità della Corona e mostrare nello stesso tempo il vivo desiderio che ha il Governo del Re di conservare i legami di buona amicizia finora esistenti colla Corte Sassone, stimo conveniente, anzichè di farlo io stesso, di incaricare la S. V. Ill.ma di restituire, nei modi .che Ella crederà più convenienti, la suddetta lettera al Barone di Seebach, esprimendogli in pari tempo il mio rammarico ed assicurandolo che di buon grado io accetterò tutti quegli accomodamenti che dalla Sassonia verranno suggeriti per non interrompere i rapporti d'uso fra le famiglie Regnanti.

Ella poi, Signor Ministro, potrebbe indicare al predetto suo Collega n mezzo termine usato d'accordo con varii Sovrani che ancora non hanno riconosciuto il

Regno d'Italia, di omettere doè in que·ste comunicazioni di fami-glia, il titolo del Sovrano, servendosi solo del nome del Re. Per questo mezzo la Sassonia potrebbe indirizzare le sue lettere al Re Vittorio Emanuele II, mentre noi dal canto nostro risponderessimo al Re Giovanni I.

(1) Cfr. n. 181.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO (AST, Carte E. d'Azeglio, orig. autogr.)

L. P. Torino, 24 marzo 1862. Già da più giorni volevo scriverle particolarmente per rispondere alle due

prime gentilissime sue, che mi giunsero quasi contemporaneamente: ma in questi ultimi tempi fui così distolto da tante seccature, che mi è stato proprio impossibile; mi è grato però di avere alquanto ritardato perchè cosi posso anche ri

spondere all'ultima del 19 corrente (1) che mi venne questa mane rimessa dal Cav. Gianotti.

Io La ringrazio prima di tutto di quanto ha fatto per rettificare le idee -in verità molto inesatte ~degli uomini di Stato Inglesi sulle intenzioni di questo Ministero, e particolarmente sulle mie, e mi è assai grato il sentire, che le di Lei osservazioni abbiano prodotto il loro effetto. Sta bene, che e Lord Palmerston e gli altri ci vogliano giudicare dagl'atti, e non dalle parole -io non desidero di più, e sono certo che i fatti daranno il sugello della pl!'ova, quantunque mi paja, che se si vuole giudicarci dai fatti, e non dalle poche benevole insinuazioni d'alcuni -dai fatti, dico, precedenti, mi sembri di aver ragione per non essere giudicato nel modo col quale si faceva.

Sono perfettamente d'accordo con Lord Palmerston, che il nostro compito per ora sia quello di organizzarci internamente, e di non pensare per ora ad alcuna guerra contro l'Austria -a questo organamento sono diretti specialmente tutti ,i miei sforzi: non conviene però dilssimular·ci, che l'opera è gl1aJVe, e difficile massime sinchè non siasi potuto estirpare nelle Provincie napoletane il brigandaggio, il quale non cesserà insino che il centro di reazione, che esisté in Roma, e che è rinfrancato dalla presenza dell'ex Re di Napoli, non sia interamente distrutto.

Il punto, sul quale non sono d'accordo con Lord Palmerston, riguarda le intenzioni dell'Imperatore Napoleone. Io sono intimamente persuaso ch'Egli non osteggia ora l'idea dell'unità Italiana. Credo, ch'egli non avesse fede nella medesima al momento della pace di Villafranca; ma in seguito il suo giudizio si è modificato in conseguenza dell'attitudine presa dagl'Italiani, ed egli si è rassegnato a questo voto. Tale è almeno la profonda convinzione, che io ho acquistato nel mio viaggio a Parigi.

16 - Documenti diplomatici -Serie I -Vol. II.

Ed in verità non posso nasconderle, che provo una tal quale irritazione, quando sento a ripetere, che si crede abbia io potuto prendere impegni o per una confederazione, o per la cessione di qualsiasi parte delle isole, o del continente Italiano. Posso accertarla sull'onor mio, e accerti pure tutti i Ministri Inglesi, che non solo non mi fu mai detta una parola, o fatta la più remota alLusione al ritorno della confederazione, od alla cessione di un solo palmo di terra italiana, ma mi è [sic] sempre parlato nel senso che si desiderava di vedere, e nel più breve termine possibile ristabilito l'ordine in Italia, e rassodato fortemente il nuovo Regno.

Anzi io credo di più, credo che l'Imperatore vorrebbe potere convenientemente ritirare le sue truppe da Roma; ma non sa decidersi a questo passo, perchè teme, che questa deliberazione possa sollevare contro di lui dei guai in Francia. Forse Egli non giudica troppo esattamente la situazione, e vede più gravi inconvenienti di quelli, che realmente esistono. Ma non si può negare, che ia determinazione, dal lato puramente francese, è assai grave, e non si può far censura all'Imperatore se esita a prenderla. Io sono quindi d'avviso, che conviene andar d'accordo con lui per venire a questo passo, e che non bisogna éontrariarlo, bensì cercare di spingerlo il più che sia fattibile a concedere quanto è da noi tutti desiderato, e che non porterebbe alcun danno allo stesso Imperatore.

Riguardo al timore di spedizioni in Dalmazia, Le riconfermo quanto già ebbi a dirle, che cioè non si permetterebbero in alcun modo, quando si volessero tentare; e Le aggiungo, che ho motivo di credere non si tenteranno. Garibaldi mi ha espressamente assicurato sulla sua parola d'onore, che era contrario nelle condizioni presenti a simili tentativi, ed a qualunque atto, che potesse comprometterci, e gettarci in una guerra contro l'Austria: è uomo leale, e non penso voglia ingannarci: d'altra parte non si lascia di sorvegliare. È vero, che i mazziniani lavorano, malgrado il rifiuto di Garibaldi -ma costoro non sono gran fatto da temersi.

Si è bensì parlato del viaggio del Principe ereditario, ma non si è per anco inteso cosa alcuna: appena si prenderà qualche deliberazione non mancherò di darlene avviso per tutto ciò che potesse occorrere.

Ho parlato col Ministro di finanze per la pensione di Lady Acton. Non so comprendere, come le si sia tolta la pensione. Assicuri Lord Granville, che le si renderà giustizia. Credo, che essendosi nominata una commissione per rivedere tutte le pensioni di grazia concedute dai Borboni, sia in conseguenza di questo provvedimento, che la peD:sione fu sospesa. Ma le circostanze particolari di Lady Acton, l'avanzatissima di Lei età meritano senza dubbj speciali riguardi, e può essere sicura che non le saranno negati.

Se il Gabinetto Inglese potesse spingere la Prussia a riconoscerei ci renderebbe un grandissimo servizio : per organizzarci internamente abbiamo anche bisogno di essere forti all'estero: noi saremo sinchè le grandi Potenze non ci abbiano riconosciuto. Comprendo, che lo scioglimento della Camera Prussiana è giunto in mal punto per ottenere da quel Governo una simile ricognizione. Ad ogni modo se il Gabinetto Inglese volesse darci il suo appoggio sarebbe più facile vincere gli ostacoli che s'incontrano.

(1) Non rinvenuta.

193

IL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

T. 132. Costantinopoli, 24 marzo 1862, ore 17' (per. ore 20,30 del 25). Les a,ffaires de Grèce bien qu'appaisées les troubles continuent sur plusieurs points. Le Ministre de Perse me demande avec instance le jour du départ de la Mission Italienne pour la Perse et il me prie de télégraphier de suite pour cela à Turin car l'Empereur l'attend avec impatience. Si elle pourrait etre accomplie

durant le séjour de l'Empereur à Sultanie, on aura épargné beacoup de temps et d'argent.

194

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

R. 390. Berlino, 2.:1: marzo 1862. Conformément aux instructions tracées dans la dépeche ministérielle

n. 408 (1), j'ai parlé à M. le Comte de Bernstorff du contenu de cette dépeche, sans en faire l'objet d'une communication officielle.

Non seulement il n'a rien opposé aux considérations développées dans ce document sur notre droit et sur notre devoir de participer -aux termes du Traité de Paris du 30 Mars 1856 -à la solution des questions qui intéressent la Turquie; mais il s'est montré disposé à nous accorder, le cas échéant, ses bons offices pour que nous fussions appelés à prendre part aux discussions et aux arrangemens ultérieurs. M. de Bernstorff y voyait d'autaillt moms d'inconvén,ient, que nous nous déclarions prets à admettre des tempéraments compatibles avec notre honneur et avec notre droit, sur les difficultés de forme qui pourraient se reproduire de la part d'une des Puissances qui n'ont pas encore reconnu le Royaume d'Italie.

Pour le moment il ne résultait pas plus au Comte de Bernstorff qu'à V. E. qu'il s'agit de délibérations collectives des Puissances garantes.

195

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (ACR, Carte Vimercati, co.)

Parigi, 24 marzo 1862.

Qui acclusa invio alla M. V. la lettei'<a1 che mii scrive il generale Fleury 'relativamente alla proposizione fattale da parte del Re, per la compera dei cavalli Arabi, a me sembra realmente che l'affare si conchiuderà e che Fleury compererà i cavalli per conto del governo francese, ma non volendo io prendere nesSIUna responsabilità, ho pensato di far porre per scritto dal generale le sue 'intenzioni, onde veda il Re se gli convenga, o no, inviare i cavalli fin qui; se la proposizione non sembra alla M. V. a,ccettabi1e, il Re potrà inviarmi per mezzo di Cicala le sue intenzioni che farò conoscere a Fleury; prego però la M. V. a voler rispondere

il più prontamente possibile, se le proposizioni del generale fossero accettate e che i cavalli partissero, il Re farebbe bene a prevenirmene con un telegramma.

Scrivo a Rattazzi una interessante lettera in ciffra, la M. V. farebbe bene a domandarne comunicazione, essendovi cosa concernente una delle commissioni affidatemi dal Re.

Credo che dovrò fare presto una corsa a Torino, ciò dipenderà dalla piega che prenderanno le cose qui, dopo l'arrivo di La Valette. A Parigi soffia vento assai contrario, e si naviga in un mare procelloso assai.

Seguiamo l'esempio del Re, vivendo in tempi difficili, bisogna combattere, la vittoria sarà per i perseveranti che non abbandonarono la fede. I discorsi e le ovazioni fatte a Milano per Garibaldi, rendono la situazione più difficile, massime a fronte della Russia e della Prussia.

(1) Non pubblicato, ma cfr. nn. 142 e 169.

196

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI-GAROFOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

R. 217. Madrid, 25 marzo 1862. Le ultime notizie del Messico sono così gravi che meritano veramente tutto l'interesse che per esse qui si prende. La convenzione fatta dal Generale Prim col Doblado e di cui già feci cenno in un mio precedente rapporto, ma tenuta qui nascosta sino all'arrivo del Corriere di ieri l'altro, per mezzo del quale fu inviata dal Segretario di quella Legazione Spagnuola ad un giornale dti questa Capitale, eccitò non dirò solo sorpresa, ma ben anche indegnazione principalmente per l'ultimo articolo nel quale viene stabilito che in caso che le trattative non avessero effetto soddisfacente l'esercito alleato dovrebbe retrocedere sino presso alla Vera Cruz. Il Governo Francese ultimamente espresse a questo Governo per mezzo del suo Ambasciatore la sua disapprovazione per detto Convegno, e l'incaricò in pari tempo di chiedere spiegazioni sia a tal proposito, sia pure sull'indolenza che fin qui mostra il Prim in questa campagna. Il Signor Calderon Collantes alle domande del Signor Barrot non seppe altro rispondere che spiegando il Convegno come un atto di generosità comune ai militari, e assicurò che ordini sarebbero dati per che il Generale Prim intraprenda immediatamente la marcia sopra la Capitale, e che là solo accetti preliminari di trattative. Devo far notare a V. E. che il Generale Prim nell'accompagnare la Convenzione da lui fatta, ed accettata dai Plenipotenziari Francese ed Inglese, spiega quell'atto come una necessità pel mal stato sanitario dell'esercito. Quanto poi all'ultimo articolo sopradetto dice: «Vedo che commisi una sciocchezza, ma, che volete, mi si diceva che volevo rubargli le posizioni con la scusa di avere un campamento salubre e da ciò loro risposi: le posizioni io le prendo colla baionetta, non coll'inganno, e così posi l'articolo ». La notizia qui giunta oggi della dimissione data dall'Imperatore all'ammi

raglio Jurien de la Gravière il quale approvò la Convenzione di Prim va a porre questo Governo in serio imbarazzo.

·ral dimissione non solo è la disapprovazione del fatto dell'Ammiraglio, ma è più ancora quella del Generale Spagnuolo, e con ciò non so veramente come il Prim potrà rimanere a capo di quella spedizione.

Il Governo Spagnuolo si trova ora nel triste bivio, o di disgustare l'Imperatore, o di disgustare .il Generale Prim, il quale se fosse richiamato, sarebbe un temibile avversario, non solo del Gabinetto, ma forse di più alte persone.

Ciò che in Messico succede ora era qui previsto da tutti e ben l'E. V. potrà osservare che sempre notai il mal accordo che esisteva fra i tre Governi in quella questione, e causa precipua si è l'aver spedito in quelle lontane regioni un generale non atto per riempire le due funzioni di militare. e di diplomatico. Uomo ambizioso il Prim era ben chiaro .che avrebbe agito se·condo il proprio interesse, ma la voglia di toglierlo dalla Penisola, ove poteva servire ai Liberali per prendere il potere fece dimenticare o trascurare tutte le altre cons·iderazioni. E posso con bastante sicurezza ripetere che unico desiderio del Capo di questo Gabinetto si è di vedere che il Prim riesca nell'intento ben noto di rendersi popolare nel Messico servendosi delle relazioni che ha in quella repubblica onde dkhiararsi Dittatore.

Giunse finalmente a questo Governo la domanda dei Vescovi per il permesso di recarsi a Roma; il Signor Negrete, Ministro di Grazia e Giustizia, poco amico di cerimonie religiose ricevette tali domande con poca disposizione a dar risposta soddisfacente ai desideri dei petenti, ma il timor di disgustar la Reggia fece prendere al Ministro una via di mezzo, e fu di accedere alla domanda per escire di diocesi, ma negò assolutamente il viatico pure richiesto. Durerà tal rifiuto? Io non credo alla fermezza di propositi di questi uomini di Stato, un desiderio formolato da alta persona non incontra qui seria resistenza. I giornali Ministeriali, e specialmente il Diario, e il Constitucionat, ebbero ordini di insistere sul dovere dei Pastori di rimanere col Gregge, e questi articoli non mancarono di fare il loro effetto, perciò io ritengo pur tuttavia che il numero dei Prelati Spagnuoli che partiranno alla volta di Roma non passerà dai quattro ai sei e fra questi mancherà la celebrità del Clero Spagnuolo, voglio dire l'Arcivescovo di Siviglia, persona stimata e dotta, che sempre si tiene in disparte da tutto ciò che non è puramente religioso.

Ebbi l'onore di ricevere il dispaccio Circolare del 17 con. nel quale l'E. V. m'informa della nomina del Signor Cavaliere Carutti a Ministro di S. M. in Olanda, come pure di quella del Signor Cavaliere Consigliere Melegari, destinato da S. M. presso codesto Ministero.

197

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI, AL CONTE VIMERCATI

(ACR, Carteggi V. E. II, b. 21) Torino, 26 marzo 1862.

Mi valgo della favorevole circostanza, che ritorna Scialoja per scrivervi due linee e ringraziarvi della carissima vostra, e delle poche linee in cifra, che m'inviaste per mezzo di Castelli. Dite al noto personaggio, che ho subito trasmesso a Milano quella certa lettera, affinchè fosse presto sott'occhi di Garibaldi -a quest'ora certamente la lesse.

A proposito di Garibaldi non vi nascondo, che provo una grande pena· nel

vedere quanto avviene in ora in. Milano. Bisognava, che il Barone ci lasciasse

ancora questa parte d'eredità facendolo venire via da Caprera, per mettere in

esecuzione il Tiro nazionale!... ad ognd modo si procurerà di renàere la cosa

meno grave che sarà possibile: non è tanto per l'interno, che me ne preoccupo,

perchè non credo che tutto quel rumore possa produrre gravi conseguenze, quanto

per l'estero, dove naturalmente le ·cose si magnificano, e non si vedono sempre

nel vero loro aspetto le cose.

Spero, che già da qualche giorno avrete ricevuta la copia del noto progetto.

Confido assai nella visita di La Valette a Parigi: è assolutamente indispensabile,

che il Governo francese faccia qualche cosa per distrurre, o dirò meglio, per

aiutarci a distrurre il brigantaggio, che ha il suo centro a Roma senza di ciò

non so, come si potranno pacificare le Provincie Napoletane.

Attendo, che mi scriviate qualche cosa intorno al viaggio del Principe eredi

tario-sarebbe un inconveniente, se questo viaggio, or:a che 'se ne è parlato, non

potesse av·er luogo o dovesse ritardare di troppo.

Sono sempre sopra pensiero per il completamento del Ministero. Le diffi

coltà sono molte, sì per mancanza d'uomini, sì perchè v'è sempre la geografia · che viene in mezzo e vi accresce gli imbarazzi -tuttavia mi lusingo, che fra non molto la cosa potrà essere fatta -vedo che dovrò rassegnarmi a prendere l'in

terno -ma pazienza purchè si finisca.

In qualunque maniera per altro non lascierò il portafoglio dell'estero, senza

prima aver provveduto per voi colla nomina a Consigliere.

198

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

T. 136. Parigi, 26 marzo 1862, ore 16 (per. ore 20,05}.

J'ai communiqué aussitòt reçu votre Circulaire (1) à Thouvenel qui était sur le point de partir pour la campagne. Je ne le verrai que vendredi et ce ne sera qu'après cette audience que je pourrai rendre compte de ses impressions. Les lettres de Rome annoncent que le Pape est très souffrant. La Valette est arrivé (2). Il est dans les meilleures dispositions; il verra l'Empereur aujourd'hui. J e vous envoie ce soir les armes pour la mission de Perse.

(1) -Cfr. n. 186. (2) -Sulla partenza del marchese La Valette da Roma il console Teccio di Bayo, nel suo rapporto del 25 maggio 1862 n. 144, comunicava al Rattazzi quanto segue: c L'improvvisa partenza per la Francia del Signor Marchese La Valette, ha dato luogo in città a commenti, la di cui giusta ·portata non si è giunti finora a constatare. La voce più accreditata si è che ne siano causa i dissapori esistenti tra esso ed il Generale di Goyon, per cui la loro presenza simultanea in Roma si era fatta incompatibile. Quest'ultimo d'altronde va ripetendo che egli stesso debba venir richiamato, e nominato. Senatore, e tale sua asserzione è qui accolta generalmente con soddisfazione non godendo il Signor Generale le simpatie nè del popolo, nè delle truppe che ha l'onore di comandare. Si attende con ansietà la decisione dell'Imperatore a questo riguardo per giudicare sulla ulteriore condotta della sua politica nella Questione Romana, essendochè da questo conflitto di poteri, che egli non poteva ignorare. e che lasciava sussistere, appariva l'evidente intenzione di distruggere le generose intenzioni dell'uno col negativo contegno dell'altro, e mantenere Io statu quo •.
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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

R. 391. Berlino, 28 marzo 1862.

J'ai reçu 1a circulaire de V. E. en date du 19 Mars (Ca:binet) (1).

Comme je devais scrupuleusement conformer mon langage à son contenu, j'ai cru pouvoir donner lecture de ce document au Ministre des Affaires Etrangères de Prusse, car il est aussi remarquable par le fond que par la forme.

Relativement à la première partie de cette dépèche, le Comte de Bernstorff, s'est référé aux considérart.ions qu'il m'a développées récemment et dont j'ai rendu compte dans ma correspondance. * Quant aux affaires de Rome, le Cabinet de Berlin reste sur l'arrière pian, en laissant la parole aux Puissances Catholiqces intéressées plus directement que lui dans cette question: mais S. E. m'a dit, sous rforme de plaisanterie, qu'Elle protestait d'avance contre tout arrangement qui pourrait attri'buer des charges pécuniaires à une Puissance essentiellement protestante camme la Prusse, dans le but de doter le Pape et le Sacré Collège! Cette charge incomberait, comme de raison, à celui qui relèverait le

S. Siège de l'exercice du pouvoir temporel (2). *

Enfin pour Venise, M. de Be!l'nstorff ne voit encore poindre à l'horizon aucune solution pratique, l'Autriche n'étan·t nullement d'humeur à sacrifier une position stratégique aussi importante bien moins vis-à-vis de l'Italie que contre la France. Aussi ne peut-il ,qu'applaudir à notre déclaration que nous nous sentons assez forts, malgré les dangers du statu quo, pour empècher que cette questiO!llJ ne soit préjugée par des tenta,tives propres à troubler l'état des rel.ations existantes.

Quelle que soit la solidité des argumens présentés par V. E. et des réponses que je suis à mème de donner au Gouvernement Prussien, il persiste à vouloir croire, pour des motifs que j'1ai indiqués ailleurs, que le moment n'est pas encore arrivé de nous· reconnaitre (3).

Mon ·Collègue de France n'a pa1s été plus heureux que moi dans ses démarches.

M. de Thouvenellui à écrit en date du 19 Mars une dépeche conçue dans UIIl sens favorable au Ministère présidé par V. E. Le nouveau Cabinet de Turin saura, dit-il, nous en avons l'espoir, modérer et au besoin contenir les partis; car il en a le désir et la volonté. La Prusse et la Russie devraient voir dans ces conditions un motif de plus pour donner suite aux bonnes dispositions qu'elles avaient manifestées dans ces derniers tems vis-à-vis de l'Italie.

Le fuince de la Tour d'Auvergne a communiqué cette dépèche au Comte de Bernstorff en renouvelant ses instances pour la reconnaissance. Mais il n'a obtenu qu'une réponse évasive.

Le Baron de Budberg prétend cependant que, malgré son attitulde expedante, ce Ministre se montre assez raisonnable à notre égard. M. de Budberg continue à prècher pour un rapprochement entre la Russie et l'ItaHe, comme le meillell'l'

moyen d'amener des relations intimes entre la Russie et la France. Il ne m'a pas caché néanmoins que les pourparlers entre les Généraux Gari!baldi, Klapka, Tiirr, Mieroslawsky, et l'a,gitation qui se matnifestait dans les rangs de l'émigration Polonaise et Hongroise étaient de nature à causer des inquiétudes, et à faire craindre des tentatives qui pourraient amener de graves complications.

La situation intérieure de la Prusse est loin de s'ètre éclaircie. Le rescrit Royal et la circulaire électorale du Ministère ne sont guère faits poUir concilier des sympathies au Gouvernement. L'opinion publique y trouve plus d'un motif pour persévérer dans ses défìances en ce qui concerne l'esprit peu libéral qui préside aux affaires. Cependant il ne serait pas impossible qu'en suite de la pression que le Ministère va exercer sur les élections, par des moyens plus ou moins constitutionnels, qu'il ne parvienne à obtenir, sinon une majorité, du moins une Chambre dont les opinions sèraient plus modérées que celles de sa devancière.

(1) Cfr. n. 186.

(2) -Il passo tra asterischi è in Die auswiirtige PoLitik Preussens, 1858-1871, II, 2, p. 613 nota 3. (3) -Cfr. Die auswiirtige Po!itik Preussens, 1858-1871, II, 2, n. 453.
200

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

R. CONFIDENZIALE 70. Parigi, 28 marzo 1862. Per oagione d'una breve assenza del Sig. Thouvenel, oggi solamente ho potuto vedere questo Ministro e trattenerlo degli argomenti trattati nella Circolare del 20 e nel Dispaccio di Gabinetto del 17 corrente (1). Il Sig. Thouvenel si mostrò meco spiacente del linguaggio tenuto nella Circolare per ciò che spetta alle due questioni di Venezia e di Roma. Nel pensiero di questo Ministro degli Affari Esteri, è cosa utile e prudente pel nuovo regno italiano che non si tocchi per ora la questione veneta. Egli d1ce: «L'Austria non pensa ad attac,care l'Italia; dal suo lato l'Italia non è in misura di far guerra all'Austria; adunque non havvi utilità pratica a svolgere in un documento diplomatico delle considerazioni, la cui conoscenza può dare all'Austria il diritto di muovere la guerra, e mette nel tempo stesso in apprensione l'Europa. Ammettendo l'ipotesi che la Francia pensi a riacquistare un giorno le provincie renane, ipotesi che non concedo, (è sempre il Sig. Thouvenel che parla), che direbbe l'Europa se l'Imperatore proclamasse costantemente ne' suoi atti pubblici il diritto della Francia di riconquistare :le sue frontiere? L'Europa ci condannerebbe, ed avrebbe ragione. È quindi importante pel nuovo regno italiano, se vuole consolidarsi, se vuole esser riconosciuto, se vuoi guadagnare le simpatie dell'Europa, che lasci in disparte per ora una questione che, al solo parlarne, mette in pericolo la pa,ce del mondo e dà inquietudini a tutti i Governi». Passando alla questione di Roma il Sig. Thouvenel mi pll'egò di richiamare alla memoria dell'E. V. quanto egli stesso ebbe l'onore di dirle or sono alcuni

mesi. Egli ricordò pure quanto per mezzo mio fece sapere in proposito al Barone Ricasoli, e quan~to io scrissi con Dispaccio Confidenzi,ale di cui ad ogni buon

fine unisco una copia. Il Governo Francese distingue nella questione r·ornll!I1a due questioni: quella del possesso di Roma e quella della cessazione dell'occupazione francese. Quanto alla prima, il Sig. Thouvenel pensa che non si possa utilmente metterla sul tappeto, almeno per un tempo considerevole. Sulla seconda ammette la discussione, e ne diede prova col suo Dispaccio al Sig. La Valette, che l'E. V. ha mentovato. Ma anche su questa seconda questione il Sig. Thouvenel è d'avviso che l'iniziativa delle proposte relative si deva lasciare all'Imperatore. Egli trova quindi inopportuno che sotto l'impressione stessa delle dichiarazioni fatte a nome dell'Imperatore dal Sig. Billault dinanzi al Parlamento Francese, il Governo del Re dichiari in un documento diplomatico la sua intenzione di trasportarsi a Roma col consenso della Francia.

Il Governo Italiano, secondo l'avviso del Sig. Thouvenel, avrebbe dovuto limitarsi a dire che sperava d'ottenere la cessazione dell'occupazione francese, accordandosi colla Francia.

Il Sig. Thouvenel soggiunse poi che, a suo giudizio e a giudizio di tutti i sinceri amici dell'Italia, il modo migliore e più sicuro di far procedere verso un ragionevole scioglimento le varie questioni che ci riguardano, è quello di governare, amministrare ed ordinare la parte già riunita del nuovo Regno. Egli è d'avviso che se l'Italia può procedere tranquilla e calma al suo interno ordinamento, non passeranno molti mesi che potrà essere riconosciuta dalla Prussia e dalla Russia, e che sarà forse possibile di rimettere sul tappeto il progetto d'un accordo per la cessazione dell'occupazione francese.

Il Sig. Thouvenel si rende conto delle difficoltà nostre interne e le apprezza; dà il peso meritato agli argomenti che gli sono posti sotto gli occhi dall'E. V. sia per mezzo del Sig. Benedetti, sia per mezzo mio; sa che rimanendo Roma asilo a Franc-esco II e a tutti i nemici dell'unità ita.Uana, riesce sommamente difficile al Governo del Re di compiere la sua opera ordinatrice; non ignora che il viaggio trionfale di Garibaldi e gl'inconvenienti che ne conseguono, e che le riunioni di Genova non devono attribuirsi a colpa della presente amministrazione; ma cionondimeno deplora questi fatti, e mi prega di chiamare la di Lei speciale attenzione sulla cattiva impressione che producono in Europa.

Le cose che l'E. V. mi scrisse particolarmente mi giunsero opportune per diminuire l'esagerazione dei giudizi che qui si fanno sui risultati di questi fatti. Ho tentato di dimostrare e spiegare al Sig. Thouvenel la posizione difficilissima del Governo del Re, fatalmente collocato fra le naturali impazienze delle popolazioni di tutta Italia, fra i voti espressi dal Parlamento, fra l'incontestabile diritto che ha l'Italia di costituirsi completamente, e d'altro lato fra le esigenze, di cui si deve tener conto, della diplomazia dell'Europa. Gli dissi che in circostanze ordinarie l'impresa del Governo del Re sarebbe pur sempre difficile, ma non tanto pericolosa; ma che nelle circostanze eccezionali dell'attuale stato di cose la posizione sua è piena di tali ostacoli che non è giusto il volerlo giudicare colla stregua dei criterii ordinarii. Il Governo del Re, notai, non può, in nessuna guisa, introdurre una reazione; non può non tener conto di quell'elemento d'azione che ebbe tanta parte (non occorre esaminare se sia stato bene o male) negli ultimi avvenimenti della Penisola; non può soffocare con misure coercitive e antiliberali il sentimento e le aspirazioni della nazione; d'altra parte non può lasciarsi domi

nare da Garibaldi e dall'elemento che si associa a questo nome. La sola cosa

ragionevole che si può pretendere da lui, si è che si metta risolutamente in mezzo

a questi due estremi, che salvi la libertà da' suoi eccessi, e la nazione dagli errori

e dalle follie a cui la trascinerebbero l'entusiasmo delle masse o i tentativi dei

partiti estremi; si può dirigere il corso d'un torrente ed anche rallentarlo; non si

può impedirlo di procedere.

Aggiunsi del resto che a certi fatti si dava in E1rancia un'importanza che

eran ben lungi dall'avere in Italia. Quanto alla circolare, ebbi cura di notare che

essa non era destinata alla pubblicità, e ·che il suo scopo era quello di mettere gli

Agenti Diplomatici del Re in misura di conoscere il programma del Governo,

che infin de' conti era quello del Conte di Cavour, e che non poteva mutarsi

neLla sostanza, salva peii'Ò rimanendo la questione delle forme e della oppor

tunità.

Malgrado queste spiegazioni il Sig. Thouvenel mi disse che :l'Imperatore

non poteva dispensarsi dal rettificare in una Circolare quanto nella nostra era

detto di non consentaneo alle dichiarazioni della Francia, ed insistette ad invi

tarmi di chiamare la di Lei attenzione sugli inconvenienti gravi che il viaggio

e le ovazioni di Garibaldi possono produrre a danno della nazione, a scapito del

l'autorità del Re e del principio monarchico. Egli mi disse che il Console di

Francia a Milano, nel riconoscere che il Re era stato accolto in quella città con

vero entusiasmo, non mancava tuttavia di notare nei suoi rapporti la differenza

che passava tra l'accoglienza fatta al Re e la vera ovazione di cui Garibaldi era

stato oggetto. E in verità se Garibaldi rinunziasse al suo viaggio e a queste

ovazioni che gli nuocciono nello spirito degli uomini serii, se tornasse al suo

scoglio di Caprera, farebbe opera di buon cittadino e d'amico vero del Re.

Domandai al Sig. Thouvenel se in seguito alle cose portate da Roma dal

Marchese di La Valette, l'Imperatore pareva disposto a consentire .che si rimettes

se subito sul tappeto la questione del progetto di trattato. Lo pregai di ponderare

la sua risposta affinchè l'E. V. sapesse in modo positivo come regolarsi. Mi rispose

che per ora non gli pareva cosa possi!bile l'ottener ciò dall'Imperatcxre, e che biso

gnava !asciarne ad esso l'iniziativa. Soggiunse però, che in seguito all'esposizione

fatta dal Marchese di La Valette di quanto si passa in Roma, era possibile l'otte

nere l'allontanamento del Generale di Goyon e l'invio d'altro Generale con pre

cise istruzioni d'impedire e reprimere il brigantaggio che si alimenta nelle pro

vincie Romane.

La questione del progetto di trattato è quindi rimessa in sospeso, mentre . appunto pareva prossima a ripigliarsi. Io non dubito d'attribuire questa sospen

sione all'impressione prodotta sull'animo dell'Imperatore dalle discussioni del

Parlamento francese e dai fatti di Genova, nonchè dal recente viaggio di Gari

baldi. Tale almeno è il concetto delle poche persone, amiche d'Italia, che avvici

nano l'Imperatore.

Il Sig. Thouvenel mi narrò poi, confidenzialmente, che avendo chiesto al

Governo Inglese di concorrere a fare ufficii a Pietroburgo e Berlino pel ricono

scimento del regno Italiano, hl Conte Russell -rispose che faceva voti sinceri

perchè gli ufficii della Francia riuscissero ad ottenere l'intento, ma che non cre

deva opportuno che l'Inghilterra vi si associasse per ora.

Eccole, Onorevolissimo Signor Ministro, il rendiconto delle disposizioni del Governo :lirancese relativamente alle nostre questioni. Ho voluto riferirle fedelmente le considerazioni del Sig. Thouvenel, affinchè :l'E. V. possa fondare i suoi giudizii e regolare la sua azione sopra dichiarazioni positive.

II richiamo di Goyon è la sola concessione ch'io vegga probabile in questo momento. Se si perverrà a migliorare queste disposizioni (e ciò dipenderà in gran parte dall'indirizzo ch'Ella saprà dare ·alle cose interne), metterò ogni diligenza nel rendernela informata, come farò ogni sforzo perchè questo miglioramento si produca.

(1) Cfr. nn. 183 e 186.

201

IL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCESE, THOUVENEL, AL MINISTRO FRANCESE A TORINO, BENEDETTI

Parigi, 28 marzo 1862.

M. le Chevalier Nigra a porté à ma connaissance la circulaire adressée par

M. Rattazzi, en date du 20 ide ce mois, aux Légations d'Italie, et vous avez déjà pu pressentir, par ma dép~che télégraphique du 22 l'impression que ce document nous a fait éprouver.

La part que la France a prise à l'reuvre de l'affranchissement de l'Italie, et l'appel indirect que le nouveau Président du Conseil fait encore pour l'avenir au concOU!S du Gouvernement de l'Empereur, nous donneraient le droit de ne pas dissimuler notre opinion, alors m~me qu'une amitié sincère ne nous ferait pas un devoir de signaler au Cabinet de Turin les dangers aux quels le programme qu'il nous a communiqué nous parait l'exposer. C'est en nous inspirant de ces sentiments sur la nature desquels M. Rattazzi ne saurait se méprendre, que nous n'hésitons pas à lui exprimer notre profond regret de le voir aborder théorique'ment, et à notre avis dans des circonstances très inopportunes, des questions d'une extr~me gravité et auxquelles, il le reconnait lui-m~me, il ne dépend pas seulement du gouvernement Italien d'assurer les solutions qu'il indique.

Je n'entends pas entrer ici, Monsieur, dans la discussion de tous les problèmes inhérents à la situation que les événements ont faite au Saint-Siège. En exposant la solution radicale que cette question comporte, au point de vue exclusif où il se piace, M. Rattazzi s'appuie sur un vote du Parlement Italien pour déclarer que le gouvernement du Roi est tenu de ne pas décliner le mandat qu'il a reçu des Chambres et de ne souffrir en Italie aucune autre souveraineté qU!e la sienne. Cette affirmation nouvelle d'un droit dont nous n'avons pas admis la légitimité, m'oblige à rappeler moi-m~me les réserves formulées par le gouv.ernement de l'Empereur à l'époque où il se détermina à reconnaitre le Royaume d'Italie. Le vote du Parlement auquel se réfère M. Rattazzi avait déjà été proclamé et il n'infirmait pas à nos yeux la valeur des motifs qui nous obligeaient à maintenir les déclarations résumées, avec autant de netteté que de franchise, dans la lettre adressée le 12 Juillet dernier par l'Empereur au Roi Vti.ctorEmmanuel (1). Depuis lors, il n'a été accompli aucun acte ni prononcé aucune

parole dont il soit permis d'induire que le gouvernement de l'Empereur ait modifìé ses opinions. Dans le voyage récent qu'il a fait à Paris, M. Rattazzi a eu personnellement l'occasion de se convaincre de notre résolutfon de ne point nous départir de la ligne de conduite que nous nous étions tracée; et peut-etre, après les discussions qui viennent d'avoir lieu dans les grands Corps de l'Etat et les déclarations qui y ont été portées par les Ministres organes de la pensée du gouvernement de S. M., me sera-t-il permis de m'étonner de la confiance qu'exprime M. le Président du Conseil dans notre assentiment présumé aux idées absolues qu'il développe à l'égard de la question Romaine.

Si le devoir de mettre à l'abri de tout soupçon la loyauté de notre politique m'a dicté les observations qui précèdent, notre sollicitude pour l'avenir de l'Italie, m'engage également, Monsieur, à vous faire part des réflexions que suggère la circulai!re de M. Rattazzi en ce qui concerne la Vénétie. Je n'ai pas à examiner s'il est rigoureusement vrai que l'Italie ne puisse se constituer dans ses conditions territoriales actuelles; mais je ne saura,is me dispenser de remarquer que les convenances particulières d'un Etat ne doivent pas etre la règle unique de sa conduite dans ses relations internationales, et que l'Europe entière serait Iivrée à d'incessantes perturbations si chacune des Puissances qui la composent voulait faire prévaloir sur les droits reconnus par les traités la satisfaction de ses intérets et de ses désirs. Je suis convaincu qu'en appréciant ainsi qu'il le fait dans sa circulaire les rapports de la Vénétie avec J.'Italie et le caractère de la possession de ces provinces par l'Autriche, M. Rattazzi n'a nullement entendu que l'opinion qu'il exprime impliquàt une provocation à l'adresse du Cabinet de Vienne. Les assurances qu'il nous a fait parvenir à ce sujet ne nous laissent pas de doute sur ses intentions; mais il serait difficile de contester à une grande Puissance le droit de se prémunir contre la revendication éventuelle d'une province que l'on déclare dès aujourd'hui avoir moralement cessé de lui appartenir, et si l'Autriche ne se blesse pas d'un semblable langage, il faut assurément lui savoir gré de sa modération. Il nous parait surtout impossible de méconnaitre à quel point ces professions de foi sont de nature à éveiller ou à augmenter les défiances qui s'attachent le plus souvent à un établissement nouveau et qu'il est si essentiel pour lui de faire disparaitre. Vous savez, Monsieur, que le gouveit'nement de l'Empereur s'est employé avec zèle et persévérance à seconder sous ce rapport les vreux du Cwbine't de Turin, et qu'il n'a rien négligé pour encourager les di.spositions des Cours de Berlin et de St. Pétersbourg à reconnaitre le Royaume d'Italie. Nous devons craindre maintenant que la circulaire de M. Rattazzi n'ait pour effet de retarder la it'éso1ution des deux Puissances, et de priver par conséquent le gouvernement Italien de l'appui moral qu'il trouverait dans la reprise des relations avec elles.

En résumé, Monsieur, nous avons la conscience de remplir notre ròle d'amis sincères et d'alliés fìdèles en continuant à affirmer que les adversaires de l'Italie ont seuls intéret à prétendre que son or,gani:sation défìnitive n'est POS!sible qu'au prix d'une très grave perturbation dans les rapports établis du Saint-Siège et des Etats Catholiques et des calamités d'une ,guerre européenne, et nous déplorerions de voir le Cabinet de Turin persévérer à fournir lui-meme, par son attitude et son langage, une nouvelle force à de si dangereux ar,guments.

Vous voudrez bien, Monsieur, vous inspirer du contenu de cette dépeche dans vos conversations avec M. Rattazzi, et vous etes autorisé, si vous le jugez utile, à lui en donner lecture (1).

(1) Cfr. Serie I, vol. I, 212.

202

IL GENERALE TÙRR A VITTORIO EMANUELE II

(ACR, Carteggi di Vittorio Emanuele II)

Milano, 28 marzo 1862.

Qui unito mando a V. M. una lettera di Atene quale è la risposta sulla offerta fatta dal Generale Garibaldi, e si vede che tanto il re Ottone come i suoi ministri desiderano proseguil'e il gran piano (2), oltre di questa lettera ehbi dil-etta notizia che sarebbero molto ,contenti a Atene, se io potessi venire colà per abboccarmi con tutti, anche io credo che questo sarebbe il megl[or modo, ma per cw è necessario ,che io potessi avere qualche mtssione Governativa presso il re Ottone p. e. V. M. potrebbe mandare qualche insegna onorifica al re Ottone e incaricarmi di portada, ed in tal modo io potrei definire tutto per il nostro piano. Se non si fa in questo modo sarà difficile d'intendersi.

La mia Missione sarebbe in 20 giorni compiuta, e dopo ciò V. M. potrà prendere una vera determinazione ed anche il Generale Garibaldi si potrà in tal modo tranquilizail"e ed obligare di marciare d'accordo con ciò che sarà stabilito da V. M..

Domani parto per trovare il Generale Garibaldi, e cercherò di essere mercoldì sera a Torino onde poter presentarmi da V. M. In stesso tempo mando a

V. M. la copia di un ultimo telegrafo d'Atene. Mavrojanni significa Garibaldi, Boithor Tiirr e Theodor Nicolartin il ministro Reyneris.

ALLEGATO l.

T. NICOLARTIN A TERZETTI (3) (Copia)

Atene, 20 marzo 1862. Oggi, giorno dell'arrivo del piroscafo francese mi attendevo a ricevere vostre nuove; la mia aspettazione venne pienamente sodisfatta dalla vostra carissima del 13 corrente. Prevenendo il nostro desiderio, vi siete reso a Genova per abbracciarvi colà col nostro amico Mavrojanni. Abbiamo appreso con gioia indicibile la buona accoglienza che vi fu fatta ed i suoi affettuos~ sentimenti pel popolo greco, e la proposta

sua fraterna di accorrere in Grecia per ristabilire la pace e la concordia turbata dalla guerra civile. Esprimetegli tutta la nostra riconoscenza per una tale offerta, degna d'un tale cuore. Apprenderete però dai giornali che i nostri torbidi toccano al loro fine, e che non avremo più a deplorare ulteriore spargimento di sangue. La insorta guarnigione di Nauplia, dopo aver perdute tutte le fortificazioni esteriori, ha domandato di capitolare: il Re sta per dare una nuova e più ampia amnistia, e non v'ha dubbio alcuno che fra pochi giorni rientreremo nell'ordine, e che appena rappacificati riprenderemo il filo dei nostri affari, ma prima di tutto del grande affare per cui vi abbiamo mandato ad abboccarvi col nostro amico Mavrojanni.

Siamo tutti persuasi, e più di tutti è persuaso chi sta a capo a noi, che dal buon andamento di questo affare dipende la nostra sorte, che di là soltanto può sorgere il rimedio a tutti i nostri mali. Se al Mavrojanni sta a cuore di rendersi utile alla nostra patria, deve aprirsi a voi ed esprimervi il suo pensiero sulle basi. che vi ho accennate. Gli promettiamo quando il momento sarà venuto, che la Grecia si troverà unita in un desiderio, in una volontà, in una forza. Se l'insurrezione militare avesse trionfato, quest'unità sarebbe stata rotta, la Grecia sarebbe caduta nell'anarchia e si sarebbe trovata impotente a raggiungere ogni grande scopo. Il popolo greco guidato da un segreto istinto, ha presentito il pericolo; il suo contegno ha isolato l'insurrezione ed ha reso agevole il trionfo del Governo. La Grecia fu salva, e si è mostrata degna dell'avvenire che l'aspetta, degna dell'amore e della stima del nostro amico.

Dopo esservi spiegato col Mavrojanni, ed aver sentito il suo avviso sulle basi che vi ho dato per iscritto, fatemi sapere s'ei crede giunto il momento opportuno per inviargli la persona che potrà dargli più ampi ragguagli su tutto ciò ch'ei deye conoscere, e se per far ciò dobbiamo attendere il vostro ritorno.

Sulle indicazioni che avevate dato al Dr. Verrichio vi ho scritto col corriere passato una lettera a Livorno ricapito all'albergo della Patria. Abbiate cura di farla cercare.

Non mancherò di intendermi col Sig. Pilnia per poter effettuare la riscossione del vostro appuntamento mensile.

Una gran missione è nelle vostre mani. Sono convinto che Dio guiderà i vostri passi, è metterà sulle vostre labbra la parola della vita. Il vostro cuore è degno di intendersi col cuore del Mavrojanni. Con tutto affetto.

Il Vostro fratello

Teodoro Nicolartin

ALLEGATO 2.

T. NICOLARTIN A TERZETTI,

BIBLIOTECARIO DELLA CAMERA DEI DEPUTATI DI GRECIA (GENOVA) (Copia)

T. Athènes, 22 mars 1862. Rigopoulus prépare à Ancone une expédition d'armes en faveur des insurgés

de Nauplie. Dites à Mavrojanni et à Boithor de lui parler et de l'empikher de faire de telles folies.

(1) -In una lettera particolare al Benedetti dello stesso 28 marzo (L. THOUVENEL, Pagesde l'histoire du Second Empire, Paris, 1903, pp. 360-361), il Thouvenel aggiungeva ancora: c Vous ne sauriez vous douter de tout le mal qu'ont fait, depuiB quinze jours, à la cause de l'Italie, j'entends parmi ceux qui lui sont favorables, les discours prononcés à Génes, et les promenades de Garibaldi! L'excitation que produit partout cet encombrant personnage, recrute ici des adhérents au pape, voire méme à l'Autriche, dont on admire la patience et l'on ne comprend pas que le roi Victor-Emmallluel se laisse reléguer a l'arrière-plan par le héros de Caprera. Cet effacement de la couronne est ce qui frappe et inquiète Le plus l'Empereur. M. Rattazzi agira donc sagement, selon moi, s'il se décharge du portefeuille des affaires étrangères •. (2) -Cfr. nota l al n. 20. (3) -Sulla missione Terzetti, cfr. CosrAs KEROFn.As, La Grecia e l•Italia nel Risorgimento,Firenze 1919, p. 139 e sgg.
203

IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

T. 152. (Annesso al R. 50). Atene, 29 marzo 1862.

Il y a quelque temps des entretiens et des accords ont eu lieu entre Garibaldi et un délégué du Comité de Corfou nommé Lombardo. Ce Comité et cet individu étaient en rapports directs avec le Roi Othon qui après plusieurs entrevues avec celui-ci l'a mis en rapports intdmes avec trois de ses Agents, Renier, Envoyé Extraordinaire et Ministre Plénipotentiaire à Constantinople, Levidis, journaliste, et Basil. Plus tard S. M. refusa de le voir. Maintenant :le Comité Ionien et celui d'Athènes n'ont plus aucune foi dans le Roi Othon et conspirent ensemble contre lui.

204

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

(AST, Legazione Francoforte, cart. 5)

R. 19. Francoforte, 30 marzo 1862. J'ai eu l'honneur de recevoir la circulaire en date du 20 courant (1) dans laquelle V. E. a bien voulu me faire part de la pensée du Gouvernement du Roi sur les grandes questions de la politique Italienne qui restent encore à résoudre, et je ne manquerai pas de conformer mon langage aux instructions qui me sont presorites. En attendant, comme il importe essentiellement que l'opinion de l'Allemagne ne se laisse pas égarer par les mensonges de la presse Autrichienne qui lui représente constamment l'unité de I'ltalie comme un des plus grands dangers qui puissent menacer la sécmité de la Confédération Germanique, j'ai pensé ne pouvoir mieux répondre aux intentions de V. E. qu'en faisant reproduire sa circulaire dans un des journaux libéraux de Francofort le plus dévoué à lla cause Italienne (21). Ainsi qu'il était facile de le prévoir, le fait de l'exéquatur accordé par le Gouvernement Badois à M. Traumann en qualité de Consul de S. M. le Roi d'Italie, a soulevé toutes les colères du paTti Autrichien qui, par suite des nombreuses sympathies qu'il a soin d'entretenir dans les différents parlements des Etats secondaires, a trouvé le moyen d'en faire l'objet d'une interpellation au Ministre des Affaires Etrangères dans la séance du 26 de la Chambre Badoise. Le. Baron de Stotzigen qui dans cette circonstance s'est fait l'interprète des. rancunes du Cabinet de Vienne a naturellement saisi cette occasion pour déverser toute sa ha:ine contre le nouvel ordre de choses étabH en Italie. Le Ministre des Affaires Etrangères du Grand Due, tout en mainten~nt la pleine liberté d'action de son Gouvernement, relativement 'à la reconnaissance

éventuelle du Royaume d'Italie s'est borné à répondre que l'exéquatur n'impliquait point le fait de la reconnaissance, et que la mission du nouvel Agent de

S. M. ne s'appliquait qu'à un plus grand développement à donner aux intérets commerciaux des deux pays.

Peut etre, le Ministre Badois, bien connu pour ses sentiments libéraux, aurait-il pu montrer plus d'énergie dans sa réponse et formuler une déclaration de principes plus nette et plus catégorique. Mais il faut faire la part des difficultés politiques où se trouve placé le Cabinet de Carlsruhe et de l'isolement dans lequel

vient de le laisser le revirement de la politique prussienne qm JUSque là avait fait son principal appui. A ce dernier point de vue, l'on peut dire que le Baron de Roggenbach a fait tout ce que l'on pouvait attendre de son libéralisme, et si l'exéquatur en question n'est pas une reconnaissance, l'on peut cependant le considérer comme un acheminement qui y conduit; et dans tous les cas, les circonstances au milieu desquelles il a été donné constituent un témoignage non équivoque de sympathies dont nous devons etre reconnaissants.

La preuve que tel est bien le sens que l'on a attaché à la réponse du Ministre Badois, c'est que l'interpellant s'est-déclaré fort peu satisfait de ses explications, et que sans trop calculer Ies conséquences pratiques de ses paroles, il a ajouté que l'incident prouvait la nécessité de concentrer dans une seule main la direction des affaires diplomatiques de l'Allemagne, proposition qui, par des raisons tout-à-fait opposées au sentiment de celui qui la formulaH, a été fortement approuvée par la majorité libérale de la Chambre.

La dernière séance de la Diète a été marquée par deux protestations relatives aux affaires ·constitutionnelles de la Hesse et du Holstein. La première a été présentée par l'Envoyé de l'Electeur qui a déclaré au nom de son Gouvernement ne pa.s vouloir accepter l es propositions de l'Autriche tendantes à rétablir la Constitution de 1831, mais en la modifiant d'après les principes de la loi électorale de 1849. La seconde a été formulée par le Ministre de Danemark qui à la suite d'un long mémoire contre l'incompétence de la Diète dans Ies affaires du Schlesswig, a protesté de la manière la plus formelle contre la récente note collective de la Prus,se et de 1l'Autriche, dans laquelle ces deux puissances se posant en défenseurs des droits du Schlesswig, rapp·ellent au Danemark Ies obligations dérivant .pour lui du protocole signé à Londres en 1852, obligations que le Gouvernement Danois déclare avoir entièvement remplies, et dont en tout cas il prétend etre seui le juge.

Aucune décision n'a été prise par la haute Assemblée relativement à la protestation de l'Envoyé de l'Electeur dont l'opiniatre despotisme est devenu un véritable embarras meme pour l'Autriche. Quant à ce qui concerne l'affaire si épineuse des Duchés Allemands, la Diète a déclaré s'associer pleinement aux vues et déclarations des deux grandes puissances, et les a chargées de porter cette décision à la connaissance du Gouvernement Danois. Il y a encore loin de là à une solution.

En ayant l'honneur d'accuser réception à V. E. de sa dépeche du 24 courant (1) ainsi que des pièces qui y étaient jointes, je saisis...

(1) -Cfr. n. 186. (2) -Notazione marginale del nuovo Ministro degli Esteri, Durando: «Mandar rimproveri di questo fatto, e per circolare avvertire tutti gli Agenti di non permettersi di stampare alcun documento senza previo permesso •.
205

IL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI

T. 141. Costantinopoli, 30 marzo 1862, ore 18,55 (per. ore 15 del 31).

Les insurgés de Nauplie traitent mais ne sont pas encore rendus. Dans le Monténégro les insurgés ont battu les Tures le 25; ils ont eu plusieurs cen

taines de prisonniers et 200 morts ou blessés. Soixante quatre échappés de la levée militaire ont passé en Moldavie; ils demandent à passer en Italie dans la Légion. J'ai répondu négativement. Je désire connaitre votre manière de voir.

(1) Non pubblicato.

206

CIRCOLARE TELEGRAFICA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, RATTAZZI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

T. 79. Torino, 31 marzo 186.2, ore 16,35.

Le Ministère est ainsi reconstitué; Rattazzi, Président du Conseil, à l'lntérieu;r. Général Durando, Sénateur, ci-devant Ministre Plénipotentiaire à Constanti

nople, aux Affaires Etrangères. Conforti, Député, Président de la Cour Supreme de Justice à Naples, aux Sceaux. Matteucci, Sénateur, à l'Instruction Publi:que. Sella, Pepoli, Petitti, Depretis, Persano conservent leurs portefeuilles. M. Con

fo·rti n'entrera en fonction que dans quelques jours, pendant lesquels le pOII'

tefeuille de la Justice est confié au Président du Conseil.

207

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI (1) (Ed. in Episodi, pp. 223-224)

L. P. Londra, 31 marzo 1862.

Non avrò da scriverle gran cosa per questo corriere. Sono stato or ora per cercare lord Russell che per qualche giorno non ha ricevuto per avere avuto un suo nipote in punto di morte per una caduta da cavallo. Ma non l'ho trovato a casa, e temo di non vederlo più taTdi, avendo io un'adunanza del Sotto-Comitato dell'Esposizione onde scegliere gli oggetti d'arte forniti dall'Inghilterra per il dipartimento italiano. Del resto appena letto il foglio di lei del 24 marzo (2) ne fui tosto a parlare con lord Palmerston, il quale si mostrò sempre più soddisfatto vedendo le reiterate asserzioni che in esso si contengono. Però rimane incredulo riguardo alle buone intenzioni imperiali per l'unità italiana; e il primo Ministro mi incaricò a questo riguardo di sottoporle l'opportunità di applicare all'Imperatore lo stesso ragionamento di cui era questione per noi, cioè: giudicarlo dai fatti, e quelli in questi ultimi tempi lo condannano, non potendosi far altro che cercare di spiegare nell'uno o nell'altro modo la sua persistenza nel non volere sciogliere la questione romana così capitale per noi. È un curioso indizio del carattere di lord Palmerston, il quale anni sono conobbi difensore ad oltranza dell'Imperatore. Ma dappoichè questi usò artifizi nell'affare di Savoia e di Nizza, non lo dimenticò mai più, e non se ne fiderà mai. Mi rico11do il tempo in cui cadde il Ministero, dove era lord Palmerston per essersi mostrato troppo condiscendente all'imperatore Napoleone. Flahault mi parlava ieri appunto della questione

17 -Documenti dip!omaticì -Serie I -Vol. II.

romana, ed eravamo d'accordo nel pensare che le cose non muteranno d'aspetto anche quando il Papa venisse a morire: poichè non Mastai ma il Pontefice sostenevano a Roma le armi francesi, e abbandonare il successore sarebbe giudicato in Francia come un farisaismo indegno della politica francese. Tornando al soggetto della diffidenza del Ministro inglese verso l'Imperatore, questa è, come le dissi, frutto degli atti stessi della politica imperiale. Persigny me ne attribuì, lo so, una gran parte, ripetendo a molte persone, avere io saputo atcquistare una influenza preponderante in casa Palmerston.

(1) -Non rintracciato l'originale di questa lettera. (2) -Cfr. n, 192.
208

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI (1) (Ed. in Episodi, pp. 219-220; in COLOMBO, p. 27)

L. p, Parigi, 31 marzo 1862.

L'Empereur m'a fait appeler ce ma:tin. Je l'ai trouvé dans de très bonnes dispositions pour le voyage du Prince héreditaire. J'ai... (2) malgré la lettre que l'Empereur a écrite au Roi de le faire venir en France au moment du camp de Chalons.

J'ai fortement insisté près de S. M. pour qu'il fasse partir de Rome le Roi de Naples; l'Empereur m'a répondu qu'il fait dans ce moment tout son possible pour adhérer à notre juste demande.

Je n'ai pas jugé convenable d'insister pour le départ de Goyon parceque La Valette a assez fait dans ce sens. Nous avons longuement parlé de la question romaine; il croit que le traité, tel qu'il était, n'est guère possible. Il élabore un projet qu'il compte me communiquer secrètement dans quelques jours.

J'ai arrangé complètement le mauvais effet produit par les discours de Garibaldi. L'Empereur regrette que les mouvements de Garibaldi qu'il approuverait jusqu'à un certain point, soient toujours hors de tems et de propos. Ils ont empeché la retraite des troupes françaises de Rome et, à présent, ils retardent la reconnaissance de la Prusse et de la Russie.

II m'a gardé très longtems: ses dispositions sont parfaites mais les difficultés fortes. Si Koussouth est à Turin, dites lui de tacher de s'entendre avec Omer Pacha (3). Communiquez au Roi seulement cette dépeche.

Aussitòt que j'aurai revu l'Empereur, je partirai pour Turin. Son nouveau projet sera inadmissible, mais on le refusera bien plus à Rome qu'à Turin. Il faut avoir l'air de se pr~ter à toutes les combinaisons pour en attendre une possible (1). Ne pressez pas.

Il faut prendre garde de dire à la Chambre que vous voulez aller à Rome.

(1) -Erroneamente il Colombo dà questa lettera come indirizzata al Durando e come scritta dal Dottor Conneau. (2) -Nella copia della lettera esiste la lacuna. L'editore degli Episodi ha aggiunto di suo arbitrio c cru douter de la possibilité •. [Nota di CoLOMBO]. (3) -Si trattava d'incorporare nell'esercito turco i moltissimi fuorusciti ungheresi che per la fallita impresa di invadere l'Ungheria dai Principati Danubiani erano rimasti in partein quei Principati, in part~ in Turchia nelle più penose strettezze. [Da una nota in Episodi, pp. 219-220 n.].
209

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO RESIDENTE A COSTASTINOPOLI, CERRUTI

T. 81. Torino, 1 aprile 1862, ore 20,35. ·

Reçu votre dép~che télégraphique du 30 Mars; le Gouvernement approuve votre conduite (2).

210

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (3), AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, RATTAZZI (Ed. in Episodi, p. 220; in COLOMBO, 2)

T. Parigi, 1 aprile 1862.

Je suis arrivé à connaitre le projet auquel ... (4) l'Empereur Napoléon m~me le croit inadmissible. Il consisterait rien moins qu'à faire rendre au Pape jusqu'à l'Apennin; l'administration cependant de ce territoire serait laissée au Roi: ce projet il est probable que l'Empereur me le donne pour le povter à Turin: hl faudra faire une réponse de manière à faire retomber sur le Pape toute la responsabilité du refus. C'est alors que M. Thouvenel présentera à l'Empereur un contreprojet fait sur les bases que vous connaissez et qui satisfera pleinement gouvernement du Roi: tout ceci d'accord avec M. Thouvenel et sous le plus grand secret le plus absolu. Empereur demande à Rome l'éloignement du général Clary.

211

CIRCOLARE TELEGRAFICA DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

T. 82. Torino, 2 aprile 1862, ore 14.

S'il est temps encore ne publiez pas la Circulaire du 20 Mars.

(1) Passo omesso in Episodi, ma dato in Colombo.

(2) -Cfr. n. 205. (3) -Tanto il primo editore negli Episodi quanto il Colombo attribuiscono questo dispaccio telegrafico al Dr. Conneau, perchè cosi è scritto nella copia di esso esistente in MRT, ma, a nostro avviso, è da attribuirsi al Nigra, come appare dal contesto e dalla risposta del Durando al Nigra. (4) -Nella copia del dispaccio la lacuna è spiegata dalla seguente annotazione a lapisin margine: manca una parola. L'editore degli Episodi ha cosi aggiustato il testo: !equel l'Empereur. [Nota di COLOMBO]. Il progetto di Napoleone III è, forse, lo stesso di quello contenuto in una Note de l'Empereur, datata 1861 ma senza indicazione del mese e del giorno,di cui tratta G. DETHAN, Napo!éon III et !'opinion français.e devant !a question romaine (1860-1870) in c Revue d'Histoire Diplomatique •. 1958, P.P· 119-121.
212

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in CoLOMBo, 3)

T. RISERVATISSIMO S. n. Torino, 2 aprile 1862 (1).

Déchiffrez vous seul. Le Président du Conseil croit inacceptable cession de territoire, inexécutables les autres parties du projet. Lorsqu'il sera complété on pourra négocier, pourvu qu'on renonce à la cession. En tout cas, il faut attendre retour du Roi; réserve, réponse évasive (2).

213

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 144. Parigi, 2 aprile 1862, ore 18,05 (per. ore 19,50).

Je n'ai pas compris votre télégramme. Je n'ai jamais pensé à publier la Circulaire et je me suis bien gardé de la il.aisser voix à qui que ce soit excepté Thouvenel.

214

IL MINISTRO A BRUXELLES, MONTALTO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 145. BTtt.Xelles, 2 aprile 1862, ore 17,27 (per. ore 20,05).

Je n'ai parlé qu'en termes généraux de la Circulaire du 20 Mars, mais personne ne l'a vue.

215

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 146. Londra, 2 aprile 1862, ore 18,10 (per. ore 20,45). Je ne l'ai pas publiée mais donnée lecture aux Ministres.

216

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, DELLA MINERVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 147. Lisbona, 2 aprile 1862, ore 17,05 (per. ore 21,05). La Circulaire n'a pas été publiée.

(1) -Manca l'ora di partenza. (2) -Cfr. n. 210.
217

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 148. Francoforte, 2 aprile 1862, ore 20,10 (per. ore 23).

La Circulaire avait déjà paru sans toute fois le dernier article. Le télégramme en ayant apporté ici les principaux passages tirés du journal de Turin La Monarchia (1), j'ai cru que la publiaation allemande était slliillS inconvénient.

218

IL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. RISERVATO S. n. Costantinopoli, 2 aprile 1862.

Ho ricevuto il telegramma con cui S. E. il Presidente del Consiglio mi annunzia la di Lei nomina a Ministro degli Affari Esteri e ne sono assai lieto (2).

Con mio dispaccio telegrafico del 30 marzo io informai il.Signor Commendatore Rattazzi che una sessantina di giovani transilvani fuggendo la leva austriaca avevano disertato in Moldavia. Il R. Console in Galatz mi chiese se poteva spedirli in Constantinopoli per essere awiati in Italia, ma io gli ho ingiunto telegraficamente di astenersene. Gli feci nel tempo stesso sentire che avrei chieste istruzioni a Torino e sto tuttora aspettandole (3).

lgnocr:o quali sieno le viste del Ministero sulla politica d'Oriente, ma credo bene riassumere in poche parole lo stato attuale delle cose nei centri i più importanti.

In Ungheria, malgrado l'attuale sistema di repressione, la disposizione degli animi ci è ancora favorevole ma se il Govemo austriaco riesce a compiere la leva militare e a procedere alla incoronazione dell'Imperatore come Re d'Ungheria non possiamo più contare sull'ajuto di quelle popolaziond.

L'introdurre armi in Ungheria è cosa impossibile senza il concorso dell'Imperatore dei Francesi.

Le disposizioni del Principe Couza non hanno in nuila cambiato. Egli continua a cercare la popoliarità nel lusingare le aspirazionti. nazionali nel senso d'una futura incorporazione della Transilvania. Per altro credo di sapere da buona

• Abbiamo ragione di credere che il presidente del consiglio, ministro per gli affari esteri, ha indirizzato pochi giorni sono una circolare a tutti gli agenti diplomatici del regnod'Italia. Questa circolare prende le mosse dalla composizione dell'attuale gabinetto e spiegala politica che esso intende seguire. Tre punti sono particolarmente toccati: cioè l) il riconoscimento del regno d'Italia e la parte che ad esso spetta nel concerto europeo; 2) la quistione di Roma; 3) la quistione veneta.

Nella prima parte sono poste in evidenza le ragioni dell'Italia ad essere riconosciuta da tutte le potenze, e al posto che le appartiene come grande stato in Europa. Nella seconda si affermano i diritti d'Italia rispetto a Roma, e si dimostra che Roma deve continuare ad essere la sede del pontefice, e nello stesso tempo divenire la sede del governo italiano, tanto nell'interesse religioso quanto nell'interesse politico.

Da ultimo, nella terza parte si dice che lo scioglimento della quistione veneta, in conformità dei voti d'Italia, è una necessità di ordine pubblico europeo, poichè l'attuale stato di cose è un pericolo permanente per la pace generale •.

sorgente (e ciò coincide con quanto scriveva in addietro il Cav. Strambio) che se l'Imperatore dei Francesi appoggia~sse il programma stato dato al Principe Couza dal Comitato Ungherese or sono due anni e che V. E. conosce cioè di contribuire a fargli avere l'indipendenza assoluta e l'acquisto della Bucovina, facendogli intendere che al di là non deve farsi illusione, il Principe non esiterebbe un momento a favorire un movimento insurrezionale in Ungheria cominciando col restituire le armi che tiene in deposito a Bukarest.

Credo pure sapere che in Serbia il Principe Miehele cui finora con qualche fondamento si attribuivano intenzioni poco favorevoli agli Ungheresi sarebbe disposto a favorire la loro emancipazione se da Parigi gli arrivasse qualche incoraggiamento in questo senso accompagnato da affidamento eventuale sulla sua indipendenza.

In una parola tutto dipende da Parigi. Io ho sempre mantenuta per mezzo dei nostri agenti in Ungheria la più gran fede nella: benevolenza dell'Imperatore, senza per altro indurre le popolazioni a movimenti intempestivi. Se poi l'Imperatore non trovasi in queste disposizioni ci conviene assolutamente rinunziare ad ogni idea di concorso per parte dell'Ungheria e cercare altrove il nostro punto d'appoggio, seppure possiamo trovarlo, per la riuscita de' nostri progetti nazionali.

Quanto ai Turchi non si può indovinare il loro pensiero. Il Sultano va ordinando nuovi armamenti di terra e di mare piuttosto· per conservare ciò che ha, che per progetti bellicosi. Fuad Pascià Gran Visir che si credeva incline a favorire le cause liberali e che si esprime talvolta in senso favorevole alle nostre aspirazioni è devoto attualmente alla politica inglese perchè l'Inghilterra lo ha molto secondato nell'imprestito di 10 millioni di lire sterline ultimamente contratto in Londra al 68 e al 6 %, e la politica inglese in Oriente è tutt'altro che liberale. Essa si riassume in due dogmi ch'Essa crede solidali: Integrità della TurchiaIntegrità delL'Impero Austriaco.

Ali Pascià non ha opinioni o se ne ha sono piuttoSito in senso austriaco. Mehmed Ali Pascià cognato del Sultano affetta sensi liberali ed io mi tengo per interposta persona e con immensa cautela in relazione con Lui, ma egli non ha altra influenza che quella di Corte e non si occupa di affari politici. Per altro se io fossi sicuro che possiamo far calcolo sopra Parigi, io lo indurrei a parlare al Sultano e quanto meno saremmo favoriti nel passaggio delle armi che potrebbe allora soltanto farsi segretamente.

Disgraziatamente per noi, il Marchese de Moustier che mi dimostra una certa deferenza personale, è tutt'altro che quello ch'io sperava. Credo che abbia sentimenti poco favorevoli alla nostra causa. È parente stretto di de Merode.

Anche gli agenti Consolari francesi in Oriente, all'eccezione del signor Piace, non sanno far altro che dare ai nostri consoli lezioni di prudenza e di moderazione.

(1) La Monarchia Nazionale, Domenica 23 marzo 1862, n. 82, aveva dato notizia della circolare nel seguente modo :

(2) -Cfr. n. 206. (3) -Cfr. n. 205.
219

CIRCOLARE DEL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

Torino, 3 aprile 1862.

La pubblicazione di diversi documenti e specialmente di circolari che in questi ultimi tempi venne fatta o semplicemente autorizzata dal R. Governo, indusse nell'animo dei rappresentanti rli S. M. all'estero la credenza che simili documenti potessero essere fatti di pubblica ragione semprechè non avessero il carattere di dispacci confidenziali.

Ad ovviare d'ora in poi agli inconvenienti che potesse dar luogo tale pubblicazione contro l'intenzione del Governo, inconveniente verificatosi in questi giorni colla pubblicazione della Circolare di questo Ministero del 20 marzo, e per dare una norma certa ai Ministri di S. M. all'estero, mi affretto a pregare la

S. V. lll.ma ad astenersi per l'avvenire dal dare pubblicità a qualsiasi Nota o dispaccio, salvo il caso che gliene venga formalmente ordinata la pubblicazione.

220

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. s. n. Torino, 3 aprile 1862.

Ho l'onore di trasmettere qui unita alla S. V. Ill.ma, per semplice sua notizia, una copia di un promemoria che consegnai ieri l'altro al Signor Benedetti all'occasione della nota del Governo Imperiale sulla nostra circolare del 20 Marzo, che il medesimo mi comunicò (1).

ALLEGATO.

PRO MEMORIA PER BENEDETTI

La Circulaire du 20 Mars était exclusivement destinée à faire connaitre aux représentants de l'Italie à l'étranger la manière dont le nouveau cabinet envisage les questions qui intéressent au plus haut point la consolidation de notre nationalité et la paix du monde. Aux yeux de M. de Thouvenel cette Circulaire semble revetir le caractère d'un manifeste de nature à compromettre les intérets qu'elle était destinée à sauvegarder. Il ne parait pas approuver la solution que nous entendons donner à la Question Romaine et à la Vénitienne.

Cependant pour quiconque connait l"état présent de l'Italie, la question de Rome ne saurait etre posée ni résolue en principe d'une façon différente de celle qui est proposée dans la Circulaire. Tout Gouvernement qui envisagerait cette question autrement, n'aurait pas un jour d'existence; l'avenir de tout Ministère, quelle que soit la popularité de ses membres, dépend de cela. C'est de cela que dépend aussi la force qui lui est nécessaire pour constituer le Royaume. On ne saurait s'écarter de la voie que le Parlement (après que le Comte de Cavour eut déclaré, en s'appuyant sur des arguments péremptoires, que sans Rome pour Capitale, l'Unité Italienne n'était qu'un reve) a tracé à toutes les administrations qui depuis pourront se succéder en Italie. Voilà pourquoi nous avons appelé indéclinable le mandat que sur ce point le Parlement et la nation ont donné au Gouvernement du Roi. Ce n'est qu'en l'acceptant franchement qu'on peut avoir une certaine latitude pour ce qui concerne son exécution.

La reconnaissance des Italiens pour l'Empereur et pour la France fait qu'ils admettent que la question ne peut étre résolue qu'avec le consentement et le concours de notre grand allié, lequel est en droit de consulter pour cela ses convenances et de choisir son temps. En disant que l'on n'ira à Rome que d'accord avec la France, on ajourne la solution, on calme certaines impatiences, on fait la part des événements et de l'imprévu, sans engager pour rien la politique du Cabinet Impérial qui ne saurait etre compromise de notre part par une phrase qui, à cet égard, reconnait dans l'Empereur l'arbitre des destinées de Rome et de l'Italie.

La mamere dont nous envisageons la question Vénitienne a été également l'objet d'observations amicales. Il s'agit encore ici d'une de ces questions qu'il n'est pas au pouvoir d'un gouvernement quelconque de résoudre autrement que dans le sens de la réintégration de l'Italie. M. de Thouvenel aurait dù voir, ce me semble, un acte de force dans la déclaration par laquelle nous affirmons d'etre assez forts pour maintenir les rapports existants entre l'Autriche et l'Italie jusqu'à ce que l'Europe donne une solution pacifi.que à cette grande question. Après cela il nous devrait etre permis de dénoncer aux puissances sur lesquelles pèse la responsabilité de l'ceuvre établie dans la péninsule par les Traités de 1815, les périls que court la paix de l'Italie en conséquence de l'état déplorable où depuis la guerre de 1859 se trouvent les provinces Vénitiennes. On ne saurait non plus envisager la Circulaire comme étant agressive envers l'Autriche car loin d'attribuer à son Gouvernement l'état de ces Provinces, loin de contester sa légitimité sur le terrain du droit positif, loin de nier sa force nous demandons aux Puissances de s'inspirer en faveur de la nationalité italtenne aux principes du droit naturel sur lesquels seulement pourra désormais etre assurée d'une manière durable la paix de l'Europe.

Ce n'est qu'en présentant les deux questions de la manière indiquée dans la Circulaire, que le Gouvernement pourra maitriser la situation difficile que les événements lui ont faite. C'est ainsi qu'il pourra retenir dans certaines limites le torrent révolutionnaire et en utiliser la puissance dans l'intéret de l'ordre et de la paix. Le Gouvernement du Roi perderait toute force à cet égard si la pensée de celui de l'Empereur qui se détache si ouvertement' de sa manière de voir sur ces deux grandes questions venait à refouler les espérances du peuple italien. Alors le résultat des grands sacrifices que la France a fait pour l'affranchissement de l'Italie serait le plus gravement compromis à l'avantage des ennemis de l'Empereur et du Roi; à l'avantage exclusif de la réaction européenne.

(1) Cfr. n. 201.

221

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI-GAROFOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 149. Madrid, 3 aprile 1862, ore 14 (per. ore 17,10).

Personne ici n'a lu la Circulaire du 20 Mars. J'ai cru devoir seulement régler mes discours dans le sens y indiqué.

222

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 392. Berlino, 3 aprile 1862.

Le télégramme du 31 Mars m'a notifié la reconstitution du Cabinet dont

V. E. a été appelée à faire partie en qualité de Ministre des Affaires Etrangères (1).

Je me suis empressé d'en donner avis au Gouvernement Prussien. Il ne peut que se féliciter d'un pareil choix, car le nom de V. E. est ici favorablement connu ne fùt-ce que par les rapports des Envoyés de Prusse qui se sont succédés durant sa mission à Constantinople dans des circonstances épineuses. Pour mon compte,

je me félicite également de servir sous un chef dont l'expérience nous guidera dans nos efforts voués aux intérets du Roi et de la Nation.

:Je me permet, Monsieur le Mi:nistre, de vous signaler mes dépeches nn. 389 et 391 des 21 et 28 mars, lesquelles contiennent un exposé de la situation (1). Elle n'a pas varié, et elle ne variera guères, selon le calcul des probabilités, tant que le Gouvernement Prussien s'appuiera sur un parti soi-disant conservateur qui ne veut pas entendre parler de la reconnaissance de l'Halie. Cependant, il y a peu de jours encore, le Comte de Bernstorff assurait qu'il ne perdrait pas de vue la question, car ses dispositions étaient toujours bienveillantes à notre égard. Pour le moment il y a un temps d'arret. Heureusement que l'opinion publique est pour nous, et que tòt ou tard le Cabinet de Berlin sera foll"·Cé d'en tenir compte.

Si je sui!! bien renseigné, la France travaille toujours à nous gagner les suffrages de la Russie. Si elle réussit, le Gouvernement Prussien sera entrainé dans le meme courant, car il ne pourrait alors se condamner à siéger, à còté de l'Autriche, dans la minorité des grandes Puissances.

V. E. aura vu par mon rapport n. 391 du 28 mars, que j'ai don.né lecture au Comte de Bernstorff de la circulaire Ministérielle du 20 ma~rs (Catbinet) (2). J'y avais vu d'autant moins d'inconvénient que S. E. M. le Chevalier Rattazzi m'enjoignait de ne négliger aucune occasion de porter à la connaissance de ce Gouvernement la manière dont le Ministère envisageait les trois questions développées dans cette dépeche. Mais je m'étais abstenu d'en laisser copie. Depuis lors la presse allemande a publié in extensum les articles ·relati:fìs à R!ome et à Venise. J e ne sais qui a pu en c<immuniquer le texte. Quant à moi, depuis bientòt 9 ans que je gère cette Légation, jamais je n'ai publié un document quelconque, et je ne le ferai jamais à moins d'un ordre forme! du Ministère.

En accusant réception du télégramme chiffré du 2 avril (3), je profite...

(1) Cfr. n. 206.

223

IL MINISTRO RESIDENTE A L'AJA, CARUTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 157 (Annesso al R. 2). L'Aja, 5 aprile 1862.

Il est bon de faire remarquer à V. E. que le Roi des Pays-Bas a un caractère plus que bizarre (4). Vous pouvez en demander des nouvelles à Hudson; son plus grand plaisir est de dire quelque chose de désagréable toutes les fois qu'il en a et qu'il n'en a pas l'occasion; heureusement cette fois il n'a pas eu beau jeu; je cro1s qu'il ne ·convient pa·s de pousser plus loin cette affaire.

(1) -Cfr. nn. 190 e 199. (2) -Cfr. n. 186. (3) -Cfr. n. 211. (4) -Cfr. nn. 225 e 226.
224

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE 71. Parigi, 5 aprile 1862.

Ho l'onore d'accusar ricevuta del Dispaccio ministeriale del 3 corrente con cui l'E. V. mi comunica per semplice mia notizia la copia d'una nota verbale consegnata al Signor Benedetti in risposta al Dispaccio del Governo Francese sulla Circolare del 20 marzo scorso, e La ringrazio di questa comunicazione (1).

Mi pregio pure d'accusar ricevuta della Circolare di Gabinetto della stessa data del 3 corrente, colla quale l'E. V. ad ovviare gli inconvenienti a cui posson dar luogo indiscrete e inopportune pubblicazioni di documenti diplomatici, anche quando non rivestono carattere confidenziale, invita i Rappresentanti di S. M. all'estero ad astenersi per l'avvenire di dare pubblicità a qualsiasi atto da essi ricevuto, salvo il ca:so di preciso ordine in contrario (2).

M'affretto ad assicurare l'E. V. che la regola di condotta prescritta colla citata Circolare del 3 corrente fu da me seguita scrupolosamente dacchè ho l'onore di rappresentare l'Italia in Francia, e sarà da me con pari esattezza serbata per l'avvenire.

Per quanto spetta al caso speciale della Circolatre del 20 marzo, Le confermo quanto ebbi l'onore di mandarLe per telegrafo, che cioè tale atto non fu da me lasciato vedere ad altre persone, all'infuori dei Segretarii della Legazione e del Sig. Thouvenel. Devo anzi notare a questo proposito che appena la Monarchia Nazionale diede una breve analisi del documento in questione, fui sollecitato da parecchi corrispondenti di giornali a dar comunicazione di esso. Ma, come di ragione, mi vi rifiutai, non avendo ricevuto dal Ministero istruzione alcuna di dargli pubblicità.

225

IL MINISTRO RESIDENTE A L'AJA, CARUTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. s. n. L'Aja, 6 aprile 1862.

S. M. Neerlandese si è degnata di ricevermi il 4 del corrente mese alle cinque e mezzo di sera, secondo le formalità prescritte dal cerimoniale della Corte.

Feci il complimento d'uso e rimisi le credenziali nelle mani del Re in presenza degli Uffiziali della Corte e del Ministro degli Affari Esteri.

Le parole direttemi da S. M. furono quelle poche che si usano in somiglianti circostanze, e quelle che, per quanto avea saputo prima, il Re Guglielmo suole adoperare.

Non avrei perciò nulla da notare se S. M. non avesse creduto di esprimermi tosto una certa sorpresa, di ciò che non si era in quest'occasione osservato l'uso generalmente stabilito nell'annunziarLe anticipatamente la mia nomina.

Chiesi il pennesso a S. M. di risponderLe e Le osservai che era in grado

di assicurarLa formalmente che la mia nomina era stata comunicata dal Marchese

Taliacarne al Barone Stratenus predecessore dell'attuale Ministro degli Affari

Esteri.

Il Re dopo breve pausa cambiò discorso, e passò ad altro. Quindi mi congedò,

e fui ricondotto a casa collo stesso Cerimoniale.

Ho potuto eliminare il rimprovero fatto da S. M., perchè sapevo che S. E. il Comm. Rattazzi avea per telegrafo incaricato il.Marchese Taliacarne di darne contezza al Ministro degli Affari Esteri, e per·chè avea letto la ·risposta del mio Collega, nella quale, fra le altre cose era detto che il Barone Stratenus lo avea pregato di scrivergli il mio nome per poterlo pronunziare correttamente a S. M. Egli mi ha del resto confermato il fatto, nel biglietto di cui mi pregio di unirLe copia.

La mia risposta a S. M. conteneva tutto quanto era a me lecito di d1re. Ma siccome l'osservazione era stata fatta in occasione cosi ·solenne, non ho creduto di poter lasciar passare la cosa senza una spiegazione scritta col Ministro degli Affari Esteri.

Dopo alcune conferenze di ·cui sarrebbe troppo lungo rendere il conto miJnruto a V. E .., e la cui sostanza consisteva per parte di S. E. van der Maesen nel dirmi che era comune interesse di sopire quest'affare in cui era implicata la persona del Re, il quale del resto non avea punto avuto intenzione di dire cosa spiacevole nè al Governo Italiano nè a me personalmente, e nel rispondergli io che ero lieto di queste assicurazioni e dispostissimo ad accogliere tutti i temperamenti conciliativi ed onorevoli che per altro salvassero la dignità del mio Paese e la mia, gli scrissi la lettera confidenziale di cui Le unisco copia.

S. E. van der Maesen mi rispose tosto colla lettera che pure Le trasmetto (1).

Io gli osservai a bocca che dal momento che egli stesso riconosceva che la formola cui S. M. fece allusione non era più usitata da tutte le Corti, e che non era necessaria, io per mio conto non avrei più nulla da aggiungere, e che considerava l'affare come finito, salvo il caso in cui II'icevessi istruzioni in contrario dal mio Governo.

Oso sperare che V. E. approverà il mio contegno fermo, ma pure conciliativo in una circostanza così delicata, e nella quale io non avea forse alcun precedente da consultare (2).

(1) -Cfr. n. 220. (2) -Cfr. n. 219.
226

IL MINISTRO RESIDENTE A L'AJA, CARUTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE S. n. UAja, 6 aprile 1862.

Col mio dispaccio ufficiale del giorno d'oggi le rendo conto sommario del grave incidente a cui diede luogo il mio ricevimento.

D~bbo ora soggiungerle alcune più minute e caratteristiche spiegazioni.

Il re Guglielmo mi espresse il suo étonnement appena presa la lettera credenziale e prima di ogni altra parola.

La mia risposta fu recisa e perentoria in questi termini ·che non ammettevano replica: «Je dois assurer V. M. que ma nomination a été communiquée formellement (ou ofjiciellement, non mi ricordo bene) par M. le Marquis Taliacarne à

M. le Baron Stratenus prédécesseur de M. Je Ministre a·ctuel des Affaires étrangères de V. M. ». Il re rimase alquanto interdetto e ·cambiò discorso. Il domani mattina scrissi al Ministro degli Affari Esteri la nota di cui Le unisco copia.

Il signor Van der Maesen venne a casa mia pregandomi di non dar seguito a questo affare, di non farne oggetto di corrispondenza scritta e di contentarmi delle spiegazioni verbali che era pronto a darmi. Soggiunse che il Re non aveva avuta alcuna intenzione sinistra nel pronunziare quelle parole, che ne era prova la sollecitudine posta nel riceveii"mi; che la formula desiderata dal Re era quella che usavano verso di lui l'Inghilterra e la Prussia; che nell'interesse delle buone relazioni fra l'Italia e l'Olanda era conveniente sopire ogni cosa, perchè trattandosi della persona del Re, la sua risposta avrebbe dovuto contenere la difesa di quanto era stato detto; infine fece appello ai sentimenti di amicizia suoi e dell'Olanda vevso la causa italiana.

Risposi che avea già scritto a V. E., che, se ne era ancora in tempo, avrei trattenuto il mio piego alla posta; che mi sarei di buon .grado prestato a tutti i temperamenti onorevoli e concili!ltivi; ma che una verbale spiegazione non la credevo sufficiente. Opposi che la formola voluta dal re era caduta in dissuetudine, che se la Prussia e l'Inghilterra l'usavano, ciò era per ragioni particolari che non obbligavano le altre potenze, le quali l'avevano da molto tempo pretermessa; che il rimprovero aveva avuto troppo solenne forma; che non era meritato in alcuna guisa; che io non potevo discutere con S. M. ma che era mio debito di ristabilire l'esattezza dei fatti presso il Ministro degli Affari Esteri.

In una seconda conferenza tenuta ievi sera il Signor Van der Maesen convenne meco quasi esplicitamente che la ragione era dal mio canto; mi disse di scrivere a V. E. tutto quello che io voleva, ma insistette perchè non gli scrivessi ufficialmente, e considerassi come non avvenuta la mia nota. Sotto il velo dell'apparato diplomatico vi era l'uomo che voleva dire: io debbo dissimulare la Corona a qualunque costo; venite in aiuto di un Ministro Costituzionale.

Dichiarai al Signor Van der Maesen che le isti!"uzioni del mio governo mi ingiungevano di mantenere e consolidare le buone relazioni coll'Olanda; che io

-o per inclinazione o per dovere non avea altro desiderio. Avere riletto la mia nota e non avervi trovato nulla che potesse dispiacere al governo Neerlandese, che se per avventura m'ingannavo, io non mettevo ombra di amor proprio nella redazione; m'indicasse egli se qualche parola o qualche frase fosse da modificare -o correggere; lo farei di buon grado. II Signor Van der Maesen rispose che nulla avea da ridire sulla forma della nota, ma che era lo scrivere in se stesso che non voleva e giudicava pericoloso. Replicai che la forma era cosa mia e che ne faceva ogni sacrifizio; che quanto

ai fondo, non poteva secondare la sua domanda. Gli proposi quindi varii partiti, e dopo molto controvertire, gli proffersi di rivolgergli, invece di una nota, una lettera confidenziale in cui la cortesia delle espressioni desse occasione ad un ricambio di gentilezze e di assicurazioni pel Re e pel governo italiano, lasciando in disparte, per quanto era possibile, la persona di S. M. Neerlandese. Egli accettò dopo lungo contrasto.

Oggi a mezzogiorno gli diedi la lettera contenuta nel dispaccio e il Signor Ministro mi mandò qualche ora dopo la risposta.

Riassumendo l'incidente ne risulta

l) che il Re fece un rimprovero non fondato;

2) che il Ministro italiano rispose a S. M. affermando nel modo più categorico il fatto e il diritto;

3) che questi chiese inoltre spiegazioni scritte al Ministro degli Affari Esteri, facendo prova del suo buon volere nel risolvere una difficoltà assai grave in sè stessa e nelle sue conseguenze;

4) che la risposta del Ministro degli Affari Esteri contiene, a mio avviso tutte quelle soddisfacenti spiegazioni che erano possibili senza compromettere la persona del Re, ma pur confessando che il Re avea accennata ad una formalità non necessaria.

Io non mi aspettavo di incominciare la mia carriera all'estero con una questione cosi strana e per me cosi pericolosa. Ho fatto ciò che la coscienza mi dettava. Se Ella crede di non disapprovare H mio operato, la prego di darmene un cenno per mia tranquillità.

Noterò infine che il Ministro degli Affari Esteri si condusse meco come un vero gentiluomo e che debbo lodarmi di lui.

(1) -Non rinvenuta. (2) -Notazione marginale del Durando: • Approvare •.
227

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (AST, Legazione Francoforte, cart. 5)

R. 20. Francoforte, 7 aprile 1862. J'ai eu l'honneur de recevoir la !lépeche en date du 1•r de ce mois, par laquelle V. E. a hien voulu m'informer que le. Roi Notre Auguste Souverain venait de l'a'ppeler à la direction des Affaires Etrangères. En vous remerciant, Monsieur le Ministre, de cette communication, permettez-moi d'ajouter combien

je m'estime heureux que la confiance qu'a mi:se S. M. dans V. E. me procure l'honneur d'etre placé sous ses ordres. Je dois également accuser reception à

V. E. de sa dépeche confidentielle du 2 courant ainsi que de la circulaire du 3 aux prescriptions desquelles je ne manquerai pas de me conformer (1).

Le fait le plus saillant de la politique allemande consiste dans le rapprochement de la Prusse avec l'Autriche et de leur parfaite entente dans toutes les questions fédérales. Ce résultat est du à l'abilité des manceuvres de l'Autriche qui, profitant de l'isolement dans lequel se trouvait la Prusse vis-à-vis des autres Gouvernements Allemands par suite de ses tendances libérales, a fortement agi sur l'esprit faible du Roi, et l'a décidé à ramener la politique prussienne dans les voies que l'on est convenu d'appeler conservatrices, mais qui au fond sont purement réactionnaires.

Au lieu de profiter des questions de la Resse Electorale et du Holstein pour donner à sa politique des allures franchement nationales, la Prusse s'est tout-àcoup rejetée en arrière, et sans tenir compte de ses propres p:rotestations, s'est rangée sans autre transition du cOté de ses adversaires de la veille. L'Autriche et les autres Gouvemements dévoués à sa politique ne peuvent contenir la joie que leur fait éprouver un revirement aussi inattendu, et le Journal de Dresde, organe de M. de Beust, l'homme d'Etat le plus réactionnaire de toute l'Allemagne, disait dernièrement en termes des plus significatifs, que maintenant que les Gouvernements Allemands étaient délivrés de l'agitation provoquée par la pression Prussienne, ils pourraient bientòt marcher sans crainte dans la voie d'une sage réforme fédérale. Cette voie sage à laquelle fait allusion M. de Beust, tout le monde la connait; elle n'a trait qu'à des mesures d'unité administrative d'une utilité incontestable sans doute, mais qui n'ont rien à faire avec les légitimes aspirations de l'Allemagne comme Nation.

Toutefois, il est très important de le remarquer, quelque impopulaire et condamné qu'il soit par l'opinion libérale, le rapprochement qui vient de s'opérer entre les deux grandes Puissances allemandes n'a qu'un caractère purement fédéral, et ne s'applique nullement aux quéstions de la politique étrangère. L'Autriche et ses organes voudraient bien faire croire le contraire, et meme personne ne doute que ce ne soit là le but supreme des efforts constants du Cabinet de Vienne; mais jusqu'à présent rien n'a été sérieusement traité dans ce sens, et la garantie des territoi.res extra-alleman:ds qui figure en tete du programme et des espérances secrètes de l'Autriche restera encore lon.gtemps à l'état de reve.

Au reste la politique qui prévaut en ce moment dans les Conseils du Gouvernement Prussien, n'est point celle du pays: elle n'est pas davantage celle du Prince héréditaire qui profondément mécontent de tout ce qui se fait à Berlin, n'a pas cru devoir donner une marque plus significative de sa désapprobation, qu'en allant passer quelque temps auprès. de son beau-frètre le Gran-Due de Bade, le seui des princes allemands qui avec le Due de Cobourg a eu le courage de résister au courant réactionnaire déterminé par la pression autrichienne.

A propos du Grand-Duché de Bade, je ne dois pas laisser ignorer à V. E. que l'Exéquatur accordé par ce Gouvernement à un agent de S. M. en qualité de Consul de S. M. le Roi d'Italie, a été le point de départ de nouvelles intrigues de la part du Cabinet de Vienne pour amener la chute du Ministère actuel. D'après ce que l'on m'assure, les attaques les plus violentes sont dirigées contre le Président du Conseil, Baron de Roggenbach, et il faut toute la résolution du Grand-Due, dans l'état d'isolement où il se trouve placé, pour ne pas céder à la pression et aux manreuvres employées dans ce but.

(1) Cfr. nn. 211 e 219.

228

IL PRINCIPE NAPOLEONE AL MINISTRO D'AGRICOLTURA E COMMERCIO, PEPOLI

(AP)

L. P. Parigi, (Palais Royal), 7 apriLe 1862.

J e ne puis agir sur les détails du traité de commerce comme vous me le demandez. J'ai parlé avec M. Nigra. Je crois que vous vous trompez sur l'effet que produira l'abaissement du droit d'entrée sur les soievies chez vous. Vos mauvaises fabriques tomberont, les bonnes résisteront. Vous me parlez de la légion d'honneur du Général Carini, je ne sais à quoi cela· se rapporte n'ayant jamais entendu parler de cette affaire.

Je vous félicite de la composition complète de votre mintstère. Il n'y a que la nomination de M. Matteucci que je ne compl'ends pas beaucoup. M. Matteucci est un savant fort distingué, un homme capable, mais plus que modéré, faible, indécis, et peureux par dessus tout. Il n'est point un caractère et en temps de révolution c'est ce qu'il ·faut avant tout! Rappelez-vous, et l'histoire vous le montre, qu'il vaut mieux tomber par l'exagération de son principe qu'en le désertant, la révolution n'est pas ce qui m'effraie le plus en Italie, il y a un grand bon sens et beaucoup de modération dans l'esprit public, le danger c'est t'apathie, il vous faut une grande énergie et une grande persévérance pour constituer votre unìté, obtenir Rome et Venise, il ne faut donc pas que le peuple ltalien... (1) sans doute il faut etre prudent, il faut que le gouvernement dirige, mais il faut que le peuple sache que le Roi et ses ministres font tout ce qui est humainement possible pour avoir Rome. L'agitation de Garibaldi peut vous aider. Tout ceci m'est inspiré par le dévouement à votre cause et l'amitié personnelle que je vous porte. Faites mes amitiés à votre femme; la mienne va accoucher au mois d'aout, elle se porte très bien. Je vous serre la main et vous renouvelle l'expression de toute mon amitié.

229

IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, RATTAZZI (2)

(Ed. in Da Aspromonte a Mentana, pp. 9-11)

L. P. Parigi, 7 aprile 1862.

Je crois utile de vous donner des plus amples explications sur mon entrevue avec S. M. l'Empereur.

S. M. l'Empereur a désiré connaitre les véritables causes qui ont amené la chute du Ministère Ricasoli, et les circonstances qui ont précédé à la formation du Cabinet dont vous avez la Présidence; à l'une età l'autre des deux demandes j'ai répondu de manière à laisser au Ministère Ricasoli la responsabilité qui lui incombe pour les faits qui vous ont été légués, et dont vous avez hérité sans bénéfice d'inventaire, vu la situation exceptionnelle où se trouve l'Italie. S. M., · tout en regrettant les démonstrations et les discours de Garibaldi, qui nous ont retardé la reconnaissance de la Prusse, peut-etre meme celle de la Russie, a parfaitement compris toutes les difficultés qui vous ont entouré à votre entrée au pouvoir, et il sait vous en tenir compte. Seulement il déplore, comme nous devons tous le déplorer, que Garibaldi soit souvent le plus grand embarras pour la cause à laquelle il est profondément dévoué. L'Empereur ne peut lui pardonner son expédition de la Sicile, faite au moment où il allait retirer ses troupes de

Rome; quinze jours plus tard, m'a-t-il dit, et mon armée d'occupation était rappelée et quittait les Etats-Pontificaux d'après la demande du Saint-Père: tous mes embarras auraient été finis et l'Italie aurait été libre de s'arranger comme elle le voulait. Je vous cite ce point de la conversation de l'Empereur pour vous donner une nouvelle preuve des véritables intentions de S. M. Inutile de revenir sur le passé, ajouta l'Empereur, c'est au présent, et surtout d l'avenir qu'il faut songer; c'était par là amener la conversation sur le terrain brulant de la politique d·actualité. Je n'ai pas caché à S. M. aucun des inconvénients que l'état actuel des choses créait non seulement en Italie, mais encore, et surtout, à la France. L'Empereur m'a assuré qu'il ne demandait pas mieux que de sortir d'une situation aussi fausse, mais que pour cela c'était en grande partie à l'Italie à lui en fournir les moyens.

J'ai, m'a-t-il ajouté, un nouveau projet que j'étudie depuis quelque temps; il faut que je le rédige, pour mieux le compléter d'une manière pratique, quoique je sois convaincu d'avance qu'it ne sera accepté. Je n'ai pas cherché à fair revenir

S. M. sur un projet qu'il juge lui-meme inacceptable, car le difficile est toujours de faire .sortir l'Empereur de son état d'a:ttente et d',inertie: un projet meme inacceptable sortant du Cabinet de l'Empereur vaut toujours mieux que rien, si toutefois le Gouvernement du Roi arura, comme je l'espère, l'habileté de faire retomber sur la Cour de Rome, sans trop s'engager, la ~responsabilité d'un refus. Dans quelques jours, a ajouté l'Empereur, je vous ferai connaitre mes idées, que je vous chargerai, peut-etre, de porter d Turin d'une manière toute offìcieuse, et sous le sceau du plus grand secret.

L'Empereur a mis la ·conversation sur les aspirations trop ouvertement énoncées par le Roi relativement à la Vénétie, sans trop tenir compte de la force de l'Autriche et de la perturbation que ces projets de guerre toujours répétés jettent en Europe. A ce sujet j'ai cru devoir faire connaitre carrément à S. M. que le Roi d'Italie ne pouvait d'aucune façon avoir l'air d'abandonner la Vénétie à l'Autriche, et que les aspirations du Roi devaient etre d'autant plus connues par les Italiens, de ce que, de son còté, l'Empereur d'Autriche ne négligeait aucune occasion pour froisser et fouler aux pieds tous les sentiments de nationalité, qui sont la véritable et la juste base de la politique du Roi: qui se pretera volontiers à toute conciliation, qui ne soit pas préjudiciable à l'unité italienne, pour la question de Rome, dans l'espoir que S. M. l'Empereur restant fidèle à la proclamation de Milan, n'abandonnera pas l'Italie, tant que la grande cause de la régénération ne sera pas achevée; ce n'est pas une ambition personnelle qui conduit le Roi Victor Emmanuel, c'est un principe qui ne peut pas admettre de transaction tant que l'Autriche aura un pied sur le sol italien. Les Italiens, a dit l'Empereur, avec un sentiment de véritable bonté, ont raison de compter sur moi, mais aussi il faut qu'ils sachent tenir compte des grandes difjìcultés qui m'en,tourent. J'ai cru le moment venu de donner à l'Empereur les plus grandes assurances sur l'esprit d'ordre et de conservation qui conduit le mouvement italien, esprit qui résistera toujours aux impromptitudes du parti avancé.

En parlant des événements de Grèce, S. M. m'a fait comprendre qu'il connaissait toutes les intelligences qui existaient avec Garibaldi... Le jour après ma conversation avec l'Empereur, il m'a été donné de connaitre le projet de S. M. relativement aux affaires de Rome, qui consiste à faire

rendre par le Gouvernement du Roi au Saint-Père tout le territoire jusqu'à l'Apennin, et à faire renoncer au P ape en faveur du Roi d'Italie à l'administration de son État dont il ne resterait, par le fait, que le simple suzerain: ce projet sera rejeté prur la Cour de Rome, car elle ne fera aucune concession, comme elle a rejeté un projet semblable quand il s'agissait de l'appliquer aux simples Romagnes. Il est vrai que les événements ont .bien marché depuis, mais les leçons pratiques des faits accomplis n'ont pas eu une grande influence sur le Sacré Collège, ni sur l'esprit du Saint-Père lui-meme, qui reve quelquefois aux aventures romanesques de l'exil. Je suis donc de l'avis que le Cabinet de Turin doit se montrer pret à tout accepter, sans trop s'engager, et simplement de manière à faire retomber sur la Cour de Rome la responsabilité de tout refus.

M. Thouvenel, que j'ai vu le jour après mon entrevue avec S. M., est p.rofondément convaincu, comme l'est le marquis de La Valette, que le projet de l'Empereur sera non seulement rejeté, mais qu'il irritera au dernier point le Pape et les cardinaux. A la suite de ce nouveau refus, Thouvenel proposera un autre projet à l'Empereur; ·Ce projet sera à peu près dans le sens de celui que vous connaissez (1), et je le trouv·e meme plus pratique, quoique il fixe à deux années la dernière limite de l'occupation frança,ise dans le•s États pontificaux, et qui con.tient un artide secret qui exigera quelques modifi.cations. A mon avis la bataille entre 'l'Italie et la Papauté sera gagnée par celle des deux parties qui se montrera la plus conciliante, et on peut l'etre plus facilement quand on se trouve, eomme nous nous trouvon.s par le fa,it, à avoir tous ~es avantages de la situation...

(1) -La lacuna esiste nel testo in possesso del Ministero degli Esteri. (2) -Non rintracciato l'originale.
230

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. CONFIDENZIALE 154. Parigi, 8 aprile 1862, ore 20,20 (per. ore 21,05). Après une longue entrevue avec La Valette et sur les instances de la partie

libérale du Ministère l'Empereur parait s'etre décidé aujourd'hui au rappel de Goyon qui serait levé bientòt. Je vous écrirai demain par courrier.

231

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 393. Berlino, 8 aprile 1862. A Berlin les choses vont mal ou bien; car tout dépend du point dont on envisage la situation, selon qu'on désire une monarchie fière et triomphante, ou modestement assise à l'écart occupée à imaginer de nouvelles décorations commémoratives du couronnement, des réformes dans les uniformes de l'armée, et autres puérilités de ce genre. Nous assistons à la seconde de ces phases. Le

Gouvernement croit avoir retrouvé son équilibre nature!, tandis qu'il a rétrogradé vers l'ancienne ornièrEì dont il s'était éloigné en 1848.

18 - Documenti diplomatici -Serie I -Vol. II.

Depuis 1815 jusque à nos jours, il existe en Prusse deux tendances contraires, deux forces motrices ou attractive.s qui font qu'elle reste en suspens comme le tombeau de Mahomet. L'histoire du pays, ses destinées visiblement indiquées par mille symptòmes, poussent à une politique audacieuse et énergique; mais l'esprit conservateur et légitimiste de la dynastie s'oppose à cette politique.

La faiblesse se cache sous l'apparence de la force, quoique, non sans jeter un regard de convoitise sur les résultats possibles des aspirations ambitieuses.

On est en quelque sorte vertueux à son corps défendant. Je ne sais si Machiavelli a raison quand il prétend qu'un pays ne comporte pas, sans dégringoler, deux Gouvernemens faibles qui se succèdent l'un à l'autre. Tant il y a qu'à présent après des oscillations qui dans le camp féodal faisaient craindre pour la vertu de la Prusse, on est entré dans ce qu'il appelle la voie du salut! On prete l'oreille aux doctrines prèchées à Vienne et à St. Pétersbourg; et à moins d'un revirement imprévu, on restera pour quelque tems sous la tutelle Austro-Russe. Ni à Vienne, ni à Pétersbourg on n'a oublié la politique des Metternich et des Nesselrode.

De là p~tent les inspirations orthodoxes et conservatrices. Ces deux Cabinets ont gourmandé, avec succès, la Prusse sur ses instincts hétérodoxes et ~révolutionnaires.

Le Cabinet de Berlin voit toujours le danger là où il n'est pas, et il ferme les yeux devant le véritable péril. Il craint les suites fàcheuses du système constitutionnel; il reve conspirations !'!t émeutes, il a peur de la démocratie. Il commet cependant une erreur. Le peuple est très monarchique, et son caractère est endurant, s'il n'est point poussé à bout par des injustices trop irritantes.

En attendant la Prusse s'expose à compromettre son avenir. Sa politique intérieure réagit sur sa politique extérieure. Leurrée par l'Autriche et par les satellites de cette Puissance en Allemagne, elle court le risque d'etre engagée à se rendre solidaire d'intérets qui ne sont pas les siens et dont le triomphe ne la rehausserait pas d'un cran. Le parti réactionnaire voudrait faire rentrer le Gouvernement Prussien dans les dédales du droit fédéral, le corriger de son esprit récalcitrant contre la diète Germanique, en un mot le rallier au camp Wiirtzbourgeois. Le fait est qu'il se prépare quelque chose. Des délibérations s'ouvriront à Vienne sur de's modificattons, plus apparentes que réelles, de la constitution fédérale et on fera à ·la Prusse l'honneur de l'inviter à prendre pall't à ces délibérations.

Le Traité avec la France est paraphé. Un instant il avait été sérieusement compromis. Les différens membres de l'Union douanière ont été invités à donner leur adhésion. A cet effet des commissaires se rendront, entre autres, à Hanovre et à Munich; mais qui sait ce qui se passe derrière les coulisses? Des difficultés peuvent survenir, et le dernier mot n'est pas encore dit.

Le Min1stère est d'accord pour la suppression des 25 % d'impòts directs et personnels dont le produit était appliqué à l'organisation de l'armée; pour se créer de nouvelles ressources il opère des conversions de rentes et se propose d'augmenter l'impòt sur le sel. Il sera assez prudent pour ne pas exiger trop à la fois. Le budget militaire sera enflé progressivement. On se contentera de ce qu'on pourra obtenir des chambres; et à une autre session on espère obtenir davantage.

Les contribuables sont en quelque sorte dans la position de ce roquet auquel pour épatrgner trop de douleurs à la fois, on coupait queue et oreilles successivement et par morceaux.

En accusant réception des circulaires Ministérielles du l.er Avril (1) je saisis...

(1) Cfr. Serie I, vol. I, 58.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 394. Berlino, 8 aprile 1862.

Il me résulte d'une manière certaine que la Russie à l'instar de la Prusse à enrayé ses dispositions pour une reconnaissance prochaine de l'Italie (2). Les tendances réactionnaires de l'Empereur Alexandre I'ont empéchée, ont pour le moment prévalu sur Ies vues comparativement raisonnables du Prince Gortschakoff.

Cette question restera donc en suspens à Pétersbourg, comme à Berlin. Néanmoins le Comte de Bernstorff continue à affirmer qu'il pense toujours de méme à notre égard; qu'il aurait désiré la reconnaissance avant la prochaine réunion des chambres; mais qu'à la veille des élections il a dù se rendre à l'opinion de ceux qui lui déconseillaient une mesure qui aurait excité le mécontentement du parti conservateur. Je devrais déduire de ce raisonnement que, le parlement réuni, nous arriv,erons à une solution. Si le Comte de Bernstorff et ses collègues avaient la conscience des devoirs imposés à des Ministres constitutionnels, je ne douterais pas un instant de ce résultat; mais comme Ieurs devanciers ils n'osent pas mettre le Roi en demeure de se prononcer conttre ses préjugés Iégitimistes. Si les idées du vrai et du juste se développent Ientement dans il.'histoire des peuples, ce travail s'opère plus lentement encore dans les régions de la Cour de Prusse, où les glorieuses doctrines de Frédéri'c-Ie-Grand sont tenues sous le boisseau.

Le Ministre de la guerre, M. de Roon, représente l'élément le plus rétrograde du Cabinet et c'est lui qu'on emploie le plus activement pour influencer per fas et nefas !es électeurs dans l'armée. On raconte, entre autres, que dans une circulaire récente et confidentielle aux chefs de corps, il porte très haut le drapeau des Hohenzollern, et il a raison, mais il conspue Ies couleurs Allemandes qui ne sont, dit-il, que le drapeau de la révolution et de la démocratie. Si la Prusse n'était pas l'enfant gàté de la Providence, il y aurait là de quoi désespérer de l'avenir de ce pays. Il faut espérer que la force méme des choses ramenera son Gouvernement à une politique nationale et libérale.

P. S. -Pour se concilier l'opinion publique le Cabinet Prussien vient de promettre un budget plus spécialisé dès cette année, un dégrèvement sur des objets de première nécessité, réduction sur la taxe des lettres.

Si ces promesses ne sont pas une simple réclame électorale., le Gouvernement ne pouvait mieux rendlre hommage à la chambre chassée comme démocratique et révolutionnaire!

J'ai l'honneur d'accuser réception de la circulaire (Cabinet) du 3 avr1l. Je ne puis que me référer à ce que j'ai écrit dans mon rapport no 392 (1). Je suis trop ancien diplomate pour ne pas connaitre et observer les principes élémentaires de la carrière.

(1) Cfr. nn. 211 e 219.

(2) Cfr. Die auswéirtige Politik Preussens, 1858-1871, II, 2, n. 455.

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IL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE l. Costantinopoli, 9 aprile 1862.

Credo che fra pochi giorni partiranno per Roma da varii punti della Turchia alcuni Vescovi e Primati dei diversi riti cattolici per assistere alla assemblea convocata dal Sommo Pontefice. Nella supposizione che ciò possa eventualmente interèssare V. E. le faccio una rassegna di alcuni fra loro:

Monsignor Paolo dei Conti Brunoni originario di Lugo (Romagna) nato in Cipro, Arcivescovo Vicario Apostolico. Ho avuto soventi delle conversazioni seco lui come antico mio amico, circa gli affari di Roma e sulle intenzioni di S. M. in favore dei Vescovi Italiani. Non è fanatico, non è partitante del clero regolare e, senza avere il coraggio d'un'iniziativa, non sarebbe alieno dal parlare in senso favorevole a noi se fosse sicuro che si dessero solide e durevoli garanzie di dotazione all'episcopato cattolico. Egli sta fabbricando una chiesa a Cadikoi (Calcedonia) per la quale accetta soccorsi, ed ha un fratello in Cipro Conte Brunoni che aspira da lungo tempo ad essere Cancelliere stipendiato e sussidiato della delegazione consolare italiana (2).

Monsignor D. G. Hassun, Vescovo Primate della nazione Armena, Alunno di Propaganda; parla perfettamente l'italiano. Ha sentimenti piuttosto liberali e nello scorso inverno montò un piccolo teatro di dilettanti ove dagli alunni del collegio armeno fu recitato un dramma allusivo ai fasti antichi dell'Armenia. Questa legazione è in ottimi rapporti con lui. La nazione armena ha dei conventi ed istituti religiosi ~n Toscana, nelle Marche, in Venezia ed in Roma.

D. Giuseppe Arakelian, Vescovo Armeno di Trebisonda e del Ponto. Non lo conosco personalmente ma so che parla bene l'italiano come alunno di Propaganda. Mi si dice essere uomo molto moderato.

Monsignor Canova Vescovo latino di Filippopoli, nativo d'Italia, credo anzi del Piemonte. Scriveva nel 1848 da Filippopoli, quando era semplice vicario, che la nazione italiana sotto le insegne di Pio IX doveva spezzare le catene della schiavitù austriaca. Poscia cambiò metro e si mostrò difensore del potere temporale ma ciò parlando in presenza di altri preti con una signora di questo paese. È un poco ambizioso, e forse tornerebbe all'antico modo di parlare se le circostanze glielo facessero credere utile.

Andranno probabilmente anche i quattro patriarchi dei Maroniti, dei Melebiti, dei Siri e dei Caldei con alcuni Vescovi Libanesi. Probabilmente nessuno fra loro parlerà l'italiano o il francese, ma l'arabo soltanto. Sarebbe desiderabile che noi avessimo a Roma qualche agente perito in quella lingua, e, nel caso in

cui V. E. lo ravvisi utile, mi permetterei indicarle, se non è troppo tardi, il signor Kalil Bacos R. dragomanno ad Alessandria, Libanese, uomo finissimo, ex segretario di Monsignor Losanna e molto attaccato al R. Governo.

Se mai andassero monsignor Bogdanovich, Vescovo dell'alta Albania, e Monsignor Strossmayer, Vescovo della Bosnia, la prego a non considerare in essi che degli stromenti dell'Austria della quale sono sudditi decorati, titolati e stipendiati. Parlano discretamente l'italiano.

(1) -Cfr. nn. 219 e 222. (2) -Notazione marginale del Durando: c Scrivere confidenzialmente al nostro console a Roma d'andargli a fare una visita a mio nQme particoLare com'antico suo conoscente a Costantinopoli, e informarmi di cosa si tratta a Roma, se può saperlo •.
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IL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE 3. Costantinopoli, 9 aprile 1862.

Dopo che oggi ebbi l'onore di iscambiare con S. A. Aali Pascià le ratifìche per la convenzione telegrafica, questi mi trasse in disparte per signifìcarmi che Rustem bey avevagli fatto conoscere di avere ottenuto dal Ministero degli esteri le più formali assicurazioni che nulla sarebbesi tentato che potesse essere cagione di turbamento negli Stati di S. M. il Sultano e che nulla lasciava supporre che dai porti nostri sarebbe partita spedizione di volontarii diretti alle coste turche.

S. A. mi disse aver commesso al rappresentante della Sublime Porta a Torino, di ringraziare il R. Ministero degli esteri per queste gradite assicurazioni. Aggiunse però S. A. Aalì Pascià che: mentre accoglieva con viva soddisfazione quelle dichiarazioni, era però stato avvertito che allestivasi in qualche porto italiano una spedizione che avrebbe avuto di mira uno sbarco in Grecia per venire in aiuto della sollevazione militare non ancora vinta. Facevami quindi osservare qual turbamento un simile avvenimento porterebbe specialmente nelle provincie turche ove ferve tuttora la rivolta. Cercai di tranquillare S. A. dicendogli: che le communicazioni mie ufficiali erano tutte improntate dal vivo desiderio di nulla tentare nè permettere fosse tentato che potesse riuscire di danno a governi che si dimostravano amici.

Credo conveniente di far conoscere alla E. V. il senso della mia conversazione con Aalì Pascià, per il caso Ella giudicasse opportuno di trasmettermi nozioni mediante le quali ripetere a S. A. con maggiore particolarità, le mie assicurazioni.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCESE, THOUVENEL (Archives du Ministère des Affaires étrangères. Paris. MSS. Mémcires et documents, Papiers de Thouvenel, vol. VII, ff. 389-390)

Torino, 10 aprile 1862 (1).

Dès le premier jour que je suis entré au ministère, j'ai pensé de Vous écrire, et Vous dire combien je suis heureux de me trouver encore une fois, comme à Constantinople, votre collègue.

J'aurais désiré etre oublié, d'autant plus que l'état de ma santé a besoin de certains ménagemens; mais les circonstances sont assez difficiles, et il faut que chacun accomplisse son devoir autant que ses forces le lui permettent.

Je Vous avouerai encore, mon cher M. Thouvenel, que je me suis laissé entrainer par les séductions de l'inconnu, c'est à dire, paa.-cette inexorable question de Rome, qui sera le Capitole ou la Roche Tarpéienne de tout ministre italien. Je connais un peu vos sentimens amicaux envers l'Italie. Aussi je ne doute point que Vous soyez fortement préoccupé de cher,cher à dénouer ce nreud gordien de la manière plus convenable et plus conforme aux intérets de la France et de l'Italie. Je sais également que l'Empereur ne cesse d'en faire l'objet de ses études.

De mon còté, je n'ai pas besoin de Vous dire, je ne laisse pas écouler un seui jour sans y penser; mais, je l'avoue, tous les différents projets qu'on a formulé [sic] ne m'ont pas entièrement satisfait, surtout en ce qui concerne les garanties que l'Italie doit offrir au catholicisme pour assurer la pleine indépendance du Souverain Pontife.

Quant à l'évacuation de Rome par les troupes françaises, la question me semble moins hérissée de difficultés. Vous comprendrez que je ne saurai entrer dans les détails, mais peut-etre l'occasion se présentera de revenir plus amplement sur ce sujet.

(1) Questa lettera fu rimessa dal Nigra al Thouvenel 1'11 aprile, cfr. CoLOMBo, 11.

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CIRCOLARE DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL CORPO DIPLOMATICO ACCREDITATO A TORINO

Torino, 10 aprile 1862.

Je m'empresse de vous faire connaitre que S. M. le Roi, mon Auguste Souverain, se rendra vers le 25 de ce mois à Naples et qu'il fixera son séjour dans cette ville pendant tout le mois de mai prochain.

En vous faisant cette communication je crois devoir ajouter que S. M. verrait avec plaisir le Corps DÌJPlomatique se rendre aussi à Naples dans cette occasion (1).

Pour éviter toute espèce d'inconvénients et d'oublis je dois vous prier, Monsieur, de prévenir M. le Préfet du Palais aussitòt que vous y serez arrivé afin qu'il puisse vous adresser les invitations aux fetes de la Cour.

• En vous faisant cette communication, je dois ajouter que S. M. verrait avec beaucoup de plaisir la présence dans cette Ville du représentant de Son Auguste Allié l'Empereur Napoléon •. E il capoverso seguente cominciava: c Dans l'espoir que vous voudrez bien, M. le Ministre, vous rendre à cette invitation, je vous prie de prévenir M. le Préfet du Palais ecc. ecc. •.

(1) Nell'invito al ministro di Francia, Benedetti, questo periodo era cosi formulato:

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IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 53. Atene, 10 aprile 1862. · La sollevazione che sta per cessare avendo posto in qualche dubio la esistenza del presente governo 'greco e parendo legarsi col malumore e i disegni delle popolazioni cristiane dell'oriente turchesco, à svegliato un poco la sollecitudine della Diplomazia. Non però tanto quanto i greci stimano, i quali per la grandezza del nome antico, si danno a credere che il mondo si occupi cotidia

namente di loro. Anzi, debbo confermare a V. E. il già notato altra volta da me e vale a dire che in generale in questi ultimi anni le tre potenze protettrici poco

o nulla si sono brigate del regno ellenico non soddisfatte nè del popolo nè del governo, e solo sonos'i fatte vive per costringere quest'ultimo a pagare i frutti del debito da esse guarentito. La Russia vuole che il regno greco o le si gitti in braccio o tanto s'indebolisca quanto le popolazioni slave orientali pigliano invece il disopra.

All'Inghilterra fa noia la persistenza delle isole jonie a volere unirsi coi sudditi del Re Ottone, quindi non le dispiace che i greci del regno facciano mala prova e sieno mal governati; al che si aggiunge la continua sua gelosia per la integrità e la sicurezza dell'impero ottomano. Alla Francia dovrebbe gradire molto di più la prosperità della Grecia. Ma, come io scrivevo altra volta, il suo intervento armato nel '54 è tuttora presente allo spirito di questo popolo, il quale d'altro lato non iscorge negli inviati di Francia nè molta liberalità di principi nè molta coerenza di ope·re; e la Francia si dà :poco pensier.e di reintegrarsi nella opinione pubblica e di scegliere con più solerzia il suo rappresentante. Nondimeno, essa è qui come dapertutto assai temuta, e se ne à una prova oggi medesimo in Nauplia dove gl'insorti non osarono di metter mano al denaro della Banca nazionale, solo perchè è amministrato da un greco che sostiene al tempo stesso gli uffici di Console francese e inalberava la bandiera tricolore sulla casa dove sono gli scrittoi di essa Banca.

A rispetto poi degli ultimi avvenimenti le tre potenze sunnominate sonòsi a maraviglia concordate nell'astenersi da qualunque specie e maniera d'intervenzione; salvo che con l'arrivo di qualche legno da guerra di più ànno mostrato la loro deliberazione di proteggere con efficacia le persone e gli averi dei sudditi rispettivi. E sebbene Sir Thomas Wyse non abbia tollerato che navi francesi vadano a Nauplia scampagnate da navi inglesi, nondimeno, nella sua nota scritta in quel proposito al governo ellenico insiste sulla necessità e il dovere in che trovasi di difendere con efficacia gl'interessi dei sudditi inglesi. Vero è che il governo britannico stima i sollevati greci più abili e più intramettenti che nel fatto non sono e dubita promossa da loro qualche grave perturbazione in Turchia. Ma Sir Thomas Wyse che conosce il paese da circa 10 anni è in molto minore apprensione.

Quanto al barone Bludoff nuovo ministro russo sembra risoluto di tenersi quieto ed inoperoso al possibile e cosi cancellare la opinione di molti e dalla corte assai carezzata che la presente rivolta sia stata promossa e fomentata da lunga mano dalla Russia. Il certo è che M. Ozeroff testé partito per aìla volta di Berna spia.ceva talmente al Re ed alla Regina che gli vennero negate le insegne dell'Ordine del Salvatore, contro l'uso pressochè costante di questo regno allora quando un Ministro plenipotenziario vi à soggiornato un qualche nnno.

Confesso di non conoscere le istruzioni le quali dicono aver recato il nuovo Segretario francese signor Bersolle di fresco arrivato in Atene, ma non v~do ragione perch'elle .siena di molto diverse dalle anteriori le quali in sostanza si conformavano al principio del non intervento e alle disposizioni del trattato di Londra. Una sola cosa à interessato i governi di Europa ed è di sapere le mene dei Comitati e fino a qual punto i moti di Grecia si connettono con quelli del Levante ed ancora con quelli d'Italia. In sul primo scoppiare della rivolta la Turchla n'ebbe serio sgomento e metteva in marcia verso le frontiere del regno circa venti mila uomini. Oggi alcuni nostri consoli scrivono che i tlmori sono svaniti e le truppe sono fatte fermare o retrocedere. Non pe,rtanto, gli avvisi che corrono intorno a preparativi di sbarco e specialmente d'Italiani, tornano a dare la sveglia non pure alle polizie greche e turche ma alla diplomazia inglese tanto tenera della salute e quiete della Sublime Porta. Mi si dà per sicuro che sir Thomas Wyse offre al re Ottone di far vigilare le coste greche da legni britanni e il re non avere accettato. Sebbene io tenga la informazione da persona autorevolissima sono costretto di parla in dubio. Debbo similmente dichiarare a V. E. che non ò presente allo spirito altra spiegazione della incredibile resistenza di Nauplia eccetto questa dell'aspettare da un giorno all'altro quella città un soccorso dal di fuori. Mi è pur noto che l'ammiraglio Touchard à istruzione di invigilare cosi nell'acque di Grecia come in quelle dell'Adriatico che non succedano sbarchi di partigiani, quando siena a bordo di legni francesi o abbiano salpato dai porti di Francia.

Ciò poi che avrebbero fatto le tre potenze, quando il trono di re Ottone avesse mostrato di vacillare, non so ben dire; ma per al presente non dò punto retta alla voce assai diffusa in Atene che si pensi a Londra di provvedere alla succes·sione di questo regno con nuovi protocolli. Il trattato del '32. nei paragrafi 7° ed so vi provvede quanto bisogna.

Dalla sua parte il Re convien riconoscere che non à punto mancato al•la dignità della sua corona chiedendo aiuti e consigli alle corti straniere. E se domandava alla Francia di spedire uno o due vapori nelle acque di Nauplia ciò era veramente più a titolo di umanità che sotto specie di soccorso.

Da ultimo, è altresl opportuno di ragguagliare V. E. delle più riposte intenzioni dei sollevati, intorno alle quali ò già fatto cenno in altri dispacci. Egli è certo, impertanto, che sebbene i sollevati di Nauplia non abbiano dichiarato la decadenza del re e della dinastia bavarica, essi tutti si accordano a desiderare un altro principe e si lusingano di pervenire al loro fine mediante la convocazione di un'assemblea ·costitutiva. Intanto a Sira il popolo gridò Viva il figliuolo di Vittorio Emanuele. A Smirne sonosi udite le stesse voci. Un giornale greco di Trieste afferma che il modo unico di acquetare la nazione ellenica e bene apparecchiarla ai suoi gloriosi destini si è di porre a suo re uno dei fìgHuoli di Vittorio Emanuele; e il simile si va stampando e pubblicando a Corfù; dove, se non sono male informato, si voleva procedere ad altri atti e dare a quel voto una sanzione più che privata.

A me non conveniva tacere nessuno di questi particolari, e se altri ne sapessi, altri ne scriverei. Dopo ciò debbo aggiungere che la cosa insino a quest'oggi non ha importanza e che è troppo manifesto al governo ellenico la Legazione italiana essere alienissima dal cooperare o come che sia incitare e promuovere simiglianti dimostrazioni; nelle quali peraltro è da ravv.isare la fede e l'ammirazione profonda del popolo greco inverso il nostro Sovrano e quanto ami e confidi nella nazione italiana.

Colgo questa circostanza per offrire a V. E. i nuovi atti della mia alta considerazione.

Credo utili le aggiunte, accennate nel foglio qui allegato (1), al dizionario in cifra n. 4 F e spero che V. E. stimi opportuno l'ordinare che esse vengano copiate nell'esemplare esistente presso il Ministero. La prego a volermi accennare nella corrispondenza l'inserzione suddetta.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE 74. Parigi, 10 aprile 1862. Ieri l'altro il Sig. Marchese di La Valette ebbe una lunga conferenza coil'Imperatore. L'Ambasciatore espose a S. M. le ragioni d'incompatibilità della sua presenza a Roma di fronte a quella del Generale Goyon, il quale agiva indipendentemente dall'Ambasciata e senza accordo con essa. Il Marchese di La Valette avreibbe quindi dichiarato che gli sarebbe impossibile di ritornare a Roma se il Generale Goyon non fosse sostituito e se il nuovo Comandante delle truppe d'occupazione non avesse avuto l'istruzione d'agire in perfetto accordo coll'Ambasciatore. Le osservazioni del Marchese di La Valette, appoggiate dalla parte liberale del Ministero e massime dal Sig. Thouvenel e dal Sig. Billault, smossero l'Imperatore, il quale avrebbe promesso il richiamo del Generale Goyon. Tuttavia, per non isconfessare in certa guisa il Generale, l'Imperatore lo chiamerebbe in semplice congedo, in guisa che conserverebbe, ma da lontano, e solo nominalmente il comando delle truppe. Tale è la decisione a cui pare siasi definitivamente risolto l'Imperatore; ed essa sarà eseguita fra breve, se nuove opposizioni della Corte non vengono ancora una volta a suscitare difficoltà nell'animo peritoso di S. M. Avrò cura d'informare l'E. V. della partenza del Marchese di La Valette e d'ogni incidente che potesse modificare le informazioni sopra esposte. Avrò cura egualmente d'informarLa più tardi intorno alla possibilità che un progetto

d'accomodamento con Roma ci venga proposto dalla Francia, in tempo più o meno vicino.

(1) Non rinvenuto.

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L'INCARICATO D'AFFARI A STOCCOLMA, MIGLIORATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 119. Stoccolma, 10 aprile 1862.

Mi affretto ad accusar ricezione del telegramma di V. E., e La ringrazio delle istruzioni che vi si contengono riguardo al viaggio di S. A. R., il Principe di Piemonte.

Mi decisi a chiederne nuove a V. E. dal continuo discorso che S. M. Carlo XV me ne tiene ogni qualvolta abbia io l'occasione d'incontrarlo; e sovratutto dall'ordine che ha avuto il Ministro di Danimarca d'interrogarmi a nome del Suo Sovrano. I,gnorando io affatto quali sieno i divisamenti del Nostro Augusto Principe -sapendo solo per voce di giornali che dovrà visitare paesi stranieri non sapeva in ·che guisa regolare il mio linguaggio; nè che rispondere alle domande dei due Sovrani.

Mi sono affrettato far consapevole l'Inviato di Danimarca del contenuto del di Lei telegramma, nè tarderà la opportunità che a questo Re ne tenga parola.

Il Ministro Danese onde spiegare la ragione per cui ebbe ordine di chiedermi quei ragguagli, mi manifestò che il Suo Sovrano ha uso passar tutta la state in campagna, senza mai riedere in Capitale, e dovendo sin d'ora prendere le sue decisioni -e volendo d'altronde star a Copenhague per la venuta del Principe, e festeggiarlo quanto meglio possa -volea conoscere a un dipresso la data della sua venuta.

È tutt'altro motivo che ispira i discorsi del Re di Svezia: le preoccupazioni del Suo Campo, nel quale fra due mesi va a riunire fra 15 a 20.000 uominL Suo vivissimo desiderio sarebbe che il Principe venisse in persona ad assistere alle manovre; le sue interrogazioni tutte tendono a questo scopo. Credo dover mio darne a V. E. conoscenza. Se l'Altezza Sua si decide a voler venire in questi paesi immense saranno le dimostrazioni che la nazione intera farà. V. E. non potrebbe concepire che profonde simpatie si hanno qui per il Re nostro, pel Suo Figliuolo -e per coloro che figurarono nel nostro risorgimento (1).

Il Governo Danese dà le opportune disposizioni per stabilire una Legazione a Torino.

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IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO D'AGRICOLTURA E COMMERCIO, PEPOLI

(AP)

L. P. Parigi, l O aprile 1862.

A quest'ora devi aver ricevuto la lettera di Rouher il quale non mi sembra disposto a far nuove concessioni importanti. Però se si potrà ottener qualche cosa sarà solo in presenza dei plenipotenziarii. Capisci che a lui stesso rimarrebbe difficile il concedere più di quanto ha concesso, non potendo fare in via

pr·ivata ciò che ha rifiutato ai plenipotenziarii. Sarebbe dare in certo modo uno schiaffo alle persone che furono mandate qui dal Governo. Posso assicurarti che Nigra ha messo tutto .il cuore e tutta la sua intelligenza per riuscire nel miglior modo; quindi mi pare faresti bene a scrivere anche a lui una riga mostrandogli la tua confidenza.

A senso mio, che non son mai nè per le mezze misure, nè per le situazioni ambigue, sarei d'avviso o che il trattato s'accetti dal nuovo Ministero francamente e lealmente assumendone la responsabilità, o che si rigetti attendendo a riprenderlo un'occasione migliore. Intanto è quasi certo che anche in questo intervallo sarà applicata al Regno d'Italia la tariffa del Belgio. I nosÌII"i nemici potrebbero tirar un pò partito di questo incidente, ma essi son tanto disposti a tirar partito anche di ciò che non esiste che un pò più un pò meno la situazione rimarrà la stessa.

Qui la situazione diviene ogni giorno più tesa; i legittimisti ed i clericali spingono le cose all'estremo. On se dirait d la veille de la St. Barthélemy. Ciò non mi spaventa punto, perchè farà comprendere al Governo dell'Imperatore ove possono condurlo le concessioni fatte al partito estremo. Venisse anche un Ministero Walewski non solo, ma Bon... (1) e Larochejaquelein, ciò riguarderei come l'estremo male che condurrebbe aU'estremo rimedio. Dopo un paio di mesi quei Signori sarebbero impossibili per sempre ed amerei meglio vederli venir al potere ora che il Governo Imperiale ha ancora tutto il suo vigore che più tardi allorquando fossero pervenuti a paralizzarlo con le mene clerico-legittimiste che partono dai clubs, dalJe società, per discendere :nelle sacristie e nelle provincie. Qui tutti sono benissimo per te. Non parlo di tuo zio, di cui conosci il carattere ed a cui mai non farò cenno sul conto tuo. Sai d'altronde che io non sono punto in intimità da poter entrare in argomento.

Non mi scrivi nulla relativamente ai Canale, credo che Nicols deve esser giunto a Torino, poichè so che a Londra tutto è terminato. Farò una corsa in· Italia se lo posso, prima della partenza del Re per Napoli.

P. S. -Ti prego dire a Sella, cui· puoi legger la presente, che lo consiglio a prendere un partito decisivo circa al trattato non lasciando più a lungo le cose in questo stato. Se avete bisogno presso Rouher di qualche passo ufficioso, mi metto interamente alla vostra disposizione.

(1) Nota marginale del Durando: c Avvertire per telegramma che il viaggio del Principe non può effettuarsi quest'anno •. Il telegramma, cui accenna Migliorati, manca.

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IL MINISTRO A BERNA, JOCTEAU, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE 260. Berna, 12 aprile 1862.

Je me fais un devoir de répondre à la circulaire que V. E. a bien voulu m'adresser, sous la date du 3 courant (2), en confirmant ce que je me suis déjà empressé de lui mander, c'est à dire que je n'ai point fait publier la Circulaire

è probabilmente quello del senatore Bonjean.

Ministérielle du 20 mars, et en vous faisant connaitre, Monsieur le Ministre, que je n'ai jamais livré à la publicité aucune Note ou Circulaire Ministérielle, sans autorisation supérieure. Je me suis servi quelquefois de leur contenu, pour rectifier, par la voie des journaux, des faits ou des assertions qu'il importait de démentir, mais toujours d'ailleurs par des voies indirectes et avec une extréme réserve.

Au surplus., je me conformerai scrupuleusement aux prescriptions de la dépéche à laquelle j'ai l'honneur de répondre. J'ai eu, avec le Ministre de Russie arrivé récemment à Berne, une conversation que je crois devoir résumer brièvement à V. E. M. d'Ozeroff m'a de

, "

mandé avec intérét quelles nouvelles je recevais d'Italie, et comme je répondais en mentionnant d'abord la 'reconstitution du Min·istère, il s'est empressé de me dire que cette résolution était très satisfaisante, en ce sens que le choix des hommes d'Etat qui composent la nouvelle administration était une garantie contre les impatiences trop vives, bien que faciles à comprendre, qui voudraient compléter immédiatement une reuvre pour laquelle beaucoup de temps et beaucoup de patience sont cependant nécessaires. Le vrai moyen, a-t-il dit, d'atteindre le but désiré, est de n'y marcher qu'avec une estréme prudence. Et comme la question du brigandage qui se recrute et s'organise si facilement à Rome est revenue plusieurs fois, dans le cours de cet entretien, M. d'Ozeroff a avoué que cette complication était regrettable, surtout en ce qu'elle était un obstacle aux reconnaissances qui manquent encore au nouvel ordre de choses. Mais sur ce point aussi, a-t-il dit, il faut avoir de la patience! Nous avons différé longtemps, a-t-il ajouté, de reconnaitre l'Empire Français, mais cependant nous y sommes venus; il y a, dans ces sortes de questions, des considérations politiques, des égards pour les dynasties, qui obligent les gouvernements à n'agir que lentement...

M. d'Ozeroff n'a pas achevé .sa pensée, mais il était évident que, si la réserve imposée à un diplomate Russe ne l'avait retenu, .il serait arrivé, à l'egard du Royaume d'Italie, à la méme ()onclusion qu'au sujet de l'Empire français. Du reste, M. d'Ozeroff a été très réservé sur les autres points que j'ai abordés dans notre conversation.

Il ne compte pas se fixer encore à Berne cet été; son projet est de faire différentes courses, mais il y reviendra souvent, et je ne négligerai aucun soin pour entretenir avec lui des relations qui ont commencé d'une manière très bienveillante.

D'après des informations que je reçois, du Consul de S. M. à Genève, la police ne serait point parvenue à constater le fait supposé que des enròlements se feraient dans les environs de cette ville. D'après d'autres renseignements, on n'aurait pas fait encore d'enròlements, mais on préparerait le terrain dans ce but. Dans ce doute, j'ai invité Monsieur le Chevalier Capello à continuer une exacte surveillance, en méme temps que, de mon còté, je mettrai tous mes soins à étre informé, pomr ,}es signaler à l'Autorité, d es menées de ce .genre qui pourraient avoir lieu dans d'autres parties de la Suisse.

(1) -La lacuna esiste nel testo in possesso del Ministero degli Esteri. Il nome in tronco (2) -Cfr. n. 219.
242

IL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCESE, THOUVENEL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (1) (Ed. in Episodi, p. 139; e in COLOMBO, 5)

Parigi, 12 aprile 1862.

De tous les collègues que je pourrais avoir à Turin, permettez-moi de vous dire que c'est vous que j'aurais choisi; et bien qu'il ne faille pas dans le temps où nous vivons avoir trop d'ambition po"ur ses amis, je me suis sincèrement félicité de votre entrée au Ministère.

Je n'oubl~erai jamais nos campagnes de Constantinople et nous pouvons trouver dans nos souvenirs tous les éléments d'une confiance réciproque. Comptez donc sur mes sentimens invariables à l'égard de l'Italie, comme je compt& aussi sur les vòtres à l'égard de la France. Avec de la modération et de la fermeté nous viendrons, je l'espère, à bout des difficultés qui, pour se manifester en sens contraire, ne nous en sont pas moins communes. La question romaine ne doit pas se trancher, elle doit se dénouer, et en nous y mettant l'un et l'autre avec la ferme volonté de rencontrer une solution acceptable pour nos deux pays, il me parait impossible de n'y pas réussir. Je n'ai pas à vous recommander M. Benedetti. Je suis pour ma pai't très content de M. Ni·gra et gràce à ces intermédiaires, il nous sera toujours facile de nous dire toute notre l)ensée.

243

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE RISERVATO S. n. Parigi, 12 aprile 1862.

Con dispaccio di Gabinetto del 22 marzo scorso il Comm. Rattazzi m'informava che il Barone di Seebach, Inviato di Sassonia presso le Corti di Parigi e Torino, gli aveva indirizzato una nota per trasmettere una lettera del suo Sovrano diretta a S. M. il Re di Sardegna (2).

Il Presidente del Consiglio soggiungeva che dopo la legge abolitiva di questo titolo non poteva consegnare detta lettera nelle mani di S. M. e che si vedeva quindi costretto a rimandarla; che tuttavia per conciliare la dignità della Corona col desiderio del Governo del Re di conservare i legami di buona amicizia finora esistenti colla Corte Sassone, stimava conveniente, invece di rimandare la lettera direttamente, di incaricarmi di restituirla al Barone di Seebach nei modi più convenevoli, e di esprimergli il suo rammarico, assicurandolo che di buon grado il Governo del Re avrebbe accettato tutti quegli accomodamenti che venissero suggeriti dalla Sassonia per non interrompere i rapporti di uso fra le due famiglie regnanti. Il Presidente del Consiglio mi invitava nel tempo stesso ad indicare al Barone di Seebach il mezzo termine usato d'accordo con varii Sovrani che ancora non hanno riconosciuto il regno d'Italia, di omettere cioè reciprocamente in queste comunicazioni di famiglia il titolo del Sovrano, servendosi solo del nome del Re.

Al dispaccio del Comm. Rattazzi andava unita la lettera del Re di Sassonia e la copia d'uso.

Per eseguire questa delicata commissione secondo lo spirito del dispaccio del Presidente del Consiglio, stimai cosa prudente e convenevole d'informare anzi tutto privatamente e confidenzialmente il Barone di Seebach del contenuto del dispaccio stesso; e siccome il rinvio d'un documento è sempre cosa spiacevole per chi lo ha mandato, fu convenuto tra il Barone di Seebach e me, che la lettera rimarrebbe presso di me finchè avesse ricevuto istruzioni del suo Governo. Rimase inteso però che se la Corte Sassone consentiva allo spediente suggerito, esso Barone di Seebach m'avrebbe rimesso la nuova lettera per metterla al posto della prima che sarebbe distrutta, che, in caso contrario, io gli avrei restituito, come ne aveva incarico, la lettera del suo Re.

Il Barone di Seebach ha ricevuto ultimamente le istruzioni che aveva chieste. Dalla lettera che Le mando qui unita in originale l'E..V. vedrà in che senso aveva scritto e come gli fu risposto.

Il Sig. di Beust, nel pensiero che la lettera del Re di Sassonia sia ancora nelle mani del Barone di Seebach, impegna questo Ministro a verificare se vera· mente le informazioni dategli, che la lettera non verrebbe ricevuta, siano esatte, e quando siasi accertato della loro esattezza, lo invita ad astenersi di dar corso alla lettera stessa, incaricandolo però di far sapere confidenzialmente per mezzo mio al Governo del Re che la sospensione momentanea dell'invio di simili lettere ha per solo scopo di mettere d'accordo le obbligazioni federali della Sassonia col desiderio di mantener le buone relazioni personali tra i .due Sovrani.

Il Barone di Seebach desidera quindi che io gli restituisca la lettera in questione e il suo dispaccio originale, e che quest'invio si abbia come non avvenuto; in guisa che la lettera del suo Re si consideri come se non fosse mai uscita dalle sue mani.

Questa proposta pare a me di natura a mettere in salvo tutte le considerazioni e consiglierei quindi al Governo del Re di aderirvi. In questo caso, pregherei l'E. V. di rimandarmi il dispaccio originale del Barone di Seebach, affinchè io possa unirlo alla lettera che vi era annessa e restituire il tutto.

Quale che possa poi essere la determinazione che piglierà in proposito il Governo del Re, prego l'E. V. di voler fare in modo, per quanto ci riguarda, da impedire ogni indiscreta rivelazione d'una pratica così delicata. La prego egualmente di ritornarmi la lettera del Barone di Seebach, che intendo restituirgli.

(1) -Erroneamente il Colombo dà questa lettera come inedita: era stata già edita in Episodi. (2) -Cfr. n. 191.
244

IL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 14. Belgrado, 12 aprile 1862. Le notizie che mi pervengono dalla Bosnia e che feci raccogliere da per

sona sicura, non s'accordano con quella ch'ebbi l'onore di porgere a V. E. nel mio rapporto del 13 marzo ultimo al n. 3 Aff. in genere (1), sopra l'esistenza di

un corpo di 16 mila uomini sulle frontiere della Croazia Turca, oltre i Reggimenti Croati dei confini militari. Nel resto queste ultime notizie confermano pienamente l'attiva propaganda Austriaca in Bosnia, ma il Governo Serbo la combatte con successo. Anche i Russi contrariano il lavoro assiduo dell'Austria in quella Provincia e nell'Erzegovina. La Russia incoraggia le aspirazioni, protegge ed aiuta come può gli sforzi della razza slava che mirano a scuotere il giogo della Turchia. È di questo modo ch'essa spera di pervenire lentamente si ma più sicuramente a coronare la sua tradizionale politica in questi paesi. Far che si liberino le provincie slave dall'impero ottomano, !asciarle costituire in piccoli stati indipendenti, avversare se fosse d'uopo la formazione d'un forte impero slavo come lo sogna il Principe Michele, come lo ambiscono i serbi del Principato, e ch'io credo, anche nell'ipotesi la più favorevole, quasi impossibile a causa delle rivalità delle diverse provincie. I piccoli Stati slavi saranno per la RuRsia di più facile assorbimento.

La Russia si serve, come l'Austria, del suo Clero per giungere a' suoi fini: spende e s'affatica per riacquistare quella preponderante influenza che aveva colà, e che dopo la guerra di Crimea si è d'assai diminuita anche in Serbia, e per combattere ogni altra influenza e specialmente l'Austriaca più di tutte temibile e perniciosa.

In Belgrado il Console Generale di Francia cammina di perfetto accordo con quello di Russia. Non ne contraria la politica, e giunge così a farla mirabilmente servire a favore dei Serbi e degli altri slavi in generale, ch'egli pure protegge ma con più cautela.

Il Console Prussiano dovrebb'essere anch'egli più favorevole ai Slavi che ai Turchi, almeno questa è da un pezzo, se non erro, la politica prussiana in Oriente, ed infatti argomentando da' suoi discorsi parmi che abbia per istruzione di favorire entro una certa misura i Serbi, ma di farlo con molta prudenza.

Io quando l'occasione si presenta, come nell'affare delle Capitolazioni, non tralascio di dimostrare al Governo Serbo la simpatia che il Governo del Re gli nutre, e nel resto mi mantengo estraneo, e conservo nelle poche quistioni tra il Bascià e il detto Governo una stretta neutralità. Il Console francese ed il Russo invece si dichiarano in queste occasioni, nelle quali, devo confessarlo, sin ora la ragione è sempre stata dal lato della Servia, apertamente in favore di questo Governo.

Il Console Generale inglese poi non sa vede["e negli atti anche i più innocui del governo serbo che una minaccia all'integrità della Turchia, ed è continuamente tormentato da questa idea.

Egli dice sapere che l'Austria fece nascere le ultime lotte tra gli Albanesi (miriditi) ed i Montenegrini. Egli non ignora che gl'intrighi dell'Austria in Bosnia ed in Erzegovina' svelano evidentemente un progetto contro quelle provincie, eppure non se ne inquieta tanto quanto della lentissima organizzazione della guardia nazionale serba. Egli minaccia ad ogni istante il Principe, ultimamente (Rapp. 21 marzo n. 3 Polit. Conf.) lo consigliava a desistere da quella organizzazione se voleva evitare le gravi conseguenze del malcontento delle tre potenze ch'erano d'accordo nel disapprovare i suoi atti. Si riconobbe più tardi che il Sr. Longworth parlando così delle tre potenze non diceva il vero; Egli

abusò perchè non era autorizzato a tenere al Principe un tal linguaggio, non lo era almeno per parte di due potenze.

Scorgo da poco tempo in questo Collega un si notevole cambiamento di linguaggio riguardo all'Austria che non mi pare naturale, tanto più se lo confronto colla sicurezza che dimostra sulle mene di questa potenza nelle provincie cristiane; non sarebbe possibile che si maturasse tra l'Inghilterra, l'Austria e forse la Porta qualche aggressione contro i paesi TuTco-Slavi? Lascio aUa penetrazione di V. E. il chiarirlo, ma se l'Austria giunge non importa sotto quale pretesto a invadere la Bosnia, l'Erzegovina e J.a Servia o solo una di queste provincie, mi sembra che il meno male che possa risultarne è di far retrogradare il paese, di ritardare di molti anni gli eventi, quasi maturi, che devono condurre alla soluzione della grande Quistione Orientale; e finalmente l'Austria conseguirebbe da questo lato una sicurezza, una tranquillità che è !ungi dal godere attualmente, e mentre queste provincie si agiteranno.

Il Governo della Servia è in ottime mani, epperciò non credo che qui si commetteranno delle imprudenze che diano pretesti a' nemici.

Il Generale Filipovich comandante di Semlino reduce da Vienna dice che l'Austria è quindinnanzi decisa a tenere in Oriente una politica molto più energica e risoluta.

Egli d~sse anche al mio Collega di Russia che l'Ungheria la Croazia e la Slavonia sono esauste di denaro, che in Croazia ed in Slavonia i partigiani dell'unità ungherese cioè l'Aristocrazia sono ridotti alla miseria, che anche in Ungheria i ricchi che influivano così possentemente sul paese contro l'Austria,. hanno venduto od ipotecato agli Ebrei quasi tutto il loro patrimonio e perciò non aver essi più nessuna influenza sul popolo, il quale particolarmente in Croazia e Slavonia è ora affatto ligio all'Austria che ha preso in quei tre paesi il sopravvento.

Io non so che grado di fede si può prestare a queste notizie. Esse provengono da un labbro sospetto. Un generale Croato devoto al governo dell'Imperatore non può dire altra cosa.

Questo stesso Generale persiste a vedere la Servia in combustione, crede imminente un attacco di questo popolo contro i Turchi. Non cosi l'agente consolare Austriaco che scorge le cose come sono infatti. Cioè tranquille e regolari. Ma avrà missioni 11 Generai Filipovich di vedere nel modo che dice, perchè l'Austria dev'avere un grande interesse a far credere all'Europa delle favole.

Io sono persuaso che l'Austria perderà in Servia e tempo e fatica, ed a meno d'una violenza non provocata non avremo nulla a temere. Non mancherò d'informare l'E. V. d'ogni cosa che possa interessarla.

(1) Non pubblicato.

245

IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 160. Messina, 13 aprile 1862, ore 18,30 (per. ore 20)(1).

Foreign-Office invite par dépeche du six le Ministre d'Angleterre à prévenir le Gouvernement Grec et le Ministre de Turquie que l'on croit à Turin que

Garibaldi verra ici avec quelques compagnons, et que l'~surrection probablement a pour objet la Turquie. Le Roi Othon m'a fait prier d'en informer très confìdentiellement V. E.

(1) Trasmesso per posta da Atene a Messina in data 10 aprile, cfr. n. 247.

246

IL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 161. Costantinopoli, 13 aprile 1862, ore 13,45 (per. ore 23,40). Le Courrier d'aujourd'hui ne m'a pas apporté aucun ordre positif. Est-ce moi qui va en Perse? Huit jours nécessaires pour préparatifs. La Porte a signifìé aux cinq Puissances l'intention d'attaquer le Monténégro. Dois-je me plaindre de l'exclusi,on? Nauplie résiste. Le Ministre du Roi m'écrit ce qui suit: Lord Russell invite le Ministre d'Angleterre de prévenir le Gouvernement Grec ainsi que le Ministre de Turquie qu'on croit à Turin que le Général Garibaldi viendra ici avec quelques compagnons et que l'insurrection a probablement pour objet

la Turquie. Le Roi Othon prie d'en informer très confìdentiellement le Gouvernement du Roi.

247

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI

T. 101. Torino, 14 aprile 1862, ore 10,45.

Le Gouvernement ignore les projets dont vous me parlez dans votre dép:éche du 10 courant (1).

248

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI

T. 102. Torino, 14 aprile 1862, ore 11. Vous etes le Chef de la mission qui partira le·21 courant avec 14 personnes,

savoir: diplomates et militaires. Ne pas se meler des affaires du Monténégro à moins d'y etre spécialement invité par les représentants des Puissances.

249

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 133. Londra, 14 aprile 1862. La discussione che ebbe luogo venerdl alla Camera dei Comuni e che con

tanta cura era stata preparata dal partito pretino Irlandese ha avuto precisamente un esito opposto a quel che ne aspettavano i promotori.

19 - Documenti diplomatici • Serie I · Vol. Il.

Continui compli~enti mi si fanno sopra il modo vantaggioso agl'interessi

nostri in cui questa seduta venne condotta e basta solo il numerare i nomi

degli oratori Palmerston, Gladstone, Layard da una parte, Bowyer, Cochrane,

Peacoke, Maguire dall'altra, per comprendere a favore di chi dovesse esser l'esito

finale (1).

Assistetti a quasi tutta la seduta onde potermene fare un'idea esatta. Qualche

volta gl'Irlandesi prorompono in linguaggio così insultante che non sempre credo

opportuno ·Che il rappresentante del Re vi assista. Ed infatti fui al momento

mentre parlava Maguire di ritirarmi, se non avessi avuto l'aria cosi di dar troppa

importanza a quanto dice qualcuno di cui qua nessuno si cura.

Lord Palmerston mi disse dopo che era stato al momento di richiamarlo

ipso facto all'ordine: ma avea creduto chiamar precisamente l'attenzione su un

fatto increscevole, ed invece principiò la sua risposta con infliggere una severa

censura sopra un tal linguaggio usato verso un sovrano amico. Sir Robert Peel

mi disse esser di parere che questo discorso farebbe a Maguire un danno irre

parabile. Egli è del resto il più sragionevole fra gli Irlandesi.

Domandai a Lord Palmerston se il presidente non avesse facoltà di richiamar all'ordine in simili circostanze ed egli mi rispose affermativamente, ma che in generale a meno di casi rari egli preferiva astenersi dall'incagliare la libertà di discussione e mantenersi totalmente alieno dal dibattimento.

I due discorsi più rimarchevoli furono senza dubbio quei di Layard e sopratutto di Gladstone che rare volte ha (parlato al dir di tutti con tanta eloquenza. Allorquando egli disse che, non potendo parlar come membro del Governo, come privato però egli esprimeva la speranza che l'occupazione francese a Roma p1re~ sto cesserebbe, vi fu un fra,goroso applauso nella Camera che durò più di un minuto e devo dire che nessun'altra parte dei discorsi ch'ebbero luogo quel giorno ebbe un simile applauso.

La condotta dei Tories è stata osservata assai. I principali loro oratori non parlarono, locchè diede occasione a un deputato, il Signor Locke, di attaccarli con grandislsima furia rimproverandoli di voler così assicurarsi le simpatie degli Irlandesi per quindi rovesciare il Ministero; aggiungendo invettive contro gli Irlandesi per dimenticar questi per passioni di partito quanto doveano per la loro emancipazione ai· liberali.

Il Signor D'Israeli il quale assistette alla prima parte della discussione ma quasi nascondendosi, lasciò la sala a metà. Ed il Signor Seymour Fitzgerald preso personalmente di mira dal Signor Locke andò a dir (da quanto mi disse Lord Palmerston) al presidente che voler o no credeva esser obbligato a parlare. Ma più tardi si ritrattò, avendo da quanto pare ricevuto questi signori da Lord Derby e da D'Israeli ordini precisi e perentorii.

Essi non potevano prendere sopra di sè di parlar favorevolmente delle cose nostre. Non solo era tal linguaggio in bocca loro poco simpatico ma temevano di perder l'ajuto in altre circostanze del partito Irlandese. Intanto mentre essi

tacevano, i loro giornali si facevan eco de' documenti pubblicati qui dai comitati Borboniani, in verità con mediocre successo. E gli agenti Borboniani venuti da ogni dove per questa solennità, avran dovuto convincersi .del poco incontro che hanno le loro dottrine in Inghilterra.

Ho l'onore di trasmettere unito alla :presente la serie dei dispacci relativi all'Italia presentati sabbato scorso al Parlamento (1). Accusando ll'icevuta dei dispacci degli 8 e 10 aprile nn. 300 e 301, (2) prego l'E. V. gradire .....

(1) Cfr. n. 245.

(1) Un'ampia esposizione della discussione dell'H aprile 1862 alla Camera dei Comuni è in B. ZuMBINI, W. C. G!adstone ne!!e sue relazioni con !'lta!ia, Bari, Laterza, 1914, PP. 127-156. I discorsi di Layard, Gladstone e Palmerston furono subito tradotti in italiano e pubblicatinell'opuscolo La quistione romana a!!a Camera dei Comuni in Inghilterra, Torino 1862, Tipografia .Arnaldi. · · '

250

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (Ed. in Episodi, pp. 224-225)

L. P. LCYndra, 14 aprile 1862.

Ho visto ieri un momento lord Russell. EgH è a parer mio il più sincero fra gli amici nostri, nessuno .eccettuato; Gladstone viene mbito dopo. Lord Palmerston non cessa di biasimare l'occupazione francese in Roma, ed ha l'intima persuasione che "l'Imperatore non uscirà da Roma pel semplice motivo che vuole impedire l'unità italiana; pensiero che ripete ad ogni momento a me innanzi a tutti senza segreto. Lord Russell mi disse che mandava oggi a Hudson la corrispondenza scambiata con Parigi sopra questo proposito, e sull'appoggio trovato in Roma dal Re di Napoli per le sue mene reazionarie. Intanto aspettasi qui La Valette oggi stesso. Lord Russeli non sapeva se farebbe bene o male a vederlo, benchè lord Cowley scriveva essere le opinioni cosi divergenti da non poter prevedere cosa potrà accadere.

Ieri fui all'Ambasciata di Francia. La vecchia signora De Flahault è la sola che realmente sia di cuore con noi. Ella mi disse che La Valette verrebbe oggi per 24 ore a parlare col conte De Flahault; che se nulla era cambiato quegli ritornerebbe a Roma, e che gli intrighi a Parigi erano forti assai.

Thouvenel, Morny, Persigny sostenendo La Valette; Walewsky e il Ministro della guerra essendo contro, coll'efficace aiuto dell'Imperatrice e di Madame Walewsky. Disse che se Goyon trionfa, Thouvenel si dimetterà; e per altra parte aversi a considerare che l'Imperatore ha ancora contraria tutta la Francia nella questione romana. Indi la sua esitanza.

Lord Russell applaude caldamente al viaggio del re Vittorio Emanuele in Napoli: spera che sarà bene accolto.

251

IL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE CIFRATO 4. Belgrado, 15 aprile 1862.

Je tiens de source digne de confiance les nouvelles suivantes: Le Ministre de la guerre à Vienne a désigné secrètement les troupes qui devraient etre jetées par le chemin de fer et des bateaux à vapeur sur la

frontière de Serbie et de Bosnie. Les Officiers supérieurs des confins militaires ont été avertis de regarder comme possible l'éventualité d'un départ prochain de leur Régiment.

Un Officier d'État Major s'occupe secrètement en Slavonie et en Syrmie de faire des approvisionnements de vivres. Des Ingénieurs militaires sont arrivés à Archova ou Orsova, rive du Danube vis-à-vis de la Serbie, et ont examiné s'il était possible de transformer à l'usage des troupes la quarantaine de cette ville.

A Petervaradin il est arrivé ces jours derniers cinq cent artillieurs bien que l'artillerie de cette citadelle ait été l'année dernière augmentée du nombre d'hommes.

Toutes ces mesures sont pil'ises très secrètement. A Agram il va etre formé un camp de quinze mille hommes pour lequel on a déjà préparé des baraques et des tentes.

Il y a en Slavonie quelque bataillon de chasseurs. C'est de ce point que l'Autriche agit le plus vivement sur les chrétiens de Bosnie. Elle essaie de persuader à la Tul"'quie qu'elle veut la défendre, et aux chrétiens elle tient un langage opposé. Pour moi je suis persuadé que l'Autriche agit. en tout ceci d'accord avec l'Angleterre, et le langage que depuis peu de temps le Consul Anglais tient à l'égard de l'Autriche me confirme dans mon opinion.

Prego V. E. volermi onorare d'un cenno di ricevuta dei rapporti in data delli 21 marzo in Cifra (Confidenziale), al n. 2, e del 28 detto al n. 3 (Politica) ed annessi, seppur già sono, come ,spero, all'E: V. pervenuti (1).

(1) Si tratta del Blue Book intitolato Correspondence respecting Southern Italy presentatoalle Camere 1'11 aprile 1862.

(2) Non pubblicati.

252

IL PRINCIPE NAPOLEONE AL MINISTRO D'AGRICOLTURA E COMMERCIO, PEPOLI (AP)

L. P. Parigi (Palais Royal), 15 aprile 1862.

Je réponds à vostre lettre du 12 G2,).

Je crois que rien n'est encore décidé pour le rappel du Général de Goyon, mais je crois que cela finira par là, si M. de La Valette tient bon et ne veut pas retourner à Rome autrement. Quant à reprendre le traité, je le désire beaucoup, mais j'en doute encore, je crois l'Empereur dans un moment de grande incertltude!

Je compte aller à Londres pour l'exposition, mais pas avant le mois de Juin, je serais ·Charmé d'y etre en meme temps que VOUS.

Vous me demandez un conseil sur une question qui, il me semble, n'est pas. Si vous pouvez etre utile au Roi, à l'Italie, à la cause de l'unité en allant à Naples, comment hésitez-vous? Rester seui à Turin me semblerait très mauvais si tous les Ministres accompagnent•Ie Roi. Je ne puis prendre là-dessus l'avis de l'Empereur, qui ne répondrait rien, mais croyez-moi faites ce que vous croyez de bon et n'écoutez personne, si vous pouvez y etre utile et faire du bien allez à Naples. Ceci pour voU!S •seul.

(1) -Non pubblicati. (2) -Non conosciuta.
253

PROGETTO KLAPKA DI UNA CONFEDERAZIONE DANUBIANA (1)

(Ed. in A. TAMBORRA, Progetti e idee per una confedera.zione danubiano-balcanica, in • La Comunità Internazionale •, vol. V, n. 4, Ottobre 1950, pp. 18-21)

Torino, 15 aprile 1862.

l. Le bassin du bas Danube à partir des Carpathes jusqu'aux Balcans, forme un territoire avec des frontières naturelles, qui s'appuie sur deux mers. Il possède toutes les conditions d'une grande organisation politique, qui pourrait remplacer l'Empire d'Autriche, et puisque celui-ci ne remplit pas sa vocation vis-à-vis de la société Européenne et qu'il maltraite les peuples Magyars, Roumains et Slaves, il doit céder à une nouvelle organisation.

2. -Cette organisation, par la 1raison des différentes institutions historiques et de la diversité des peuples du Danube, ne pourrait pr~ndre que la fo:rme d'une Confédération pour la défense et le développement du progrès, et en respectant l'autonomie de chaque pays. 3. -La Confédération du Danube se composerait des Etats suivants: la Hongrie, la Transylv.anie, la Roumanie, la Croatie, l'Esclavonie, la Dalmatie, la Servie etc. 4. -La Confédération a pour but la défense générale et l'unité de la Représentation en face de l'ennemi. Elle r-especte cependant l'autonomie législative, et judiciaire, ·comme aussi le pouvoir exécutif de chacun des Etats dont elle est composée. 5. -Tous les Etats indiqués plus haut sont invités à entrer dans la Confédération, qui commencera son activité aussitot que quelques uns s'y seront associés. 6. -La défense .générale de la Confédération s'étend, a) sur l'armée fédérale à laquelle chaque Etat aurait, en cas de guerre, à fournir son contingent; b) sur les forteresses de la Confédération qui seraient à construire·, à

armer et à entretenir par elle; c) sur la Marine fédérale; d) sur les positions militaires et les points de la cOte propres à la défense.

7. -La représentation à l'étranger appartient à la Confédération et non pas aux Etats dont elle se compose. 8. -Les douanes, les grandes voies de communication, les télégraphes, l'unité des monnaies, des poids et mesures, appartient exclusivement à la compétence de la Confédération. 9. -Il n'existe point de séparations douanières entre les Etats; un seui et mème .sy•stème douanier, basé sur le libre échange, sera en viguer pour tous. lO. En fait d'autorités fédérales il existera:

a) une Chambre fédérale composée de Députés dans la proportion de un sur 200.000 habitants, renouvelée tous les trois ans;

b) un Sénat composé de 5 Sénateurs pour chaque état et renouvelé tous les six ans;

c) un conseil exécutif composé d'autant de membres qu'il y aura d'Etats.

11. -Les députés de la Chambre seront élus d'après les lois électives des différents Etats. 12. -Le Sénat sera élu par le Corps Législatif. 13. -Le Conseil exécutif sera élu pour deux ans par le Sénat d'accord avec la Chambre. Le Conseil est responsable vi.s-à-vis de la Chambre et du Sénat. 14. -La Chambre et le Sénat exercent un contròle sur le Conseil exécutif, qui décide de la Guel'll'e ou de la Paix, qui émane des Loix par rapport à la défense générale et à toutes les affaires qui intéressent la prosperité publique. Il ratifie les Traités de Commerce, nomme les Envoyés et les Autorités supérieures de la Confédération (1). 16. -Les nominations, les instructions et la direction par rapport aux affaires étrangères sont de la compétence du Conseil exécutif, qui sera contròlé par la Chambre et le Sénat. 17. -L es Autorités fédérales résideront par alternat de deux à deux ans à Pesth, à Bukarest, Agram et Belgrade. 18. -Le Conseil fédéral sera présidé par le Chef de l'Etat où résident les Autorités fédérales. 19. -La langue officielle de la Confédération pour tous les actes officiels et

. pour les rapports entre les Etats fédérés et avec la Chambre et le Sénat, sera la langue française.

20. -Dans la Chambre, cìans le Sénat et au sein du Conseil exécutif chacun parlera la langue propre. Les discours tenus seront immédiatement traduits par un interprète. 21. -Une Commission composée par Ies Etats qui formeront la Confédération arretera le Pacte Fédéral. 22. -La Constituante pll'endra pour base la liberté de la conscience, de la presse et du droit d'association, qui formeront partie du droit publique de chaque Etat de la Confédération. 23. -Les rapports entre les diverses Communautés nationales dans chaque Etat seront réglés par rl'autorité du Pays meme sans l'intervention des Autorités fédérales et sur l'exemple des Comitats Hongrois du 15 septembre 1860. 24. -Les citoyens de chaque Etat fédéral seront citoyens de la Confédération., et jouissent de tous les droits civils dans chaque état de la Confédération après un séjour d'un an dans le meme. En cas de procès, de délit ou de crime, l'affaire sera jugée d'aprés les lois autonomes et pali' les Tribunaux compétents du pays dans lequel se trouve l'individu en cause.

2.5. Concernant l'exercice des droits polittques, la Constituante décidera

sous quelles conditions le citoyen d'un état peut les exercer sur le territoire d'un autre état.

26. -La Constituante aura à pourvoir à l'élaboration ·d'un Code de Commerce pour tous les Etats de la Confédération. Ce Code n'obtiendra force de loi dans un Etat que lorsqu'il aura reçu la sanction de la législation autonome de cet Etat. 27. -Les Etats contribueront à la Caisse fédérale pour la défense, la représentation à l'Etranger, et pour tout ce qui concerne la prospérité générale. 28. -Si des difficultés devaient surgir entre les divers· Etats de la Confédération on les aplanira au moyen d'un Comité composé d'un commun accord entre la Chambre et le Sénat. 29. -Aucun Etat ne pourra conclure une alliance avec un Etat étranger. 30. -Tous les droits et pouvoirs qui ne sont pas désignés spécialement comme appartenant aux attributions des autorités fédérales, appartiendront à la compéténce des Etats partkuliers (1).

(Signé) G. Klapka

J'adhère aux idées ci-dessus exposés par le Général Klapka (Signé) François Pulszki

(1) Cfr. questo progetto con quello firmato da Kossuth, datato Torino, 1 maggio 1862, e tradotto dal francese in italiano nel giornale L'ALleanza, 18 maggio 1862, n. 14, ripubblicato oggi in L. PAszToR, La Confederazione Danubiana nel pensiero degli Italiani ed Ungheresi del Risorgimento, Roma, 1949, pp. 97-99. Una copia dell'originale francese del progetto Kossuth è in ACSR, Fondo Ricasoli, b. l, fase. 2, inserto g.

(1) L'art. 15, che manca nella copia del progetto Klapka conservata nell'Archivio del Ministero degli Affari Esteri e, quindi, anche nell'ediz>one Tamborra, nell'originale francese del progetto Kossuth è cosi for,mulato : • Le Conseil exécutif fédéral fera exécuter les lois votées par les deux Chambres, présentera les projets de loi sur les matières d'intéret commun, initiera les traités de commerce »·

254

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 105. Torino, 16 aprile 1862, ore 14.

Le Roi a nommé S. A. R. le Prince Carignan Président du Comité Royal pour l'exposition. Il se rendrait à Londres représenter l'Italie à l'ouverture dans le cas que d'autres Princes y seraient. Dans le cas contraire il se rendra à Londres plus tard. Réponse immédiate.

255

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI

D. 189. Torino, 16 aprile 1862.

La ringrazio delle interessanti informazioni che la S. V. Ill.ma ha favorito trasmettermi col suo rapporto riservato delli 2 corrente intorno alle presenti condizioni politiche de' paesi Danubiani dell'Austria e della Turchia (2).

Queste cognizioni possono giovare al Governo del Re per giudicare dello stato delle cose, ma la nostra politica non ci può consigliare in questi momenti veruna specie di azione in quelle parti. Frammezzo alle incertezze ed alle gelosie che ora più che mai dominano rispetto alla quistione d'Oriente, il partito migliore che ci possano suggerire gl'interessi ben intesi dell'Italia.è quello di una completa astensione. Quindi la S. V. Ill.ma ha fatto bene prescrivendo al R• Console in Galtz di non pigliare veruna ingerenza riguardo ai disertori transilvani, di cui mi parla, e questa sua risoluzione è da me pienamente approvata.

Cosi pure non ho d'uopo raccomandarvi, Signor Commendatore, di tenersi nel massimo riserbo per le quistioni tutte che esistessero in Oriente, limitandosi a partecipare a q4elle pratiche, per cui secondo le disposizioni dei trattati, la Turchia e le altre Potenze garanti richiedessero il concorso del rappresentante d'Italia.

Insomma, norma direttiva della Legazione del Re in Costantinopoli vuoi essere di osservare attentamente l'andamento delle cose senza impegnare in verun modo la politica del Governo di S. M.

(1) -Notazione marginale del Durando: c Rimessomi da Sir Hudson per parte di Lord Russell. Lord Russell aggiunge che questo piano sarebbe pregiudizievole a tutta l'Europa»· Cfr. n. 262. (2) -Cfr. n. 218.
256

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. s. n. Torino, 16 aprile 1862.

Ho ricevuto il dispaccio confidenziale s. n. e Riservato, che Ella ben volle indirizzarmi in data del 12 corrente e Le rendo grazie dei raggluagli che mi dà (1).

Dal Governo del Re non potendosi per nulla mutare la linea di condotta che gli è prefissa in questa circostanza e che Le venne dal mio predecessore esposta col dispaccio ministeriale di Gabinetto del 22 scorso marzo (2), mi affretto, a seconda del desiderio espressogli dal Ministro di Sassonia in Parigi, a riman~ darLe la nota ufficiale colla quale il Barone di Seebach accompagnava la lettera del suo Sovrano al Re di Sardegna, pregando la S. V. Ill.ma a volergliela restituire assicurandolo che dal canto nostro terremo come non avvenuta simile comunicazione.

Nel fare questa restituzione invito però la S. V. Ill.ma ad esp["imere al

Barone di Seebach il rammarico che prova il Governo Italiano nel vedere come

quello di Sassonia abbia preferito di vedere interrompersi per ora le comunica

zioni di famiglia tra le due Corti piuttostochè adottare in questo affare il mezzo

termine proposto da noi e che fu accettato e seguito da altri Governi facenti

parte della Confederazione Germanica e specialmente dalla Pil"ussia.

Unisco qui pure la lettera originale del ministro Sassone che Ella mi comu

nicò ·col sopra citato dispaccio confidenziale e colgo ...

257

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 167. Londra, 16 aprile 1862, ore 19,35 (per. ore 23,05).

Je vais aux informations. D'après ce qu'il me revient de l'Ambassade de France le Prince Jérome ne vient pa's encore. En attendant, d'après les objections de quelques Ambassadeurs, on a renoncé à inviter le Corps Diplomatique à faire part de la procession officielle d'ouverture. L'exposition ne parait pas devoir etre complète que dans la seconde moitié de Mai.

(1) -Cfr. n. 243. (2) -Cfr. n. 191.
258

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 168. Parigi, 17 aprile 1862, ore 11,30 (per. ore 13,30).

L'escadre de Toulon a reçu ordre d'appareiller pour Naples à l'occasion du voyage du Roi.

259

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 170. Londra, 17 aprile 1862, ore 17,50 (per. ore 19,40). France et Autriche n'envoyent pas de Princes. Rien décidé par Prusse et Belgique, mais probablement ils feront de meme. Le Foreign Office n'est pas

informé de l'arrivée d'aucun Prince pour l'ouverture, mais la plus part viendront après, laissant ouvrir l'exposition par les Commissaires Ordinaires.

260

IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE S. n. Atene, 17 aprile 1862. In parecchie mie relazioni e segnatamente nel penultimo spaccio io riferivo in compendio a V. E. quale sia in Atene la condotta delle Legazioni estere in questi frangenti straordinarj ,e gravissimi pel regno ellenico (1). Oggi mi sia permesso di accennare la condotta della Legazione di S. M. Tal Legazione fu qui istituita per provedeo:si, quasi direi, d'una specula di più nelle faccende d'Oriente che da un di all'altro possono scompigliarsi e per esercitare ed accrescere più da vicino su questa nobile stirpe d'uomini la giusta nostra influenza. Io mi feci debito di adempiere il primo intento col mandare al governo del Re i ragguagli più numerosi ed esatti che ò potuto e assegnando ai fatti e agli avvenimenti le cagioni vere e profonde. La seconda parte dell'esercitare ed accrescere la nostra influenza sarebbe riuscita facilissima nell'ordine naturale delle cose, perchè il popolo greco è in questi tempi affezionatissimo all'Italia e al Re Vittorio Emanuele. Ma l'ufficio è divenuto al contrario difficilissimo per la generale divisione degli animi ed essendo tutto il regno spartito fra gli uomini che si dicono amici della libertà e quelli che aderiscono pienamente e ciecamente al governo. Nè si dee nascondere che i primi sono estremamente più numerosi; e fra gli altri la parte onesta e disinteressata si compone di gente la quale biasimando forte il governo, tuttavolta lo serve per timore dell'anarchia ed avversione alla rivolta.

In mezzo a tali due campi io mi sono attenuto fermamente alla legalità; e voglio dire che da un lato, sebbene fossi in qualche modo istruito della macchi

nazione che si ordiva, non cooperai nè prima nè dopo e neppur moralmente allo scoppiare ed al mantenersi della sollevazione; dall'altro lato non ò mai nascosto la mia opinione sugli andamenti del governo giudicandoli troppo diversi da ciò che richiede un vero e schietto reggimento parlamentare. Un uomo invecchiato nell'amore ed ossequio delle pubbliche franchigie e che à l'onore di rappresentare in Grecia il Re Vittorio Emanuele, principe altamente costituzionale e protettore magnanimo d'ogni libertà, non può senza smentire se stesso e la patria piaggiare coloro i quali in Grecia ànno convertito in sistema la politica ipocrisia e il falsare tutte le istituzioni e le leggi serbandone con arte le formalità e le apparenze. V. E. intende senza che m'accada di dirlo che la disapprovazione mia non è mai salita alla persona del Principe, ed anzi ò mostrato sempre dolore vivissimo che quella sacra persona venisse tuttogiorno esposta al biasimo pubblico e pur troppo eziandio all'odio, mentre è debito principale dei Ministri e d'ogni supremo ufficiale e della stampa cotidiana di rispettare e garantire la sua irresponsabilità. Debbo aggiungere che anche il rappresentante d'Inghilterra Sir T. Wyse non à mai taciuto la sua completa disapprovazione degli atti incostituzionali che qui ogni giorno si adempiono. Salvochè a me è costata assai poca fatica il persuadere e governo ed opposizione che forse la sola Italia ama la Grecia di cuore e senza secondi fini; perchè nè alla Grecia nè all'Italia torna profittevole che l'Oriente cada in mano di una delle maggiori e più formidabili potenze d'Europa, o ·che alcuna di esse vi prevalga fuor di misura.

Sono lieto di potere accertare V. E. che queste mie opinioni e questo mio portamento à finito coll'aggradire assai al popolo ed essere più che tollerato alla Corte. Quivi in principio qualunque mio atto e parola era sospetta e male interpretata; poi il Re (che qui fa ogni cosa) avuto in mano più d'un pegno della mia lealtà e rassicuratosi intorno alle intenzioni amichevoli del governo italiano, à sbandite le diffidenze; ed ora i suoi Ministri vanno anzi spargendo che la pirofregata l'Archimede à commissione espressa di dar la caccia a qualunque legno italiano che tentasse di sbarcare de' partigiani armati su qualsia punto del littorale greco. Io difettando d'ogni specie d'avviso e istruzione intorno di ciò e non vedendo mai comparire la nave annunziata da tutti i fogli, mi adatto alla necessità del silenzio e rispondo agl'interroganti parole vaghe e di disimpegno (1). Del resto, non appartiene a me il giudicare della saggezza e opportunità di tale provvedimento qualora sia vero. Solo mi ristringo in questa occasione importante di sottomettere alla ponderata considerazione di V. E. alcuni fatti e alcuni pareri che vi si riferiscono e i quali mi sento nel debito di, significare· con la maggiore chiarezza e schiettezza possibile.

Da tutte le mie relazioni spedite in nove mesi di tempo a cotesto Ministero risulta che pur troppo la disaffezione dei greci verso l'ordine presente di cose è estesissima e sempre crescente e non risparmia la stessa persona del Re. Intanto questi à ricorso anche oggi a un partito al quale usa appigliarsi nei momenti più difficili e vale a dire che tenta di reintegrarsi nell'opinione publica maneggian

dosi per la Grande Idea (che i greci cosi chiamano la speranza loro di cacciar l'ottomano d'Europa) e so di certissimo che à spedito qua e là alcuni suoi emissari a tal fine (1). Il ma,le sta che dopo il '54 e dopo l'intervento armato d'InghHterra e di Francia durato più anni, manca la fede nei disegni e nelle imprese liberatrici del Re. E veramente in quel tempo la sua ·condotta fu tanto inabile, quanto incerta ed ambigua. Oggi v'à di più lo scontento generale, la dissoluzione del suo piccolo esercito, l'erario esausto, i legami tutti di governo ra:Ilentati o spezzati, l'odio contro la dinastia bavarica ampiamente diffuso. Talchè se l'Oriente andasse ora in fiamme la Grecia si troverebbe la peggio preparata di tutte le provincie orientali. Per uscire di simili debolezze e dar credito a suoi maneggi al di fuori, il re Ottone invece di tenta.re al di dentro una reppressione energica e poco legale degli oppositori, dee fare uno sforzo gagliardo sopra sè medesimo. e rendere soddisfatto il voto rpiù generale dei sudditi che è di vedere effettuato in ogni sua parte e ·con piena sincerità lo Statuto.

Le cose non procederanno forse molto meglio, perchè il paese è povero e guasto; e le passioni e ambizioni personali crescono il male provenente dalla scarsa istruzione delle moltitudini e dalla viziata educazione politica. Ma il re è più che in tempo di ottenere per lo manco questo bene e cioè di provare ai suoi sudditi che egli li lascia oggimai governare da se medesimi e con le proprie istituzioni, tanto che per l'avvenire sieno costretti di riconoscer:si vera e diretta cagione degli errori che si commettessero.

Per tutto ciò mi sembra che le potenze realmente e sinceramente amiche del regno ellenico e del suo principe debbano consigliarlo in modo conveniente ma pure efficace ed assiduo a mutare sostanzialmente il suo sistema di governo (2).

Confesso che la speranza di vedere ascoltato si fatto consiglio non può per isventura essere molto robusta. Ma come in politica il peggior partito si è quello di non abbracciarne nè eseguirne alcuno; e come, d'altro lato, nella questione orientale l'elemento greco vi entra per molto e le circostanze possono accrescergli valore non ordinario, ò pigliato arbitrio di invocare il giudicio di

V. E. su queste mie opinioni, badando poco alle interessate apologie che si fanno costà del re Ottone e de' suoi metodi amministrativi; e da capo confermo a

V. E. che qualora essi metodi non sieno messi in disparte, la Grecia rimarrà disunita, tumultuosa e debolissima e la corona stessa del re Ottone rimarrà in gravissimo compromesso.

P. S. -Qui allegato un articolo cifrato (3).

(1) Cfr. n. 237.

(1) Notazione marginale del Durando: c Questo legno non aveva altra missione che la protezione dei nostri sudditi, e l'umanità •.

(1) -Notazione marginale del Durando: • Non fidarsi di queste dimostraziOni e aspirazioni, celano. forse qualche idea austriaca. Molte riprove da parte nostra su comunicazioni di simil fatta •. (2) -Notazione marginale del Durando: • Approvare •· (3) -Cfr. n. 261.
261

IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 189 (Annesso al R. Confidenziale del 17 aprile). Atene, 17 aprile 1862.

Je crois que M. Terzeti, Bibliothécaire de cette Chambre des Députés, est arrivé depuis quelque teliliPs à Turin. Le Roi Othon l'envoie en tournée pour servir ,ses, projets sur les affaires d'Orient; c'est un homme honnete et raisonnable mais il a trop de conrfìance dans les intrigues du Roi qui est toujours timide et peu loyal. Il faut que l'on juge de meme les offres et les discours de M. Roque et du Général Kalergis; ,celui-ci n'est plus l'homme qui a forcé en '43 le Roi à jurer la Constitution. Il est maintenant envoyé à Paris et à Turin, son beau-fils est Ministre des Affaires Etrangères, et son fils Secrétaire de Légation. Mes devoirs envers le Roi et la patrie m'obligent à dire les choses telles qu'elles sont. Je rappelle à V. E. l'article chiffré annexé à la dépeche N. 50 (1).

262

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO (AST, Carte E. D'Azeglio, orig. autogr.)

L. P. Torino, 18 aprile 1862.

Ho letto col più vivo piacere i particolari contenuti nella di lei lettera privata del 14 aprile ~2). Io non 'Sono interamente persuaso dell'in,superabilità degli ostacoli che nell'opinione pubblica di Francia, in quella più speciale dell'Imperatore, e del Sig. Thouvenel, si frappongono al conseguimento di Roma e quindi dell'unità d'Italia. Ma riconosco che le prevenzioni sono grandissime, ancora ben radicata la speranza di una confederazione, ma penso al tempo istesso, che se noi trapassiamo quest'anno tranquillamente, nel venturo anno tutti si persuaderanno che l'unità d'Italia è divenuta una necessità, a cui è forza di adattarsi. Noi lavoriamo in questo senso, ma colla pazienza propria di un popolo che ha impiegato otto secoli a fondare una monarchia di cinque milioni d'abitanti. Noi non intendiamo di tagliar il nod?, ma di disimbrogliado con tutte le cautele possibili.

Questa mattina Sir Hudson mi ha comunicato un dispaccio di codesto Gabinetto Inglese, da cui raccolsi come esso sia un po' inquieto sui progetti che Garibaldi andrebbe ruminando, per fare una spedizione in Grecia, e quindi di là perturbare tutto il mondo Orientale.

Garibaldi, qualora pensasse ad effettuar tal idea, non avrebbe da noi il più piccolo incoraggiamento nè materiale, nè morale; anzi vigileremo assiduamente per,chè egli non ne abbia all'interno in nessuna maniera. L'ho dunque tranquillato a questo riguardo. Se il prode Generale si movesse da sè solo, o con pochi amici, a tal impresa, il che non farà certamente, perchè i miracoli della loro entrata a

Napoli non si ripetono due volte in un secolo, in questo caso ci sarebbe ben difficile d'impedirlo. Ma, lo ripeto, ho l'intima convinzione che non giuocherà la-sua fama sopra una carta cosi disperata. Del resto, io, che ho vissuto parecchi anni in Oriente, so in che laberinto di guai e di pericoli mi metterei, se avessi pur l'apparenza di tollerare, o di chiuder l'occhio sopra simili tentativi. Così la pensa anche il Cav. Rattazzi.

Mi scriva soventi, quando occorre, e mi creda, .....

(1) -Cfr. n. 203. (2) -Cfr. n. 250.
263

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 171. Londra, 18 aprile 1862, ore 16,10 (per. ore 18,20).

On m'a dit hier au soir à l'Ambass,ade de France que La Valette, ayant présenté une espèce d'ultimatum à l'Empereur, devait quitter Paris pour se soustraire aux instances et aux argumentations qu'il ne retournerait à Rome que si le Général en partait, mais il parle comme s'il étad.t sùr d'y retourner. Il quitte Londres samedi.

264

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

L. P. Londra, 18 aprile 1862.

Credo mio dovere facendo seguito alla mia lettera di ieri mandarle l'unita lettera del Bishop detenuto a Napoli e stampata dal Times stamane (1). Questa letteJ;a .C!On ~ dettagli ·che dà sul modo duro e semib.arbaro con cui venne arrestato quest'individuo faran cattivissimo senso e saranno un capitale pei nemici nostri.

L'averla pubblicata il Times, benchè sempr.e ben disposto per noi, prova che non avrebbe potuto passar questa lettera sotto silenzio senza contravenire alle leggi dell'equità. Se queste operazioni si potessero dimostrar false sarebbe una benedizione.

Basta, ecco la lettera. V. E. crederà se poi si possa riparare.

265

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI-GAROFOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 222. Madrid, 19 aprile 1862.

Da qualche tempo avevo osservato che le comunicazioni di questa Segreteria di Stato colla Legazione, che ho l'onore di reggere, venivano dirette contro al convenuto col Signor Barone Tecco sin dall'anno scorso, all'Incaricato di Sar

degna. Non credei dovere alla prima di queste Note, diretta con una qualifica indebita, reclam<lll'e, credendola fatto di negligenza d'un impiegato, ma rinnovatosi ciò, non mancai di far presente al Signor Comyn gl'inconvenienti che darebbe il ripetersi di simile cosa. Il Signor Sotto-Segretario di Stato si mostrò persuaso delle mie parole, e mi assicurò che gli ordini sarebbero stati dati perchè si tenesse strettamente alla formola convenuta d'Incaricato di S. M. il Re Vittorio Emanuele. Ieri l'altro poi avendo ricevuto un officio di detta Segreteria per chiedermi informazioni su d'un lavorante italiano, stabilito qui in Madrid, e che n'ebbi le migliori dal suo padrone pur esso Italiano, notai altra volta nell'occhio di detto officio il dimesso titolo di Sardegna. Mi recai per conseguenza dal Signor Comyn, e rammentandogli la promessa fattami in altra occasione lo pregai di voler far correggere l'errore. Il Signor Comyn scusossi meco, ed immediatamente fece ricopiare la nota coll'indirizzo stato convenuto. Credei mio dovere di agire ora in questo modo, non volendo che a mia negligenza si dovesse un abuso sul quale si sarebbe forse in seguito potuto vantare un precedente, non essendo lontano dal credere che tale era il pensiero di alcuni impiegati della Segreteria non troppo favorevoli alla causa liberale in Italia. Spero con ciò di aver interpretate le intenzioni dell'E. V., e mi fo un dovere di sottoporre la mia condotta in quest'affare, benchè di non grave importanza, all'alto apprezzamento di V. E.

Terminata la discussione nel Congresso sul Bilancio, mercè le duplicate diarie sedute di detto Corpo, venne dopo presentato al Senato per la definitiva approvazione. Con prossima occasione mi farò un dovere di trasmetter detto Bilancio a V. E., come pure non mancherò d'inviarle la Legge ora definitivamente approvata sul Governo delle Provincie di questo Regno, parendomi non mancare sia l'uno che l'altra d'un certo interesse pel R. Governo.

Il Congresso dei Deputati dopo il Bilancio passò alla discussione d'un progetto di legge presentato dal Deputato Moyano, concedendo autorizzazione ai padri di disereditare i figli minori d'età che contraggono matrimonio contro la volontà paterna; si sospese però il mercoledl tale discussione per l'occorrenza delle feste di Pasqua, rimanendo fissata la riunione pel Mercoledl venturo.

Molti sono i progetti che già si trovano in pronto per la dis:cussione, fra' quali quello sulla stampa, sui comuni, sulla libera introduzione della carta di stampa, ma io credo che sarà impossibile discutere tutti questi progetti stante la stagione già di troppo avanzata, essendosi notato sin da questi ultimi giorni poca concorrenza di Deputati. A proposito della presentazione del progetto sulla libera introduzione della carta è mio dovere far osservare a V. E. un movimento in questo paese bastante sensibile verso idee meno ostili al libero scambio. Il ribasso fatto ultimamente sui cotoni ed ora facilmente sulla carta dà a

vedere che non a torto rimarco questo salutare progresso. Vedo di più che i giornali Ministeriali come il Ccmstitucional e la Epoca, sebbene questa con più timidezza, patrocinano questo principio. Il Signor Salaverria, Ministro di Finanza, ,senza però mostrarsi avverso non osa dichiararsi apertamente favorevole, contentandosi per ora di pl'eparare l'opinione pubblica accettando alcune riforme nelle tariffe, e questa cautela è dovuta all'opposizione che incontra nelle provincie Catalane e Basche ogni modificazione doganale.

La Gazzetta pubblicò ultimamente Reali Decreti ·Che concedono titolo d'Infante od Infanta al futuro parto della Duchessa di Montpensier, confell.'endo pure le decorazioni insignì del Regno. Il Corpo Diplomatico delegava il Ministro Belga Conte Van der Straaten ad assistere a questa solennità in Siviglia, ove trovasi presso il Duca di Brabante.

La Corte quest'anno non si recherà, come era d'uso, a passare la primavera in Aranjuez; non credo di andare errato asserendo che il timore di vedere la famiglia Reale al primo giungere in quel sito rinchiudersi nel Monastero di San Pasquale, dimora della celebre Monaca Patrocinio e cadere per conseguenza sotto la sua poco utile influenza, ablbia indotto gli amici dell'Union LiberaLe a fare il poss1bile onde persuadere la Regina che nello stato interessante in cui si trova il clima di Aranjuez non le sarebbe propizio.

(1) Non pubblicata. Sull'affare Bishop il Foreign Office presentò alle Camere il 4 agosto 1862 un apposito Blue Book intitolato Papers relating to the Treatment of Politica! Prisoners in Confinement at Naples and the Arrest of Mr. Bishop.

266

ISTRUZIONI DEL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'INCARICATO DI UNA MISSIONE STRAORDINARIA IN PERSIA, CERRUTI

Torino, 20 aprile 1862.

Il Governo del Re ha decretata la partenza della I..egazione Straordinaria che sin dal finire del 1860 aveva deliberato inviare alla Corte di Teheran e che la S. V. Ill.ma è chiamata a dirigere (1). Qui unite Ella troverà le lettere Reali che l'accreditano quale Inviato Straordinario di S. M. il Re d'Italia presso lo Shah di Persia.

Il ritardo occorso non sarà stato senza frutto per quelle preparazioni e quelle reciproche intelligenze che poteva richiedere una missione in paesi cosi lontani, e così poco praticati dagli Europei.

Il Governo di S. M. ha precisato frattanto che l'It~lia riunita in un solo Regno, presentandosi per la prima volta come nazione in quelle regioni, debba comparirvi in aspetto degno di sé e trarne occasione per recare anch'essa, in quanto lo consentano il tempo e le circostanze, qualche tributo di cognizioni alla scienza ed alla civiltà. Per ciò, siccome ho avuto l'onore di annunziall.'lo alla S. V. Ill.ma, venne aggiunta alla Legazione una Commissione scientifica da Lei dipendente (2) e per la quale mi riferisco ai dispacci che particolarmente la riguardano.

Le istruzioni che la S. V. ha prima d'ora ricevute non esigono mutazioni, ed io sono lieto nel confermarle di attestare a Lei, Signor Commendatore, tutta la fiducia che ispirano il suo sapere, la sua esperienza, e l'instancabile sua solerzia.

Solo soggiungerò alcuni riflessi per dimostrarle il vivo interessamento che personalmente io prendo al buon successo di questa diplomatica spedizione e ricordare alla memoria di Lei qualche dato che sembrami meritare special attenzione.

La Persia non è più quell'immenso e potente impero che varie volte nel corso dei secoli estese il suo dominio sulla massima parte dell'Asia occidentale e che in epoche più recenti toccava ancora al Caucaso e all'Eufrate.

Nelle presenti sue condizioni di territorio e di popolazione, scaduta dall'antica e maravigliosa civiltà orientale, non rinvigorita per anco agli influssi della moderna civiltà europea, spossata dalle invasioni, dalle guerre e dalle discordie che per tanto tempo la travagliarono, con una religione che male si accorda coi sociali progressi, la Persia è venuta in termini non molto dissimili da quelli in cui si trova l'Impero ottomano. Essa è ridotta cioè ad esistere quasi più per la gelosia ed i divergenti interessi dei potenti suoi vicini, che per virtù delle proprie forze. Minacciata infatti dall'invadente procedere della Russia, la Monarchia Persiana sarebbe facile preda di quella potenza se la politica ed i mezzi preponderanti dell'Inghilterra non vi opponessero formidabili impedimenti.

Malgrado però questo suo decadimento e queste sue cagioni di debolezza la Persia per la ,sua giacitura, per le molte ricchezze del suo suolo, per l'indole delle sue popolazioni, e per gli sforzi di cuì potrebbe diventar capace con un governo vigoroso ed una buona amministrazione, ha nella politica orientale e per conseguenza nelle combinazioni che ne possono nascere per l'Europa una importanza notevole e che in date congiunture potrebbe diventare grandissima.

L'Impero Persiano è ormai se non il solo, il meno incerto antemurale dei possedimenti britannici delle Indie verso la RuS-Sia. Esso d'altronde per religione, per comunanza di tradizioni, ed in qualche parte di origini ha molte affinità, non pochi elementi di assimilazioni ·colle provincie meridionali della Turchia Asiatica le cui sorti furono molte volte congiunte con quelle della Persia.

La Persia poi offre un fenomeno di vitalità nazionale unico nella storia, poichè sovente conquistata tornò sempre a recuperare la sua autonomia e non pérdette mai i suoi caratteri essenziali come nazione. Le varie razze che l'occuparono sembrano aver subito piuttosto l'influenza del sangue persiano che aver modificato essenzialmente la natura e le tendenze di quel popolo.

Infine il Governo Persiano, il più colto e più ordinato senza dubbio dei governi orientali, mostra desiderio grandissimo d'incivilire la nazione, di accrescere le sue relazioni colla Europa e di riformare secondo gli usi europei le sue leggi, il suo esercito e la sua amministrazione. Il concorso di queste circostanze fa si che la Persia possa diventare un'utile allea,ta di altre potenze e procacciare pregevoli vantaggi a quella parte che sappia prevalersi della sua amicizia. Se pertanto in questi momenti il Governo Italiano non ha forse in Persia un immediato scopo politico da propugnarsi, noi non potremmo nè rimanerci indifferenti alle buone disposizioni di quella Corte verso di noi, nè tralasciare di coltivarvi sentimenti ed annodarvi relazioni che avvenendo l'occasione ci pongano in grado di pigliare utile parte a quelle combinazioni che si presentassero favorevoli agl'interessi d'Italia.

Operando adunque in questo senso, senza impegnare la politica del Governo del Re, senza dar appiglio a supposizioni che potessero ingelosire od insospettire altre potenze, la S. V. Ill.ma dovrà e saprà rafforzare le simpatie che la Corte di Teheran dimostra per l'Italia, farvi apprezzare gli avvenimenti e l'indirizzo nazionale della nostra patria, spiegarne l'attività e le risorse, gettare in somma i germi di una solida e durevole amicizia.

Le considerazioni che ho premesse e che certamente non saranno sfuggite alla sua perspicacia persuaderanno inoltre la S. V. Ill.ma quanto importi studiaa-e accuratamente le relazioni della Persia colle .grandi potenze straniere, segnatamente colla Russia, coll'Inghilterra e colla Francia; e ricercare quale grado di autorità e d'influenza vi abbiano quelle potenze; se e quali accordi per avventura esistessero o tendessero a formarsi tanto colla Corte di Persia, quanto fra qualcuna di esse, ed a quali eventualità questi accordi potessero accennare.

Ella sa, Signor Commendatore, come la Russia miri evidentemente se non ad impadronirsi del territorio persiano per penetrare nelle Indie Britanniche, a rendersi almeno del tutto dipendente la Corte di Teheran per suscitare occorrendo pericoli all'Inghilterra in quelle regioni e renderle cosi più malagevole il contrastare ai suoi disegni nella Turchia Europea.

La S. V. Ill.ma non ignora del pari con quanto impegno 'il Governo Britannico si occupi di mantenersi strettamente unita la Persia e quali cure abbia adoprate per infondere, nell'interesse della propria difesa, nuova vita a quell'Impero. Se però sono giuste le notizie venute di questi ultimi anni in Europa, e che la S. V. Ill.ma potrà riscontrare, sembrerebbe che l'Inghilterra sin da quando la Russia s'impadroni della Georgia e dell'Armenia abbia cominciato a dubitare della possibilità di fare della Persia un valido propugnacolo alla sua potenza, e che per ciò possa forse ·preferire di estendere i suoi confini negli sfatti limitrofi fatti già suoi vassalli, od anche nello stesso territorio persiano per premunir:si con nuove e forti posizioni, piuttosto che proseguire l'incerto esperimento di una rinnovazione di quell'Impero. La Francia J;;ebbene non abbia, oltre ai bisogni di espansione del suo commercio, nessun interesse diretto a far valere in Persia non trascurò tuttavia sin dal principio di questo secolo di stringere relazioni colla Corte di Teheran, e la sua influenza sembra essersi da qualche tempo a questa parte non poco accresciuta. Pienamente libero della sua azione il Governo Francese può scegliere rispetto alla Persia ed alle grandi Potenze che le sono vicine, quelle combinazioni che meglio convengano ai propri disegni in Europa. Quindi la politica da lui seguita a Teheran può somministrare qualche luce sulle sue intenzioni nella politica generale d'Europa e sotto questo rispetto le informazioni che la S. V. Ill.ma potrà procurarsi non saranno di lieve importanza. Non le parlo, Signor Commendatore, dei rapporti fra l'Impero Ottomano e la Persia poichè a questo riguardo Ella avrà già avuto mezzo di ottenere a Costantinopoli tutte le possibili cognizioni.

A compiere poi questi elementi di criterio sulle cose orientali Ella sentirà essere opportuno il conoscere, insieme colle viste delle altre potenze, le aspirazioni ed i desideri della Persia. La S. V. Ill.ma esaminerà se la Persia miri soltanto a conservare migliorando il suo ,stato presente, ovvero .se non aspiri a riconquistare lè provincie perdute sia dal lato delle Indie come l'Herat, l'Afghanistan ed il Beloutchistan, la prima specialmente, sia dal lato della Russia e della Turchia alla quale nei due ultimi .secoli tentò più volte a:ipigliare le valli inferiori dell'Eufrate e del Tigri.

Ella cercherà eziandio di conoscere quali siano le relazioni che corrono fra le popolazioni di quelle provincie e la Persia, se vi si conservino simpatie o desideri di ricongiunzione coll'impero persiano, ovvero se preferiscano rimanere nel presente loro essere.

20 -Documenti diplomatici • Serie I • Vol. II.

La S. V. Ill.ma esaminerà finalmente quali siano le condizioni finanziarie ed amministrative della Persia, quale la vera sua forza militare, quali le tendenze delle sue popolazioni, quali in somma i mezzi di cui potrebbe disporre e sui quali le Potenze Europee potrebbero, in una ipotesi qualunque. fare assegnamento.

Se però queste osservazioni politiche debbono occupare la S. V. Ill.ma, una parte non meno importante del suo mandato e che in questi momenti ha maggiori probabilità di prossimi risultati è lo studio delle cose commerciali.

Il trattato che nell'aprile 1857 abbiamo stipulato colla Persia pone le basi più favorevoli alla tutela dei nostri nazionali ed ai reciproci scambi.

Praticamente però questo trattato non ha potuto ancora dar frutti; e l'opera della S. V. Ill.ma dovrà appunto intendere sia a svolgere le generiche stipula-zioni di quella convenzione ottenendovi quelle varianti ed aggiunte che le sue osservazioni locali le facessero ravvisar opportune, a qual fine le acchiudo appositi pieni poteri, sia ad esaminare e preparare per quanto possa da Lei dipendere i modi di avviare il commercio fra le due nazioni.

A questo riguardo io so troppo quanto siano estese e fondate le sue cognizioni perchè occorra darle verun particolare suggerimento. Le accennerò tuttavia alcuni punti che bramerei particolarmente.venissero da Lei considerati.

Sin verso il 1550 gli Itaù.iani, i Genovesi cioè i Veneti ed i Fiorentini, mantennero colla Persia e coll'Asia Centrale relazioni di qualche importanza. Commercianti Italiani oltre al traffico che facevano per mezzo dei loro banchi stabiliti negli scali del Mar Nero ed in alcune delle principali Città persiane, spingevansi toccando la Persia nelle provincie occidentali dell'Impero Chinese. Dei Monaci Italiani risiedevano in Ispahan, e viaggiatori italiani furono tra i primi a descrivere quelle regioni. Nel 1465, il celebre Azembell Uzum Hassan Imperatore della Persia mandava un'ambasciata alla Repubblica di Venezia ed ai Medici di Firenze, il che prova come in quell'epoca dovesse esservi una certa frequenza di rapporti tra la Persia e l'Italia.

Le mutate condizioni del commercio europeo e la decadenza delle industrie persiane non permettono certamente di pigliare norma da quei tempi per ristabilire vicendevoli relazioni. Però se fosse possibile durante la missione della S. V. Ill.ma discoprire nuove memorie o documenti che accennassero a quelle antiche relazioni e ne porgessero particolari, la pubblicazione loro avrebbe questo buon effetto, di produrre cioè in Europa senso favorevole agli Italiani e d'invaghire gl'Italiani a tentare nuovamente commerciali speculazioni in quell'Impero. Questo scopo diffatti deve ricercarsi dall'Italia ora che l'unione e la libertà cominciano a ravvivarne l'industrie, e forse le circostanze presenti di quei paesi tornerebbero ad esservi favorevoli.

Alcune delle produzioni naturali della Persia come per esempio il tabacco, le gomme, il cotone, la seta, negli anni in cui scarseggiano le sete italiane, alcuni generi di medicina e di tinta, le pietre preziose, potrebbero quando ne venisse agevolato il trasporto comparire vantaggiosamente sui nostri mercati.

Il gusto poi degli ornamenti orientali, dei tessuti per vestimenta, dei tappeti, va da alcuni anni propagandosi in Europa ed anche assai in Italia e sebbene le arti persiane siano molto scadute, pure potrebbero forse esportarsi direttamente dai nostri commercianti non pochi articoli che attualmente essi traggono, con ben maggiore dispendio per mezzo di trafficanti stranieri.

Le industrie italiane forse potrebbero sin d'ora gareggiare coll'industria russa sui mercati della Persia adattandosi nelle forme e nelle qualità ai bisogni ed ai gusti del paese. L'Italia poi ha varie industrie sue proprie e per cui potrebbesi difficilmente opporsele una concorrenza quando vi fossero conosciute e piacessero. Per esempio i suoi lavori in corallo, in lava, in pietre dure, ed a mosaici, le filigrane d'oro e d'argento, i piccoli utensili in legni intarsiati a disegni del Napoletano, e varie altre minuterie potrebbero per avventura convenire al gusto degli orientali e trovare facile smercio.

In somma non mi sembra impossibile che quando una qualche casa si stabilisse od a Tauris od a Teheran o sul Golfo Persico, vi trovasse bastante somma di affari per originarvi e mantenervi relazioni commerciali che col tempo si andrebbero estendendo. A ciò gioveranno, io non ne dubito, le particolari informazioni che la S. V. Ill.ma si porrà in grado di raccogliere, ed alle quali la prego di aggiungere oltre a tutti i dati possibili di qualità e di prezzi, eziandlo l'indicazione ed i disegni delle forme preferite nel paese.

Frattanto la S. V. Ill.ma vedrà eziandio come si possano stabilire i nostri servizi consolari nei posti determinati dal Trattato, e se vi siano nazionali nostri od anche stranieri a cui si possano affidare quelle funzioni intantocchè sia possibile disporre altrimenti.

Ella sa, Signor Commendatore, che la Russia fa ogni suo sforzo per trarre a sé il commercio della Persia e dell'Asia Centrale cercando condurlo, con facilità di dogane e di strade, nel suo porto di Poti nel Mar Nero e 'sviarlo dall'antica sua strada per la Turchia. Parmi bene che a tale proposito Ella esamini e faccia esaminare dalle persone addette alla sua missione che facessero escursioni verso i confini Russi, quali progressi abbia già fatto in questo suo disegno la Russia; se meglio convenga al commercio tra la Persia e l'Italia il valersi dei vantaggi offerti dalla Russia sebbene siano maggiori le distanze a percorrere e maggiore il pericolo che una potenza cosi grande e cosi forte metta poi in date contingenze impedimento al commercio europeo, ovvero se non sia preferibile la via sin ora segl'iita, e se in tale caso non si possa indurre la Persia e la Turchia a fare in modo che le loro strade e le loro dogane offrano tali vantaggi e tali guarentigie di sicurezza da indurre il commercio estero a non cercar altro cammino.

Un ultimo punto le raccomando. La S. V. Ill.ma è informata che 'il Governo Persiano proibiva in massima l'esportazione del seme serico, ma faceva però sentire che in alcuni casi particolari l'avrebbe tollerata. Sinchè dura la malattia in Europa e massime in Italia, e che anzi va estendendosi anche nell'Asia Minore, può essere di molto rilievo che ogni proibizione di estrazione sia tolta dalla Persia, e la S. V. Ill.ma renderà importante servizio alla principale delle nostre industrie se otterrà questo favore. Riceverò con somma soddisfazione, Signor Commendatore, i rapporti che Ella vorrà farmi della sua missione persuaso come sono che riesciranno in ogni parte altamente istruttivi.

(1) -Sull'origine di questa missione, cfr. Ricasoli, VII, pp. 56-58. (2) -Della Commissione scientifica facevano parte i naturalisti Filippo de Filippi, Michele Lessona, Giacomo Doria, e il filologo Giacomo Lignana, cfr. F. DE FILlPPI, Nota di un viaggia in Persia net 1862, Milano, 1865; S. GRIMALDI DEL PoGGETTO, Ricordi di un ufficiate deU'antico esercita sarda, Torino, 1893, III, pp. 88-291.
267

L'INCARICATO D'AFFARI A STOCCOLMA, MIGLIORATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 123. Stoccolma, 20 aprile 1862. Essendomi ieri avvicinato dopo le Cerimonie religiose a Monsignor Studack Vicario Apostolico, chiedendogli quando potessi fare le mie devozioni di Pasqua, mi fu da questo Reverendissimo Sacerdote risposto, non potermi dare l'assoluzione, nè a me nè al Segretario della Legazione, nè a qualsiasi altro che fossa del Real Governo impiegato -e ciò essergli da Roma direttamente comandato. Mi soggiunse, pertanto, che avrebbe chiesta l'autorizzazione speciale di assolverci. A ciò risposi facesse pure, ma che credevo dover mio ripetergli ancor una volta i miei principii, esser, cioè, io pronto a versare il mio sangue per la Santissima Religione, ma prontissimo, pure, a darlo tutto per sollecitare la finale decadenza del Potere Temporale. E che ben ponderata questa mia dichiarazione agisse, poi, come meglio in Sua coscienza crederà. Il suddetto Monsignore partendo alla fine del mese per Roma, mi ha chiesto

se avessi difficoltà a vidimargli il passaporto per traversare gli Stati di Sua Maestà, e gli ho detto che non ve n'esisteva veruna.

268

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 174. Parigi, 21 aprile 1862, ore 11 (per. ore 12).

Veuillez prier le Président du Conseil de m'envoyer par le télégraphe, le plus souvent qu'il pourra, des nouvelles du voyage du Roi.

269

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

L. P. CONFIDENZIALE. Francoforte, 21 aprile 1862. Je m'empresse de venir répondre à V. E. relativement à la demande qu'Elle m'a fait l'honneur de m'adresser par sa dépikhe du 15 courant (Division Consulaire) sur l'opportunité qu'il y aurait d'établir un Consulat de S. M. à Francfort

et sur le choix de M. Adolphe Reinach pour en etre le titulaire (1). Relativement à la première question, je dois avant tout faire observer à

V. E. que la grande majorité du Séna:t de Frarrcfort qui représente le pouvoir exécutif, étant complètement sous la dépendance de l'Autriche, la demande d'exéquatur pour un Agent de S. M. le Roi d'Italie, serait, dans les circonstances actuelles, infailliblement repoussée. Si j'ai cru pouvoir, au mois de Janvier der

nier, proposer au Gouvernement du Roi l'établissement d'un Consulat à Man

nheim, l'un des principaux centres du commerce allemand, c'est que les sym

pathies politiques du Gouvernement Badois m'étaient ,connues et que d'au

tre part j'avais eu soin, ainsi que V. E. en est sansr doute informée, de m'a'S

surer à l'avance de l'assentiment du Ministre des Affaires Etrangères qui ne nous

à point fait défaut. La situation à Francfort est toute différente, et ce serait aller

au devant d'un refus certain que de vouloir donner suite au projet en question.

Venant maintenant à ce qui concerne personnellement M. Reinach, j'ai le

regret de devoir dire, pour le cas où plus tard il renouvellerait sa demande, qu'il

ne jouit point ici de la considération qui doit entourer un Agent de S. M. à

l'étranger. Il est parvenu, il est vrai, à se faire nommer Consul de Belgique, mais

sa nomination a été le résultat d'une véritable surprise, et le Baron du Jardin,

Ministre de Belgique, m'en a •exprimé dans le .temps tout son mécontentement en

me disant qu'il n'en avait rien su et que si on l'avait consulté, il aurait certai

nement épargné cette faute à son Gouvernement. Au reste, malgré son titre

de Consul, M. Reinach n'a pu parvenir à se faire accepter ni dans la société du

Corps diplomatique ni dans celle de Francfort qui ne passe cependant pas pour

étre difficile.

Puisque l'occasion s'en présente, je dois également mettre en garde le Gouvernement du Roi contre une demande de mème nature qui, d'ap['èS ce que l'on m'assure, n'attend qu'une circonstance favorable, pour lui étre présentée par

M. Goldsmith, ancien consul de Toscane à Francfort. Sans qu'il soit nécessaire d'entrer ici dans les détails relatifs à sa position qui vaut peut-Hre encore moins que celle de M. Reinach, il me suffira de dire que pendant la guerre d'Italie

M. Goldsmith avait ici une attitude des plus hostiles à notre cause, et qu'il faisaìt ouvertement et publiquement des vreux pour le succès des armes autrichiennes.

(1) Non pubblicato.

270

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (1) (Ed. in Episodi, p. 225)

L. P. Londra, 21 aprile 1862. Lord Russell mi ha ripetuto ciò che la signora De Flahault avevami detto sull'intenzione di La Valette di non cede['e a Goyon. Da Parigi Lord Cowley ·scrive avergli il principe Napoleone detto che l'Imperatore non sarebbe punto alieno all'unità d'Italia, ma che positivamente l'Imperatrice gli amareggiava la vita colle continue lagnanze e rimostranze in favore del Papa; di modo che pel solo volere la pace in casa l'Imperatore cedeva de guerre lasse. Finita la scena dell'Imperatrice, la ripigliava Madame Walewsky; ·cosicchè, osservava lord Russell, tra la moglie e la bella era un poco troppo di essere in mezzo a due fuochi.

Lo stesso Ministro dicevami che Thouvenel aveva una soluzione della questione romana, La Valette un'altra, e l'Imperatore una terza; ma che ignorava tanto le

une che le altre. Lord Russell non vuoi darsi briga di conoscerle per non avere a dare consigli che non sarebbero ascoltati, e per non imitare l'esempio dell'Imperatore che dà consigli a tutti, e da tutti viene rimproverato a principiare da Francesco di Napoli.

Per riguardo alle mene di Garibaldi, nessuno vuole qui levarsi di testa che da noi si fondano speranze su di lui per la Venezia in seguito allo sperato conquasso d'Oriente, e che noi saremo sempre pronti a chiudere gli occhi su qualunque evento che possa contribuire a rendere probabile un simile perturbamento. Il duca di Newcastle pochi giorni sono mi domandava con aria incredula, se realmente noi credevamo di poter impedire Garibaldi di andare in Grecia.

(1) Non rintracciato l'originale. La lettera, evidentemente, è incompleta.

271

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL PREFETTO DI NAPOLI, LA MARMORA

T. 115. Torino, 22 aprile 1862, ore ll. Il Re partito questa mattina alle ore otto e mezzo fra gli evviva della popolazione e delle autorità accorse per salutarlo. Una lettera di James Bishop, detenuto a Napoli, inserta nel Times ha prodotto, a quanto asserisce d'Azeglio, una cattivissima impressione nel pubblico inglese (1). Favorisca mandarci senza ritardo qualche dettaglio da spedirsi a Londra sulle cause dell'arresto e sullo stato della prigione in cui è detenuto,

non che sul punto a cui si trova il procedimento iniziato contro di lui che vuoi essere con ogni studio sollecitato.

272

VITTORIO EMANUELE II AL PRINCIPE NAPOLEONE (Ed. in A. Comandini, op. cit., pp. 228-229)

Torino, 22 aprile 1862.

Je pars ·Ce matin pour Naples. Avant de partir je désirais t'écrire deux mots pour te remercier avant tout de l'intéret que tu prend à défencLre notre cause qui parfois est bien tiraillée par d'autres, puis je voulais te prier de me dire quelques explications sur plusieurs points.

Je travaille de creur et d'àme pour réussir et achever la grande reuvre, j'ai travaillé beaucoup moi, seui à soutenir le présent et à prépaa.-er l'avenir cet hiver lorsque abandonné par I.e ministère Ricasoli qui dormait d'un bien triste sommeil, j'ai dù faire quasi tout par moi-meme, mais malgré mes efforts, les difficultés sont toujours renaissantes. La réaction aurait déjà fini si le concours de la France eùt été bien frane et loyal. Je sais de source bien sùre que

un emprunt de deux millions vient d'etre autorisé meme à Paris, le général Goyon notre ennemi est toujowrs à Rome, on nous berce de bell:es espérances, la question Romaine ne fait aucun pas, on nous fait décimer mes soldats par toute la canaille du genre humaine réunie sous l'égard du S. Père et tolér~e par la France, 800 galériens autrichiens sont débarqués sur le territoire du Pape et 3000 sont embarqués à Trieste par le meme but. Beaucoup d'agents français qui travaillent en sens ennemi se trouvent répandus sur le territoire napolitain et beaucoup de moyens sont fournis à la réaction par ces mèmes individus. En un mot je te prie de m'expUquer .tout .cela si tu peux. Mais je suis ma route malgré tout cela avec courage et j'espère de vaincre toutes les difficultés, parfois, il faut que je .te l'avoue, je jure ·comme un diable. Je te préviens que bientòt la question orientale va commencer. J'espère que cela aura été bien et que l'Autriche ne pourra trouver aucun prétexte contre nous, son territoire ne sera nullement violé pas meme par les imprudents.

Tiens-toi sur tes gardes avec Klapka car quoique très honnete homme il parle trop et compromet. La mission italienne de Garibaldi est finie et bientòt en quittant l'Italie il ira porter le ifeu de la révolution -et de la guerre dans les régions mientales où la question italienne trouvera si ·cela réussit une grande force pour une époque un peu plus élo'ignée,.si pourtant les choses ne seront pas précipitées. J'espère en Dieu, dans notre étoile et dans le courage de notre armée qui est bien forte actuellement et si je le dis j'en suis bien st1r.

Adieu, cher Beau-fils, les nouvelles de ma fille me font bien grand plaisir, je vous embrasse tous les deux de tout mon creur. Tache de diminuer mes embarras si tu peux.

Tache si tu peux de faire donner à cet homme la Légion d'honneur déjà promise par Flewry.

(1) Cfr. n. 264.

273

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, RATTAZZI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO (AST, Carte E. D'Azeglio, orig. autogr.)

L. P. Genova, 22 aprile 1862. Mi è grato, che mi si presenti una favorevole occasione per iscriverle, ed avere pure direttamente da Lei sue notizie. Il Generale Tiirr, da cui Le sarà consegnata questa mia, si reca a Londra per vedere l'esposizione, e desidera che io lo presenti a Lei per fare la di Lei personale conoscenza, e perchè voglia essergli cortese per quanto gli potesse occorrere nel suo 'Soggiorno in codesta Capitale. Egli bramerebbe pure di essere pre

sentato agli uomini più influenti dell'Inghilterra, e le sarò .grato se vorrà aiutarlo in questo intento. Or sono alcuni anni il Conte Cavour lo aveva già fatto presentare a Palmerston, il quale lo accolse benevolmente.

Il Re m'incarica di dirle, che sarebbe sua ~intenzione di scrivere alla Regina d'Inghilterra ·una lettera di condoglianza per la morte del Principe Alberto, lettera che voleva scrive.t"e tosto dopo questo doloroso evento, ma che gli si disse non essere opportuna, perchè la Regina avrebbe forse sofferto di

troppo ricevendola. Ora Egli si lusinga, che la lettera non potrebbe pm produrre un simile effetto. Ma d'altro canto teme scriverla dopo tanto tempo sia un po' troppo tardi. Perciò prima d'inviarla vorrebbe ch'Ella avesse la compiacenza di esprimergli la sua opinione, se convenga ancora o no lo scriverla. Per farmi avere più presto la risposta potrebbe trasmettermi a Napoli un dispaccio telegrafico, nel quale mi dica oui o non, a seconda di quello che le parrà più opportuno.

Le scrivo da Genova, dove sono giunto stamane col Re per recarci a Napoli: l'accoglienza ricevuta dal Re in questa Città ed in tutte quelle per le quali passammo, non poteva essere più entusiastica. Spero che non sarà dissimile il ricevimento che Gli si farà in Napoli.

Le cose qui procedono discretamente bene ed ho speranza che la presenza del Re nelle Provincie Napoletane produrrà ottimi risultati, e rianimerà lo spirito di quelle popolazioni.

Noi fummo soddisfattissimi delle parole di Lord Palmerston sulle cose nostre; e Le sarò riconoscente, se vedendolo vorrà avere la compiacenza di esprimergli i nostri sinceri ringraziamenti, e la più sentita gratitudine.

Se le si presenta una propizia circostanza mi scriva a Napoli, dove mi fermerò col Re sino verso la fine di Maggio, e mi creda ...

274

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO D'AGRICOLTURA E COMMERCIO, PEPOLI

(AP)

L. P. Parigi, 22 aprile 1862. Caprsco che le tue occupazioni gravissime non ti permettano di scrivermi a lungo, ma potresti in esse dirmi qualche cosa di più, dacchè noi qui viviamo ignorando tutto quello che si fa dal Ministero, che vedo da tutti i giornali generalmente approvato. Nieuverkerke è ritornato enchanté della conversazione che aveva avuto con te e di tutto quanto gli hai detto circa alle intenzioni del Ministero in riguardo all'Imperatore. Io l'ho spinto a ripeter tutto a S. M. I. perchè ciò ti farà il più gran bene nei tuoi rapporti. Quanto a tuo zio, è inutile che tu speri di farlo rinvenire ad intenzioni migliori. Conosci la sua ostinazione, il suo carattere e le sue facoltà, quindi meglio d'ognuno devi sapere a cosa attenerti e quale importanza accordare alle sue pretese. Tatini è qui colla moglie. I suoi discorsi in casa Murat non li credo utili a nessuno, sopratutto a lui stesso. Se debbo giudicarne da quanto ne diceva ieri la principessa, questi le produssero il più cattivo effetto. Ciò ti scrivo per incidenza, perchè son cose a cui non si deve dare la minima importanza. Se non si trattasse della tua posizione speciale nella famiglia, io non te ne avrei scritto parola. Questa mane vedrò Rouher. Saprò da lui come stanno le cose pel trattato. Spingerò alla deffinJ.tiva conclusione. Mi sorprende però che tu non abbia rice

vuto una sua lettera che mi disse averti scritto il giorno stesso ch'io te ne diedi avviso. Ti ringrazio per quanto facesti per l'affare del Canale di Chivasso. Ciò facendo puoi vantarti d'aver fatto durante il tuo Ministero l'oper<~ più proficua e più utile si alla agricoltura che al1o Stato. Cavour pensava a questa grande opera da più anni. L'aveva studiata con Noè, che è il fedele interprete dei suoi progetti e delle sue intenzioni. In una lettera che scrissi a Rattazzi gli parlai che temeva certi intrighi condotti dal Credito mobiliare di Torino, il quale avrebbe voluto l'intrapresa dei lavori. Io non conoscendo le cose, come stavano, fui per alcun tempo favorevole a questa combinazione, ma Noè e Cordova stesso trovarono l'intervento del Credito mobiliare di Torino nocivo all'interesse dello Stato e della speculazione. Ec'cO perchè le loro proposizioni protette allora da Peruzzi e da Boschi furono messe da parte. Noè potrà darti su questo rapporto maggiori spiegazioni. Io credo dovertene prevenire onde tu sappia a che ascrivere una opposizione da parte loro se questa si presentasse.

Le cose politiche qui procedono nel fondo favorevoli, ma l'opposizione dei nostri nemici diviene ogni giorno più accanita. Questa è la cagione delle lungaggini e dei ritardi ma nel fondo noi vinceremo la partita, perchè il male che gl'indugi fanno al nostro Governo sono ancor più dannosi al Governo Imperiale, ed ora ne siamo al punto che una decisione sugli affari di Roma diviene più imperiosa per la Francia di quel che noi sia per l'Italia stessa. Non credere che io m'illuda, credendo e sperando favorevole avvenire. Allontanandomi a progetto dai dettagli e portando la mia attenzione alle cose gravi ed agli avvenimenti importanti, rimango scevro da tutto quello spirito di personalità che è nel carattere dei partiti deboli o delle influenze feminee. Spero che il viaggio del Re produrrà buon effetto, massime se sarà fatto bene, ed a quest'uopo ho scritto più lettere direttamente.

275

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 117. Torino, 23 aprile 1862, ore 11.

La Marmora écrit de Naples que Bishop, gravement compromis dans la réaction, se trouve dans une prison très convenable, comme peut le témoigner le rédacteur en chef du Morning-Post, qui lui a fait une visite. Quant au procès il marche régulièrement suivant les lois (1).

276

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI

D. 18. Torino, 24 aprile 1862.

La ringrazio delle pregevoli notizie che mi ha favorito coi suoi dispacci dal n. 45 al 55 della serie politica, intorno agli eventi che hanno turbato la Grecia, e che ora sembrano venuti al loro termine, mediante i successi ottenuti dal Gove.rno Ellenico (2).

Vedo con soddisfazione dalla interessante sua corrispondenza che, attenta nell'osservare e nel riferire, la S. V. Ill.ma pone ogni maggior cura nel conformarsi alle istruzioni del Governo del Re evitando qualsiasi partecipazione alle cose di codesto Paese.

Le quistioni della Grecia, quelle in particolare che possono avere a·tt1nenza colla successione, sono di natura cosi delicata e gelosa ·che noi dobbiamo dgorosamente astenerci dall'entrare in un modo qualunque nelle viste che si andassero manifestando a tale riguardo. Questo sistema di assoluta astensione ci è consigliato non meno· da lealtà che dai nostri interessi.

Ella ·Sa, Signor Conte, quanto negli affari di Grecia siano so51pettose alcune potenze eome l'Inghilterra, la Russia e l'Austria, e sarebbe nocivo per noi che potessero trovare un appiglio qualunque ai loro sospetti. Ma la sua prudenza e la sua saviezza l'lendono superflua, Signor Conte, ogni mia nuova raccomandazione su tale proposito.

Col suo dispaccio commerciale del 10 corrente l'Ill.ma S. V. informandomi delle onerose tasse a cui vennero assoggettati dal Delegato Sanitario nel porto di Navarino i Capitani di alcuni nostri legni naLZionali, per ottenere libera pratica, manifesta l'opinione che sarebbe conveniente autorizzare il nostro Agente Consolare in quel porto a procedere in virtù di procura di uno di essi capitani davanti ai Tribunali ordinari Elleni. Se i capitani interessati credono dovere essi personalmente ricorrere alla via giudiziaria ciò non vuole loro essere impedito. Ma l'intervento diretto dell'Agente Consolare potrebbe avere delle conseguenze nocive ai nostri interessi, ponendosi poi quasi nella necessità di accettare quella sentenza qualunque che venisse resa dai Tribunali.

Noi dobbiamo conservare la piena libertà di azione, e ciò è conforme ai principi ed agli usi internazionali, per reclamare quando i giudicati dei Tribtmali fossero lesivi dei trattati e del diritto comune.

Quindi credo miglior partito che gli Ufficiali Consolari non si facciano attori in giudizio, e che la S. V. Ill.ma insista presso il Governo Ellenico perchè siano tolti abusi contrari al diritto ed alla equità, e che in fin dei conti riescirebbero pregiudizievoli anche alla Grecia scemando le relazioni commercia.Ii.

(1) -Cfr. nn. 264 e 271. (2) -Cfr. nn. 163, 188, 237.
277

IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 58. Atene, 24 aprile 1862. Domata a gran pena e con pochissima dignità la sollevazione di Nauplia, le condizioni di questo regno rimangono buje e non se ne può fare presagio buono. Da una parte, il Governo è riuscito a legare alla causa sua la truppa che assediò Nauplia. Lo spirito di corpo, le molte privazioni patite, gli scontri superati con qualche sangue, gli ottimi portamenti del generale Hahn interessano quei soldati alla sorte del Re per assai lungo tempo. Il paese à pur mostrato di preferire la quiete ad ogni altro ibene. Per due

mesi le provincie sono rimaste sfornite di forza pubblica e sebbene non mancassero eccitamenti per sollevarle, in pochi luoghi fmoono seguiti da qualche effetto. Tripolizza, Calcide, Argo, Sira insorsero; ma la mossa fu data sempre dai militari; il popolo non à mostrato nè vigore nè persistenza; poca fede nei caporioni, poca nel loro programma che era mozzo e timido per una rivoluzione, cd eccessivo per una riforma.

Similmente, il regno à mostrato in questi frangenti più amore all'ordine e alla sicurezza delle proprietà che non si vedeva per addietro. Gran parte de' cittadini viveva persuasa che sarebbero ricomparse le vecchie bande di masnadier.i come altre volte avveniva ad ogni scompiglio un po' grave. Ma il fatto à levato fede a questi timori ed è oggimai provato che l'uso del vivere a modo déi Clefti si va spegnendo con lo spegnersi della generazione la cui gioventù consumavasi sotto il giogo dei turchi.

In fine, il Governo può confidarsi di non aver più a combattere contro rivolte violente ed armate. Di coloro che vi penserebbero ancora i più caldi sono espulsi o rimangono senza ordine e molto divisi di opinioni e di capi. Tutte le fila della cospirazione sono oggimai spezzate o conosciute.

Ma dall'altro lato, la scontentezza del paese non è punto diminuita e il desiderio d'un sostanziale mutamento nel sistema politico è generale e tenacissimo. II governo esce dal conflitto di Nauplia assai più povero di dignità e forza morale che prima non era; atteso che all'ultimo egli à dovuto èalare ad una specie di accordo coi rivoltati, vi à speso 68 giorni di tempo, vi à impiegati alcuni mezzi sleali ed à fatto manifesto ad ognuno, che quando negli avversarj fosse stato maggiore abilità o miglior fortuna esso era rovesciato. II tesoro è tanto esausto che per far fronte ad ogni maniera di pagamenti e di spese il Ministero a questi giorni à solo in sua facoltà un mezzo milione di dracme imprestatogli dalla Banc'i.

Intanto dee mantenere il soldo a 140 ufficiali amnistiati o sospetti e di cui gli è impossibile di servirsi; e dee soddisfare alle indiscrete esigenze dei vincitori che chiedono promozioni, risarcimenti, indennità ecc. Si aggiungono cento e più processi politici incominciati e il risentimento delle famiglie per·cosse in alcun loro membro e molte delle quali stanno fra le più facoltose e cospicue. Si aggiunga la morte da tutti rimpianta di parecchi ufficiali tra le fila degl'insorti. In fine, si ponga mente che niuno ama i presenti Ministri e niuno li stima, e lo sprezzo verso le Camere attuali è universale e profondo.

Alcune gazzette alemanne interessate a difendere la [>olitica del Re Ottone giudicano che la rivolta di Naupl.ia debba essere posta in fascio con molte altre accadute in Greci~ in questi ultimi trent'anni e di tutte le quali il re è venuto a capo felicemente. Onde arguiscono che il re è buono e savio ma regna sopra un popolo turbolento ed incontentabile. Ma i fatti che allegano a prova del loro assunto sono ad arte travisati. I moti parziali che citano del '33 e prose,guiti insino al '40, furono opera di capobanditi e di palikari i quali tentavano di mantenersi nell'uso di vivere indipendenti da ogni legge e rispettar poco le cose altrui.

Il simigliante dee dirsi del generale Kriziotis che nel '47 conducevasi in Eubea a modo d.i bascià e reggeva un piccolo corpo di partigiani armati i quali bisognò uccidere e sperdere. Certo, nel '43 la guarnigione d'Atene comandata dal Kalergi insorse tutta quanta e assediò il re nel suo palazzo. Ma quella rivolta non fu domata. Chiedeva con la forza una Carta ·costituzionale e l'ottenne. La seconda rivolta politica è solo questa di Nauplia; ebbe lo stesso carattere ed incontrava lo stesso esito se invece di Nauplia scoppiava in Atene ed era guidata da uomini di maggior mente. Kalergi volle la Carta costituzionale; Coroneo e Grivas volevano che fosse lealmente eseguita. Vi furono allora non meno di oggi passioni personali, mire di interesse privato, uso d'illeciti mezzi; e forse tutto ciò à fatto infruttifero il moto del '43 a rispetto delle franchigie costituzionali acquistate e à fatto del pari infruttifera la sollevazione di Nauplia a rispetto del desiderio di veder:le eseguite.

Nonostante tutto ciò, se il Re licenzia i Ministri e le Camere, e sopratutto rinunzia al funesto proposito di governare personalmente il paese e mascherare sotto forme costituzionali l'arbitrio della sua volontà; egli può ancora reintegrarsi nella opinione pubblica e serbarsi a tempi migliori e cioè quando l'Oriente andrà in fiamme e impegnerà nella lotta i più formidabili potentati d'Europa.

Non voglio ripetere anche oggi a V. E. che questa desiderabile mutazione è poco vicina ad effettuarsi. L'amore della Grecia mi persuade a sperare contro la speranza.

278

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE RISERVATO S. n. Parigi, 24 aprile 1862 (1). Secondo la riserva contenuta nella mia corrispondenza confidenziale, mi pregio di partecipare all'E. V. le seguenti cose comunicatemi dal Signor Thouvenel. Da molto tempo l'Imperatore 'Stava pensando a formolare un progetto d'accomodamento de,stinato ad essere contemporaneamente proposto alle Corti di Torino e di Roma e dovente avere per risultato di facilitargli il modo di ritirare le truppe francesi dagli Stati Pontifici. Questo progetto è stato finaJ.mente farmolato in massima e fu ieri l'altro comunicato dall'Imperatore al Signor Thouvenel. Esso è fondato sulle basi seguenti.· Le terre soggette al dominio pontificio sarebbero governate con forma municipale. Il Papa conserverebbe tutti i titoli e le prerogative della Sovranità. Le Potenze cattoliche contribuirebbero pro rata alla sua list,a civile. La Francia vi contribuirebbe per tre milioni e mezzo. Il debito pubblico sarebbe diviso in proporzione del territorio e il Regno d'Italia ne assumerebbe la parte che gli spetta. Vi sarebbe unione doganale col Regno italiano. La legislazione italiana sarebbe ,applicata alle provincie pontificie e previo l'esame ed il consenso di un Consiglio di Stato Pontificio il quale avrebbe dirittoJ di veto. Le provincie pontificie manderebbero i loro deputati alla Camera italiana. Il Papa nominerebbe un certo numero di Senatori. Le monete sarebbero

equiparate alle italiane, salvochè porterebbero l'effigie del Papa. La bandiera sarebbe la tricolore italiana colle armi della Santa Sede invece della Croce di

Savoia. Il Papa avrebbe una guardia per la sua persona. Le finanze e l'esercito sarebbero comuni col Regno italiano, ma non è detto in che modo ed in che forma.

Ma la clausola più grave e più pericolosa del progetto è quella per cui il Regno d'Italia dovrebbe restituire una parte delle provincie annesse fino all'Appennino in guisa che i dominii, comunque noffiinali, del Papa si troverebbero aumentati di circa centomila anime tolte dalle nostre Provincie attuali dell'Umbria, Spoleto, Rieti, ecc.

Dissi che questa clausola è p·ericolosa, ed è tale infatti, non solo perchè inaccettabile dal Governo Italiano, ma perchè tocca nelle sue basi il principio del suffragio universale su cui poggia l'esistenza politica del Regno d'Italia e dell'Impero francese. Il Signor Thouve~el e con lui i Ministri Rouher e Billault consentono anch'essi in questa opinione e sono risoluti a proporre all'Imperatore il ritiro di quella clausola.

Il progetto sarebbe presentato, come accennai, contemporaneamente ai due Governi di Torino e di Roma. Se i due Governi accettano, il che è appena supponibile, il progetto si eseguisce e le truppe francesi lasciano Roma. Se il Governo Italiano accetta e Roma ricusa, si dichiarerà che fra un anno cessa l'occupazione francese. Se il Governo Italiano ricusa, continuerà lo statu quo.

Se si otterrà il ritiro della clausola della restituzione, come si tenterà energicamente di fare, il progetto parmi accettabile, per inese,guibile che sia, anzi appunto perchè tale. È evidente che il vantaggio, nella pubblica opinione e nel fatto, rimarrà dalla parte di chi avrà accettato. Roma ricuserà senza· dubbio. Ora il rifiuto nuovo di Roma e l'accettazione nostra daranno in mano dell'Imperatore un mezzo di potere onestamente abbandonare il Papato temporale a se stesso. In questo sta il vantaggio del progetto, cioè nell'assicurazione che, ove sia accettato dall'Italia, sia o non ricusato da Roma, deve cessare l'occupazione francese, fermo rimanendo, ben inteso, il principio del non intervento straniero.

Questo abbozzo di progetto che in fondo non ·contiene ancora formole ben precise e determinate, non si può dire che abbia finora un'esistenza ufficiale, giacchè il Ministro degli Affari Esteri a cui fu comunicato direttamente dall'Imperatore è incaricato di farvi le sue osservazioni e di redigere la formola. Perciò il Signor Thouvenel consentendo a parlarmene in via affatto confidenziale, mi pregò di raccomandare all'E. V. la massima discrezione in proposito, essendo importante che nulla ne traspiri nel pubblico.

Io avrò cura d'informarLa di quanto sarà fatto in ordine al progeHo stesso prima che riceva la formola finale. Esamini Ella intanto fin d'ora queste idee per poter essere in mtsura di giudicarle .se e quando dovessero e•ssere sottoposte al Governo del Re.

Il Marchese di La Valette non partirà probabilmente prima d'una diecina di ·giorni. Finora rimane fermo che il Generale Goyon lascierà Roma quando l'Ambasciatore vi torni.

Ho dato lettura al Signor Thouvenel della lettera del Generale Govone che era annessa al dispaccio confidenziale che V. E. mi fece l'onore di dirigermi il 22 corrente (1).

(1) Estratti di questa lettera sono editi in CoLOMBO, 6.

(1) Mancano.

279

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, RATTAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 185. Pisa, 25 aprile 1862, ore 14,40 (per. ore 15). La partenza del Re da Livorno è fissata pel mattino di Domenica prossima. Ha dovuto ritardarla in conseguenza della partecipa;zione ch'Ella mi fece rela tivamente all'arrivo della Squadra francese. Il Re intende di entrare in Napoli verso le 3 o 4 pomeridiane di Lunedì; non ho potuto farLe prima questa comu

nicazione perchè ero in Firenze mentre ho ricevuto il di Lei dispaccio ed il Re si trovava a San Rossore.

280

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 186. Parigi, 25 aprile 1862, ore 14 (per. ore 15,35).

Veuillez bien garder le secret le plus absolu sur le contenu de la dépéche que vous recevrez demain (1). Je vous donnerai explications par courrier.

281

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI-GAROFOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 233. Madrid, 25 aprile 1862. In anteriori miei rapporti ebbi l'onore d'informare il Ro Ministero sui maneggi del partito ultramontano per dare alla solennità religiosa che deve aver luogo ir. Roma nel maggio prossimo tutto l'apparato d'una dimostrazione politica. Dissi pure che questo Governo non vedeva di buon occhio tali mene mistiche politiche e che procurava coi mezzi che teneva in suo potere di persuadere l'Episcopato del suo dovere di rimanere in Diocesi. Il linguaggio perciò degli organi del Ministero fu contrario al viaggio dei Prelati; il Diario ed il Constitucional scrissero articoli d'un'opposizione dichiarata all'Episcopato sulle velleità di risvegliarsi da quell'obbediente posizione verso il Governo in cui l'aveva posto la rivoluzione, e gli si ricordò il dovere che avevano di rimanere in Diocesi, ed il poco evangelico ·che era lasciare il gregg.e per correre a sontuose feste. Ma tutto d'un tratto veggo comparire negli stessi giornali l'annunzio che il battello a vapore il Berenguer è posto dal Governo a disposizione dei Vescovi che desiderano recarsi in Roma. Pare infatti che gl'intrighi ben diretti da questo Monsignor Nunzio siano giunti al punto da far esigere dalla Regina al Ministero non solo la venia per tutti i Prelati che vorranno recarsi in Roma, ma più ancora

questa dimostrazione Regia di condurli con battello del Governo. Il Ministero O'Donnell, come è noto a V. E., vive per la volontà della Regina, perciò gli

è d'uopo piega~rsi ai suoi desideri in tutto quel che riguarda le questioni che non le considera come interessanti alla politica interna della Spagna. I Vescovi ottenuto questo trionfo accorrono in massa a chiedere il passaggio per Civitavecchia, e si citano già 17 Prelati che anelano di recarsi a Roma. Questi Monsignori sarebbero i rappresentanti ecclesiastici delle singole Provincie di Spagna, notandosi che solo l'Andalusia verrebbe di ciò privata per la poca disposizione del Vescovo di Siviglia ad unirsi in intrighi che non gli pajono religiosi.

Sebbene io non creda che l'andata di questi Vescovi possa avere gran effetto contro le idee nostre nazionali, pure stimo mio dovere d'informarne V. E., lasciando all'alto di lei discernimento d'apprezzarne il vero suo valore.

Il calore che si sviluppò ultimamente od il gusto ben naturale di cambiare il fissato il giorno prima decise S. M. la Regina di recarsi dopo domani in Aranjuez.

(1) Cfr. n. 278.

282

L'INCARICATO D'AFFARI A STOCCOLMA, MWLIORATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 126. Stoccolma, 25 aprile 1862. Col mio dispaccio n. 123 (1) mi era fatto un ~emuroso dovere di portare a conoscenza di V. E. quanto aveami detto Monsignor Studack, intorno alle istruzioni ricevute da Roma, ed a seguito delle quali gli era interdetto di dare l'assoluzione agli impiegati del Rea! Governo; ma pare invece che la cosa non sia in questi termini, e che invece mi colpisce personalmente la misura sovraccennata per aver io senrito il Governo provvisorio dell'Emilia, e per aver preso parte come deputato alla .A:ssemlblea di Bologna il giorno 6 Settembre 1859, allorchè venne dichiarato decaduto di fatto e di dritto in quelle p1rovincie il Governo temporale pontificio. Sono dolentissimo di aver io indotto in errore V. E., riferendoLe la cosa inesattamente; ma di questo errore è colpevole Monsignor Studack, il quale, per un sentimento, forse, di delicatezza verso di me voleva togliere al fatto in questione l'impressione di una odiosità personale, esponendomela qual misura generale. jBen comprendendo la importanza della differenza che passa tra un fatto che colpisce tutt'i Regii Impiegati, ed un fatto quasi personale, reputai mio dovere darne avviso all'E. V. oggi stesso col telegrafo. A semplice norma di V. E., ,cl'edo di non doverLe lasciare ignorare es,sere da quanto ho potuto scoprire lo zelantissimo Abbate Strup, Superiore dei Barnabiti in Torino che, tsecondando gl'intrighi poco cristiani di alcuni miei congiunti, provocò la misura in discorso. Convinto della rettitudine delle mie intenzioni verso la Chiesa e verso lo

Stato non muterò giammai i miei principii non solo; ma ho ripetuto stamane a Monsignor Studack quanto avea al medesimo dichiarato il 18 corrente.

(1) Cfr. n. 267.

283

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI

L. P. CONFIDENZIALE. Torino, 26 aprile 1862. Importando al Governo del Re di mantenere buoni rapporti colle potenze

estere egli deve in conseguenza procedere con molti riguardi e cautele in tutti quegli atti che possono impegnarne la responsabilità in faccia alle medesime

o suscitare diffidenze.

Queste considerazioni però non devono impedirgli di esercitare la legittima sua influenza ogni qualvolta esso lo creda conveniente per dovere di umanità o per altre circostanze speciali.

Io approvo quindi la condotta tenuta dal Reggente il Consolato di S. M. a Smirne verso quei cittadini Greci che per causa degli ultimi avvenimenti dovettero emigrare dalla lor patria, ed autorizzo egualmente la S. V. Ill.ma a farne altrettanto verso quegli altri che emigrando ancora in seguito riparassero in codesta città, avvertendola però ben inteso, di proceder sempre in tali drcostanze con molta cautela e riserva onde evitare qualsiasi inconveniente e non esporre il R. Governo a troppo ingenti spese.

La S. V. Ill.ma ha agito ottimamente ordinando al R. V. Console in Galatz di opporsi alla partenza dei nuovi rifugiati Ungheresi ·che colà si trovano, ed io La prego di volere a questo riguardo attenersi strettamente alle istruzioni già datele altra volta da questo Ministero, e di opporsi sempre a qualunque richiesta di passaggio le venga fatta in avvenire.

284

IL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

(Annesso ·cifrato al) R. 5. Belgrado, 26 aprile 1862.

Avant hier mon Collègue d'Angleterre m'entretenant des affaires de Serbie je lui ai ·répété pour la quatrième fois peut-etr.e: «Mais vous qui ·craignez tant la Serbie pourquoi ne vous inquiétez-vous pas de ce que fait l'Autriche dans les provinces chrétiennes de la Turquie? Elle agite le Monténégro, l'Albanie, l'Erzégovine, la Bosnie, et essaie de faire croire à l'Europe que la Serbie est prete à s'élancer sur la Turquie, tandis qu'elle se prépare elle meme activement et en silence à profiter des éventualités de désordre qu'elle ourdit avec sagacité et persévérance, et qu'elle finira pour faire éclater dans quelque endroit de ces malheureux pays ».

Il me répondit: « Mon Collègue de Bosnie ne me dit rien des intrigues dont vous parlez, •cependant je ne suis pas édifié sur la loyauté politique de l'Autriche, et aussi je me suis cru en devoir d'entretenir mon Gouvernement des soupçons que j'ai conçus ».

L'Autriche dit à la Porte qu'elle est prete à la défendre contre les populations chrétiennes; et à ces populations qu'elle est décidée à les défendre contre le Turquie.

Il est évident que si l'Autriche pense, comme il parait, envoyer en Turquie des Régiments des frontières militaires, le but de son intervention ne peut etre que contre la Turquie car les Croates sont les ennemis naturels des Tures; mais bien autrèment serait la chose si elle envoyait des troupes tirées de l'intérieur. Je crois donc qu'elle joue double jeu et qu'elle tàche de nous tromper. Dans tous les cas si on s'y laisse prendre, ça ne sera pas par ma faute.

De ·tout ce qui précède V. E. ne conclura-t-elle-pas, comme je ne puis m'empecher de le faire, qu'un coup de main de l'Autriche sur les provinces chrétiennes est, au moins dans certaines éventualités, chose, peut-etre, convenue entre Angleterre et le Cabinet de Vienne?

285

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (MRT, Carte Durando, ed. in COLOMBO, 10)

T. s. n. Torino, 27 aprile 1862. J'ai reçu votre dépeche confidentieHe du 24 (1) et votre lettire particulière du 25 (2). Rien à craindre, précautions prises, j'attends communications de Na

ples et je vous écrirai bientot: ma première impression favorable; mais le dennier point compromet tout (3).

286

ISTRUZIONI DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A RIO DE JANEIRO, FE' D'OSTIANI

Torino, 27 aprite 1862.

La S. V. Ill.ma sta per recarsi a rappresentare in qualità d'Incaricato d'Affari il Regno d'Italia presso il Governo Imperiale del Brasile. La cognizione che un soggiorno di alcuni anni le ha pocto mezzo di acquistare degli uomini e .delle cose di quel paese, e la favorevole condizione che risulta per Lei dagli stessi suoi vincoli di famiglia la porranno in grado di rendere particolarmente vantaggiosa agl'interessi Italiani l'opera sua.

Scopo diffatti del commessole incarico debb'essere di coltivare l'amicizia che abbiamo con quell'Impero, di procacciare che l'Italia goda grado di considerazione corrispondente alla presente sua posizione, facendo apprezzare alla giusta loro luce gli eventi della nostra patria, e singolarmente di adoperarsi per quanto è in Lei ad arrivare ad estendere le relazioni commerciali tra i due paesi. I presenti rapporti del Governo del Brasile con quello del Re sono, se non

21 -Documenti diplomatici • Serie I -Vol. h.

intimi, amichevoli. Sarebbe stato impossibile però che la stretta parentela in cui

la Casa Imperiale di Braganza è congiunta coi Borboni di Napoli non vi facesse

sentire con qualche amarezza gli avvenimenti che hanno condotte le provincie

meridionali d'Italia a far .parte dell'Unità Italiana.

Sebbene il tempo abbia già di molto acquetato questi sensi e la Corte del

Brasile non ignori quanti gravi torti avesse la caduta dinastia di Napoli, tuttavia

la S. V. Ill.ma vi scorgerà in tutto ciò che non offenda i diritti e la dignità del

Regno d'Italia, un motivo di prudenti e delicati •riguardi ne' suoi rapporti colla

famiglia Imperiale. Colle persone che la avvicinano, procurerà condursi in modo

da non oscurare suscettività originate da privati onorevoli affetti.

Questo contegno cattivandole la benevolenza della Corte renderà facile e

gradevole la posizione sua, e darà efficacia maggiore ai suoi officii.

Quanto al suo procedere verso il Governo e le Autorità, ed alle sue relazioni cogli uomini politici, la S. V. lll.ma è troppo ben informata delle idee, delle inclinazioni, degli usi del paese perchè mi oc·corra segnarle speciali norme. Ella sa che al Brasile del pari che in tutta l'America Spagnuola e Portoghese regna una qualche .gelosia o diffidenza verso .gli Stranieri e l'amor proprio nazionale non vi renda proprio ben accetti i consigli forestieri anche i migliori. Io non dubito che la S. V. Ill.ma saprà .tener conto di questa circostanza, ed andar temperata e guardinga sia nell'esternare giudizii, sia nel suggerire riforme.

L'Italia non ha verun interesse che le comandi di esercitare aJ. Brasile un'a

zione politica da cui potrebbero forse nascere le difficoltà senza utilità nessuna.

N o i dobbiamo certamente desiderare che i principii costituzionali, la libertà legale ed ordinata vi si mantengano e fioriscano, poichè quanti più sono gli stati retti e· resi prosperi da istituzioni liberali tanto è maggiore la forza che queste acquistano dovunque. Ma i nostri desideri, i nostri voti non potrebbero essere scompagnati mai dal massimo rispetto per l'interna amministrazione degli altri paesi, quindi la S. V. Ill.ma mostrandosi semprecchè ne sia d'uopo affezionata ai principii nazionali e liberali a cui s'informano le istituzioni ed il Governo del Regno Italiano, si asterrà scrupolosamente dal pigliare ingerenza nelle differenze e negli atti di partiti che tengono od aspirano al potere e procurerà mantenersi con tutti in buona armonia per ispirare a tutti simpatia per il nostrG paese e per i nostri connazionali.

Quello che essenzialmente importa al Brasile si è che gl'italiani vi godano efficace protezione nelle loro persone e nei loro averi e vi abbiano facilità per il maneggio dei loro interessi.

Presentemente non esiste fra ii Governo del Brasile e quello del Re veruna grave vertenza.

Io sperava che prima del suo arrivo a Rio Jàneiro sarebbe stata firmata la convenzione consolare che deve regolare secondo le massime vigenti nel mondo civile la condizione dei Regi Sudditi e le facoltà dei nostri Consoli. Ma le ultime notizie giunte da Rio Janeiro accennano a difficoltà e pretese elevate dal Plenipotenziario Brasiliano, e che ritarderebbero la cotanto desiderata conclusione di siffatta stipulazione.

Ove pertanto il Cav. Galateri non riesca, prima di allontalUliTsi dal Brasile, a vincere tali difficoltà ed· a riuscire ad un conveniente accomodamento, sarà

essenziale cura di V. S. di continuare le trattative in~iate dal predecessore di Lei, e coltivando intanto le buone disposizioni di codesto Governo mi informerà senza ritardo del vero stato delle cose per avere le istruzioni che J:e accorressero.

Conchiusa quella Convenzione, Ella invigilerà, Si:gnor Conte, perchè queste stipulazioni sieno fedelmente osservate, ed indtcherà al Governo del Re quelle lacune ed imperfezioni che l'eSI>e:i'ienza chiarisce, ed alle quaJi fosse possibile un opportuno rimedio.

Il rilascio e la vidimazione dei passaporti ha dato luogo in questi ultimi tempi a qualche controversia fra iil Governo Brasiliano e le Legazioni Straniere particoLarmente con quella d'Italia. Il Governo Imperiale prete1:1deva che gli stranieri, oltre al passaporto dato dall'Agente di loro Nazione non potessero partire dal Brasile senza un passaporto dell'Autorità Brasiliana di polizia; voleva che per ottenere questo passaporto presentassero documenti giudiziari che attesta~sero essere ii richiedenti esenti da delitti e penalità, che le pratiche necessarie a questo fine si facessero col mezzo di agenti intermediarii deLle .AJUtorità medesime. Questi incumbenti ·cogli abusi che v~ si aggiungevano, recavano la spesa di un passaporto da: 75 a 90 franchi, e peggio ancora cagionavano disturbi e ritardi non poco dannosi. Pretendeva infine ·Che le Legazioni Estere prestassero cauzione per i debiti dei loro nazionali che intendevano lasciare l'Impero, ed usassero carta boNata del Brasile per i passaporti da essi spediti.

I richiami dei Ministri Esteri, quelli segnatamente fatti con molta fermezza dal predecessore delLa S. V. Ill.ma, hanno già indotto il Governo Brasiliano a più ragionevoli .provvedimenti.

Il passaporto brasiliano, così dichiarasi nella nota del Ministro degli Afbri Esteri di S. M. Imperiale, di cui è qui unita copia, continua ad essere necessario, ma gli stranieri :sono ammessi a fail'e direttamente presso gli Uffici •Competenti tutte le pratiche necessarie per averne la ·Concessione, alla presentazione di documenti giustificativi si supplisce colla pubblicazione del richiedente sui giornali. Le spese insomma per il passaporto Bra,smano si riducono da 18 a 21 franchi. È conservato l'obbligo della garanzia per gl:i individui, ma questa garanzia non si pretende venga data dalla loro Legazione.

Naturalmente la preiesa che i passaporti dati da Legazioni Estere siano in carta bollata, non ero stata mai ammessa.

Rimane ora ad ottenersi la soppressione totale del passaporto Brasiliano per gli Esteri mentre dovrebbe bastare il v.i!sto apposto dane Autorità Brasiliane sui passaporti dati dai rispettivi agenti.

La S. V. Ill.ma vedrà, d'accordo con li suoi Colleghi, di conseguire quest'ultima concessione conforme a quanto si pratica negli Stati di Europa e consigliata d'altronde dall'interesse ben inteso del Brasile poichè gli ·conviene animare colla maggior libertà di ritorno una emigrazione che in tanta scarsità di popo

lazione ed industria è un :bisogno ed un beneficio per quell'Impero.

Al Brasile son troppo radiocate ancora le teorie e le abitudin~ del sistema protettivo, anzi della quasi esclusione del commercio straniero d'importazione, perchè si .possa ·spera.re di vincere in termine più o meno breve le ritrosie che si oppongono ad una convenzione commerciale di cui tutt'ora manchiamo.

La S. V. El.ma però dovrà volgere particolarmente l'animo a questa materia

e cogliere attentamente tutte le occasioni che si presenteranno per far penetrare

idee più rette e più !larghe, preparare hl. terreno ad ogni accordo commerciale

e cercare intanto, ove non ,si possa riuscire a meglio di ottenere parziali favori

per quelle importazioni ed e~ortazioni che fossero più gravate, e che avessero

maggior ~convenienza per il traffico Italiano. ·

Ella dovrà poi esaminare con tutta solerzia quali prodotti del Brasile possano

fare oggetto di esportazione per l'Italia, e quali dall'Italia vi si possano importare

con profitto, designandoli con tutti quei dati di qualità, di forma e di prezzo che

le sarà dato procacciarsi.

L'Italia offre ormai alle produzioni naturali del Brasile un mercato di 25

milioni d'abitanti, ed i prodotti del suo suolo e delle sue industrie sono tali che

estendendosene la cognizione e prO<!acciandosi maggiori facilità doganali credo

potranno alimentare un traffico molto più importante dell'attuale.

Sovra un altro oggetto devo richiamare la sua attenzione. Le emigrazioni

dall'Italia massime dal litorale dell'Italia settentrionale pel Brasile sono cresciute

a notevoli proporzioni. Il numero considerevole di braccianti che in questi ultimi

tempi sonosi avviati al Brasile per lavorare alle strade ferrate specialmente a

quella da Bahia a Foazeiro (Impresa Watson) ha già determinato il Governo del

Re a stabililre a Bahia un Consolato di Carriera, e l'Uffiziale destinatovi non man

cherà certamente di proteggervi quei nostri nazionali.

La S. V. Ill.ma veglierà però eziandio dal canto suo affinchè tanto per quel

punto come negli altri luoghi dell'Impero, gli emigrati italiani siano trattati con

umanità e giustizia, si mantengano ad essi i patti convenuti, e trovino nelle auto

rità locali sollecita assistenza.

Ella si occuperà del pari per ottenere che il trasporto degli emigrati dal

l'Italia si faccia coi dovuti riguardi alla loro vita e alla loro salute, e non si

ripetano i mali che alcune volte si ebbero a lamentare.

Segnerà poi al Governo Brasiliano ed al Governo del Re quegli abusi e quegli

jnconvenienti che succedessero.

Gli uffici Consolari stabiliti a Rio Janeiro ed a Bahia cureranno, ne son persuaso, con diligente impegno le successioni dei Nazionali. A Lei apparterrà, Signor Conte, il prestare ai Consoli nostri presso il Governo e le Autorità l'occorrente appoggio perchè non rimangano infruttuose le loro pratiche.

Operatasi l'annessione delle Provincie Napoletane e Siciliane agli Stati del Re, il cavaliere Galateri non tralasciò di chiedere la consegna degli Archivii Diplomatici e Consolari delle due Sicilie che si trovano in custodia del Sig. Pradoy, già Vice Console Borbonico in Rio Janeiro. Non potè ottenerli, nè a rimuovere la opposizione del Sig. Pradoy, il quale è suddito svizzero, valsero gli ufficii che il Governo del Re invocava dal Governo elvetico. Anzi risulterebbe che quell'agente finì per consegnarli al Ministro di Spagna come avvenne anche in altri Stati.

Sinchè i rapporti nostri con la Spagna, turbatisi appunto per la illegittima intromissione sua in queste questioni di Archivii Borbonici, rimangono in uno stato di quasi interruzione, non potrebbero dalla S. V. Ill.ma introdursi pratiche uffiziali presso la Legazione Spagnuola in Rio Janeiro. Sembra però che ultimamente il Gabinetto di Madrid abbia mandato istruzioni ai suoi agenti di consegnare gli Archivi Napoletani alle Autorità locali e queste in qualche luogo già si aspettavano a rimetterli ai nostri Agenti. È bene che la S. V. Ill.ma sia di ciò informata perchè se anche il Ministro Spagnuolo a Rio Janeiro avesse avuto ordini in tale senso, allora Ella potrebbe facilmente indurre l'Autorità Brasiliana, cui fossero rimessi, fargliene la consegna.

Le raccomando, infine, di tenersi per quanto possibile informata e ragguagliare il Governo del Re delle scoperte ed invenzioni che si facessero nell'Impero e che potessero giovare alla scienza e al commercio.

Procurerà specialmente di avere ragguagli della Commissione Scientifica spedita nel 1839 per esplorare l'interno dell'Impero.

La sua perspicacia ed il suo zelo suppliranno poi a quelle direzioni che le mancassero e che la distanza non permettesse di invocare ed io nutro fiducia che in ogni parte del suo mandato Ella corrisponderà degnamente alla aspettazione del Real Governo.

(1) -Cfr. n. 278. (2) -Con la particolare del 25 (edita in CoLOMBo, 7) il Nigra trasmetteva al Durando la seguente lettera a lui, Nigra, diretta dal Thouvenel (ivi, p. 32 n.): c ~'ai été ce matin aux Tuileries, et j'y ai acquis la certitude que le pian, dont vous a parlé le Docteur Conneau, est encore extremement vague dans l'esprit meme de son auteur. Recommandez donc au général Durando de n'en ouvrir la bouche à personne. La moindre indiscrétion pourrait avoir les conséquences les plus graves. Croyez-moi etc. •. (3) -Notazione marginale del Durando: c Cioè a dire l'applicazione di un sistema misto e parallelo di noi e del papa anche nell'Umbria •.
287

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 190. Parigi, 27 aprile 1862, ore 13,05 (per. ore 15,45). Veuillez bien transmettre au Roi le télégramme suivant: Le Prince Napoléon désire aUer passer quelques jours à Naples pour voir le Roi. L'Empereur y consent; la Princesse Clotilde l'accompagne si le médecin le lui permet; le voyage aurait lieu par mer vers la moitié de Mai. Le Prince Napoléon désire

savoir .si ce voyage est agréable au Roi; il attend une réponse de suite et prie de ne rien dire.

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IL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 15. Belgrado, 29 aprile 1862. Ho l'onore di segnare ricevuta dei dispacci del 3 marzo (Gabinetto) del 12 detto al n. 9 e del 2 aprile corrente al n. 10 Affari in genere. Mi pregio confermare i rapporti del l e del 28 gennajo del 28 marzo ultimi scorsi e 12 andante ai nn.: l, 2, 3 e 4 (Politica) quelli del 16 febbraio 4 e 13 marzo ultimi (Affari in genere) che corretti a senso del lodato dispaccio al n. 9 e dell'art. 104 delle istruzioni consolari, devono portare invece i nn. 11-12 e 13. Confermo anche i rapporti confidenziali delli 16 e 23 febbraio e 21 marzo ultimi scorsi, e del 15 languente ai nn. l, 2, 3 e 4 che a norma delle dette istruzioni ho sostituito i nn. 3, 4, 5 e 6. Non ebbi sin'ora riscontro che del rapporto al n. 11 Affari in genere, epperciò

prego l' E. V. a voler avere la degnazione d'indicarmi, per mia quiete, se gli altri Le sono pervenuti.

Deggio anche confermare altro rapporto politico (in cifra) al n. 5 in data delli 26 scadente, e finalmente due rapporti 13 marzo e l aprile ai nn. 9 e 10 (contabilità) e sul contenuto di quello al n. 9 riguardante l'aumento dell'assegnamento locale di questo posto prego rispettosamente l'E. V. a permettermi di aggiungere che il posto di Belgrado è in tutto eguale a quello di Bukarest. Belgrado è la Capitale d'un Principato quasi indipendente come lo è Bukarest; qui risiede come a Bukarest una Corte -che tiene il rango di Corte Sovrana, ed i Rappresentanti Esteri sono obbligati a mantenere un decoro, una rappresentanza eguale a quella che sostengono in Bukarest, e pertanto assai più dispendiosa che negli altri Consolati; qui il vivere è sotto ogni rapporto tanto caro quanto lo è nella Capitale Moldo-Valacca e forse gli alloggi lo sono assai più, ed aumentano tutti i giorni a causa della deficienza di ·buone case; qui come a Bukarest i Consoli non possono esimersi, senza sfregio pel loro decoro e per quello specialmente del Governo che rappresentano, di avere carrozza, cavalli e livree. In Belgrado non v'è che il Console d'Italia che si serve d'una vettura d'affitto. Eppure il Consolato di S. M. in Bukarest ha, se non erro, 20 mila franchi d'assegnamento mentre questo di Belgrado non ne ha che 11 mille. Queste ragioni e quelle ch'ebbi l'onore di sviluppare nel mio rapporto al n. 7 delli 31 decembre ultimo passato (Contabilità) che già furono riconosciute e !Prese in considerazione dall'Illustre Predecessore di V. E. come risulta dal Dispaccio delli 27 febbraio ultimo al n. 97 (Bilancio) unite ad altre di R. Servizio che credo inutile di menzionare perchè l'E. V. può di leggieri formarsene un criterio conoscendo l'importanza di questo posto, scuseranno, io oso sperarlo, l'umile mia insistenza affinchè venga soddisfatto pel momento nel modo che si può migliore, all'urgente necessità in cui mi trovo, salvo a provvedervi poi durevolmente, come lo aveva disposto S. E. il Barone Ricasoli.

La domenica delle Palme Belgrado festeggiò l'anniversario della Rivoluzione di Milosh Obrenovitch contro la Turchia (1815), il quale, dopo il ritorno del Principe Obrenovitch (1859) viene solennizzato qual festa nazionale: la città era illuminata ed il Liceo lo era più splendidamente d'ogni altro edifizio; lo ador

navano diversi trasparenti allusivi alla storia del passato ed alle aspirazioni di questo popolo: allusioni che non erano punto lusinghiere per i Turchi. Verso mezzanotte gli allievi del Liceo, accompagnati dai loro professori, e dalla banda percorrendo le vie della città giunsero davanti al Consolato Generale di Russia e lo ~Salutarono colle grida di Viva l'Imperatore Alessandro, ma quando· furono dirimpetto a questo R. Consolato si fermarono, la banda suonò un'aria nazionale e poscia tutti ad una voce proruppero in entusiastici e ripetuti evviva all'Italia, a Vittorio Emanuele, a Garibaldi, al Console Italiano; vedendo ch'io non mi mostravo quei buoni giovani si ritirarono continuando tranquillamente la loro passeggiata al suono della musica. Sebbene io abbia inviato a suo tempo a codesto Ministero la traduzione di tutte le leggi emanate dalla Skuptscina e così anche quella sulla Guardia Nazionale pure credo non dispiacerà a V. E. che rinnovi all'E. V. i seguenti ragguagli sulla medesima: Totale uomini . 50.456 id.

La milizia attiva consta di 62 battaglioni d'infanteria 45.844 uomini » 26 squadroni di cavalleria 2.467 id. » 6 Batterie d'artiglieria con 1.200 id. » Zappatori (Pionniers) 945 id.

Il tutto diviso in 17 Legioni con 5 comanàanti superiorì. E la milizia di riserva conta 50 mila uomini.

È giunta in questa città la notizia d'una vittoria riportata a Belepole dai Wassoyevich sopra i Turchi che procedenti da Novi Bazar (antica Serbia) pare si dirigessero verso il Montenegro. Le perdite toccate ai Turchi si fanno as,cendere a 2 mila uomini, 4 cannoni e molte munizioni sarebbero rimaste in potere dei vincitori. A me pare esagerato il numero dei morti. Si dice anche che il Capo dei Miriditi cristiani si mostri ostile alla Turchia, ma tutte queste notizie hanno bisogno di conferma.

Il R. Ministro a Costantinopoli avrà, spero, trasmesso a V. E. la traduzione d'una legge che organizza il Governo Centrale di questo Principato, che a tal fine io gli ho inviata. La legge è importante. Essa riforma il Ministero. Crea un Presidente de'· Ministri, e stabilisce la risponsabilità dei Ministri dirimpetto al Principe ed al Consiglio di Stato o Senato; si riserva però di determinare questa responsabilità con altra legge.

Come si vede il Principe ed il suo Governo si occupano con intelligenza e sollerzia a far progredire il paese.

La Compagnia Franco-Serba per l'escavazione delle miniere di carbon fossile di Dobra, ~ di quelle di ferro di Maidampek, e pella navigazione del Danubio, che si trovava incagliata per deficienza di fondi, è attualmente in trattative con dei Capitalisti inglesi allo scopo d'interessarli nella società per una somma di circa cinque milioni di franchi.

Quando il contratto sarà stipulato, ed io credo che lo sarà fra pochi giorni, mi farò premura di dimostrare all'E. V. i vantaggi economici e politici che potranno ridondarne alla Servia, fra quali vi sarebbe anche quello di potersi procurare dalla fonderia di Maidampek dei projettili e fors'anco delle canne da fucile e la società potrà fare una seria concorrenza alla navigazione Danubiana Austriaca. Il più difficile a risolvere sarà la quistione della bandiera perchè ognuno pretenderà d'inalberare sui battelli della società quella della propria nazione, e quantunque 'i battelli della Compagnia Franco-Serba abbiano avuta sin ora la bandiera francese, io credo che finiranno per coprirli colla bandiera serba.

Se si riesce, come pare, a stabilire la nuova società avremo a Belgrado dei buoni battelli a vapore che saranno in relazione con quelli d'una nuova linea inglese che dall'Inghilterra giungerà sino a Galatz di modo che da questo scalo si potrà viaggiare sin dove la Sava è navigabile con battelli Serbi.

Se le mie informazioni sono esatte pare che spiaccia aWinghilterra, all'Austria ed alla Turchia che a Ministro della Guerra vi sia un suddito ed ufficiale superiore dell'esercito francese (il T. Colonnello Mondain) e si crede che qualche osservazione sia stata fatta a questo proposito dal Console Generale inglese a

S. A. il Principe Michele ma senza efficacia.

Si pretende che il gerente di questo Consolato austriaco abbia ricevuto dal suo Governo l'ordine di appoggiare tutte le riclamazioni o proteste che potrà fare il Console inglese al Governo serbo.

Mi consta che S. A. il Principe che sin ora s'intitola Michele Obrenovich III Principe di Servia non tarderà a cambiare questa formula colla seguente

Michele Obrenovich III per la grazia di Dio, e per volontà della Nazione Principe di Servia. Sarebbe questa una risposta alle continue proteste e minaccie che gli fanno

le tre potenze, ora per la Guardia Nazionale, or con altri pretesti? La cosa non mi pare improbabile; appena sarà firmato questo Decreto ritornerò sull'argomento.

289

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI (Trad. italiana in Episodi, p. 286)

T. CIFRATO RISERVATISSIMO S. n. Torino, 30 aprile 1862, senza ora.

Déchifirez vous seul. Je ne connais point Bensa ni sa mission. Vous devez la désavouer formellement, mais sans publicité, car il a hautes relations peutetre.

290

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI

D. 192. Torino, 30 aprile 1862. Ho ricevuto i suoi dispacci del N. (1) corrente n. IV confidenziale e n. 79

S. Pol. La ringrazio delle interessanti notizie favoritemi intorno alla recrudescenza del fanatismo ~eligioso in codesto Impero, E' la prego di continuarmi le sue osservazioni su quest'oggetto che potrebbe avere gravi conseguenze per la politica Europea e per le condizioni dei Cristiani d'Oriente.

Sarò tenuto alla cortesia della S. V. Ill.ma se vorrà procurarmi una fede autentica di decesso del fu Giovanni Battista Caudana, nativo di Carignano (Torino), di professione orologiere, morto in codesta città il 12 o 13 marzo ultimo scorso.

Il Console di S. M. in Belgrado mi ha mandato copia di vari documenti, dai quali scorgesi il corso avuto dalle pratiche riflettenti la quistione delle Capitolazioni.

Il verbale delle discussioni fattesi dal Corpo Consolare a Belgrado mi dimostra che il signor Scovasso ha sempre opinato per la parte più larga e la più durevole all'esercizio del diritto comune in Serbia.

E certamente non ho motivo di biasimare questo suo contegno conforme ai principi liberali che sono da noi professati e praticati ed alle simpatie nostre per quel Paese il quale sembra volersi sodamente e risolutamente mettere al paro dei popoli civili in Europa.

Io temo però che in pratica non siansi fatti ancora bastanti progressi e bastantemente radicati gli usi della civiltà perchè si possa senza pericolo largheggiare in concessioni che tolgano agli stranieri quella particolare protezione che loro viene assicurata coi privilegi stipulati nelle capitolazioni.

Una parte di questi privilegi quella che riflette, per esempio, il culto, e le tasse industnali e municipali può forse essere abbandonata senza nocive conseguenze.

Ma quanto ai giudizi sì civili che criminali dubito assai che i magistrati della Serbia offrano bastanti guarentigie di sapere, d'imparzialità e d'indipendenza per mettere in loro mani la parte degli stranieri.

Potrebbe poi per avventura nascere un inconveniente indiretto ma grave, cioè che accettandosi il diritto comune in Serbia le potenze Europee non possano decentemente esimersi dal fare eguale concessione alla Turchia.

Prego pertanto la S. V. I11.ma di ben esaminare questa materia e veder sino a qual punto si possa andare nella rinuncia alle capitolazioni.

Ad ogni modo poi la cosa vuoi essere decisa dai rappresentanti delle potenze garanti in Costantinopoli ed io scrivo in questo senso al Console di S. M. in Belgrado.

(1) Sic, ma evidentemente sta per 16: infatti i dispacci n. IV confidenziale e n. 79 S. PoJ. sono del 16 aprile.

291

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in COLOMBO, 11)

L. P. RISERVATISSIMA. Torino, 30 aprile 1862.

Ho esaminato con particolare attenzione l'importantissima comunicazione che Ella mi fece colla sua riservata del 24 c01rr. (1) e per telegramma (2) le feci inten~ dere come la prima impressione fosse stata favorevole, tranne la clausola della retrocessione dei paesi !Situati tra il versante occidentale dell'Appennino e le frontiere attuali pontificie. Inutile dirle le somme e forse insuperabili difficoltà che si avrebbero da vincere per sostenere davanti al Parlamento il cambio nelle condizioni civili e municipali di quelle popolazioni, le quali sommano a poco meno di 400 m. abitanti. Quanto alle speciali ed eccezionali condizioni che reggerebbero i cittadini dell'attuale Stato Pontificio la cosa è meno difficile. Ne sorgerà certamente un reggimento ibrido, strano, e che a prima vista sembra un vero imbroglio e d'impossibile esecuzione. Ma io sono avvezzo a vedere ben altri imbrogli di questo genere in Oriente, dove funzionano sette od otto legislazioni parallele o intersecate tra loro, per disperare affatto che si possano applicare almeno per un certo spazio di tempo. Ma non è possibile veramente farsi un giudizio esatto, se il progetto non è meglio particolarizzato, specialmente per ciò che riflette la finanza e l'esercito.

Aggiunga anche che simile progetto ha qualche analogia con uno studio che io aveva preparato su questa materia prima ancora che fossi chiamato al Ministero. Io ammetteva una specie di neutralitd interna ed estera di una parte soltanto degli Stati attuali della Chiesa, certi diritti amministrativi cl,i polizia, di nomine municipali, ecc. ecc. Da lasciarsi al Papa bandiera, guardia speciale, sussidio alla Corte di Roma, proporzionatamente alle popolazioni cattoliche, monete, ammetteva anche un foro speciale nel Collegio Cardinalizio, 12 Cardinali Senatori, veto del Papa su certe leggi, come sarebbe quella della libertà della stampa ed altre disposizioni di questo genere. Ma non solamente non ammetteva che tale condizione eccezionale di cose si estendesse fino all'Appennino, ma l'avrei ristretto alla riva destra del Tevere sino e inchiuso Civitavecchia. Più, non avrei dissentito di lasciare al Papa la scelta d'un territorio limitato insolare o continentale in cui si fossero tenuti i Conclavi, o come residenza straordinaria del Papa in tempo di perturbazioni o di guerra. Questo territorio naturalmente non mutava nulla nelle sue condizioni di perfetta dipendenza dall'Italia, ma si sarebbero prese certe provvidenze, onde in ogni qualunque eventualità la Chiesa vi trovasse un sicuro ricovero per la sua ·indipendenza materiale e morale. Ella vede adunque da ciò che io ho accolto assai di buon occhio questo progetto che mi ha comunicato, salvo a meglio apprezzarlo quando lo vegga formulato in un modo più determinato.

Non l'ho comunicato che a Rattazzi, e prendo le più minute precauzioni affinchè non trapeli in verun modo. Aspetto sue lettere. Sarà bene che Ella mi scriva se il Principe Napoleone, che l'anno scorso aveva fatto un progetto che aveva qualche analogia con questo, sia al corrente di queste iniziative. Così il Rattazzi saprà regolarsi con lui a Napoli.

Sono instato da persone Ecclesiastiche di certa importanza di provocare, o tollerare qualche dimostrazione o dichiarazione solenne del Clero Episcopale (se si potesse) o almeno del clero inferiore contro la dichiarazione della necessità del poter temporale che si sta preparando a Roma, in occasione del nuovo pseudo Concilio colà convocato. Per vero io vorrei riservate coteste agitazioni del clero pel caso assolutamente disperato in cui la questione di Roma non facesse alcun passo e nel momento che veggo probabilità fondata di venir a capo, o almeno ben avviare questa soluzione, parmi una misura che abbia i suoi gravi inconvenienti, quindi mi sono riservato di pensarci sopra, e non far nulla, per ora. Ma se Ella, discorrendone costà accademicamente col Signor Thouvenel, travedesse che una dichiarazione di questa fatta, proclamata con certa pubblicità e certe forme solenni, potesse servilre i disegni del Gabinetto Francese, me lo faccia sapere, ed allora, ma allora soltanto continuerei queste pratiche ora sospese.

Gli affari vanno qui discretamente. L'andata del Re a Napoli produrrà buoni frutti. Faccia i miei cordiali saluti a Thouvenel di cui ho ricevuto una cortese lettera, piena di quei sentimenti amichevoli per noi che sempre gli ho conosciuto. Non gli scrivo per ora direttamente, ma occorrendo lo farò benchè valendomi del di lei intermediario non ne vegga la necessità. Dica a La Valette che seguo con grande ansietà le sue grandi battaglie diplomatiche, e che lo ringrazio in nome dell'Italia dei bocconi amari che deve trangugiare a Roma per la nostra causa.

(1) -Cfr. n. 278. (2) -Cfr. n. 285.
292

IL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (1)

T. CIFRATO S. n. Pera, 30 aprile 1862, ore 9,45 (per. ore 14,40).

Tout ce qui suit pour vous seul.

Bensa parait avoir mission secrète dont il :fait peu de contenu. Il me revient de bonne source que la Grèce a répondu de non. Progrès des relations avec Servie et les Pricipautés dirigés contre Turquie. Bensa parait... aide. Son grade excite. Quelle contenance dois-je tenir avec lui et si j'étais interpellé par Aali-Pacha?

293

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, DELLA MINERVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 198. Lisbona, 30 ap1·ile 1862, m·e 18 (per. ore 24).

Hier S. M. dans la réponse à l'adresse des Chambres a annoncé son prochain mariage. Quoique je n'aie aucune donnée officielle je puis dire à V. E. qu'il s'agit de la Princesse de Savoie. Le Roi, le Président du Conseil et plusieurs de la Cour avaient des décorations italiennes.

294

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 395. Berlino, 30 aprile 1862.

A peine convalescent d'une gastrite qui m'a tenu alité durant une quinzaine de jours, je reprends ma correspondance interrompue depuis le 8 Avril.

Le 28 courant ont eu lieu en Prusse les élections primaires destinées à former les collèges électoraux qui auront à choisir les membres de la nouvelle Chambre des représentans. Ainsi qu'il était à prévoir, le parti progressiste et libéral a eu gain de cause. A Berlin surtout la défaite du parti Ministériel et féodal a été éclatante. Et cependant ici comme dans les Provinces, le Gouvernement n'avait négligé aucuns moyens pour influencer Ies élections. Ses agens officieux veulent maintenant faire croire qu'un semblable résultat est du à une surprise, et qu'on ne saurait l'envisager comme €tant l'expression de l'opinion publique!

Quoiqu'il en .soit, la future Chambre des députés qui sortira, le 6 Mai, des élections au deuxième degré sera, dans sa grande majorité, anti-ministérielle.

Le Cabinet actuel présente le meme défaut d'homogénéité que son prédecesseur. Le Comte de Bernstorff, le Général de Roon se prononceraient déjà pour une nouvellè dissolution, et ne reculeraient meme pas devant un coup d'Etat (la révision de la loi électorale); tandis que M. Von der Heydt et quelques uns de ses collègues conseilleraient de chercher à gouverner avec la représentation nationaie moyennant toutes les concessions compatibles avec les droits de la couronne. Espérons que le parti de la modération triomphera; car le Roi s'exposerait Lui et sa dynastie aux plus graves dangers, s'il voulait s'obstiner dans •sa résistance aux aspirations du pays.

Quant à nous, nous ne pouvons que nous féliciter de la perspective d'une Chambre libérale, favorable aux idées nationales. Elle sera nécessairement antiAutrichienne, et partant elle reproduira la motion pour la reconnaissance du Royaume d'Italie. Lors meme que ses vceux ne seraient pas immédiatement accueillis, du moins le Cabinet de Berlin aurait-il une preuve de plus que les sympathies de la nation sont de notre còté; et qu'il doit nous tendre la main s'il veut gagner les suffrages du peuple Prussien. D'ailleurs ayant prédit au Comte de Bernstorff qu'il ne tarderait pas à s'apercevoir combien il avait tort de s'appuyer sur le parti rétrograde, d'ajourner la reconnaissance, je ne suis pas fàché que les événemens viennent donner raison à mes prévisions.

Nos chances ont donc monté. Et qui plus èst les rapports entre l'Autriche et la Prusse sont empreints d'une certaine froideur, en suite des intrigues du Cabinet de Vienne pour faire avorter le traité de commerce récemment conclu entre la France et la Prusse agissant au nom du Zollverein. De plus, le Comte de Rechberg, d'accord avec le camp Wiirtzbourgeois, s'occupe sérieusement de projets de réformes fédérales. On a ici les yeux ouverts sur ces menées de l'Autriche, et on ne cache pas son mécontentement.

Selon la logique et le bon sens, je ne peux que répéter que nos actions montent; mais je dois faire des réserves en présence d'un Gouvernement, comme celui-ci, frappé d'aveuglement et agissant au rebours de ses propres intérets.

(1) Questo telegramma è così tradotto in Episodi, pp. 285-286: • È qui Bensa, segretarioparticolare del Re, o sedicente tale. Sembra avere una missione segreta della quale non fa mistero. Sono informato da buona fonte che i Greci rifiutano le sue proposte. Ora tenta mettere sin la Serbia ed i Principati Danubiani contro la Turchia promettendo aiuti. La sua qualità eccita stupore. Quale contegno debbo tenere se fossi interrogato dal Governo Turco intorno all'azione del Bensa? •. ·

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IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 59. Atene, l maggio 1862. Da persona che go~e pienissimamente la fiducia del Re sono a•ssicurato che fra pochi giorni i presenti ministri saranno licenziati, o per dirla con più garbo, le loro rinunzie verranno accettate. A capo del Ministero nuovo starà il Tricoupì, rappresentante del Re a Londra, uomo degnissimo e di fama integra; ma è molto avanti negli anni e travagliato di gotta. Pure nella scarsezza in cui è il paese di liberali e probi amministratori e politici, la scelta è buona. Io me ne rallegravo con la persona che compiacevasi d'istruirmene e gli chiedevo il perchè non avesse il Re serbato al Tricoupi il vantaggio di promettere la prossima istituzione della Guardia Nazionale. Rispose che i Ministri attuali in compenso di avere salvato

il trono ed esposto se medesimi a seri pericoli esigevano da S. M. di potersi un poco reintegrare nella opinione pubblica con qualche atto al popolo molto gra

dito. E l'uno era promettere la Guardia Nazionale, giusta le norme seguite in Italia ed in Belgio; l'altro era un'amnistia generale, o con assai poche eccezioni, per tutti gl'incarcerati ed i compromessi fuori di Nauplia. Queste sono le ragioni apparenti; le più vere, credo, e più intrinseche sono che il Re si separa troppo mal volentieri da gente che stima legata ai suoi interessi e docile insieme alle sue volontà. Dura e forse durerà sempre questo conflitto; da un lato, la opinione liberale fieramente avversa al presente sistema politico e ormai disaffezionata alla persona del principe. Dall'altro, una pervicacia tedesca, un sentimento esagerato dell'autorità regia, un ingegno così poco atto ai lafjghi e animosi concetti, come destro nei piccioli scaltrimenti, nel temporeggiare ed illudere. Talvolta il Re sembra persuasissimo della necessità di mutare sostanzialmente il suo modo di governo; talaltra torna a confidare nelle sue arti da cui reputa di avere sempre cavato il mezzo di sventare le speranze e i disegni dell'opposizione e per cui annovera già trent'anni di regno. Sopra tutto, lo inquieta il pensiero che forse non è più a tempo di conciliarsi con la parte liberale e recitar con successo la parte di affrancatore della nazione greca nelle provincie ottomane, quando anche la fortuna glie ne porgesse il destro.

Ma come ciò sia, una cosa rimane certa e cioè che s'egli per via di fatti chiari e importanti non dà 'pegno sicuro di voler rispettare, da quindi innanzi, la Costituzione, rispettare ogni libertà, fare che la elezione dei deputati riesca sincera e metter fine al suo personale e continuo ingerimento, la Grecia durerà nelle intestine discordie, le prigioni saranno piene, le congiure ripulluleranno e la influenza egemonica di questo popolo sopra l'Oriente verrà quasi al nulla con vantaggio grande dell'elemento slavo ognora più ingagliardito e disciplinato dalla Russia abilissima ed infaticabile.

Intanto, la Corte, i Ministri ed i loro adepti si adoperano assiduamente a far credere che si pensa più che mai alla Grande Idea e si lavora con buon successo a mettere in fiamme l'Oriente. Sopra di che io già scrivevo a V. E. nel mio dispaccio Confidenziale del 17 aprile 1862 (1). Giungono, persino, a dire che i due re di Grecia e di Italia, che Garilbaldi e il nostro .Ministero procedono perfettamente d'accordo; e però viaggiano hinc inde emissari, succedono abboccamenti misteriosi, si pigliano appunti e concerti ognora più stretti e più concludenti. A questo fascio di notizie confuse e a dir così indigeste che l'uno versa con mistero nell'orecchio dell'altro, à dato un qualche valore ed un qualche credito la comparsa qui in Atene di certo viaggiatore italiano, partito da Torino, sfornito di titoli veramente ufficiali ma tuttavia in condizione (per ciò che afferma) di poter conoscere molti segreti e incaricato d'alcuna commissione politica sulle rive del Danubio (2). Fra i discorsi ch'egli à fatti e tra l'essere stato ricevuto privatamente dal Re Ottone e tra, infine, l'interesse che ànno qui molti di dar corpo alle ombre e creare una diversione gagliarda ai pensieri e ai disegni degli opponenti è sorta tutta una mole di notizie, di aspettazioni, di promesse e di giudici, la quale, per ciò che io conosco, à poco o nessun fondamento, ma che à bastato per mettere in apprensione la Legazione Ottomana e la Legazione

Inglese che è inclinatissima a credere a simile sorta d'intrighi e macchinazioni, siccome se ne à prova recente dal dispaccio comunicato per telegrafo a V. E. (1).

Il peggio è che questo governo, mentre alimenta simili ciance, trascura la parte che gli compete. Dacchè credo di potere accertare V. E. 1che le sue relazioni col Montenegro, i Serviani e l'altre provincie della Turchia Europea non sono nè molto strette, nè cotidiane, nè attive com'esser dovrebbero.

Il giomale Le Précurseur à pubblicato il testo dei Protocollo dettato e sottoscritto dai diecinove esclusi dall'amnistia. Essi ànno chiesto non già un legno da guerra inglese, ,com'io scrivevo per errore a V. E., ma un legno qualunque delle tre potenze protettrici. Ciò non ostante, rimane vero che salvo i tre ufficiali tratti dalle prigioni di Nauplia e accusati di aver tradito gl'insorti, gli altri rifuggiti sonosi tutti recati a bordo della nave inglese il Pelicano in numero di 214, lasciando deserta la nave francese.

Unisco a questo dispaccio un articolo in cifra (2).

(1) -Cfr. n. 260. (2) -Si allude alla missione Bensa.
296

IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 210. (Annesso al R. 59). Atene, l maggio 1862.

Les 200 émigrés de Nauplia réunis à Smyrne se proposent de ,tenter avec les patriotes de cette ville un débarquement sur les cotes du Royaume. Si ce projet ne peut pas etre mis en exécution ils veulent tous aUer en Italie et demander au Gouvemement du Roi qu'une Légion Grecque soit formée sur le modèle de l'Hongroise. La nuit précédente la reddition de Nauplia a [sic] tenté sans effet une révolte à Athènes; un très grand nombre de personnes en était complice; le Gouvernement Grec n'en a pas encore le fil en sa main.

297

VITTORIO EMANUELE II A NAPOLEONE III (Ed. in Gazzetta Ufficiale, Torino, 5 maggio 1862, n. 107) (3)

T. Napoli, 3 maggio 1862, ore 13,30.

Ho visitato in questo momento la flotta che avete voluto mandarmi in questo porto. Quest'atto di benevolenza da parte vostra per la mia persona e di simpatia per la causa italiana, mi ha vivamente commosso e ve ne ringrazio.

È molto tempo, Sire, che non ho provato tante emozioni quante in questo giorno. L'ordine che regna in queste Provincie Meridionali e le calde testimo

Napoli, 3 maggio, ore 11,45.

S. M. in questo momento è a bordo della Bretagne, Vascello ammiraglio della squadrafrancese. Mentre passava la lancia reale in mezzo ai legni francesi, inglesi ed italiani, la

M. S. fu salutata da una triplice salva di oltre due mila colpi di cannoni.

nianze d'affetto che io ricevo da ogni parte rispondono vittoriosamente alle calunnie dei nostri nemici e convinceranno, spero, l'Europa che l'idea dell'Unità d'Italia riposa sovra salde basi ed è profondamente scolpita nel cuore di tutti gli Italiani.

Gradite, Sire, i sensi della mia sincera ed inalterabile amicizia.

(1) -Notazione marginale del Durando: • Raccomandare assoluta diffidenza per questiavventurieri •. (2) -Cfr. il numero seguente.

(3) Nella Gazzetta Ufficiale questo brano è preceduto dal seguente:

298

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (AST, Legazione Francoforte, cart. 5)

R. 23. Francoforte, 3 maggio 1862. J'ai trouvé avant hier à mon retour à Francfort !es deux dépeches que

V. E. a bien voulu m'adresser sous la date du 25 et du 26 avril dernier (1), et je me suis empressé de donner cours aux différentes affaires dont il y était fait mention.

La Diète a inauguré la reprLse de ses travaux par une déclaration relative aux affaires des Duchés Allemands, portant que la question du Schlesswig était connexe à celle du Holstein, et que les décisions qu'elle pourrait prendre vis-à-vis du Schlesswig obligeaient la Couronne de Danemark non pas comme puissance étrangère mais comme conjédérée.

La haute Assemblée ne pouvait exprimer en termes plus clairs son intention formelle de maintenir sa jurisdiction supreme sur le Schlesswig dans ses rapports avec le Danemark, et l'obligation, qui en dérive pour ce dernier, d'obéir aux décisions fédérales. Aussi, l'Envoyé Danois s'est-il immédiatement levé pour protester contre une pareille manière de voir qu'il a déclaré porter atteinte aux droits de son Souverain. Les choses en sont restées là: mais ce qui ne contribuera pas peu à soutenir le Danemark dans sa lutte avec la Diète, c'est que le Gouvernement Anglais dont l'intéret est de ne pas laisser amoindrir la puissance Danoise au profit de l'Allemagne vient de faire savoir par son Envoyé ici que dans son opinion la question du Holstein était complètement séparée de celle du Schlesswig, et que le seul droit que pouvait s'arroger la Diète, aux termes des stipulations du protocòle de Londres de 1852, était d'énumérer, en les spécifiant, les torts du Danemark vis-à-vis du Schlesswig sans que pour cela le Danemark fut obligé de répondre à cette demande d'explications autrement qu'il ne le ferait avec toute autre puissance étrangère. L'Envoyé Anglais n'a pas été, il est vrai, chargé de notifier officiellement cette manière d'envisager la question de son Gouvernement, mais en la faisant connaitre officieusement au Président de la Diète, l'effet doit en etre le meme.

Ainsi que l'on s'y attendait, et à l'immense satisfaction de toute l'Allemagne, les élections en Prusse ont donné entièrement raison au parti libéral-progressiste, et la défaite des féodaux est tellement complète que leurs organes habituels ne cherchent meme pas à l'expliquer. Après une manifestation aussi éclatante des

vceux et des aspirations du pays, l'on serait en droit de croire que la première concession à faire au parti libéral par un Gouvernement devenu tellement impopulaire serait de reconnaitre immédiatement le Royaume d'Italie. Mr. de Bernstorff, dans le principe si opposé à la reconnaissance, cn sent aujourd'hui l'absolue nécessité, et l'aurait fortement conseillée; mais par un déplorable aveuglement le Roi, les Plrinces, la Cour et l'entourage militaire de S. M. y sorit plus que jamais contraires .et c'est, m'assure-t-on, d'après les ·conseils partant de ce groupe d'individualités croyant pouvoir braver impunément l'opinion de tout le pays, que Mr. Brassier de St. Simon aurait été invité à prendre un congé au moment où le Roi, N.A.S., se rendait à Naples.

L'Autriche se prévalant de l'immense influence qu'elle exerce sur les Etats secondaires continue à faire une opposition des plus actives au traité de commerce entre la Prusse et la France. C'est surtout en se plaçant au point de vue fédéral que l'Autriche cherche à combattre une convention commerciale contractée en dehors de son action et dans laquelle elle croit apercevoir le prélude d'une alliance politique. Ces considérations peuvent avoir du vrai, mais ce qui préoccupe le plus le Cabinet de Vienne et ce dont il se garde bien de parler, c'est que l'adhésion des Etats secondaires au traité franco-prussien doit nécessairement avoir pour conséquence de piacer l'Autriche dans un état d'isolement aussi nuisible à ses intérets commerciaux qu'à son influence politique.

(1) Mancano.

299

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, DELLA MINERVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 49. Lisbona, 3 maggio 1862.

Riferendomi al mio telegramma in data del 30 aprile (1), ho l'onore di qui unire il testo dei due discorsi pronunziati da S. M. il Re D. Luigi (2) in risposta agli indirizzi delle Deputazioni della Camera dei Pari e di quella dei Deputati.

Le due Camere onde attestare al Re la pubblica contentezza pel felice annunzio hanno deliberato di inviare a S. M. una deputazione per felicitarla.

Sebbene nei discorsi di S. M. non sia fatta alcuna allusione alla Principessa che sarà chiamata al trono di Portogallo, tuttavia le mie informazioni e molti indizi mi confermano su quanto ebbi l'onore d'indicare a V. E. Fra gli indizi il maggiore è il dispetto e il grido di tutto il partito clericale e reazionario che sebbene piccolo in numero non lascia di far gran chiasso contro tutto ciò che appartiene all'Italia. La stessa Legazione d'Austria non mancò di esprimere il suo dispiacere per la fallita speranza che il Re potesse sposare l'Arciduchessa figlia dell'Arciduca Alberto.

Fin qui però si procura di conservare il segreto e lo stesso Giornale del Commercio d'oggi che ha sempre mostrato moltissima simpatia per l'Italia ed ora sostiene l'attuai Ministero dice che non si può affermare quale sarà la Principessa fino a che saranno pendenti le negoziazioni.

I dibattimenti intorno alla legge sulle Corporazioni religiose non sono ancora cominciati. È da prevedersi che saranno molto animati poichè la reazione insieme colle varie frazioni del partito liberale che si sono unite per combattere il Ministero faranno ogni sforzo per far trionfare il progetto della Commissione diverso da quello del Governo. Nel progetto della Commissione si stabilisce che sono proibiti tutti gli ordini e Corporazioni religiose che ubbidiscono a Superiori fuori Stato. Il partito liberale ministeriale ne trae contro ciò la conseguenza che saranno permessi tutti gli ordini e Congregazioni religiose che ubbidiranno al Prelato ordinario. Stabilito questo sarà facile illudere la legge introducendo Ordini e Congregazioni che abbiano una obbedienza se non altro apparente e nominale a Superiori stabiliti nello Stato. La questione stando in questi termini e molti avendo fatto acquisto di beni di Conventi già soppressi, sul timore che questi coll'andare del tempo non si stabiliscano di nuovo, non sarà difficile che il Ministero possa trionfare su questa legge.

Le apparenze però sono assai più dubbiose sul risultato delle leggi di finanza presentate dal nuovo Ministro signOtr Lobo d'Avila, alcune delle quali portano un aumento sul contributo prediale, altre una diminuzione riguardo ad alcuni generi dì consumo. Alcuni d~sordini succeduti nel Minho contro l'esazione dei tributi diedero occasione ad alcune interpellanze le quali non presagiscono molto in favore dei progetti ministeriali.

In riscontro al dispaccio di V. E. del 21 aprile (1), mi affretto a trasmettere sotto fascia a parte i due Regolamenti della Camera dei Pari e dei Deputati. Ve ne sono due esemplari: uno ant1co, l'altro moderno, ma ora si è ritornati all'antico meno alcune disposizioni posteriori che non furono codificate. Nel regolamento antico all'art. 31 v'è la disposizione che sono vietati i discorsi scritti. Questa disposizione io mi era già permesso di far osservare a codesto Ministero col mio dispaccio 16 febbraio 1861 n. 5 con cui già annunciava l'invio di un esemplare dello stesso Regolamento all'occasione della prima riunione della Camera dei Deputati del Regno d'Italia.

(1) -Cfr. n. 293. (2) -Non pubblicati.
300

IL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CIFRATO 6. Belgrado, 3 maggio 1862. Les journaux depuis que1ques tems ont annoncé que la forteresse de Belgrade avait été approvisionnée d'une manière extraordinaire. Je ne me suis pas occupé de démentir cette nouvelle que, comme tant d'autres, n'avait encore rien de bien positif, car les approvisionnements pouvaient etre dirigés sur quelque autre place

Turque du Danube. Aussitòt que quelque chose d'important arrive je m'empresse d'en informer

V. E., crur je me trouve à meme de pouvoir donner !es nouvelles réellement bien avant qu'elles n'entrent dans le domaine de la publicité, et meme avant que beaucoup de mes Collègues ne les sachent, entr'autres ceux qui entretiennent

22 -Documenti diplomatici • Serie I • Vol. II.

des émissaires partout, car le Consul de France et moi nous sommes toujours

les mieux et plus promptement iniormés, meme lorsqu'il s'agit, comme V. E. a

pu le voir, de nouvelles qui ne doivent pas etre connues.

Je puis donner aujourd'hui à V. E. les vrais chiffres des récents approvision

nements de la forteresse. Munitions destinées pour la forteresse de Belgrade

qui sont sur deux Scleps ou bateaux qui ont remonté le Danube remorqués par

les bateaux de la Compagnie Autrichienne, et se trouvent dans ce moment à

Semlin: Mille neuf cent bombes de cent dix kilogrammes chacune; Deux mille

cinq cent bombes de huitante kilogrammes; Mille quatre cent quatorze boulets

de canon de cinquante cinq kilogrammes; Trois mille trois cent 'idem vingt sept

kilogrammes; Deux mille sept cent de vingt kilogrammes; Deux mille sept cent

soixante deux de dix sept kilogrammes. Je crois que le poids de ces projectiles

est tant soit peu exagéré. Quatre cent quarante quatre boulets ramés. Deux

mille neuf cent sacs remplis de mitraille; Mille neuf cent pièces toile graissée

pour incendier les villes; Sept mille différentes boites en zinc pour les -canons de

campagne, contenant chacune un petit boulet creux de vingt cinq grammes;

environ quatre cent caisses remplies de poudre en cartouches pour fusils.

Provisions de bouche:

Deux bateaux chargés de froment et mais dont on ne sait patS au juste la

quantité, s'est déposé [sic] dans la Mosquée vis à vis de la caserne dans la

forteresse basse; Un bateau contenant du mais en épis: ce mais a été déposé

dans les magasins construits sur la plate forme de l.-1 dite forteresse basse: on

n'en connait pas non plus la quantité; le bateau n'est pas encore entièrement

déchargé, _aussitòt qu'il sera déchargé le bateau sera remplacé par les deux

autres chargé~ de munitions qui se trouvent actuellement à Semlin.

Il y a à peu près deux mois la garnison de la forteresse de Belgrade a été

augmentée de cent cinquante artilleurs. Elle se compose maintenant de 2.500 à

2.800 soldats de toutes armes, commandés par Etem-Pacha général de Brigade.

Ce qui précède donne, je crois, une valeur de quelqu'importance à ce que

le Consul d'Angleterre a dit à un de mes Collègues « que la meilleure manière

de mettre les Sez;bes à la raison c'était de bombarder Belgrade ».

Les Agents Autrichiens en Bosnie continuent à inserire les habitants du pays

sous la protection de leur Gouvernement; on affirme comme positif que le nou. veau Consul Autrichien a porté avec lui cent septante mille florins pour agir d'une manière plus efficace dans le pays. Cette somme est destinée à etre partagée exclusivement entre les catholiques romains par l'intermédiaire des pretres catholiques; c'est peut-etre dans le but de diviser les catholiques romains

des orthodoxes.

Dans la frontière militaire Slavona-Horvatie-Croatie huit mille chevaux de

train d'équipage sont entretenus d'une manière permanente; on augmente l'artil

lerie dans la meme proportion, et on ajoute un quatrième bataillon à tous les

Régiments.

Ces faits ·semblent aussi de nature à justifìer les craintes dont j'ai entretenu

V. E. dans mes dépeches n. 4, 5 Pol'itique du 12 et 26 Avril (1), c'est à dire qu'une

agression contre les provinces Turco-Slaves, compris la Serbie, pourrait bien etre chose entendue ou combinée entre la Turquie Angleterre et Autriche. En attendant il est manifeste qu'on cherche tous les moyens de faire tomber la Serbie dans mille pièges grossiers afin de se préparer un prétexte et une excuse; heureusement la Serbie dans ce moment est prudente, et la France et la Russie veillent.

Il n'y a rien de vrai dans le bruit que certains journaux ont fait courir des désordres arrivés à Belgrade, ce que l'Angleterre, l'Autriche, la Turquie auront peut-etre intéret faire croire à l'Europe que la Serbie est un foyer de désordre et un danger.

Ici, comme dans l'intérieur, la plus parfaite tranquillité n'a cessé un instant de régner.

(1) Non pubblicato.

(1) Cfr. nn. 244 e 284.

301

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI-GAROFOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 224. Madrid, 4 maggio 1862. Il fatto più importante che successe in questi giorni nel campo della politica Spagnuola si è la repentina conversione di questo Giornale Ministeriale la Epoca, diretto, come è ben noto a V. E., dal Signor Diego Coello, Ministro che fu in Torino. L'evoluzione di cui voglio parlare si è quella di mostrarsi ora favorevole alla candidatura del Principe Massimiliano al trono del Messico. La sorpresa che in tutti produsse il linguaggio cosi finora sommesso alla volontà ministeriale del giornale la Epoca, ed ora compiutamente contrario sugli affari Messicani, volle che si cercasse una spiegazione, e s'ebbe in questo modo. Il Signor Mon, Ambasciatore a Partgi e Presidente di questa Camera dei Deputati, si mostrò più volte favorevole alla politica del vicino Impero e non nascose la disparità di vedute che su detto proposito esiste tra lui ed il Gabinetto presieduto dal Duca di Tetouan. Ma, scaltro qual egli è in maneggi politici, non credè il momento prbpizio di dichiararsi in aperta scissione col Ministero, prese però dalla sua il Coello e lo spinse nella via sopradetta. Devo pure far notare che il Signor Mon non lavora in quest'affare da solo, ma egli viene istigato dalla Regina Cristina e dal suo marito Duca di Rianzares, i quali desiderosi di ritornare in !spagna cooperano in Parigi alla riescita della candidatura Austriaca, credendo, e forse con ragione, che sarebbe il solo mezzo per far cadere l'attuale Ministero, dal quale non può speratre primo: il permes!SO di rientrare in lspagna; secondo: di rimettersi negli affari di questo paese, dai quali in altri tempi ricavò profitti cospicui, necessitandone ora stante le perdite considerevoli sofferte in diverse disgraziate speculazioni. Con un ministero Mon, cioè coi moderati, tutte le difficoltà scomparirebbero, e la Madre della Regina potrebbe ritornare e dedicarsi ai soprusi antichi, di troppo noti. Quanto ai vantaggi che noi potremmo ricavare da un cambiamento Ministeriale in senso moderato non potrei per certo ora definirlo; solo osservo che la stessa Epoca, da che si pose a patrocinare la causa del Massi

miliano, si scatena con una violenza schifosa contro l'unità Italiana, volgendo e rivolgendo il tema favorito dei nostri nemici, sui vantaggi che darebbe una Confederazione Italiana e con affettazione singolare ripete un dieci volte in poche righe, parlando del viaggio dell'Augusto nostro Sovrano, il Monarca Sardo.

La Corte è sdegnata contro la condotta della Cristina, e si attribuisce la decisione improvvisa presa dalla Regina di recarsi in Aranjuez, alla ripugnanza che aveva di ricevere complimenti il giorno natalizio della Madre, che fu il giorno dopo la sua partenza per detta residenza di primavera.

Ho l'onore di portare all'alta conoscenza di V. E. che jeri mattina giunse dopo felice viaggio in questa Capitale il Cavaliere Peruzzi, accompagnato dalla sua degna consorte. Sia per desiderio mio particolare, sia per compiere all'invito fattomi da V. E. col pregiato dispaccio del 23 aprile ultimo, mi posi alla loro disposizione onde cooperare cogli amici che già qui tengono detti illustri Signori a ,render loro questo soggiorno il più gradito possibile; ed av,endo fatto noto all'Ecc.mo Peruzzi l'annunzio che avevo ricevuto da V. E. del loro arrivo, mi si mostrò altamente riconoscente alla cortesia di V. E.

302

IL SEGRETARIO DI LEGAZIONE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

L. P. Londra, 5 maggio 1862. Credo mio dovere d'informare V. E. che il Generale Tiirr giunse ieri a Londra. Avendo avuto avviso dal Marchese d'Azeglio che il Comm. Rattazzi l'aveva munito d'una lettera per la quale lo pregava di presentado agli uomini più influenti di questo paese mi misi a sua disposizione. Stamane lo condussi da Lord Palmerston col quale si ebbe una conversazione sulle cose d'Italia. Fra le prime cose S. S. domandò al Generale se Garibaldi aveva l'intenzione di fare uno sbarco in Dalmazia oppure altrove, cui egli rispose non pensarvi per ora se l'Austria fosse per tenere una condotta saggia. S. S. soggiunse che tale non essendo l'abitudine di quell'Impero, era pur desiderabile che l'Italia non arrischiasse la sua esistenza in una lotta prematura, e disse molte altre cose per combattere le idee meno pacifiche emesse dal Generale. Nel corso della conversazione mi permisi d'esprimere la speranza che la diplomazia Europea sia per trovare nell'interesse dell'equilibrio generale, e soprattutto dell'Inghilterra, il mezzo d'evitare.una guerra inevitabile sciogliendo la questione Veneta in modo da far dell'Italia un elemento di pace e tranquillità per l'Europa. S. S. si mostrò invece assai ansioso di vedere l'Italia in possesso della sua Capitale. Non entro in maggiori dettagli perchè la conversazione fu piuttosto vaga e senza alcun carattere officiale. Avendo avuto l'annunzio privato della prossima venuta a Londra di S. A. R. il Principe Eugenio di Savoja Carignano, bramerei sapere se debba darne avviso preventivo a questo Governo onde S. A. R. sia ricevuto con quegli onori che gli sono dovuti. II Ministro di Svezia annunziò, or non ha guari, l'arrivo del Princi

pe Oscar per lettera al Ministro degli affari Esteri. Sarei grato se V. E. volesse procurarmi gli ordini di S. A. R. a tale riguardo.

303

IL MINISTRO RESIDENTE A COSTANTINOPOLI, CERRUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 204. Costantinopoli, 6 maggio 1862, ore 10 (per. ore 12,25). Hier présentation au Sultan de la Mission Extraordinaire, accueil très bienveillant; Sultan dit avoir appris avec plaisir voyage heureux du Roi. J'ai présenté

Greppi comme Chargé d'Affaires. Aujou['d'hui la Mission part pour la Perse. Tous bien portants.

304

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 138. Torino, 7 maggio 1862, ore 22. Le Ministre Pepoli qu'on désire à Naples au moment où le Prince y arrivera

voudrait savoir le jour présumé de l'arrivée du Prince. Répondre au plus tot possible.

305

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI-GAROFOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 225. Madrid, 7 maggio 1862. n· Cavaliere Peruzzi avendomi espresso il desiderio di conoscere personalmente questo signor Presidente del Consiglio dei Ministri, Duca di Tetouan, mi feci doverosa prem)Ira dopo averne ottenuto il permesso dal surriferito signor Duca, di secondare questa brama. Come già n'ero persuaso il Maresciallo O'Donnell fu altamente cortese con detto .nostro illustre connazionale, nè mancò di entrare con esso lui in discussione sugli affari del nostro paese. Disse in primo luogo che molto gli aveva spiaciuto il veder le relazioni ordinarie tra noi e la Spagna interrotte per una questione di così poca importanza come era quella degli Archivi Napoletani: dolergli che la posizione speciale della Spagna, retta dalla famiglia dei Borboni, gl'impedisca di mostrare più simpatia per la causa Italiana: che questa posizione l'obbligherà a rimanere semplice spettatrice degli avvenimenti che in essa succedono, e ciò sino a che la Prussia e la Russia si decidano pur esse a riconoscere il nuovo Regno, il che deve succedere, disse il signor Duca, in seguito di un Congresso nel quale si stabilisca il nuovo diritto Europeo, essendone l'antico compiutamente distrutto: che la Spagna intanto non si dipartirà dalla regola stabilita di rimanervi neutrale. Diede pur anche ad intendere che tale neutralità continuerebbe in caso che le truppe francesi lasciassero Roma. Sebbene in più circostanze io abbia fatto conoscere al R. Governo questa

determinazione della Spagna, pure stimo mio dovere di portare questa nuova dichiarazione all'alta conoscenza di V. E., tanto più avendo osservato che il

signor Cavaliere Peruzzi diede ad essa un'importanza, che, mi è d'uopo confessarlo, non avrei creduto sulle prime di dovergli attribuire.

Nelle Cortes si rianimò ultimamente la discussione per la legge presentata dal Governo, autorizzandolo al pagamento del debito contratto dalla Spagna colla Francia nel 1823.

Gli oratori più distinti vi presero parte e se le ragioni degli opponenti non erano in tale circostanza di gran valore, si vide però di quali sentimenti patriottici questo partito liberale sia animato; non mancandogli per certo motivi d'inveire contro il Governo assoluto, che non contento di abbattere la libertà nel paese, s'addossò un'intervenzione estera dei di cui pesi si risente pur in oggi la nazione.

La legge sulla stampa è pure in discussione. Questa Legge presentata or son tre anni dal signor Ministro Posada non potè per anco ricevere la sanzione del Parlamento. Detta legge pecca sia per la sua prolissità, constando di oltre 300 articoli, e di più pecca pel suo spirito restrittivo. Difficile è che dessa venga votata in questa sessione essendovi di già proposti una tal quantità di emendamenti che si richiederebbe più tempo del fissato per la chiusura dell'attuale sessione.

È ben vero che il Maresciallo O'Donnell desidera tener a].)erto il Parlamento sino al parto della Regina, che avrà luogo nel giugno prossimo, ma non credo che conformi siano su ciò i Deputati i quali di già bramano ritornare ai loro affari particolari non mancando la ragione di essere stanchi d'una sessione che dura da oltre sette mesi.

Havvi qui gran passaggio di Prelati che vengono ad ossequiare la Regina prima di porsi in cammino per Barcellona ove devono imbarcarsi sul Berenguer che li condurrà a Civitavecchia.

306

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, RATTAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 206. Napoli, 8 maggio 1862, ore 10 (per. ore 12,15). Il Corriere è giunto ieri; dovrà ritardare il ritorno costi perchè il Re sarà qui soltanto domani. Il Ministro del Belgio si raccomanda perchè tu trasmetta al nostro Ministro a Bruxelles alcuni schiarimenti sulla morte del Signor Alfredo Trazegny fucilato 1'11 novembre 1861. Il Governo del Belgio ne ha bisogno presto perchè lo si accusa di avere tollerato senza richiamare che costui cadesse sotto i colpi di un assassino. Dice che Ricasoli aveva promesso di dare questi schiarimenti ma non lo fece. Puoi ,avere tutte le occorrenti informazioni dal Ministero Interno al quale si trasmisero i rapporti unitamente ad un portafogli

dello stesso condannato che si era disposto a restituire alla famiglia; cosi mi assicura il generale Lamarmora.

307

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 396. Berlino, 8 maggio 1862. D'après le résultat des élections primaires, il était à prévoir l'issue des élections au second degré qui ont eu lieu le 6 Mai. Une victoire complète a été remportée par les libéraux. Les féodaux et les cléricaux ont perdu plusieurs de leurs anciens représentans. L·e parti Ministérioel, si tant est qu'il existe un parti

Ministériel, a été battu sur toute la ligne, et chose remarquable, et qui depuils 1848 ne s'était point encore vue, aucun des Ministres n'a été élu, pas meme

M. Von der Heydt dont la candidature, au collège d'Elberfeld avait été appuyée par le Roi.

Les progressistes ont renforcé leurs rangs; ils disposent d'une centaine de voix. Les constitutionnels, à moins que les 33 élections qui ne sont pas encore connues ne forment un appoint en faveur des progressistes, auront la majorité; au reste, dans la plupart des questions, ces deux grandes fractions marchent de .concert, et se prononceront contre le Cabinet comme il est composé aujourd'hui. Celui-ci essayera de gouverner avec les Chambres, en se tenant sur une extreme réserve. Mais lui sera-t-il possible de conserver cette attitude lors de la discussion de l'adresse, où il sera interpellé sur les questiona à l'ordre du jour Ies plus brUlantes? En présence d'un vòte de défiance, pourra-t-il rester au pouvoir? Ou bien osera-t-il provoquer une seconde dissolution du Parlement? Il n'aurait qu'un moyen de sortir de cette impasse, celui de se mettre bravement à la tete des idées de son siècle; ces idées le suivraient et le soutiendraient. Il désarmerait par là la démocratie qui voudrait suppll'imer les droits de la Couronne. Il s'emparerait de la direction du mouvement national et libéral en Allemagne; l'opposition se tairait à la Chambre et cela d'autant plus sùrement que les progressistes manquent de chefs habiles pour faire prévaloir leurs vues. Mais le Roi Guillaume, élevé dans des principes d'autorité absolue, s'égare dans ses jugemens. Il prend Ies justes plaintes du peuple pour des déclamations factieuses et les convulsions d'une société malade pour de vulgaires séditions. Il use ou dépopularise les hommes qu'il emploie. On peut lui appliquer les mots prononcés par le fameux Stein sur son Auguste Père: Il chtitre tous les conseillers de la Couronne. Espérons qu'il rebroussell'a chemin quand il en est tems encore, car déjà le terrain commence à lui manquer sous les pieds. L'association nationale qui voulait l'unité de l'Allemagne sous la dynastie des Hohenzollern ne prononce déjà plus son nom!

Pour se rendre compte du degré d'aveuglement de ce Souverai:n il suffit d'ailleurs de constater qu'il s'oppose à la reconnaissance du Royaume d'ltalie et cela uniquement à cause de ses sympathies légitimistes qui l'emportent sur les véritables intérets d'équilibre Européen.

Rétabli de ma maladie, je comptais aUer. au Ministère des Affaires Etrangères pour m'enquérir des dispositions du Cabinet de Berlin à notre égard. Mais l'arrivée du Comte Brassier me permet de me tenir à l'écart (ce que je préfère par sentiment de dignité), et le laisser ainsi lui-meme rompre des lances en

notTe faveur. *(1) Je me borne à lui suggérer la meilleure voie à suivre. Je n'ai au reste pas besoin de lui indiquer des argUilllens, car il pense absolument comme nous. Le Comte de Bernstorff lui a dit, comme à moi, qu'il était toujours personnellement enclin à nous reconnaitre, et il a engagé Monsieur le Comte Brassier à parler sans réticences au Roi. * C'est ce que ce diplomate compte faire dès sa première audience, et il m'a promis de me communiquer ses impressions.

308

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO D'AGRICOLTURA E COMMERCIO, PEPOLI

(AP)

L. P. Parigi, 8 maggio 1862. Sono rimasto alcuni giorni senza sCII'iverti perchè as1sai occupato a seguire le fluttuazioni ed intermittenze che le differenti influenze hanno creato qui circa le cose nostre. Fortunatamente abbiamo avuto la vittoria, di cui ne è prova il richiamo di Goyon, l'invio della flotta, il viaggio del principe Napoleone, ed il ritorno di La Valette che parte i primi della settimana ventura, cose tutte che unite al successo che il Re ha avuto nell'Italia meridionale assicurano il trionfo della causa nostra, anche agli occhi più avversi ed increduli. Spero mi renderai giustizia riconoscendo che aveva ragione, quando ti esortava ad accettare il portafoglio che t'era offerto dal Re. Eccoti ora a far parte di un Ministero che salvo qualche eccezione è chiamato ad essere il Ministero importante nelle grandi crisi che avremo ancora ad attraversare onde compiere la nostra unificazione. Io ho scritto sempre a Rattazzi a Napoli; tu al corrente di tutto e quasi direi se v'è difetto, questo sta nella conoscenza dei più minuti dettagli che qualche volta ponno momentaneamente o scoraggiarlo o smovere nei suoi rapporti con Benedetti al quale spesso communica cose al Governo da lui rappresentato che gli sono ancora ignote. Nigra è interessatissimo e non potrebbe fare di più pel Ministero Cavour di quanto fa pel Ministero presieduto da Rattazzi. Ti scrivo questo perchè so che egli ha dei nemici a Torino, e questo non è sorprendente, dacchè la sua posizione eccita invidia. Io più di tutti sono nel caso di conoscere la sua condotta, e sarebbe da parte mia sleale se non prendessi le sue difese presso il Governo. L'Avvocato... (2) mi scrive che vi sono alcune difficoltà cogli Inglesi circa· alle ultime combinazioni a prendersi per l'affare del Canale. Io ti raccomando· quanto so e posso d'appoggiare quanto ti sarà detto da Noè, che è in questa faccenda la più attendibile e giusta poichè Cavour aveva in lui rimessa la piena confidenza e data l'alta mano in questa importantissima intrapresa. ' Spero che la tua amicizia farà si che darai al Noè tutta la forza di cui ha. d'uopo onde tutelare gl'interessi degli Italiani che hanno assunta la costruzione,

e che sono anche gl'interessi del Governo, dacchè dalla buona o cattiva costruzione dipende l'esito e il risultato definitivo.

n. l.

Ho chiesto a Bixio di sottoscrivere per un migliaio d'azioni al Credito fondiario. Bixio mi scrive di rivolgermi a te, tanto più che qui si vedrebbe vo1ontieri nel numero dei fondatori ma non potere esserlo che nella parte riservata agl'Italiani, come il Signor Erlanger dovrebbe appartenere al gruppo francese ed io subentrare al suo posto. Vedi se è possibile farmi ottenere quest'intento, ma nel caso che non potesse essere, scrivimelo francamente, perchè non vorrei crearti imbarazzi. Però se posso entrarvi, noi vorrei a meno di soscrivere per un migliaio d'azioni, sempre beninteso che ciò non ti dia il menomo imbarazzo. Solo rispondimi, acciocchè io sappia a che attenermi.

Non volerne a Rouher se egli non ti ha ancora scritto quantunque credo l'abbia fatto domenica scorsa. Egli è talmente occupato che fu desolatissimo di non aver ancora adempiuto a questo suo dovere ed è al punto ch'egli mi ha incaricato d'andare da lui e di forzarlo a scriver la lettera.

Tienmi al corrente, ti prego, dell'andamento che prende il trattato di commercio, scrivimi quali sono Le de,corazioni che tu proporrai al Governo, onde io sappia regolarmi qui in modo che sia raggiunto anche il tuo scopo. Scrivimi in tempo e fa in modo che io sia informato, te lo ripeto, nell'interesse tuo e del Governo.

Al mio prossimo viaggio a Torino, appena sarà giunto il Re, mi riservo di far osservare a Rattazzi come il Governo del Re abbia il torto di dare una massa di decorazioni malissimo collocate. Perchè furono Decolle, e sopratutto Lepenterie, Segretario di Laguerronière che ci furono perfettamente ostili? Perchè si è data la croce di Cavaliere a M. Dentice che si è opposto alla pubblicazione di Tchihatcheff? (1) Perchè a Tchihatcheff si è mandata una croce d'Uffi.ziale senza interpellarne qui che si sarebbe risposto che ad un uomo che possiede quasi tutti i cordoni ed il Gran cordone del proprio paese non si _può mandare un grado cosi basso. Tutte queste cose ti sembreranno poco importanti. Ebbene, non lo sono, essendo venuto il tempo di contare i nostri amici e di conoscere ed avere apertamente ostili quelli che ci sono avversi. Attendo un tuo rigo onde sapere quali sono le tue intenzioni per le decorazioni pel trattato di commercio. Vorrei sapere questo segretamente, prima che tu ne scriva a Nigra. Capirai che non è mica per un interesse personale, perchè sono a ciò assolutamente estraneo.

(1) D passo tra asterischi in Die auswiirtige Politik Preussens, 1858-1871, II, 2, p, 637,

(2) La lacuna esiste nel testo in possesso del Ministero degli Affari Esteri.

309

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, RATTAZZI, AL CONTE VIMERCATI (ACR, Carteggi V. E. II, b. 21)

L. P. Napoli, 9 maggio 1862.

Vi ringrazio delle varie lettere, che mi scriveste, e delle notizie, che mi avete continuamente fornito. Vi prego di continuare: io non ho mancato di farle leggere tutte al Re, il quale m'incarica ognora di ringraziarvene. Scusatemi, se io non vi rispondo: vi accerto che mi manca assolutamente il tempo per farlo. D'altra parte le notizie, che io potrei darvi di qui, potrete averle facilmente, e p1ù

presto dai giornali. Il viaggio del Re non poteva produrre effetti migliori. È difficile farsi un'idea anche scolorata dell'entusiasmo di queste popolazioni. Il Re ha fatto tutto quello che poteva per farsi vedere, e soddisfare i loro voti.

Duolmi sentire il contrasto che aveste col Ministro della Guerra: non do

vete indispettilrvi (1). Egli deve venire qui ben presto e spero che la cosa si

potrà comporre con vostra soddisfazione.

(1) Il Tchihatcheff, un russo membro corrispondente dell'Istituto di Francia, aveva pubblicato il volume Le royaume d'ltatie étudié sur tes tieux memes, sul quàle cfr. G. DETHAN, Napotéon III et t'opinion trançaise devant ta question romaine (1860-1870) in c Revue d'Histoire Diplomatique », 1958, pp. 127-128.

310

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 209. Parigi, 9 maggio 1862, ore 11 (per. ore 12).

Le Prince Napoléon part de Paris demain soir; il compte d'arriver à Naples Mardi ou Mercredi au plus tard.

311

NAPOLEONE III A VITTORIO EMANUELE Il (2) (ACR, orig. autogr.)

Parigi, 10 maggio 1862.

Le Prince Napoléon désirant aller faire une visite à Votre Majesté, je n'ai pas voulu m'opposer à ce voyage quoique je prévois qu'il sera le sujet de bien de commentaires. J'ai envoyé une flotte à Naples camme une protestation contre la guerre civile qui se perpétue inutilement dans les provinces napolitaines et comme preuve de ma sympathie pour Votre Majesté. Quant à Rome il ne faut pas qu'elle se faSise illusion; je n'abandonnerai pas à ses ennemis le chef de la catholicité que je soutiens depuis 11 ans et qui est le Parrain de mon fils, èt je ne quitterai Rome que lorsque je pourrai le faire sans compromettre l'indépendance du St. Père. Je sais toutes les difficultés qui entourent cette question, je connais tous les sentimens hostiles qui existent à Rome contre moi, mais je ne dévierai pas de la marche que je me suis tracée et je dirai franchement à Votre Majesté que son plus grand intéret serait de se réconcilier avec la Cour de Rome. J'éspère que le tems calmera les haines, fera dispa~raitre les opinions extremes et que la raison triomphant il n'existera plus entre nous aucune cause de mésintelligence.

Je renouvelle l'assurance des sentimens de toute estime et de sincère amitié avec lesquels je suis

de Votre Majesté le bon frère

312

IL SEGRETARIO DI LEGAZIONE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 135. Londra, 10 maggio 1862.

Avant'ieri sera, nell'occasione d'un'interpellanza dndilrizzata al Governo sullo stato delle finanze, il Sig. Disraeli presentò alla Camera dei Comuni il

programma Ministeriale del partito Tory. Egli ebbe evidentemente di mira due oggetti principali nel suo discorso, cioè quello di emettere dei principi che fossero per procacciargli qualche popolarità nel paese, e l'altro di guadagnarsi l'appoggio d'alcuno dei partiti minori della Camera. L'oratore posò quindi per base della sua politica l'economia nelle spese dello Stato specialmente per quanto riguarda l'armamento nazionale. E per ottenere un sì desiderabile scopo sarebbe sua intenzione di stabilire un'alleanza cordiale colla Francia. Venendo per tal modo a parlare della politica estera, egli trattò per la prima volta in questi due anni della questione Italiana. Sarebbe vano di ricercare nel suo ragionamento quali ,siano i principi che dirigono quel partito in siffatta questione. Non volendo dir cosa che potesse danneggiarlo nell'opinione pubblica il Sig. Disraeli si astenne dal pronunziar parole che potessero essere interpretate come sfavorevoli all'Unità Italiana, che anzi asserì la politica dell'Inghilterra in Italia dover essere conforme a quella seguita dalla Francia, vale a dire di promuovervi la formazione di una Potenza forte e indipendente. Ma desiderando nello stesso tempo conciliarsi per quanto fosse possibile i voti della falange Irlandese egli si dichiarò timidamente in favore del mantenimento del poter temporale del Papa.

Per adescare i radicali propugnò la dottrina del non intervento nelle questioni internazionali e quindi una forte riduzione nelle spese d'armamento.

Il discorso del Sig. Disraeli provocò una replica assai eloquente da parte di Lord Palmerston, nella quale l'illustre statista pronunziò nobili parole in favore d'Italia.

Non dubito che V. E. non sia per essere soddisfatta di questa discussione imperocchè mentre per essa si constatò sempreppiù la simpatia dell'attuale Governo per l'indipendenza nostra, ne venne eziandio provato che il partito Tory

o non professa o non osa manifestare sentimenti ad essa direttamente avversi. N è ho-bisogno d'osservare a V. E. come sia ventura per noi che il capo d'un partito che aspira di giugnere in tempi non molto lontani al pot-ere creda opportuno di mettere innanzi come base della sua politica un'alleanza cordiale colla Francia.

L'interpellanza di Sir S. Northcote non essendo seguita da mozione non diede luogo a votazione, ma non esito a dichiarare che la vittoria morale fu completa pel Ministero (1).

(1) C!r. Carte~gio politi~o ~i M. Castelli, ed. L. CHIALA, Torino 1890, I, p. 431.

(2) L 1mperatnce Eugema s1 affrettò a rivelare, due giorni dopo il contenuto di questalettera al Metternich, ambasciatore austriaco a Parigi, cfr. CHARLES W. 'HALLBERG, FRANZ .JosEPH and Napoleon III, 1852-1864, New York, 1955, p. 276. ·

313

IL SEGRETARIO DI LEGAZIONE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

L. P. Londra, 10 maggio 1862.

Il Signor M. Milnes, uno de' nostri migliori amici nella Camera dei Comuni, mi fece tenere la qui unita lettera del Dean di Westminster raccomandandomi lo scrivente come persona degna d'ogni fede e favorevole all'Indipendenza d'Italia, e pregandomi di mandarla a Torino.

Gli risposi che non avevo obbiezione a comunicarla in modo offi.cioso a chi

di ragione, ma che egli, Inglese, doveva saper meglio di me che il potere esecutivo non poteva intervenire nell'amministrazione della giustizia, ed il Signor Bishop essendosi reso colpevole di gravi trasgressioni alla legge come risultava dalla sua stessa lettera era stato mandato davanti i tribunali competenti ed il processo doveva avere il suo corso (1). L'assicurai che frattanto egli era benissimo trattato nella prigione e vi godeva di una certa libertà, il che era parimenti provato dalla facoltà !asciatagli di corrispondere coi giornali.

Ho quindi l'onore di mandarLe qui unita la lettera stessa, e la S. V. Ill.ma ne farà quell'uso che crederà conveniente non avendo io assunto impegno alcuno.

(1) Un'ampia esposizione della discussione dell'8 maggio 1862 alla Camera dei Comuni in B. ZuMBINI, W. E. Gladstone nelle sue relazioni con l'Italia, Bari, Laterza, 1914, pp. 156-160.

314

APPUNTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (Ed in Episodi, pp. 222-223, e in COLOMBO, 12)

Torino, 12 maggio 1862 (2)

12 maggio. Vado a raggiungere il Consiglio a Napoli di malincuore, perchè temevo gli affari di Sarnico, ma specialmente per trattenere il Principe Napoleone negli affari di Roma. M'invita a pranzo, ed ho dopo un lungo colloquio con lui. I suoi modi di una padronanza assoluta di idee, il suo aspetto ricordante il gran zio, producono una certa impressione. Ricevei da lui più timori che speranze. Teme che l'imperatore anche al momento di sgombrare Roma, faillerait à ses engagements. Dice che bisogna adoperarsi per forzare il Papa stesso a partire, e lasciare Roma. Mi consiglia a chieder per nota l'espulsione dell'ex-Re di Napoli. Lo feci dopo, ma con poco frutto, la sua mente è più esaltata che giusta; il suo criterio non sempre misurato: non so se l'azione sua corrisponderà mai al vigore del suo pensiero, finora non pare. Se viene a regnare, la Francia passerà per crisi pericolose. Nel susseguente agosto ci fece consigliare una comparsa teatrale di Vittorio Emanuele con 200.000 Italiani disarmati alle porte di Roma, che non abbiamo accettata.

315

IL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 7. Belgrado, 12 maggio 1862.

Mi pervenne il dispaccio al n. 11 delli 29 aprile Affari in Genere (3).

Il signor Colonnello Mondain rimane al Ministero della guerra, il signor Miliovoy che si diceva dovergli succedere, ma che un giorno forse lo rimpiazzerà, è stato nominato Direttore Ca;po dello Stabilimento militare di Kraguievaz che fu sinora diretto da Belgrado da un'apposita sezione del detto Ministero. Lo scopo di questo cambiamento è di porre seriamente in azione la responsabilità del Direttore stabilendola sul luogo stesso onde dare maggior impulso e regolarità al servizio dello Stabilimento medesimo.

Nel mio precedente rapporto n. 15 Affari in genere del 29 aprile (1) avevo fatto presentire che S. A. si sarebbe intitolato Michele Obrenovich III per la grazia di Dio e la volontà della Nazione

Principe della Servia ed infatti adottò questa nuova forma per la prima volta nell'intitolazione d'una legge sull'organizzazione della Direzione Generale d'artiglieria (7 andante) senza strepito di apposito decreto o legge.

Non .so ancora che questa nuova intitolazione abbia provocato delle proteste

o delle spiegazioni.

I Rappresentanti di Francia e di Russia agiscono di pieno accordo tanto in Belgrado quanto, da quel che pare, nel Montenegro ed a Costantinopoli. In Belgrado essi sono influentissimi, i loro consigli sono ascoltati dal Principe e dal suo Governo. Questo così sostenuto non si cruccia molto nè delle proteste nè delle minaccie delle tre potenze che non sono favorevoli alla Servia, e progredisce con passo fermo, calmo e perseverante sull'organizzazione del paese, di modo che se l'Austria non molesterà la Servia con ardita e repentina aggressione questo Principato si troverà se non formidabilmente almeno perfettamente preparato per poter far fronte a profittare degli avvenimenti che pare si maturino per la prossima primavera, sempre però che qualche eventualità non venga a precipitarli perchè le sconfitte toccate dai Turchi, e la loro impotenza accendono l'ardire di queste popolazioni slave e specialmente dei Bosniaci già sì impazienti di scuotere il giogo della Turchia. In questo caso, io credo che la Servia aiuterebbe i fratelli della Bosnia.

Il Governo Francese fece chiedere esplicazioni al Ministro Rechberg circa ai movimenti di truppe nella frontiera serba e bosniaca, e pare che la risposta del Ministro austriaco non sia del tutto rassicurante nel senso ch'egli avrebbe detto al Duca di Grammont che non intendeva d'intraprendere nulla che fosse contrario all'avveni1·e di quelle popolazioni, ma che non le avrebbe certamente appoggiate nè d'altro modo ajutate contro la Turchia. Esso, se le mie informazioni sono esatte, non ha però assicurato di non ajutare la Porta contro una vittoriosa insurrezione della Bosnia, e delle altre Provincie Turco-Slave.

Dunque la Servia si prepara, la Bosnia freme, e si agita come non lo ha fatto sinora, l'Austria lavora a crearsi un grande partito in quest'ultima provincia onde dimostrare all'Europa ch'essa vi impera moralmente. Intanto la politica del Principe Michele nell'interno (della Servia) è savia, è tutta di conciliazione: ultimamente ammise in qualità d'ufficiale nell'esercito un cognato del Principe Alessandro Karagiorgiovitch, e molte altre persone conosciute pei loro attaccamento al Principe spodestato coprono adesso delle cariche importanti. È di questo modo che S. A. fa tacere i malcontenti, annienta i partiti, e riunisce attorno a sè tutte le forze vitali dello Stato.

La Servia però ha gran bisogno di buone armi, e si studia di procurarsene.

(1) -Cfr. nn. 264, 271 e 275. (2) -L'appunto porta questa data. ma fu scritto, come appare dal contesto, dopo la crisi di Aspromonte. (3) -Non pubblicato.

(2) Cfr. n: 288.

316

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 148. Torino, 14 maggio 1862, ore 16. Le Gouvernement n'ignore pas les menées dont vous me parlez; il veille

et se croit en mesure de les éventer; vous pouvez en donner l'assurance au Gouvernement Français (1).

317

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 216. Parigi, 14 maggio 1862, ore 11,35 (per. ore 12,40).

Il me revient de très bonne source qu'on s'agite beaucoup autour de Garibaldi pour l'engager à faire un mouvement dans la Vénétie.

318

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 82. CostanUnopoli, 14 maggio 1862. La pubblica attenzione continua ad essere rivolta alla lotta nel Montenegro. È diffi.cil cosa il poter raccogliere dati certi sulle vicende di quella guerra, le parti nemiche vantandosi ambedue vincitrici sull'istesso campo di battaglia. Tuttavia non credo esser lungi dal vero nell'asserire che la posizione dell'armata ottomana è assai triste, che lo scoraggiamento regna tra le sue fila, che v'abbondano le diserzioni, e che persino ufficiali superiori non si fanno scrupolo di chiedere le loro dimissioni. Vi si diffetta d'altronde di viveri, il tifo vi miete giornalmente molte vittime, ed il soldato si lamenta apertamente per gli stenti a cui è sottoposto, senza nemmeno ottenere un acconto del soldo che già da più di un anno gli è dovuto. Ciò rilevo da un rapporto di un agente francese residente a Mostar. Anzi questo stesso rapporto descrive la battaglia del 15 aprile combattutasi nelle gole di Gudua. Gravi furono le perdite d'ambe le parti, ma più gravi per i Turchi, i quali si lasciarono prendere parecchie mule cariche di ingenti somme di denaro destinate a pagare un acconto alle truppe di Omer-Pascià. La Sublime Porta, checchè ne dicano i pubblici fogli da lei stipendiati, non si fa illusione sulla propria triste situazione nel Montenegro ed incomincia a prestare docile orecchio alle proposte mediatrici della Francia e sembra anche disposta a discutere un progetto d'accomodamento di cui è autore il Principe Gortchakoff. Il governo austriaco mandò a questo riguardo delle nuove istruzioni le quali modificano sensibilmente le primitive istruzioni del Barone Prokesch. Secondo le nuove istruzioni l'Internunzio dovrebbe appoggiare le proposte russofrancesi, ma in quella parte soltanto che riflette alcune concessioni autonomiche

a favore del Montenegro e dei distretti insorti della Erzegovina. Ma l'Austria rimane ferma nel consigliare la Turchia a respingere il punto più importante

delle proposte russo-francesi, quello cioè di cedere al Montenegro uno sbocco sul mare. Uno dei motivi che l'Austria pone in bocca alla Turchia per opporsi a questa concessione quello si è che il porto che cederebbesi sull'Adriatico al Montenegro potrebbe servire di punto di sbarco al Generale Garibaldi.

Eppure in questa concessione concentrasi la viabilità del Montenegro, rimanendo esso privo altrimenti del mezzo di vettovagliarsi direttamente dal mare ogni qual volta il capriccio venga all'Austria od alla Turchia d'intercettargli i viveri i quali debbono necessariamente in oggi attraversare l'uno o l'altro dei due territorii.

In ampliazione del dispaccio telegrafico d'oggi mi procuro l'onore di trasmet. tere qui unito alla E. V. ·copia della lettera direttami da Trebisonda dal Comm. Cerruti.

Le lettere destinate ai membri della Missione di Persia partirono a quella volta lunedì 12 corrente col mezzo d'un corriere spedito dalla Legazione di Persia.

.ALLEGATO l.

CERRUTI A GREPPI (1)

Trebisonda, 10 maggio 1862. Siamo giunti ieri mattina alle 9 in questo porto, tutti in ottimo stato di salute, e ci disponiamo a partire quest'oggi alle 6 p. m. per Poti sul Vapore russo che abbiamo trovato nel porto. La prego a darne notizia telegrafica a Torino per informazione del Ministero e delle famiglie. Mi si assicura dal Console inglese, M. Stevens, che lo Sciah non verrà più a Sultanich, trovandosi trattenuto alla Capitale da notizie poco tranquillanti giunte da Herat. Lo Sciah sarebbe anzi intenzionato a formare un Campo militare al di là di Teheran. Ecco quanto mi riferì ieri il Console inglese che mi fece parlare col Corriere giunto il 7 andante, che partì il 25 aprile da Teheran. Se ciò che riferisce· il corriere è esatto, il nostro viaggio si troverebbe prolungato di almeno un mese e dovrei fare un nuovo piano sull'insieme del nostro viaggio. Le scriverò più esattamente da Tiflis, dove saprò al giusto lo stato delle cose.

(1) Cfr. n. 317.

319

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (AST, Legazione Francoforte, cart. 5)

R. 25. Francoforte, 14 maggio 1862.

La Diète a tenu hier une séance extraordinaire pour délibérer sur la récente proposition de la Prusse tendante à inviter l'Electeur de Hesse à revoquer son édit du 26 Avril dernier relatif aux élections dont j'ai fait connaìtre la teneur dans ma dépeche précèdente. Une majorité de onze voix contre qua.tre contraires et deux abstentions s'est déclarée pour l'adoption de la motion prussienne, et malgré les nouvelles protestations de son représentant, l'Electeur va etre invité au nom de la Diète, à rapporter son étrange ordonnance.

En meme temps que ia haute Assemblée prenait cette importante décision, un télégramme de Berlin apportait la nouvelle que le Gouvernement prussien se préparait à mobiliser deux corps d'armée pour occuper militairement la Resse

Electorale, dans le cas où l'Electeur persisterait dans sa rés1stance aux injonctions fédérales. Cette nouvelle a produit ici une très grande sensation, et l'on se demande avec anxiété, ce que va faire l'Electeur de Resse en présence de la sommation qui va lui etre adressée. La situation a cela de remarquable que la conduite insensée du Chef de l'Etat a tellement exaspéré le sentiment public, que après avoir si longtemps souffert de son despotisme, le pays compte aujourd'hui sur son opiniàtreté pour déterminer une intervention militaire qui mette fin à un état de choses devenu intolérable. Pour mettre à exécution son projet à"intervention la Prusse a besoin, il est vrai, de l'autorisation fédérale, mais les circonstances sont tellememt pressantes, qu'elle peut à la rigueur s'en passer, sauf à obtenir ensuite de la Diète une ratification qui ne lui serait certainement pas refusée.

Les choses en sont là pour le moment; et comme tout va dépendre de l'attilude que prendra l'Electeur de Resse, il est difficile de prévoir d'une manière certaine ce qui va sortir de toute cette affaire. L'opinion la plus accréditée cependant est que la question a fait un pas décisif, chose fort rare dans !es discussions soumises à I'Assemblée fédérale, et que toutes Ies chances sont pour une occupation de l'Electorat par l'armée prus~ienne.

Quoiqu'il en soit, l'on doit le reconnaitre dès à présent, par son attitude énergique dans une question qui intéresse au plus haut point !es libertés constitutionnelles de l'Allemagne, la Prusse a quelque peu relevé sa politique si gravement compromise par sa récente dissolution des Chambres et !es allures réactionnaires de son Ministère. Quelques personnes croient méme y voir l'indice de tendances à se remettre à la tete du mouvement national; mais ce sont là évidemment des espérances exagérées, et que1que habitué que l'on puisse étre aux revirements subits de la politique prussienne, il y a encore dans les idées du chef de l'Etat et celles de son entourage trop d'attachement aux anciennes traditions pour permettre de croire à un aussi brusque changement. La vérité est que le Ministère prussien, frappé de son impopularité en Allemagne, a voulu se relever aux yeux du parti libéral en faisant une démonstration vigoureuse qu'il sait devoir lui étre aussi sympathique que profitable aux intéréts de la Prusse. Pe·rsonne n'ignore en effet que de tout temps la Prusse a convoité le territoire Ressois, qui constitue une véritable barrière entre ses possessions du Sud et du Nord, et qu'une fois qu'elle y sera entrée, il ne lui manquera pas de motifs pour justifier le maintien de son occupation.

P.S. -La dernière dépèche devait porter le no 24.

(1) Copia.

320

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (AST, Legazione Francoforte, cart. 5)

R. 26. Francoforte, 14 maggio 1862. Les récentes déclarations du Ministre des Affaires Etrangères Autrichien

relatives à l'intention où est l'Autriche de ne plus intervenir dans !es affaires d'Italie, en se renfermant dans une attitude purement défensive, ont été accueillies avec une très grande faveur en Allemagne. Elles ont produit d'autant plus d'effet que prononcées par le Comte de Rechberg, ce partisan fanatique de la politique de compression du Prince de Schwarzenberg, l'on a cru y découvrir le résultat d'un changement profond de convictions résultant d'un ensemble de choses et d'événements contre lequel l'on avait reconnu à Vienne qu'il était devenu dangereux de lutter plus longtemps. Les partisans et les organes de l'Autriche prétendent bien, il est vrai, que les déclarations du Ministre Autrichien ne s'appliquent qu'à la situation présente, sans engagement pour l'avenir, mais ce sont là évidemment des raisonnements sans portée destinés à masquer la défaite d'une politique désormais impossible.

Quant à la question de Venise dont le Comte de Rechberg a présenté la possession comme interessant au plus haut point la défense du Sud de l'Allemagne, il est possible que ses assertions puissent avoir du succès dans une réunion purement Autrichienne par suite des questions d'amour propre militaire qui s'y rattachent, mais il est certain qu'en Allemagne, si l'on en excepte naturellement les Gouvernements dévoués à l'Autriche, l'on ne partage point une pareille opinion, et que dans la supposition la plus favorable aux intérets Autrichiens, l'on se montre fort indifférents aux dangers imaginaires que le Cabinet de Vienne s'applique à faire dériver de la perte de la Vénétie. Au reste, l'opinion générale est que malgré l'étalage bruyant que fait l'Autriche de ses forces et de ses intérets politiques pour conserver le territoire vénitien, ·cette province n'a pas plus raison de rester entre ses mains que la Lombardie, et que par la force meme des choses ou celle des armes, elle doit tòt ou tard échapper à sa domination.

321

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, E AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 150. Torino, 15 maggio 1862 (a Nigra ore 17, a Durando ore 20). Saisi à Bergamo armes e~ munitions destinées à une tentattve sur le Tyrol. Ar.rreté Nullo Colone! Garibaldi avec 50 autres agitateurs. Garibaldi déclarant vouloir prendre le tout sous sa responsabilité, demande que Nullo soit relàché, manifestation à Bergamo pour la libération de Nullo et de ses compagnons. Le Gouvernement a répondu par l'ordre de conduire les arretés dans la forteresse d'Alexandrie. Renforcé les garnisons de la frontière. Ordre donné pour l'internement des émigrés vénitiens. Les menées garibaldiennes .déjouées partout.

Arrestation du Colone! Cattabene contre laquelle Garibaldi a protesté, a été ordonnée par l'Autorité judiciaire.

322

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 152. Torino, 15 maggio 1862, ore 22,30.

Manifestation de Bergame dispersée paisiblement, calme complètement rétabli. Garibaldi reparait 'et se porte garante qu'il ne sera rien tenté ·Si l'on met

23 -Documenti diplomatici • Serie I • Vol. II.

en liberté les arretés; on y répond en ordonnant de nouveau aux Autorités d'exécuter l'ordre reçu de les transférer à Alexandrie. On a préparé une Circulairc aux Préfets pour les engager à veiller et à éclairer le public sur les véritables intentions du Gouvernement à l'égard des tentatives qu'un parti veut faire abusant du nom de Garibaldi et à employer au besoin toute l'énergie nécessarie pour les empecher. Fontana qui vient d'arriver de Genes la signera et elle sera expédiée demain matin. Les ordres du Gouvernement sont exécutés. Une dépeche arrivée dans ce moment annonce l'arrestation de 44 individus qui comme les premiers sont dirigés à Alexandrie. Le Préfet de Perugia nous écrit qu'une centaine de Carabiniers Pontificaux seraient disposés à prendre du service dans notre armée à condition qu'on leur conserve les grades. Je lui ai répondu que dans ce moment le Gouvernement ne croit acceptable ni cette proposition ni ces conditions. Le Chargé d'Affaires de Prusse tres inquiet sur ce qui se passe à la frontière et pour ce qui concerne les soi-disants émigrants qui devaient s'embarquer à Genes. J'ai taché de le rassurer.

323

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI

T. 223. Napoli, 15 maggio 1862, ore 21,30 (per. ore 21,50).

Reçu les trois dépeches d'hier soir (1); le Conseil des Ministres approuve entièrement votre conduite; persistez vigoureusement. Les Ministres des Finances

e: de la Guerre partent sur le Due de Génes et seront à Turin après-demain matin.

324

IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 61. Atene, 15 maggio 1862. Ieri l'altro sbarcava al Pireo il signor Elliot nuovo ministro inglese appresso il re Ottone. Conducevalo da Corfù un vascello ripartito subito la dimane per le acque del Levante. Nel porto fu salutato dalla corvetta greca l'AmaLia e dalla nostra fregata; e il comandante del vascello se ne mostrò talmente soddisfatto che spiegò bandiera italiana nell'albero maestro. A questa. occasione piacemi di

ripetere a V. E. che i portamenti del comandante dell'Archimede sono in tutto lodevolissimi e debbesi dire il simile dei suoi ufficiali e dell'intero equipaggio.

V. E. ben sa che questo nuovo Ministro inglese è fratello minore di Lord Minto e cognato di Lord John Russell e rappresentò negli ultimi tempi il governo della Regina in N a poli. A seco la moglie e due addetti di ambasciata. Vogliono sia investito d'una missione straordinaria, compiuta la quale lascerebbe la Grecia.. Egli non à fatto visita ancora ad alcuno.

Sabato si compiranno i dieci giorni di proroga intermessi alla apertura del Parlamento e che dovevano dare tempo e agio a qualche nuova deliberazione;

ma nulla è comparso, salvo un decreto di amnistia per le sollevaziont parziali accadute fuori della città di Nauplia. Dodici individui, tre ufficiali e nove borghesi, ne sono esclusi. Oltre questi sono eccettuati i disertori, i quali debbono soggiacere alle pene inflitte dal codice militare; e la cosa è significata con tanto poca chiarezza che parrebbe il decreto volere includere gli amnistiati stessi di Nauplia in quanto disertori. In fine, sono eccettuati coloro che procacciarono lo scarceramento del Dossio e di altri imputati politici; e qui pure parlandosi in generale della liberazione dei prigionieri sembra volersi comprendere altresi coloro che trassero fuori dei luoghi di pena i forzati. Tali categorie e tali dubbiezze recano gran detrimento di merito appresso il popolo a un atto buono per sè e molto idoneo a conciliare gli animi e ri·condurre la pace nel Regno.

Con diversi decreti sono molti ufficiali amnistiati posti fuori di servizio attivo e relegati in diversi luoghi: altri sono relegati e sospesi a tempo; a parecchi similmente è levata l'attività di servizio per iscioglimento dei corpi loro rispettivi; alcuno, in fine, è messo in aspettativa. Tutte queste punizioni, forse necessarie, sono peraltro considerate come sleali perchè succedono all'atto d'amnistia e a quella specie di tacito accordo già intervenuto fra gli insorti e il governo.

Del resto, sebbene si parli sempre della mutazione di Ministero, i rinunzianti rimangono tuttavia in posto e s'aiutano di reintegrarsi alla meglio nella fama pubblica. Il Re non chiama nessuno a Palazzo; ma seguita l'uso di mandare gente di Corte a scandagliare e tentare ora questa persona ed ora cotesta. Ma insino a qui ciascuno risponde di non voler entrare al governo senza la previa disposizione di scioglier le Camere cadute in odio e in disprezzo all'universale e state insino ad oggi cagione principalissima della scontentezza comune essendo servite di mezzo e di schermo continuo a tutte le illegalità e i soprusi.

Il probabile è dunque che S. M. prosegua a valersi dei presenti ministri e delle presenti camere e faccia proporre e approvare una riforma della legge elettorale e altri provvedimenti desiderati e d'indole popolare, cosi guastandoli nel loro nascere e mostrandosi egli al tempo stesso debole innanzi all'opposizione e inabile a soddisfall"la. Vero è, puranche, che qui ogni cosa è viziata; gli uomini sono corrotti e le istituzioni tutte falsate, onde qualunque provvedimento si pigli non sembra bastevole a cavar le cose dal tristo circolo di illegalità e d'impotenza nel quale sono entrate. Ma il carattere lento, irresoluto e dissimulato del Principe è forse il peggiore dei danni in mezzo ad accidenti si gravi e incalzanti. Nè i partiti si rimangono con le mani a cintola; ed è cosa da notare che in meno di due mesi sono usciti del torchio tre opuscoli a Parigi, uno a Bruxelles, uno a Smirne, e tutti violenti contro il governo greco attuale, senza punto risparmiare la persona del re. A tali stampe fanno eco i giornali dell'isole jonie e i giornali greci di Trieste, di Londra e di Vienna. Sono pure accadute dimostrazioni a Costantinopoli e a Smirne, dove prima della resa di Nauplia, uno scritto che aderiva alle massime proclamate dagl'insorti raccolse da oltre settecento firme di greci. Per contra, la stampa che difende il governo è tacciata con ragione di venalità e riesce poco o nulla autorevole. Il tutto insieme di tali fatti e di tali indizi dà seriamente a pensare. Ma il governo se ne mostra affatto incurante, e, se io non piglio grosso errore, una fatalità ineluttabile comincia a trascinare questa Corona alla sua ruina. Per tutto ciò, concludo novamente pregando V. E. a volere con

siderare se non sia conveniente al governo italiano di adoperare ogni sua forza morale per rimettere questo paese nelle buone vie costituzionali e impedire che l'elemento greco perda ogni valore ed ogni importanza nella gran questione odentale e solo vi domini e vi padroneggi l'elemento slavo, che vuol dire la Russia (1).

(1) Cfr. nn. 321 e 322.

325

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI-GAROFOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 226. Madrid, 15 maggio 1862.

Le voci più contraddittorie corsero qui ieri ed oggi a proposito delle notizie pervenute sia per mezzo del corriere giunto il 12 in Cadice, sia per quello della via telegrafica da Londra, sugli affari che succedono in Messico. Il certo a quel che pare si è la protesta del Generale Prim contro la marcia dell'esercito su Messico e la conseguente sua partenza per Cuba. Però anche su quest'ultimo grave successo non è possibile per ora portarne un giudizio esatto. Si attende perciò l'arrivo del signor Mazo, Impiegato civile nell'Avana, spedito da·l Generale Serrano con pieghi per questo Governo, il quale già si sa giunto in Parigi. Si ritiene dunque che il detto Generai Serrano, come ebbe l'annunzio dal Prim che era sua intenzione di lasciare il territorio Messicano, non credendo poter rifiutare le condizioni proposte dal Suarez e rigettate dal Generale Lorencez, abbia inviato il Generai Gasset secondo comandante di Cuba a prendere il comando dell'esercito spedizionario, e nello stesso tempo abbia spedito in Europa il Mazo a render conto al Governo Spagnuolo dell'accaduto, e ricevere istruzioni. Per ispiegarc per quanto mi è dato questo imbroglio Messicano è necessario che mi faccia carico delle intenzioni che portò seco il Prim di qui. Egli si era illuso che la sua persona potesse essere la destinata a reggere i destini del Messico ed i suoi amici non nascondevano queste speranze ed i sogni dorati di tutta la comitiva di Prim erano lo scherzo di tutte le persone Se!I'ie. Il. Ministero O'Donnell vivendo si può dire solo pel giorno, non mirava di mal occhio queste speranze di Prim non considerando che l'utile momentaneo, ed era quello di vedere un temibile avversario allontanarsi dalla Spagna. Perciò il Conte di Rens non credeva di avere seri competitori, non curandosi gran fatto dei candidati di questa Corte, non potendosi per certo prendere sul serio personaggi come l'Infante D. Francisco e l'altro pur consimile come il D. Sebastiano. Ma ora vedendo che la Francia non appoggia le sue idee, idee che erano forse fomentate da certe parole dettegli dal· l'Imperatore in Vichy or son dieci mesi; che anzi vedendo prender piede la candidatura del Massimiliano e trovandosi a fronte un Generai~ Francese dell'energia ben conosciuta come è quella del Lorencez, scontento per molte altre circostanze, si decise a ritirarsi. Il Ministero qui si mostra molto di ciò preoccupato ed i consigli di Ministri hanno luogo con frequenza, ma nulla però si decide prima di conoscere il contenuto nei Dispacci del Serrano che giungeranno facilmente domani.

Mi consta che già quest'Ambasciatore francese ebbe ad abboccarsi in proposito col Duca di Tetouan ed entrambi si accusarono a vicenda d'aver violato il Trattato di Londra, ma pur sempre si riservano a riconoscere meglio l'affare dopo l'arrivo del sospirato messo.

L'opinione però generale qui si è che si considererà la partenza di Prim come una semplice dimissione e che il Generale Gasset verrà incaricato di secondare i piani del Generale Francese Lorencez. Il fatto più singolare in tutto ciò si è una copia qui giunta ad un amico di Prim d'una lettera che detto Generale dirigeva all'Imperatore Napoleone in risposta ad una che lo stesso Imperatore spediva al Prim col mezzo del Generale Lorencez. Detta lettera, che sentii a leggere dallo stesso amico, è un documento che non manca d'importanza, rispettoso nella forma è insolente nella sostanza, e ,spiega tutta la conse:guente condotta del Generale Pil'im. Un giornale di qui ne pubblica oggi un sunto e trovandolo più esatto di quello che potrei farlo io 'stesso mi dò l'onore di rispedirlo qui unito a V. E. (1).

Da qualche giorno vedo nei giornali spagnuoli parlarsi di possibile riavviclnamento tra l'Italia e la Spagna, non so per verità se queste voci si fanno correre con intenzione o meglio se sono solo composte per riempirne alcune linee di questi voluminosi giornali. Crederei però mancare al mio dovere di operatore se non ne facessi cenno a V. E. ed a maggior schiarimento mi dò l'onore di qui unito spedirgliene un articolo che in proposito pubblicò la Epoca (2).

(1) Notazione marginale del Durando: • Questo parrebbe desiderabile, ma con qual mezzo, con quale influenza? Quella dinastia ha un peccato originario, che è difficile guarire •.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 153. Torino, 16 maggio 1862, ore 10.

Mani!festation de Bergame dispersée paisiblement, calme complètement rétablie. Autres volonta'ires ont été arretés à Sarnico et conduits comme les premiers dans la citadelle d'Alexandrie. A Bresc'ia attroupement tumultueux demandant la libération des arretés et surtout du Colonel Nullo leur chef fut dispersé par la force. Un bourgeois tué et trois blessés. Maintenant l'ordre règne partout. Le gouvernement a pris les mesures nécessaires pour qu'il ne soit plus troublé.

327

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T 154. Torino, 16 maggio 1862, ore 16,30.

Par la dépeche Fontana vous aurez su les événements de Brescia où règne maintenant l'ordre; Nullo et Ambiveri avec les autres arretés sont déjà dans la citadelle d'Alexandrie. Garibaldi persiste à vouloir prendre la responsabilité de la tentative avortée. Plezza envoyé à Trescore pour engager officieusement Gari

baldi à quitter les lieux. Dans la Circulaire comme dans l'exposé des faits insérés dans la gazette on a menagé Garibaldi ~n dtsant que les agitateurs avaient abusé de son nom, c'est le seui moyen de nous défendre aux yeux de l'Europe de ne pas l'avoir fait an·eter. Nous sommes maitres du terrain et cela suffit. J'ai donné connaissance à Nigra des faits principaux. La fermeté que le gouvernement a déployée dans cette occasiona produit un excellent effet en sa faveur sur l'opinion publique.

(1) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicato.
328

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI

T. 224. Napoli, 16 maggio 1862, ore 10,10 (per. ore 10,30).

Il est convenable de faire insérer dans le journal officiel un rapport sur ce

qui vient de se passer à Bergame afin de rassurer les esprits et éclairer l'opinion publique d'Europe.

329

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 227. Parigi, 16 maggio 1862, ore 17,45 (per. ore 18,20).

Je vous remercie de vos télégrammes, on applaudit ici aux mesures que l'on prend pour .empecher des tentatives insensées et coupables.

330

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 228. Francoforte, 16 maggio 1862, ore 6,45 (per. ore 20,50).

L'Electeur de Hesse a cédé aux ordres de la Diète au grand désappointement

de la Prusse. Tout projet d'occupation militaire du territoire Hessois est pour le moment écarté.

331

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 155. Torino, 17 maggio 1862, ore 11.

Les arrestations des volontaires continuent. On a saisi de tout còté des armes et des chemises rouges, et de la poudre. La tranquillité publique est assurée; la frontière bien gardée contre toute tentative. L'internement des émigrés vénitiens

va son train. Garibaldi écrit aux volontaires arretés: laissez-vous conduire, je vous autorise à dire que vous avez été appelés par moi à Bergame.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 398. Berlino, 17 maggio 1862.

Je vois presque tous les jours le Comte Brassier de St. Simon. Nous nous concertons avec une entente complète. Je reste dans les coulisses en le laissant agir. Il s'.en acquitte avec beaucoup d'intelligence. Dans son premier entretien avec le Roi, il a parlé avec une grande franchise, et du consentement de Sa Majesté il a rédigé un mémoire (1) dont il a bien voulu me donner lecture confi.dentiellement, dans lequel il cite et combat les différens argumens allégués par nos adversaires pour emp~cher la Prusse de procéder à l'acte de la reconnaissance de l'Italie. Il expose ensuite les raisons urgentes qui devraient induire le Cabinet de Berlin à ne pas retarder un acte conseillé par une politique prévoyante de ses propres intér~ts etc, etc, etc. Ce travail, véritable chef d'ceuvre, a été remis au Comte de Bernstorff qui n'a pas encore pu le présenter à son Souverain, vu les préoccupations causées par la question de la Resse.

Monsieur le Comte Brassier désire qu'ici camme à Turin ces détails restent tout à fait secrets, parceque nos adversaires, en ébruitant ses efforts en notre faveur, travailleraient à les contrecall'rer.

J'ai donné au Comte Brassier un grand diner diplomatique auquel j'avais invité les membres les plus infl.uens du Ministère et tous ceux de mes collègues dont les Gouvernemens ont reconnu l'Italie. Le Comte de Bernstorff m'a rendu la politesse. Dans ces deux ·occasions il 'a été pour moi d'une bienveillance parfa'ite, sans cependant me laisser encore entrevoir le terme de la situation irrégulière qui existe entre les deux pays. «Il faudra, dis<tit-il, voir quelle tournure prendra la crise que nous travevsons en Prusse. En attendant, je conviens avec vous que le voyage de Votre Auguste Souverain à Naples et l'accueil qu'il y a reçu sont des faits d'une importance incontestable ».

Je lui ai répondu que l'acte de la reconnaissance aurait précisément pour effet de faciliter, à un haut degré, au Cabinet de Berlin les moyens de se rattacher le parti qui doute de ses intentions, précisément parcequ'il attend des preuves palpables de sa politique libérale et nationale. J e n'ai pas voulu insister davan-tage; et m~me je n'ai pas caché à ce Ministre que, depuis plus d'un mois, je m'étais volontairement abstenu de lui faire visite • (2). Nous avons en effet épuisé, sur les intér~ts réciproques de nos deux pays, tous les argumens possibles. Par discrétion d'une part, par di·gnité de l'autre, j'évite l'hotel du Ministère des Affaires Etrangères, à moins que mon Gouv&nement ne me charge de quelque communication officielle. Le jour où il plaira au Roi de changer de politique à notre égard, je reprendrai des conférences suivies avec son Ministre.

Le Comte de Bernstorff m'a répondu qu'il me savait gré de cette réserve, et qu'il se réservait, le cas échéant, de me fournir un avertissement. Ses dispositions, je le sais, sont toujours bonnes pour nous; mais il manque d'initiative et

d'énergie. Je ne crois d'ailleurs pas qu'il conserve son portefeuille longteml; encore. Faisons des vreux pour qu'il soit alocs remplacé par Monsieur de Bismarck, qui est l'homme de la situation. *

Un autre membre du Ministère est partisan de l'Italie, c'est M. Von der Heydt. Il y a peu de jours encore il revenait sur son idée favorite que, pour amener la reconnaissance, nous devions prendre le biais de proposer un traité de commerce, une convention postale. J'ai objecté que nous ne pourrions le faire qu'à deux conditions: 1° que le Gouvernement Prussien prit l'engagement de traiter avec le [sic] représentans du Roi d'Italie, 2° que ne pouvant camme membre du Zollverein négocier à lui seul, il nous donnàt l'assurance qu'il recevrait de ses co-Etats les pleins pouvoirs nécessaires à une t'elle négociation.

M. Von der Heydt pensait que jces .questions préalables ne devraient pas nous arreter. A son avis, si nous faisions des ouvertures, nous devrions éviter de mentionner officiellement et par écrit ces questions, mais me charger simplement de la [sic] mettre en avant d'une manière verbale. Il y a sans doute des Etats, comme le Hanovre la Bavière qui, s'ils ne consultaient que leurs sympathies, opposeraient un refus péremptoire; mais ils ont à compter avec l'opinion publique qui veut que les Gouvernemens ne négligent pas les intérets économiques, et ils n'oseraient pas se prononcer conke la négociation, pas plus qu'ils ne l'oseraient pour le récent Traité entre le Zollverein et la France.

Je n'ose conseiller de nous rendre aux avis de M. Von der Hcydt.

V. E. avisera dans sa sagesse (1). Si les autres collègues de Monsieur Von der Heydt pensaient comme lui et le Comte de Bernstorff, nous ne devrions pas hésiter; mais la majorité du Ministère nous donnerait une boule noire, et nous risquerions de voir les négociations se prolonger outre mesure sur des prétextes qu'il est facile de susciter en pareille matière. Il me semblerait que, tout en prenant note de l'opinion de M. Von der Heydt, il vaudrait mieux attendre de voir les Chambres et le Ministère aux prises, et de quel còté la balance penchera.

Je crois savoir que l'Empereur Alexandre travaille sur la Cour de Prusse pour la retenir de nous tendre la main; tout au moins Il désirerait qu'en tems opportun la Russie et la Prusse agissent d'un commun accord. A St. Pétersboul'g on se plaint de ce qu'à Genes on publie un journal imprimé ou lithographié en langue russe, feuille écrite dans un sens tres révolutionnaire (2). On voit également de mauvais reil une école polonaise établie dans la meme ville (3). En outre on se ptréoccupe de prétendues affinités du parti dit de l'action avec les élémens républicains en Europe (4). Le Prince Gortschakoff est moins accessible à c·e.s accusations, ou à d'autres calomnies semées sur notre compte; mais il se croit obligé de ne pas rompre en visière avec les préjugés du Czar et de tems à autre il fait quelques dépeches ad usum Delphini, dont il Lui donne lecture ne serait-ce que pour se disculper lui-meme de la ré)Jutation de libéralisme que lui font ses ennemis de la camarilla! Et comme les passions du creur influent

souvent sur les actes humains, on IJrétend que le Prince Gortschakoff qui est assez vivement épris (en tout bien tout honneur... ) des charmes de Madame Regina la femme du Ministre de François II, dit quelquefois «Comment serais-je traité 'Par cette Dame IJOUr mon compte, si pour le sien je ne preche pas une politique de soumission et de dévouement à son drapeau? ».

(1) -Cfr. Die auswiirtige Politik Preussens, 1858-1871, II, 2, n. 459. · (2) -l passi tra i due asterischi sono in Die auswiirtige Politik Preussens, 1858-1871, II, 2, p, 637, nota l. (1) -No.tazione marginale del Durando: c Aspettare •. (2) -Notazione marginale del Durando: c Nous l'ignorons. S'informer de cela •. (3) -Notazione marginale del Durando: c Elle n'y est plus. On peut l'assurer. Ce n'était qu'une chose de particuliers •. (4) -Notazione marginale del Durando: c Démentir -Les derniers faits de Bergamele prouvent •.
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L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, DELLA MINERVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 50. Lisbona, 17 maggio 1862. Il Marchese Della Ribera, Ministro di Spagna presso questa Corte, ha preso l'iniziativa di parlare al Marchese di Loulé, Ministro per gli Affari Esteri, offrendo di consegnargli le carte, i denari e gli oggetti che aveva ritrovato negli Archivii del ~onsolato Generale delle Due Sicilie, affinchè egli li rimettesse a chi di diritto, facendo osservare, che tali oggetti appartenendo a terze persone, queste potevano soffrir danno nei loro interessi .per un prolungato ritardo. Il Marchese di Loulé si prese tempo a rispondere volendo prima parlarne con me. Difatti ieri me ne tenne parola ed io sebbene non avessi istruzioni eventuali a questo riguardo, non dubitai di rispondere al Ministro degli Affari Esteri, che trattandosi di cosa utile agli interessi dei sudditi italiani, credeva di poter accettare dalle sue mani quanto poteva giovare ai medesimi, giacchè il fatto stesso della rimessione di tali oggetti operata senza alcuna mia domanda non implicava alcun impegno nella questione di principii che motivò la rottura delle relazioni diplomatiche, e solo io vedeva in ciò un procedimento grazioso per parte del Ministro Spagnuolo e forse un desiderio, (se ciò ebbe luogo in seguito ad ordini del suo Governo), di aprire una via ad una conciliazione fra i due Paesi. Ho fiducia che l'E. V. approverà la risposta che diedi al Ministro degli Esteri, ed in tal guisa spero di poter quanto prima trasmettere le carte e i denari spettanti agli interessati nel naufragio del Brigantino S. Michele appartenente al Dipartimento marittimo di Napoli, a favore dei quali codesto Ministero mi dirigeva dispacci nn. 6 e 1.2. Del pari io spero .trovare in queste carte gli ·Schiarimenti intorno all'eredità del signor Parisi morto in Loanda (Disp. n. 18 e n. 2 Div. Cons. Serv. 1°, 3 aprile). Credo di non poter meglio corrispondere all'ordine ricevuto di procurare le carte comprovanti i servizii prestati dal Bottesini (Disp. n. 25) se non trasmettendo all'E. V. il riscontro che il Colonnello D. Antonio José di Mello e Saldanha

mi ha diretto per parte del Visconte Sa da Bandeira Ministro della Guerra. Segnandole ricevuta dei dispa·cci fino al n. 26 inclusive ho l'onore...

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 235. Parigi, 18 maggio 1862, ore 18 (per. ore 20,15).

Je vous remercie des instructions. Tous les amis de l'Italie applaudissent ici à l'énergie montrée par le gouvernement du Roi.

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CIRCOLARE DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO (1) (Ed. in L V 4, pp. 7-8)

CONFIDENZIALE. NapoLi, 19 maggio 1862.

Mes communications précédentes et la voix publique vous ont appris que des préparatifs ont été faits sur quelques points de nos frontières en vue d'une agression contre un Etat voisin, et que, dès le début, ils ont été arrètés par l'autorité avec toute la vigueur et la promptitude nécessaires. L'instruction judiciaire qui est commencée dévoilera quelles mains ont poussé une jeunesse irréfléchie à cette tentative téméraire, quel but fina! se proposaient les organisateurs de l'entreprise, s'ils obéissaient enfin à un aveugle élan de patriotisme ou s'ils servaient des desseins cachés d'une faction obstinée, désavouée par l'opinion publique, et isolée de l'action féconde, de l'initiative puissante du principe mo· narchique et constitutionnel.

A considérer les anciens artifices employés, dans plusieurs circonstances analogues, par les ennemis de notre régénération national, il ne parait point invraisemblable que cette fois encore ces mèmes ennemis aient contribué à accroitre le mal, soit dans l'intention de troubler cette admirable concorde intérieure qui fait Ieur impuissance, soit afin de jeter sur nous la grave responsabilité d'une agression qui pouvait mettre en péril la paix européenne, soit pour contraindre au moins le Gouvernement de recourir à ces actes de répression qui laissent toujours, quelque justes qu'ils soient, des germes fiì.cheux de récriminations et de dissensions intestines.

Quoi qu'il en soit, il nous importe de manifester sans réticence à l'Europe la ferme résolution prise par 1e Gouvernement d'extirper jusqu'à la racine tout pouvoir occulte tendant à entraver l'application régulière de la loi, à empiéter sur les prérogatives du Gouvernement, à compromettre Ies élémens de la prospérité publique, à faire croire enfin à l'existence d'une double Italie, l'une régie par la loi, l'autre livrée aux sectes.

Les derniers événements vous prouvent, Monsieur, que telle est notre volonté délibérée, rigoureusement dictée du reste par notre devoir. Ils vous prouvent aussi que, comme vous avez été chargé précédemment d'en donner l'assurance formelle au Gouvernement de . . . . . . ., les moyens de maintenir cette ligne de conduite ne nous font point défaut, et qu'en les employant dans les limites de la légalité, nous sommes assurés du concours de l'universalité des citoyens. Le Gouvernement du Roi ne peut et ne veut tolérer, ni à son coté ni au dessus de lui, aucune action, aucun pouvoir irresponsable et n'émanant point du Statut, quel que soit le nom, quelle que soit la popularité dont ce pouvoir ou cette action se couvre.

Je vous prie, Monsiellll", de tenir au Cabinet auprès duquel vous ètes accrédité un langage conforme à ces principes, et de donner lecture et copie, si on le désire, de cette dépèche.

(1) Cfr. minuta in italiano in COLOMBO, 13.

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IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (AST, Legazione Francoforte, cart. 5)

R. 27. Francoforte, 19 maggio 1862.

Ainsi que j'ai eu l'honneur d'en informer V. E. parma dépeche télégraphique d'aujourd'hui (1), l'Electeur de Resse, après de violentes explosions de colère qui rendaient fort incertaine sa décision, a fini par juger prudent, en face du danger imminent qui menaçait son territoire, de céder aux injonctions de la Diète, en ·faisant déclarer par son Envoyé qu'il consentait à rapporter sa dernière ordonnance sur les élections. Toutefois par un reste d'opiniatreté qu'explique assez sa profonde irritation, il a voulu qu'il fut bien constaté qu'il cédait aux ordres de la haute Assemblée et non point à l'expression d'un simple désir, comme le portait la communication fédérale. Sans vouloir entrer dans l'examen de cette distinction, la Diète a accepté purement et simplement la déclaration de Son Altesse. Quelque satisfaisante qu'elle soit au point de vue fédéral, cette solution ne peut .guère etre du goùt du 'Gouvernement Prussien dont les deux corps d'armée concentrés sur la frontière n'attendai>ent que le moment d'envahir le territoire si convoité de l'Electeur, et qui d'autre part comptait beaucoup sur son acte d'énergie en faveur des libertés Ressoises pour reconquérir la popularité qu'il a perdue en Allemagne et se présenter devant les Chambres avec le fa'it accompli d'une occupation militaire réclamée depuis longtemps par tout le parti libéral. L'Electeur de Resse a deviné cette situation, et en cédant au dernier· moment, et seulement sur les instances de l'Autriche, a déjoué les combinaisons du Cabinet de Berlin, qui aux yeux du pays ne pourra se prévaloir que de ses bonnes intentions. Au reste, dans cette circonstance, Son Altesse a agi avec d'autant plus d'habileté que tout en ayant l'air d'avoir bravé la Prusse, sa soumission a eu l'avantage de garantir son territoire, sans rien changer au fond de la question qui probablement restera encore longtemps la meme avec toutes ses obscurités et toutes ses lenteurs. Toutefois, si l'incident entre le Gouvernement de l'Electeur et la Diète est vidé, il en est surgi à la suite un autre qui par son caractère personnel entre le Roi de Prusse et le Prince pourrait avoir de sérieuses conséquences, si tout en Allemagne ne finissait ordinairement par des accomodements. Ainsi que V. E. en a été sans doute informée, l'Electeur de Resse et son Cabinet ont :fort mal reçu le Général Willisen chargé par le Roi de Prusse de remettre à Son Altesse une lettre autographe de Sa Majesté. Non seulement l'Electeur a fait attendre plus de six heures une audience au royal messager, mais encore à peine entré, il a jeté sur la table avec un violent geste de colère et sans vouloir l'ouvrir, la lettre qu'on lui présentait, ·en ajoutant textuellement: « qu'il ne se rendrait

jamais aux conseils du Roi, attendu que Sa Majesté se trouvait vis-à-vis de son peuple dans la meme position que lui-meme vis-à-vis du sien ». Comme répara

(l} Non pubblicato.

tion d'un pareil outrage, le Roi de Prusse exige aujourd'hui que l'Electeur renvme son Ministère, et lui a donné deux jours de réflexion pour faire une réponse. Que va-t-il sortir de ce nouveau confl'it? C'est ce que l'astucieuse habileté de l'un et la faiblesse de caractère de l'autre ne laissent que trop deviner. Tout se réduira probablement à une insignifiante modification de personnes dans le Ministère, ou peut-etil"e meme à une stérile expression de regrets.

Le Ministère Prussien éprouve telletnent le sentiment de sa propre faiblesse vis-à-vis de la nouvelle Chambre, qu'il vient d'essayer de s'adjoindre un élément libéral en faisant parvenir à son Envoyé ici la proposition de faire partie du Cabinet. Mais M. d'Usedom dont les idées profondément libérales ne peuvent s'accomoder des tendances actuelles de son Gouvernement, et qui ne s'en cache pas, a decliné des offres qui ne vont pas plus à son caractère qu'à ses opinions.

337

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGAÌU, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 160. Torino; 20 maggio 1862,. ore 15,45.

Le Secrétaire de la Légation de France est venu me donner connaissance d'un télégramme dans lequel le gouvernement de l'Empereur félicite celui du Roi pour avoir fait avorter les tentatives contre le Tyrol en ajoutant que la

conduite du Gouvernement du Roi dans cette occasion facilitera la reconnaissance de l'Italie par la Russie et la Prusse.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in L V 4, pp. 8-10) (1)

D. CONFIDENZIALE S. n. Napoli, 20 maggio 1862.

Le chaleureux accueil fait au Roi, Notre Souverain, dans les provinces qu'il vient de visiter, et particulièrement dans ceUes du midi, vous a montré combien le sentiment de l'unité nationale s'est développé et affermi depuis deux ans dans la conscience des populations italiennes. Lorsque, au mois de Juillet 1860, le Gouvernement des Bourbons de Naples, qui ne se soutenait plus que par un système de corruption organisée, tomba comme de lui-meme à la première secousse, ceux qui connaissaient imparfaitement l'Itclie purent croire que cet événement n'était que le résultat d'une surprise ou le fruit de la trahison, et que avec plus d'expérience, le jeune Roi eut pu échapper à sa destinée; il était difficile pourtant de ne pas voir, dans l'isolement meme où s'était trouvé le dernier représentant de la dynastie déchue, la preuve évidente que les forces

vives du pays s'étaient retirées de cette rac,e, et que rien ne la rattachait plus au peuple qu'elle avait si mal gouverné.

Cette impression de défiance et de doute, malgré la .clarté des faits, domine encore les dispositions de quelques Puissances à notre égard: lentes à accepter le jugement favorable porté déjà par l'opinion générale, elles ont semblé attendre que l'reuvre de la nation régénérée reçut la sanction du temps. Deux ans cependant se sont écoulés et l'épreuve est complète: la popularité vraie du Roi, l'attachement universel à l'ordre de choses établi sont des témoignages qui ne sauraient etre atténués par les difficultés inséparables d'une telle transformation, et ces témoignages attestent hautement que la fusion est un fait désormais accompli et accepté.

Un fl.éau cependant affiige encore les provinces méridionales: je veux parler du brigandage; tour à towr menaçant et reprimé, laissant voir à chaque effort nouveau l'épuisement progressif de ses forces, dégénérant enfìn de plus en plus en une sorte de chouannerie qui :n'est inquiétante que pour la sureté des person~ nes et des propriétés, et qui met au service d'un tròne perdu et d'une foi qui n'est point menacée les tristes exploìts de malfaitewrs vulgaires.

Nous en avons cherché et constaté les causes dans les conditions déplorables où se sont trouvées ces pròvinces dans le passé. Les traces laissées par une mauvaise administration disparaitront avec le temps sous l'action constante d'un gouvernement vigilant et actif. Mais parmi les causes qui entretiennent le brigandage, il en est qui .·sont hor·s de la portée de nos moyens d'action. Telle est l'infl.uence d'un Gouvernement voisin que ses ·conditions particulières d'existence rendent depuis bien des années systématiquement hostile au nòtre; tels sont les encouragements de toute espèce qu'en reçoivent des bandits à qui la nature des lleux permet de pénétrer par intervalles, en dépit de toute surveillance, sur notre territoire, telle est surtout l'action libre et immédiate de l'ex-Roi dans l'reuvre de dévastation et de désordre qu'il ne cesse de fomenter. En effet, les seules localités que le fl.éau désole encore de temps à autre sont celles qui touchent aux Etats Romains, d'où les brigands reçoivent des armes, des subsides, des récompenses. Il serait superfl.u,. Monsieur, de revenir ici sur des faits prouvés jusqu'à l'évidence par les documents que mes prédécesseurs vous ont communiqués. La conscience universelle a prononcé d'ailleurs sur ce point. Il est incontestable que le brigandage qui affecte parfois encore des apparences politiques dans les provinces napolitaines, a pour cause principale la présence à Rome de la Cour déchue.

L'Empereur, qui a tant fait pour l'Italie, et qui récemment encore, par les ordres donnés à sa flotte, a montré à l'Europe l'intéret qu'il prend à la consolidation de notre nationalité, ne peut voir, nous en sommes certains, avec indifférence qu'à l'ombre du drapeau français, et sous les yeux meme de ses soldats, dont la surveillance est inévitablement éludée gràce aux accidents du sol et à l'étendue de la ligne de frontière, des bandes pretes à toutes les violences continuent à venir de Rome s'abattre sur un royaume allié et ami.

Comptant sur les sentiments de justice et de bienveillance de l'Empereur pour l'Italie, nous n'hésitons point à recourir à sa haute infl.uence et aux bons offices de son Gouvernement, afin que l'ex-Roi et les principaux instigateurs de ces entreprises coupables soient éloignés de Rome. Personne plus que nous n'apprécie ce qu'il y a de généreux, je dirai presque de glorieux à donner l'hospitalité aux infortunés politiques. Mais il est quelque chose de supérieur aux lois de l'hospitalité; ce sont celles qui règlent les· rapports réciproques des Etats; ce sont les droits de l'humanité foulés aux pieds; c'est la nécessité de mettre un terme à des excès qui par malheur exigent des répressions rigoureuses. Il est d'autant plus indispensable d'en finir avec un tel état de choses que nos adversaires euxmemes n'en peuvent' désormais attendre d'autre résultat que l'effusion inutile du sang, et la ruine des contrées envahies; car les deux années qui viennent de s'écouler ont prouvé de plus en plus qu'il ne peut sortir une réaction sérieuse. C'est à ces devoirs internationaux, à ·ces devoirs d'humanité que nous avons cédé en diverses circonstances, lorsque nous nous sommes déterminés, bien qu'avec regret, à éloigner les réfugiés dont la présence près des frontières compromettait la sureté publique dans les Etats voisins. C'est aussi en considération de ces memes devoirs que nous croyons pouvoir attendre du Gouvernement français l'intervention efficace que nous lui demandons. Par là l'Empereur, en rendant un nouvel hommage aux principes supérieurs d'humanité et de justice, acquerra un titre de plus à la reconnaissance de l'Italie.

En vous autorisant, Monsieur, de donner lecture et copie de cette dépeche à Monsieur le Ministre des Affailres Etrangèies, je vous prie d'agréer ...

(1) Cfr. minuta in italiano in Colombo, 14.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE S. n. Parigi, 20 maggio 1862.

Ricevo da fonte sicura alcuni importanti documenti che io mi affretto a trasmettere confidenzialmente all'E. V.

Risulta da questi che il tentativo che stava preparandosi e che fu felicemente represso non fu senza accordo e partecipazione di Mazzini. Prego l'E. V. di voler fare di questi documenti un uso discretissimo affine di non compromettere le persone che me li comunicarono.

Sarebbe superfluo che io mi fermassi a far conoscere a V. E. quale impressione fu sulle prime prodotta qua dai fatti di Bergamo e di Brescia. Il Governo francese non fu senza inquietudine e con lui quanti amici sinceri ha la causa italiana in Francia. Per buona sorte l'energia dimostrata dal Governo nella pronta repressione di questi insensati e colpevoli tentativi, rinfrancò gli animi delle persone a noi favorevoli e dimostrò ai nostri avversari che l'Italia è lungi dall'essere in balia delle fazioni rivoluzionarie.

Soggiungerò che l'unanime applauso con cui la grande maggioranza della nazione accolse la fermezza dimostrata dal Governo del Re in questa circostanza fa sperare agli amici d'Italia in Francia che si coglierà questa occasione per impedire che i partiti extra governamentali continuino ad esercitare la loro pericolosa azione per altre simili insensate intraprese e tentino di strappare dalle mani del Governo del Re la direzione del movimento.

.ALLEGATO l.

COPIE TEXTUELLE D'UNE LETTRE D'UN AGENT DE MILAN (Ed. in Episodi, p. 241) Milan, 11 Mai 1862. Soir.

• Je vous écris ces lignes ce soir n'étant pas sur de pouvoir trouver le temps demain.

Voici des renseignements dont je vous garantis l'authenticité: Une expédi~ tion aura prochainement lieu au Tyro~ Italien. Le premier corps qui battra les montagnes. ne sera que de peu de centajnes. Dès que, par ce moyen, le mouvement aura pris la tournure d'une insurrection, d'autres corps de volontaires suivront.

D'après les ramificati.ons d'agents de Garibaldi, celui-ci compte avoir en peu de jours de 15 à 20 mille hommes prets à marcher, et il croit que leur nombre montera au-delà du besoin pour donner à l'armée régulière tout le temps d'en agir avec la lenteur que la disposition des divers corps d'armée demande pour qu'ils puissent se réunir sur le Mincio et le Po.

Je le répète; cette nouvelle est exacte. D'ici à huit ou dix jours, on compte etre prets pour entrer en campagne •.

.ALLEGATO 2.

EXTRAIT D'UNE CORRESPONDANCE D'UN AGENT ITALIEN (Ed. in Episodi, pp. 241-242) Le 15 Mai 1862.

• -Garibaldi attend le retour du Roi pour le voir et le décider à agir; s'il ne peut obtenir ce résultat, il est résolu à agir seui, co-G.te que co·tlte. Il veut le faire cette année afin d'empecher l'Empereur de retirer de ce mouvement l'avantage qu'il en pourrait avoir l'an prochain, si l'on attendait jusque là. Le point sur lequel commencera l'action n'est pas encore déterminé et sa désignation dépendra presqu'entièrement de l'attit'ude du Roi. Toutefois, on n'entreprendra rien avant le 22 ou le 23 Mai. A partir du 24, les circonstances commanderont. • -Garibaldi a acheté moitié au comptant, moitié sur sa signature, pour etre alors payées dans un an à dater du 12 mai, cinq mille carabines-Enfield avec munitions et " accoutrements ". L'acte a été passé entre Garibaldi et Alfred de Sommerville, fabricant d'armes de Birmingham en personne, le 12 Mai à Trescorre. • -Pour cette entreprise, Garibaldi sent le besoin du concours plus ou moins actif ou tout au moins des sympathies de l'étranger, en France, en Angleterre et surtout en Allemagne. Depuis 1859, le Général se trouvait quelque peu en désaccord avec Blind qui est un républicain pur et qui désapprouve l'alliance faite en Italie avec le principe monarchique. Dans le but de dissiper le nuage qui existe entre eux, Garibaldi lui envoie un des siens qui a pour mission d'exposer à Blind les avantages que le parti républicain unitaire allemand pourrait attendre de l'entrée victorieuse des Garibaldiens dans le territoire autrichien mais allemand; quelles espérances il pourrait concevoir et quelles dispositions il pourrait prendre dans ce cas, et dans celui où l'Empereur Napoléon voudrait arréter les tendances unitaires de l'Allemagne et prendre le Rhin. Garibaldi s'engage en outre à apporter un concours efficace contre l'ingérence de l'Empereur et contre la prise de possession d'une province allemande.

c Garibaldi est résolument décidé à ne rien faire hors de l'Italie qui puisse tourner au profit d'une monarchie. En Grèce, en Hongrie ou en Allemagne, il tendra ouvertement la main au républicanisme. L'émissaire de Garibaldi près de Blind est en conséquence chargé d'obtenir de celui-ci des renseignements sur les personnes les plus influentes du parti libéral d'Allemagne, quelle que soit la nuance à laquelle elles appartiennent, et de se rendre auprès d'elles pour les engager à soutenir l'opinion publique en faveur de l'Italie, afin d'isoler l'Autriche et lui enlever tout soutien moral en Allemagne.

c On a lieu de croire que Blind ira voir Garibaldi.

c Le Général a fait écrire à Mazzini, le 11 Mai. pour s'entendre avec lui; ce dernier doit aller bientòt dans le Tessin (Sui,sse). Garibaldi recconnait la rectitude des prévoyances de Mazzini et est résolu d'agir de concert avec lui, sauf en ce qui toucherait Victor Emmanuel. Ce dernier point, à ce qu'il résulte des conversations du Général, ne s'appliquerait qu'à la situation présente; mais une fois l'unité italienne accomplie, il en se.rait autrement.

• Le Colonel Dowling part le 15 Mai de Turin pour Londres pour recruter une centaine de jeunes Anglais qui devront, à leur.s frais, venir se joindre à l'expédition prochaine. Dowling est persuadé qu'il réussira. Cette démarche a pour but de causer une certaine impression dans l'esprit public.

c Garibaldi fait dire à Jobbé-Duval, à Paris, de faire en sorte qu'au moment où son expédition aura lieu, le peuple en France fasse quelques démonstrations si non insurrectionnelles, au moins pacifiques, et le prie de lui envoyer des renseignements sur l'état des espérances du parti révolutionnaire en France •.

ALLEGATO 3.

GIUSEPPE MAZZIN! A MAURIZIO QUADRIO, A MILAN (Ed. in Episodi, p. 243) (Traduction)

Londres, 15 Mai. Fais parvenir sans retard la lettre ci-incluse à Garibaldi par quelqu'un qui lui soit sympathique ou au moins indifférent, et qu'on ne lui demande pas de réponse. Le Roi lui a envoyé un officier pour le détourner d'une tentative contre Rome dont il lui supposait le projet. _.<\lberto Mario n'a pas écrit un mot sur ce qui a été arrété (convegno). Ils ont cherché à détourner Garibaldi de toute entreprise sur mon point. J'attendrai les amies. Je regrette que leur voyage doive étre inutile, à moins qu'on ne réalise, malgré le secret, cette subdivision dont je parlais dans ma dernière lettre.

ALLEGATO 4.

G. MAZZIN! A GARIBALDI (Ed. in Episodi, p. 243) (Traduction) Londres, 15 Mai. Sans m'arréter aux rapports qui m'ont été faits sur le langage que vous auriez tenu à mon égard, dans vos entretiens avec le Comité émancipateur à Trescorre, je m'adresse directement à vous, comme il convient, ce me semble, d'en agir entre nous. Dois-je me rendre, je ne dis pas à Lugano, cela ne vous aiderait guère, mais en Italie dans votre voisinage? Un simple Oui me fera partir immédiatement. Je crois en le devoir absolu, et à la probabilité du succès d'une entreprise sur le point que j'ai indiqué il y a un an; devoir envers l'Italie et envers les autres nationalités auxquelles cette entreprise est le secours le plus efficace. Je crois mal fondées les objections des membres du Conseil émancipateur et je suis dès lors disposé à seconder de mon intelligence et de mon bras (in anima e in corpo), votre reuvre sur ce terrain. A vous de voir si je puis étre utile. Mon adresse: W. Ashurst 6 Old Jewry, Cheapside.

J'ai reçu de vous dix mille francs dont cinq mille ont été envoyés par moi au Comité émancipateur à Génes.

340

CIRCOLARE TELEGRAFICA DEL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

T. 162. Torino, 22 maggio 1862, ore 15,50. Le Roi vient d'arriver à la capitale à 3 heures Elt demie. Il a été reçu avec un enthousiasme indescriptible. La Garde Nationale formait la haie depuis la gare jusqu'au Palais. Pour satisfaire aux acclamations incessantes d,e la foule S. M.

a dù se présenter au balcon d'où Elle assiste en ce moment au défilé pe la Garde Nationale et de la troupe au milieu des vivats les plus chaleureux.

341

IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL MINISTRO DEGLI. ESTERI, DURANDO

R. 62. Atene, 22 maggio 1862.

ò in questi ultimi giorni avuto due lunghe conversazioni col nuovo Ministro inglese signor Elliot. Nella prima, egli medesimo m'istruiva di dover fare breve soggiorno in Grecia ed essere qui mandato con una missione speciale e temporanea. Quale sia non posso dire con sicurezza; ma dal tenore de' suoi discorsi e da più altri indizi raccolti presumo di sapere che l'Inghilterra lo manda ad esaminare le presenti condizioni politiche di questo Regno massimamente per l'attinenza che possono avere con le provincie limitrofe e più in generale con la quiete e l'integrità dell'impero turchesco. Da un lato, la gravissima sollevazione di Nauplia, e dall'altro, i successi notabili dei Montenegrini e dell'Erzegovina mettono in qualche apprensione il Governo Britannico. E certo, chi non assiste di veduta ai casi di questo paese, può credere di leggieri che tra la Grecia e le pertinaci rivolte dell'Oriente turchesco sieno legami strettissimi e numerosissimi; quando, invece, ogni cosa si risolve in poco più che sterili voti e impotenti aspirazioni. Io non istimo che il defunto Sir Wyse potesse scrivere altra cosa al Governo Britannico; ma perchè quel dotto e sperimentato diplomatico era infermo e prossimo alla sua fine quando scoppiava la sollevazione di Nauplia, fu a Londra giudicato bene di qui inviare persona riputata ed abile per riferire sull'importanza degli ultimi avvenimenti e sulle loro probabili conseguenze in riguardo segnatamente degli affari della Turchia. Fecemi maraviglia assai che questo Signore, degno figlio di Lord Minto, amicissimo dell'Italia e in generale della causa dei popoli oppressi, non taccia il suo rincrescimento dell'accorg-ersi che in Grecia nè governo nè popolo credesi punto obbligato e impedito dai trattati esistenti con la Porta Ottomana. Del pari, confessa con altrettanto rincrescimento che qui ognuno, educato o no, ricco o povero,

vecchio o fanciullo partecipa alla speranza o per meglio dire alla fede profonda che il giogo Mussulmano dee spezzarsi da per tutto e presto -e il governo greco

~69

24 - Documenti diplomatici -Serie I -Vol. II.

insediarsi a Costantinopoli. Stima poi che tale sentimento comune non potendo essere soddisfatto dal governo ellenico sia la cagione principale della scontentezza di quasi tutti e delle accuse scagliate ogni giorno contro il Re Ottone. Infine, potersi temere che l'un di o l'altro il popolo greco o da solo o col Re entri apertamente nel conflitto sostenuto a fatica dalla Turchia contro le popolazioni slave e faccia traboccar la bilancia dalla banda dei sollevati.

Su tutte queste cose il signor Elliot ebbe la cortesia di chiedermi con istanza quello che io ne pensassi.

Io per ciò risposi a più riprese in questi termini. Non si può negare che tutta la nazione Greca desidera ardentemente di emanciparsi e comporre un sol regno, compresavi la superba e disputata Bisanzio. Ma i savj ed illuminati sentono molto bene la propria debolezza e non fanno alcun proposito di mettersi oggi in guerra aperta con la Turchia e soccorrere le popolazioni slave insorte. Del resto, nel 1854 cinque mila soldati turchi bastarono a disfare le bande greche dell'Epiro e della Tessaglia composte in gran parte di sudditi del Re Ottone colà penetrati con l'arme.

Poniamo che non si rifacessero gli errori di quel tempo; gli è certo che il vigore e l'ostinazione della guerra dell'indipendenza non sussistono nei discendenti dei Colocotroni e dei Botzaris e vi sarà molto da travagliare innanzi che i popoli del regno ellenico comunalmente piglino abito coraggioso e guerresco e somiglino tanto o quanto ai Montenegrini e ai Serviani. È quindi in mente dei buoni cittadini greci che il mezzo migliore per accostarsi a1 loro gran fine sia una assidua propaganda morale e che il nuovo Regno mostrisi a tutto il mondo levantino esempio e norma d'istituzioni politiche, fiaccola di scienza, modello di tutte le perfezioni sociali e civili. Cosi operando, dicono essi, la Grecia diviene naturalmente la provincia egemonica di tutti i paesi giacenti fra l'Ellesponto e il Danubio. Per tutto il resto conviene aspettare il favore delle occasioni. Ora, io concludevo, questo concetto dei greci savj e istruiti è cosi moderato e legittimo che io non dubito non sia per essere accettato od almeno tollerato dalla stessa Inghilterra per gelosa e tenera che la si voglia supporre della integrità dell'impero ottomano.

Il signor Elliot assentiva prontamente a questa mia conclusione.

Ma se il governo ellenico, soggiungeva io, rispettasse meglio le libertà pubbliche, combattesse la venalità, spendesse a fare strade e ad ajutare per ogni verso la prosperità materiale, credete voi, Signor Elliot, che H popolo greco non aspetterebbe con più pazienza l'emancipazione de' suoi compatrioti e non chiuderebbe la mente a disegni temerarj e funesti; e porrebbe di nuovo come nel '54 a gran repentaglio tutti i beni già guadagnati e sicuri?

Per fermo il governo del Re Ottone incontra anche la difficoltà di quelle continue aspirazioni nazionali non mai appagate. Ma se i suoi cortigiani vanno predicando che questa è la sola e vera cagione dell'universale scontentezza, io vi prego di credere ·che sono illusi o procurano d'ingannare i meno avveduti.

Del resto, io soggiungevo ancora, io non so se la Grecia spartita, debole e mal governata giova al mantenimento e alla quiete della Turchia. Ma la Grecia in rivolta continua, e in istato, quasi direi, di disperazione può essere da un momento all'altro quella sèmita di polvere che mette fuoco alla mina in Oriente. Per tutto

ciò, io pregava, finendo, il signor Ministro ad usare presso il Re l'autorità grande che porta seco un Rappresentante del Regno Unito per convincerlo della necessità immediata di mutare sistema e di porre termini alla brutta commedia recitata in Grecia da dieci anni del reggimento parlamentare. In ogni modo, non poter essere utile all'Inghilterra che l'elemento greco s'infiacchisca e impoverisca ciascun di da vantaggio mentre l'elemento slavo sotto le mani della Russia si svolge e s'ingagliardisce.

Tale è il sunto, Eccellenza, de' miei discorsi col Ministro Britannico; nei quali, se non m'inganno, ò procurato di trar partito a favore dei poveri greci dagli stessi interessi inglesi ed ò mostrato al signor Elliot che la diplomazia italiana liberale e sincera non à in questi paesi nessun doppio fine e cerca e vuole lealmente la risurrezione e il bene di una delle più nobili stirpi del genere umano (1).

342

IL MINISTRO A BERNA, JOCTEAU, AL MINISTRO DEGLI. ESTERI, DURANDO

R. 265. Berna, 22 maggio 1862.

Le projet d'une invasion dans le Tyrol, que le Gouvernement du Roi a, du reste, si heureusement déjoué, a produit, en Suisse, une triste et bien fàcheuse sensation.

Il n'est pas de voix modérée, dans la presse et parmi les hommes politiques, qui ne se soit élevée pour blàmer cette impatience d'affranchìr le reste de l'Ita~ l'ie, dont la conséquence devait etre infailliblement de compromettre les résultats de cettc politique si mesurée et si prudente, au moyen de laquelle le Cabinet du Roi a fait faire, dans ces derniers temps surtout, un pTogrès si senst'ble à l'reuvre de l'unité de l'Italie. Plusieurs de mes collègues m'ont témoigné de sincères regrets de cet incident, en donnant d'ailleurs les plus grands éloges à la surveillance qui a déjoué le complot, et à la fermeté avec laquelle le Gouvernement a II'ésisté aux instances qui lui ont été faites pour la mi:s.e en liberté des personnes compromises. Le Ministre de Prusse, qui, du reste, est toujours fort réservé dans ses paroles, s'est exprimé ouvertement dans ce sens, en laissant voir le soupçon que l'Autriche n'avait peut-etre pas été étrangère aux conseils indirects qui ont dù préparer ce mouvement, comme, à son avis, elle a eu la main dans les causes qui ont produit l'agitation, qui règne, en ·ce moment, en Prusse.

Le Ministre de Russie qui, ainsi que j'ai eu l'honneur de le mander, témoigne beaucoup d'intéret pour l'Italie, a vivement regretté !es événements de Bergamo et de Brescia. Ce projet Garibaldien, m'a-t-il dit, bien que les mesures sévères ordonnées par le Gouvernement ne laissent pas de prise à la malveillance, qui cherchera à l'en rendre complice, n'est pas moins un fait profondément regrettable, au moment où l'accueil fait au Roi, dans les Provinces Napolitaines, venait de donner un démenti si forme! aux ennemis de l'Italie; où les Puissances jusqu'ici hésitantes, n'attendaient peut-etre, pour y reconnaitre le nouvel ordre de choses,

qu'un suocès aussi manifeste, et où, 1pour notre part, a-t-il ajouté, le Ministère Impérial venait de donner, au Gouvernement Italien, une marque non équivoque de son intéret, par !es offres qu'il lui a fait faire à l'égard de la mission qu'il envoie en Perse. Tout en melant mes regrets à ceux de M. d'Ozeroff, j'ai fait mon possible pour atténuer l'impréssion que lui avait laissée la fàcheuse civconstance qui en était la cause, et j'ai mis tous mes soins à le oonfirmer dans la ·confiance que le Gouvernement du Roi ,se montrerait, en toute occasion, assez fort et assez énergique pour prévenir les effets d'une ardeur et d'une précipitation irréfléchie, quelle que fut l'égide dont on chercherait à couvrir d'intempestives démonstrations.

Dans la conversation que je viens de résumer, j'ai eu l'oceasion de dire, à

M. d'Ozeroff, le plaisir que j'avais eu de faire la connaissance de M. le Colone! de Charrière, récemment attaché à la mission de Russie, et de l'assurer de l'em· pressement que, dans la pensée d'etre agréable à la Legation de l'Empereur, je mettrai à satisfaire à un désir qu~ cet officier m'avait témoigné.

M. de Charrière, originaire de Lausanne, est un officier distingué du corps d'artillerie Russe, qui a été envoyé en Suisse, pour s'y occuper des affaires mili· taires. Mais comme, sous ce rapport, il y a bien plus à apprendre dans notre pays qu'ici, je pense que c'est surtout vers I'Italie que seront dirigées !es études qu'il est chargé de faire sur les perfectionnements introduits dans l'artillerie. Ce qui me le fait suppoS'er, c'est qu'il m'a parlé du projet d'y ,faire un voyage, en me priant de lui donner, si je le pouvais, une lettre de recommandation pour

M. de Saint Robert, dont il connait et apprécie les travaux. Gomme je ne connais pas cet officier, dont j'ignore d'ailleurs la résidence, j'ai cru devoir offrir, à

M. de Charrière, de lui remettre, lors de son voyage, une Iettre d'introduction auprès de M. le Général Dabormida, ce qu'il a paru accepter avec empressement. J'espèl'e que M. le Commandant Général de l'Artìllerie, qui a toujours été très bienveillant pour moi, me pardonnera cette liberté, surtout si V. E. avait la bonté de lui dire d'avance qu'Elle l'approuve, à raison du moyen qu'elle pourrait peut-etre offrir de faciliter la reprise de nos rapports avec la Russie.

J'ai l'honneur de vous transmettre, M:onsieur le Ministre, le rapport présenté à l'Assemblée Fédérale, par le Conseil Fédéral Suisse, sur sa gestion pendant l'année 1861, en ce qui 'concerne le Département politique. C'est un exposé succint, dans lequel le pouvoir centrai résume, comme d'ordinaire, à un point de vue toujours favorable à sa gestion, le petit nombre d'affaires internationales dont il a eu à s'occuper dans cette période, et dont j'ai rendu un compte exact au Ministère, au fur et à mesure que se sont produites celles qui n'ont pas été traitées directement par le Cabinet du Roi.

(1) Notazione marginale del Durando: • Appro.vare i princ1p1 espress1 m questa conversazione; assicurare il ministro che il governo del Re da sua parte si ado.pererà per promoverli d'ogni suo potere •.

343

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE, S. n. Francoforte, 22 maggio 1862.

Je viens entretenir V. E. d'un fait qui, en raison de l'extreme agitation qu'il

produit ici et dans le reste de l'Allemagne, mérite, surtout dans les circonstances actuelles, de fixer d'une manière toute particulière l'attention du Gouvernement du Roi. Voici ce dont il s'agit. Au commencement du mois de Juillet prochain, il doit y avoir ici une réunion de tous les tireurs de l'Allemagne dont la très grande majorité appartient à la fraction la plus avancée du parti démocratique touchant de très prés pour ne rien dire de plus, à l'opinion républicaine. A cette occasion il -y: aura des fetes publiques, des banquets et des démonstrations politiques organisées par le comité centrai siègeant à Francfort; et si l'on songe que les calculs les plus modérés portent à quarante mille le nombve de,s personnes qui de tous les points de l'Allemagne accourent pour assister et prendre part à ce spectacle dont le caractère sera essentiellement politique dans le sens militaire, il est facile de prévoir quels éléments de fermentation et d'agitation vont se trouver réunis dans la ville fédérale.

Or, il est arrivé que M. Reynach, celui-là meme sur lequel j'ai .eu l'honneur de transmettre à V. E. des informations dans ma dépeche confidentielle du 21 Avril dernier (1), sans avoir d'autre mission que celle résultant de quelques lettres privées que lui ont adressées de Milan des personnes avec qui il est en relations d'affaires, s'est rendu auprès du Comité centrai de Francfort et lui a demandé si les tireur.s italiens pourraient venir prendre part aux fetes et exercices en question. Après en avoir délibéré, le Comité a répondu à M. Reynach, qu'il n'adressait pas d'invitati:on spéciale à l'étranger, mais que si les tireurs italiens voulaient se rendre à Francfort, ils seraient les bienvenus et les ibien-reçus.

Quelque temps apres cette réponse l'on recevait ici et tous les journaux publient aujourd'hui une proclamation du Général Garibaldi datée de Bergame dans laquelle il invite tous les comités de tir italiens à se mettre en communication avec celui de Milan pour ouvrir des souscriptions dans le but d'offrir des prix au tir national al:lemand, et former ensuite une députation qui se rendrait à Francfort à l'époque de son ouverture.

Cette proclamation, dont je joins ici une traduction tirée des journaux allemands, a produit une très grande sensation melée, il faut bien le dire, à de très grav~s inquiétudes. Des personnes dont les sympathies en fa,veur de notre cause ne sont pas suspectes, sont venues me parler du véritable danger que présenterait, au point de vue meme des intéréts italiens, la présence à Francfort d'une députation ayant aux yeux du public un caractère pour ainsi dire officiel, et qui en assistant à tous les banquets et à toutes les réunions, où les allusions les plus directes ne manqueront pas de se produire en faveur de l'unité allemande, semblera s'associer, par le fai.t mcme, aux vreux de voir disparait['e les difiérents Gouvernements dont l'existence en est le premier obstacle. Une fois sur ce terrain il est facile de calculer à quels excès de langage l'on peut se laisser entrainer et quelles complications en peuvent naitre.

Mais ce n'est pas tout; si le peuple allemand est en général sympathique à la cause italienne, en revanche l'on ne peut pas en dire autant de la population francfortoise que de puissants intérets pécuniaires rattachent à l'.Acutriche et qui ne verrait pas sans une certaine rancune passer dans ses rues les représentants d'un peuple qui, par ses récentes victoires, a porté un coup si sensible à ses portefeuilles. Enfin il y a ici une très forte garnison autrichienne dont H serait su

perfiu de faire ressortir les sentiments et l'attitude, qui se melera aux fetes publiques, et avec laquelle il serait peut-etre bien difficile d'éviter des conflits personnels.

Telles sont, Monsieur le Ministre, les éventualités que m'ont fait entrevoir des personnes calmes, sensées, dont quelques-unes sont de mes collègues et d'autres meme appartiennent au Gouvernement. Il était de mon devoir de les soumettre à l'appréciation de V. E. qui dans sa haute sagesse prendra telles mesures qu'Elle croira convenable.

ALLEGATO.

(Traduction) Bergame, 9 Mai 1862.

AUX COMITÉS DE LA SOCIETÉ DES TIRS ITALIENS

Vers les premiers jours du mois Juillet prochain aura lieu à Francfort le premier tir fédéral. J'en ai été prévenu par une communication portant que les tireurs italiens qui voudraient s'y rendre seraient accueillis avec une grande et véritable satisfaction par les libéraux de l'Allemagne. Considérant que la présence de tireurs italiens à Francfort dans ce moment, serait le premier acte par lequel l'union de toutes les forces libérales de l'Europe pour le triomphe de la cause des peuples avides de libertés serait consacrée, j'invite les Sociétés du tir italien d'envoyer des députations au premier tir fédéral allemand et de recueillir des offrandes pour lui envoyer des prix. Mais comme il serait difficile pour les Sociétés de tir d'envoyer des députations spéciales à Francfort, je les invite à se mettre en communication avec le Président de la Société du tir à Milan, lequel est chargé

d'ouvrir des souscriptions pour tous ceux qui veulent prendre part à l'envoi d'une députation italienne au tir fédéral allemand. Signé: GARIBALDI

(1) Cfr. n. 269.

344

DICHIARAZIONE UFFICIALE DEL GOVERNO DEL RE (Ed. in Gazzetta UjJìciate, Torino, 23 maggio 1862, n. 123)

Torino, 23 maggio 1862.

I dolorosi avvenimenti, che si compirono negli ultimi giorni, porsero occasione a taluni di insinuar che il Governo vi fosse stato sino ad un certo punto connivente, si da accusarlo d'incertezza e titubanza nei provvedimenti, che la condizione delle cose poteva richiedere.

Quanto alla prima accusa il Governo crederebbe di offendere la propria dignità e la lealtà di cui si pregia, se discendesse a rispondervi. Dinanzi al Parlamento saprà far conoscere quanto franca e sincera sia stata la sua condotta.

Riguardo ai provvedimenti egli aveva un doppio dovere. Il primo era quello di mandare a vuoto ogni disegno che potesse compromettere la sicurezza dello Stato e turbarne l'ordine interno. A questo egli è convinto di avere soddisfatto pienamente, ed ha la fiducia di aver per sè l'approvazione di tutta la Nazione: poichè, non appena uscirono dall'ombra i preparativi della sconsigliata spedizione e la legge venne offesa con arruolamenti e con illecite riunioni, la mano sua intervenne ed ogni tentativo rimase senza effetto.

L'altro dovere che gli incombeva si era di mantenere l'autorità della legge

nelle sanzioni penali sì tosto che il pericolo fosse vinto. A ciò egli pure soddisfece; poichè non esitava a denunziare all'Autorità giudiziaria i fatti avvenuti e consegnava nelle di lei mani coloro che furono arrestati nell'atto che la spedizione si preparava. All'Autorità giudiziaria sta ora il procedere e punire tutti coloro che dall'istruttoria risulteranno colpevoli. Essa compirà certamente l'alta sua missione con quella alacrità ed imparzialità che le si addice, senza distinzione alcuna e col pensiero, che dinanzi alla legge tutti sono perfettamente uguali e che non vi può essere differenza veruna tra cittadino e cittadino.

Del resto, l'unanime disapprovazione del Paese contro si folli tentativi ci accerta che niuno si attenterà a rinnovarli e non sarà più turbata quella calma che solo i nemici d'Italia possono rallegrarsi di veder compromessa.

345

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 243. Parigi, 23 maggio 1862, ore 18,20 (per. ore 19,140).

Je viens d'apprendre d'une source digne de foi que le Comte de Lavradio est parti pour Vienne avec la mission d'entamer des négociations de mariage entre

le Roi de Portugal et l'Archiduchesse Marie Thérèse d'Autriche-Este née le 2 Juillet 1849.

346

IL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 157. Roma, 23 maggio 1862.

Sono stato assicurato da buona sorgente che il Governo Pontificio non intende menomamente di consegnare a quello di S. M. l'assassino Stoppa, adducendo anche per pretesto, che esso abbia riparato nei suoi Stati con segni di pentimento, e quasi cercandovi rifugio. È stato osservato che si può utilizzare la di lui opera, e profittare della sua malvagità per azione infame, facendolo evadere sotto altro nome, e senza che si potesse sospettare la di lui liberazione dalle Carceri nuove, dove è tuttavia rinchiuso. Mi si accerta. che il noto Pasqualoni sostituto alla Direzione Generale di Polizia abbia consigliato Valentini, Dalmonte e Maggi, che operarono il di lui arresto, a rifiutare il primo scudi 2jm, e gli altri 50Q cadauno, a titolo di mercede promessa dall'Adami figlio, e depositata in cambiale presso un banchiere, per cui sembra che questa verrà al medesimo respinta. La Gendarmeria francese è avvertita delle suennunciate intenzioni del Governo Pontificio, ed userà la voluta sorveglianza, ma io credo sarebbe prudente di interessare il Governo Imperiale a reclamare lo Stoppa, e se si peritasse a consegnarlo, a tenerlo custodito al Forte S. Angelo. Le ·precauzioni non sono mai soverchie, a fronte degli intrighi e delle bassezze di cui è capace il Partito clericale. Si ha l'intenzione di preparare al ritorno del Marchese di La Valette una

simpatica accoglienza, e di fargli una dimostrazione popolare. Il Partito liberale, al punto in cui stanno le cose, si lusingava che non tornerebbe sgradita al Signor Ambasciatore una eloquente manifestazione, specialmente se espressa con quel senso di aggiustatezza di cui il popolo Romano ha sempre dato prove, e che non si ravviserebbe sconveniente di profittare appunto della riunione di tanti Prelati, ed altri membri del ceto ecclesiastico per far conoscere i suoi sentimenti. Ho dovuto però convincermi che tali non sono le intenzioni del Signor di La Valette ed anzi che si è preoccupati, anche a Parigi, delle conseguenze che ne potrebbero derivare, a danno non solo della nostra causa, ma di quelli eziandio, che ravrebbero provocata. Cito testualmente le parole che mi furono dirette da persona della Ambasciata di Francia, che a noi si interessa moltissimo, e che già altre volte mi fu interprete delle intenzioni del Marchese di La Valette. Avendomi quindi espresso il desiderio che usassi la mia influenza presso questo Comitato, onde prevenire simili fatti, non ho tardato un momento a prestarmivi, esponendogli francamente le circostanze, lasciando però al suo criterio di regolarsi in conseguenza, coll'astenermi secondo il solito, di prendere iniziative in cose che lo riguardano particolarmente, e che non mi vengono comandate dal R. Governo.

Mi venne poscia supposto che il Comando francese sia intenzionato di reprimere manifestazioni di simil genere, ed abbenchè più non sia tra noi il Generale di Goyon, pochi si illudono al punto di credere, che egli potesse agire contrariamente agli ordini del suo Governo, il quale troverebbe esecutori, se non così zelanti nell'interpretarli, e nell'eccederne la portata, abbastanza ossequiosi per osteggiare simili atti per parte di questa popolazione.

Ciò malgrado il Comitato non si rende garante di poter frenare totalmente le aspirazioni della grande maggioranza del paese, la quale amerebbe meglio vedersi regolare che reprimere le sue manifestazioni, ma per conto suo si adopererà in modo onde la dimostrazione al Signor La Valette non abbia luogo, per non accrescere le difficoltà della sua situazione.

Gli ultimi fatti di Brescia e di Bergamo hanno qui eccitato una generale indignazione, ed il Partito clericale soltanto ne ha gioito. Mi è grato rendere giustizia al retto sentire dei Romani, i quali abbenchè siano con ragione sedotti dal fascino che esercita sovr'essi il nome di Garibaldi, pure sono stati unanimi nel riprovare le improntitudini dei suoi, e la parte che può avervi assunto il difensore della loro Città. Essi inoltte si sono francamente associati al plauso universale per le misure energiche adottate dal R. Governo.

I Vescovi continuano ad affluire in Roma in sufficiente numero, ma finora non quale si preconizzava; ciò che è veramente eccedente si è il codazzo degli ecclesiastici che essi trascinano al loro seguito, e si distinguono tra gli altri i Prelati francesi. Essi tengono le loro congreghe in una specie di Club Clericale, e presso il Cardinale Altieri, luogo principale di convegno di tutti indistintamente. I Prelati spagnuoli si radunano tra loro a preferenza nel Palazzo della nazione attigua alla loro Chiesa di Monserrato.

Si assicura che la maggior parte dei Vescovi portò ricchi doni sia in oggetti che in denaro a Sua Santità, e che l'Obolo di S. Pietro abbia avuto colla loro presenza un non lieve soccorso.

Ieri ha avuto principio un triduo nella Chiesa di S. Maria sopra Minerva per le circostanze attuali. Preceduto da un invito del Cardinale Vicario concepito in termini bassi e sconvenienti, viene ora seguito da discorsi che sono patpitanti di attualità. Quello pronunziato ieri fu un tessuto di contumelie contro la Francia e l'Italia, non risparmiando auguste personalità, e fu cosi virulento, che se ne adontarono persino molti del partito a noi avverso. È un vero scandalo che non si dovrebbe sopportare nemmeno in una tribuna da piazza.

La sera di Domenica u. s. venne ucciso proditoriamente certo Bossi Ispettore

di Polizia, ma sembra non sia vendetta politica.

Qui annesso trasmetto a V. E. la lettera del noto Agente pel Ministero ·del

l'Interno (1).

347

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO. A PARIGI, NIGRA

T. 166. Torino, 24 maggio 1862, ore 15 (2).

Le Ministère n'a jàmais été aussi solide.

348

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 244. Parigi, 24 maggio 1862, ore 14,15 (per. ore 15,35).

A la bourse on répand le bruit de la démission de notre Ministère. Veuillez me mettre en mesure de la démentir par télégraphe.

349

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (AST, Legazione Francoforte, cart. 5)

R. 29. Francoforte, 24 maggio 1862.

Dans sa séance extraordinaire d'aujourd'hui, la Diète a adopté à une majorité de 14 voix la proposition Austro-prussienne tendante à rétablir dans la Resse Electorale cette fameuse constitution de 1831 autour de laquelle il vient de se faire tant de bruit. L'Envoyé de Resse a déclare que son Gouvernement se conformerait aux ordres de la haute Assemblée, mais qu'il réservait expressement les droits de son Souverain.

Toute solennelle que l'on ait voulu rendre cette décision, en réalité elle n~ tranche la question qu'à moitié. En effet, ce qui constituait le nreud gordien de la situation, c'était la remise en vigueur de la loi électorale de 1849 si favorable au parti libéral, et comme la Diète a soigneusement évité de se prononcer à cet égard, H s'en suit que sauf la question de principes, les choses resteront à peu près avec les memes difficultés et donneront certainement lieu à de nouveaux tiraillements entre le peuple et son Souverain.

Toutefois, comme le fait seui du rétablissement de la Constitution de 1831 entrainera nécessairement la dé~ission du Cabinet Hessois actuel, il est à peu près certain que l'incident soulevé par l'ultimatum Prussien et le refus de l'Electeur d'en tenir compte se trouvera ainsi vidé, à la grande satisfaction du Cabinet de Berlin qui, n'écoutant que ·wn ressentiment, s'était évidemment fourvoyé dans une impasse.

(1) -Manca. (2) -Sic, ma evidentemente l'ora di partenza deve essere errata perchè con questo tele· gramma si risponde al seguente, pervenuto alle ore 15,35.
350

IL CONSOLE A SCUTARI, DURIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 245. Scutari, 25 maggio 1862, ore 19,10 (per. ore 23,55.1.

Le Prince du Monténégro vient de télégraphier que les Tures envahissent le Monténégro. S. A. Omer-Pacha vient de me dire que les troupes Ottomanes n'ont fait que repousser l'agression monténégrine et poursuivre !es agresseurs.

351

IL MINISTRO DEGLI ESTERI INGLESE, RUSSELL, AL MINISTRO INGLESE A TORINO, HUDSON (1)

Londra, 26 maggio 1852.

You will take care tostate to Signor Rattazzi and Generai Durando that Her Majesty's Government highly appreciate the energy and resolution shown by the Italian Government on the occasion of the late movements at Brescia. The Government of the King of Italy have exhibited on this occasion a regard for the tranquillity of Italy and the Peace of Europe, which cannot fail to inspire respect for their fi.rmness, tboth at home and atbroad. They have maintained the dignity and autority of the Throne, while they have observed their obligations towards a neighbouring Power, whose frontier was the object of attach 'by the restless disturbers of public order.

You will give Generai Durando a copy of this Dispatch.

352

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 136. Londra, 26 maggio 1862.

Appena giunto a Londra fui a vedere Lord Palmerston il quale m'interrogò con grande interesse sullo stato delle faccende nostre e principalmente sull'accaduto presso la frontiera del Tirolo. Approvò l'operato dal Governo, ne lodò la fermezza nel reprimere piani cosi male intesi e malaugurati. E naturalmente espresse la speranza che si continuerebbe nell'istessa via. Parve colpito da quanto gli dissi di prove evidenti nelle mani del governo sulla cooperazione di Mazzini, fatto del resto che mi venne confermato da certi dati pervenuti al Foreign Office

e tutti quanti i ministri poi espressero il convincimento che cosi erasi scappato

un gran pericolo per l'avvenire d'Italia.

Parlai pure con Lord Pahnerston degli affari relativi alle relazioni delle

potenze collegate per l'affare del Messico.

Lord Palmerston ebbe la bontà di farmi con qualche dettaglio un riassunto

di questa quistione.

Egli è evidente per me che questo gabinetto, tutto che non abbia creduto di potere seguitare quello delle Tuileries nella via adottatasi in ultimo non è lontano dal !asciargli piena libertà d'azione. E questo per varie ragioni. Forse non è ben persuaso che sia ·tanto facile il poter condurre a buon termine la parte politica dell'impresa e neppure la parte materiale.

La parte politica perchè trattasi di imporre un programma formato fuori paese e che perciò durerà fatica ad acclimatarsi; Intanto il governo attuale anche ove dovesse lasciar la capitale si trasporterà provvisoriamente a distanze grandi all'interno, ove sarà difficile seguitarlo e quindi s'avrà sempre un paese difficile a considerarsi come sottomesso ad un poter solo.

Per la parte materiale gli Europei e sopratutto quei del Nord hanno una massima difficoltà a lottar col clima e più s'avanzeranno i Francesi più anche le vettovaglie resteran difficili a procurare tanto più che non basterà il corpo d'armata nelle proporzioni attuali. Ma i Mini:stri Inglesi tuttochè nella loro condotta siansi lasciati guida~re da queste cosiderazioni, lascian ai Francesi di badare ai fatti loro. Non senza una arrière pensée che è meglio sien occupati nel nuovo mondo che se volessero impiegare la loro attività nell'antico. Havvi pure nel futuro una possibilità di maggiori occupazioni pel fatto dell'antipatia provata dagli Americani degli Stati Uniti per quest'intervento Europeo nel continente Nord Americano, occupazioni non sprovviste di certo favore presso a chi preferirebbe vedere gl'istinti guerrieri francesi impiegati lontan di quà.

Intanto pare a Lord Palmerston che da una parte avendo il Governo Messicano acconsentito a dar soddisfazione per quei riclami di cui l'Inghilterra era andata a cercar giustizia non poteasi domandar ·gran fa.tto di più.

Nello stesso tempo qui a Londra trovansi spropositati alcuni fra i a:iclami francesi come per esempio un tale che avendo prestato a Miramon 700 mila dollari ora chiede 12 o quindici millioni invece.

Le potenze alleate eran legate a sostenere coll'influenza morale i richiami gli uni degli altri. Ma veramente questi parvero un pò troppo gonfii.

D'altronde la parte da prendersi dall'Inghilterra era puramente marittima. Avean bensl promesso mandar 700 soldati di marina ma colla condizione che all'epoca delle febbri questi sarebbero stati rimpiazzati da soldati spagnuoli dell'Avana più avvezzi a quei pessimi climi.

Onde per tutte queste ragioni mancando i motivi d'andar avanti e d'altronde essendosi sempre inteso che le truppe si sarebbero ritirate a quest'epoca, il Governo Inglese ha approvato quanto s'è fatto sia dal suo Ministro sia dall'Ammiraglio.

Non voglion dunque mischiarsi di quanto intendon far i Francesi ma senza impedimeli.

Ho domandato a Lord Palmerston che cosa diventasse intànto la tripartita alleanza e la convenzione analoga. E mi disse che interrogato su tal punto Thouvenel avea risposto non considerarsi come abrogata la convenzione. Ma come sospesa. Lord Palmerston si strinse nelle spalle sorridendo e non disse altro.

Del resto da quanto precede V. E. potrà vedere che non nasceranno da questi fatti complicazioni essenziali almeno per ora, ma ognuno dei tre farà quanto più gli aggrada.

L'opposizione Tory pare agisca sottomano colla speranza ·di rovesciare il governo. E deve attaccarlo in principio di Giugno sul capitolo delle spese. Non penso che avremo a correre gran pericolo di crisi ministeriale con il signor· d'lsraeli, come dicono certi giornali Inglesi, come Ministro degli Esteri. Ma ad ogni buon conto affretto le negoziazioni pel trattato pel quale oggi abbiamo un abboccamento con Lord Russell assieme al Com. Marliani.

(1) Sull'affare di Sarnico il Foreign Office presentò alle Camere il 26 giugno 1862 un apposito Blue Book col titolo Correspondence respecting Arrests in Brescia.

353

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINlSTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE E RISERVATO S. n. Parigi, 26 maggio 1862 (1).

Nel Consiglio di avant'ieri l'Imperatore provocò una discussione sulla questione romana.

Nel mio dispaccio confidenziale e riservato del 24 aprile (2) ebbi l'onore di riferire a V. E. le basi d'un progetto d'accomodamento immaginato dall'Imperatore. Questo progetto, comunicato da S. M. al suo Ministro degli Affari Esteri, era stato restituito da questi con osservazioni che conchiudevano alla disapprovazione di esso come non applicabile praticamente.

Il Signor Thouvenel proponeva in quest'occasione un altro progetto che non si discostava dalle basi dell'anUco, stato già proposto al Conte di Cavour e del quale il Principe Napoleone ha dovuto esporre la sostanza al Re, durante il viaggio di NapolL

L'Imperatore, malgrado queste osservazioni e questo controprogetto del suo Ministro degli· Affari Esteri, ripll'odusse nel Consiglio di sabbato scorso il suo primitivo progetto, aggiungendo una clausola secondo la quale il Re avrebbe dovuto riconoscere una certa alta sovranità del Papa per le antiche provincie pontificie ora riunite all'Italia, ed introducendovi il principio del suffragio universale. Il progetto dell'Imperatore fu combattuto da tutti i ministri eccettuato il Conte Walewski che l'appoggiò. La discussione terminò senza nessuna conclusione. Ecco ora lo stato della questione e le intenzioni del Governo Imperiale,

secondo quanto mi fu confidenzialmente riferito dal Signor Thouvenel.

Il Generale Goyon non tornerà più a Roma, e gli fu destinato per onorevole tomba il Senato e l'articoletto del Moniteur d'oggi. Sarà surrogato dal Generale Conte di Montebello. Il Marchese di La Valette tornerà al suo posto nella settimana entrante, se altri incidenti non sovraggiungono. Avrà per istruziOtlli di di:chia

rare al Governo Pontificio che la guarnigione francese non potrà rimanere permanentemente a Roma: che la posizione fatta attualmente alla Francia dall'occupazione degli Stati Ponti:ficii non potrebbe prolungarsi oltre misura: che quindi si consiglia il Papa ad assestare la sua amministrazione in modo che possa governare i suoi popoli senza l'intervento straniero: che il Goveil"no francese non ha preso mai e non prenderà nessun impegno di dar Roma all'Itali~, ma che non può disconoscere il diritto dei Romani d'essere governati in modo conforme ai loro bisogni: che quando hl. Governo Francese avrà acquistato la_convinzione che il Papa non ha nulla a temere dai suoi popoli, guarderà d'ottenere dal Re d'Italia la sicurtà che nessun tentativo d'invasion~ sarà fatto per parte sua nè per parte di volontarii, e che allora sarà giunta·l'opportunità d'avvisare al richiamo delle truppe.

Il Signor Thouvenel mi soggiunse ch.e mentre appunto il Governo dell'Imperatore stava preoccupandosi per far procedere la questione romana, erano sovraggiunti m,~lto male a proposito gli ultimi tentativi di Bergamo e di Brescia. Questo Ministro non si mostrò affatto tranquillo intorno ad altri futuri e non dissimili. tentativi, diretti verso la frontiera romana. Disse poi che se il Governo del Re continuerà, come non dubita, a dar prova di fermezza e d'energia contro i partiti che vogliono surrogarsi a lui, avanzerà senza dubbio efficacemente la soluzione della stessa questione romana.

Risulta da tutto ciò che i due partiti che circondano l'Imperatore non sono ancora in tale sproporzione di forza da permettere una vittoria decisiva od una decisiva sconfitta. Nella lotta impegnatasi sul terreno Goyon-La Valette queste forze si misurarono. La vittoria ci rimase. Goyon fu sacrificato. La Valette ritorna a Roma tanto più possente quanto maggiori furono gli ostacoli. La flotta francese salutò il Re a Napoli: il più prossimo parente dell'Imperatore potè andare a confermare colla sua presenza nelle provincie Napoletane il riconoscimento del Regno d'Italia: le istruzioni che si danno all'Ambasciatore francese a Roma accennano, per la prima volta, alla futura evacuazione. Tutti questi fatti costituiscono pur sempre una vittoria. Ma non fu senza ostinato combattimento, ed il Signor Thouvenel porta l'impressione della fatta esperienza che non sarebbe prudente lo esigere di più pel momento, se si vuole giungere ad un pratico risultato.

Voglia il Governo del Re esaminare questi fatti emettermi poi in misura di conoscere il suo pensiero perchè io possa, per quanto m'è dato, secondario con efficacia. Le rinnovo poi la preghiera di far uso discretissimo di questa corrispondenza, che per maggiore circospezione Le mando senza numero e fuori della serie confidenziale ordinaria.

Aspetterò a mandarle questo dispaccio con occasione sicura, non potendo in questo momento privarmi del menomo impiegato della Legazione per ispedirlo in ·corriere. A questo proposito piglio la lihertà di chiamare di nuovo la di Lei attenzione sulla necessità di organizzare un servizio di corrieri di gabinetto di cui Le parlai con altro anteriore ed apposito dispaccio.

(1) -Brani di questo rapporto sono editi in CoLoM:so, 15. (2) -Cfr. n. 278.
354

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL SOTTO PREFETTO DI RIETI, MASTRICOLA

T. 168. Torino, 27 maggio 1862, ore 10.

La prego di far sapere in modo sicuro al nostro Console in Roma che approvo

la sua opp05izione per le dimostrazioni progettate pel prossimo ritorno di La Valette. Vi persista, essendo esse inopportune per molti riguardi.

355

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 249. Parigi, 27 maggio 1862, ore 12,50 (per. ore 14,30).

S. A. R. le Prince de Carignan est arrivé. à Paris ce matin et il est descendu · à la Légation.

356

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 251. Parigi, 28 maggio 1862, Me 18,55 (per. ore 20,50).

Dans les deux derniers Conseils des Ministres la Question Romaine a été

discutée. Je vous enverrai demain détails par télégraphe et pall' courrier. L'Empereur a rendu aujourd'hui visite au Prince de Carignan.

357

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 166. Parigi, 28 maggio 1862.

Giusta quanto ebbi l'onore di annunziare all'E. V., col mio telegramma di ieri (1) S. A. R. il Principe di Carignano giungeva a Parigi ieri mattina col convoglio delle sei. Si recavano ad ossequiarlo alla stazione il Generaie Pettinengo, il Comm. Scialoja, un Ciambellano di S. A. I. la Principessa Clotilde, ed i membri di questa R. Legazione presso la quale S. A. R. degnavasi prendere stanza. Alle 10 il Principe recavasi a farvisita alla Principessa Clotilde, ed alle due era ricevuto col suo seguito dalle loro M.M. LI. _Oggi egli pranza alle Tuileries, e domani o posdomani proseguirà il viaggio per Londra. Lungo le stazioni della ferrovia, dalla frontiera italiana a Parigi, e special

mente a Chambéry, S. A. R. quantunque serbasse il più stretto incognito fu salutato con ogni maniera di festose dimostrazioni.

(1) Cfr. n. 355.

358

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

(Ed. in COLOMBO, 16)

T. 253. Parigi, 29 maggio 1862, ore 10 (per. ore 10,55).

Le Général de Montebello est destiné à remplacer Goyon à Rome; ce personnage est considéré parmi les moins défavorables à notre cause. Le projet de l'Empereur après longs débats a été retiré; l'Empereur para~t se rapprocher de Thouvenel. Je vous écris par courrier. Le Prince de Carignan partira pour Londres demain soir, priez le Président du Conseil de lui télégraphier s'il a quelque nouvelle à lui donner.

359

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (1)

R. CONFIDENZIALE .E RISERVATO S. n. Parigi, 29 maggio 1862.

Ieri, nel Consiglio dei Ministri, fu continuata la discussione sulla Questione Romana. Ritirato il progetto dell'Imperatore, furono esaminate le idee proposte dal Sig. Thouvenel che si possono riassumere nella formola seguente: impegno del Governo Italiano di non permettere nessuna invasione sul territorio pontificio; riconoscimento, almeno di fatto, dei possessi attuali del Papa; distribuzione proporzionata del debito pubblico romano; avvedimento al Papa della cessazione dell'occupazione in un'epoca a determinrursi, secondo il senso delle istruzioni di cui parlai a V. E. nel dispaccio confidenziale e riservato del 26 corrente (2).

L'Imperatore, secondo il linguaggio da esso tenuto al Sig. Thouvenel, pare che si disponga ad adottare queste idee. Ma nessuna deliberazione fu presa, all'infuori della nomina del Conte di Montebello a successore del Generale Goyon.

Il Generale Montebello è personalmente amico del Marchese di La Valette, e conta fra i meno sfavorevoli alla nostra causa. Ma esso è Ajutante di Campo dell'Imperatore, e questa elevata posizione, che lo mette allo stesso livello dell'Ambasciatore, temo sia sorgente di non lievi inconvenienti, e credo non sia stata ben sentita dal Marchese di La Valette. Se poi, come pare, il Generale sarà accompagnato dalla Contessa di Montebello, che è Dama di Palazzo dell'Imperatrice, questi inconvenienti, per ragioni che è superfluo esporre, saranno anche più gravi.

Ad ogni modo, vi fu in questi giorni un miglioramento nelle disposiziom dell'Imperatore. A questo ha contribuito la visita del Principe di Carignano che ebbe tre colloquii con S. M.

L'Imperatore ricevette il Principe, benchè viaggiasse incognito, con ogni distinzione e cortesia. Venne a restituirgli la visita alla Legazione e lo invitò a pranzo in un co' suoi ufficiali, col Ministro del Re e col primo Segretario.

Ho creduto dover comunicare al Principe il dispaccio che V. E. mi scrisse intorno alla convenienza della partenza di Francesco II da Roma. Lo comunicai egualmente al Sig. Thouvenel, il quale è convinto degli inconvenienti della presenza dell'ex-Re in luogo cosi prossimo alla frontiera napolitana.

L'Imperatore, nei colloquii che ebbe con S. A. R., si mostrò molto preoccupato dei fatti di Berga:r;no e Brescia e disse al Principe che era necessità suprema pel Governo del Re il continuare a far prova di grande fermezza e di grande energia nella repressione di questi insensati progetti. Rinnovò l'espressione del suo. vivo desiderio di giungere ad una soluzione della Questione Romana, mà insistette sulle gravi difficoltà interne ed esterne e sugl'impegni che lo legano al Papa. Il suo linguaggio al Principe fu meno esplicito che quello tenutomi dal suo Ministro degli Affari Esteri, e non fece nessuna promessa. Ma disse che sperava d'ottenere che i Borboni abbandonassero Roma in un'epoca prossima.

Il Sig. Thouvenel poi spera che le sue idee finiranno per trionfare definitivamente nell'animo dell'Imperatore, e che non passerà molto tempo che sarà in misura di farci delle proposte nel senso sopraindicato. Quanto alla partenza dei Borboni da Roma, il Sig. Thouvenel non mancherà di fare quanto gli parrà possibile per attenerla.

Nelle mie conversazioni ho tentato di ben persuadere il Governo Francese della necessità e della somma convenienza per esso di accrescere forza al Governo del Re, facendo qualche atto che dimostri il suo desiderio di far procedere la questione verso una soluzione. Il contegno del Governo del Re nei recenti fatti, più che le mie parole, confermò questa necessità. Sarebbe un'illusione il credere che si possa sperare per immediato risultato la cessazione dell'occupazione. Ma non v'è dubbio che le disposizioni sono migliorate, e le discussioni dei due ultimi Consigli provano, se non altro, che l'Imperatore sente il bisogno d'uscire dalla posizione attuale e che ci pensa sul serio.

Forse una lettera del Re o del Presidente del Consiglio, ostensibile all'Imperatore, non sarebbe inopportuna. In questo caso converrebbe giovarsi, come intermediario, del Principe Napoleone che deve giungere verso il 4 o il 5 del mese venturo. Le parole del Principe, che vide cogli occhi proprii le cose delle Provincie Meridionali, avranno, non ne dubito, un gran peso sull'animo dell'Imperatore.

(1) -Brani di questo rapporto sono editi in CoLOMBO, 17. (2) -Cfr. n. 353.
360

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (1)

R. CONFIDENZIALE E RISERVATO S. n. Parigi, 29 maggio 1862. Facendo seguito al mio dispaccio confidenziale e riservato d'oggi, pregiomi d'informare V. E. che nel Consiglio di ieri le idee del Sig. Thouvenel, appoggiate

dal Sig. Rouher, furono combattute dal Conte Walewsky, dal Sig. Magne e dal Conte di Persigny. Il poco accordo manifestatosi in seno al Consiglio non fu

ultima cagione che il Consiglio si sciogliesse senza che venisse presa nessuna deliberazione.

Il Marchese di La Valette se ne mostra malcontento, e non mi stupirebbe che questo fatto congiunto alla nomina del Generale Conte di Montebello avesse per risultato di ritardare la sua partenza che era fissata per la prossima settimana.

Io penso che bisogna tirar partito dall'arrivo del Principe Napoleone per tentare un passo diretto presso l'Imperatore. Ne conferisca col Presidente del Consiglio e col Re, e veggano se l'idea d'una lettera ostensibile, da presentarsi dal Principe non sarebbe opportuna.

Non posso assicurare ·Che abbia tutto l'effetto desiderato; ma almeno per parte nostra non si sarà trascurato di fare quanto è possibile.

(1) Sunteggiato in CoLOMBO, 18.

361

IL PRINCIPE DI CARIGNANO AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, RATTAZZI

(Ed. in Da Aspromonte a Mentana, p. 12)

Parigi, 29 maggio 1862.

Ho avuto tre conversazioni coll'Imperatore, il quale ripetutamente mi disse che era suprema necessità per· l'Italia impedire e reprimere efficacemente ogni tentativo di Garibaldi o di altro partito qualunque, secondo le intelligenze prese con Lei.

Ho assicurato S. M. che il Governo del Re era determinato ad agire energicamente in questo senso: e nel parlare della questione romana l'Imperatore si è mostrato animato dal vivo desiderio di trovare una soluzione. Insistette tuttavia sulle difficoltà che incontrava, rese più gravi dagli impegni che lo legavano al Papa.

Approfittando delle buone disposizioni dell'Imperatore, gli esposi la necessità che il suo Governo, allo scopo di accrescere forza al Governo del Re, facesse qualche atto favorevole alla nostra causa ed accennai al rinvio dei Borboni da Roma.

L'Imperatore rispose che sperava poter presto giungere a questo risultato; non avendo io missione ufficiale, prego ·che questa comunicazione rimanga tra me e Lei, giacchè una indiscretezza potrebbe essere nocevole anche per l'avvenire.

Non parto che domani sera. Vedrò probabilmente il ministro degli esteri: ne la prevengo nel caso avesse qualche comunicazione a fare. Saluti il Re per mia parte.

362

IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, RATTAZZI

(Ed. in Da Aspromonte a Mentana, pp. 13-14)

Parigi, 29 maggio 1862.

Come vi telegrafai, il giorno 23 fu discusso in Consiglio dei ministri il progetto dell'Imperatore, che nessuno approvò eccetto Walewski. Rouhe.r parlò

25 -Dommenti diplomr~'ici · Serie I -Vol. II.

combattendolo energicamente... Vedendo il poco successo delle sue proposte, l'Imperatore le ritirò.

Il giorno 25 Thouvenel e Rouher ritornarono alla carica presso l'Imperatore onde spingerlo a prendere una determinazione. S. M. esitò e rimandò all'indomani la discussione. Il 26 la discussione ebbe luogo nel gabinetto dell'Imperatore, presenti i soli Rouher e Thouvenel. Il colloquio docò oltre due ore. Fra le altre cose l'Imperatore disse: c V otre projet est incomplet; trois années fixées pour la retraite de mes troupes sont bien longues, car un événement heureux pourrait surgir qui m'apportat une solution plus prompte ~. Rouher rì.spose: «Nous n'avons pas, Thouvenel et moi, la prétention de vous soumettre une solution parfaite; toutes les deux sont boiteuses; il s'agit de les faire marcher devant nous, pour savoir laquelle boite le moins :1>. Qui S. M. insistette ancora parlando dell'eventualità della morte del Papa, della probabilità lontana, ma non impossibile, di un accomodamento per la Venezia; parlò dell'Oriente e di tutte le cause indirette, che potrebbero condurre una soluzione, ecc.

Thouvenel provò che il suo progetto lasciava la porta aperta a tutte le combinazioni. Allora l'Imperatore disse: « Je veux bien me rallier à votre projet, seulement je ne voudrais pas mettre un délai fixe, car trois années c'est bien long, et un délai plus court, il me serait impossible de le proposer ~. Qui Thouvenel e Rouher insistettero ancora spiegando « comment leur projet se pretait à tous les événements favorables, auxquels l'Empereur faisait allusion, pouvant amener une plus prompte solution et avait l'avantage de ne pas Iaisser ni le pays, ni l'Empereur dans la triste situation d'avoir devant soi l'infini pour la solution d'une question plus pa,Jpitante pour la France que pour l'Italie elle-mème ». L'Imperatore, dopo lunga resistenza, si decise ad adottare n progetto in questione, in rimpiazzo del suo già rigettato da tutti i ministri (tranne Walewski), dicendo che bisognava presentarlo prontamente all'approvazione del Consiglio. Fu deciso che sarebbe stato presentato nel giorno 28.

Il giorno 27 fui da Rouher, che confidenzialmente mi comunicò lo stato delle cose e il trionfo ottenuto, avendo fatto adottare dall'Imperatore il progetto in questione. La cosa era un segreto per tutti.

Ieri, 28, fu· la riunione dei ministri. Thouvenel presentò il progetto, e lo difese: Rouher ne sviluppò a lungo i vantaggi; il ministro della marina parlò pure in favore, ma furono contrari Magne e Walewski, con una violenza sconveniente, e Persigny, il quale lo attaccò dal punto di vista italiano, dicendo che il Re d'Italia non poteva prendere l'impegno di rispettare il territorio del Papa, che era l'insieme del progetto, ed altre ragioni di questo genere... Il fatto sta che ad onta del parere della maggioranza dei miJ:?.istri il progetto non è stato adottato, e le cose rimangono pel momento allo statu quo. Thouvenel è scoraggiato; Rouher è malissimo contento, ìna non rinuncia alla lotta. Quale sarà l'esito Io ignoro, ma non bisogna tenersi per battuti. È d'uopo insistere e riprendere la lotta quando sia giunto il Principe (1). A quest'uopo sarà bene che gli scriviate una lettera confidenziale, che possa essere messa sotto gli occhi dell'Imperatore, 11ella quale traendo partito dalla situazione che vi è fatta dagli

eventi di Sarnico, voi dichiarate che sentite più che mai la necessità di uscire

dalla perturbazione che in Italia getta la questione romana sempre pendente;

per combattere Garibaldi spinto dai mazziniani voi dovete far sentire la neces

sità d'avere una soluzione qualunque anche in via transitoria, purchè questa

vi dia qualche tempo di calma, senza di che vi sarebbe impossibile d'arrestare

il partito d'azione, il quale trae partito dal malcontento che è sempre crescente

cagione dell'esaltazione di tutta la gioventù italiana. Questa lettera produrrà

buon effetto se è presentata a tempo debito, questa darà una gran forza ai nostti ·amici: coll'Imperatore ci vogliono ragionamenti semplici e pratici...

... Le istruzioni che Thouvenel ha preparato per La Valette, sono queste:

egli deve preparare il Papa al ritiro delle truppe francesi, ed esortarlo a fare

del'l.e riforme governative, che gli permettano di conservare i suoi Stati senza

l'aiuto delle forze straniere, perchè egli, l'Imperatore, prima di lasciare gli

Stati pontifici cercherà di ottenere dal Re d'Italia l'assicurazione che i suoi

Stati saranno rispettati. La fretta non mi permette dirvi di più.

(1) Il Principe Napoleone.

363

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, RATTAZZI, A S. A. R. IL PRINCIPE DI CARIGNANO

(Ed in Da Aspromonte a Mentana, pp. 12-13)

Torino, 30 maggio 1862.

Ringrazio V. A. delle çomunicazioni che 'ebbe la bontà di farmi (1). Può essere tranquilla che le assicurazioni da Lei date a nome del Governo non verranno meno. Dopo la partenza di V. A. nulla avvenne d'importante. Si sospesero i tiri nelle provincie lombarde stante la presenza di Garibaldi. In alcuni luoghi si pretendeva di continuare ad onta del divieto e si minacciava. Il Governo non si lasciò smuovere, e tutti finirono per piegare. Non siamo per altro tranquilli che non vogliasi ancora tentare qualche pazzia: il partito d'azione seguita ad agitarsi c a muoversi: non si sa bene se miri ad un tentativo sul Veneto o su Roma. Siccome però s'accorge che 11 Governo sorveglia ed è deciso a resistere con tutti i mezzi, è probabil~ che abbandoni siffatto pensiero. Vedendo Thouvenel V. A. potrebbe insistei·e sulla necessità di un pronto scioglimento della questione romana, od almeno di un sensibile passo verso questo scioglimento. Può dirgli in tanto il Governo è forte e può dominare la rivoluzione, in quanto la pubblica opinione è sicura ch'egli potrà diplomaticamente ottenere favorevoli risultati; ma se si ritarda di troppo, potrebbe nascere la sfiducia, ed in tal caso, malgrado ogni sforzo, si troverebbe soverchiato dal partito d'azione. Non dubiti che tengo per me solo la notizia datami da V. A. Il Re è ritornato ieri da Valdieri, gode perfettissima salute e m'incarica di presentare i suoi saluti a V. A.

(1) Cfr. n. 361.

364

IL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 265. (annesso al R. 193). Roma, 30 maggio 1862.

J'ai eu communication de la dép~che télégraphique du Ministère de l'Intérieur au Sous-Préfet de Rieti du 28 courant (1) et je suivrai exactement les instructions qui me regardent. En attendant je m'empresse d'assurer V. E. que

le Parti libéral persévère dans l'intention de s'abstenir de toute démonstration à l'arrivée de l'Ambassadeur de France.

365

IL CONTE VIMERCATI AL MINI8TRO D'AGRICOLTURA E COMMERCIO, PEPOLI (AP)

L. P Parigi, 30 maggio 1862.

Sono nell'incertezza se tu abbia ricevuto o no l'ultima mia. Non vorrei si fosse smarrita. Qui siamo sempre in alto mare. Hai ben ragione di dire che bisognerebbe si facesse qualche cosa. T'assicuro che noi non lasciamo sfuggir occasione per insistere ed insistere in modo a che in ·fine dei conti la vittoria rimane sempre a noi nelle cose essenziali, ma sino adesso non si può ottenere una soluzione nel senso dei nostri desiderii. Il Principe arriverà qui il 5. Lo attendiamo con impazienza. Io mi recherò a Torino alcuni giorni dopo il suo arrivo. Spero di trovarti e spiegarti a voce molte cose che non posso confidare alla lettera. Mi raccomando a te onde sia prontamente portata alla Camera la legge pel Canale di Chivasso. Conoscendo la tua premura e l'interesse che nell'utile del Governo porti a quest'affare sono forse inutili le mie istanze. Te le fo perchè i banchieri di Milano vorrebbero al più presto mettersi in misura di preparare i lavori essendo essi in intenzione di finire il tutto in due anni. Tua cugina la Principessa Matilde è partita da due giorni per St. Gratien con mia moglie. Io vo e vengo poichè non posso lasciare in questo momento il posto di Parigi. Sai che la ·Principessa è uno dei nostri forti appoggi ed è una cosa curiosissima il vedere come essa s'accordi nelle idee di suo fratello, come abbia preso parte ·ai suoi successi oratorii, come s'interessi a tutto ciò che Io riguarda, non essendo bene assieme e non vedendosi che quando non ponno farne a meno. Vi sono persone che giudicando dall'apparenza si permettono d'attaccare il Principe. La Principessa si mette allora in furore per difenderlo. Il Principe Napoleone dal canto suo credo ne faccia altrettanto. Ti scrivo questi dettagli intimi, perchè son persuaso t'interesseranno.

Scrivimi come vanno le cose da noi, e dimmi ingenuamente se il Ministero è deciso ad agire sul serio contro i Comitati, onde togliere a Garibaldi le armi

di commettere nuove enormezze come lo fu l'evento di Brescia. Se Rattazzi agisce con forza, avrà una posizione enorme, grandirà in faccia a tutta l'Europa, poichè essa non può esser con noi se noi non siamo francamente col principio monarchico. Ti conosco troppo per non sapere che tu dividerai pienamente le mie idee e non dubito che sarai di quelli che stan per la forza, per l'ordine.

Quanto a Garibaldi prevedo che prima o dopo bisognerà finirla con lul, perchè egli non sa svincolarsi dalle unghie di Mazzini che lo reputa un fantoccio di cui si serve a suo talento. Bisognerà quindi metterlo nel caso di non rovinare tutto quanto s'è ottenuto.

(1) Cfr. n. 354.

366

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERi, DURANDO (AST, Legazione Francoforte, cart. 5)

R. 30. Francoforte, 31 maggio 1862.

J'ai eu l'honneur de recevoir la circulaire en date du 19 courant (1) dans laquelle V. E. en me faisant part des déplorables événements de Brescia a bien voulu en meme temps me faire connaitr.e les sages mesures adoptées par le Gouvernement du Roi pour découvrir les véritables coupables et prévenir le retour de tentatives aussi dangereuses qu'insensées. Dans mes conversations avec mes collègues et les membres du Gouvernement, je n'ai point manqué de m'exprimer dans le sens qui m'était recommandé; et d'autre part je puis dire que l'énergie et la promptitude de répression déployées par le Gouvernement du Roi dans ces douloureuses circonstances, ont produit le meilleur effet sur l'opinion publique de l'Allema,gne, qui y a vu un gage de sécurité pour l'avenir. Ainsi que l'on s'y attendait, le Cabinet de Cassel, en présence de la nouvelle situation qu'est venu lui faire le consentement de l'Electeur au rétablissement de la constitution de 1831, a donné sa démission. Mais une particularité digne de remarque, c'est qu'en acceptant la démission de son Ministère, l'Electeur a eu grand soin de spécifier que c'était surtout en suite des remontrances de l'Autriche et de la Bavière qu'il s'était décidé à se soumettre aux ordres de la Diète. ·Son Altesse ne pouvait donner à entendre d'une manière plus blessante pour la Prusse qu'il n'avait tenu aucun c.ompte de ses récentes menaces; et de fait, toute la ·conduite du Gouvernement Prussien dans cette affaire a été, de l'avis de tout le monde, aussi maladroite au point de vue des idées nationales qui font sa principale force en Allemagne, que radicalement inconsidérée dans le mode de pression exercée à l'égard de l'Electeur. A la preinière annonce qu'une députation de tireurs italiens pouvait venir prendre part au tir national de Francfort, les sociétés de tir de Bavière et du

Tyrol ont fait parvenir au Comité centrai d'ici une protestation dans laquelle ils déclaraient qu'Hs ne se rendrai•ent plus à l'invitation qu'ils avaient déjà acceptée.

Le Comité a immédiatement décidé d'envoyer des délégués auprès de ces trop susceptibles compatriote.s 1pour les informer que l'on ne recevrait aucune députation ayant un caractère national ou portant des couleurs étrangères, et qu'ainsi leur abstention n'avait plus raison d'etre. Je n'aurais pas fait mention de cette ridicule démarche, évidemment inspirée par l'Autriche, si elle ne venait à l'appui de ce que j'ai eu l'honneur demanderà V. E. dans ma dernière dépeche sur ce meme sujet (1).

Dans sa séance du 27 de ce mois, le Comité des Finances à Vienne se rapportant aux déclarations faites précédemment par le Comte Rechberg sur l'état de crise où se trouvait la question d'Italie et l'espoir fondé où était le Gouvernement Autrichien de la voir se résoudre pacifiquement par voie diplomatique, a adopté la motion suivante: « La Chambre fera connaitre au Gouvernement son vif désir de voir les affaires italiennes réglées d'une manière définitive de manière à écarter la nécessité d'une concentration nombreuse de troupes dans le Royaume Lombardo-Vénitien ».

L'on n'a pas trop compris à quelles négociations diplomatiques faisait allusion le Ministre des affaires étrangères d'Autriche; mais la solennité de ses parolcs .s'adressant à la représentation du pays, ne permet pas cependant de douter qu'il s'agisse de quelque chose de sérieux.

(1) Cfr. n. 335.

367

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE S. n. Francoforte, 31 maggio 1862.

Le nouveau Mini:stre de Prusse à Paris, Monsieur de Bismarck, a passé hier ici se rendant à son poste; et comme de l'avis de tous ceux qui connaissent son caractère ardent et la position de confiance qu'il occupe auprès du Roi, l'infl.uence de cet homme éminemment d'action ne peut manquer de se faire sentir dans les rapports de la Prusse avec la France, je crois devoir donner ici sur ses opinions et ses aspirations politiques des renseignements qui à l'occasion pourraient etre de quelque utilité. Monsieur de Bismarck représentait la Prusse à la diète de Francfort précisément à la meme époque où le Comte Rechberg en était le Président, et pendant les six ans qu'il a passés ici son énergie ne s'est jamais démentie un seui instant dans l'opposition ardente qu'il faisait aux vues et à l'infl.uence de l'Autriche qu'il regardait et proclamait ouvertement comme l'ennemie la plus implacable, non pas seulement de la Prusse mais de l'Allemagne. Aussi, sa nomination à un poste aussi important que celui de Paris dans les drconstances actuelles a-t-elle produit une sensation d'autant plus grande à Francfort que, à ses sentiments bien connus d'hostilité envers l'Autriche, l'on sait qu'il joint une rancune toute particulière et des plus vives contre Monsieur de Rechberg avec lequel il

avait à la Diète des prises d'une extreme violence allant souvent jusqu'à des provocations personnelles.

Mais ce qui avec sa haine profonde contre l'Autriche forme un des cotés les plus saillants du caractère politique du nouvel Envoyé de Prusse, c'est le désir ardent, irrésistible, d'en ~rriver par tous les moyens possibles, à la formatiun d'un grand Royaume Prussien dont le vaste territoire s'augmenterait de tout celui qu'il prendrait à ses voisins. C'est là chez lui une idée fixe qui le suit partout, et dont la réalisation forme le but unique de sa vie politique. Pour arriver à ce résultat, les personnes qui connaissent le mieux sa pensée intime, affirment qu'il ne reculerait devant rien, pas meme devant le sacrifice de la rive gauche du Rhin.

Comme première base de ses projèts à venir (et c'est là précisément ce qui rend important son envoi à Paris) Monsieur de Bismarck pose avant tout la nécessité absolue d'une alliance étroite entre la France, la Russie et la Prusse, alliance qui dans son opinion permettrait d'opérer sans grands obstacles et au profit de ces trois Puissances un remaniement complet de la carte européenne. A l'époque où Monsieur de Bismarck parlait de ces plans, qui sont encore aujourd'hui les memes, les victoires de Magenta et de Solferino n'avaient pas encore décidé des destinées de l'Italie; mais les sympathies qu'il m'a plus d'une fois témoignées en faveur de notre cause, ne permettent pas de douter que dans sa pensée il n'associe aujourd'hui l'Italie à ses combinaisons politiques, et que ce n'est pas sa faute si son Gouvernement n'a pas encore reconnu le nouveau Royaume.

Comme convictions purement politiques Monsieur de Bismarck n'en a pas, il faut bien le dire, de nettement tranchées; il tient le milieu entre le Parti de la Croix auquel il appartient par sa naissance et le Parti national vers lequel l'entraine son idée d'agrandissement de la Monarchie Prussienne. C'est précisément, dit-on, cette position intermédiaire qui sous un Ministère peu fait pour. les encourager, lui perrnet cependant de poursuivre sans relàche la réalisation de ses espérances. Au reste, d'après l'opinion générale où l'on est que la Prusse ne peut pas ,suivre encore longtemps la voie déplorable où elle est 'engagée, il est ce~rtain que Monsieur de Bismarck sera infailliblement appelé un jour à diriger la politique de son pays; et meme d'après quelques mots qu'il a laissé échapper à son rapide passage ici, il ne paraitrait pas que ce moment dut encore etre bien éloigné.

(1) Cfr. n. 343.

368

IL CONSOLE A BUCAREST, STRAMBIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CIFRATO 204. Bucarest, 31 maggio 1862.

Chevalier Bensa parti avant hier pour Constantinople et Turin après avoir eu entrevue pa~rticulière avec le Prince Couza. Celui-ci aurait montré de si mauvaises dispositions à l'égard des Hongrois que le Chevalier Bensa n'aurait pas cru s'ouvrir avec lui avec propositions ou communications importantes. Depuis quelques temps conduite du Prince était pour moi un sujet d'inquiétude et de surveillance paru [sic] et Ministère Boyard et Consuls qui les soutien

nent paraissaient l'avoir effrayé, découragé et s'etre emparés de son esprit I1aturellement mobile, soupçonneux, paresseux et égoiste. Il a perdu toute confiance et popularité; en outre Ies h,ommes importants sont tous usés; les partis se divisent de plus en plus et consument leurs forces dans les intrigues en négligeant complètement toute question étrangère et se montrant généralement plus hostiles aux Hongrois. L'administration est dans le plus grande désordre; la justice mnl ~endue; les finances à bout de ressources; l'armée faible et sans discipline et partout la corruption, le vol et la démoralisation; mécontentement général qut pourrait amener une ·catastrophe.

Le Consul Piace, que j'ai vu dernièrement à Galatz, se montre aussi très peiné et, dissolution née, il est maintenant très au froid avec le Prince. Il croit que ce dernier a trahi secret de la Convention avec le Général Klapka en date du 9 janvier 1861 (1) pour prouver peut-etre la sincérité de son revirement momentané.

Dans ·cet état de choses et jusqu'à ce qu'il en vienne un changement on ne pourrait guère compter sur ce pays et sur le Prince Couza. Oelui-ci enverra à Turin prochainement le Major Alexandre qui est aujourd'hui à Bukarest. J'écrirai plus longuement par le prochain paquebot Messageries.

369

IL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 158. Roma, 31 maggio 1862.

Confermo a V. E. il mio rapporto in data di jeri ai n. 1225-193, affari della Cane. Ecci., al quale era unito un altro in cilia (2) per segnarle ricevimento del telegramma trasmesso dal Ministero dell'Interno al Sotto Prefetto di Rieti, ìl quale me ne diede tosto comunicazione. Sono stato lieto di conoscere dal tenore del medesimo come le disposizioni prese da questo Comitato per prevenire qualsiasi dimostrazione all'arrivo del Marchese di La Valette siano conformi alle intenzioni del R. Governo, e ciò gli servirà di eccitamento a maggiormente adoperarsi in proposito.

I giornali di questa Capitale, ·che con studio tutto proprio vanno esagerando i fatti del brigantaggio nelle Provincie Meridionali, tacciono affatto su quelli che infestano le Delegazioni di Marittima e Campagna, e che mettono lo spavento in quelle popolazioni. I dintorni di Velletri, Ftrosinone e Terracina in particolare sono così mal sicuri, che i cittadini non si azzardano ad uscire dalle loro abitazioni nelle ore notturne, ed ogni giorno si hanno a registrare assassini, furti, saccheggi, incendii, e quanto più inique azioni il Governo Pontificio ed il Partito Borbonico commettono alle loro bande di esercitare in quelle nostre Provincie, e che esse invece mal fidandosi a varcare i confini esercitano in quelle Pontificie. Se un tale stato di cose è deplorabile, produce però l'effetto salutare di far conoscere a quelle popolazioni tali orde di briganti che la Corte di Roma qualifica soltanto di reazionarii, e copre col manto della Religione. Alcune Famiglie Patrizie Romane, che ·si erano portate a villeggiare in quelle vicinanze, sono qui

rientrate per sottrarsi al pericolo che le minacciava e le loro apprezziazioni S\11

vero scopo dei suddetti si sono assai modificate.

Il Comando Francese allarmato dallo stato infelice di quei paesi occupati

dalle sue truppe, ma specialmente dopo l'arresto operato dai briganti di uno dei

suoi Usseri, latore della corrispondenza militaré, che venne svaligiato e tradotto

seco loro, ha adottato misure energiche, e dopo aver sequestrato armi e muni.

zioni procedette all'arresto di 27 tra essi, che tengono in prigione a Castel

S. Angelo. Il Governo Pontificio, assuefatto forse alla facilità colla quale il Generale di Goyon ,gli II'iconsegnava i suoi delinquenti, reclama ora del pari i suddetti individui dal Comando Francese, ma si crede inutilmente.

Mi si assicura che nelle congreghe tenute dai Vescovi presso il Cardinale Altieri, si manifestano tra essi dispareri nell'andamento della politica romana sulla gran questione del giorno, e ciò specialmente per parte dei Pr>elati più illuminati qui convenuti. In quanto al basso clero che si trova al loro seguito, e che va aumentando in modo straordinario, esso si mostra ligio più servilmente alla Corte di Roma, e niun dubbio che questa voglia usufruttuare della loro presenza in Roma per intrighi e macchinazioni, le quali ancor ben non si comprendono. Lo spirito però della maggioranza della popolazione seguita ad essere eccellente, e colla solita fiducia nella sua buona causa non si allarma di queste mene, e di quante altre prepara la setta sanfedista.

Qui compiegato ho l'onore di trasmettere a V. E. una lettera del noto Agente pel Cav. Fontana al Ministero dell'Interno. Si assicura che tra otto giorni verrà aperto al pubblico il tratto di ferrovia tra Albano e Ceprano, da più mesi ultimato, e che venne testè collaudato.

(1) -Cfr. Serie, I, vol. l, n, 4, allegato. (2) -Cfr. n. 364.
370

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 259. Parigi, 1 giugno 1862, ore 11,30 (per. ore 12,15).

La Valette doit partir demain avec les instructions mentionnées dans mes dépeches.

371

VITTORIO EMANUELE II AL PRINCIPE NAPOLEONE

(Ed. in A. CoMANDINI, op. cit., pp. 229-230)

Torino, 2 giugno 1862.

J'espère que tu auras été heureux dans ton voyage et que les impressions seront bonnes. Je t'envoie la lettre pour l'Empereur comme nous étions entendus (1). Je parle de Rome mais pas à fond, j'appuie sur le séjour du Roi de Naples dans la dté éternelle, et je demande son concours. Le m'inistère a envoyé la note à ce sujet à Paris.

'fu pourras parler des deux questions cali." tout récem.ment il y a eu des

grandes pourparlers chez l'Empereur pour en finir avec le Pape. Vimercati peut

te mettre au courant et ton Cousin n'est pas éloigné peut-etre de prendre un pa!l"ti.

Rattazzi dans une lettre qu'il écrit à l'Empereur ·s'appuie particulièrement

sur cette question que moi j'ai "traitée légèrement. Dans ma lettre je fais aussi

un tableau favorable de l'état de l'Italie Meridionale, je te prie de faire le reste.

L'affaire Gadbaldi est entièrement fìnie. Lui se trouve aujourd'hui ici où je le

croyais venu pour se battre avec le Général Saintfront qui a mis un article très

clair sur les journaux, mais au loin de cela il déclare que l'article ne l'attaque pas.

Je n'ai pas voulu le voir, mais il me fìt dire qu'il était à mes ordres pour

partir pour l'Orient et pret à emmener avec lui tout ce qui était turbulent et que

les réunions qu'il avait faites n'étaient qu'en ce sens et pas pour le Tyrol et que

nous n'avions pas su l'e comprendre. Bref, je l'envoie à la Caprera jusq'au 20

de Juin.

Mes :fìls sont partis pour leur voyage, tu trouveras Eugène eh Angleterre.

Je t'embrasse, et quand tu sauras, écris à moi quelque chose.

(1) Non conosciuta.

372

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, RATTAZZI,

AL PRINCIPE NAPOLEONE

(Ed. in Da Aspromonte a Mentana, pp. 14-17)

Torino, 2 giugno 1862.

Il vivo e sincero affetto che V. A. porta al Re ed alla causa italiana m'ispira coraggio a distoglierla per qualche istante dalle gravi di Lei occupazioni e t~rattenerla ancora, dopo il di Lei ritorno in Francia, delle cose nostre.

Non parlerò a V. A. delle condizioni particolari delle provincie meridionali. Ella viene ora dal visitarle e può dare un giudizio meglio di me. Io sono convinto che V. A. si sarà persuasa che il solo ostacolo, contro cui convenga lottare per ottenere la loro perfetta pacifìcazione, consista nella continuata presenza dell'ex-re Francesco in Roma. Questa presenza lascia incerti alcuni animi più timidi, i quali dubitando delle sorti del Regno esitano a francamente accostarsi al Governo del Re d'Italia. Inoltre il brigantaggio, quantunque grandemente scemato e ridotto a minime proporzioni, non potrà mai essere spento del tutto sinchè riceve eccitamento e soccorsi da una città vicina, e in nome di un Principe che pretende ancora di essere il legittimo Sovrano. Io ritengo che rimosso questo ostacolo ed allontanato da Roma Francesco II, anche il partito clericale riceverà un grandissimo colpo, e vedendo diminuite di molto le sue speranze ed illusioni per un ritorno all'antico stato di cose, si asterrà dall'appoggiare con sì grande insistenza la reazione, e cosi anche quelle provincie potranno entrare nella condizione normale delle altre provincie italiane.

Ma, lo ripeto, io non intendo parlare a V. A. della situazione politica del Mezzogiorno; La prego bensì di permettermi che io Le sottoponga qualche considerazione sullo stato generale d'Italia e sulla posizione grandemente difficile in cui verrebbe a trovarsi il Governo se non fosse fattibile di fare prontamente qualche passo per lo scioglimento della questione romana.

Gli ultimi fatti di Sarnico hanno fatto conoscere che il Governo ha forza sufficiente per mantenere l'ordine interno, ed impedire che sieno compromesse le nostre relazioni internazionali; hanno provato di più che l'opinione pubblica è interamente favorevole all'idea dell'ordine ed è disposta ad appoggiare il Governo quando egli sappia mantenerla con fermezza e non permetta ad alcuno di mettere a repentaglio le sorti del paese con intempestivi ed inopportuni movimenti.

Ma sarebbe illuderl!i se si volesse credere che questo stato di cose potesse durare lungamente. Non è necessaria una grande ponderazione per comprendere che in tanto il Governo si trova attualmente in questa posizione, in quanto che, mentre da un lato non esita a respingere e reprimere le improntitudini del partito esaltato, dall'altro può dichiarare di voler egli rimanere a capo del movimento italiano e di proseguire con tutti i mezzi che sono in suo potere lo sciogli. mento delle questioni che rimangono ancora a risolvere, onde l'Italia possa raggiungere la sua unità e la sua indipendenza. Le popolazioni nelle quali sopra tutto è penetrato il sentimento dell'unità nazionale avendo fede che il Governo sinceramente si adoperi per conseguirla, sinceramente lo sostengono e gli danno quell'appoggio che gli è indispensabile per resistere alle intemperanze degli animi più caldi ed esaltati.

Ma è chiarissimo per me che nel giorno in cui cominciasse ad entrare la sfiducia nel pubblico, e si cominciasse a dubitare che il Governo seguendo la via nella quale si è messo non sia capace di sciogliere quelle questioni e sopratutto la questione romana, in quel giorno, dico, io sono certissimo che si opererebbe una profonda reazione contro il Governo, questo perderebbe ogni forza e si darebbe vinta la causa al partito della rivoluzione: almeno si dovrebbe sostenere una lotta terribile, dalla quale è difficile prevedere chi sarebbe per uscire vincitore. Certo in qualunque evento le sorti future d'Italia sarebbero grandemente minacciate.

Non occorre che io dica a V. A. quali e quanto gravi sarebbero i pericoli per la pace e la tranquillità dell'Europa, qualora l'Italia dovesse nuovamente entrare in una fase rivoluzionaria, e che il Governo si trovasse impotente a dominarla.

V. A. coll'alto di Lei senno lo comprende meglio di quanto lo saprei io esporre. Non si meraviglierà quindi V. A. se nel vivissimo desiderio di allontanare questo pericolo io sia grandemente preoccupato dal pensiero di poter in qualche guisa condurre a termine la questione di Roma. Io sono profondamente convinto che essa è per noi questione di vita o di morte, e che lo stato d'indecisione e d'incertezza è lo stato più funesto di tutti. Sinora il paese rimane tranquillo ed aspetta fidente perchè rassicurato che il Governo non avrebbe mancato d'usare dei mezz1 diplomatici per ottenere l'intento che si bramava od una qualche soluzione. Il paese capisce che l'azione diplomatica è più lenta e non produce immediati e prontissimi risultati; perciò sinora non si commosse quand'anche nulla siasi conseguito. Ma tutto ha un termine, ed io pur troppo prevedo che la strada della diplomazia non ci conduce a buon porto; epperciò è assai meglio prenderne un'altra e ricorrere ai mezzi rivoluzionari. Io temo tanto questa conseguenza, perchè il partito d'azione naturalmente non ci lascia tranquilli, e non omette di porre ogni giorno sott'occhi delle popolazioni l'incertezza che pur troppo prosegue ad esistere rispetto a quella questione.

Non le dissimulo, Altezza, che dovendosi riaprire domani la Camera, io mi troverei grandemente imbarazzato laddove sull'interpellanza di qualcuno dovessi dare qualche schiarimento sulla questione romana. Che potrei rispondere? Che si è fatto qualche passo? Ma in questo caso mentirei e non potrei sostenere le mie dichiarazioni perchè realmente nulla si fece.

Risponderei che nulla si fece? Ma allora come difenderci dall'accusa d'inettezza e di poco buona fede? Certamente, per questo scorcio della sessione parlamentare, io procurerò di liberarmi da ogni impaccio, e spero di riuscirvi, attenendomi ad una risposta vaga e generica ed invocando principalmente la circostanza che sono soli pochi mesi dacchè il Ministero attuale è formato. iMa in appresso le difficoltà si faranno più grandi; e se non si adotta fra breve un qualche provvedimento, sarà pur forza riconoscere che l'opera nostra è tornata perfettamente inutile. Se ciò non dovesse produrre altro risultato tranne quello di far chiamare altri uomini al potere, non ne sarei certamente dolente, nè vorrei darmene gran fatto pensiero. Ma io temo pur troppo che si trarrà la conseguenza esser rimasta senza effetto l'azione diplomatica, perchè la Francia è decisa a mantenere continuamente le sue truppe in Roma, ed impedire così colla loro presenza il compimento dell'unità italiana. E quando una simile convinzione venisse ad impadronirsi dell'animo degli italiani, il Governo sarebbe deriso, ed i partiti estremi, per quanto avventati ed improvvidi, finirebbero col farsi padroni delle masse.

Se quindi si vuole evitare un simile pericolo, io sono d'avviso che è una suprema ed imprescindibile necessità che si facciano terminare le incertezze e le esitazioni, si prenda un partito decisivo, e si faccia vedere che si opera qualche cosa. In difetto di ciò, quanto può in ora padroneggiarsi la situazione, altrettanto saremo deboli per qualche tempo. Io parlo, è vero, Altezza, particolarmente nell'interesse dell'Italia e del mio Re, cui ho consacrato interamente me stesso. Non potrei e non oserei parlare nell'interesse della Francia, e della Francia a cui mi stringe un sacro vincolo di riconoscenza per quanto ha operato in favore dell'Italia. Ma V. A. saprà assai meglio di quanto io possa giudicare se anche per la Francia e per l'Imperatore non sia assai più conveniente porre un fine a quella spinosa questione. Lasciandola indecisa, l'Imperatore non acquista l'appoggio del partito cattolico, il quale avendo stretto alleanza coi legittimisti ed orleanisti sarà sempre avversissimo alla di lui dinastia, e d'altra parte egli si aliena la grandissima maggioranza del partito liberale, le cui aspirazioni sono favorevoli al risorgimento italiano ed alla cessazione del potere temporale del Papa.

373

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (MRT, Carte Durando, orig. autogr.)

R. CONFIDENZIALE 77. Parigi, 2 giugno 1862 (1).

Approfitto dell'occasione del Sig. Landau per mandare qui unita a V. E. una lettera di S. A. R. il Principe di Carignano diretta a S. M. il Re. Prego V. E.

di f81l' pervenire questa lettera all'alta sua destinazione. La mancanza d'un'occasione sicura m'ha impedito di mandarla più sollecitamente, come avrei desiderato.

Il Marchese di La Valette, come Le annunziai per telegrafo, parte decisamente domani. Egli è munito d'istruzioni dettate nel senso de' miei ultimi dispacci riservati e confidenziali. L'Ambasciatore è incaricato di far conoscere di nuovo e più esplicitamente al Governo Pontificio la convinzione del Governo Imperiale intorno alla necessità di far cessare l'attuale stato di cose nell'interesse della Francia, dell'Italia e del Papa. Dirà che il Governo dell'Imperatore, se non è legato da nessun impegno verso il Governo Italiano per rispetto a Roma, tuttavia non può disconoscere il diritto dei Romani per ciò che concerne il loro Governo; che l'occupazione francese non può durare indefinitamente; che il Papa deve quindi mettersi in misura di poter governare i suoi popoli, quando in un'epoca da fissarsi l'occupazione francese sarà per cessare in seguito alle guarentigie di sicurtà che potranno essere ottenute dal Governo Italiano. Ho ragione di credere che il Marchese di La Valette è anche autorizzato a formolare precise proposte nel senso delle idee poste innanzi dal Si1g. Thouvenel e di cui il Principe Napoleone ha senza dubbio esposto il tenore al Governo del Re. Il Sig. Thouvenel desidera che non si parli per ora di questi nuovi tentativi di conciliazione. Egli non si fa illusione intorno all'accoglienza che loro sarà fatta a Roma. Ma un nuovo rifiuto dato dal Papa a condizioni che sono a lui favorevoli quanto sono sfavorevoli al Governo del Re, dovrà avere per risultato, secondo ch'egli pensa, di migliorare la posizione a nostro vantaggio. Nessuna communicazione in proposito sarà fatta a Torino, prima che il Marchese di La Valette abbia riferito da Roma. Il Conte di Montebello deve partire da Parigi verso la metà del mese. La diminuzione delle truppe d'occupazione è di due reggimenti, cioè di circa tremila uomini.

Ho comunicato al Sig. Thouvenel il dispaccio di Gabinetto, datato da Napoli il 20 maggio scorso, intorno alla convenienza della partenza dei Borboni da Roma (1). Ne diedi anche comunicazione al Principe di Carignano affinchè facesse ufficii, nel senso indicato, direttamente presso l'Imperatore. S. M. diede a questo riguardo al Principe assicurazioni, che furono portate già a notizia del Governo del Re. Il Sig. Thouvenel fu meno esplicito; ma m'espresse la speranza d'ottenere il desiderato allontanamento, facendo agire in questo senso il Gabinetto di Vienna.

Ho pure comunicato al Sig. Thouvenel la Circolare del 19 maggio intorno agli sventati tentativi di Sarnico e alle misure prese in questa circostanza dal Governo del Re (2).

Il Sig. Thouvenel prese, con piacere, conoscenza delle dichiarazioni contenute in questa circolare ed applaudì vivamente alla condotta energica del Governo. Egli ci consiglia a proseguire intrepidamente nella stessa via, ed esprime la fiducia che se il Governo presenta al Parlamento la legge sulle associazioni e si mostra risoluto a non transigere colle sconsigliate tendenze del partito d'azione, il Regno italiano verrà prontamente riconosciuto dalla Russia e dalla Prussia.

A questo proposito devo informare V. E. che giunsero recentemente a Parigi il Sig. de Budberg e il Sig. de Bismarck destinati a rappresentare rispettivamente la Russia e la Prussia presso l'Imperatore.

Dal linguaggio tenuto dal Sig. de Budberg risulta che la Russia non attende che le dichiarazioni che il Governo del Re sarà per fare al Parlamento intorno agli ultimi fatti, per riconoscere il Regno d'Italia. Solamente pare che la Russia desideri essere pregata dalla Francia, e voglia che la .Francia le tenga conto del riconoscimento come d'una concessione a lei fatta. L'Imperatore e il suo Governo si presteranno, non ho bisogno di dirlo, senza difficoltà, ad accettare il riconoscimento come un atto di condiscendenza a loro fatta dalla Corte di Pietroburgo.

Il Sig. de Bismarck si esprime anche nel senso di un prossimo riconoscimento.

V. E. può dunque tener per fermo che il contegno energico e fermo che sarà per mostrare nel Parlamento il Governo del Re "'arà immediatamente seguito dal riconoscimento della Russia e della Prussia.

Ho domandato al Sig. Thouvenel e a Lord Cowley spiegazioni intorno al linguaggio tenuto dal Sig. de Rechberg in ordine alla questione italiana. L'uno e l'altro dichiararono che non sapevano punto a che volesse alludere il Ministro Austriaco. Il Sig. Thouvenel aspetta spiegazioni dal Duca di Gramont e Lord Cowley ha pur domandato informazioni a Londra. Ambedue mi promisero di parteciparmi quanto sapessero intorno a questo incidente.

Il modo con cui è universalmente apprezzata la fermezza del Governo del Re deve rassicurarlo e incoraggia!lo. La nostra posizione si è grandemente rilevata dagli ultimi fatti. Non c'è uomo politico che non applaudisca qui a simile condotta. Non c'è dubbio che questo sentimento universale non faccia procedere anche le nostre questioni esterne. Tuttavia sarebbe pericoloso il dedurre da questo fatto e dall'invio a Roma del Marchese di La Valette con istruzioni che possonsi chiamar favorevoli, che possa tosto cessare l'occupazione francese. L'Imperatore non vuole che il Papa parta da Roma, non vuole consegnare Roma all'Italia; ma dichiara che terrà conto della volontà e del diritto dei Romani per ciò che spetta il loro Governo e la loro amministrazione. Parmi che questa dichiarazione ci apra un nuovo terreno d'azione. Se la diplomazia è impotente a risolvere da essa sola questa grossa questione, perchè le popolazioni romane non ci ajuterebbero a giungere a questo risultato? Non parlo di dimostrazioni clamorose o di fatti tali che costringano il presidio francese ad un'attitudine ostile alla popolazione. Ma una serie di fatti, d'indole puramente passiva, e tuttavia significanti un'attitudine, per parte della popolazione romana, quale fu sperimentata non sempre infelicemente in Lombardia e nel Veneto, potrebbero, a mio giudizio, far procedere la questione.

(1) Alcuni brani di questa lettera sono riprodotti o sunteggiati in CoLOMBO, 19.

(1) -Cfr. n. 338. (2) -Cfr. n. 335.
374

IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, RATTAZZI (Ed. in Da Aspromonte a Mentana, pp. 17-19)

L. P. Parigi, 2 giugno 1862.

Par la différente teneur de mes dernières lettres vous pouvez facilement VOUIS former une idée de la sitruation qui nous est faite par i'incertitude de l'Empereur et par les justes instances de nos amis, qui sont les représentants

des idées libérales, et qui sentent ki, comme vous le sentez à Turin, ·la nécessité

d'amener une solution devenue désormais plus embarrassante pour la France que

l'est pour l'Italie elle-meme.

Le projet de l'Empereur combattu par MM. Thouvenel et Rouher ayant

été rejeté à l'unanimité dans le Conseil des ministres, à l'exception de Walewski,

on a tàché de rallier S. M. liD1Jériale au projet Thouvenel, qui à ,son tour est

tombé devant l:es observations de Persigny qui l'a ·comba,ttu dans son applica

tion au rpoint de vue uniquement italie.n, en. disant que c'était placer le Roi

d'Italie dans •la nécessité de se dépopU!lariser en tenant sa parole, ou de se

déshonorer en manquant aux engagements pris vis-à-vis de la France.

Le raisonnement du miniiStre de l'intérieur était juste, surtoot en faisant

abstraction de certaines ambiguités élastiques, que la logique inexorable des

faits accompUs consacre à tout jamais. La question placée srur le terrain où

il pl:ut au ministre de l'intérieur de l'amener par ses observations, le projet

Thouvenel devait évidemment tomber parce que c'était par là qu'il péchait, car,

dans le fond, ce projet n'était ·fait que pour laisser la porte ouverte aux évé

nemoots dans les Etats du Pape, une fois que la !l'esponsabilité lfrançaise était

dégagée.

Tout ceci, comme j'ai eu l'honneur de vous l'écrire, se passait le 28 mai.

Le 29 M. de Persigny alla voir Thouvenel, vit S. M. l'Empereur, et proposa un

arrangement dans les termes, que ·je vous ai mandés en ·chiffves dans ma lettre

du 30, et que je me permets de répéter ici à peu près dans les memes termes:

«Le cabinet des Tuileries chargerait son ambassadeur de prévenix officiel

lcment le Saint-Père et son premier mini,stre par une note dont il ·laisserait

copie, que dans l'espace de deux années les troupes françaises quitteraient

Rome, et que dans ce temps il faudrait que le Pape se mit en mesure de faire des

réformes qui lui permettent d'administrer, de gouverner et défendre son pouvoir.

Le Cabinet de Turin, sans intervenir dans cette décision, se bornerait à prendre

acte des déclarations du Gouvernement français ».

Nul arrangement serait plus acceptable, à mon avis, par l'Italie; les ministres du Roi n'auraient plus rien à défendre au Parlement, leur ròle se bornerait à une e~position des :faits tels qu'Hs se sont passés, en :faisant res•sortir, s'ils le croient opportun, leur mérite d'avoir rpoussé et engagé le Gouvernement de l'Empereur à prendre •cette importante résolution, qui est un acheminement évident vers une solution définitive.

Le comte de Persigny m'ayant fait prier de passer chez lui dans la matinée du 30, me dit ce que je viens de vous écrire; il désirait avoirr mou avis, en ajoutant bien aimablement qu'il voulait consulter l'opinion que mon bon sens me suggérait. Je lui ai dit que mon opinion n'avait aucune valeur offi.cielle et qu'elle n'exprimerait qu'un jugement tout personnel, qui ne pouvait etre apprécié que par son amitié. Le comte ayant insisté, je n'ai pas hésité à lui dire que, tout en re.grettant qu'il ne se fiìt pas mis d'accord wec ses collègues, je trouvais que son idée avait du bon, surtout si la manière de !I»'endre ade du Gouvernement du Roi pouvait etre faite en sorte à rendre obligatoire le rappel des troupes françaises apres l'expiration du délai donné par l'Empereur au Saint-Père; là, à mon avis, était la difficulté; car si S. M. Impériale ne se trouverait toujours

placée devant les mèmes difficultés, :par rle fait on n.'aiUrait olbteTIJU qu'un ajour

nement. Persig:ny me répéta ce que je savais déjà par MM. Rouher et Thou

venel, c'est-à-dire, que l'Einpereur ne :pouvait se dlécider à s'engager à une

époque fixe pour le rappel de ses troupes, en donnant pour ex·cuse tous les

désagréments que lui a rcausé J.e temps déterminé par la Convention de Paris

pour la durée de l'occupation de Syrie. J'ai trépété que deux conditions me sem

blaient indispensables pour tout arrangement; la première c'était que rle prin

cipe du suffrage universel fut sauvegardé; la seconde qu'il y eut un temps

déterminé pour l'évacuation des Etats ·du Pape.

Dans la soirée du mème jour, 30, M. Thouvenel, que je vis chez lui, me dit qu'il croyait presqu'impossible d'obtenir de l'Empereur la fixation d'un délai pour le rawel des troupes; tout le reste, me dit-il, marchera très bien, et il faudra se contenter pour le moment. Je lui demandai s'il s'était entendu avec Pernigny; hl. me répondit que son idée était rCOrusirgnée dans les instructions qu'on donnait à La Valette et que du moment où S. M. Impériale ne voulait pas s'engager à époque .fixe et déterminée, il fallait se borner à laisser à l'habilité de l'ambassadeur le soin d'amener le résu1tat que nous désirons tous.

Ayant en outre demandé à M. Thouvenel si l'es instructions nouvelles données à La Valette étaient changées, il me répondit qu'elles étaient à rpeu près les mèmes; c'est-à-dire cehles qui ont été mandées par Nigra et par moi, quoique plus catégoriques et plus eXjplicites dans ce sep.s: que le Gourvernement illllpérial fait bien sentilr à la Cour de Rome, que jamais il ne consentira à aUer contre le principe du suffrage universel; pour les États qui 1sont déjà annexés au Royaume d'Halie, non seulement; mais encore il'Empereur exhorte le Pape à faire des réformes te'Bes que 'les populations qui lui sont sujettes, soient mises en état de ne pas etre hostilement contraires à la domination du Saint-Siège (1).

La question ainsi posée, il me semble que c'est un pas énorme que nous venons de ·faire; il est d'autant plus ~grand si l'on songe à toutes les hostilités que la plus petite démarche rencontre dans les hautes sphères.

Le 31 mai matin, je vis Rouher, qui me confirma tout ce que je viens de vous écrire; plus, il m'assura qu'outre les instructions verlbales le marquis de La Valette il"emettrait une note à la Cour de Rome dans le sens c'i-dessus.

Je n'ai rien caché au ministre Nigra, dont rJ.es renseignements, à ce qu'il me dit, étaient conformes aiUX miens; seulement la question serait de savoir si réellement J.a note à laquelle M. Rouher a fait allusion, et dont il attendait la rédaction, sera envoyée et dans ce cas il faudrait en obtenir communication; c'est à quoi Nigra, je crois, s'occupait aujourd'hui.

Hier, l juin, j'ai passé ma journée avec lle marquis de Lra Valette. ill part demain soir 3, pour Rome. Parma lon:gue conversation avec lui je me suis u!le fois de plus convaincu de l'exade vérité de ce que jre viens de vous écrire; seulement je n'ai pa·s pu, jusqu'à jpXésent, vérifier ,si réellement il sera ,porteur de la note en question à commrmiquer, ce qui serait un point bien important pour nous.

La Valette a eu hier matin une longue conrférence avec II.'Empereur en

présence du général Montebello. S. M. a été très explicite dans la conversa-tion.

Le mwrquis en est sorti satisfait, s'étant d'après le désir de l'Empereur réconcilié

aJVec le général.

Voilà l'historique bien exact de tout ce qui s'est passé ces jours derniers

pour la question de Rome, et dont je su1s à mème de vous garantir l'authen

ticité (1}.

(1) Cfr. Livre Jaune, 1862, pp. 7-9; L. THOUVENEL, Le secret de l'Empereur, Parigi, 1889, n, pp. 408-409 nota.

375

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO DI AGRICOLTURA E COMMERCIO, PEPOLI (AP)

L. P.

Parigi, 2 giugno 1862.

Ho ricevuto l'ultima •tua e te ne ringraz1o. Amo assai :l!o stile la,conico, ma

in verità tu ne abusi. Comprendo ·che le tue occupazioni non ti lascino il tempo

per iscrivere Lungamente, ma potresti dirmi qualche cosa di !Più. Hai rag1one

quando dici che bisogna si !faccia qualche ·Cosa p.er Roma. Sii certo •che si farà,

ed in questi giorn~ possiamo dire d'aver fatto un gran passo. La Vail.ette parte

dimani sera. Le sue istruzioni sono interamente favorevoli aLl'avvenire cui

tutti tendiamo e credo che, le •cose messe come sono attualmente, si finirà per

raggiungere lo scopo di tutti gl'Italiani. Il Governo imperiale non può nè vuole

andar contro il voto delle popolazioni, nè pei paesi che han già fatta. la loro

annessione al Regno d'Italia, nè per quelli che ancora rimangono al Papa, il

quale bisogna si metta in misura d'intendersela con le sue popolazioni non

continuando a contare sull'occupazione francese della quale deve attendersi

all'evacuazione. Tutto però dipende dalla posizione che il vostro Ministero

prenderà al Parlamento. Questa è Lla .gran prova e se esso riesce a dominare

11 partito d'azione separandosi nettamente da lui egli entrerà nella famiglia dei

governi costituiti. La riconoscenza della Russia non si farà tardare, quella della

Prussia la precederà o la seguirà da vicino, ed il Governo dell'Imperatore potrà

dire al Cardinal Antonelli che il Governo d'e'l Re non è come d1ce egli il ·Governo

della rivoluzione che non ha mezzi per sostenersi, ed al quale si vuol sacrificare

il poter tempor:ale che data da secoli e che ha attraversa.to tutte ile crisi più

difficili della storia.

Raccomanda, ti prego, ai tuoi colleghi la più ,grande discrezione alla Ca

mera, anche iSUl trionfo avuto nella lotta tra La Valette e Goyon. Sarebbe un

errore dare a questo palesemente tutta l'importanza che ha avuto. L'•Imperatore

sarà tanto più strettamente legato con noi, quanto meno noi vanteremo la sua

protezione e la sua amicizia. È \d'uopo ·che il vostro Ministero sacrLfichi un pò

il successo avuto al successo avvenire. Sarà cosa abilissima di cui Rattazzi pel

primo si troverà contento. A lui stesso scrivo in questo senso. La circolare per

ottenere l'aillontanamento del Re dii Napoli da Roma non la trovo opportuna.

Essa è ·suggerita dal principe ne .sono sicuro; ho fatto con lui più volte discus

Cowley, che godeva della personale confidenza del Thouvenel, cfr. LYNN M. CASE, p. 188.

26 -Documenti diplomatici • Serie I . Vol. II.

sione rSU questo punto e siamo restati ciascuno del nostro avviso (il che arriva sovente). Sarei di parere ·che si domandasse al Pa,pa d'allontanare il Bo11bone se J.'IIIl!Peratore fosse deciso a riS!Pondere a un rifiuto •Col richiamo immediato delle sue truppe. Ciò non essendo nè potendo essere è affatto superfluo iiil!Pegnare il Governo imperiale in una lotta nella quale è sicuro di essere battuto non volendo reazioni. Se l'Imperatore volesse anche mettere la comminatoria di ritirare le truppe se conserva. a Roma il Borbone, questo metterebbe il Papa su d'un piedistallo enorme, perdendo il poter temporale pel fatto generoso d'aver sostenuto un Re nell'a sventwra ed al quale aveva dato ospitalità.

Non vedo portata ancora fra le leggi d'urgenza quella del Cana,le. Ti raccomando, mio caro amico, finisci al più presto quest'affare che sai trainons aa sì lungo tempo ;per colpa del tuo antecessore.

(1) Il resoconto del Vimercati, attinto dalla fonte Rouher, coincide con quello di Lord

376

IL PRESIDENTE DEL. CONSIGLIO, RATTAZZI, AL CONTE VIMERCATI

(ACR, Carteggi V. E. II, b. 21)

Torino, 3 giugno 1862.

Mi prevalgo della favorevole occasione, che ritorna costì il comune nostro amico Alessandro Bixio per scrivervi due linee, e nuovamente ringraziarvi delle notizi·e, che andate tratto tratto inviandomi. Qui le cose procedono discretamente bene; ma non conviene dissimularsi, che se non ;potremo fra qualche tempo fare un passo s·ensibile per lo scioglimento della quistione Romana finiremo con perdere ogni forza, e non so in qual modo si potrà camminare. Scrivo al Principe la lettera nel senso che voi avete indicato, e la mando al medesimo per mezzo di Nigra (1). Non so quale effetto potlfà produrre. Intanto però è certo che non v'ha nulla di più funesto per tutti che queste esitazioni ed incertezze.

Quanto al vostro affare ho parlato particolarmente con Durando. Egli mi sembra disposto a nominarvi consigliere effettivo: ma temo che dobbiate perdere nello sti,pendio. Venendo qui voi ritengo che si potrà combinare ogni cosa con vostra soddisfazione. Se vi sembra che possiate in questi momenti lasciare Parigi senza inconvenienti, scrivetemelo pure, io farò scrivere a Nigra, onde vi si dia hl. congedo pel tempo di cui avrete !bisogno.

377

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 263. Parigi, 3 giugno 1862, ore 15,10 (per. ore 16).

M. Landau est parti hier au soir pour Turin.

(1) Cfr. n. 372.

378

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 401. Berlino, 3 giugno 1862.

Dès que le télégraphe nous a apporté la nouvelle de l'échauffourée de Brescia, je m'éta,is empressé de bien mettre en évidence av<ec quelle énevgie, avec quel succès le Gouvemement du Ro! avait su sauvegarder son autorité en face du pays et de l'Europe. Mais mon langage a acquis bien plus de valeur quand j'ai pu donner lecture et copie de la circulaire du 19 Mai (Cabinet) (1). Elle a été soumise au Roi Guillaume, et j'ai lieu de croire que le Cabinet de Berlin nous exprimera sa satisfaction d'avoi:r pu constater que les actes de notre Ministère sont en parfait accord avec son programme; aussi les chances de la reconnaissance sont-elles à la hausse, et je ne doute pas qu'elle n'eut déjà été proclamée si la tournure pacifìque prise .par les événemens de 1la Hesse n'avait ajourné cet acte. Différentes cir·constances me portent cependant à admettre que dans peu de mo,is nous aurons atteint notre but. La nomination de Monsieur de Bismarck à Paris est très significative. Ses tendances poli:tiques sont anti-Autrichiennes; il est partisan de l'allìance avec ;la France et ila Russie. Nous avons ses sympathies. En voici une preuve. J'ai parlé dans une de mes précédentes déiJ:>èches d'un admirable rapport élaboré par le Comte Brassier de St. Simon, pour mettre un terme à la position expectante de son Gouvernement à notre égard (2). Le Comte Brassier à demandé à Monsieur de Bi,sma·rck de ilui donner son avis sur •Ce travail, et ce demier lui a répondu que sur cette quesrtion il n'y avait entr'eux aucune divergence de vues. La présidence du Conseil lui avait été offerte; il a sagement décliné et il s'attend, à molns d'éventua.lités imprévues, à revenir ici :sous peu pour. y occuper le poste du Comte de Bernstorff.

Mais je veux mème 'admettre que le Roi Guillaume a·it des rechutes de son indécision de caractère; les circonstances lui forceront la main. Le Cabinet de Berlin désire marcher d'accord avec la Russie. Le Czar ll"écemment encore se montrait peu sympa·thique pour notre ·cause; ses sentimens n'auront pas varié; mais l'horizon s'assomlbrit de :plus en p1us en Orient. Il est urgent poor la Russie de s'entendre avec ila France. Une des coniditions de cette entente, c'est d'aacepter le vues de J.'Empereur Napoléon sur l'Italie. Tel est le thème qui a été développé par le Baron de Budberg lors de son demier séjour à St. Pétersboulìg, immédiatement avant son départ pour Paris où il remplacera le Comte de Kisseleff. Ses idées ont été approuvées. Mais il ava'it l'ordre de poser de certaines conditions: accord sur la question de succession au trone de la Grèce, sur les affaires du Monténégro, et sull' la question orientale dans le présent et dans l'avenir. On voulait en un mot ma·rchander la reconnaissance de l'ltalie à un prix dont il eut été difficile de convenir; ne fut-ce que pour les ménagemens dont la France doit ruser viis-à-vis de l'Angleterre. Mais voici que les choses se dessinent sous un meilleur a'spect. Le Prince Gortschakoff vfent d'expédier son fìls à Paris avec l'instruction au Baron de Budberg de se montrer coula11t sur :La question de la reconnaissance.

Je tiens ces détails de bonne source. Si !es prétentions du Czar ont lbaissé cela tient surtout au motif suivant. L'Eimlpereur Alexandre sent la nécessité de développer autant que possibile les grandes entr€1Prises r-éformatriJCes de son règne. Il veut se fortifier à l'intérieur !P()Ur se concilier mieux encore l'appui de son peuple dans le cas d'une crise extérieure nommément en Orient. La nomination du Grand Due Constantin comme Lieutenlant de l'Empereur en Pologne, n'a pa1s d'autre but que d'offrir un témoignage éclatant de ses intentions libérales. L'reuvre de l'émancipation des paysans sera activée avec plus de suite que par le passé. Et é'est en partie pour gagner l'opinion publique qui taxell"ait cette politique d'inconséquence si elile n'était pas marquée au mfune cachet quant à l'Italie, que les premières instructions du Baron de Budberg ont été modifiées dans un sens qui permettra de négocier avec plus de chances de sucoès. C'est avant hier que le fils du Prince Gortschakoff a passé par Berlin (1).

V. E. sai:t que le Baron rucasoli m'avait chargé de sonder auprès du Ministre de Russie les dispositions de son Gouvemement à notre égard. Nos pourparlers avaient déjà pri:s une assez bonne tournure; je crois devoir ile :raweler pour que Monsieur le Chevali€11" Nigra sache à qui il aura affaire (2).

La reconnaissance de fa Prusse et celle de la Russie étant en corrélation, il me semble, d'après ce qui préoède, que nous avons des motifs sérieux pour compter·sur un rapprochement assez prochain de ces Puissances vers nous.

(1) -Cfr. n. 335. (2) -Cfr. n. 332.
379

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 402. BerLino, 3 giugno 1862.

Le Oabinet de Berlin a remporté un succès incontestable dans 1a question de la Resse. Il a surpris ses amis et ses ennemis. Mais son triomphe eut été bien plus complet s'il eut donné aux troupes l'ordre d'intervenir. On dirait qu'il ne veut ni ailer à l'eau, ni nager. Il se plaìt à se promener dans un superbe costume de baigneur sur les bords du rivage pour faire croire au public qu'au besoin il saurait plonger avec intrépidité. Ses adversaires ont cependant compris qru'il finirait par nager s'il lui arrivait de perdre pied; à Francfort on a eu peur et on s'est empressé de voter contre l'Electeur. Mais <l!Pl"ès? Il me semble que le plus gros de l'affaire est encore à régler. Tout le monde sait que la Prusse ne se soucie pas sérieusement de faire un coup de main. La n1mvelle Chambre parait, i:l est vrai, trè.s d~sposée à y pOUJSser ile Gouvernement; ma1s il se contiendra, ne fut-ce que par médiocrité, à moins que la force des ·choses ne l'entraine à son ,corps défendant.

En attendant le iait le pLus marquant dans cette crise a été l'impuissance de l'Alutriche. La plupart de mes 'collègues AlllemandJs en ont été constemés. Ils comprennent que leui'IS Etats resteront sous la férule de la Prusse tant que le Cabinet de Vienne sera paral~sé par l'entretien d'une armée considéra:ble

pour la défense de la Vénétie. Je sais que leurs dépéches exprimaient l'avis de la nécessité d'un règlement de la question Italienne, si on ne voulait pas la,isser •carte bianche à la Pnlsse en AHemagne. L'Autriche à joué un ròle ignobte; après avoir encouragé l'Electeur dans sa résistance, elle l'a lachement abandonné pour se retourner contre lui au moment du danger.

Une autre question qui occupe beaucoup les esprits c'est le Traité de commerce avec la F1rance. Pel"isonne dans le Zollverein ne fait des ob1ections pratiques; et si on s'en permet •Ce ne sont que des :llaussetés; mais de plusieurs còtés on exprime des appréhensions politiques. Les Etats de W~rtzbourg nommément ·craignent de se trouver enchainés au Zollverein et à la Prusse, en sorte que celle-ci pourrait bien leur dicter des conditions très onéreuses en 1865, quand il faudra renouveler l'union douanière. Ils ont une sainte hwreur pour un ilien plus étroit avec la France, pour des relations trop intimes entre la France et la Prusse, et il craignent l'exdusion de l'Autriche qu'ils voudraient bien faire admettre dans le Zolllverein, ne fut-ce que ;pour ne pas y etre seuls avec la Prusse. En sorte que la ratification du Traité avec la France n'est pas encore tout-à-fait assurée. C'est etre bien aveugle. Là où s'élèvent des plaintes contre ce Traité, on ·ne comprend pas suffi:samment :La portée de la question. Après tout, la Prusse est une grande Puissance et fort chatouilleuse sur ce point. On ne peut pas l'exposer au désagrément d'avoir conclu des arrangemens qui ne recevraient pas leur exécution. Personne alor:s ne voudrait plus négocier avec elle. Sa position Européenne serait comme pe11due. C'est à dire qu'en rejettant le Traité les Wiirtzbourgeois atteindraient précisément le contraire de ce qu'ils auraient voulu, en poussant la Prusse dans les bras de la France, en l'éloignant de plus en [plrus de •l'Autriche, en la forçant à faire dépendre la rénovation du Zollverein de plusieurs considérations incompatibles avec la souveraineté de ses co-Etats.

L'Autdche est très active sur ce ,poi:nt, et ma!lheureusement hl faut ajouter que quelque fois la Prusse est maladroite et paresseuse. Néanmoins, on parait ce;pendant en étre arrivé ici à un 'certa:in degré d'impatience nerveuse. Les paroJ.es assez aigre-douces de la France y a.uront peut-etre contribué. Le 28 Mai le Comte de Bemstorff a expédié à Vienne une note (eHe a été publiée dans les joumaux) en réponse au dernier mémorandum Autrichien, et il. faut avouer qu'il nous est rarement arrivé de lire ici un langage plus ,ferme et plus énergi!que. Cette note r~ousse de la manière la pilus .catégorique lles prétentions de l'Autriche die faire des remontrances; il lui est déclaré que la Prusse et le Zollverein peuvent agir comme bon leur semble; que l'Autriche n'a rien à y voir; que le Traité ne préjudicie pas la possibilité de l'admission de l'Autriche dans le Zollverein, si tant était que cette possibilité put etre ·COnsidérée comme existante!

Bien des fois, j'ai été surpris d'entendre certains diplomates parler de cette fusion du Zollverein avec l'Autriche, comme d'une éventualité possible et meme prochaine. Betise ou dissimulation! Peut-on concevoir deux grandes Puissances dans une union •commerciale et financière surtout quand leur politique est et restera divergente dans les questions qui les touchent de près en Allemagne?

Dans les Chambres Prussiennes les affaires d'Italie sont un peu oubliées. Je n'ai .cependant pas manqué de les rappeler adroitement à quelques députés. Mats ils s'oocupent de leurs intérets immédiats et la politique extérieure n'appa

raitra qu'en seconde ligne. Le Gouvernement est en fro~deur avec l'Autriche à cause de ses intrigue.s contre le Traité de commerce ave·c la France, mais il n'a pa•s encore, tout bien disposé qu'il soit, manifesté !le ·courage de damer le pion au Cabinet de Vienne en nous tendant publiquement la main. Mais, comme je l'ai écrit dans mon précédent rapport, nous avançons veTs la reconnaissance et l'année ne s'écoulera pas, à mon avis, sarn:s que •cet acte soit accompli.

(1) -Notazione marginale del Durando: • Informer le Ministre Nigra dè cela •. (2) -Notazione marginale del Durando: • Écrire à Nigra •.
380

IL MINISTRO A BERNA, JOCTEAU, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 267. Berna, 3 giugno 1862.

J'ai l'honneur d'offrir tous mes remerciments à V. E. pour la Circulaire

qu'Elle a bien voulu m'adresser de Naples, sous la date !du ;19 Mai échu (1).

Les directions que j'y ai -trouvées m'ont lfourni le moyen de •confirmer, avec

bien plus d'autorité, iles assurances que je n'avais pas hésité à donner, comme

je me suis empressé de le mander dans ma dépeche de 22 Mai échu, n. 265 (2),

dès que j'ai eu connaissance du projet id'agression contre le Tyrol, et des me

sures promptes et énergiques prises par l'Autorité pour en empecher l'exécution.

J·e me :suis fait un devoir de remettre une CQPie de cette importante dé

peche, à M. le Président de la Conféderation, avec qui je m'étais déjà exprimé

dans un sens ana•logue, et j'ai utilisé les a•ssurances qu'·elle :renferme dans les

entretiens que j'ai eus, depuis lors, avec d'autres hommes politiques. J'ai main

tenant la satisfaction de pouvoir dire à V. E. qu'ill. m'est résulté de l'ensemble

de •ce•s •conversations que, si les nombreux amis que la •CaUJSe itailienne compte

dans •ce Pays ont éprouvé un vif regret des événements de Bergamo et de

Brescia, ils se sont cependant hautement félicités de voir que l'attitude du

Gouvernement, en présence de faits si déplorables, ait produit, sur l'opinion

publique, l'effet moral le plus satisfaisant. Les partis extremes ont bien essayé

d'affailblir .cette impression, mais c'est le résultat contraire qu'Hs ont obtenu, en

offrant aux organes de l'opinion modérée, une occasion facile de faire prévaloir

les memes prindpes dont la Circulailre à laquelle je réponds contient une décla

ration tSi ferme et si explicite.

Cette assurance m'a été répétée hier encore, au Palais Fédéral, dans des conversation dont a été l'occasion un article du JournaL de Vérone, qui a prétendu que cles Gar.tbaldiens. acheminés vers ile Tyrol, porteurs de bombes et d'wutres projectiles, avaient été arretés dernièrement dans ll.e Canton des Grisons. Ayant demandé si quelque circonstance avait pu donner lieu à cette sup:position, on m'a répondu que les Gouvernements des Gri:sons et du Tessin. ruvaient été invités à informer exactement le Conseil Fédéral des moindres incidents qui se rarpporteraient à de semblables projets, et qu'il aurait eu c:ertainement avis de cette saisie, si elle eùt été autre chose qu'une invention ldu journaJ. semi

officiel Autr1chien qui, du reste, a eu la maladlresse de l'attribuer à un Colonel de l'État-Major suisse, dont le nom est ltout à fait inconnu dans ce pays.

On annonce tla rprochaine arrivée du Comte de Cham:bord, au ChateaiU de Wartegg, résidence de l'ex-Duchesse de Panne, sur le J.a,c de Constan0e, puis à Lucerne, où se reproduira sans .doute, comme il y a deux ans, l'inoffensive apparition des vieux légitimistes, venant renouveler leurs vceux inutiles de restauration. Bien que quelques journaux rattachent ce voyage à quelque intrigue anti-italienne, on ne pense pas généralement qu'il ait d'autre but réel que le désir du Prince exilé de ne pas se laisser oublier tout à lfait.

(1) -Cfr. n. 335. (2) -Cfr. n. 342.
381

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, DELLA MINERVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 52. Lisbona, 3 giugno 1862. La quistione delle suore di carità che tanto e per sì gran teJpo ha occupato questo Parlamento, e della quale il partito reazionario e clericale e l'opposizione ministeriale voleva valersi come arma per abbattere il Governo ha avuto una soluzione inaspettata. In seguito ad alcune intelligenze rprese fra il Governo Portoghese e la E1rancia, il'I1I1!Peratore Napoleone spedi un vapore da guerra nel Tago [per trasportare in Francia tutte le suore di carità ed i LazzariJSti che le accompagnano. Rimatrranno solamente due o tre suore che sono al servizio dell'Ospedale Francese ed un Lazza!l'ista Cappellano della Chiesa di S. Luigi. Il :partito che <sosteneva questa istituzione getta alte 1gri!da contro questa so!uzione inaspettata e che esso ·Chiama indecorosa pel Portogallo né vi mancò taluno che vi volle vedere una specie d'intervento france.<se. Terminata così questa eterna questione è da sperare che il Parlamento e gli uomini di Sta.to si occu

pino all'avvenire dell'importante oggetto dell'Ammin~strazione interna quando che prima tu~te le loro idee e ile loro 'cure principali erano rilvolte a sostenere

o combattere quell'istituto.

Il Marchese di Loulé mi parlò ieri dell'affare degli archivii dell'ex Consolato generale di Napoli e mi 'russe che rispondendo al Mirnstro Spa,gnuolo gli espresse l'opinione che sarebbe meglio rimettere 1l'intiero Archivio, estraendo ove egli lo credesse qualche rapporto politico che forse potrebbe es]stere ed al quale certamente il Governo d'Italia darebbe poca importanza stante le mutate condizioni, e che potrebbe in ogni caso considerarsi come smarrito ed in tale modo questa questione avrelbbe una soluzione più definitiva ed anche più gradevole. Al Marchese Della Ribera piacque quest'opinione del Marchese di Loulé e disse di voler differire la consegna per rkevere· nuove i>struzioni dal SIUO Governo.

L'agitazione che ,con qualche disordine .si era manifestata nelle Provincie del Minho a causa <di certe provvidenze amministrative e pel nlllovo mutamento dei pesi e misure, 1si può 'dire calmata del tutto. L'attitllldine ferma della truppa sconcertò i disegni di ,coloro che speravano poter approfittare di quei tumulti. Si a'spettava che un qualche battaglione o porzione dei Reggimenti inviati si affratellasse coi riottosi perchè quaLcuno si mostrasse per por;si a capo del movimento. T.alle 'speraillza delusa, e nessuno eSISendo comparso per capitanare una

vera rivolta .gli assembramenti a :poco a !POCO si fecero minori ed il paese co· minciò a riprendere la SUJa •tranquillità. Non poco altres[ vi contribui l'attitudine della Città d'Oporto. Quasi tutti i fabbricanti ed i principali commercianti offrirono atl Governo il loro appoggio ed assicurarono che per parte loro avrelbibero impiegato tutta la loro influenza iPer impedire ogni tumulto in quel!la importante ci:ttà.

Ho ricevuto il Dispaccio n. 27. Dalle informazioni assunte nei registri di questo Consolato e presso la Polizia risulta 'che il Scipione Peretti di cui ivi è cenno riparti da Lisbona per la Spagna, civca il Luglio del 1858 nè si ha altra traccia in appresso.

Mi è pure pervenuta oggi ~a Circ()laxe di V. E. in data, di Napoli 19 maggio scorso (1), e ad essa sarà conforme il mio linguaggio sugli ultimi spiacevoli avvenimenti suc•ceduti in qualche provincia dell'Italia Settentrionale. Intanto mi sono affrettato di darne comunica.zione a questo Governo, il quale vede con piacere che il iegno d'Italia si consolida vieppiù ed ha per sè il consenso pressochè unanime delle popolazioni che vogliono ad ogni costo sacro :L'impero della legge.

Nei .giorni scorsi è di qui partita S. A. R. l'Infante Donna I,sabeUa sorella dell'Imperatore Don Pedro già Reggente di Portogallo. S. A. si reca per via di mare sulla Corvetta da guerra Bartolomeo Diaz a Civitavecchia e di là a Roma per assistere aWla canonizzazione dei Martiri GiaP!Ponesi. Dopo Roma essa conta passar per Parigi e quindi far ritorno a Lisbona. Questa Principessa è qui tenuta come un potente sostegno del Partito reazionario e clericale. Difatti nelLa protezione dell'Istituto delle Suore di Carità essa iPre,se interesse vivissimo.

P. S. -II dispaccio n. 51 che •contiene un lungo rapporto sulla Convenzione Postale fu trasmesso per via di mare con un vapore inglese che partiva per Genova.

È oggi ,giunto dalla Spagna il signor Uba!ldino Peruzzi. Unisco una lettera per il Presidente del Consiglio (2).

382

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 266. Parigi, 4 giugno 18~2, ore 16,30 (per. o1·e 17,35).

Le Prince Charles Napoléon Bonaparte part ·ce soir pour Florence non par la voie de Marseille, mais par celle de Suse. Je vous prie de faire donner les ordres convenables arux douanes. L'Archeveque de Paris a refusé la permission de célébrer anniversaire du décès du Comte de Cavour.

(1) -Cfr. n. 335. (2) -Non allegata.
383

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (Ed. in Episodi, pp. 286-287)

L. P. Costantinopoli, 4 giugno 1862.

Conformemente a quanto Ella, si•gnor generale, avrà rilevato dal telegramma che al l o del corrente il cavaliere Bensa trasmetteva in 'Cifra per mezzo mio al signor Rattazzi, presidente del Consiglio (1), mi fo ilecito di entrare in al.cuni particolari. Dopo aver soggiornato quaLche tempo in Col'lfù 1ed in Atene, i1 cavaliere Ben:sa venne in Costantinopoli. Presentassi immediatamente alla Legazione ed ebbe particolare colaoquio ·col mio predec~sso.re il signor Cerruti, al quale confidò avere un incarico confidenziale di Sua Maestà colla partecipazione del signor Rattazzi, presidente del Consiglio, aUorchè questi prima di V. E. reggeva il Ministero per gli affari esteri. Il .cav. Bensa aggiunse avere per istruzione di tenere del tutto info.rmato iJ. signor Cerrutl. Questi trovandosi alla vigilia di partire per la Persia consigliò ill Bensa, rimanendo io incaricato d'affari, di continuarmi le sue .comunicazioni. Atteso il posto occupato dal Bensa, credetti conveniente di ascoltare quanto egli giudicò di parreciparmi. Lo avvertii tuttavia che il Ministero degli Esteri non avendomi fatto pervenire alcun avviso circa la sua missione, nè potendo esso produrmi alcun documento proveniente da quel Ministero, dovevo io !imitarmi esclusivamente a da·rgli ascolto. Il Bensa infatti nulla mi richiese. Mentre esso trovavasi in Bukarest, il ministro deglli esteri, Aali Pascià, interrogò il secondo interprete di questa Legazione sull'oggetto del viaggio di quel signore in Oriente dicendo che si supponeva avere esso un incarico segreto. Feci .dspondere alll'interprete che la regia Legazione ~gnorava affatto se il Bensa fosse incaricato di al·cuna missione, e credeva .spiegare facilmente il viag;gio come meramente di diporto. Contemporaneamente fui avvertito che'sia: Henry Bulwer, ambasciatore di Inghilterra, mostravasi assai irritato per avere avuto notizie di IJJUove navi cariche d'armi, che avevano rimontato il Danubio, e pretendeva quindi trovare un nesso tra questo fatto e la presenza del Bensa nei PrinciJpati. Credetti opportuno di avvertire hl Bensa dei sospetti delil'ambascia•tore inglese; ed egli mi disse che ignomva assolutamente qual cosa avesse potuto destarli; aggiunse che sapeva benissimo che &r BUlwer li aveva già dapprima rivolti al signor RLstich, agente serbo in Costantinopoli, e più •tardi alla Legazione di Grecia. Fu in queste circostanze che ebbe origine il telegramma che il Ben:sa diresse al signor Rattazzi. Le informazioni, •che dietro mLa richiesta mi furono trasmesse dal nostro Console generale in Bukarest, ridU!cono a ben piccole proporzioni il supposto trasporto d'armi. Tutto si limita ad alcune casse di carabine e di rivoltelle, armi di russo trasportate dalle Messaggerie imperiali

di Francia a Braila, da quella dogana respinte ed accettate a titolo di deposito da quella di Galatz.

L'ambasciatore francese protestò fortemente contro la violazione del trattato di •commercio che permette l'introduzione d'armi di lusso, ed è irritatissimo contro il principe Couza, il quaie per i.:l. primo avverti il console austria·co che

J.a Francia tentava introdurre armi in Danubio.

Lo stesso ambasciatore· !francese elbbe la bontà di prevenirmi che, poco tempo fa, il ConsOle austriaco in lassi avverti il suo ·collega di Francia, signor Place, essere l'Intemunziatura d'Alustria consapevole della partenza rda Genova di una nave .greca carica d'armi destinata a dsalire il DanUJbio; ma che ai Dardanelli esercitasi tale vigilanza che difficilmente il legno greco sfuggirà aLle ricerche.

(1) Non rintracciato.

384

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI-GAROFOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 229. Madrid, 4 giugno 1862.

Il Signor Calderon Collantes al quale lessi e lasciai copia del dispaccio Circolare de' 16 Maggio ultimo (1), m'incaricò d'esprimere i suoi complimenti all'E. V. per la fermezza mostrata dal Govemo di S. M. nella circostanza dei tentativi temerari d'una giovtentù mail .consi~rata. Soggiunse ch'Egli se ne rallegrava tanto più perchè uno dei motivi della tepidezza delle relazioni della Spargna con noi si è la ·considerazione dello stato poco per anco regolare della tranquillità in Italia, e che una volta che ·sia palese che lo stato normale ivi esista assicurato da run Governo forte, scomrparirà il rprimo motivo di diffidenza e perciò più facile sarà riportare le relazioni tra i due paesi ad uno stato soddis&cente. Mi disse che ila Spagna. elbbe pur troppo molte volte a soffrire in causa delle società segrete e di pazzi tentativi, ma che fini per rimanere vincitrice, mostrandosi forte, ben inteso impiegando, mi disse, più la forza morale che quella fisica sempre di triste effetto, sebbene alcune volte indispensabile. Trovai il Signor Calderon contentissimo della posizione del Governo nell'affare messicano; mi assicurò non dargli pensiero la discussione che avrà luogo nel Congresso; ch'egli difenderà Prim da ogni attacco, come accusato ingiustamente, e non mancò di prevenirmi ch'io pure sa:rò del[o stesso parere, quando ileggerò ·con attenzione i documenti ch'egli presentò jeri al Parlamento. Non so veramente se il Signor Ministro di Stato tenga su ciò ragione che

la lettura attenta P?Ssa cambiare l'opinione già formata sui fatti messicani, devo però dichiarare che una lettura superficiale non mi produsse l'effetto che forse farà la discussione e la lenta lettura dei detti documenti che sono in numero di centodieci.

(1) Recte: 19, cfr. n. 335.

385

IL CONTE VIMERCATl AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, RATTAZZI (Ed. in Da Aspromonte a Mentana, p. 19)

Parigi, 4 giugno 1862.

La Valette è partito ieri sera, ed è partito contentissimo deill'Imperatore, delle sue intenzioni e delle buone di-S'posizioni della maggiorità dei ministri; Rouher e Thouvenel poi sono decisi fermamente a sostenere La Valette o a cadere 'con /lui.

Il marchese non porta, per il momento, aa nota a comunicare; questa verrà in seguito; per ora egli si limiterà a rfar conoscere parte delle sue istruzioni ed a persuadere il Governo pontificio dcll'impossibilità di mantenere a lungo le 1:rutppe francesi negli Stati del .Papa. A questa dichiarazione seguiranno ·consigli di ·conciliazione; si proporranno riforme, onde ancora una volta constatare l'inflessibilità della Corte di Roma. Qui credo dovervi !Prevenire di non spaventarvi quando la questione verrà messa su questo terreno, potchè dò è fatto per legittimare le determinazioni 1che seguiranno questa pTima fase. Dopo i nuovi immancabhli rifiuti, La Valette proporrà il progetto che sarà un misto fra le idee di Thouveneil e Persigny, limitandosi il Governo francese a dare assicurazioni che gli Stati attuali del Papa non saranno soggetti ad attacco aLcuno per parte del Governo del Re, ed a fissare un tempo limitato a·hl'occupazione !francese negli Stati Pontifid; su questa limitazione di teffi!Po però non è ancora ben d'a.ccordo l'Imperatore co' suoi ministri.....

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Ed. in CoLOMBO, 20)

D. CONFIDENZIALE E RISERVATO S. n. Torino, 5 giugno 1862.

El:fui a suo tempo le sue confidenz~ali e riservate (s. n.) rdel 26 maggio; e due in data del 29 detto p. p., e confidenziale n. 77 2 giugno ·corrente, a cui non tardo a Tispondere ond'Elila abbia un indirizzo, e una no:runa in questa laboriosa questione di Roma (1).

Veggo non senza rallllillarilco abbandonato il progetto deilll'Imperatore. Su questo particolare le ·comunicai il mio modo di vedere, segn:atamente nella lettera rpTivata del 24 aJprile (2). Non occorre per ora parlarne. Quell'abbozzo tutto che informe, sconnesso, incompleto era pure un punto di partenza che avrebbe potuto ,condurre a qualche cosa. Ora ci troviamo ·coiD.e mani Villote.

Ella mi dice che il Sig. Thouvenel sta elaborando 'alcune proposizioni che sarebbe in grado di comuni·carmi fra qua:lche tempo. Se esse girano intorno ai tre punti ·che mi accenna, cioè impegno da nostra parte di rispettare e far rispet

tare lo statu quo del terrLtorio pontificaie, ripartizione proporzionale del debito pubbHco, e sgombramento del territorio pontificio fra un dato tempo, io presumo che il nostro Governo non sarebbe alieno dall'accettarne la disamina, e far loro buon viso. Ma poi Ella acC'etlna pure ,che ilo sgombro sareljbe soggetto a 'certe condizioni, 'Cioè dell'assicuranza che hl. Governo di Roma rirformerebbe lo stato in modo a non necessitare più intervento straniero, e che più nulla avrebbe da temere da1l'opposizione dei Romani dopo effettuata la par,tenza dei Francesi. Questa certezza iln modo assoluto non si conseguirà mai; nè il Papa riformerà lo stato, nè i Romani s'acqueteranno dellla loro situazione. 'lUtto dà a credere che le condizioni interne politiche e finanziarie di Roma peggioreranno anzi di giorno in giorno; quindi produrranno le ragioni di malcontento, quindi indefinita e indefinibile l'epoca dello ·sgombro dei Francesi, quindi impossibile ogni giorno più la soluzione fìn:aJJe della questione.

No, non mi sembra questa clausola avanzare per nulla lo scioglimento. Anche dato che i Romani s'acquetino, la Corte di Roma susciterà essa medesima agitazioni onde procrastinare lo sgombramento. Conviene, a mio credere, determinare l'epoca sia di sei mesi, sia d'un anno anche.

Ritenga questo, Sig. Cavaliere e credo che Ella non durerà fatica a renderne CaJpace il Sig. Thouvenel. Finchè vi sarà in Roma una sola compagnia francese vano è sperare riforme, vanissimo J.usingarsi che la Corte di Roma voglia accondiscendere a trattare con noi. Se all'opposto sgombrato il territorio pontificio la Corte di Roma si trova sola a fronte delle popolazioni, e col Regno d'Italia che la circonda e la preme, sorgerà indubitamente un [partito nel CoB.egio Cardinalizio che avviserà esser conveniente calare ad accordi col Re d'Italia.

Il procedimento da seguirsi parmi pertanto quello di fare una comrenzione col Governo francese riguardante lo sgombro ad epoca determinata e sotto certe condizioni accettate da noi.

Immediatamente dopo questa convenzione o contemporaneamente i due Gabinetti di Parigi e di Torino s'intenderebbero sulle ibasi principali d'un accordo tra iil. Papa e il Re d'Italia, che questi offrirebbe idi negoziare direttamente colla Corte di Roma e sotto gli auspicii di Francia. Vi sarebbero perciò due atti tra sè ben distinti, una convenzione formale contenente le condizioni dello sgombro, e un accordo preventivo tra la Francia e noi per determinare le basi d'un accomodamento eventuale tra noi e iJ. Papa. In questo modo la Corte di Roma sarebbe forzata a pensare seriamente ai suoi casi nell'alternativa, cioè di dare ai Romani le soddisfazioni possibili onde renderne il suo dominio tollerabile, o di accettare le trattative dirette con noi. La Francia non lascerebbe dietro -sè l'incognito, noi saremmo legati dalla convenzione e riS!petteremmo lo statu quo ben inteso nei limiti conceduti dagli usi internazionali, e saremmo egualmente vincolati alla Francia per gli ulteriori accommodamenti tra noi

e Roma.

Eccole a sommi capi il mio pensiero. Ne fa-ccia quell'uso discreto che Ella stima. Io intanto non cesso di mettermi in grado di .poter formulare a suo tempo qualche proposizione in questo senso. Ma preferisco che il Sig. Thouvenel

abbia gli onori della iniziativa.

]l Re scrive direttamente all.'Imperatore, il Presidente del Consiglio al Principe Napoleone.

P. S. -Penseremo ai corrieri, ma per ora può tele·grad'are occorrendo urgenza, e 'gli spediremo un corriere.

(1) -Cfr. nn. 353, 359, 360, 373. (2) -Recte: 30 aprile, cfr. n. 291.
387

IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 65. Atene, 5 giugno 1862.

Sebbene in dive11se occasioni io non ablbia mancato di informare V. E. delle !I'elazioni che questi sobbugli di Grecia aver possono con le faccende d'Oriente, io mi fo debito di raccogliere oggi in !POChe parole il succo di molti particolari da me .saputi o per caso o per arte in questi, ultimi mesi. Aglj occhi miei appariscono in tale materia .come tre orditi, assai diversi di forma e più ancora diversi per le mani che li lavorano. I!l primo ord1to si V!a facendo e disfacendo qui in corte ed è quasi tutta opera di S. M. iii Re Ottone. Io già riferivo al Mini'stero i viaggi e gli abboccamenti un pò mi5teriosi del 1si,gnor Lombardo deputato al ParJ.·amento Jonio i quali succedevano a qualche pratica tenuta prima in Grecia e in Italia dall'ufficiale Garibaldino signor Steculi. Similmente ebbi J'onore d'informare V. E. che mediante l'intromissione del Renieri Ministro greco a Costantinopoli, il signor Benza venne chiamato a stretto colloquio col Re Ottone e si parlò di grandi disegni sulla Grande Idea ~che cosi domandano i greci le loro speranze suhl'affrancamento della nazione e la fondazione d'un impero ellenico-slavo (1). Ma tutto ciò, come io scriveva altra volta ed ora sono costretto di confermare, risolvesi in vera Commedia. Al re Ottone manca l'ingegno, l'ardimento e la braV!ura necessaria 1a sì atlto scopo; gli manca sopra tutto la fede nell'opera e la fiducia inwrso i suoi ·sudditi. Eg'li è oggimai trascorso tanto nella dissimulazione ed à tanto consumata 'la ,propria autorità e inflluenz,a,, che ogni imprendimento rischioso ed ogni novità Io sgomenta e impaura. Ma intanto la Grande Idea è nelle sue mani una p'icciola macchina di diplomazia e di governo. Dice all'Inghilterra, all'Austria, ai Turchi e a quatlchedun :rltro che egli non può altramente largheggiare col popolo suo nel fatto delle Ubertà ·costituzionali perchè verrebbe trascinato laddove non può e non deve andare e ciò è a dire a corrucciarsi col gOV!erno Ottomano e con tutti coloro ~che vogliono conservare

lo statu quo in Oriente. Per contra dice ai suoi ~eci più ardlenti e più ll:iberaH: figHuoli miei, queste nostre gare interne sono frivole e poco rhleva un grado di più o di meno di libertà. Pensiamo alla Grande Idea; chè i nostri mali procedono •

tutti dalll'angusto territorio e dalla originaria insufficienza di questo Regno.

L'ordito secondo si fa, per mio gÌIUdicio, dai patrioti greci più attivi; pochi dei quali credevano, or fa qualche anno, al re Ottone; oggi è da scomettere che uno 'solo non vi à fede.

Reputano 'costoro che la nazione greca è Lmpotente a qualunque larga ed

effica,ce cooperazione a:l risorgimento orientalle insino a che aibbiano sul trono

questo principe Bavaro o i ffilOi Bavari discendenti.

Essi pertanto si occupano molto più delle faccende interne di Grecia che

delle esterne; e se una sdHevazione ga,gliarda scoppiasse nelil'impero turco, ei

se ne ,gioverebbero prima per darsi altro capo ed altro governo, poi le reche

rebbero ogni maniera di aiuto. Vedesi da ciò che la Grecia a1l di d'oggi è inca

pacissima d'ogni movimento forte e bene ordinato di là dalle Sllle frontiere.

Il terzo ordito, Eccellenza, si va componendo in Italia ed Ella n'è tanto

istruita da non aver ·certo hisogno alcuno de' miei ragguagli.

Non sono due mesi passati, il pa·rtito dell'azione in Italia volgeva in mente

tre singolari pr~ositi. Ajutare i sol:levati di Nauplia; sbavcare su qualche costa

dell'Albania e dell'Epiro; fare una punta nel Tirolo. Il primo e il terzo disegno

essendo venuti meno è da duibitare che il secondo .germogli più rigoglioso nellle

teste deì nostri fanatici e 'credo di sapere che vi si pensa anche dall'uomo a cui

l'inerzia e H riposo diventa ogni di più difficile a tollerare.

Per Uiltimo, mi sento in debito di esporre a V. E. che quando :i:l Go'Verno

di S. M. non creda opportuno di concedere ai rifuggiti di Nauplia la facoltà

di comporre una Legione Greca, desidero molto ciò non rechi nocumento nè

disfavore a parecchi giovani ufficiali ora emigrati in Italia e i qualli accolti nel

nostro esercito del sicuro vi farebbero ottima prova. Con tale consdderazione

mi sono arbitrato a inviare a taluno di loro alcuna mia J.ettera commendatizia;

del qual fatto, come sCil"ivevo nel1o spaccio di giovedì scorso, è coruscio ed annuen

te lo stesso Prindpe.

Ie11i mi gillnSie la .circola.re di V. E. intorno l'uJltiJJ:na avventataggine del partito d'azione (1). Mi sembra che non si potessero usare parole più degne nè manifestare risoluzioni più ferme e meglio acconce alle vresenti congiunture d'Italia. È necessélll"io che i mestatori del partito conoscano chiaramente e subito che spererebbero indarno o di intimidire o di sedurre. Farò lettura della circolare a questo signor Ministro deHe Relazioni estere e a qualche carpo di Legazione. Unisco un articolo cifrato (2).

P. S. --Ricevo in questo punto ill Dispaccio di V. E. del 29 maggio (n. 182 Archivj) nel quale sono invitato ad annunziare a questo Signor Segretario Conte Joannini la sua promozione. A nessum. incarico potrei soddisfare 'con maggiore COllJiPiadmento siccome a questo e per la mia parte ringrazio l'E. V. di av·er premiato così degnamente un giovine Signore i cui servigi alla regia Legazione d'Atene sono così assidui e diligenti come pieni di saviezza dottrina e pratica singolare dei negozj diplomatici.

(1) Manca, ma cfr. n. 296.

388

IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 279 (annesso al R. 65). Atene, 5 giugno 1862 (per. il15).

Benza est de retour des Princip:autés. Prince Couza n'a pas voulu le voir; en Serbie on lui a tourné le dos quoiqu'il eut. une lettre du Général Klapka;

toutes les polices savaient 'son arrivée un mois à l'avance. Un te! Canini est ici, et il se rend aussi dans !es Principautés avec une mission (à ce qu'il m'a dit); je lui ai recommandé Ila plus grande prudence; il me parait honnete mais présomptueux. Le fait eSit que notre influence id et en Orient n'a xien à gagner de cette espèce d'émissaires vrais ou supposés.

(1) -Cfr. n. 335. (2) -Cfr. n. 388.
389

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE S. n. Francoforte, 5 giugno 1862.

L'on a reçu hier de Vienne la nouvelle rpositive qu'en parlant des événements de Brescia et de Bergame avec les chefs des différentes Missions Etrangères, le Comte Rechberg les a chargé d'informer leurs Gouvernements respecti:fs que, à la moindre agression tentée contre le Tyrol ou toute autre partie de son territoire, par le parti dit de I'action, l'Autr1che regarderait cette attaque comme une déclaration de ~erre de rl'a part de l'Itali!e, et qu'ellle ne se conten

terait pas de repousser [Les agresseurs ju:squ'à ses frontières, mais qu'elle envahirait encore à son tour le territoire italien. Il a ajouté qu'en meme temps l'Autriche mettrait en demeure la Diète de Fll'ancfort de prendre fait et cause pour ~elle, en invoquant le.s prescriptions du pade fédéraL

Ainsi que j'ai eu si souvent l'occasion de le faire observer dans ma correspondance précédente, l'Autriche saisit tous les prétextes possibles pour entrainer l'Altlemagne à sa suite dans S'a querelie avec il.'Italie, en ·Cherchant à lui .faire croire à une communauté de défense et d'intérets qui en réaJ.ité n'existe que dans l'imagination du Cabinet de Vienne. Mais si jusqu'à présent, gràce sUII'tout à l'attitude de la Prusse, et tant qu'il n'a été question que du territoire de Venise, les Gouvernements Allemands dévoués à la politique autrichienne n'ont pu, malgré le vif dés1r qu'ils en a.uraient, déférer aux pressantes sollicitations de l'Autriche, il n'en serait certainement plus de meme, du moment que par suite

d'entreprises insensées, l!a plus petite portion de son territoire Ifaisant partie de la Confédération Germanique viendrait à etre entamée. Malgré les embarras de toute nature que il'Autriche a dans ce moment sur les bras, il est certain cependant, qu'une agression da.ns Ies conditions indiquées convierrdrait tellement à sa politique, que les personnes qui connaiSISent le mieux son esprit de ruse et de duplicité, pensent qu'elle pourrait fort bien au moyen d'agents provocateurs, .Se ména,ger en secret une attaque dont elle espère tirer un grand parti. En ayant l'honneur de remercier V. E. de sa dépeche confìdentielle du 30 mai dernier ... (1).

(1) Non pubblicato.

390

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 138. Londra, 5 giugno 1862.

Lord Palmerston ha dato avant'ieri una sconfitta aLl'opposizione che sarà uno dei fatti i più rimarchevoli di questa sessione. Elezioni favorevoli ai Torys gli avevan dato voglia di preparare le vie per ailmeno un altr'anno e prender ie redini dello stato. Benchè non sembrasse alla maggioranza di quel partito nè dignitoso nè pollitico mettersi alla coda dei radicali, pure l'occa:sione parwe buona poichè trattandosi di mettere mano alle ta~sche sempre si trova chi vi sostenga in maggioranza. Si ebbe dunque Lunedl una riunione nella quale venne deliberato un emendamento presentato dai Torys per l'organo del Sig. WaiLpole tanto meglio scelto ·Che essendo galantuomo, moderato e perciò stimato potrebbe aver maggior peso. Intanto Lord Ballmerston s'accorse e credette almeno che tutta la strategia fosse per screditare il suo governo facendogli trangugiave del~e umiliazioni onde poter poi provando ·che non es1steva che per condiscendenza dei suoi nemici farlo •cadere neUa sessione prossima. Così egli decise di prendere una posizione d'erma e netta e disse o attaccatemi in faccia e apertamente o accettate il mio emendamento che non accetto nessuno dei vostri; siccome veramente l'emendamento WaJ,pole era concepito in termini moderatissimi almeno in apparenza e che a•l postutto non era che un'intenzione di dargli runa semplice lezione e non una correzione, molti fra gli intimi di Lord Palmerston gli consigliavano di accettare. Poichè a metà della giornata l'affare si :liaceva serio, i Torys erano in gran agitazione. Ma egli non voLle sentirne a discor:rere. E parlò la sera alla Camera con qruel modo logico e leale che sempre agisce su menti Inglesi. Intanto i suoi avversarii non sapendo che asserire un principio senza poterne fare 1applicazioni speciali, cominciarono a provare l'inanità dellle Toro teorie. La mozione Staudlelt venne dunque respinta a gran maggioranza. Trattavasi allora dell'emendamento Walpole ma costui vedendosi impendere la quistione di ·galbinetto e fonse sapendo i<1 suo partito non al caso di ;formare un Ministero ritirò l'emendamento malgrado l'irritazione e l'umiliazione dei ·suoi. Il signor D'Israeli si trovò cosi in una posizione ridicolissima e lo .confessò in fin della seduta ammettendo che viste le straordinarie ·circostanze nulla altro rimaneva ·che aecettar l'emendamento Ralmel"ston. La fisionomia indispettita e umiliata dei Torys era singolarissima. Egli è sicuro che LOO'd Palmerston si è consolidato dappoi. E devo far osservare all'E. V. che la quilstione Uall~ana è stata d'opinione dei prindpali oratori stessi ammeSISa come una di quellle che può più essenzi<rlmente contribuire per aa sua popolarità in Inghilterra ad assicurare l'esistenza dei Ministri ·Che l'appoggiano. E sicuramente Lord Palmerston non lasciò ignorare a d'Israeli che a questo riguardo nessuno si fa,ecia illusione quanto a ·Lui, ed al suo modo di pensare. Siochè potremo sempre dire ai Torys che non noi li giudichiamo ma i il.oro stessi ,compatrioti, e qru~el che faran per noi lo dovran d'are per forza di opinione

pubblica. Mi llimtterò a:d aggiungere che se il Ministro avesse provato una disfatta so di certo che Lord Palmerston era deciso a sciogliere le Camere.

391

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 267. Londra, 6 giugno 1862, ore 14,10 (per. ore 17).

Le père d'un français est venu m'informer que son fils est parti pour Turin pa,r Toulon .pour tenter un attentat •contre le Roi expédié par les exaltés italiens fort irll"ités par suite des événements de Lombardie; il croit qu'il a pris le nom de William Smith, quoique son véritable nom soH Denis Bellenot. Je vous envoie aujourd'hui un portrait daguerréotype. Ce jeune homme a écrit à son père de Marseille le 1er Juin en faisant a11usion à une expédi'-ion périlleuse. J'ai en meme temps reçu ce matin une lettre anonyme qui est à peu près identique, et dénonce l'envoi d'un émissaire pour attenter aux jours du Roi.

392

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE S. n. Parigi, 7 giugno 1862.

Ho l'onore di trasmettere all'E. V. due documenti che mi furono comuni

cati daJ. Signor Boittehle in modo affatto riservato.

Quantunque una parte di essi sia già stata dà me portata a cognizione del

Ministero, ,credo mio dovere di chiamare l'attenzione di V. E. ISU questa comu

nicazione.

Unisco pure al presente dispa-ccio una lettera statami mandata ver mezzo sicuro ed a sigillo alzato dal R. Ministro a Londra· intorno al Denis Bellenot ed ai disegni che gli si attribuiscono di attentare.alla vita del Re (1). Mi affrettai a darne partecipazione al Sig. Boittelle, Prefetto di Polizia, il quale diede immediatamente gli ordini necessari per una rigorosa sorveglianza di codesto indiviCÌIU.o ov'esso si trovi ancora in Francia, e promise di ,comunicarmi tutti i ragguagli che potrà procacciarsi a questo proposito.

In mancanza d'un'occasione skura e non potendo confidare alla posta questa spedizione, mando in corriere il Conte Sormàni Moretti, segretario di qruestà Legazione. Prego V. E. di volelilo rillll.andare al più presto a Parigi, non potendo in questo momento privarmi del conco11so di nessuno degli impiegati posti sotto i miei ordini.

.ALLEGATO l.

GIUSEPPE MAZZIN! À MAURIZIO QUADRIO, DIRECTEUR DE L'UNITA ITA

LIANA À MILAN, SOUS LE COUVERT DE M.me FRANCESCA B. ROSSO,

STRADA S. SOFIA, N. 4410 [sic], À MILAN

(Ed. in Episodi, p. 244)

{Traduction) Londres, 24 Mài. J'ai tes lettres jusqu'à celles du 21 et la copie chiffrée. Bon! Je ne suis pas certain que 47 (Garibaldi) tende maintenant à 2 (Rome). Le Com. de 20 (Comité de Genes?) y tend sottement malgré les conventions avec moi. n ne

27 -Documenti diplomatici -Serie I • Vol. II.

réussira à rien et gàchera le temps et l'argent. Moi, je persiste dans le premier pian et je continuerai à en préparer l'exécution. Mais toute la question est dans les moyens...

De toute façon, il faut eontinuer de révolter. Nous avons, il m'est pénible de le d;.re, mais j'en suis convaincu, sept ou huit mois devant nous; profitons-en. Nous ne pouvons faire l'impossible. Ce n'est qu'à force de désappointements (disinganni) que les Italiens les Comités et peut etre Garibaldi viendront à nous.

V. (Carlo Venturi) dépensera par habitude plus que ce qu'il doit dépenser, mais il n'y a pas de calcul de sa part. J e crois le connaitre et je crois que ses accusateurs ont tort. Je le crois honnetement et résolument nòtre. .

Avec le Comité de 20, et spécialement avec 91 (Nullo) cherches si l'occàsion se présente, à persuader l'impossibilité de l'action sur 2 (Rome). Il est possible qu'ils ne voient pas que 34 (,l'ape) en Europe dépend de 75 (France) sur 57 (Empereur)! De toute façon, sans unité de point objectif, il est inutile de parler de concorde.

Je ne voulais pas t'interdire de discuter avec n Diritto; j'ai trouvé mal l'insinuation qu'il était avec le Ministère; aujourd'hui vous étes dans le meme cas: vous avez reproduit la proclamation de l'association émancipatrice et vous n'avez pas été saisis, tandisque n Diritto l'a été. Ses articles, dans leur sphère, sont aussi hardis que les vòtres; et si vous avez un peu de prudence, le Gouvernement nous le jettera dans les bras quoique te disent ces deux excellents, mais rageurs et exclusifs, Bottero et Brusco.

N'oubliez pas que la République ne peut sortir que d'une insurrection européenne. Action veut dire pour nous, aujourd'hui, république rapprochée (Azione per noi oggi vuoi dire repubblica riavvicinata).

ALLEGATO 2. UN INVIATO DI GARIBALDI A GARIBALDI (Ed. in Episodi, pp. 245-246) 17 Mai 1862. J'ai vu Jobbé Duval; je lui ai dit ce que vous m'aviez chargé de lui faire connaitre. Voici sa réponse: c n ne faut pas songer à un travail actif, à un concours insurrectionnel à moins qu'il ne survienne une occasion quelconque de nature à secouer l'apathie qui existe momentanément; mais les manifestations sympathiques de la part de la jeunesse studieuse de Paris et des principales villes de France ne feront pas défaut •.

J. Duval en parlera aujourd'hui meme à Arago qui est l'homme qui a le plus d'influence sur les écoles.

J. Duval dit que le mécontentement à l'égard du Gouvernement impérial va en augmentant tous les jours. Il ne croit pas que Napoléon veuille agir directement contre l'Italie; il le croit trop rusé pour cela; il fera tous ses efforts pour rendre les manifestations dont je viens de parler imposantes du moment où votre nom apparaitra dans une entreprise quelconque.

Il dit qu'il existe en France une fraction du parti Républicain à laquelle ne sourit pas votre intelligence avec le Roi, j'ai causé longuement avec lui sur ce sujet et je lui ai développé les raisons que vous avez pour agir ainsi; il a paru convaincu et m'a promis d'etre, auprès de cette fraction, votre interprète.

Blind est hors de Londres; je le verrai demain soir et je ferai tout ce qui dépendra de moi.

Mazzini était décidé à partir demain. Ce matin est arrivée la malheureuse nouvelle de l'arrestation de cent des nòtres à Brescia et d'une émeute à Bergame; il suspend son départ et attend des nouvelles de vous sur vos projets ultérieurs. Il croit que si vous pliez, vous perdez votre prestige sur les masses; il vous conseille de tenir ferme et de dire hautement votre Quos ego. Cela étant, il est pret à marcher avec vous et abandonnera tout commandement; il fera cet abandon d'autant plus \'Olontiers qu'il ne consentira jamais à dire c Italie et Victor Emmanuel •, mais il fera tout ce qui dépendra de lui pour aider et faciliter vos opérations.

J'ai été moi-meme abasourdi à la lecture de cette dépeche et j'ai été furieux de ne pas m'etre trouvé là à l'heure du péril. Je n'ose croire que ce sera la fin de l'entreprise et je dirai, pour ne pas rendre illusoire ma mission, que ce mouvement était une feinte de votre part. Réellement j'espère que cela est.

Le fait est -je n'ose y penser -que si le dit mouvement et l'opposition du Gouvernement offìciel motivaient une suspension dans l'action, il serait prématuré d'envoyer des émissaires en Allemagne.

Veuillez me donner des instructions par le télégraphe et remettre à Frigerio une des phrases suivantes: Spedite musica senza parole. -Cela voudra dire que je dois continuer ma mission suivant vos instructions précédentes. Spedite musica con parole. -Voudra dire de suspendre le départ et d'attendre une lettre.

Spedite musica e fascicoli. -Voudra dire de retourner vers vous sans attendre de lettre et en faisant d'abord la commission dont vous m'avez chargé auprès de Blind.

Mazzini étant ici, me facilitera beaucoup les relations avec les Allemands.

(1) Cfr. n. 391.

393

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (Ed. in CoLoMBO, 21)

L. P. Parigi, 7 giugno 1862.

M'affretto aid accusatle ricevuta della lettera confidenzia.le e riservata che mi mandò per mezzo del Cav. Pomba (1). Deploro, al par di Lei, il ritiro del progetto dell'Imperatore. Ma qui tutti l'han combattuto. Io fui il solo a pronunziarmi (ben inteso coLla debita riserva) in favore di questo progetto. Thouveneol, il Princilpe Napoleone, Rouher, La Valette furono d'accordo nel respingerlo, e credo abbiano avuto torto. Tuttavia il progetto, benchè ritirato per ora, potrà tornare sul tappeto. Io conosco un po' l'Imperatore e so che difficilmente rinunzia alle sue idee. Per oca non v'è altro da fare, parmi, che insistere sull'allontanamento del Borbone da Roma, e tentare di fa~ adottare ii modo di procedere ch'Ella suggerisce. Porterò le di lei idee a notizia del Sig. Thouvenel e gliene scriverò poi. Le istruzioni date al La Valette hanno questo di buono, che lasciano intatto il risultato del suffragio universale, che lasciano intravedere l'eventualità dell'evacuazione di Roma, e che constatano apertamente i diritti delle popolazioni Romane. Quest'ultima clausola, come le scrissi, parmi di natura tale da impegnarci a seguire una nuova tattica. Perchè le popolazioni romane non potrebbero giovarsene, facendo un'opposizione legale ed anche extralegale ma ordinata e tranquilla? Non potrebbero, p. e., negare le imposte? Non so se la cosa sia possibile ma chiamo la di Lei attenzione speciale su questo punto.

(1) Cfr. n. 386.

394

IL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 160. Roma, 7 giugno 1862. Ieri mattina è qui ritornato il signor Marchese di La Valette, e quantunque il suo arrivo fosse annunziato da più giorni, non tralasciò dal produrre una penosa impressione in Vaticano, come se fosse inatteso. Noi tutti ne abbiamo realmente gioito, siccome segue delle favorevoli intenzioni dell'Imperatore nella soluzione della Questione Romana, la quale se si farà ancora attendere, presenta ora un gran passo fatto, che infonde coraggio alla maggioranza di questa popolazione. La Polizia Pontificia avvertita per telegrafo dell'arrivo in Civitavecchia del Signor Ambasciatore aveva disseminato sulla Piazza dei SS. Apostoli, dove è la sua residenza, i suoi Agenti, temendo una dimostrazione, ma il popolo Romano si contenne in perfetta tranquillità, memore delle istruzioni che V. E. ebbe la degnazione di impartirmi. Il Marchese di La Valette poco dopo il suo arrivo si recò a far visita all'Em. Cardinale Segretario di Stato. I Vescovi qui convenuti per la festa deUa Canonizzazione, capitanati dal Cardinale Wiseman, hanno progettato un indirizzo a Sua Santità a favore del potere temporale della Santa Sede, e mostrandosi pronti a sostenerlo ritornati alle loro sedi, con tutti i mezzi di cui possono disporre. I Vescovi Spagnuoli si sono rifiutati di associarvisi, non già si crede, per contraria ·convinzione, ma per quello spirito di indipendenza, che essi non cessano di ostentare, a fronte in specie dell'Episcopato francese. Ieri l'altro il Vescovo di Tulle pronunziò al Colosseo il discorso che già aveva annunziato. I Romani si astennero dall'intervenirvi, salvo le solite eccezioni, e vi assistevano in gran numero i preti esteri, i Zuavi, ed anche soldati francesi. Detto Prelato spiegò un linguaggio concitatissimo, atto a sollevare le passioni, e si indirizzò ·eziandio abbastanza apertamente ai soldati francesi, in modo di distoglierli dai loro leali sentimenti verso il legittimo Governo. Alcuni gruppi di persone già concertate .si atteggiavano ad applaudire il predicatore, il quale fece loro cenno di desistere, e solo terminato il sermone s'intesero grida «Viva 'il Papa Re», etc. alle quali, mi si assicura, non si associarono i soldati francesi che per gridare «Viva l'Imperatore».

Qui acchiuso mi reco a dovere di trasmettere a V. E. una 1lettera del noto Agente al Ministero dell'Interno.

395

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (1)

R. CONFIDENZIALE E RISERVATO 78. Parigi, 9 giugno 1862.

H Marchese di La Valette deve essere giunto a Roma. Nessun rapporto importante è qui atteso da lui prima di qualche giorno. Il modo di procedere

che il Governo Imperiale si propone di tenere nella Questione Romana può sommariamente indicarsi come segue:

L'Ambasciatore di Francia dopo passati alcuni giorni dal suo arrivo in Roma farà al Governo Pontificio una comunicazione (scritta o verbale) per partecipargli che l'occupazione francese non può durare perpetuamente e per consigliare quindi ·la Santa Sede a mettersi in misura, in vista dell'eventualità della cessazione dell'occupazione, di governare i suoi popoli senza intervento di truppe straniere. Il Governo Francese prevede che la risposta del Governo Pontificio non ·sarà ·Soddisfacente. In allora il Sig. Thouvenel proporrà all'Imperatore d'intendersi direttamente col Governo Italiano, mediante un accordo poco dis· simile dall'antico progetto di trattato stato proposto al Conte di Cavour e del quale pregiomi ad ogni buon fine d'unire un estratto. Ho detto poco dissimile giacchè ho ragione di credere che ne[ nuovo progetto si fisserebbe l'epoca del ritiro delle truppe francesi, e d'altra ;parte il Sig. Thouvenel non m'ha fatto menzione di clausole concernenti l'armata papale.

.ALLEGATO.

l. -Un arrangement d.irect serait conclu entre la France et l'Italie.

2. -La France ayant mis le Pape à l'abri de toute attaque, ses soldats évacuent Rome.

3. -L'Italie s'engagera d ne pas attaquer et d empecher, meme par Za force, toute attaque venant de Z'e:rtérieur contre le territoire actuel du Pape.

4. --Le Gouvernement Italien s'interdira de faire toute réclamation contre l'organisation d'une armée papale composée meme de volontaires catholiques, étrangers, tant que cette armée ne monterait pas à plus de dix mille hommes. 5. --L'Italie se déclarerait prete à entrer en arrangement avec le Gouvernement du Pape, pour prendre à sa charge la part proportionnelle qui lui reviendrait dans les charges des anciens Etats de l'Eglise.

(1) Sunteggiato in COLOMBO, 22,

396

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE 79. Parigi, 9 giugno 1862.

S.A.I. il Principe Napoleone mi ha1 pregato di far pervenire per mezzo sicuro all'alta sua destinazione l'unita lettera diretta a S. M. il Re (1). Non avendo avuto ieri e non avendo oggi nessuna .buona occasione per Torino, e non volendo d'altra parte ritardare di soverchio questo messaggio, piglio il partito di spedire in corriere il Capitano di artiglieria Hawermann ·che dal Ministero della Guerra fu posto a disposizione di questa Legazione. Voglia l'E. V. avere la bontà di far rimettere senza indugio questa lettera del Principe a S. M. il Re.

Prego V. E. di dare gli ordini perchè siano rimborsate al Capitano Hawermann le spese di viaggio.

(1) Non rintracciata.

397

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Ed. in COLOMBO, 23)

L. P. Torino, 10 giugno 1862.

Dal conte Sormani ho ricevuto la sua lettera particolare del 7 conrente,

e le altre carte riferentesi al giovine Bellenot, trasmessegli dal sig. marchese

d'Azeglio (1). Sta bene. Le disposizioni sono state date: forse in tutto questo vi

è una mistifìcazione. Vedremo.

Sulla questione Romana non veggo altro da farsi per H momento ·che aspet

tare le notizie di La Valette, e l'effetto che può fare nel mondo cattolico il pseudo

concilio di Roma. Ella mi parla di una agitazione legale o semi legale da

promuoversi in Roma, e mi accenna il rifiuto delle imposte. Ho passato metà

della mia vita in agitazioni civili; ho visto più volte tentato, ma sempre indarno

questo spediente.

Io aspetto le proposte del Conte di Thouvenel, le spero accettabili; se no

farò un controprogetto sul sistema che le ho accennato nel mio dispaccio riser

vato del 5 giugno (2). Mi va da qualche tempo frullando nel cervello un pensiero

temerario forse, ma che stimo potersi esaminare.

La convenzione che io propongo di farsi colla Francia per lo sgombro delle

truppe Francesi dovrà essere sottoposta al parlamento perchè reca onere alle

finanze. Perchè contemporaneamente, e ben inteso, dopo concerti cOlla Francia,

non porteremmo arditamente la gran questione al Parlamento chiedendo facoltà

di trattare con Roma su certe basi? Quale influenza non eserciterebbe sul cat

toHcismo una misura di questa sorte, insolita, è vero, nella diplomazia, ma tale

da attestare al mondo la nostra ferma risoluzione di offrire a·l papato condizioni

accettabili? Non sarebbe questo un gran mezzo per acquietare le ·coscienze e

inspirare fiducia? E tolto di mezzo questo ostacdlo delle diffidenze cattoliche

non sarebbe disimpigliata l'azione della Francia certa cosi di non lasciare dietro

sè a Roma la rivoluzione, ma le probabilità di un accordo tra noi e il Papa?

Non è questo il momento di esaminare per ora questo punto nè di comu

nicarlo al Conte Thouvenel, ma io desidero conoscere quello che ne pensa Ella.

Questa questione non va trattata colle forme ordinarie della diplomazia.

È una cosa sui generis, che richiede mezzi speciali.

Persuaso il cattolicismo che alle viete forme d'un potere temporale insostenibile si può sostituire altri elementi di garanzia pel potere spirituale, la causa è vinta. Ora quali altri mezzi più potenti che quelli d'una solenne pubblicità e di un dibattimento particolare seguito da una [legge in tutte forme? Quante proposte si son fatte per tutte le vie, nessuna produsse effetto veruno. Parliamo . direttamente al ·cattolicismo; convinciamolo; se il Papa non si arrende, noi almeno avremo tentata ogni via. La Provvidenza e la disperazione degli Italiani

faranno il resto (3).

(1) -Cfr. n. 392. (2) -Cfr. n. 386. (3) -Due brani di questa lettera furono letti dal Durando nel suo discorso al Senato del 30 novembre 1864.
398

IL MINISTRO A BERNA, JOCTEAU, .AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 268. Berna, 10 giugno 1862. En recevant la dépeche que V. E. m'a fait l'honneur de m'adresser, le 2 de ce mois, N. 1003, j'ai cru devoir écrire à Mr. le Président de la Confédération une lettre dans laquelle je lui ai fait part de la supposition que des préparatifs se poursuivraient dans l'Engadine et dans les parties de la Suisse qui offrent plus facìlement un accès dans le Tyrol, avec le but probable d'essayer, peut-etre encore de réal'iser, l'imprudente tentative qui vient d'etre déjouée. J'ai pensé qu'une communication écrite, avec la prière de la transmettre à Coire, en y appelant toute son attention, aurait plus de chances de réussite, qu'une démarche verbale qui, faute d'indications précises, n'aurait probablement pas engagé le Conseil Fédéral à renouveler la demande d'une survelllance qu'il avait déjà formellement prescrite au Gouvernement des Grisons. Mr. Staempfli, après une absence de quelques jours, étant revenu de Bale, où il était allé assister à l'inauguration du chemin de fer qui relie cette ville au Grand Duché de Bade par le Wiesenthal, je suis allé hier lui renouveler la prière de me faire part de la réponse qu'il recevrait de Coire. En attendant il a bien voulu me donner connaissance des derniers rapports qu'il avait reçus. Le gouvemement des Grisons mande qu'il a prescrit une rigoureuse surveillance aux Polices de Miinsterthal, Poschiaro, Brusio et Bergell, comme sur t~ute la ligne de frontière; que le Président du Cercle de Bergell s'est empressé de faire, lui-meme, une tournée dans son district et de se rendre à Chiavenna; qu'il résulte de son rapport que l'ordre et une parfaite tranquillité règnent dans ces locallités, où l'on parait persuadé que le projt;t d'une première expédition ayant avorté, les mesures militaires qui ont été prises sur notre territoire rpréviendront toute nouvelle tentative. Le gouvernement du Tessin exprime l'opinion qu'il est peu probable que le parti d'adion ItaUen veuille choisir ce Canton, comme point de départ d'une invasion du territoire autrichien, qui heureusement, .ajoute-t-il, en est aujourd'hui trop éloigné. Toutefois il a ordonné une surveillance exacte et il ne manquera pas d'informer le Consei!l fédéral de tout ce qui pourrait mériter son attention. En me communiquant ces rapports, M. le President de la Confédération m'a dit qu'il avait reçu, en outre, de Poschiaro, une lettre particulière d'après laquelle un détachement des Bersaglieri, qui ont été envoyés dans la Valteline, aurait occupé une portion de ces territoires dont la proprieté est, depuis de longues années, un objet de contestation entre les deux Pays. Il a ajouté qu'il avait demandé des reinsegnements plus précis à cet égard, et qu'il serait peutetre dans le cas de charger M. Towrte de réclamer contre ce fait, s'il est avéré.

Je crois pa'r conséquent devoir en prévenir V.E. (tout en regrettant de ne pouvoir indiquer la localité dont il s'agit) pour le cas où le ,gouvernement de

S. M. jugerait à propos d'enlever d'avance tout rprétexte à une réclamation, si l'occupation supposée a été ~le fait d'une méprise.

Je vous dois tous mes remerciments, Monsieur le Ministre, pour la bonté

que vous avez eue de faire prévenir M. le Général Dabormida du voyage projeté

par M. le Colone! de Charrière, et de la recommandation que je lui ai offerte. Cet

officier se trouvant, depuis lors, auprès de sa .famille à Lausanne, je ne sais à

quelle époque il réalisera ce projet.

Je m'empresse également de remercier V. E. de l'obligeance qu'Elle a eue

de me communiquer la dépeche qu'Elle a adressée a M. Tourte, relativement au

règlement des pensions. M. Staempfli s'en est monllré ·satisfait, et la nouvelle de

cette détermination, que les journaux se sont empressés de pUJblier, a été natu

rellement reçue, avec une vive satisfaction, par les intéressés.

Mrne la Comtesse Mayer, veuve Mouravieff, m'a remis la lettre que vous

m'avez fait l'honneur, Monsieur le Ministre, de m'écrire, en date du 23 Avril

dernier, et ce sera pour moi un agréable devoir de fa,ire, de mon mieux, honneur

à la recommandation de V. E.

399

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 87. Costantinopoli, 11 giugno 1862. Ho ricevuto e letto attentamente il dispaccio circolare del 19 maggio ultimo che V. E. si compiacque dirigermi in data di Napoli circa i fatti recentemente avvenuti sulle nostre frontiere (1). Le feste del Curban Bajram sospendendo per più giorni tutti gli affari, furono d'ostacolo a che per anco eseguissi gli ordini della E. V. per la lettura e consegna di copia del detto dispaccio nelle mani di S. A. Aall Pascià. Ma mi riserbo col prossimo corriere riparare all'involontario indugio. Intanto mi è ben grato di poter comunicare alla E. V. che da ogni parte raccolsi elogi all'indirizzo del R. Governo per la fermezza, e l'attività colle quali egli seppe porre riparo ad incalcolabili calamità e mantenere incolumi le prerogative della Corona e del Parlamento. L'inaspettato arrivo del Barone Hiibner, arrivo che si effettuò con qualche solennità, commosse alquanto il corpo diplomatico qui residente. A molte ipotesi si ha ricorso per ispiegare la comparsa del più abile diplomatico che possiede oggi giorno l'Austria. Sarebbe troppo ardire il mio, se volessi fermare l'attenzione della E. V. su una di esse. Tuttavia è debito mio accennarle che l'ipotesi più generalmente accolta è quella che vorrebbe dare per oggetto a questa missione il desiderio dell'Austria di occupare la Bosnia. Il Barone Hiibner fece per primo visita al Marchese di Moustier col quale conferì due ore; la seconda visita fu per il signor Dunlop attualmente vice-console d'Inghilterra, ma che dimorò per qualche tempo a Pest, quale agente inglese, daddove fu richiamato dietro i reclami del Conte di Rechberg. Quantunque nei tempi ordinari durante le feste del Bajram l'accesso appo

gli alti funzionari ottomani sia pressochè impossibile, nella giornata d'ieri il Barone Prokesch ebbe lunga conferenza col Gran Visir.

Voglio sperare col prossimo corriere trasmettere alla E. V. particolari più positivi circa questa importante emergenza. L'attuale disperdimento del corpo diplomatico nelle ville del Bosforo mi ritarda il mezzo di raccogliere più esatte notizie.

(1) Cfr. n. 335.

400

IL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCESE, THOUVENEL, AL MINISTRO FRANCESE A TORINO, BENEDETTI

(Ed. in Archives Diplomatiques, 1863, I, pp. 220-221) CoNFIDENZIALE. Parigi, 11 giugno 1862.

La correspondance que vous m'avez fait l'honneur de m'adresser m'est parvenue jusqu'au N. 51 inclusivement.

Vous connaissez depuis longtemps les efforts que le Gouvernement de l'Empereur a tentés pour décider les Cahinets de St. Pétersbourg et de Berlin à sortir de l'attitude de réserve dans laquelle ils se sont tenus à l'égard de l'Italie et à reprendre avec le Cabinet de Turin des rapports réguliers.

Je me félicite de pouvoir vous annoncer que ces négociations confidentielles paraissent devoir aboutir procha:inement à un résultat conforme à nos desirs et, nous le croyons aussi, aux intérets généraux de l'Europe.

J'ai profité de la présence à Paris de M. le Baron de Budberg, Ministre de Russie à Berlin, pour insister sur 'les considérations que j'a,vais souvent développeés à M. le Comte Kisseleff, et vous trouverez ci-joint une copie de la dépeche que j'ai écrite à ce sujet au Chargé d'Affaires de l'Empereur à St. Pétersbourg.

M. le Baron de Budberg, de son còté, ,s'était 'empressé de fair connaitre pa;r le télégraphe à son Gouvernement la substance de notre entretien, et il est venu me communiquer hier la réponse, également d-annexée, de M. le Prince Gortschakow. Vous verrez, Monsieur, que le Cabinet de St. Pétersbourg admet en p~rincipe la reconnaissance du nouveau titre de Sa Majesté le Roi Victor-Emmanuel en la subordonnant à des conditions dont l'accomplissement ne saurait.. à mon avis, soulever de sérieuses difficultés.

L'attitude prise par le Cabinet de Turin à la suite de l'inc1dent de Brescia et les mesures qu'il a récemment proposées aux Chambres, témoignent de sa ferme volonté de demeurer maitre de la situation et de ne pas souffrir que des influences irrégulières se substituent nulle part à l'action gouveirnementale. Les déclarations de M. le Président du Conseil, que la majorité parlementaire a sanctionnées de son vote, fournissent déjà à M. le Prince Gortschakow les assurances générales qu'il demandait, et M. le Baron de Budberg sur la remarque que je lui en ai fait, a bien voulu en ·convenir; il ne me reste donc plus à examiner que les conditions particulières indiquées par M. le Ministre des Affaires Etrangères de Sa Majesté l'Empereur Alexandre. On ne demande pas à l'Italie de refuser l'hospitalité aux émigrés polonais, ni de prendre à ,leur égard des mesures de ri.gueur; la seule prétention de la Russie, et elle est légitinne, c'est qu'on n'autorise plus sur le territoire italien des démonstrations ou des actes incompatibles avec l'état de paix qui existe et les relations normales qu'il s'agit aujourd'hui de rétablir entre les deux Puissances. Quant à la promesse de ne tolérer la formation d'aucune force armée destinée à servir d'instrument à la révolution, elle me parait découler trop naturellement du programme exposé par M. Rattazzi devant la Chambre des Députés pour qu'il doive, ce me semble, hésiter a la donner. Je me plais donc à croire, Monsieur, que le Cabinet de Tur~ comprenant tous les avantages d'une .prompte décision, ne tardera pas à adresser au Ministre de Sa Majesté le Roi d'Italie à Paris une dép~che officielle et conçue en termes assez explicites pour pouvoir ~tre utilement communiquée à St. Pétersbourg par l'intermédiaire de notre Ambassade.

Vous ~tes autorisé à lire cette dé~che à M. le Général Durando et à lui en remettre une copie à titre confidentiel (1).

ALLEGATO l.

EXTRAIT D'UNE DÉPi;;CHE DE M. THOUVENEL À M. FOURNIER, CHARGÉ D'AFFAIRES DE FRANCE À SAINT-PÉTESBOURG, EN DATE DE PARIS 5 JUIN 1862

(Ed. in Archives Diplomatiques, 1863, I, pp. 219-220)

Profitant de la présence à Paris de M. le Baron de Budberg, je lui ai exposé les considérations que nous avions déjà recommandées à son Gouvernement d'examiner et qui nous faisaient attacher beaucoup de prix à voir le Cabinet de St. Pétersbourg renouer avec l'ltalie des relations régulières qui ne pourraient manquer de servir utilement les intérèts généraux d'ordre et de conservation de l'Europe.

Les incidents qui se sont produits récemment en Lombardie me fournissaient, à l'appui de cette opinion, des arguments que je me suis attaché à faire valoir. Le Gouvernement italien en effet vient d'ètre soumis à une épreuve qu'il a traversé à son honneur et dans laquelle il a déployé une vigueur et une résolution dont il n'est que juste et sage de lui tenir compte. Le Gouvernement Autrichien lui mème, contre lequel semblaient dirigées les folles entreprises préparées à Bergame et à Brescia, n'a pas hésité à reconnaitre que l'attitude du Cabinet de Turin avait été dans cette circonstance délioate pour lui à l'abri de tout reproche et qu'il avait rempli tous les devoirs imposés en pareil cas à tout Gouvernement régulier. Je n'ai pas cru insister avec vous, Monsieur, sur les idées que j'ai développées dans le cours de mes entretiens avec M. de Budberg sur ce sujet, ce sont celles que vous avez été chargé vous-meme d'exposer à M. le Prince Gortchakoff. M. de Budberg n'en méconnait pas la valeur, il m'a fait entendre cependant qu'elles n'auraient peut-etre pas suffi pour écarter les objections du Cabinet de St. Pétersbourg si des

considérations puisées dans sa politique générale et surtout dans son désir de complaire au Gouvernement de l'Empereur en faisant disparaitre tout ce qui pouvait constater une dissidence avec lui sur une question de cette importance, n'avaient beaucoup contribué à justifier ces dispositions et ne l'avaient engagé à accueillir avec plus de faveur l'idée du rapprochement dont nous lui avions signalé les avantages. J'ai répondu à M. de Budberg que nous ne pouvions qu'apprécier dans un sentiment analogue à celui qui les avait inspirés les motifs auxquels étaient dues les dispositions nouvelles dont il me faisait part et que nous nous en félicitions sincèrement. J'ai ajouté que la perspective de la reconnaissance prochaine du Royaume d'ltalie par la Russie serait certainement pour le Gouver

(t) In una lettera particolare dello stesso gioét'no al Benedetti, il Thouvenel aggiungeva

(L. THoUVENEL, Pages de t'histoire du Second-Empire, Parigi 1903, pp. 37()-371): c J•espère qu'il ne sera pas très difficile à M. Rattazzi de donner au prince Gortchakoff les satisfactions qu'il demande. La Belgique en a fait bien plus, il y a quinze ans, pour obtenir la " reconnaissance " de la Russie! Elle a remercié les généraux polonais qui l'avaient bien servie, et je ne sais pas que l'Italie ait à avoir beaucoup de reconnaissance pour Mieroslawski et ses adhérents. C'est bien lui, si je ne me trompe, qui a fondé l' '' Ecole polonaise" dont on désire la suppression. Elle ne doit pas étre très nombreuse, et M. de Budberg m'a dit que l'an trauverait tout simple, a Saint-Pétersbourg, que les élèves en fussent répartis dans les collèges ou écoles de l'Etat italien. En un mot, la Russie accepte une Pologne réjugiée. Elle ne veut pas d'une Polo,gnemititante.

Quant à M. de Bismarck, j'en ai assez tiré de lui pour ne pas douter que la Prusse ne suive pas la Russie. Il est essentiel, oependant, que l'an garde, à Turin, le secret que l'an me demande •.

nemcnt Italien un encouragement puissant à persévérer dans la voie ou il s'était résolument engagé, et que dans un moment où, par son attitude et par les mesures législatives qu'il avait présentées au Parlement, il donnait à l'Europe de sérieuses garanties de ses intentions, je serais heureux d'etre autotisé à ne pas lui laisser ignorer les dispositions favorables du Cabinet de St. Pétersbourg en faisant valoir la force morale qui ne manquerait pas de résulter pour le nouveau Royaume d'un succès qu'il devait à la pratique d'une bonne et sage politique.

.ALLEGATO 2.

DÉP:ecHE TÉLÉGRAPHIQUE DU PRINCE GORTSCHAKOFF AU BARON DE BUDBERG St. Pétersbourg, 9 Juin 1862. Dites à Mr. Thouvenel que l'Empereur l'autorise à informer confidentiellement

M. Rattazzi que le sens des mesures générales qu'il adopterait contre les menées révolutionnaires influera essentiellement sur notre attitude à l'égard de l'Italie; que, quant aux; demandes spéciales, nous plaçons en première ligne une position nette vis-à-vis des émigrés polonais, c'est-à-dire: fermeture de leur école, interdiction de conciliabules dirigés contre l'intégrité de l'Empire de Russie, engagement que le Gouvernement Italien ne permettra la formation d'aucune légion quelle qu'elle soit destinée à servir d'arme à la révolution.

Si ces conditions étaient remplies, S. M. I. ferait parvenir au Roi Victor-Emmanuel, par l'intermédiaire de la France, la promesse de recevoir une mission munie d'une lettre du Roi qui rétablirait nos rapports diplomatiqucs avec le Cabinet de Turin.

Etant convenus dc ne pas procéder dans cette affaire sans informer le Roi de Prusse des résolutions que nous aurons prises, nous le préviendrons lorsque nous aurons acquis la certitude que le Gouvernement Italien accepte et remplit les conditions que nous lui posons.

Nous nous réservons de prendre l'initiative à Berlin et demandons jusque là un secret absolu (1).

401

IL CONSOLE A BUCAREST, STRAMBIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (2)

R. 205. Bucarest, 11 giugno 1862.

Nel mio dtspaccio cifrato del 3,1 maggio p. p. n. 204 (3) fra le altre dolorose cose relative alla situazione attuale di questo paese io riferiva pure all'E. V. la sintesi delle comunicazioni fattemi in Galatz dal signor Piace, il quale, come a complemento e per dare un più ampio sfogo ad un delicato sentimento di dovere e di amicizia, al momento forse non lontano della partenza sua da questo paese, siccome esso ormai vivamente sollecita, mi diresse la lettera che io credo di dover riservatamente sottomettere qui unita a V. E.

La forma di essa ripercuote giustamente l'irritazione di animo in cui si trova il mio collega fatto segno di cosi nera ingratitudine da parte del Principe

Couza e crucciato, come io lo sono, per la perdita quasi repentina di quelle speranze che con si lungo e penoso lavoro avevamo assieme nutrite e debolmente ancora in ultimo conservate, di poter un giorno, coll'azione energica e comune dei nostri Governi, trar partito da dett'uomo.

Ma se tuttavia esatto è il giudizio che reca il signor Piace sulla situazione presente e sul Principe Couza, le circostanze di un fatto importante restanmi a verificare e spero lo potrò fra pochi giorni, se cioè vi sia stato vero tradimento per comunicazione diretta fatta da Couza ai nemici nostri di quell'accordo che, scritto per mano del signor Piace, era stato convenuto tra il Principe suddetto ed il Generale Klapka in Jassy, il 9 .gennaio 1861 (1) o se soltanto, per abituale imprudenza ed intemperanza di linguaggio, il Principe ne abbia dato notizia ad uomini di questi paesi di partiti a noi avversi, per provare forse ad essi la sincerità della sua politica conversione e col pericolo evidente della più o meno dolosa divulgazione di questo ed altrettali fatti e progetti.

Prima che io lasciassi Torino il Conte di Cavour invitavami, appena sarei giunto nei Principati, a stabilire ed intrattenere buone e strette relazioni col signor Piace e di marciar d'accordo con esso, cui solo erano state dirette segrete istruzioni conformi alla politica personale dell'Imperatore, mentrecchè invece l'Agente francese in Bucarest non assecondava che quella degli uffici ministeriali a noi allora non propizia. Sarebbe stata gran ventura se il signor Piace fosse stato chiamato più tardi, siccome ne era preconizzato e per la posizione sua in carriera poteva aspirarvi, al posto di Bucarest, ove l'azione nostra riunita sarebbe riescita efficace e sopra ogni altra prevalente. Erano note la grande influenza che il signor Piace esercitava in Moldavia e le sue intime e vecchie relazioni con Couza e le intelligenze sue coi capi del partito ungarese che in lui non hanno mai cessato di confidare pienamente. Allora che pareva assecondar di buon animo ogni nostra tendenza Couza scrisse lettera allo scopo suddetto al Principe Napoleone, al signor Thouvenel e fece altre pratiche, ma senza risultato. Dopo la pace di Villafranca non fu più da Parigi mandato al signor Piace una sola parola che valesse a mantenere a lui speciale autorità e nel Principe Couza la certezza che la politica generosa ed ardita dell'Imperatore, sia riguardo. all'Italia che all'Ungheria, non era abbandonata, nè sensibilmente modificata, siccome una serie posteriore di fatti, male qui apprezzati o non compresi poterono far supporre. Anzi l'attitudine del nuovo agente francese signor Tillos, che veniva a surrogare in Bucarest il signor Béclard, mandato in Egitto, fu tale che potè ingenerarsi e spandersi in questo paese il sospetto che la Francia, quasi a prezzo della ricercata sua alleanza colla Russia, si mostrasse sempre più proclive a subordinare la politica sua nei Principati a quella della Russia stessa o fosse altrimenti disposta a far mercato di questo paese per emancipare, oenza guenra, la Venezia o per altre politiche combinazioni. Inoltre il Signor Tillos, quale agente più elevato ed autorevole di quella Potenza, la cui influenza divenne preponderante sul governo di questo paese, uomo d'altronde assai capace ed energico, quanto ostile alle idee liberali e di nazionalità ed in particolar modo alle aspirazioni magiare, confortato dell'appoggio e dell'approvazione dell'attuale ministro degli affari esteri

<ii Francia, suo antico compagno e di altri personaggi, non poteva col lungo andar di tempi non far breccia sullo spirito debole e fluttuante del Principe Couza, cui sconsigliò sempre e fortemente ogni impresa ed ogni accordo con popoli vicini e governi qualsiansi che potessero alterare, ora od in futuro, quella perfetta e franca neutralità che sola diceva convenire ed era volontà della Francia fosse mantenuta da questo paese, al cui Principe bastar dovesse la gloria di diventare un buon amministratore ed un buon governatore di provincia, in quieta attenzione di quegli avvenimenti che scoppiar potrebbero in Oriente e non dovevansi manco in minima misura sollecitare. Certo il miglior modo di prepararsi a questi avvenimenti era quello di organizzarsi anzi tutto all'interno, di conciliare i partiti, di moralizzare ed agguerire il paese, di fare insomma, come si dice, molta amministrazione ed il meno possibile di politica; ma per incoraggiare a così savii comportamenti sarebbe stato opportuno, parmi, di moderare, non stigmatizzare ogni aspirazione nazionale, di onorare, non porre in ridicolo o negare affatto la nazionalità rumena. Di qui una scissione profonda fra il partito liberale e l'Agente francese, il quale accordò l'appoggio di tutta la sua influenza ai conservatori, fors'anche perchè questi, anche i più ragguardevoli per posizione sociale, non disdegnarono di corteggiare la donna colla quale il signor Tillos vive maritaimente, fa gli onori di sua casa, ed esce con lui o sola nelle carrozze con livrea ai colori di Francia; mentrecchè i liberali pur non valendo meglio in fatto di costumi, fecero gli schizzinosi ed un loro giornale gridò allo scandalo narrando la prima apparizione in teatro, in un palco vicino a quello del Principe, dell'Agente di un grande Stato in compagnia di elegantissima signora che non gli era nè moglie, nè sorella, nè cugina.

Gli agenti delle altre Potenze o per paura delle imprese dei liberali e delle loro più facili intelligenze con popoli e governi forestieri a danno della Turchia, siccome l'Inglese, che il Principe Couza bene designò dapprincipio col titolo di gendarme diplomatico, o per allontanare pericoli dai loro vicini territori o per sostenere principi e tendenze più conformi a quelle dei loro governi, appoggiarono essi pure, quantunque sovente con moderazione e riserva e fors'anche alcuna volta a malincuore, i retrivi conservatori, i quali finalmente, or è quasi un anno e grazie alla pressione esercitata sul principe dai Consoli Generali di Francia e d'Inghilterra, arrivarono al potere, suffragati dall'assemblea ove ebbero sempre la maggioranza, pel naturalè effetto dell'attuale legge elettorale la quale dà il monopolio della rappresentanza nazionale ai privilegiati del passato, i quali hanno ogni danno a temere dal consolidamento delle presenti instituzioni, epperciò le detestano e le osteggiano.

Il Principe davasi sembianze di subire a mala voglia un Ministero conservatore e al solo scopo di acquietare le Potenze e di render più facile l'attenimento dell'unione, ma non cessava ancora dal promettere ai liberali che all'avvenimento di questa avrebbe fatto ad essi ritorno per comporre un'amministrazione nazionale e dare a questa forza e stabilità mediante la riforma della legge elettorale cui avrebbe proceduto un'assemblea costituente, convocata per questo solo oggetto sulle stesse basi che lo furono i Divani ad hoc.

Queste lusinghe durarono fino all'ultimo, ma i conservatori avvistisi del pericolo lo scongiurarono con ogni maniera d'intrighi in paese e fuori e si misero

a far dimostrazioni di liberalismo e di patriottismo a vincer quelle dei loro avveli'sari, sì che per un istante quando l'Unione fu acconsentita, parve, e fu illusione da molti divisa, che sul terreno nazionale tutti si fossero data la mano. Ma ass1curata al partito la conservazione del potere e passato anzi questo agli uomini dell'estrema destra, i cui nomi sono più compromessi nella ricordanza e nella storia dei passati regimi ospodareschi il Ministero Bojaresco-conservatore non tardò a ripigliare la sua naturale politica e pubblicato il firmano dell'unione, come prima protestavasi imprudentemente non lo si sarebbe fatto mai, abbandonato il titolo di Principato di Romenia, che già erasi sostituito all'antico, ed ogni altro fatto che manifestasse troppo ardita tendenza a progressi nazionali, esagerati grandemente, per allarmare l'Europa ed il Principe stesso, i pericoli corsi, seppur vi fu pericolo di sorta, dalla impedita venuta in Bucarest, in occasione delle feste dell'unionè, di alcune centinaia di contadini, che ora da cinque mesi giacciono in carcere senza giudizio, non pensò più che ad usufruttuare l'autorità sua a benefizio del proprio partito e di tutti gli aderenti suoi. Questi vengono successivamente chiamati a tutti i pubblici uffici, cacciatine altrettanti stati nominati da precedenti amministrazioni, senza che importi che i nuovi eletti abbiano fama tristissima. In tutti i rami dell'amministrazione pubblica regna un disordine ed una indisciplina, quale non fu mai e s'approssima all'anarchia. La corruzione serpeggia dappertutto, si commettono concussioni su larga scala, si fanno mercati ignobili all'assemblea, nei Ministeri, nei tribunali, nella capitale e nei distretti, ove gli amministratori, sciolti da ogni freno, la fanno da pascià. La malevolenza poi verso i forestieri che già fu deplorata in dispacci ufficiali di alcuni dei Rappresentanti in Costantinopoli, si fa più viva ed odiosa e traducesi, da parte delle autorità rumene, in soprusi e mali trattamenti che provocarono già in ripetuti casi le proteste ed i reclami dei Consoli, io compresovi, che non ebbi mai in pas· sato a deplorare alcun accidente a danno dei nazionali nostri.

Le cose sono giunte a tal punto ed i lamenti si fanno si generali, che lo stesso Presidente del Consiglio, Signor Barbo Cattargi, uomo appassionato, ma che ha fama di onesto, quantunque sia attorniato da tristissimi, intimi suoi, invitato, negli scorsi giorni, all'assemblea, dipinse coi più foschi colori la situazione attuale e disse che la nave dello stato minacciava di affondare.

La situazione è tale che quelli che vennero ad osservarla sul luogo, uomini di fiducia di governi e di popolazioni forestiere, desiosi forse di stabilir intelligenze con questo paese, ne partirono sconfortati.

È tale che gli agenti delle potenze garanti trovano ora opportuno di riunirsi ad ogni settimana per trattare assieme di ogni interesse comune, per imporre, colla manifestazione della nostra unione, rispetto al Governo ed alle autorità locali e darci forza reciproca. E nella prima riunione di giovedl scorso l'agente inglese, egli stesso, fece tale una pittura dello stato attuale delle cose, che ogni altra ne rimarrebbe scolorita e disse che sarebbe opportuno che chiamassimo, d'accordo, l'attenzione dei nostri governi, i quali con nota energica ed identica potrebbero incutere qualche salutare timore nel Principe Couza e ne' suoi Ministri ed eccitare nell'uno e negli altri migliori propositi, specialmente per quanto riguarda il rispetto dei trattati e la tutela della libertà e degli interessi dei sudditi forestieri. Su del che però non si è presa ancora decisione. La conferenza ebbe

termine con una irosa iperbole del mio collega russo, il quale disse che si lunghi

discorsi sulle cose valache, prima del pranzo, sollevano tanta nausea in cuore,

che tutto l'appetito se ne fugge e chiedeva sorridendo che si cangiasse per ciò

l'ora dei futuri convegni.

In generale i forestieri palesano non odio ma sprezzo per questa corrotta

e fiacca nazione; in mezzo a cui o non esistono affatto o sono assai deboli i senti

menti d'onore, di moralità, di patriottismo, soffocati o resi sterili dalla vanità e

leggerezza, dalla brama smodata di ricchezze con· qualunque mezzo acquisite e

da tutti i vizi introdottivi dal regime fanariota o !asciativi dalle frequenti occu

pazioni turche, russe ed austriache.

Grande e bella era la missione del Principe Couza, il quale colla naturale sua intelligenza e viva perspicacia, di modi cortesi e simpatici, un passato discretamente onesto e la fama di liberale e patriota era chiamato ad esercitare azione perenne ed efficace pel risorgimento morale della sua nazione, fatta ormai quasi padrona di se stessa e l'avviamento di questa verso più brillanti destini. Ma nulla fece, le lunghe abitudini di inoperosità, le passioni ed i vizi del carattere rumeno ripresero in lui il sopravvento, le male influenze fecero breccia nel suo cuore ed hanno infiacchita l'energia sua, già poca, malgrado le molte millanterie. A vece di coadiuvare i partiti li ina·sprì, sfruttò tutti ,gli uomini che hanno qualche importanza e se li rese avversi, non ebbe mai un sistema di governo e passò alle istituzioni le più opposte con leggerezza incredibile, impiegando l'astuzia, la menzogna, la maldicenza, stancò il paese e l'Europa coi frequenti cambiamenti di Ministero e dissoluzioni di Camere, senza che una sola volta abbia avuto il coraggio di compiere qualche atto ardito che potesse recar rimedio ai mali di questo paese; ed ora perduta ogni popolarità all'interno ed ogni credito all'estero, abbandonato o tenuto in sospetto da tutti, par caduto in uno stato di prostrazione morale, col sentimento della sua pochezza e la prevvidenza della sua pros· sima fine, per poco abbiano a sorgere avvenimenti che possano commuovere questo paese, in attesa de' quali e per premunirsi contro le loro conseguenze tesaureggia, risparmiando 50/m. ducati almeno sui 66/m. che gli passa annualmente lo Stato.

Al Principe Couza non mancarono i buoni consigli venutigli da ogni parte, gl'incoraggiamenti ed i vivi eccitamenti e credo che niuno gli abbia mai tenuto linguaggio più franco del mio, che per lungo tempo pareva il più accetto, come quello che ben si sapeva essere inspirato da sincero desiderio di bene e da simpatia che ben vorressimo poter conservare a questo paese. Certo alcun bene si ottenne e molto male si è impedito, ma fu un nulla in paragone dei grandi risultati che si avrebbero voluto conseguire. Couza diceva dapprincipio che gli conveniva di fare il morto fino a che la doppia di lui elezione venisse convalidata; poi a vece di trar quel profitto, che con buona volontà si sarebbe potuto, dalla convenzione di Parigi, dichiarava questa impossibile e tale sembrava che volesse

renderla col fatto, onde indurre le Potenze ad accordare l'unione; e questa finalmente ottenuta, il Principe dimostra di vagheggiare sempre più il sogno di una dittatura, che porrebbe in breve tempo il governo del paese in mano ad una camanlla che ne farebbe scempio. All'Agente inglese ed a me Couza nega di avere tale velleità, ma siamo assicurati ch'esso la coltivi con alcuni altri e cerchi

di assicurarsi specialmente il consenso della Russia e dell'Austria, ciò che spiegherebbe ancora l'attitudine di condiscendenza e di speciali riguardi ch'esso attualmente osserva verso questa Potenza.

Veda, Signor Generale, frammezzo a quanti ostacoli, a quante difficoltà e a si intricate, e mutevoli condizioni e tristi disinganni io debba sostenere la mia posizione, a conforto della quale invoco sempre più vivamente l'appoggio della di Lei autorità e della di Lei fiducia.

.ALLEGATO.

PLACE A STRAMBIO

Jassy, 3 juin 1862. Depuis que j'ai eu le plaisir de causer avec vous, j'ai beaucoup songé à ce que nous avons dit ensemble et je vous avouerai qu'il m'est bien difficile de rien retrancher des réflexions que je vous ai faites. En vous signalant la làche trahison que Couza a commise envers les Hongrois et envers nous, je vous ai donné la mesure exacte de l'homme. Perfìdie et égoi"sme voilà en deux mots comment il se résume et dans ces termes je vous prie de me dire ce qu'on pourrait encore en espérer. Si au moins son égoi:sme était de l'égoi:sme national, on pourrait, jusqu'à un certain point, non pas justi.fìer mais comprendre comment il en serait venu à trahir pour éviter de compromettre son pays. Mais son pays est bien ce qui le préoccupe le moins au monde; son égoi:sme est tout ce qu'il y a de plus étroit, de plus personnel, et il le pousse si loin qu'il en a été aveuglé au point de commettre une perfìdie qui, malgré ses calculs, ne lui rapportera aucun profìt. Après m'etre fait si long temps l'avocat de cet homme contre tous ceux qui l'attaquaient, vous comprendrez ce qui m'en coiì.te pour parler ainsi. Mais une fois le voile déchiré et la preuve acquise, je croirais manquer au plus sacré des devoirs en n'éclairant pas ceux que j'ai peut-etre contribué à induire en erreur. Ainsi voilà un Prince qu'un coup de fortune avait placé à l'improviste dans la position la plus inespérée. Il pouvait sans peine unir, organiser son pays; le moraliser, le fortifìer, l'affranchir, il pouvait tirer son peuple du bourbier dans lequel il croupissait et assurer le sort de tous ceux de sa race, tant ici qu'autour de lui. Pour cela il lui suflìsait de s'occuper un peu des affaires intérieures, dans un esprit de justice et de liberté; de tendre la main aux peuples qui souffraient de l'oppression comme le sien et qui ne lui demandaient qu'un concours passif; de seconder ou plutòt de ne pas entraver le grand mouvement régénérateur qui entraine l'Europe. Non, aucune de ces idées n'a eu de prise sur cette nature perverse. n a préféré passer son temps dans la paresse la plus crasse, se soiìlant ignominieusement, ne songeant qu'à thésauriser sa liste civile, s'amusant à aigrir les uns contre les autres ceux des hommes de ce pays qui auraient pu aider à sa réorganisation, livrant les affaires à une bande de gredins sans vergogne et trouvant plaisir à voir le mal, achevant de démoraliser ce qui pouvait rester d'un peu honnete; puis, après avoir encouragé les Hongrois et avoir fait à vous comme à nous les plus belles promesses, trahissant tout le monde d'une façon indigne. Croyez-moi, mon cher Strambio, c'est la plus mauvaise nature que nous ayons rencontré et il faut que cette pauvre race Roumaine soit bien abandonnée de Dieu pour qu'il ait permis qu'un pareil individu soit mi!' à sa tète. Après tout, puis qu'elle supporte un Prince qui la perd et la déshonore c'est qu'apparemment elle n'en mérite pas d'autre. Je vous assure que si je vous racontais une faible partie de ce que je saìs sur lui vous n'en croiriez pas vos oreilles. J'ai cru utile de vous parler ainsi à creur ouvert parce qu'il m'a semblé que vous conserviez encore quelques illusions. Perdez-Ies jusqu'à la dernière, mon cher ami, et surtout que votre Gouvernement et les Hongrois qui ne tarderont peut-etre pas à engager une partie supreme se gardent de mettre dans leur jeu un tricheur qui les vendrait et livrerait les

atouts. n a déjà livré ce qu'il en tenait, s'imaginant que l'Autriche qui ne lui

pardonnera jamais l'Union, lui tiendrait compte de sa trahison en le soutenant au

besoin. Mais l'Autriche se bornera à profiter de l'avis, sans pour cela perdre les

projets et l'espoir de le détruire avec l'Union; seulement elle a appris le degré de

confiance qu'il fallait avoir dans sa loyauté et se tiendra pour avertie.

Peut-etre si mon Ministère s'était conduit autrement à mon égard ce qui a eu lieu aurait-il pu etre évité. Mais l'éloignement systématique où l'on m'a tenu de Bucharest dans ces circonstances a fait supposer à Couza que les projets nourris antérieurement n'appartenaient qu'au Prince Napoléon, que le Gouvernement français le désavouait par l'espèce de disgrace où il maintenait celui qui avait étéo auprès de lui l'interprète de ces memes projets et que ce que lui Couza avalt de mieux à faire était de les dévoiler à nos ennemis pour se les rallier.

On ne parait pas avoir assez compris que des hommes comme celui-là ont, toujours besoin d'etre tenus en bride si on veut éviter les écarts. J'ignore si vous avez été plus autorisé que moi à lui faire sentir l'action de votre Gouvernement, ce que je sais est que sit6t que Couza m"a supposé abandonné il a cru pouvoir trahir et il l'a fait.

Comme je ne forme plus qu'un vreu, celui de quitter un pays où je n'ai recueilli que des déboires et où j'ai été si mal récompensé de ce que j'ai fait, je puls très librement parler de ces choses, mais avant de me retirer j'ai tenu à vous dire toute ma pensée sur un homme et sur une situation avec lesquels il faut en user bien prudemment si l'on ne veut pas s'exposer à des déceptions et à des désastres.

Cette lettre, mon cher ami, vous sera envoyée par une occasion silre et je Yous prie de m'en accuser réception pour que je sache si elle vous est parvenue. Je désire qu'elle puisse vous etre de quelque utillté et en souhaitant bonne chance à vous, à votre pays et à la Hongrie, je vous serre affectueusement la main.

(1) -Nella copia conservata nel nostro Archivio del Ministero degli Affari Esteri manca l'ultimo capoverso che si trova nella copia esistente nell'archivio privato della famiglia Thouvenel: « En assurant à la France le mérite, aux yeux de l'Italie, d'obtenir simultanément la reconnaissance de la Russie, et de la Prusse, nous ne pourrons que nous féliciter du surcro•t de l'influence qui en résulte pour sa position en ltalie. Nous sommes fermement convaincus qu'elle ne s'en servira que dans l'intérét de l'ordre, et que de plus c'est un nouveau lien pour notre intimité politique avec elle •· (2) -Notazione marginale del Durando: c Ringraziare specialmente di questa comunicazione interessante. Già dallo scorso anno io prevedeva questa metamorfosi, e mi sono regolatoin conseguenza •. (3) -Cfr. n. 368.

(1) Cfr. Serie I, vol. I, 4, Allegato 2.

402

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO D'AGRICOLTURA E COMMERCIO, PEPOLI (AP)

L. P. Parigi, 11 giugno 1862.

Capisco che tu scriva conciso, ma fammi il piacere scrivi un pò più chiaro. Ieri Rouher mi parlò d'una discussione che ha avuto luogo in Consiglio de' Ministri circa il trattato con l'Italia che va a monte. Rouher impegnò con Fould diverbio vivissimo, perchè fu Fould che non volle accedere alla condizione pO'Ur la cote à la Prusse des valeurs italiennes. Il principale motivo di questo rifiuto è perchè a torto egli crede che escludendo dal mercato francese, per quanto può, les valeurs étrangères egli potrà se ménager la hausse di cui ha tanto bisogno, dopo l'operazione della riduzione della rendita che può dirsi assolutamente manquée. Del resto poi, checchè ne dica il mio amico Nigra, Fould è detestato ed abborrito da tutti, e finirà col cadere, tanto più male quanto più éclatant è stato il suo ritorno al Ministero, pel quale ha anche sacrificato le convenienze dovute all'Imperatore.

Thouvenel che ho veduto ieri mi sembra dolentissimo che il trattato non abbia luogo ed io vorrei che la cosa potesse ancora accomodarsi, poichè so che all'Imperatore personalmente dispiace questo contrattempo. Tutt'i Ministri però, all'eccezione di Thouvenel e Chasseloup-Laubat Ministro della Marina, furono dell'avviso di Fould contro Rouher, quindi non fu colpa di quest'ultimo se la sua opinione non prevalse. Rouher insisterà ancora, perchè egli non è uomo

28 -Documenti diplomatici • Serie I • Vol. II.

d lticher prise facilmente. Ma la cosa dipendendo dal Ministro delle Finanze, non credo potrà trionfare pel momento. Se non ti ho scritto giornalmente, tenendoti al corrente delle fasi che seguiva il trattato, questo fu perchè Nigra non me ne parlava ed io conosceva lo stato delle cose da Rouher con cui sono intimissimo. Non scrissi, ripeto, perchè ho pensato che forse le mie lettere potevano essere in contraddizione con quanto diceva il Ministro, ed avrebbero fatto più male che bene. Ora però che vedo la cosa andar a rovescio, vorrei evitarlo, sia pei due Governi, sia per te. Mi metto quindi a tua disposizione, scrivimi confidenzialmente, e vedrò con Rouher se è possibile d'aggiustare la cosa. Lo farò in modo segreto, onde ménager l'amor proprio di tutti. Attendo un tuo cenno in proposito, e ti prego, scrivendomi, ad apporre il mio indirizzo Rue du Colysée 41, poichè andando le lettere alla Legazione, le ricevo sempre più tardi che al mio domicilio.

Io contava venir pel 15 a Torino. Durando desidera che lasci passare le discussioni importanti alla Camera. Io aderisco al suo desiderio e giungerò verso il 25. A voce ti dirò molte cose che ti riguardano direttamente.

Ti ringrazio delle assicurazioni che mi dai circa ai canali. Ho visto dal dispaccio di ieri che la legge è presentata alla Camera. Presenta i miei omaggi a tua moglie. La Principessa (1) m'incarica di contracambiare i tuoi saluti. Essa giungerà in Italia dopo il 15 agosto. Le tue osserV-azioni circa all'immobilità sono giuste; ma, mio caro, è d'uopo prendere gli uomini e le situazioni come stann'J, accontentandosi d'avanzare al passo piuttosto che al trotto o al galoppo. Le difficoltà sono grandissime, ma io t'assicuro che si riuscirà e se tu confronti la situazione attuale con quella del Ministero passato, ti persuadeti'ai che non siedi sul banco dei Ministri, facendo parte d'un Ministero che è rimasto con le mani alla cintola. Nelle lotte politiche s'incomincia sempre con un trionfo morale. Questo è ottenuto ed i risultati ci sono assicurati, ma ci vuole il tempo, onde ottenere lo sviluppo di tutto un piano che deve condurci alla meta. Non posso dirti di più, spiacendomi confidare allo scritto cose che non potrei dirti che confidenzialmente a voce. Ho veduto che sono compreso nella sottoscrizione pel Credito fondiario, e duolmi solo non esser nel caso di contraccambiarti quanto fai per me. E per questo anche che deploro quest'incaglio del Trattato di Commercio.

403

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 273. Parigi, 12 giugno 1862, ore 15,15 (per. ore 17,30). Le Cabinet de Pétersbourg vient d'annoncer au Gouvernement Français qu'il reconnaitra l'Italie aussitOt qu'une communication du Gouvernement Français lui donnera l'assurance que l'école des Polonais sera dissoute. Il ne s'oppose pas à ce que les Polonais continuent à trouver un refuge dans lel:! Etats de S. M. et qu'ils soient admis aux écoles du Royaume, mais il désire qu'il n'y ait pas une école spéciale polonaise. Benedetti doit vous faire une communication à cet égard.

S'il en obtient une réponse satisfaisante, la reconnaissance aura lieu sans délai. La Convention de navigation sera signée demain. Scialoja partira aussitot après.

(1) La principessa Matilde.

404

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 274. Parigi, 12 giugno 1862, ore 16,50 (per. ore 18,20).

Jusqu'à ce que la chose soit faite on désire ici qu'on garde le secret sur l'objet du télégramme d'aujourd'hui (1).

405

IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE S. n. Atene, 12 giugno 1862.

Il dispaccio del 31 maggio col quale V. E. compiacesi di annunziarmi il viaggio in Oriente degli Augusti figliuoli di S. M. mi riesce un pegno molto gradito della particolarissima Sua bontà e cortesia. Certo, sembra gran danno che i Reali Principi visitando il Levante turchesco e navigando ·si vicino alla Grecia non piglino cognizione oculare della terra più classica di tutta l'antichità. Il PrinC'ipe di Galles visitava testè con diligente curiosità gli avanzi del Partenone e l'altre ruine ateniesi, giovandosi della consumata erudizione d'un inglese dottissimo che seco viaggiava a tal fine. Tacerò poi dell'onore e compiacimento mio personale che rimarranno frustrati e della nobile invidia che dovrò portare a talun mio collega ed ancora a parecchi Consoli.

Ma V. E. scrive che le circostanze dell'attualità non sembrano Ze meglio opportune aZZa visita delle primarie località della Grecia.

Io per adempiere tutti gli obblighi del mio ufficio mi ristringerò a ricordare a V. E. i fatti che aver potrebbero connessione con la comparsa dei Principi nelle provincie elleniche (2).

Non si può negare che oltre la singolarissima e crescente simpatia del popolo • greco per l'Italia, nessuno al presente può torgli di capo ch'ei sarebbe in via di pronta e compiuta risurrezione quando gli toccasse la sorte di avere per Re un figliuolo di Vittorio Emanuele. Taluno fecegli considerare che la Penisola nostra non può v.oler correre il rischio che la successione diretta al trono italiano sia confidata ad una sola esistenza. I greci allora sonosi industriati a cercare altra combinazione e cioè di offrire la corona al Principe Eugenio di Savoia pregandolo di adottare per suo successore il piccolo Duca di Genova. Però questo è il pensiero de' più avveduti e de' più pratici. La moltitudine non vuole riconoscere difficoltà e impedimento; il solo suo candidato è un figliuolo del Re Galantuomo; questo figliuolo ci à da essere; la provvidenza che veglia sui destini della nazione ellenica non può permettere che Vittorio Emanuele non abbia un figliuolo da cedere all'amica sua fedele, la Grecia.

Io non dò a tali desideri e disegni nessuna maggiore importanza di quella che meritano. Nullameno, mi è parso conveniente a questa occasione d'informarne

V. E. un po' più per disteso che non ò fatto altra volta.

Questa R. Legazione e per le istruzioni speciali che à e per un dettame di prudenza la più ordinaria permane da tutto ciò alienissima e separatissima. E quante volte il discorso è caduto su tal proposito o nelle veglie o in qualche abboccamento coi diplomatici, la Legazione à studiato talora di volger la cosa in facezia, talaltra di mostrame la impossibilità intrinseca e neppure à mancato di dileguare alla Corte per vie indirette ogni apprensione che ne fosse potuta nascere.

Dopo tutto ciò, l'E. V. è ragguagliata in modo da poter giudicare nuovamente e con sicurezza della opportunità della visita. Per quello che io penso, ogni cosa risolverebbesi in qualche applauso e in qualche leggiera dimostrazione. Il popolo greco è in generale assai contegnoso; ed anche non è impossibile il persuaderlo a quiete e a silenzio. Del resto, la città più rumorosa oggi della nazione Greca è Smirne. Là sono concorsi molti emigrati e là v'è una plebe fanatica e tumultuante.

Se i Principi vi approdano senza dar pretesto a schiamazzi, com'io credo, ogni dubbio è dissipato sul rimanente; perchè Atene è città molto fredda e da assai tempo mantiensi quietissima in ogni occasione.

Io per tornare un momento ancora al voto secreto di queste popolazioni e il quale si fa tanto più caldo e comune quanto gli animi si discostano di vantaggio e si disaffezionano dal Re Ottone e dalla dinastià Bavarica, non voglio tacere a

V. E. il modo com'io considero il fatto in risguardo della nostra politica nazionale. Io penso, adunque, che se al governo di S. M. non compete ora di mescolarsi in coteste pratiche, ed anzi dee stargli a cuore grandemente di non risvegliare da nessun lato gelosie, paure e sospetti, nemmanco mi sembra spediente di fare aperte e solenni dichiarazioni e dimostrazioni del contrario; dacchè l'impero delle circostanze non lo esige e non vi siamo sforzati. La virtù delle tradizioni non peranco estinta, la gran vicinanza, il bel nome risuscitato, l'autorità crescente ogni giorno, le liete speranze della nostra marineria, spingono, se io non m'in

• ganno, l'Italia verso i mari e le terre del Levante greco e turchesco.

Sarebbe a mio giudizio, un insano eccedere nelle cautele sperdendo con le proprie mani questo capitale d'influenza che va da sè stesso radunandosi e moltiplicando.

(1) -Cfr. n. 403. (2) -Notazione marginale del Durando: c Se ne parlerà al Re e se le circostanze lo permetteranno toccherà la Grecia al ritorno •.
406

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 403. Berlino, 12 giugno 1862.

S. E. le Baron Bettino Ricasoli, dans le voyage d'agrément qu'il vient de faire en Allemagne, s'est arreté à Berlin du 6 au 9 de ce mois. Lui, le Comte Brassier et moi nous nous sommes souvent rencontrés. N'ayant aucune mission politique, il voulait soigneusement s'abstenir de voir les hommes d'Etat de ce pays; mais cédant aux vives instances du Comte Brassier qui jugeait utile que son Gouvernement entendit aussi la voix d'un personnage qui a joué un si gil'and role dans l'amvre de régénération Italienne, le Baron Ricasoli a consenti à s'aboucher avec les Ministres qui exprimaient le désir de recevoir sa visite. Connaissant la parfaite loyauté de son caractère, non moins que son dévouement

profond et sans arrière pensée pour le bien de la nation, je n'ai pu qu'approuver les suggestions du Comte Brassier.

D'après les démarches de ce diplomate, le Baron de Schleinitz et le Comte de Bernstorff exprimèrent le désir de parler avec ce voyageur de distinction, lors meme qu'il n'était ici qu'en simple tou.riste. Le Baron de Schleinitz a franchement abordé la question Italienne et a entendu avec satisfaction les argumens invoqués par son interlocuteur pour prouver qu'il était complètement rassuré sur le présent et sur l'avenir de la Péninsule. De son còté le Ministre de la Maison du Roi s'est montré bienveillant pour notll"e cause; mais sans laisser entrevoir quand U conviendrait à Sa Majesté de modifier son attitude expectante. Le Comte de Bernstorff a développé quelle était la politique de la Prusse en Allemagne; mais sans adresser aucune interpellation sur nos propres affaires. Avec une réserve digne d'éloges, le Baron Ricasoli s'est à son tour abstenu de provoquer une discussion à cet égard. Mais je sais de la meilleure source que ces deux Ministres ont porté sur lui le meilleur jugement; le Baron de Schleinitz surtout a été frappé de son langage à la fois ferme et digne; de ses convinctions à toute épreuve, sur la réussite d'un programme qui est et restera celui de tous les hommes d'état auxquels Notre Auguste Souverain veut accorder sa confiance .

Le Comte Brassier tenait aussi à ce que le Baron Ricasoli eut un entretien avec le Roi Guillaume. Mais notre illustre compatriote a décliné de prendre une initiative quelconque dans la demande d'une audience; en cela il a fait preuve de tact; car une simple visite de courtoisie n'était nullement indiquée, et à moins d'un appel direct de Sa Majesté, il convenait de s'abstenir surtout dans sa position.

La présence ici du Baron Ricasoli, quoiqu'elle n'ellt qu'un caractère privé, n'a pas laissé que de produire une excellente impression sur tous ceux qui l'ont approché. Du moment où il avait été mis en rapports par le Comte Brassi& avec Messieurs de Schleinitz et de Bernstorff, il était bien qu'il n'ellt pas l'air d'éviter les représentans de France et d'Angleterre, ne fllt-ce que pour bien constater vis à vis d'eux que son voyage n'avait rien à faire avec la politique, et prévenir ainsi des commentaires inexacts. Il a donc visité avec mai ces deux dipìomates.

Outre le but de connaitre la capitale de la Prusse, il venait ici pour consulter le premier oculiste de l'Allemagne, pour ne pas dire de l'Europe, M. de Graefe.

407

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

(Ed. in Die auswéirtige Politik Preussens, II, 2, n. 463)

R. 404. Berlino, 12 giugno 1862.

Les renseignements qui me parviennent de plusieurs còtés confirment les

meilleures nouvelles que j'ai transmises le 3 Juin sur la question de la reconnaissance (1). Je puis meme ajouter que dès lors cette questiona fait des progrès.

En voici les motifs:

Une dépeche de M. Hudson contenant ses impressions favorables sur le séjour de notre Auguste Souverain à Naples, dépeche dont copie a été envoyée aux Légations Britanniques.

Le discours prononcé à notre Chambre des députés par notre Président du Conseil sur les faits de Sarnico, et le vote de la Chambre dans la séance du 6 Juin.

Le langage plein de dignité du Baron Ricasoli.

Les efforts incessants du Comte Brassier. Il a remis au Comte de Bernstorff un second mémoire sur lequel il a bien voulu me consulter, en y ajoutant quelques argumens que je lui ai suggérés.

Une dépeche de M. de Thouvenel du 5 Juin dans laquelle il rend pleine justice à notre Gouvernement dans la crise qu'il vient de traverser avec tant d'honneur que meme le Cabinet de Vienne n'a pas pu s'empecher de reconnaitre: que no tre conduite avait été d l'abri de tout reproche.

L'insistance de l'Empereur Napoléon pour une prompte reconnaissance de la part de la Russie et de la Prusse.

Les rapports de M. de Bismarck, et les détails reçtls sur la mission que

M. de Budberg remplit en ce moment à Paris.

Ces motifs ont contribué à rappeler sérieusement l'attention de la Cour de Prusse sur ses relations avec l'Italie. Le Comte de Bernstorff travaille sur l'esprit du Roi, et j'espère qu'il lui rendra un compte exact de l'entretien qu'il a eu hier avec le Prince de La Tour d'Auvergne. Ce diplomate ne lui a pas caché que les négociations avec la Russie prenaient une tournure favorable, et que le moment semblait venu pour la Prusse de se décider, si elle ne voulait pas se laisser devancer par le Cabinet de St. Pétersbourg etc. etc. etc. Le Comte de Bernstorff s'est réservé d'en référer à son Souverain (1).

* I:.a légation de Russie vient de recevoir l'avis que la mission du Baron de Budberg avait réussi. Peut-etre cet avis est il prématuré; mais je sais d'une manière certaine que les choses marchent pour le mieux de ce còté là. Quant à la Prusse, en admettant que le Roi Guillaume hésite à prendre les devants, la reconnaissance de la Russie la déterminera sans doute à suivre son exemple •, car il lui répugnerait, et au besoin le parlement ne le permettrait pas de rester vis-à-vis de nous sur la meme ligne que l'Autriche. Le Comte Brassier devant prendre congé de Sa Majesté demain, nous saurons à quoi nous en tenir; car il est résolu à ne pas quitter Berlin sans des instructions positives sur les dispositions de sa Cour dans cette importante affaire.

mandiamo.

(1) Cfr. n. 378.

(1) Il passo seguente tra asterischi è sunteggiato in Die auswlirtige Po!itik Preussens. Tutto il rapporto è corredato nell'edizione tedesca da note assai pertinenti, alle quali ri

408

IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, RATTAZZI (Ed. in Da Aspromonte a Mentana, pp. 20-21)

Parigi, 12 giugno 1862.

Il Principe Napoleone è tornato enchanté dall'Italia meridionale, ed il tenore delle sue narrazioni ha prodotto sensazione grandissima sull'animo del cugin_o. L'Imperatrice, che non nasconde la sua antipatia peli' l'Italia, ha detto a Thouvenel: « Detesto gl'Italiani, ma sono ora costretta a confessare che sono di un'abilità politica incontrastabile». La frase non è obligeante, ma la confessione è lusinghiera...

La Valette non aveva fino a ieri scritto da Roma che i due dispacci che furono pubblicati.

Dell'esito delle proposte da lui recate a Roma non avremo conoscenza che fra una quarantina di giorni. La Valette non voleva spingere nulla, ma era deciso ad approfittare del momento opportuno onde far conoscere le intenzioni del Gabinetto imperiale. Dopo le dichiarazioni fatte dai cardinali e vescovi, dopo l'indirizzo, e dopo le orgie clericali di questi giorni (1), la risposta della Corte di Roma è ancora più sicura, e la negativa per ogni accomodamento sarà più assoluta che mai. Thouvenel facendomi leggere i teleg11ammi venuti da Roma mi diceva che vescovi e cardinali sembravano pagati per far le cose nostre c È vero», risposi, «ma è d'uopo che la Francia prenda una decisione pronta, dacchè il Governo del Re non potrà mantenersi al potere e contenere i partiti, che alla sola condizione di dare soddisfazione ai sentimenti nazionali unitari, che sono nell'animo di tutti gl'Italiani; l'inerzia e lo stato attuale ucciderà questo e tutti i Ministeri, dando forza al partito della rivoluzione». Thouvenel ne conveniva meco, e mi assicurava che il gran passo, se non era fatto, stava per farsi, e l'unico modo per attuarlo era di lasciare che da Roma stessa venissero i motivi onde decidere rimperatore ai fattigli progetti e che ha già adottato in massima. Bisogna adunque attendere la risposta che manderà La Valette, dopo della quale

se qui non si decide nulla, sarà d'uopo spingere le cose e gli eventi negli Stati del Papa...

Se a Roma il sentimento italiano, l'orgoglio di diventare la capitale d'Italia è sviluppato, come mi si assicura da tutti, i Romani non debbono rifiutaui a sacrifizi per riuscirvi. Che il Comitato Nazionale si metta alla testa di una opposizione passiva...

... Se questo stato di resistenza passiva potesse organizzarsi, sarebbe forse un modo per decidere la Francia a prendere un partito, perchè se l'Imperatore non può sacrificare il potere temporale in favore del Governo italiano, non potrà neppure sacrificare i popoli soggetti al potere del Papa quando questi protestano solennemente ed in via di fatto contro una dominazione di cui non vogliono a nessun conto. Questo pensiero viene alla mente quando si studiano con attenzione le istruzioni date a La Valette e quando si esamina la piega che l'Imperatore vorrebbe ora dare alla questione romana. Sarebbe però necessario, prima di met

tersi nel caso di seguire questo progetto, di sapere se ciò non sarà contrario alle vedute imperiali; non vi è bisogno d'un consenso dell'Imperatore che non darebbe mai, ma basterà che facendogli conoscere la cosa come un fatto inevitabile, egli non se ne mostri troppo allarmato.

(1) Cfr. LYNN M. CASE, pp. 190-191.

409

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 182. Torino, 13 giugno 1862, ore 15,30. Reçu votre dépeche d'hier et la communication de Benedetti pour la reconnaissance de la Russie (1). Dès aujourd'hui meme nous allons nous occuper d'aplanir ler difficultés et nous avons pleine confiance de pouvoir concilier les désirs de la Russie avec les égards dùs aux infortunés politiques. Après-demain au plus t<lll'd partira l'officier d'artillerie avec notre communication officielle pour vous et le Cabinet français à cet égard. Nous reviendrons sur le Traité de Commerce à

l'arrivée de Scialoja et ferons tout le possible pour en venir à bout convenablement. Remerciez tout particulièrement M. Thouvenel de ses bons offices.

410

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 276. Parigi, 13 giugno 1862, ore 19,30 (per. ore 21). La Convention de Navigation a été signée aujourd'hui. Scialoja est parti ce soir. Tàchez de le renvoyer avec instruction de signer le Traité de Commerce qui a en ce moment une haute importance politique. Je crois qu'il est convenable

que dans la communication que vous me fairez au sujet de la reconnaissance de la Russie il y ait un mot de ~remerciement pour l'Empereur.

411

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, RATTAZZI

(Ed. in Da Aspromonte a Mentana, pp. 21-22)

Parigi, 14 giugno 1862.

... È indubitato che la questione romana procede. L'Imperatore è irritato della condotta dei vescovi francesi che votarono contro la clausola dell'indirizzo che conteneva una parola di ringraziamento per l'occupazione francese...

... La Valette scrive che trova terreno più docile. Io credo e spero che s'inganni. Penso che la Corte di Roma mostra apparenze arrendevoli per guadagnare tempo finchè l'episcopato francese sia tornato ai rispettivi ovili; poi getterà la maschera. La risposta che farà il Papa alle nuove istanze di La Valette non sarà dissimile dalla prima. Allora il signor Thouvenel spingerà l'Imperatore a rivolgersi a Torino e a presentare l'antico progetto. Ciò non accadrà in ogni caso che fra un mese o due...

(1) Cfr. nn. 400 e 403.

412

IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, RATTAZZI (Ed. in Da Aspromonte a Mentana, p. 21)

Parigi, 14 giugno 1862.

Sull'Imperatore produsse grande effetto il vedere che l'indirizzo al Papa sia stato promosso e spinto dalla maggioranza dei vescovi di Francia. S. M. pare decisa a prendere un partito, appena sarà giunta qui la risposta che manderà La Valette alle proposte che è incaricato di sottomettere all'esame della Corte di Roma, che si sa già essere negativa, se è vero quanto il nunzio monsignor Chigi ha già dichiarato a Thouvenel, che cioè nessuna concessione sarà fatta. È da sperarsi che i vescovi tornando in Francia seguiranno i concerti presi a Roma e che incominceranno una opposizione attiva. Questa, se ha luogo, deciderà assolutamente le cose nostre, e sarà la spinta di cui l'Imperatore ha d'uopo onde effettuare i progetti di cui riconosce l'assoluta necessità.

Ore 4 pom. Vengo in questo momento da Thouvenel, che ha ricevuto lettere da La Valette, il quale dice che ha trovato a Roma disposizioni più favorevoli e concilianti, che se non gli danno speranza d'accettazione e di conciliazione, gli permetteranno almeno di poter discutere e di presentare con calma le ragioni per le quali l'Imperatore vorrebbe vedere il Santo Padre mettersi in misura di poter governare i suoi Stati in modo da permettere il ritiro dell'occupazione francese. A queste disposizioni di calma, da parte del Vaticano, io non credo che come ad un giuoco onde prender tempo attendendo certe complicazioni che si sperano, facendo calcolo sull'effetto che produrranno le circolari dei vescovi quando da Roma questi saranno di ritorno nelle loro diocesi. Il ministro degli esteri è assai del mio parere; egli non crede gran fatto alle disposizioni di cui La Valette fa cenno nella sua lettera, e mi assicurava che non ha mancato di far conoscere all'Imperatore giorno per giorno tutti gl'intrighi che si sono orditi a Roma, a cui presiedevano come istigatori i vescovi di Francia. Sembra che il solo cardinale Morlot, arcivescovo di Parigi, si sia ·condotto onestamente, facendo l'alta dichiarazione che egli è venuto a Roma ad assistere ad una funzione religiosa, e dichiarandosi ben deciso a non prendere parte a nessuna dimostrazione politica...

413

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Ed. in COLOMBO, 24)

D. CONFIDENZIALE S. n. Torino, 15 giugno 1862.

Ricevetti la sua confidenziale e riservata n. 78 (1).

Già conosceva il piano che mi indica quasi identico a quello proposto al Conte Cavour (dal Principe Napoleone) il 13 aprile 1861 (2).

Ella già sa quale sia la mia opinione sul complesso del medesimo, e posso anche dire che il Consiglio non dissentirà dall'accettarne le basi, salvo naturalmente qualche restrizione o nuova redazione.

Quando verrà il caso di ventilarlo officialmente avrà istruzioni in proposito. Ma già fin d'ora posso dirle che quella clausola dell'art. 4° con cui si vorrebbe interdetto al governo Italiano di far richiami sull'ordinamento dell'esercito papale, composé meme de volontaires catholiques étrangers, sarà per noi sorgente di gravi imbarazzi. È vero che sarebbe limitato a 10.000 uomini, e sta bene. Ma sotto il nome di volontari cattolici noi potremmo avere nel maggior centro str&.tegico dell'Italia 10.000 Austriaci o Spagnoli.

Converrà dunque modificare questa disposizione, se pur non toglierla affatto; giacchè se questa restrizione di 10.000 ci è favorevole, è però tale da offendere in certo modo l'autonomia dell'attuale Stato Pontificio che si vuole rispettare.

Per ora mi accontento di queste indicazioni; però se gliene viene il destro veda di intrattenerne il Sig. Thouvenel. Riceverà la nota sul riconoscimento della Russia (1). L'ho comunicata officiosamente al Sig. Benedetti. Credo che sia ne' termini desiderati. Ella potrà anche farla leggere preventivamente al Sig. Thouvenel e se vi trova qualche cosa a ritenere Io telegrafi subito e ne avrà pronta risposta.

(1) -Cfr. n. 395. (2) -Cfr. Serie l, vol. I, 58.
414

IL CONSOLE A BUCAREST, STRAMBIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 206. Bucarest, 15 giugno 1862. Non mi sono meglio convinto che il Principe Couza abbia commesso un vero tradimento palesando direttamente ad agenti austriaci accordi o progetti relativi a cose ungheresi. Rimane il fatto della comunicazione da esso datane in Jassi a parecchie persone con evidente pericolo o colpevole intenzione, senza che però fin qui risulti che gli Austriaci ne abbiano acquistata contezza. Di quella divulgazione di progetti fatta in Jassì, si parlò in ultimo, pendente due o tre giorni, anche in Bucarest, ma in modo assai confuso. Il sig. Pane, deputato in Caimacano e Presidente del Consiglio in Moldavia, che ora, come tutti gli altri uomini del partito nazionale, è in aperta rottura con Couza e fu quegli che parlò primo al signor Piace, ed al suo recente ritorno da Jassì, a me pure, di questo nuovo incidente della condotta politica del Principe, non mi aggiunse particolari, ch'esso non avrebbe al certo risparmiati, di natur2 da accrescere la gravità di questo fatto. La rottura poi del sig. Piace con Couza si è manifestata durante il soggiorno ultimo da questi fatto in Jassi, ove non ricevè che due volte e freddamente la visita del Console francese, al suo arrivo ed alla partenza, nei giorni fissati pel ricevimento dei Consoli, senza che nè da una parte, nè dall'altra siasi venuti ad alcuna spiegazione, o si conosca pubblicamente alcun motivo che abbia potuto legittimare un tale contegno, il sig. Piace stesso assicurando che non ve n'esiste

alcuno. Seppi però con molta dispiacenza che il Principe parlando con alcuno del sig. Piace abbia detto: il me caute trop cher e più tardi abbia anzi spiegato aver

gli già dato sei mila ducati. Sarebbe questa invero una ben deplorabile cosa, ma facile e frequente è qui anche la calunnia e nella bocca stessa del Principe e sarebbe pur possibile che quando il fatto esistesse potesse ricevere tali spiegazioni od attenuazioni, da renderne assai diminuita l'importanza. In ogni caso, se il sig. Piace avesse accettato denari da Couza, questi che li ha dati, in compenso forse di straordinarii servizii od in rimborso di spese fatte, non avrebbe ragione sufficiente per rompere le sue relazioni col già suo intimo amico. Ad ogni modo ho gran pena a credere a si brutte cose, non solo per la stima che professo al sig. Piace, ma anche per la notoria sordida avarizia del Principe dì Romania.

(1) Cfr. n. 416.

415

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 187. Torino, 16 giugno 1862, ore 16,30.

La note pour la Russie part ce soir. Le Conseil décidera demain sur le Tralté de Commerce et Scìaloja pourra partir demain soir avec nouvelles instructìons.

416

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. RISERVATO S. n. Torino, 16 giugno 1862.

Par la note ci-joint que je vous adresse pour ètre remise à M. Thouvenel, le Gouvernement du Roi prend vis-à-vis des Cabinets de Paris et de St. Pétersbourg les engagements les plus formels que notre attitude envers l'émigration Polonaise cessera d'ètre un objet de préoccupation pour la Russie.

J'ajoute ici quelques autres considérations dont vous pouvez également donner connaissance à M. Thouvenel.

Nous espérons pouvoir fermer l'école des polonais avant peut-ètre que le Cabinet de St. Pétersbourg ait reçu communication de la Note susdite. En tout cas je vous télégraphierai aussitòt que la fermeture aura eu lieu pour que ce Cabinet puisse adresser à celui de Parìs, dans le plus bref délai possible, la réponse, qu' après cela, il croira convenable de faire.

Si parmi ces jeunes gens il s'en trouve qui veuillent achever leurs études dans nos instituts publics, nous règlerons les choses de façon à ce qu'ils pu'issent y ètre individuellement reçus. Des subsides leur seront aussurés dans ce but. Ceux, et ce sera peut-ètre le plus grand nombre, qui préfèreront de quitter notre territoire, pourront le faire: le Gouvernement leur fournira, au besoin, les secours nécessaires.

ALLEGATO. DURANDO A NIGRA (Ed. in LV 4, pp. 11-13) 16 juin 1862.

M. Benedetti est venu nous donner communication confidentielle des ouvertures qu'a faites depuis quelque temps le Gouvernement de l'Empereur auprès du

Cabinet de St. Pétersbourg dans le but de l'amener à renouer avec le Royaume

d'Italie les rapports malheureusement interrompus depuis 1860.

Je dois avant toute chose vous prier, Monsieur, de vous faire auprès de S. M.

l'Empereur l'interprète des sentiments de reconnaissance que nous inspire la solli

citude qu'il n'a cessé de manifester pour que l'Italie eftt la piace qui lui appartient

parmi les puissances européennes. Afin de seconder ses intentions bienveillantes et

de faciliter encore les bons offices de son Gouvernement dans les négociations qui

nous regardent *et au succès desquelles le souvenir de liens d'amitié qui nous

ont si longtems unis avec la Cour de Russie nous fait attacher un prix tout parti

culier * (1), je vais, Monsieur, répondre de la manière la plus catégorique aux de·

mandes qui font l'objet des dernières communications de M. Benedetti.

Le Cabinet de st. Pétersbourg >emble se préoccuper avant tout de l'importance

que peuvent avoir les éléments révolutionnaires dans la Péninsule, ainsi que des

moyens de répression que nous sommes en mesure ou en disposition d'employer

pour en conjurer les périls.

J'ai eu l'honneur de vous adresser de Naples, en date du 19 Mai dernier (1),

une note circulaire ayant trait aux tentatives qui venaient d'avoir lieu sur quel

ques points de nos provinces septentrionales. Il ressort de cette pièce que le Gou

vernement a l'intention aussi bien que les moyens de réprimer tout acte de nature

à compromettre nos rapports internationaux, et que l'accomplissement de cette

tache lui est d'autant plus aisé qu'il se sait appuyé par l'opinion publique en

Italie. Veuillez, Monsieur, donner à M. Thouvenel une copie de cette Note, et le

prier de la faire tenir au Cabinet de St. Pétersbourg.

Les discussions récentes de la Chambre des Députés et la majorité imposante qui a donné au Ministère l'appui de ses votes dans la séance du 6 Juin viendraient encore fortifier, s'il en était besoin, les dispositions du Gouvernement. Une loi présentée déjà au Parlement viendra bientòt restreindre dans de justes limites l'action des associations politiques, et donner au pouvoir exécutif des facultés mieux définies pour les empecher d'usurper les prérogatives des pouvoirs constitués. Ainsi se trouvera complétée la série des moyens qui permettent au Gouvernement de répondre, devant l'Europe, du plein exercice de l'autorité qui lui appartient soit pour la consolidation de l'ordre intérieur, soit pour le maintien des bonnes relations avec les puissances étrangères.

Tout ce qui précède, Monsieur, me parait de nature à rassurer entièrement le Cabinet de St. Pétersbourg sur les vues du Gouvernement du Roi.

Le meme Cabinet parait aussi se préoccuper de la présence et de la conduite de l'émigration Polonaise dans le Royaume; il manifeste le désir que les conciliabules dirigés contre l'intégrité de l'Empire Russe soient interdits, que le Gouvernements ne permette la formation d'aucune légion de Polonais, et qu'enfin l'école spéciale qu'ils ont instituée sur notre territoire soit fermée.

Les vceux exprimés par le Gouvernement Russe sont conformes aux usages établis entre toutes les nations civilisées. Le droit sacré d'asile, et les égards dus à l'infortune politique ne doivent devenir chez aucune d'elles un péril pour la sureté des autres Etats. Nous n'avons donc point de difficulté à donner des éclaircissements complets sur les points indiqués par la Russie.

Il n'est point à notre connaissance que des conciliabules de Polonais dirigés contre l'intégrité de l'Empire Russe aient été tenus sur notre territoire. L'interruption de nos relations avec la Russie n'eut pas été, à nos yeux, une raison de tolérer des menées de ce genre; on ne saurait donc s'arreter à la supposition que nous puissions les permettre lorsque nos bons rapports avec cette puissance seront renoués.

Le Gouvernement n'a jamais autorisé par. le passé la formation d'une légion

Polonaise; il peut moins que jamais en etre question pour l'avenir, la Russie peut

en etre assurée.

Pour ce qui regarde l'école spéciale des Polonais le simple énoncé des faits suffira à faire connaltre quelles ont toujours été nos intentions. Les événements de 1859 ont attiré en Italie un certain nombre de jeunes gens soit de la Pologne, soit des contrées limitrophes. Une association privée, formée dans l'émigration, voulant soustraire ces jeunes gens aux dangers de l'oisiveté fonda pour eux une école spéciale qui fut ouverte à Génes et qui compta bientòt une centaine d'élèves. Cependant le Ministère actuel jugea qu'il n'était pas sans inconvénients que le siège de cette institution fut dans une ville telle que Génes qui est particulièrement sujette à l'infiuence des partis politiques. L'un des premiers actes de ce Ministère fut donc d'engager les fondateurs de l'établissement à le transférer à l'intérieur dans une résidence mieux appropriée sous tous les rapports au but qu'eux-mémes se proposaient, ce qui fut exécuté en effet. Depuis, les Directeurs de l'école ont reconnu les difficultés matérielles et morales d'une telle institution qui sera dissoute vers le commencement de Juillet, époque de la clòture des cours, et ne sera plus rouverte.

Ces explications dont la netteté et la franchise seront appréciées sans doute, témoigneront de notre désir de voir se rétablir bientòt par l'entremise de S. M. l'Empereur des Français les anciens rapports entre le Gouvernement de l'Empereur de Russie et celui de S. M. notre Auguste Souverain; elles auront aussi pour résultat, j'en ai la confiance, de prévenir toute cause de refroidissement entre deux nations dont la bonne harmonie intéresse à un si haut degré la prospérité de l'une et de l'autre.

Veuillez, Monsieur, donner lecture confidentielle de la présente dépéche à

M. Thouvenel et lui en laisser une copie.

(1) -Il passo tra asterischi fu aggiunto su suggerimento di Thouvenel, cfr. n. 424. (2) -Cfr. n. 335.
417

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 405. Berlino, 16 giugno 1862.

Le Comte Brassier est reparti hier pour son poste. Comme il expliquera lui

méme à V. E. dans quelles dispositions il a laissé le Roi Guillaume et son Gou

vernement à notre égard, il devient superfiu que j'entre dans des détails trop

circonstanciés.

Je me bornerai à dire que le Roi n'est pas encore entièrement revenu de

ses préjugés qui ont été !Vivement heurtés par les événemens de ces dernières

années en Italie.

Il croit en outre qu'il doit ,garder de certains ména,gemens vis-à-vis de l'Au

triche qui pourrait, et non sans quelques chances de succès, prendre prétexte

d'une reconnaissance actuelle de notre Royaume, pour entrainer plusieurs Etats

de l'Allemagne qui n'y sont déjà que trop inclins, à refuser leur ratification au

Traité de commerce récemment conclu avec la France etc. etc. etc.

Quant au Comte de Bernstorff, il nous est favorable, et il a promis de tra

vailler à combattre les scrupules de son Souverain et de l'amener ainsi, en mé

nageant la transition, à résipiscence.

L'attitude de la Russie vient en, aide à ce Ministre. V. E. sait que la mission

du Baron de Budberg à Paris a aussi pour objet la reconnaissance de l'Italie

sous de certaines conditions. Le Cabinet Prussten a été instruit de ces démarches

par Monsieur de Bismarck. Comme dans le tems la Cour de St. Pétersbourg

avait demandé à celle de Berlin de ne pas la devancer dans cette question, c'est

maintenant le Gouvernement Prussien qui demande à la Russie de ne pas aUer de l'avant sans une entente préalable. Le Comte de Bernstorff en agissant dans ce sens ne le fait nullement par mauvais vouloir contre nous; mais il tient à ce que la Prusse ne reste pas isolée ou sur la meme ligne que l'Autriche, et il voudrait rallentir les allures de la diplomatie Russe, jusques à ce que son Souverain puisse emboiter le meme pas. Il voudrait en un mot une reconnaissance simultanée.

Telle est en peu de mots la position. Les négociations se rpoursuivent. J'espère qu'elles aboutiront à ·ce bon résultat, car les principaux négociateurs sont convertis pour nous à des sentimens plus raisonnables. Je crains seulement que le Gouvernement Rtisse, pour caresser les idées assez rétrogrades de l'Empereur Alexandre, ne veuille élever de certaines prétentions, certaines réserves peu compatibles avec notre dignité. Si tel était le cas (et il sera facile de s'en asslll!"er par l'entremise du Chevalier Nigra) nous n'avons pas à nous en préoccuper outre-mesure; car lors meme que nous repousserions un rapprochement dans de semblables circonstances, il ne s'effectuera pas moins; car V. E. sait que le principal mobile de la Russie est de préparer, par la reconnaissance, une voie à un accord avec la France sur des affaires qui 'l'intéressent bien autrement que les nòtres.

Enfìn malgré les obstacles que nous rencontrons, mon opinion ne varie pas. On viendra à nous, à cloche pied j'en conviens, mais les Gouvernemens de ces deux pays sont poussés par l'opinion publique qui déjà nous tend les bras.

En attendant le Comte Brassier recevm une dépeche qui lui donnera l'instruction de répondre par des félicitations à la circulaire (Ca,binet) du 19 Mai (1).

Je répèterai ici ce que j'ai déjà mentionné dans mes précédens rapports. Le Comte Brassier durant son séjour à Berlin a t11availlé sans trève ni repos à faire une propagande éclairée pour notre cause. Il a eu le cowage de dire la vérité, de rompre bien des lances, de riposter énergiquement aux attaques des malveillans, de soutenir le zèle de ceux qui nous sont favorables. Je ne doute pas que V. E. ne l'aborde, dès sa première visite au Ministère, avec les sentimens de gratitude que mes dépèches ont du lui inspirer pour un aussi fidèle champion de nos intérets d'ailleurs si intimément liés à ceux de la Prusse.

418

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (AST, Legazione Francoforte, cart. 5)

R. 33. Francoforte, 16 giugno 1862. Contrairement à ce qui a été annoncé par les dépeches télégraphiques d'Allemagne, le nouveau Cabinet Hessois n'est point encore formé; et si l'on parait pouvoir se mettre d'accord sur les hommes qui en doivent faire partie, l'on est

encore loin de s'entendre sur le programme qu'ils doivent suivre. Toutefois, la prochaine combinaison d'un nouveau Cabinet n'est pas douteuse, mais ce qui

vient de se produire de plus étrange dans toute cette affaire, c'est que, tandis que l'Autriche et la Bavière conseillaient à l'Electeur d'appeler de nouveaux hommt>s au pouvoir pour offrir une satisfaction à la Prusse, ces deux puissances donnaient en meme temps clairement à entendre au Cabinet de Berlin qu'en aucun cas elles ne souffriraient l'intervention isolée de son armée dans la Hess,e, si l'Electeur venait à ne pas vouloir céder à leurs représentations. Ainsi, d'un coté la Bavière et l'Autriche se donnent les airs de protéger la Prusse, et de l'autre elles lui interdisent de développer son action dans un sens national. C'est là le résulfat le plus clair d'une politique sans énergie qui au lieu de n'écouter que la grande voix de l'Allemagne qui depuis si longtemps lui crie de marcher en avant, n'ose rien entreprendre sans demander préalablement l'avis des Cabinets de Vienne et de Munich.

Des lettres de Berlin disent qu'en retournant à son poste à Turin, le Ministre de Prusse emporterait des instructions beaucoup plus favorables à la reconnaissance du Royaume d'Italie, sans que cependant cette l'econnaissance soit imminente. Quelques journaux, appartenant à la nuance prussienne, prétendent que les événements de Brescia auraient engagé la Prusse à prolonger son attitude de réserve, et d'attendre que la Russie ait d'abord reconnu le nouvel ordre de choses, pour suivre ensuite son exemple. Si telle est la pensée du Cabinet de Berlin, l'on peut dire qu'il ajoutera une nouvelle faute à toutes celles qu'il a déjà commises dans ces derniell"s temps, puisqu'il perdra aux yeux du parti libéral, le bénéfice d'une initiative qui lui ferait le plus grand honneur en Allemagne, en ne lui laissant d'autre mérite que de venir tardivement à la suite de la Russie.

D'après une correspondance de Paris adressée à l'une des maisons les mieux renseignées de Francfort, il paraitrait que le nouvel Envoyé de Prusse, Baron de Bismarck, n'aurait pas rencontré en faveur de ses idées tout le succès qu'il en attendait. Ses premières ouvertures auraient été accueillies avec une très grande réserve, et ses impll"essions, qu'il va reporter à Berlin, devront nécessairement s'en ressentir.

Passant à un autre ordre de choses, la méme correspondance ajoute que en dehors du grand intéret que l'Empereur Napoléon attache à la cessation de la Guerre des Etats Unis en raison des souffrances qu'en ressent l~ commerce français, le motif de 1a préférence marquée que témoigne Sa Majesté pour la cause du Sud provient en grande partie du dépit que lui a fait éprouver l'accueil fait aux princes d'Orléans dans les armées du Nord. L'Empereur, y est-il dit, qui peut tout dire et entendre parler de tout sans trahir la moindre émotion, n'est pas maitre de son ressentiment lorsqu'il s'agit du moindre fait se rapportant aux membres de la famille d'Orléans.

Les journaux étrangers ont fait grand bruit d'une réunion de délégués de différents Etats qui s'est tenue dernièrement à Francfort pour s'occuper de la révision fédérale. En réalité cette réunion n'avait aucune importance exceptionnelle et n'était que la pàle reproduction de toutes celles qui se sont succédées sur différents points de l'Allemagne, pour demander l'établissement d'un par.Iement national. Au reste, là comme ailleurs, l'Autrtche avait introduit ses éléments de discorde et la réunion s'est dissoote sans rien décider.

P. S. J'ai eu l'honneur de voir à son passage ici S. E. le Baron Ricasoli qui est repa;rti avant-hier pour Florence.

(1) Cfr. n. 335.

419

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, DELLA MINERVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 53. Lisbona, 16 giugno 1862.

Ho ricevuto il dispaccio di V. E. del 3 corrente n. 28 al quale andava annessa la lettera ministeriale diretta al Conte Della Croce per annunziargli la nomina a Segretario di Legazione di la classe. Nel trasmettere qui unita la risposta del Conte Della Croce, io devo ringraziare l'E. V. per aver voluto premiare con una meritata promozione i servigi che questo distinto giovane ha prestato in questa ed in altre Legazioni, e il di cui zelo e capacità ebbi più volte occasione di commendare a ·codesto Ministero. Ringrazio altresì l'E. V. pel dispaccio telegrafico in data del 6 corrente col quale Ella si compiacque di parteciparmi il significativo e brillante voto della Camera dei Deputati che approvò l'operato del Ministro negli affari di Sarnico (1). Mi feci premura di comunicarlo immediatamente a codesto Governo, il quale prende ·la più viva e sincera parte al benessere ed alla prosperità del Regno d'Italia. La partenza delle Suore di Carità che ebbe luogo negli scorsi giorni non diede occasione ad alcuna dimostrazione nè ostile nè favorevole alle medesime, e sebbene l'imbarco si eseguisse di pieno •giorno questa eccellente popolazione serbò un contegno tranquillo e dignitoso. La discussione della legge sulle Corporazioni religiose e sull'insegnamento continua nella Camera dei Pari, ed il Ministero non si fa illusione ·che in quel consesso il voto non sia per essergli contrario. Un sintomo di gù.à abbastanza chiaro di questa opposizione si rilevò nell'incidente sollevato per la rinunzia che diede l'Imperatrice Vedova dell'Imperatore D. Pedro dalle funzioni di Presidente deHa Commissione per alcuni asili tenuti dalle Suore di Carità, rinuncia che venne dal Re accettata. La Camera dei Pari volendo dare una censura al Ministero pel modo con cui quella rinuncia fu accettata, approvò con grandissima maggioranza l'invio di una Deputazione che esprimesse al!I:'Imperatrice i suoi ringra.ziamenti per quanto di bene aveva fatto a favore degli asili posti sotto la sua direzione. Ma se la Camera dei Pari in contraddizione al voto della Camera dei Deputati rigettasse la legge suddetta, io credo che il Ministero cercherà in prima di formarsi una maggioranza facendo una numerosa infornata di Pari, ed ove questo tentativo fallisse non sarei alieno dal credere che in al!l:ora si penserebbe ad una modificazione alla costituzione della Camera dei Pari; abolendo il principio d'eredità, e stabilendo che i Pari fossero nominati dal Re in quelle categorie che sarebbero fissate dalla nuova legge. Ieri il Presidente del Consiglio mi intrattenne sull'affare degli Archivi dell'ex Consolato Napoletano. Mi disse che il Ministro Spagnuolo gli aveva diretto una

Nota per annunziargli che gli avrebbe rimesso alcune ·Carte e del denaro, affinchè fossero consegnati agli interessati. Il marchese di Loulé fece sentire al Marchese

. 44t)

Della Ribera che egli non poteva a,ccettare quella consegna nel modo da lui indicato, perchè il Governo Portoghese non conoscendo le persone e molto meno i diritti che quel:le arvrebbero su tali oggetti non poteva a meno secondo le leggi portoghesi di depositare il denaro nel Banco, epperciò non avrebbe potuto accettare consegna alcuna, se non nel senso di rimettere un tutto, secondo le intelligenze anteriormente prese, alla Legazione d'Italia, solo mezzo competente per fare pervenire in modo certo e responsabile le carte e i denari agli inte.ressati. Il Ministro spagnuolo prese tempo per chiedere nuove istruzioni al suo Governo.

P. S. -Qui unito un articolo in cifra (1).

(1) Manca.

420

IL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 164. Roma, 17 giugno 1862.

Confermo a V. E. i miei due ultimi rapporti in data del 14 di questo mese, ai nn. 162 e 163 Politica (2). Il noto indirizzo dell'Episcopato a Sua Santità ha dettato al signor Marchese

L.a Valette giuste rimostranze ai Vescovi suoi Connazionali, tantopiù che essi ne furono i più violenti promotori. Questi non si peritarono di osservare che non ,era precisamente quello il senso dell'indirizzo che essi intendevano firmare, quasi che non avessero avuto tutta la libertà di prenderne esatta cognizione, tantopiù che si portarono a sottoscrivevlo presso il Cardinale Wiseman separatamente ,e non in corpo.

Una ben dispiacente impressione ha pur prodotto di veder fi'gurare nei so.scrittori il nome del Cardinale D'Andrea, tenendo pur calcolo della posizione di non potersi convenientemente esimere. I suoi antecedenti ci ripromettevano dal canto suo una certa qual opposizione, almeno nel senso della redazione di detto indirizzo, quantunque egli interpellato cerchi scusarsi asserendo che quando la maggioranza del Sacro Collegio adotta una proposizione, gli altri vi si devono accostarre. Ciò può essere vero in una decisione presa in Concistoro, ma non in un atto che ciascuno approva separatamente.

Il discorso ,pronunziato da Monsignor Dupanloup nella Chiesa di S. Andrea della Valle venne riprodotto colla stampa. Siccome però a detta anche delle persone che vi assistettero, è 'Stato evidentemente alterato, e troncato nelle frasi più sediziose, e toccanti a personalità credo inutile di trasmetterlo a V. E. poichè sarebbe una menzogna. Abbenchè di minore interesse, pure siccome lavoro di Gesuiti mi arbitro di qui acchiudere il saggio dell'Accademia datasi nella Chiesa di Sant'Ignazio dai giovani del Collegio Romano.

I Vescovi, e gli Ecclesiastici Spagnuoli sono partiti nella massima parte onde approfittare di un vapore diretto per Barcellona e della facilitazione del posto gratuito ac·cordata ai suddetti in quella occasione sulla via ferrata di Civitavecchia dalla Società Salamanca. Diversi Prelati Francesi sono egualmente partiti,

29 -Documenti diplomatiCI · Serie l · Vol. iL

ed anche gran parte del loro Clero, quantunque essendo così numeroso si renda

sempre ostensibiJe :per le .vie di Roma in modo rimarchevole.

Il Clero Francese non ha cell"tamente guadagnato a farsi qui conoscere, e salvo il carattere di moralità che gli si vuole generalmente attrilbuire, il suo ·contegno prepotente ed ineducato venne giustamente rimproverato. Dal canto suo d'altronde, se ha voluto giudicare con imparzialità non si mostrerà certamente soddisfatto della accoglienza qui ricevuta, non parlo dalla popolazione, che gli oppose il contegno il più uggioso quello cioè della indifferenza, ma dal Clero istesso della Capitale, dal quale si aspettava cordialità e deferenza. Nè miglior opinione esso porterà seco del Governo locale contro la di cui amministrazione si lamenta, perchè ferito nell'interesse. Diffatti la mancanza di misure per parte della polizia onde non prevalersi a suo carico nei prezzi, e nelle somministrazioni, la totale libertà lasciata agli industriali, le vessazioni di cui. furono oggetto alle Dogane i primi arrivati, siccome la esigenza in questa Direzione di Polizia dei relativi dLritti per il visto a Passaporti di gran parte di essi, ed ora soltanto impedita dopo i loro incessanti reclami, non sono al certo titoli che abbian loro cattivato la simpatia per un Governo dal quale •Si ripromettevano riguardi e cortesie. Queste convinzioni non modificarono però sufficientemente i sentimenti che li hanno qui tratti per sostenere il Governo del:la Chiesa, e non sdegnano pronunziarsi con espressioni veramente disdicevoli sia al loro grado, come alla. loro qualità di Francesi, contro il loro Governo del quale predicano imminente ·la caduta. Dicono che quanto hanno essi qui fatto è nulla in conlfronto di quanto loro resta a fare ritornando in patria, e che se ne vedranno tra non molto gli

effetti.

In mezzo a tutto questo agitarsi d'intrighi clericali, e fra questa immensa.

turba qui convenuta è ammirabile il contegno tenuto dal popolo Romano, che si

conservò affatto estraneo, e quasi vivesse in un mondo a parte, mostrandosi per&

nel tempo stesso alieno da qualsiasi dimostrazione od atto di disprezzo; esso ha

sempre dato prove di moderazione, ma non mai come in questa circostanza, e

questa sarà forse la impressione più penosa che nell'interesse della sua causa

conserverà il Clero estero qui. convenuto.

Non devo pure passare ,sotto silenzio una osservazione, che addimostra il

buon senso dei Romani in tutta questa quistione. Quando n R. Governo espresse

l'intenzione che i Vescovi dei RR. Stati non •convenissero a Roma ·per la festa

della Canonizzazione, molti credettero non abbastanza giustificabile tale misura,

e la tacciarono di debolezza, quasi si mostrasse temere la influenza dei suddetti.

Ora poi dopo il noto indirizzo non vi ha che una voce .per ricredersi, e per appro

vare un così saggio constglio nell'interesse medesimo della Religione, poichè come

avrebbero essi potuto far ritorno ·convenientemente alle loro sedi?

Mi ifeco a dovere di qui acchiudere una lettera del noto Agente al Ministero

dell'Interno (1).

P. S. -Ricevo in questo punto il Dispaccio Confidenziale di V. E. dell'll corrente col suo allegato ~2), e mi riservo a riscontrarla tostochè avrò conrerito col signor Marchese La Valette.

(1) -Manca. (2) -Non pubblicati. (1) -Manca. (2) -Manca.
421

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 286. Parigi, 18 giugno 1862, ore 14,55 (per. ore 16,05).

J'ai •communiqué la dépéche sur la Russie en y insérant d'après le conseil de Thouvenel une phrase de compliment pour la Cour de Pétersbourg. Je vous en rends compte par le Courrier d'aujourd'hui.

422

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 89. Costantinopoli, 18 giugno 1862.

Sa~bato scorso (14 giugno) ebbi l'onore di dar lettura e di consegnare copia a S. A. Aalì Pascià del dispaccio circolare che :t'E. V. degnavasi trasmettermi in data di Napoli 19 maggio ultimo (1).

Il Ministro degli Esteri ascoltò la lettura con sostenuta attenzione e visibile soddisfacimento. Mi diede l'incarico di porgere alla E. V. i più sinceri ringraziamenti, disse che: il governo italiano mostrò in quella difficile contingenza la più lodevole energia e cosi seppe impedire un'impresa la quale tutto chè diretta contro it vicini poteva colle sue « écZaboussures » incomodare i lontani.

Passando ad altro argomento S. A. parlò del viaggio de' Reali Principi in Oriente e si compiacque leg;germi alcuni brani d'un dispaccio direttogli da Rustem lbey, in data del 29 maggio, nel quale descrivevasi l'itinerario del loro viaggio desunto dalle conversazioni tenute colla E. V. e tra le altre cose vi si diceva: che i ReaH Principi visiterebbero alcune isole dell'Arcipelago, evitando però di toccare i porti della Grecia, e così pure nel!la loro escursione nel Mar Nero si fermerebbero soltanto nei porti ottomani.

Debbo osservare che i dispacci 31 maggio e 4 giugno ne' quali la E. V. annrunziavami il viaggio de' Reali Principi in Oriente (2) mi giunsero dopo la visita mia ad Aalì Pascià.

Sull'oggetto della presenza a Costantinopoli del Barone HtiJbner nulla di positivo mi è dato di trasmettere alla E. V. Tuttavia trova favore l'ipotesi d'un intervento offerto dall'Austria per porre un termine aUa guerra nel Montenegro e all'insurrezione nella Erzegovina. L'occupazione della Bosnia, paese già da gran tempo solcato dagli·intrighi austriaci, sarebbe adunque lo scopo che proporrebbesi in oggi il gabinetto austriaco; e tuttochè esso s'industrii a presentar la cosa sotto un aspetto favorevole al!la Turchia, la Sublime Porta non sembra disposta ad aecondiscendervi, e mi 1giugne da buona fonte, ch'essa .g~à da qualche tempo diffida dell'Austria atteso che ha forti motivi per sospettare che provveda di polvere il Montenegro e permetta eziandio che qualche suo officiale alla spie

cwlata vi s'introduca per dirigerne le operazioni. Del resto i recenti vantaggi riportati dalle armi ottomane nel Montenegro insupe11biscono questo governo e Io distolgono dal porgere orecchio a pacifiche proposte.

Solo per soddisfare al debito di fede! cronista mi J;>ermetto di accennare alla

E. V. che l'iniziativa politica dell'Austria nelle cose d'Oriente vuolsi da taluno spiegare col piano preconcetto ed appoggiato dalla Francia di prepararsi da queste parti un largo compenso all'eventuale cessione della Venezia.

Già da più mesi il governo ottomano diede promessa al go:verno sel'bo d'ispedire a Belgrado un plenipotenziario allo scopo di appianare molte difficoltà delle quali indugiandone l'aggiustamento, minacciavano trascendere a gravi conseguenze. La SUJblime Porta scelse per questa missione Aall-Bey, primo segretario dell'ambasciata ottomana a Parigi, giovane distinto e di moderatissimi sentimenti. Questo agente Serbo signor Ristich più e più volte sollecitò la Sublime Porta a lasciar partire il giovane diplomatico per Belgrado, ma questa trovò sempre nuovi pretesti per indugiarne la partenza. Or sono quindici giorni il s:ignor Ristich dichiarò ad Aalì-Pa.scià, che il governo Serbo avrebbe intimato lo sfratto delle famiglie musulmane dal suo territorio, se il plenipotenziario ottomano non si fosse presentato a Belgrado entro un dato termine.

Aalì Pa.scià parve commosso dalle minaccie, promise il sollecito invio del plenipotenziario e tuttavia fino all'ora che scrivo, egli non è per anco partito. Tuttavia urge un provvedimento giacchè i rapporti del governo serbo coll'ottomano sono talmente tesi che presto possono trascendere in aperte ostilità.

In data 14 corrente ebbi l'onore di trasmettere alla E. V. il se.guente telegramma ·cifrato:

« Consuls de Bucarest et de Ga:latz sont .sans instructions et sans fonds pour payer B ..... et B ..... (1) leur traitement. Comm. Cerruti n'a pas laissé d'ordre.s. Que faire »? (2).

(1) -Cfr. n. 335. (2) -Non pubblicati.
423

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE 80. Parigi, 18 giugno 1862.

Per mezzo del Capitano Hawermann ho ricevuto oggi il dispaccio di Gabinetto del 16 giugno corrente (3), con cui l'E. V. m'inoarica di rispondere al Governo Imperiale intorno alla comunicazione fattale dal Sig. Benedetti relativamente ai negoziati intavolati dal Gabinetto delle Tuileries con quello di Pietroburgo pel riconoscimento del Regno d'Italia.

Ho dato lettura e copia di questo dispaccio e della Circolare annes·sa, al Sig. Thouvenel, il quale trovò la risposta del Governo del Re convenevole ad un tempo e soddisfacente.

Il Sig. Thouvenel comunicherà, dopo aver presi gli ordini dell'Imperatore, il contenuto di questi documenti al Gabinetto di Pietroburgo, e non dubita che in seguito a questa comunicazione ogni ostacolo sia tolto al riconoscimento.

Il Sig. Thouvenel avrà cura di portare alla conoscenza del Governo del Re la risposta del Governo Russo, sia per mezzo del Sig. Benedetti, sia per mezzo della Legazione Italiana in Parigi.

(1) -Si tratta degli agenti ungheresi Buda e Berzenczy. (2) -Notazione marginale del Durando: • Provedere a questo ed informarmene •. (3) -Cfr. n. 416.
424

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE e RISERVATO 82. Parigi, 18 giugno 1862. Al dispaccio di V. E. sul riconoscimento della Russia ho fatto, d'accordo col Sig. Thouvenel, e in seguito a suo consiglio, alcune leggiere modificazioni, puramente di forma, di cui passo a renderle conto. In primo luogo furono tolte le parole de quelques pièces, perchè il Sig. Thouvenel non giudica prudente che si dica in un dispaccio ufficiale destinato ad esser portato a notizia del Governo Russo, che furono comunicati al Governo del Re gli stessi dispacci di Pietroburgo. In secondo luogo il Sig. Thouvenel consigliò d'aggiungere una frase di complimento per la Corte di Russia; e questa frase, posta dopo le parole: dans les négociations qui nous regardent, fu concepita nei termini seguenti: « et au succès

desquelles be souvenir des liens qui nous ont si longtemps unis à la Cour de Russie, nous fait attacher un prix tout particulier ~.

Infine furono mutate, anche per consiglio del Sig. Thouvenel, le parole: deux nations in queUe di deux pays.

Queste modificazioni e aggiunte non mi parvero di natura a provocare nuove istruzioni, e ho creduto utile anche per evitare un nocevole indugio, di dar corso senz'altro al dispaccio cosi modificato. Spero che l'E. V. vorrà darmi 1a sua approvazione e rimandarmi ad un tempo l'originale del dispaccio stesso contenente le mutazioni introdotte, e munito della sua firma.

425

IL MINISTRO A BERNA, JOCTEAU, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 269. Berna, 20 giugno 1862. J'ai l'honneur de mettre sous les yeux de V. E. une copie de la réponse que le Conseil cfédéral a faite à 'la communication que je lui avais adressée, pour appeler son attention S'Ur la supposition que des préparatilfs se poursuivraient dans le ,canton des Grisons, avec l'intention vraisemblable de renouveler la tentative d'une invasion dans le Tyrol. Le Gouvernement de Coire, à qui un rapport avait été demandé à ce sujet, avec l'invitation de redoubler de surveillance à la frontière, donne l'assurance la plus positive que les Autorités locales n'ont pas remarqué jusqu'à présent la moindre trace de préparati:fs de ce genre soit

de motivements suspects ou de dépòts d'armes, malgré toute la vigilance de la Police.

Bien que, pour le cas où il y aurait eu quelque chose de fondé dans ces

suppositions, j'eusse cru à propos de donner, à ma démarche auprès de M. le

Président de la Con:fédération, la forme d'une communication confidentielle, cette

réponse. du Gouvernement des Grisons a été analysée par le Bund, journal semi

officiel de la Chancellerie fédérale, dont l'artide ne manquera pas d'fHre reproduit

par d'autres feuilles. Cette pubUèité, à mon avis, au lieu d'avoir l'inconvénient

qui s'est produit dans d'autres circonstances, aura au contraire l'avantage de

donner une preuve de plus de la sollicitude que le gouvernement du Roi voue

aux moyens de prévenir toute tentative du genre de celle dont la prompte et

énergique répression lui a valu, de la parte des Cabinets de l'Europe, un suffrage

si unanime.

La visite que le Génératl Gariibaldi a faite dernièrement à Locarno n'a pas laissé l'impression qu'elle aurait assurément produite en Suisse, à l'époque, peu éloignée encore, où le bruit de velléités annexionistes s'y était si facilement accrédité. Le langa.ge du général a été trouvé, politiquement, si correct; il a excité à un tel point l'amour propre d'une population qui a une haute idée de ses institutions, que ce sentiment l'a emporté sur 1}es premières défi.ances. Un article malencontreux de la Perseveranza de Milan est venu cependant y redonner que1que prétexte: dans le récit qu'il a publié de l'accueil fait à Garibaldi, ce journal a omis toute la partie du discours du Président Battaglini qui protestait de la ferme intention des Tessinois de rester Suisses. Une feuille de Locarno en a pri~ l'occasion de renouveler ses récriminations et de déclarer que, si une annexion pouvait se réaliser, ce ne serait que après une sanglante conqu~te. Une publication de la Rivista Contemporanea, que du reste j·e n'ai pas lue, mais qui parait avoir discuté l'idée d'une annexion du Tessin, a bien aussi soulevé quelques rumeurs dans certains journaux. Mais ce langage de feuilles Italiennes que, dans l'occasion, j'ai soin de déclarer n'etre que l'expression d'opinions personnelles et tout à fait indépendentes de l'Autorité, n'a pas produit une impression qui mérite d'~tre signalée.

Le Consul de Sa Majesté à Genève ayant rfait un rapport à V. E. sur les élections qui y ont eu lieu pour J.a forrnation d'une Assemlblée chargée de reviser la Constitution, je n'ai rien à ajouter à ces indications, si ce n'est de vous faire connaitre, Monsieur le Ministre, que l'appréciation de M .. le Chev. Capello, est la m~me que celle qu'on fait généralement ici sur le résultat probable du revirement qui vient de s'opérer dans ce Canton. Cette ailliance temporaire des partis, pour le renversement de l'ordre de -choses dont M. J. Fazy a eu si longtemps la direction, aura, espère-t-on, pour résultat l'avènement d'une administration plus honn~te et plus morale, sans faire perdre, au parti vraiment libéral, la juste influence qu'il a acquise par 1es progrès incontestables dont le pays lui doit le bienfait.

ALLEGATO.

Berne, le 16 Juin 1862.

Aussitòt après la réception de la Note que Monsieur le Ministre d'ltalie lui a adressée le 5 courant, le Conseil fédéral s'est empressé d'en communiquer la substance au Gouvernement du Canton des Grisons, en lui demandant un rapport, et en l'invitant à redoubler de surveillance à la frontière.

Par lettre du 11/13 de ce mois, le Gouvernement des Grisons donne l'assurance la plus positive que les Autorités locales n'ont pas remarqué jusqu'à présent la moindre trace de préparatifs qui se poursuivraient sur le territoire suisse, en vue d'une invasion du Tyrol par des corps francs italiens, soit de mouvements suspects ou de dépòts d'armes dans le Grisons, malgré toute la vigilance possible de la police.

Le Gouvernement des Grisons déclare, en terminant, qu'il peut repousser d'autant plus décidément une pareille supposition, que dans toute la population grisonne de la frontière, l'on ne remarque aucune sympathie pour des tendances révolutionnaires de cette espèce.

Le conseil fédéral a l'honneur d'en instruire Monsieur le Commandeur Jocteau, en réponse à la Note prérappelée, et de renouveler à Son Excellence les assurances de sa haute considération.

Au nom du Conseil fédéral le président de la Conféderation

STAEMPFLI

426

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (ACR, Carteggi V.E. II, b. 21)

Saint-Gratien, 20 giugno 1862.

Benedetti che è giunto ieri a S. GraHen mi reca che V. M. l'ha incaricato

di dirmi ·che mi son fatto pO'ltrone perchè non scrivo.

Rattazzi ha continuamente mie lettere, e queste sono da lui rimesse a V. M.

Se al Re non ho parlato di quanto mi concerne, cirea alla mia posizione,

questo si fu per un sentimento di delicatezza e per non ripetere alla M. V. che

in seguito alla lettera inqualificabile del Mintstro della guerra la mia situazione

qui è divenuta falsa ed impossibile.

Io sono ben deciso a non abusare della bontà di V. M. ed a non arrecarle

seccature; parto sabbato prossimo per Torino, ove ho la .ferma convinzione ·che

tutto potrà accomodarsi per il meglio, essendo io animato da uno spirito di con

ciliazione e di giustizia, che cel'lto troveranno eco nel cuore affettuoso e leale

di V. M. ,

Debbo aggiungere per la verità che Rattazzi mi ha più volte assicurato per

lettera che al mio aa-rivo a Torino tutte le difficoltà verrebbero appianate a

mio pieno soddisfacimento, ma vi sarà sempre a lottare contro il maiiJvolere per

sonale ed ingiusto di Petitti, e contro il non possumus che il generale Durando

rimprovera al Papa e che gli serve mirabilmente in questa circostanza; sarà

quindi indispensabile che il Re manifesti altamente il suo ,buon volere a mio

riguardo onde mi sia resa giustizia e mi venga tenuta la ritratta promessa.

Sarò lunedì a Torino e mi lfarò premura di mettermt sUibito ai piedi di V. M.

427

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL SOTTO PREFETTO DI RIETI, MASTRICOLA

T. 193.

Là prego di trasmettere per via sicura il seguente dispaccio al R. Console 'l Roma.

On vient de m'assurer que pour le 5 Jui1I:et, jour anniversaire de l'entrée des Français, on projette à Rome quelque démonstration. Veuillez recommander au Comité la plus grande prudence. Jamais elle n'a été aussi nécessaire que dans ce moment.

428

IL PRESIIDENTE DEL CONSIGLIO, RATTAZZI, AL CONTE VIMERCATI (ACR, Carteggi V.E. II, b. 21)

Torino, 21 giugno 1862.

Non prendetevi pensiero di ciò che personalmente vi riguarda: quando

sarete qui verso la fine del mese si prenderà certo un temperamento, che valga

ad assicurare la vostra posizione.

Ho communicato al Re quanto mi scriveste per il trousseau del Principino

nascituro. Egli vi ringrazia, e mi disse di scrivervi, ,che pregassi a di Lui nome

la Contessa vostra moglie di provvederlo, essendogli plllr grato di farlo per la

Principessa sua figlia. Io compio quindi la commissione rivolgendomi a voi, onde

vogliate farne parola alla vostra Signora.

Non mancherò di far il possibile perchè le 200 azioni che voi desiderate

siano riservate pel Generale Fleury-se mi aveste fatto dire una parola un pò'

prima la cosa sarebbe stata assai più facile.

Vi ringrazio delle notizie, che andate tratto tratto comunicandomi.

429

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 291. CostantinopoU, 20 giugno 1862, ore 16 (per. ore 14 del 21). Dans la nutt du 15 Juin un conflit eut Iieu entre les Serbes et les Tures à Belgrade: l'intervention des Consuls arrèta l'effusion du sang, ainsi beaucoup de victimes des deux cotés. Les Tures se sont retirés dans la forteresse d'où le Gouverneur a bombardé la ville. Un commissaire Turc part aujourd'hui pour

Belgrade. Il est urgent un Agent Italien à Belgrade. On négocie un armistice dans le Monténégro sous la médiation du Consul de France.

430

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, DELLA MINERVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 292. Lisbona, 22 giugno 1862, ore 7,45 (per. ore 14,40). Aujourd'hui un courrier de Cabinet part d'ici avec une lettre du Roi de Portugal au Roi d'Italie pour demander la main de la Princesse Marie Pie. Le président du Conseil m'a demandé si je croyais qu'il y aurait quelque di:fficulté. N'ayant point d'instructions précises je me suis borné à exprimer mon avis

personnel, c'est-à-dire ,que je ne puis y voir aucune. Ce mariage serait accueilli avec enthousiasme ici.

431

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, DELLA MINERVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. RISERVATO S. n. Lisbona, 22 giugno 1862.

Riferendomi al mio telegramma cifrato in data di oggi (1), approfitto dell'oc

casione offertami da questo Ministro per gli Affari esteri, d'un corriere che

viene spedito per portare la lettera di S. M. il Re Don Luigi a S. M. il N. A. S.,

a fine di chiedergli la mano della Principessa Maria Pia di Savoia. Nell'annesso

in cifra al mio disp:11ccio n. 53 del 16 corrente che sarà pervenuto a V. x:. il

24 o 25, io faceva presentire come il Re Don Luigi fosse soddisfatto della risposta

condizionata data dall'Arciduca ALberto d'Austria alle prime aperture, che in

seguito ai consigli della Regina d'Inghilterra, hl Re di Portogallo aveva fatte

per iscandagliare le di lui intenzioni sulla possibilità di matrimonio colla Arci

duchessa Maria Teresa sua figlia. La lettera dell'Arciduca giunta or fa pochi

giorni è conforme al riassunto venuto per telegrrufo, e che io comunicai a V. E.

Il giovane Re Don Luigi anche prima di ricevere quella risposta desiderava che

essa fosse tale da permettergli di sciogliersi da ogni riguardo, che r>er deferenza

aveva usato verso Augusti suoi Parenti, che egli, trattandosi di negozio il quale

interessava i rapporti di famiglia, aveva creduto di consultare, seguendo in ciò

l'esempio del defunto di lui fratello il Re Don Pedro V.

Dal telegramma da me spedito il 30 aprile scorso (2) V. E. avrà rilevato come

il primo pensiero del Re Don Luigi fosse quello di unirsi in ·matrimonio colla Principessa di Savoia. Egli non dubitò mai che l'alleanza colla dinastia del Re d'Italia non fosse la più popolare in Portogallo, ove J.a ma.ggioranza grandissima vede ·in questa unione una garanzia, che le tradizioni liberali della famiglia di Braganza non sUJbiranno l'influenza d'una Principessa appartenente a famiglie regnanti, che non hanno come quella di Savoia precedenti e prove incontestabili di amore e di lealtà verso le istituzioni liberali che reggono i loro popoli.

Il Presidente del Consiglio fra le altre particolarità relative al progetto d'unione con un'Arciduchessa austriaca mi disse che l'Imperatore d'Austria, l'Arciduchessa Ildegarda e qualche altro membro della Famiglia Imperiale avrebbero voluto che quel matrimonio si effettuasse, anche in vista di ragione politica, onde impedire che il Re Don Luigi facesse cadere la scelta sopra la Principessa di Savoia. Ma pare che l'Arciduca Alberto, per ragioni sue prurticolari

o di famiglia, abbia esitato a dare una risposta definitivamente affermativa, porgendo così un desiderato e plausi·bile pretesto di rompere sul bel principio ogni negoziato.

Il Signor Marchese di Loulé, che, più d'ogni altro, prese interesse a formare quest'alleanza di famiglia, mi domandò se io credeva che per parte del Nostro Augusto Sovrano vi sarebbe stato qualche osta·colo. Non avendo istruzioni precise a ta·le riguardo non potei dare altra ri®osta se non quella proveniente da una mia opinione personale, vale a dire che io non vi scorgeva difficoltà alcuna,

prendendo in ciò norma dal discorso che su tale affare mi tenne il defunto Conte di Cavour al mio partire pel Portogallo, e da quanto ripetutamente mi disse il Marchese Bella Caracciolo, allora quando qui venne nella qualità d'Inviato Stracrdinario, essendosi egli espresso meco senza lfeticenze sulle raccomandazioni che gli vennero fatte dl trovar modo di intavolare trattative pe'l matrimonio della Principessa col Re di Portogallo. E si fu in seguito a tali istruzioni ed indizii che io credetti opportuno di seguire con occhio vigile ed attento ma discreto le varie fasi che ebbe il matrimonio del Re, i molti intrighi che il Partito clericale e reazionario non omise di fare per impedire l'unione coll'Italia e finalmente tutte le cure che ebbero il Partito liberale e gli uomini dell'attuale Ministero per condurre a felice compimento l'affare, fra i quaii occupano il primo grado l'attuale Presidente del Consiglio Marchese di Loulé, Zio del Re, e l'onoratissimo vecchio Generale Sà da Bandeira, Ministro della Guerra.

Dopo aver fornito a V. E. questi ragguagli non mi resta che esprimere la speranza che l'amatissimo Nostro Sovrano ravviserà nell'interessamento che ho creduto dover prendere in affare che tanto lo riguarda 'la mia sincera affezione per l'Augusta di Lui d:amiglia, e la convinzione che la Principessa troverà in quest'unione quella felicità sì ben meritata per le sue virtù. D'altronde il nostro Re conosce personalmente il Re di Portogallo e ne avrà potuto apprezzare nel soggiorno che fece in Torino quelle belle qualità che lo rendono così simpatico e' popolare. Difatti, egli non può ora mostrarsi ad alcun pubblico spettacolo senza essere fragorosamente e cordiaJ,mente applaudito, sopratutto dopo il recente atto di fermezza con cui fu ultimata la questione delle. Suore di Carità, il rinvio delle quali fu motivato dal:l'aver queste, contrariamente a quanto ha luogo in Italia, dato, forse anche involontariamente, pretesto a macchinazioni ed intrighi per parte del Partito clericale e reazionario, che per le sue tendenze va ogni dì più accostandosi al Partito Mi.guelista ed a•ssoluto.

Devo finalmente aggiungere che mi parve ravvisare in quest'unione delle due famiglie sovrane, unione che qui sarà vista con entusiasmo, un utile pure all'Italia, poichè essa certamente servirà a stringere vieppiù i vincoli di amicizia e di simpatia che esistono fra il Portogallo e l'Italia, simpatia di cui io ho sempre avuto costanti e non dUJbbie testimonianze.

(1) -Cfr. n. 430. (2) -Cfr. n. 293.
432

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 199. Torino, 23 giugno 1862, ore 11,20.

Portez à la connaissance de Monsieur Thouvenel que l'Ecole Polonaise sera fermée le 26 de ce mois. Des motifs parlementaires nous font désirer que la reconnaissance suive de près la communication de cette nouvelle.

433

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, DELLA MINERVA

T. 200. Torino, 23 giugno 1862, ore 11,30. La h:~ttre du Roi éle Portugal ,sera reçue avec la déférence qu'elle mérite.

Le pays a déjà accueilli très favorablement la nouvelle de cette alliance. Remerciez et rassurez le Président du Conseil.

434

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 295. Parigi, 23 giugno 1862, ore 16 (per. ore 18). J'ai communiqué à Thouvenelle contenu de votre télégramme d'aujourd'hui; le Ministre espère que cette communication hàtera la reconnaissance de la Russie et il a~gira en ce sens; mais par suites des négoci81tions rpendantes entre la Russie

et la Prusse il pense que la chose ne pourra se faire que dans une quinzaine .de jours.

435

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 297. Costantinopoli, 23 giugno 1862, ore 9,30 (per. ore 21,05).

J·e crois savoir que le Gouvernement Ottoman a invité l'Autriche à occuper Belgrade.

436

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (MRT, Carte Durando, orig. autogr.)

R. CONFIDENZIALE 82. Parigi, 23 giugno 1862. Oggi stesso ho comuntcato al Signor Thouvenel il contenuto del telegramma con cui V. E. m'informa che la scuola polacca sarà sciolta il 26 corrente, e che ragioni particolari farebbero desiderare al Governo del Re che il riconoscimento della Russia seguisse di breve intervallo una tale comunicazione (1). Il Sig. Thouvenel mi rispose che egli credeva in effetto ~che questa comunicazione gioverebbe a troncare gli indugi e che il Gabinetto Imperiale agirebbe in questo senso, ma soggiunse che in seguito alle negoziazioni pendenti in questo istesso momento fra Pietrobuvgo e Berlino non prevedeva che la cosa potesse aver luogo se non

fra due settimane. Intanto la comunicazione fu fatta oggi stesso al Gabinetto di Pietroburgo. Questo Ministro degli Affari Esteri, Ella ne può esser certo, mostra

il più grande interessamento ad ottenere il riconoscimento della Russia nel più

breve termine. L'E. V. ne avrà una prova novella nella determinazione presa dal

Governo Imperiale di dare un'altra destinazione al Console attuale di Francia a

Varsavia (1), di cui il Governo Russo non si mostrava contento. Il Gabinetto delle

Tuileries lasciò comprendere in questa circostanza a quello di Pietroburgo che

questa concessione gli era fatta un pò anche in corrispettivo del riconoscimento.

Alle espressioni di rimpianto usate anche ultimamente dal Gabinetto Russo verso

la famiglia dei Borboni di Napoli ed al desiderio manifestato dallo Czar, che la

Francia s'interessasse per ottenerle quello che la famiglia stessa 'chiama resti

tuzione dei suoi beni privati, il Sig. Thouvenel rispose che fino a tanto che Fran

cesco II sta in Roma il Governo Francese non può convenientemente rinnovare

le aperture già fatte a questo proposito al Governo Italiano quando era ancora

in vita il Conte di Cavour, ed aggiunse che queste pratiche potrebbero molto più

convenevolmente intavolarsi dal Ministro di Russia a Torino, quando Francesco Il

abbia abbandonato Roma.

Il Marchese di La Valette ebbe occasione di trattenersi più volte col Cardi

nale Antonelli, ed ebbe sabbato scorso un'udienza particolare dal ,Papa. Quando

parlò per la prima volta dopo il suo ritorno al Cardinale Segretario di Stato,

questi rispose in senso recisamente negativo alle sue nuove aperture. Ma in

seguito il linguaggio del Cardinale divenne più arrendevole e fu prestato più

docile orecchio alle proposte dell'Ambasciatore Imperiale. Anche il Papa non

dissentì di ascoltare e senza però compromettersi in impegni di qualsiasi natura

o dare lusinghe e speranze d'accomodamento, si mostrò, nella :forma almeno, molto più pieghevole di quanto si potesse credere. Pare che l'iillfluenza dell'Ambasciatore Austriaco a Roma non sia straniera a questa mutazione di linguaggio e d'attitudine della Corte Romana (2). Il Sig. Thouvenel crede egli pure che il Gabinetto Austriaco, avendo avuto voce delle nuove pratiche di cui il Marchese di La Valette era incaricato, abbia :fatto consigliare al Papa il contegno nuovo che assunse in questa circostanza. In questa udienza il Marchese di La Valette espose al Papa la proposta contenuta nelle sue istruzioni. In una udienza che avrà luogo in questi giorni, avrà probabilmente la risposta definitiva di Sua Santità. Il corriere contenente i dispacci relativi alla prima udienza non giunse finora a questo Ministero degli Affari Esteri.

(1) Cfr. n. 432.

437

IL SOTTO PREFETTO DI RIETI, MASTRICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 298. Rieti, 24 giugno 1862, ore 11,50 (per. ore 12,20).

Trasmetto la risposta del Ro Console a Roma:

« L'Ambassadeur de France vient de me exagérer la portée de la dépeche de V. E. assurant que la démonstration dont il est question doit etre sanglante; il m'a dit qu'on prendra les mesures nécessaires. De mon cOté je ne néglige rien auprès du Comité dans le sens que V. E. m'a communiqué ».

(1) Console francese a Varsavia era il conte de Ségur-Dupeyron.

(2) Cfr. S. !ACINI, n tramonto del potere temporale nelle relazioni degli ambasciatori austriaci a Roma (1860-1870), Bari, 1931, pp. 94-95.

438

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 92. Costantinopoli, 24 giugno 1862.

L'inatteso aspetto assunto dalla questione di Se11bia merita la più seria attenzione da parte nostra.

Dai ragguagli che cercai attingere alle fonti più pure risulta che il conflitto sorto tra Serbi e Turchi fu provocato da questi ultimi, e, come ebbi l'onore di esporlo in uno de' miei ultimi rapporti, già da gran tempo gli atti di violenza commessi dalle truppe irregolari musulmane ai confini turco-serbi aveano irritate quelle popolazioni, le quali, tuttochè frementi, erano tenute in freno dagli sforz1 che giornalmente faceva il governo sel'bo per scongiurare uno scoppio le cui conseguenze erano incalcolabili.

Dopo il conflitto del 15 e del 16 corrente l'opera misericordiosa de' consoli, i quali agirono concordemente all'eccezione dell'Austriaco, ottenne che l'effusione del sangue cessasse e che la calma si ristabilisse fra le irritate popolazioni, e potevasi anzi sperare che per via di transazioni si sarebbe raggiunto qualche riavvicinamento, al quale il governo serbo era dispostissimo, quando nella giornata del 17 la fortezza incominciò a gettare bombe nella città, le quali all'invero, dkesi, non abbiano prodotto gravi danni.

Il telegramma qui unito (1) che mi fu gentilmente comunicato dal signor Ristich, Agente di S. A. il Principe Michele, iPOtrà meglio che ogni altra cosa far conoscere quale fosse la situazione delle cose nella Serbia nella giornata di ieri e quali le disposizioni del governo di quel Principato.

Ebbi l'onore di annunziare alla E. V. co' miei telegrammi del 23 corrente il progetto della Sublime Porta di chiamare in suo aiuto nella Serbia truppe austriache (2). Il governo inglese si fece avvocato di questa proposta presso i gabinetti deJ.le maggiori potenze e ne ricercò il consenso. Lord Russell avrebbe esso stesso formulato il primo progetto, il quale consisteva nell'invitare l'Austria a mandare due reggimenti con alcuni pezzi d'artiglieria a Be'lgrado ed a delegare i primi segretari de' Rappresentanti delle grandi Potenze a Vienna in qualità di commissarii straordinarii a Belgrado. Questa proposta fu respinta dalla Francia e dalla Russia.

Non mi risulta che perciò le negoziazioni siansi rallentate, ma l'Inghilterra attende ad iscoprire altro mezzo termine coll'ajuto del quale realizzare il progetto, che tanto le sta a cuore, d'introdurre le armi austriache sul suolo turco. Non sembra che la Russia darà in verun caso il suo consenso, e la Francia non procederà altrimenti. Questa Ambasciata ebbe già incarico di rammentare alla Sublime Porta le precise stipulazioni del Trattato di Parigi, le quali non danno posto a doppia interpretazione.

Quantunque l'impulso a queste negoziazioni sia partito da Costantinopoli, tuttavia esse procedono con iscambio di telegrammi fra i gabinetti" d'Europa.

Nel caso poi con questo mezzo non si raggiunga il risultato che proponesi l'In

ghilterra, in allora si apriranno delle conrferenze speciali su questa questione

in Costantinopoli.

Voglio sperare che l'E. V. avrà avuto comunicazione intorno a quanto fin qui

ebbi l'onore di esporle dai gabinetti francese ed inglese. A me nulla fu per anco

detto su questo argomento. Domani alla ricorrenza dell'anniversario dell'ascesa

al trono del presente Sultano m'incontrerò con tutti i miei colleghi alla festa che

dà nella sua casa di campagna il Gran Vizir ed avrò l'opportunità di interpellarli

sulle presenti emergenze.

Il Principe Lobanoff sarà tra breve destinato altrove, ed il generale Ignatieff,

quello stesso che testè rappresentava la Russia a Pekino e vi lasciò fama di abi

lissimo diplomatico, prenderà questo posto. A tale cambiamento attrihuiscesi

grande importanza, perocchè 'vuolsi che la Russia inizierà o per meglio dire ri

prenderà una politica più vibrata a riguardo di tutte le questioni che in oggi

agitano l'impero ottomano. Il Barone Prokesch sta per partire per un lungo

congedo. Quantunque il conte Ludolf rimanga Incaricato d'Affari, il Barone

Hi.ibner avrà incarico di officiosamente attendere al disbrigo di parecchie que

stioni, al cui appianamento aveva messo ostacolo l'opposta azione de'l Barone

Prokesch.

(1) -Manca. (2) -Cfr. n. 435.
439

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (AST, Legazione Francoforte, cart. 5)

R. 34. Francoforte, 24 giugno 1862. La crise ministérielle de la Hesse vient de se terminer par une de ces étranges combinaisons qui au dire m~me des partisans les plus sincères de la Prusse, constitue une véritable mystification pour la politique du Cabinet de Berlin. En effet, pendant que l'Electeur avait l'air de discuter sérieusement avec les chefs du parti libéral certains points du nouveau programme ministériel, il chargeait en m~me tem,p.s un des partisans les plus connus de la politique réactionnaire de poursuivre secl'ètement la formation d'un Cabinet appartenant à cette dernière nuance, et ce n'est pas sans une profonde stupéfaction que l'on apprend aujourd'hui que cette reuvre de duplicité vient de s'accomplir par le rappel au pouvoir d'hommes dévoués à l'ancien ordre de choses qui sans pudeur pour leur passé comme sans scrupule pour l'avenir ont accepté le programme libéral le plus avancé, tel qu'il avait été proposé par leurs adversaires, comportant le rétablissement de la constitution de 1831 et la loi Electorale de 1849. Il est facile de prévoir ce que vont devenir les liibertés publiques entre de pareilles mains; mais le programme couvre les intentions secl'ètes; et après avoir laissé échapper toutes les bonnes occasions de faire prévaloir sa prépondérance politique, la Prusse ne peut pas ll'aisonnablement choisir le moment où l'on semble vouloir adopter la marche gouvernementale qu'elle a proposée, pour

chercher querelle à l'Electeur. Aussi, apl'ès avoir ainsi déjoué les plans du reste si mal définis et empreint's d'une si grande pusillanimité du Cabinet de Berlin,

l'Electeur a pris avec beaucoup de désinvolture la route de la... (1) où il va,

a-t-il dit, prendre les eaux, laissant à son étlrange ministère le soin de régir

l'Electorat comme bon lui semblera.

Toutefois, si la crise est pour le moment terminée, la Prusse n'en reste pas moins aux yeux de toute l'Allemagne Hbérale sous le coup d'une défaite morale d'autant plus sensible qu'elle atteint plus profondément son amour propre de grande Puissance. C'est sans doute sous cette impression ·et pour avoir son avis sur la situation, que le Roi vient de faire appeler par le télégraphe à Berlin son Envoyé à la Diète, M. d'Usedom, dont le libéralisme éclairé n'a cessé depuis plus de huit mois de s'élever contre tout ce que faisait le Cabinet Prussien non pas seulement dans la question Hessoise mais encore dans tous les actes de sa politique extérieure. Malheu~eusement il est tard pour que M. d'Usedom soit le juge écouté d'une situation complètement gatée aujourd'hui et dont on aurait pu tirer un si brillant parti si l'on eut suivi ses avis. D'après ce qu'il a dit au moment de son départ, il ne peut plus maintenant donner qu'un seul conseil, celui «de changer d'in•struments et de système ».

Les correspondances arrivées aujourd'hui de Paris et de Péter•sbo~g donnent comme imminente la reconnaissance du nouveau Royaume d'Italie par la Russie et la Prusse. L'opinion publique préjugeant déjà des motifs qui peuvent déterminer ces deux Puissances à un acte aussi important de leur politique, n'y voit pas seulement le simple fait d'une adhésion au nouvel ordre de choses; elle croit en outre y apercevoir les premiers symptomes d'une entente et communauté de vues politiques entre la France, l'Italie, la Prusse et la Russie.

440

IL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE S. n. Roma, 24 giugno 1862.

In relazione al telegramma, che ho avuto l'onore di trasmettere ieri a V. E., per mezzo del Sotto Prefetto di Rieti (2), mi J:"leco a dovere di informarla ·Che la communicazione ivi contenuta mi venne fatta dal Marchese di La Valette, prima che ricevesse i dispacci, che Ella si è compiaciuta inviarmi per lo stesso mezzo. Egli mi tratteggiò coi più tristi colori la trama ordita, quasi di un ricordo dei Vespri Siciliani, e mi agg~unse temere l'influenza del Partito Mazziniano. Cercai persuaderlo siccome questo, benchè rappresentato qui da un sedicente Comitato, non trovi adepti sufficienti, nè tampoco un uomo di azione capace di dirigerne i movimenti e gli feci osservare siccome il numeroso Partito liberale qui esistente, non solo condanni le mene di Mazzini, ma a·bbia bensì severamente riprovato il tentativo di Sarnico, e le improntitudini attribuite a Garibaldi, ·Confessione che mi venne fatta da molti dei suoi più ca'ldi amici ed ammiratori, che tanti se ne contano in Roma.

Il prefato Signor Marchese colse questa occasione per attestarmi di nuovo come egli fosse stato soddisfatto della attitudine riservata di questa popolazione

al di lui ritorno in Roma, e mi rae<:omandò caldamente di usare tutta la mia influenza, onde prevenire qualsiasi, anche pacifica dimostrazione, essendochè le sue istruzioni e quelle del Generale di Montebello accennavano ad una pronta repressione delle medesime, ad ogni costo, mentre il Governo Pontificio avrebbe scelto nuove vittime, ed a preferenza, tra le persone più patriote ed influenti. Mi aggiunse che niuno più di lui desiderava cocmerare al felice scioglimento della questione romana, ma me ne tacque i mezzi, e non legittimò tampoco le nostre speranze con prossime lusinghe: il punto sul quale fu veramente esplicito e si esternò francamente si aggirò sulle misure prese dal Comando francese per la repressione del brigantaggio, e sul concorso ancor più energico che sta per prestare a tale riguardo.

Non ho mancato di presentare al Comitato Nazionale le suennunciate considerazioni, e sono lieto di assicurare V. E., che venendo esse dal medesimo ,giustamente apprezzate, ebbi le più sincere dichiarazioni, che avrebbe con tutto l'animo assecondato le intenzioni del R. Governo, e quelle del Signor Ambasciatore. Mi perito tanto meno a ripromettermene un ottimo risultato, essendochè a certe diffidenze nutrite dall'alternarsi continuo di illusioni e disinganni, è subentrato nei più uno spirito di concordia e moderazione, degno veramente di un popolo che ha la coscienza dei suoi destini.

Non nascondo a V. E. che vi potranno essere delle eccezioni, e che siffatto sistema di compressione potrebbe parere a parecchi soverchio. Sono troppi coloro che soffrono, e che temono nuove vessazioni dal Governo Clericale, per continuare in così generosa abnegazione, ma per ora credo poter assicurare V. ·E. che la maggiorità del Partito liberale non uscirà dalla riserva che gli è imposta.

Ho pur conferito col Ma!I'chese di La Valette riguardo all'assassino Stoppa. Egli mi mostrò temere che la Giustizia Pontificia intendesse processarlo per delitto di sua competenza, e che la di lui consegna verrebbe perciò impedita: mi assicurò per altro che avrebbe prestato tutta la possibile mediazione nell'interesse del R. Governo.

Ho però ragione di credere che le indicazioni conosciute dal Signor Ambasciatore fossero anteriori ad incidenti successivi, poichè da persona benissimo informata, ed in relazione con questo Tribunale criminale, mi venne notificato quanto segue.

Quando la Francia reclamò la consegna dello Stoppa alle Autorità Italiane, il Cardinale Antonelli ha trattenuto di dar seguito alla domanda del Ministero dell'Interno, perchè intanto si vedesse se lo Stoppa aveva commesso nessun delitto pel ·quale potesse v·enir punito dai Tribunali Pontificii.

Le investigazioni fatte in proposito hanno portato un risultato negativo, cosicchè Monsignor Presidente del Tribunale ha già prevenuto il Ministro dell'Interno perchè ne riferisse al Cardinale Segretario di Stato, il quale, si crede, da un giorno all'altro darà corso alla domanda.

Pare che il concerto preso dal Fiscale col Cardinale Antonelli sia di consegnare lo Stoppa alla Polizia francese, insieme al denaro che gli venne sequestrato; epperò sull'avviso di Monsignor Fiscale il Presidente Carletti ieri mattina ha dovuto cassare un Rescritto col quale permetteva al Signor Baldini, rappresentante di Adami, a ritirare il detto denaro. Ciò stante, mi sono recato a tutta premura di portare a conoscenza del Marchese di La Valette le surri

ferite circostanze, affinchè riattivi presso il Governo PontHìcio le pratiche per

la pronta consegna dello Stoppa, non avendo più il medesimo motivi per

ritenerlo.

Contemporaneamente ho comunicato al Signor Ambasciatore il tenore del

telegramma di V. E. onde potesse convincersi siccome le intenzioni che animano

i due Governi siano identkhe su tale punto, tanto ;più le di Lei istruzioni

riflettendo questo Comitato, al quale sono eziandio dirette 'quelle della pre

fata E. S.

Qui compiegato mi reco a dovere di trasmetterLe una lettera del noto

Agente al Ministero dell'Interno (1).

P. S. -Faccio osservare a V. E. la differenza nel giorno segnatomi per dimostrazioni dal 5 al 3 luglio, che è veramente l'anniversario dell'ingresso dei Francesi in Roma.

(1) -Manca nell'originale. (2) -Cfr. n. 437.
441

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 299. Londra, 25 giugno 1862, ore 6,50 (per. ore 9,30). Mazzini est à Londres, quelqu'un l'a vu hier.

442

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. RISERVATO 11. Costantinopoli, 25 giugno 1862. Il signor Ristich, Agente di S. A. il Principe Michele di Serbia, si compiacque ragguagliarmi minutamente delle sue conferenze con S. A. Aali Pascià circa la grave questione di Serbia. Il Signor Ristich seppe tenere al Ministro degli Esteri Ottomano un discorso altrettanto dignitoso quanto fermo. Aali Pascià tra le altre cose avendogli detto parlando del sangue sparsosi per le vie di Belgrado: «Credete Voi che uccidendo alcuni Musulmani distruggerete la Turchia? :. Ristich rispose: « Crede V. A. che bombardando Belgrado Ella avrà distrutto la Serbia? ». Il signor Ristich mi disse confidenzialmente che il Principe Michele farà tutto quanto dipende da lui per evitare un conflitto, giacchè egli riconosce di non essere ancora disposto a sostenere una lotta che forse egli stesso più tardi avrebbe provocato; ma che l'ingresso degli austriaci in Belgrado, se dovesse proprio realizzarsi, sarebbe il segnale d'una generale insurrezione di tutti i Serbi. Sono informato che la Sublime Porta non si fa illusioni sulla gravità delle circostanze in cui versa. Fatta astrazione della questione di Serbia, essa trovasi tuttora a petto dell'interminabile guerra del Montenegro ove il successo d'oggi è distrutto dalla disfatta del dimane. Nella Siria esistono i germi a nuove sangui

nose scene. Drusi e Beduini in guerra tra essi si fanno amici allorchè possono violentare i Cristiani nel che sono certi di trovare anche al loro lato i Musulmani.

-30 - Documellli diplomatici • Serie I • Vol. II.

Le ultime notizie di Siria confermano quanto io espongo ed i fatti deplorabili che si citano ponno in breve assumere un carattere più generale. In Grecia a deviare il malcontento sulle cose interne meditansi dal Re dimostrazioni ostili alle frontiere della Tessaglia e la Sublime Porta tiene con inquietudine un occhio fisso anche su quel punto. Le misure finanziarie sulle quali facevasi gran calcolo per ristaurare la pubblica fiducia non produssero l'effetto sperato.

L'industria ed il commercio languono per l'incertezza che regna in ogni ramo d'amministrazione.

Or sono pochi giorni l'abbattimento era visibile nella più parte degli alti funzionari dell'Impero. Lo stesso Mehemet-Ali mandava de' suoi fidati alle varie Legazioni per raccogliere notizie sulle cose del Montenegro e su quelle di Serbia. Il Sultano sembra inclinato a procedere con grande moderazione ed a transigere nelle questioni le più irritanti. Ma pare prevalga un'influenza contraria, influenza tenuta risvegliata dal soffio, oso dire, mefistofelico dell'Inghilterra la quale spinge la Turchia a procedere arditamente nella via d'una violenta repressione ed a servirsi a questo fine delle armi austriache non bastando le proprie.

A riguardo della questione di Serbia debbo trattenere ora l'E. V. d'una circostanza che più c'interessa da vicino.

Mi venne fatto di sapere che da parte della Sublime Porta si comunicò ai Rappresentanti delle Grandi Potenze la nomina di Achmet Vefik-Effendi a Commissario straordinario in Serbia aggiungendo che interessavansi quelle Missioni a voler munire i rispettivi loro Consoli in Belgrado d'apposite istruzioni per facilitare l'azione di quel funzionario nella Serbia. Una tale comunicazione non essendomi stata fatta, comunicazione alla quale credo abbiamo diritto in forza della nostra qualità di segnatari del Trattato di Parigi, incaricai il Cav. Graziani di farne osservazione ad Aali Pacha. Questi si scusò dicendo: che quella comunicazione avendo un carattere affatto privato non credette fosse il caso di dirigerla anohe alla Legazione d'Italia ed aggiunse: che al certo appena si fosse trattato di prendere qualche provvedimento che interessi le stipulazioni del Trattato di Parigi non avrebbe mancato di farcene parte.

Oggi avendo occasione d'incontrarmi con S. A. Aali Pacha all'udienza solenne dal Sultano cercherò di accertarmi se la comunicazione surriferita abbia in realtà il carattere privato che le attribuisce il Ministro Ottomano degli Esteri e nel caso prevalga in me il convincimento contrario sarebbe mio pensiero dirigere una Nota alla Sublime Porta per riservare al Governo che ho qui l'onore di rappresentare tutti i diritti che gli sono assicurati dalle chiare stipulazioni del Trattato di Parigi.

(1) Manca.

443

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI (Al\I)

L. P. Costantinopoli, 25 giugno 1862. Le questioni tutte raccolte nella marmitta orientale bollono più che mai, e chi vi pone un dito si scotta. Le cose nella Serbia si dipingono con tetri colori.

Turchia e Serbia si pretendono reciprocamente provocate, e tutte e due ripetono la parte dell'agnello, ma dato anche che la Serbia non è ivi del tutto agnella, la Turchia per certo urla come il lupo. Le ultime nuove parlano di mosse ostili dell'armata turca contro le frontiere della Serbia e di minaccia di occupazione austriaca.

Questa però a mio avviso non potrà effettuarsi tanto facilmente, ed al certo avremo noi pure una parolina. L'Inghilterra spinge la Turchia ad ottenere da' gabinetti di Europa che le sia concesso di prevalersi di questa somossa. La Russia non si lascia indurre e probabilmente anche la Francia. Oggi v'ha gran festa da Fuad Pascià con pranzo e ballo. Vedrò riunito tutto il corpo diplomatico e potrò parlare ai miei colleghi. Un dispaccio ricevuto firmato Durando mi annuncia la nomina del marchese Caracciolo di Bella, figlio del principe Torella, al posto di Ministro a Costantinopoli. Egli verrà ad occupare questo posto nella seconda metà di luglio, quindi per l'epoca dell'arrivo qui dei Principi. Mi fò lecito di comunicarle confidenzialmente qui unito copia d'un rapporto che ispedisco oggi al Ministero degli Esteri (1}, invio i passaporti 'e protezioni accordate ai greci per anco esclusi dalla amnistia. Ben altre cose avrei a dirle, ma me ne manca assolutamente il tempo per oggi. Mi riserbo ad altro ordinario.

444

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE e RISERVATO 83. Parigi, 25 giugno 1862.

Vengo assicurato da sorgente degna di fede che il Partito Mazziniano intenda provocare prossimamente in Grecia un moto rivoluzionario.

Mi vien detto parimenti che il Generale Garibaldi abbia fatto chiamare presso di sè qualche suo ex-ufficiale che si trova attualmente in Parigi, e mi fu nominato un certo Maggiore Scott.

Ne informo per ogni buon fine l'E. V.

445

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI

T. 204. Torino, 26 giugno 1862, ore 15,30 (2,).

Repoussez toute sorte d'intervention Autrichienne en Se!rbie quelle qu'elle soit; mettez-vous d'accord avec la France sur cette importante question. Télégraphiez des nouvelles.

446

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 304. Costantinopoli, 25 giugno 1862, ore 19,15 (per. ore 11,35 del 2t3).

Agent Serbe me dit que la Turquie appuyée par l'Angleterre demande aux Cabinets des puissances garantes que les troupes autrichiennes entrent à Bel

grade. La Russie refuse. On a lieu de croire que la France fera de meme; elle a déjà rappelé à la Porte les stipulations du Traité de Paris. Agent Serbe s'adresse à nous comme puissance garante, il désire connaitre la t'IPnsée du Gouvernement Italien.

(1) -Cfr. n. 442. (2) -Cfr. n. 446.
447

IL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 305. Belgrado, 25 giugno 1862, ore 21,30 (per. ore 14 del 26). Le Commissaire turc quoique visiblement prévenu et partial, l'unanimité du Corps Consulaire semble l'avoir fait réfiéchir; il insiste pour que les Auto· rités serbes se mettent normalement en relation av:ec lui. Nous ferons nos efforts pour obtenir ce résultat. Les Tures en bombardant Belgrade ont rompu une Convention faite entre les Consuls, Pacha et ceux-ci, et en outre manqué aux assurances qu'il [sic] avait donné sous parole d'honneur. On prétend que l'Autriche est complice de cet inexplicable acte de vandalisme. L'Angleterre a demandé l'intervention de l'Autriche pour rétablir l'ordre à Belgrade. La Russie et la France ont repoussé cette proposition; c'était couronner toutes les aspJrations et les intrigues de l'Autriche. Il parait que la Prusse est favorable à la Serbie. Prince Michel a été très dur avec le Consul Autrichien, l'Autriche a demandé saHsfaction; aujourd'hui son Consul baisse le pavillon. Nous faisons démarches

pour persuader le Prince Michel à la donner; l'état des chos~s et l'intéret serbe l'exigent.

448

IL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 309. Belgrado, 27 giugno 1862, ore 7,20 (per. ore 23,35). Le Prince Miche! a fait offrir satisfaction au Consul d'Autriche. Le Conlmissaire Impérial a visité le Prince Miche!, les Ministres et Ies Consuls; il n'a pas encore commencé l'enquete sur le déplorable événement de Belgrade qu'il est chargé de faire. Une certaine inquiétude règne encore de part et de l'autre, les barricades ·sont toujours dans la ville et sont bien gardées. J'agis de concert avec tous mes Collègues qui me paraissent d'accord pour éviter un nouveau

confiit. Le Commissaire Impérial à commencé son enquete. Les relations ont été reprises de part et d'autre.

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IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (AST, Legazione Francoforte, cart. 5)

R. 35. Francoforte, 27 giugno 1862. Dans la séance d'hier l'Envoyé de Resse, sans entrer dans aucune explication

ni fOil'muler aucune réserve, a déclaré purement et simplement que son Souverain se soumettait aux décisions de la Diète concernant la question constitutionnelle de l'Electorat. Le Président, Ministre d'Autriche, a pris acte de la déclaration en exprimant la satisfaction de voir ainsi terminé le règlement de cette affaire.

En effet, si quelqu'un doit ètre satisfait de la manière dont s'est terminé le confl.it c'est sans contredit l'Autriche qui d'un còté, en maintenant son infl.uence sur les Etats secondaire.s, a su faire respecter l'Autorité de la Diète, et de l'autre, de concert avec la Bavière, a tellement bien souffié son ròle à l'Electeur de Resse que la Prusse, après avoir fait une pitoyable figure aux yeux de l'Allemagne en raison de son peu d'énergie, n'a plus aujourd'hui qu'à retirer ses troupes massées avec beaucoup d'apparat sur la frontière Hessoise, et dont les mouvements n'auront d'autre ~résultat que de peser lourdement sur le budget de l'Etat.

Pour tacher de réparer l'effet désast.reux qu'a produit sur l'opinion publique fa conduite du Gouvernement Prussien da~ toute cette affaire, quelques organes libéraux disent b'ien, il est vrai, qu'il s'agit maintenant de savoir comment l'Electeur va s'y prendre pour réaliser un programme libéral avec un Ministère rétrograde, et qu'alors la Prusse pourra reprendre son ròle avec plus de vigueur, mais la bonne occasion est manquée, et du reste avec les éléments dont se compose actuellement le Gouvernement Prussien le passé est là pour attester le peu de compte que l'on doit faire de l'avenir.

Quoique la récente réunion des délégués de différents Etats de l'Allemagne à Francfort n'ait pas eu, ainsi que j'ai eu l'honneur d'en informer V. E., de bien grands résultats, cependant l'annonce qu'une réunion beaucoup plus nombreuse et s'inspirant des memes sentiments de nationalité devait se tenir prochainement à Weimar, a vivement impressionné les Gouvernements secondaires qui se sont secrètement concertés pour savoir ce qu'il y avait à faire. L·e Hanovre a déclaré

~

que c'était un scandale de tolérer plus longtemps des assemblées discutant publiquement et ouvertement l'existence d'Etats souverains et proposant la forme de gouvernement que l'on devait y ·substituer. Le Wiirtemberg, la Bavière et les autres Etats du Sud sont du meme avis et auraient voulu que l'on adoptat que+ ques mesures de répression contre de pareilles tendances. Mais l'Autriche, dont l'opinion prévaut toujours sur toutes les autres, a pensé que le moment n'était pas encore venu de s'opposer à ce genre de manifestations, et il a été convenu qu'avant de prendre une détermination l'on attendrait que les événements prissent une tournure encore plus décisive.

P. S. -M. d'Usedom qui est revenu hier de Berlin n'en a pas. rappoirté des impressions bien favorables sur la marche et la durée du Ministère. En ce qui concerne la reconnaissance du Royaume d'Italie, il m'a dit que le Roi se montra!t toujours assez obstiné, ma1s que M. de Bernstorff la conseillait plus fortement que jamais en la présentant camme une nécessité politique dont tout le bon effet serait perdu en l'ajournant à plus tard, et qu'ìl espérait pouvoir triompher de la résistance de jour en jouir moirns vive de S. M.

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IL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. s. n. Belgrado, 27 giugno 1862. Sono giunto il 24 alle 3 del mattino a Semlino e mezz'ora dopo ero a Belgrado. Ho trovata la città attristata, quasi spopolata dal panico e dalla diffidenza che durano ancora, e non poteva essere altrimenti dopo un bombardamento non provocato, non minacciato, e che non era giustificato menomamente dalla situazione. Narrerò i fatti. 18 o 20 giorni or sono un gendarme serbo che conduceva alla polizia turca due musulmani arrestati per iscand!Io pubblico, passando dalla porta detta di Stambul fu insultato, e percosso gravemente dall'ufficiale e soldati turchi di quel posto, e benchè il Bascià Ascir 1°, comandante della fortezza, si negasse a dare al governo serbo la dovuta soddisfazione, quest'affare non ebbe seguito. Qualche tempo dopo due bosniaci s'altercarono, uno ferì mortalmente l'altro, che morì poco dopo, l'omicida fu arrestato dalla polizia serba e consegnato al Tribunale. Un altro giorno un Pandour serbo che conduceva dei condannati serbi alla polizia fu insultato gravemente da un ufficiale turco che comandava il Corpo di guardia di Stambul (porta di). Il Pandour dopo aver adempiuto il suo incarico ritornava pella stessa strada e visto l'ufficiale in una bottega vicino al detto corpo di guardia turco ,gli disse s'era ben lui che lo aveva poco prima ,ingiuriato; l'ufficiale rispose affermativamente ed il Pandour gli sparò contro colla pistola ma essendosi slanciato fra lui e l'ufficiale un individuo ch'era al servizio dell'Austria questi rimase ucciso dalla palla, e l'ufficiale illeso. Domenica 15 andante un giovinetto serbo fu assassinato dai turchi presso ad una fontana vicino alla Caserma turca della città. Un ufficiale, un interprete e qualche gendarme che le autorità serbe inviarono sul luogo per verificare il fatto furono accolti dai soldati turchi a fucilate: l'ufficiale e l'interprete rimnsero uccisi; allora la popolazione serba accorse alle armi ed assalì i Turchi dei differenti corpi di guardia, la mischia durò quasi tutta la notte e si deve all'intervenzione del Corpo Consolare il ristabilimento della tranquillità. Per ottenerla i Consoli proposero che tutti i posti occupati dalle truppe ottomane venissero sgombrati, che le truppe e gli abitanti turchi evacuassero la città e si ritirassero nella fortezza e che le cose dovessero rimanere in questo stato sino a che fossero giunte istruzioni da Costantinopoli. Il Bascià Ascir firmò questa convenzione assieme ai Consoli. nella notte del 15 al 16. La città era addunque ritornata in calma, le botteghe si aprivano e la popolazione già riprendeva tranquilla le sue occupazioni, ed i Consdli si riunivano per recarsi alla fortezza dal Bascià quando s'udì tuonare il cannone e piovere bombe e palle sulla città sorpresa ed atterrita. Il bombardamento durò senza interruzione sino all'l% pomeridiana essendo cominciato alle 8 1h del mattino del giorno 17 cioè pendente 4 ore e 314.

Dopo questo inesplicabile fatto il Bascià Ascir scrisse al Corpo Consolare promettendo, sotto la sua parola di onore, che non avrebbe più ricominciato il bombardamento se la fortezza non veniva seriamente attaccata con fucili e cannoni, eppure con grande sorpresa del corpo consolare e degli abitanti verso le 11 di sera cominciò di nuovo il bombardamento e continuò per mezz'ora circa.

Tutti i miei colleghi, le autorità serbe, e le genti del paese sono concordi nel dichiarare ·che nessuna •seria provocazione ebbe luogo per paJrte dei Serbi che potesse scusare quei due bombardamenti.

Nei conflitti avvenuti in città tra Serbi e Turchi ·Si calcolano a 50 circa tra morti e feriti la perdita dei primi, e poco meno quella dei secondi. Nei due bombardamenti non s'ebbero che 2 serbi feriti, per contro si calcolano da 200 a 250 case arse, distrutte o danneggiate. La casa consolare ha ricevuto una palla da cannone che ha traforato il muro della cucina e sortita per la finestra rovinò il tetto d'una casa vicina. Molte case immediate alla mia sono state ben danneggiate, e se il danno della città non fu maggiore lo si deve, da quanto intesi, all'imperizia degli artiglieri turchi e non alla loro umanità.

I miei colleghi sono unanimi nel biasimare l'inconcepibile, l'inescusabile determinazione del Bascià Ascir, che mi dicono essere stato, per questo fatto, dal suo Governo destituito.

Nessuno dei miei colleghi si è risparmiato. Tutti affrontarono con valore i pericoli del bombardamento e delle fucilate per far cessare il conflitto e ripristinare l'ordine o per dir meglio la tranquillità. Tutti agirono di concerto per richiamare la confidenza negli animi dei cittadini atterriti. L'ordine fu così ristabilito, e si mantiene, ma la confidenza nel popolo non potrà ritornare mentre vi saranno Turchi in Belgrado in istato di nuoce~re perchè l'atto crudele del Bascià ha provato che non si può avere confidenza alcuna in loro.

11 Governo serbo è stato sempre, da quanto mi fu assicurato, per la modera·· zione e saviezza. Le poche truppe regolari nè i cannoni di cui dispone non presero parte al conflitto e fu una mischia fra il popolo serbo, qualche gendarme, ed i borghesi e soldati turchi.

Le truppe regolari serbe sono adope~rat·e a mantenere l'ordine.

Queste cose ch'ebbero luogo pendente la mia assenza mi vennero raccontate da S. A. il Principe, da' suoi Ministri, da' miei onorevoli Colleghi d'un modo conforme ed unanime, ed anche da molti cittadini. Gli Austriaci in Vienna e Costantinopoli( non il Gerente il loro Consolato Generale che anch'esso apparentemente accusa i Turchi) ed i Capi ottomani da quanto pare si sforzano invece di invertire i fatti o di mitigarne l'importanza e l'ingiustizia.

Intesi anche che il detto Gerente si è staccato per qualche tempo da' suoi colleghi per agire separatamente. Questa condotta equivoca ed altri indizi infusero sospetti sulla lealtà del Governo austriaco in quest'affare.

Si è rimarcato che in quei giorni luttuosi si rifiutarono dagli uffici austriaci, e credo anche turchi, i telegrammi dei Consoli di Francia, di Russia e mi pare anche quelli d'Inghilterra e di Prussia che dirigevano ai rispettivi loro Governi ed ai loro capi in Costantinopoli. Non arrivarono, da quanto sembra, in Costantinopoli e altrove che le notizie che piacque ai Governi austria.co e ottomano di pubblicare fabbricate a modo loro, e l'E. V. capirà a qual ,fine.

Sin qui ho narrato ciò che avvenne nella mia assenza. Ora racconterò quel che si fece dopo il mio arrivo.

Appena giunto in Belgrado mi sono messo in comunicazione co' miei colle

ghi che trovai installati nei seguenti luoghi.

Il Console Generale di Inghilterra e di Russia sotto due tende di campagna

nella spianata che dalla Città mette alla Cittadella o fortezza; il Console Generale

di Francia sul primo bastione della fortezza sott'altra tenda di campagna. Il Con

sole di Prussia nella città in casa del Console Generale d'Inghilterra ed il Sig.

Gerente il Consolato Generale d'Austria nella sua Casa Consolare.

Il sig. Tastu Console francese si chiuse nella fortezza per rassicurare i Serbi

che 'i Turchi non avrebbero più tirato sulla ·città. Il Signor Vlangaly, Console

Generale russo, ed il Sig. Longworth, Console Generale Inglese, per rassicurare

i Turchi ·Che i Serbi nulla avrebbero intrap['eso di ostile contro la fortezza. Il

sig. Meroni, Console Prussiano, per rinfrancare gli animi dei pochi cittadini ri

masti giacchè la maggior parte della popolazione si è rifugiata in Semlino,

Panciovatz.

Vidi poscia il principe ed i suoi ministri. Il modo amorevole col quale fui

da tutti accolto mi ha sommamente commosso; ognuno mi ha dimostrato nei.

termini più lusinghieri il piacere che provava di vedermi fra loro.

Dacchè giunsi non mi sono più staccato dai miei colleghi. Quello di Francia,

di Russia, di Prussia, ma specialmente i due primi, sono d'avviso che i Turchi

non possono più rimanere in Servia se non sotto le leggi serviane, che le fortezze

devono essere sgombrate. L'avviso del Console inglese è favorevole sul primo

punto, cioè che gli abitanti turchi dovrebbero essere trattati come gli stranieri,

che quando si trattasse di questioni fra loro fossero giudicati da un loro capo,

e quando si trattasse di questioni tra turchi e serbi fossero giudicati dai Tribu

nali serbi. Ma è affatto avverso allo sgombro delle fortezze. Mi affretto però di

soggiungere che pare non pertanto convinto che le guarnigioni turche in Serbla

saranno un perpetuo pericolo di collisioni.

Io agisco in senso del Console di Francia, di Russia e di Prussia. Quello

d'Austria è per lo stato di cose esistenti avanti la collisione.

Del resto siamo unanimi nell'agire pel mantenimento della tranquillità e per

inspirare fiducia tanto ai Serbi, quanto ai Turchi onde evitare ulteriori disgrazie.

Alle 8 circa del giorno del mio arrivo giunse S. E. Akmet Vefyk Effendi che la Sublime Porta ha inviato in qualità di Alto Commissario per procedere, com'egli disse, ad una severa inchiesta e ripristinare l'ordine. Questo regnava e regna, dunque non ha più che da occuparsi dell'inchiesta; ma nonostante la somma premura che dimostra per adempiere la sua missione e mettersi in relazione colle autorità serbe, abbiamo dovuto con dispiacere misto a timore constatare che si curava forse più di formole, e frivole discussioni non atte per certo a rassicurare gli animi sulla di lui missione, che della severa inchiesta. Egli è inoltre evidentemente prevenuto ed influenzato contro i Serbi, ma l'unanimità e la concordia che dura più forte che mai del Corpo Consolare lo fece riflettere, e le cose finalmente pare che abbiano presa in oggi una piega più favorevole. L'E. V. vedrà dai documenti che ho l'onore di rassegnarle col presente la Dichiarazione preliminare del Governo Serbo, la risposta dell'Alto Commissario alla medesima, e la lettera colla quale il signor Garachanine cl ha comunicati questi due documenti. Io mi astengo da'l commentare la risposta del Commissario Impe

riale. L'E. V. la giudicherà, posso però assicurarLa che senza la sav!a e prudente condotta del Governo Serbo la risposta di S. E. Vefyk Effendi poteva produrre delle lamentevoli conseguenze. Il Governo serbo ascolta i consigli del Corpo Consolare, la cui maggioranza gli è tutta favorevole, ed egli lo sa.

Il Commissario Imperiale è uomo incontestabilmente abile ed ha fama di onesto funzionario, e, lo ripeto, il Corpo Consolare agisce in ogni cosa con ammirabile armonia ed unità d'idee, ma la confidenza non è punto rinata nè da una parte nè dell'alt!I'a. Non pertanto, torno a dirl-o, la tranquillità regna sia in Belgrado che nel resto del Principato, e nella fortezza.

Questo è il vero stato delle cose sino al giorno d'oggi. Converrà però che le Potenz.e garanti al cui giudizio è rimessa l'ardua questione politica che deve ridonare la pace alla Serbia, e dalla quale dipende anche l'avvenire di questo popolo non ritardi [sic] troppo la sentenza. Noi qui non ci occupiamo che di mantenere la tranquillità, calmare gli animi e facilitare le relazioni fra l'Autorità Turca ed H Governo Serbo, cioè della missione d'umanità e d'ordine. Frattanto il danno per i Serbi è immenso; il commercio di Belgrado già non troppo prospero è rovinato. La fiducia così necessaria è perduta. La città quasi deserta. Questo stato di cose non può durare senza che ne emerga un serio pericolo per la pace Europea. È perciò che non saprei troppo insistere sopra la necessità che venga senza ritardo risolta la quistione politica.

Ho già informato V. E. dei dissapori insorti fra il Principe ed il Gerente il Consolato Generale d'Austria ed ho anche partecipato che il Principe gli fece offrire le sue scuse. Ma sin oggi l'Agente austriaco nè si arrese all'invito del Principe di recarsi a riceverle, nè inalberò la sua bandiera.

Perdoni, Eccellenza, la fretta dello scrivere. Vorrei profittare d'un corriere che il Signor Garachanine spedisce a Costantinopoli. Non ho pertanto nè il tempo di rileggere, nè di copiare il presente, che lascio aperto onde l'Ill.mo signor Incaricato della Legazione del Re a Costantinopoli ne prenda conoscimento.

451

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO

T. 207. Torino, 28 giugno 1862, ore 9,30.

Reçu vos quatre dépeches (1). Marchez d'accorci avec la France et les autres Puissances non amies. Repoussez toute sorte d'intervention Autrichienne. Travaillez à ce que la forteresse de Belgrade soit évacuée par les troupes Turques, si ·cela a quelque chance. En tout cas tachez au moins que la question de l'ahandon des familles Musulmanes de la vill·e et du territoire serbe soit résolue favo

rablement aux Serbes.

(1) Cfr. nn. 447 e 448.

452

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE s. n. Torino, 28 giugno 1862. In risposta .al suo dispaccio del 18 corrente n. 81 (confidenziale e riservato) (1) mi pregio di spedirLe il dispaccio sul riconoscimento della Russia colle

modificazioni ed aggiunte che la S. V. Ill.ma fece d'accordo col Sig. Thouvenel per essere conservato negli Archivi della Legazione.

453

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 406. Berlino, 28 giugno 1862. Les négociations pour la reconnaissance de l'ltalie par la Russie suivent leur cours régulier. J'ai pu, gràce à la confiance que me témoigne un de mes collègues à Berlin, prendre lecture de la dépèche confidentielle adressée à ce sujet par V. E. à M. le Chevalier Nigra, dépèche qui a produit la meilleure impression sur l'esprit de M. de Thouvenel et du Baron de Budberg. Tout porte à croire que ce document obtiendra également les suffrages du Cabinet de St. Pétersbourg, et que la reconnaissance, dont l'utilité est déjà admise en principe, ne tardera pas à ètre proclamée, du moment où nos explications sont d'une nature qui sied à merveille à un Gouvernement qui, comme le nòtre, sait sauvegarder sa dignité et maintenir intact ,son programme politique. Hier, à une soiJrée ,chez le Comte de Bernstorff, ce Ministre m'a dit que la Russie ayant promis à la Prusse de marcher d'un commun accord sur cette question, il était surpris de la réserve que le Prince Gortschakoff mettait à la tenir au courant des derniers pourparlers qui se rattachent à l'envoi du Baron de Budberg à Paris. Le Prlnce Gortschakoff aurait l'air de vouloir amener les choses à ce polnt où le mérite d'un approchement avec l'It.alie reviendrait de prime abord à son Gouvernement, en s'attribuant la palme d'avoir entrainé la Prusse à sa suite. M. de Bernstorff savait, il est vrai, que nous avions répondu à la satisfaction du Cabinet des Tuileries et du Baron de Budberg; mais il ignorait quels étaient les points sur lesquels nous avions été mis en demeure de nous prononcer. Comme il m'avait été expressément recommandé de ne rien divulguer, parce que le Cabinet Russe tenait à prendre lui-mème l'initiative à Berlin, j'ai prétexté de mon ignorance. Néanmoins, j'ai exprimé la ferme conviction que, quelque fùt notre désir de renouer des relations avec la Cour de St. Pétersbourg, jamais nous ne transigerions avec qui que ce fùt sur les principes qui inspirent notre politique à la fois libérale et naHonale. Je ne me suis pas fait faute de laisser entendre à mon interlocuteur, que le moment semblait venu de sortir d'une situation expectante qui perdait de jour en jour de sa raison d'ètre, et que si la

Prusse avait lieu de supposer que la Russie voulùt s'attribuer le mérite d'avolr fait le premier pas vers nous, elle avait un moyen bien simple de se mettre sur

la meme ligne; .celui de nous faire à son tour sans plus tarder des ouverture1: · en un mot, d'agir spontanément sans attendre d'autres impulsions.

Le Comte de Bernstorff m'a répondu par ces mots: Quand on ne peut pas jaire ce qu'on veut, il jaut jaire ce qu'on peut. Si j'ai bien saisi sa pensée, il voulait peut-etre me faire comprendre que la décision de l'Empereur de Russìe exercerait une heureuse influence sur le Roi Guillaume et vaincrait enfìn ses irrésolutions. S. E., tout en m'assurant de ses bonnes dispositions, m'a cité quelques uns des argumens, si souvent réfutés, dont se servent nos adversaires. Un seul d'entre eux m'a paru plausible; heureusement il n'est que dilatoire. On craint id, tant que le Traité :de commerce avec la France n'est pas ratifìé par les Etats du Zollverein, de fournir un nouveau prétexte d'intrigues à l'Autriche et à ses adhérens. M. de Bemstorff .s'est résumé en disant: qu'avant de prendre un parti, il devait attendre les communications de la Russie; qu'e son desir était toujours que les deux puissances nous reconnussent simultanément.

Quelles que soient les difficultés qui restent à vaincre, tout laisse présumer qu'elles seront aplanies dans un avenir prochain. Et quant au Gouvernement Prussien, il aura bientòt un stimulant. J'ai été prévenu qu'à l'occasion du budget des Affaires Etrangères et à propos d'une augmentation de traitement affectée au poste de Turin, plus de 100 députés sont déjà d'accord pour demander la reconnaissance de l'Italie.

L'affaire de la Hesse semble etre terminée; mais il faut toujours etre en garde contre l'esprit malin et tracassier de l'Electeur. Son nouveau Ministère inspire peu de confìance.

(1) Cfr. n. 424 e allegato n. 416.

454

IL CONSOLE A BUCAREST, STRAMBIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 210. Bucarest, 28 giugno 1862. Ieri io riceveva dal signor Conte Greppi un telegramma cifrato, in cui fra le altre cose, era detto: « Certain Canini se prétendant chargé d'une mission secrète de la part du Roi va arriver à Bucarest. Défìez-vous de lui et faites le surveiller ». Oggi poi mi pervenne dallo stesso Canini, il quale, giunto il giorno innanzi a Braila colle Messaggerie Imperiali, fu impedito di sbarcare, il dispaccio che qui unisco, col quale il medesimo domanda la mia intervenzione (i). Io non posso persuadermi che il Canini sia stato incaricato di missioni qualsiansi e munito di alte commendatizie per me. Se ciò fosse, io ne sarei spiacentissimo, ma non potrei attribuirlo che ad errore od a dimenticanza delle condizioni personali dell'individuo di cui si tratta rispetto al Governo di questo paese. Quando io vi ·giungeva, alla fine di Giugno del 1859, trovai il Canini, che dimorava in Bucarest colla sua famiglia e dava lezioni di lingua e scriveva arti

coli nei giornali, in uno stato di sì febbrile irritazione contro il Principe Couza, i Ministri suoi e l'intera nazione Rumena, che il linguaggio suo più frequente

traducevasi in violenta declamazione. Forse era effetto di miseria, della quale

non saprei dire fino a qual punto lo si avrebbe potuto accagionare, mentrecchè

d'altra parte si può aver rincrescimento che il Governo di Valachia non abbia

saputo apprezzare il distinto ingegno di quest'uomo, e la perfetta cognizione

ch'esso aveva acquistata della lingua Rumena che parlava e scriveva più corret

tamente ed elegantemente che non i rumeni stessi, avendo anche già dato alle

stampe qualche opuscolo pregevole sotto l'aspetto letterario o storico e manife

stando il pensiero di occuparsi della compilazione di un dizionario, di gramma

tiche e di altri libri che tuttora mancano e sarebbero indispensabili per il pub

blico insegnamento, nel quale od in altre amministrazioni avrebb'egli potuto

rendersi benemerito.

Io raccomandando calma al signor Canini gli :Prometteva il mio appoggio

perch'egli potesse conseguire al più presto un utile ed onorevole impiego, ma

certo, stabilendo io allora appena le mie relazioni, non poteva adoperarmi

all'istante a favor suo.

Non scorsero molti giorni quando, pervenuta qui la notizia della pace di Villafranca, il Canini pubblicò un articolo intitolato L'uomo del 2 dicembre sì violento ed ingiurioso contro l'Imperatore Napoleone che l'Agente e Console Generale di Francia Stgnor Béclard, non trurdò ad indirizzare una nota ufficiale a questo Governo per chiedere un'esemplare punizione e riparazione. Canini fu immediatamente arrestato e poco dopo espulso da questi Principati. Dalmato egli o veneziano io non fui ufficialmente richiesto, nè ebbi ufficialmente ad intervenire, ma foss'egli pur stato suddito di S. M. io non avrei creduto di far altramente di quel che allora feci, recandomi ad esprimere al Principe Couza ed al mio collega di Francia tutto il dispiacere che io provava di che un italiano avesse fatto sì grave offesa al generoso e potente alleato del Re nostro Augusto Signore.

Il Governo Valaco credo eziandio abbia profittato volentieri di quell'occasione per sbarazzarsi di un uomo che gli cagionava inquietudine e timore specialmente per riguardo ai delicati suoi rapporti con altre Potenze.

Il Canini si concitò, quando seppe che io gli rifiutava la mia protezione che solo per lui era venuta a sollecitare qualche persona appartenente al partito più avanzato.

Il Principe Couza però, cui il Canini avea all'epoca della sua elezione, dedicata un'ode, gli usò benignità, provvedendo ai mezzi di trasporto del medesimo colla sua famiglia, fino alla frontiera, e facendogli inoltre rimettere 50 ducati d'oro, ossiano lire italiane 600, perchè potesse, secondo il desiderio che manifestava, ricondursi in Grecia.

Tutto questo io riferiva brevemente a codesto Regio Minis.tero col mio Dispaccio confidenziale del 26 luglio 1859, al quale compiegavo copia dell'articolo che valse al Canini qui la sua ultima disgrazia.

D'allora in poi io non seppi più nulla, essendomi solo stato fatto supporre che il Canini dall'Italia, ove si era recato, conservasse qualche relazione politica

o corrispondenza giornalistica con uomini del partito più avanzato in Bucarest, mentre in pari tempo mi si assicurava che costì si fosse avviato per buona via ed occupasse il suo ingegno colla cooperazione sua alla redazione di giornali moderati, del che io mi rallegrava.

Senza ripetere qui circostanze relative al passato del Canini che mi furono riferite nel tempo, ma la mia memoria non sufficientemente ritenne, debbo però aggiungere che in Bucarest qualche persona stimabile mi aveva posto in sospetto di lui, quasicchè fosse uomo di assai dubbia fede politica, lacchè ben può essere errore o calunnia. È .fatto ·costante però che il Canini progettava la creazione in Bucarest di un grande stabilimento di-educazione, raccolse firme e denari, in questa città e nei distretti, e specialmente nei conventi, e che quindi nè potè essere dato principio di esecuzione a quel progetto, nè le .somme ricevute vennero restituite.

La venuta in Bucarest e nei Principati del Canini con apparenza di missione ufficiale non avrebbe potuto che recar danno al mio Ufficio e sfregio a me che per fatti male compiuti o male apprezzati, indipendenti da tutta la mia buona volontà, da tutto il mio zelo e dal mio patriottismo fui già sufficientemente compromesso. La venuta di lui in questi tempi in cui o per propria naturale infingardaggine o per timori inspiratigli ad arte dal di fuori, questo Governo è in a1Iarme per sognate imprese di ungheresi e polacchi, per sognate spedizioni di armi, segrete missioni ed altre simili avventure, ed il fatto stesso dell'ostacolo frappostosi in Ibraila al Canini prova che questi non fu obliato, oppure fu segnalato dall'Agente Rumeno o da Polizie estere in Costantinopoli, mentre la Francia e l'Italia si vorrebbero porre in sospetto per le voci che i ·giornali spargono del possibile sacrificio di questo paese a riscatto della Venezia, mentre si usano rispetto ai forestieri, severità di passaporti, di polizia e di dogane quali non sono più in niun altro paese civile, e pochi giorni dopo la perpetrazione di un atroce delitto che il partito dominante ben vorrebbe, almeno per morale responsabilità, ascrivere a colpa dei liberali, contro dei quali votò poteri discrezionali al Principe, e ritenuta memoria del decreto di espulsione che fu emanato contro il Canini e dei motivi che vi diedero luogo a soddisfazione di doveri internazionali verso Potenza che rimane intima alleata nostra, la venuta suddetta, dico, l'ho creduta moralmente e politicamente impossibile.

Epperciò ho subito ieri spedito un telegramma al Regio Vice Console in Braila col quale l'ho pregato di dire al Canini che io non credeva dover assecondare la di lui domanda e lo consigliava invece a retrocedere od a recarsi altrove.

Spero sarò dall'E. V. approvato.

(1) No11 allegato.

455

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, A VITTORIO EMANUELE II

T. 311. Parigi, 29 giugno 1862, ore 12,40 (per. ore 13,55). Le Ministre de Portugal m'annonce officiellement que le Roi son Souverain

a envoyé le 22 à V. M. une lettre pour le prier de lui faire l'honneur de lui accorder la main de son Auguste fille la Princesse Marie Pie.

456

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 310. Parigi, 29 giugno 1862, ore 14,05 (per. ore 16,20). Gortschakoff a annoncé au Ministre de Naples à Pétersbourg que le Gouvernement Russe allait reconnaitre l'Italie. Le courrier qui doit porter à Paris la réponse de la Russie est attendu pour mercredi. Thouvenel n'a aucun doute sur le sens favorable de cette réponse. Le Ministre m'a annoncé que la réponse du Gouveil'nement Pontificai aux propositions de La Valette est de nature à exclure tout espoir de négociation avec Rome. Pour ne pas gater la position que cette [réponse] de la Cour de Rome fait à la France et à l'Italie, Thouvenel pense qu'il serait de toute nécessité d'empecher les démonstrations que le Parti Maz

zinien tente d'organiser à Rome et ailleurs. Le Colonel Pianciani est l'un des organisateurs et on tache d'obtenir la participation de Garibaldi.

457

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 208. Torino, 30 giugno 1862, ore 15. Le Ministère a eu hier une majorité de 216 votes contre 85 dans la loi des crédits provisoires. Nous connaissons les projets de démonstrations à Rome et avons pris les mesures qui sont en notre pouvoir pour les détourner. Garibaldi est en Sicile, jusqu'à ce moment ne donne point d'inquiétude. Nous avons prévu toute sorte d'éventualité extérieure et intérieure que sa présence pourrait provoquer et nous sommes en mesure d'empécher toute tentative. Quant aux invasions des volontaires par les frontières des Etats de Rome on est sur les gardes et on a renouvelé tous les ordres nécessaires. L'Ecole des Polonais est fermée et les armes retirées; ces individus se il'endent en Angleterre, à l'exception de 13 qui restent ici comme émigrés et 4 qui désirent entrer dans nos Collèges. Commu

niquez cette nouvelle à M. Thouvenel et priez-le qu'on la télégraphi:e à Pétersbourg.

458

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AI MINISTRI A LONDRA, D'AZEGLIO, A BERLINO, DE LAUNAY, E AL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL

T. 209. Torino, 30 giugno 1862, ore 15. Garibaldi est en Sicile, jusqu'à ce moment ne donne point d'inquiétude. Nous

avons prévu toute sorte d'éventualité extérieure et intérieure que sa présence pourrait provoquer et nous sommes en mesure d'empecher toute tentative.

459

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, RATTAZZI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO (AST, Carte E. D'Azeglio, orig. autogr.)

L. P. Torino, 30 giugno 1862.

Mi prevalgo, di buon grado, di una favorevole occasione, che mi si presenta per ringraziarLa delle notizie, ch'Ella ebbe la compiacenza di darmi colla gentil.ma sua rimessami dal Sig. Marliani.

Sento con piacere grandissimo, che non vi sia alcun pericolo sulla durata del Ministero Palmerston per tutto l'anno corrente: non sarebbe possibile avere un ministero, che sia maggiormente favorevole alla nostra causa. Spero che nell'intervallo si potrà combinare qualche cosa per lo scioglimento della quistione Romana. In verità se si ritardasse più oltre a fare qualche passo su questo argomento, la nostra posizione sarebbe assai diffidle. Sin'ora noi abbiamo avuta forza, e potemmo dominare la situazione perchè si ritiene, che potremo diplomaticamente condurre a buon porto la cosa: ma se nulla si ottenesse, dopo qualche tempo, seguirebbe il disinganno.

Ieri abbiamo avuto nèlla Camera un voto di fiducia, il quale farà sì, che potremo essere per un po' di tempo assai più tranquilli.

Se Le si parla costì della visita di Garibaldi in Sicilia, rassicuri pure che non vi è alcun pericolo. In Sicilia. non può fare cosa alcuna, la sola cosa a temersi si è ch'egli voglia organizzare qualche spedizione: ma su ciò non si ommetterà la più rigorosa sorveglianza per impedire qualsiasi tentativo.

Il latore di questa mia è un cert~ Bosi toscano, il quale si reca costì avendo esposti alcuni oggetti di mosaico. S'Ella potrà giovargli in qualche modo Le sarò gratissimo.

460

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 312. Bertino, 30 giugno 1862, ore 2,44 (per. ore 8,15). Il me revient de très bonne source et confidentiellement que la reconnaissance

de la Russie peut etre considérée comme chose faite. Le Ministre Napolitain en aurait été déjà prévenu par Gortchakoff.

461

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 313. Costantinopoli, 30 giugno 1862, ore 8,35 (per. ore 15,10). L'Ambassadeur de France m'a dit que la proposition de l'intervention Autri

chienne en Serbie a été mise de còté; on attendra l'enquète à Belgrade, ensuite on tiendra des Conférences sur cette question à Constantinople.

462

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 93. Costantinopoli, l luglio 1862.

Ebbi l'onore, conformemente agli ordini trasmessimi da V. E., d'informarLa, Signor Generale, col mio telegramma d'ieri (1), che la propO'sta tendente ad un intervento austriaco in Serbia era stata posta in disparte. La Francia e la Russia vi opposero un veto assoluto, e la tranquillità che per Oil"a regna in Belgrado venne in appoggio della loro negativa.

Vefik Effendi, commissario straordinario ottomano in Belgrado, ha già trasmesso varii rapporti al suo governo e ritengo che il risultato dell'inchiesta si conoscerà fra breve tempo. Ma già è d'aspettarsi che il commissario ottomano manterrà il concetto che già si è formato il suo governo, vale a dire, che la provocazione partì dai Serbi. Questi, a mezzo del loro Principe, sostengono per lo contrario ch'essi furono li provocati, e stando al parere dei più imparziali, i Serbi non sarebbero temerarii facendosi a loro giro accusatori.

I rappresentanti delle potenze garanti in Costantinopoli saranno anzi tutto chiamati a pronunciare una specie di verdetto tra le incrociate accuse, quindi a trovar un mezzo termine per conciliare i diritti della Turchia colle esigenze del governo Serbo. Il principal punto in litigio è quello della giurisdizione a cui debbono essere sottoposte le famiglie musulmane dimoranti all'infuori del circuito, o per meglio dire, del raggio delle fortezze, e tale questione trova principalmente la sua applicazione in Belgrado istesso ove v'ha un quartiere musulmano che per la sua giacitura pretendesi dai turchi rinchiuso nel raggio della fortezza, mentre il governo Serbo crede aver motivi per sostenere l'opposto.

Vefik Effendi informò il Principe Michele che se le sue richieste peccassero di esagerazione, egli le avrebbe respinte risolutamente, ma che se fossero conciliabili colla dignità della Turchia esse avrebbero trovato benevolo accoglimento.

TI Commendatore Scovasso m'istruì per telegrafo del suo ritorno a Belgrado, e m'ispedì altri telegrammi per tenermi al corrente di quanto aveva osservato a Belgrado; su che non credo dover estendermi convinto qual sono che quel funzionario le avrà già trasmesso, signor Generale, i relativi rapporti.

Col mio rapporto del 4 giugno n. 86 (2) ebbi l'onore di riferire alla E. V. il felice esito della festa nazionale italiana del lo giugno, non che della cortesia usata dal Sultano ,alla Colonia italiana all'atto del suo ritorno in città.

Ho ·Creduto mio dovere d'esprimere con lettera a S. A. Aali Pa.scià i sentimenti di riconoscenza della Legazione del Re nonchè quelli di tutta la Colonia italiana.

In risposta a quella ·COmunicazione ricevetti una lettera di S. A. Aalì Pascià, che in copia mi affretto a trasmet·tere alla E. V. (3).

(1) -Cfr. n. 461. (2) -Non pubblicato. (3) -Non pubblicata.
463

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI-GAROFOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 234. Madrid, l luglio 1862. Il Ministro di Russia presso questa Corte, Signor Conte di Stakelberg, conosciuto favorevolmente in Italia pei suoi sentimenti d'affetto per la nostra patria, mentre stavasi ieri disponendo per recarsi alla villeggiatura di S. Ildefonso, ricevette un dispaccio telegrafico, nel quale viene invitato d'ordine dello Czar di recarsi immediatamente a Pietroburgo. Sparsa tal notizia, come è ben naturale venne dai più connessa con quella importantissima del prossimo riconoscimento del Regno Italico per parte del giran Impero Moscovita. Perciò, preso il pretesto di augurare felice viaggio al nobil Conte, mi recai da Lui onde conoscere se nella voce corsa v'era alcun che di vero. Il Conte Stakelberg mi disse non aver altra notizia che quella del telegramma, cioè di recarsi ad udire ordini del suo Sovrano, ma che non sapeva se era per destinarlo ad alcun comando militare, o se era per inviarlo ad altra missione diplomatica, parendogli però più naturale la prima che la seconda, giacchè per questa era a parer suo .inutile di farlo andare sino a Pietroburgo a prender ordini. Ma essendovi la probabilità che al giungere questo Diplomatico in Parigi riceva le istruzioni delle quali ora si trova privo, credo mio dovere di render informata l'E. V. di quanto sopra, potendo facilmente Ella conoscere se veramente nel viaggio del Conte Stakelberg si possa arguire ch'Egli sia il personaggio

destinato dall'Imperatore Alessandro ad annunziare all'Augusto Nostro Sovrano il riconoscimento del diritto degl'Italiani d'aver una patria da tutti stimata.

464

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 316. Parigi, 2 luglio 1862, ore 16,10 (per. ore 17,10). Réponse favorable de la Russie est arrivée. Attendez avant d'y donner pu

blicité l'arrivée de la communication que vous sera faite par le Gouvernement Français. Je vous confirme la réponse complètement négative du St.-Père.

465

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 317. Costa'l}tinopoli, 2 luglio 1862, ore 14,40 (per. ore 19,50). Les instructions Anglaises pour les conférences sur les affaires de Serbie sont basées sur le ·concours de toutes les Puissances garantes. Le Ministre d'Autriche manque encore d'instructions à cet égard. Je prévois que la Turquie voudra

chercher échappatoires pour nous exclure, mais je la surveille. Aali Pacha croit le Général Garibaldi en Sicile avec les Princes et s'en montre alarmé.

31 - Documenti diplomatici -Serie I -Vol. II.

466

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. RISERVATO 12. Costantinopoli, 2 luglio 1862. Già da più mesi il signor Commendatore Cerruti ebbe cognizione di un programma per la costituzione di una società in accomandita per azioni nominative allo scopo di stabilire linee di navigazione a vapore fra l'Italia e l'Oriente. La società sembra infatti essersi costituita sotto la. denominazione di Grande Compagnia !taio-Orientale della Marina Nazionale Mista ed una regolare notificazione venne fatta nel n. 45 del Giornale Ufficiale del Regno d'Italia. Come il programma annunziava fu nominato Agente di questa Compagnia in Costantinopoli un tal Avvocato Cesare Botta, ugualmente sconosciuto alla Legazione come al Consolato Generale di S. M. Or avvenne che un tale signor Antonio Canini, persona a me sospetta politicamente a seguito d'informazioni avute da Atene, qui giunse quale Ispettore della Compagnia forse allo scopo di ispezionare gli isolati Agenti della Società. L'Ispettore destituiva l'Agente signor Botta e nominava altri fra quali anche un tale dottor Barboglio persona mal notata per raggiri che non saprei definire se politici o delittuosi. Il signor Canini presentossi in Consolato, vi esibì una procura della Compagnia di navigazione, fece legalizzare la sua firma in diversi atti e subito dopo riparti alla volta de' Principati Moldo-Valachi. Il signor Cavaliere Strambio m'ha telegrafato che l'Autorità locale d'Ibraila avea rifiutato lo sbarco al signor Canini, e ch'egli invitato da questo R. suddito ad intervenire per ottenergli la facoltà di scendere in terra, avea creduto avere gravi ragioni per rifiutare. Non voglio omettere che fece sopra di me non poco impressione il vedere che l'Agente di una cosi importante impresa giungesse costà senza veruna commendatizia da parte del R. Ministero. Come lettera di introduzione il signor Canini avea poche linee dirette ad uno degli Impiegati di questo Consolato Generale dal signor Dottore Luigi ChieriC'i, altra persona, che s'io dovessi di nuovo qualificare pel tempo che dimorò in Costantinopoli, dovrei forse porre sulla medesima linea del signor Dottore Barboglio. (Vedasi lettera Confidenziale dell'H settembre 1861 di questa R Legazione a S. E. il Ministro per gli Affari Esteri). L'insieme di tutte queste circostanze mi sembra abbastanza grave perchè io mi permetta di chiamare sovr'esso l'attenzione di V. E. sotto il doppio aspetto politico e commerciale. Il R. Governo avrà certamente molti maggiori dati per poter conoscere se sotto aspetto di speculazioni commerciali si nascondano raggiri politici all'infuori della sua azione, io m'asterrò dunque da ogni osservazione a questo riguardo. Ma dal punto di vista commerciale non posso tacere a V. E. essere cosa spiacevole che un'impresa della maggior importanza si valga dell'opera di persone tanto

sospette da legittimare la sfiducia dei Capitalisti esteri i quali vorrebbero forse concorrere all'acquisto di azioni.

Se per caso V. E. credesse opportuno che il pubblico venga diffidato a questo riguardo, io La pregherei voglia avvertirmene telegraficamente perchè troppo importa al nostro avvenire commerciale d'impedire tutto ciò che può nuocere al credito Italiano (1).

467

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE 13. Costantinopoli, 2 luglio 1862.

Riferendomi al mio rapporto confidenziale del 2,5 giugno n. XI (2), mi pregio di far conoscere alla E. V. che trovandomi il 25 ultimo, al palazzo di Dolma Bagtché per presentare i miei omaggi a S. M. il Sultano in occasione dell'anniversario del suo avvenimento al trono, mi accostai a S. A. Aall Pascià e gli chiesi: perchè non fosse stata indirizzata a me pure una comunicazione, da lui fatta ai rappresentanti delle grandi potenze circa l'invio di Vefik Effendi a Belgrado. Esso s'iscusò dicendo: che quella comunicazione aveva un carattere assolutamente privato. Gli rammentai in allora che il mio governo, trovandosi tra le potenze firmatarie del trattato di Parigi, non poteva essere un solo istante posto in dubbio n suo diritto di prender parte alle transazioni tutte, dipendenti da quell'atto pubblico.

La sera istessa potei accertarmi, da quanto mi disse l'ambasciatore di Francia, che infatti quella comunicazione aveva un carattere privato, sia, e l'E. V. voglia perdonarmi questa particolarità, per il formato della carta su cui fu scritta, sia per essere interamente vergata dalla mano istessa di Aali Pascià. Contuttociò se simil sorta di comunicazioni avessero a ripetersi, tuttochè trasvestite sotto la forma suindicata, crede['Ò d'interpretare le intenzioni di V. E. coll'avvertire il Ministro Ottomano degli Affari Esteri che io non posso assistere indifferentemente a simile scambio d'intelligenze tra la Sublime Porta ed i rappresentanti delle grandi potenze e quindi protesterò contro l'esclusione della Legazione del Re mio Augusto Sovrano: è crederei d'aver tanto più motivo di agire così per la convinzione in cui -sarei che quel modo di corrispondenza sarebbesi solo adottato come pretesto a tenermi in disparte (3).

Qui mi viene in acconcio d'avvertire l'E. V. che S. A. Aalì Pascià mostrasi sempre più a noi contrario. Sono infatti accertato che il Sultano istrutto del prossimo arrivo dei Reali Principi in Costantinopoli, ha tosto mostrato desiderio di offerire una delle residenze imperiali a dimora delle LL. AA. RR., desiderio che fu combattuto da Aalì Pascià col pretesto che i Reali Principi viaggiando incogniti, non era il caso di fa.re loro tale offerta.

(1) -Notazione marginale del Durando: • Télégraphier qu'il s'abstienne d'encourager des entreprises et des individus salliS avoir une recommandation toute spéciale de ce Ministère •. (2) -Cfr. n. 442. (3) -Notazione marginale del Durando: « Non è questa la prima volta che si fa questa specie di gherminella -Approvare •.
468

L'INCARICATO D'AFFARI A STOCCOLMA, MIGLIORATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 137. Stoccolma, 2 luglio 1862.

Non è molto tempo che un Ukase imperiale russo abolì tutte le feste per anniversarii di vittorie riportate in guerra, ma eccettuò la commemorazione della battaglia di Poltava, ove, come l'E. V. lo sa, le armi svedesi avendo a Duce il Re Carlo XII furono schiacciate dalle soverchianti forze di Pietro il Grande. Fu adotto a motivo di questa eccezione che da quella vittoria datò la grandezza politica dell'Impero; e ciò fu risposto dal Ministro russo Sig. Dachkoff a questo Ministro per gli Affari Esteri, il quale fecegli delle osservazioni in proposito.

Il partito qui liberale, ed anzitutto anti-russo che ha inalberata la bandiera del progresso non si è ·Contentato di quella ragione, ed ha voluto vedere nel procedere della Russia una provocazione al risentimento nazionale, festeggiando la maggiore delle sventure svedesi. Volendo pertanto prendere questa occasionè per suscitare nella nazione un movimento patriotico il partito liberale ha risoluto di convocare gli abitanti della Capitale per questo medesimo anniversario di Poltava, dare a questa riunione un carattere di festa nazionale, ed aprire in quel giorno (8 corrente) una sottoscrizione per innalzare un monumento alla memoria del Re Carlo XII.

Uscì ne' giornali a questo proposito or sono due giorni un lungo articolo, dal quale estrassi quanto segue:

«Il y a dans la vie des nations des journées de triomphe, comme des journées de malheur. Celle de Poltava en fùt une pour la Suède -elle le fùt aussi rpour l'Europe, elle arreta l'essor de la civilisation, et le libre développement des grandes idées politiques. Il a fallu attendre plus que l'espace d'un siècle avant que l'arbre foudroyé ne se couvrit d'un nouveau feuillage.

« Par une mesure exceptionnelle notre voisin de l'Ouest [sic] a résolu de continuerà feter le souvenir de la fatale journée. Sans vouloir en faire une journée de deuil, sans avoir l'intention d'adresser aucun défì, nous allons en Suède la célébrer aussi pour rendre un pieux hommage à ceux de nos ancetres qui ont payé de leur liberté et de leur vie leur dévouement à la mission historique de la Suède.

«Le Chef qui conduisit ces héros au combat, le brave parmi le.s plus biraves, le Roi chevaleresque dont l'image est vivante dans le cceur de tout suédois n'a pas encore de monument sur la terre suédoise; dans la fete à laquelle nous convions le public nous faisons un appel à la nation afìn de réparer cet impardonnable oubli par des dons volontaires ec. ec. ».

Io fui indirettamente interpellato se essendo per quel giorno invitato aJ pranzo avrei accettato. Non esitai a declinare quest'offerta per considerazioni di convenienza diplomatica, e sovratutto perchè fra i toast che si proporranno alcuni, non ·v'è dubbio, saranno rivolti contro la Russia, e non sarei maravigliato che parole pure di biasimo, quantunque fuori di luogo, venissero pronunciate contro di noi da un partito che non avendo altro sentimento politico, che l'odio al russo, vede con dispiacere, da quanto ne dicono i giornali, il prossimo riconoscimento del Regno d'Italia per parte della Russia.

Stimolatore principale, e capo di queste cose è il Sig. Yordan Zaklltchyne, quel polacco di cui tenni parola a V. E. ne' miei dispacci Nn. 95 e 114 (1).

Non dubito che l'animo ardentissimo di questo agente, e l'implacabile suo odio contro il dominatore della sua patria daranno alla festa un carattere oltre ogni dire ostile verso i Russi.

Questa è la sola nuova di qualche rilievo che sono in grado di dare all'E. V.

Il Conte di Manderr-strom è partito jeri per curare la sua salute in Germania. Quasi tutto il Corpo diplomatico è già assente, e fra pochi giorni saranno pur partiti quelli fra i colleghi che ancora trovansi qui.

Verso il 12 del corrente il Re partirà per la Scania, di là si recherà a fare una visita al suo amico il Monarca danese, e quindi anderà in Norvegia, ove si tratterrà tutto il mese di settembre.

469

IL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 320. Belgrado, 3 luglio 1862, ore 8,12 (per. ore 12).

J'ai envoyé à V. E. deux rapports du premier et 3 courant (2), le premier par occasion, le second voie d'Autriche, avec un Memorandum aux Puissances garantes du Gouvernement Serbe et l'h:istoire des événements. Le Commissaire impérial continue l'enquète à sa manière. Tout est tranquille dans la ville, dans la Serbie on attend avec patience la décision de la Porte et des Puissances, mals si elle n'est pas favorable la paix n'est pas assurée. Les troupes turques qui sont à la frontière ont demandé des vivres en Serbie et on les leurs a donné; ceci prouve la modération des Serbes. Le Prince Miche! a rendu visite au Commissaire impérial, on ne connait pas encore leur entretien. L'Autriche a évidemment manqué son coup car maintenant il n'est plus question de son intervention en Serbie. Dans l'affaire pour l'évacuation des forteresses nous aurons favorables d'après ce que je peux en juger d'ici, la France, la Russie, la Prusse et jusqu'à un certain point l'Angleterre. Je n'ai pas encore reçu des nouvelles de la Légation du Roi à Constantinople. On a dit ici qu'Aali Pacha a donné lieu au Comte Greppi de protester.

470

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 321. Parigi, 3 luglio 1862, ore 12,15 (per. ore 13,46,1.

Veuillez me dire si la lettre du Roi de Portugal est arrivée.

(1) -Non pubblicati. (2) -Mancano.
471

OTTONE, RE DI GRECIA, A VITTORIO EMANUELE II (ACR, orig. autogr.)

Atene, 3 luglio-21 giugno 1862 (1).

Connaissant les sentiments que Votre Majesté nourrit pour la Grèce, Je m'empresse de Lui en exprimer Ma plus cordiale et sincère reconnaissance. Mon vceu le plus ardent, c'est de pouvoir faire pour Mon pays ce que Votre Majesté a fait pour le Sien. Les sympathies de Votre Majesté et de l'Italie sont un grand encouragement, et Votre concours rendra Ma tàche plus facile.

Le Lieutenant Colone! Demetrius Botzari, fils du célèbre Marco Botzari, offi.cier très distingué de Mon armée, et qui possède toute Ma confiance, aura l'honneur de remettre cette lettre confidentielle à Votre Majesté. Je La prie de donner toute créance à ses paroles, et de vouloir hien désigner la personne de Sa confiance avec laquelle il pourra conférer sur les affaires de l'Orient, et sur l'appui que Nous pouvons espérer, pour parvenir à la déliv~Xance des chrétiens de l'Orient, et à l'unification de la race grecque sous un gouvernement libre et chrétien.

Je saisis cette occasion pour renouvelex à Votre Majesté les assurances de

Ma haute estime et de l'inaltérable amitié avec lesquelles Je suis, Monsieur Mon

Frère, de Votre Majesté le bon Frère.

472

GIOVANNI D... BULZO A VITTORIO EMANUELE II (ACR)

Atene, 3 luglio 1862.

Finalmente il nodo gordiano fu sciolto. Il colonnello Bozzaris parte per Torino, portatore d'una lettera del Re Ottone per Vostra Maestà. Questa è prova che non ci siamo ingannati [sic].

Ora che la lettera è scritta, un nuovo orizzonte si apre ai popoli dell'Oriente.

Quest'oggi soltanto sono giunto in Atene, e perciò non sono ancora in grado di

ragguagliare Vostra Maestà sull'affare di cui mi incaricò il Generai Ti.irr. Con

prima occasione mi permetterò di sottoporre il ragguaglio del mio operato.

Ho l'onore di dirmi di Vostra Maestà, Sire

Umilissimo Portinaro

473

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 323. Berlino, 4 luglio 1862, ore 13,52 (per. ore 16,30).

Je viens d'apprendre confidentiellement par Bernstorff que la reconnaissance de la Prusse est admise en principe par le Roi; mais avant d'etre annoncée défi

spondente al 3 luglio (calendario gregoriano): la supposizione che tale data sia sbagliata(C?ST;'S KEROFILAs, La c;;recia e l'Italia nel Risorgimento Italiano, Firenze, 1919, p. 183) viene,

qumd1, ad essere smentita.

nitivement elle est encore subordonnée à une réponse de notre part à une dépeche envoyée aujourd'hui à Brassier. J'écris par la poste. La reconnaissance de la Prusse ne sera pas simultanée avec celle de Russie, mais suivra de près si notre réponse est satisfaisante. Un attentat a été commis à Varsovie contre le Grand Due Constantin.

(1) Questa lettella porta sull'originale la data del 21 giugno (calendario giuliano) corri

474

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 407. Berlino, 4 luglio 1862.

Je sors du Ministère des Affaires Etrangères où j'avais été prié de me rendre.

Le Comte de Bernstorff se référant à l'entretien qu'il avait eu avec moi peu de jours auparavant (dépeche N. 406) (1) m'a rappelé quelle avait été sa surprise de voir la Russie, malgré ses promesses d'une entente commune, procéder avec un certain mystère dans ses pourparlers relatifs à la reconnaissance. Il avait fait interpeller le Prince Gortschakoff (2). Un télégramme arrivé hier lui avait fourni des explications conçues dans des termes plutot satisfaisants. Le Comte de Goltz lui mandait que ne doutant pas des intentions de la Prusse sur une question qui avait déjà été discutée entre les deux Gouvernemens, le Cabinet de St. Pétersbourg avait cru pouvoir entamer les négociations par l'entremise de la France, sauf à en communiquer le résultat à Berlin. Les communications y relatives parviendront dans cette ville demain 5 Juillet. Le Cabinet de St. Pétersbourg, content de nos déclarations, s'était prononcé en notre faveur, et il ne pouvait dès lors retarder l'accomplissement d'un acte, dont d'ailleurs l'opportunité était indiquée, dans un moment eù le parti de l'action semblait cherc::ber à pousser la Péninsule dans des voies aventureuses. Il exprimait en meme tems le désir de voir le Roi Guillaume adopter la meme ligne de conduite, et dans ce but le Feldjager, porteur des déterminations du Czar, était autorisé à attendre 24 heures à Berlin, pour laisser à Sa Majesté le tems de prendre ce parti.

Le Comte de Bernstorff trouvait inusitée cette sorte de mise en demeure. Aussi avait-il été résolu que la Prusse agirait pour son propre compte. Il m'a ensuite donné lecture d'une dépeche qu'il allait adresser au Comte Brassier et qui déjà avait été approuvée par le Roi. Comme elle sera entre les mains de

V. E. en meme tems que ce rapport, je m'abstiens d'en résumer le contenu (3). C'est évidemment un document destiné à la publicité et calculé pour désarmer autant que possible l'opposition qui s'élèvera dans les rangs de nos adversaires. Mais il a sourtout été rédigé pour ca1mer l'esprit timoré du Roi Guillaume, et pour ménager ses sentimens conservateurs et monarchiques.

J'ai répondu au Comte de Bernstorff, après l'avoir remercié de ses bons sentimens à notre égard, que je me plaisais à lui rendre cette justice que dans

la lecture il n'accentuait plus certaines conditions inadmissibles que dans nos

conversations particulières j'avais repoussées tout d'abord. Mais j'ai ajouté que,

sans vouloir piréjuger ce que ferait mon Gouvernement, il me semblait difficile,

pour ne pas dire impossible, qu'il put donner d'autres assurances que celles con

tenues dans son programme du 20 Mars et dans sa circulaire du 19 Mai; que

j'espérais par conséquent, si notre réponse éta.it conçue dans des termes généraux,

glissants sans appuyer sur les deux questions brulantes de Rome et de Venise,

que le Gouvernement Prussien saurait en apprécier les motifs, comme nous

saurions tenir compte dans une juste mesure des embarras de sa position, et qu'il

comprendra, entre autres, que nous ne saurions rien retrancher de notre pro

gramme et partant nous lier les mains pour l'avenir.

Monsieur de Bernstorff m'a laissé comprendre qu'il s'agissait ici d'une ques

tion de forme plutòt que de fond, et qu'il espérait que notre réponse serait

rédigée de manière à faire une bonne impression sur son Souverain. Il savait

parfaitement ce qu'en politique valent Ies déclarations; mais il fallait avoir entre

les mains des pièces justificatives, de manière à prévenir de trop vifs froissemens

de la part des Etats Confédérés, et du parti Catholique. Pour me donner unt!

idée des difficultés qu'il rencontrait dans ses efforts; il m'a confié que, la semaine·

dernière, ayant saisi le Conseil des Ministres de cette affaire, il avait rencontré

chez quelques uns de ses collègues de la rés-istance précisément à cause de l'effett

facheux que la reconnaissance de l'Italie produirait en Prusse sur le parti conser

vateur et catholique.

Après m'etre convaincu que le Roi ayant déjà donné son approbation à la

dépeche du Comte de Bernstorff, Ies modifications que je proposerais ne pour

raient etre prises en considération, qu'en outre le Cabinet de Berlin ne voulait

pas agir simultanément avec la Russie, que les assurances qu'on nous demandait

étaient de forme plutòt que de fond, et que par ctmséquent nous avions une

certaine latitude dans la rédaction de notre réponse; j'ai engagé le Ministre des

Affaires Etrangères à expédier sans retard son courrier à Turin pour que sa

démarche ne perdit pas tout caractère de spontanéité. Les communications de la

Russie attendues ne devaient en rien changer le détermination du Roi quant à

la -simultanéité; cela m'ayant été dit d'une manière péremptoire, un délai de

vingt quatre heure.s était donc inutile. Il pouvait meme devenir dangereux en ce

sens, qu'illaisserait à nos ennemis le tems d'intriguer et de replonger Sa Majesté

dans ses irrésolutions. Il importait qu'un premier pas fflt fait ojJiciellement. Lors

meme qu'un premier échange de notes n'aurait pas immédiatement le résultat

désiré, les pourparlers seront du moins engagés; et je ne doute pas que conduits

avec le tact qui distingue V. E., ils n'aboutissent à bon terme.

Pour ne pas nous exposer à des négociations prolongées, V. E. pourrait peut·etre me transmettre en substance par le télégraphe les passages principaux de

son projet de réponse; je les soumettrais au Comte de Bernstorff et, s'il était

nécessaire, je travaillerais à le convertir de plus en plus à notre point de vue.

Lorsque la reconnaissance sera décidée en fait comme elle l'est déjà en principe, le Gouvernement Prussien désire ne pas donner trop d'éclat à cet acte afin d'effaroucher le moins possible l'opposition. Aussi nous demandera-t-il de nous abstenir de l'envoi d'une mission spéciale, et de l'expédition de nouvelles lettres de créance au chef de cette Légation. Il suffira que notre Auguste Souverain adresse au Roi de Prusse (« cette fois j'e.spère, disait en souriant le Comte de Bernstorff, que vous laisserez de còté l'appellation Roi Guillaume ») une lettre de notification de son changement de titre dans son nouveau Royaume. Si V. E. jugeait à propos que de mon còté je transmisse une note officielle de notification au Gouvernement Prussien, je lui serais reconnaissant de m'en transmettre un formulaire.

J'ai tout lieu de croire, que nous sommes près du but; mais je me tiens cependant encore en garde contre des espérances dont la réalisation pourrait etre retardée. Il faut se souvenir qu'à Berlin le terrain est mouvant et bien accessible

• aux menées de l'Autriche et de ses acolytes.

(1) Cfr. n. 453.

(2) -Cfr. Die auswiirtige Politik Preussens, 1858-1871, II, 2, nn. 466, 468, 469. (3) -Cfr. Staatsarchiv, III, n. 406 (è una nota ufficiale di Bernstorff a Brassier); Die auswiirtige Politik Preussens, 1858-1871, II, 2, n. 470 (per lettere riservate stesso giornoBernstorff a Brassier).
475

IL MINISTRO A BERNA, JOCTEAU, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 271. Berna, 4 luglio 1862. J'ai reçu la dépeche que V. E. m'a fait l'honneur de m'adr.esser en date du 25 juin échu, N. 1007 (1), et j'ai donné, à Mr. le Vice-Président du Conseil Fédéral, en l'absence momentanée de Mr. Staempfti, communication de la lettre écrite par le Receveur des Péages de Brusio, au Commandant du Bataillon de Bersagliers, cantonné alors à Tirano, en lui faisant remarquer qu'elle renfermait le témoignage que non seulement aucune violation de territoire n'avait eu lieu par sa troupe, mais que les meilleurs rapport avaient été échangés entre les officiers de ces corps et les Autorités Suis.ses. En me remerciant de cette communication, Mr. Fornerod m'a dit que le Conseil Fédéral venait effectivement de recevoir du Gouvernement des Grisons, en réponse à la demande qu'illui avait faite de vérifier la supposition mentionnée dans ma dépeche du 10 juin, l'a.ssurance que cette supposition n'était point fondée, de ·sorte que cet incident, qui a été l'effet d'une méprise, se trouve entièrement vidé. Mr. Fornerod m'a avoué de reste que c'est le meme receveur, signataire de la lettre si obligeante adressée au Commandant du 4ème Bataillon de Bersagliers, qui avait supposé confidentiellement au Conseil Fédéral, non pas positivement, comme je l'ai mandé, une violation de territoire, mais une occupation, qui ne s'est pas vérifiée, d'une portion de ces territoires dont la possession est, depuis de longues années, un sujet de contestation entre les deux états voisins. Mr. Staempfti a eu l'obligeance de me communiquer plus tard un rapport, adressé par le Président du cercle de Brusio, au Petit Conseil du Canton des Grisons, pour compléter la réponse précédente de ce gouvernement, soit sur le point de cette prétendue violation de territoire, soit sur la supposition de pré

paratifs et de menées dont on avait soupçonné l'existence dans le but d'une nouvelle tentative d'invasion dans le Tyrol. Quoique ce rapport ajoute peu de

chose aux informations antérieures, j'en ai fait prendre une copie que j'ai l'honneur de mettre sous le yeux de V. E.

Ayant lu dans quelques journaux que des Italiens, d'après les uns, ou des étudiants, suivant les autres, auraient proféré des cris inconvenants devant l'hotel du Comte de Chambord, j'ai cru devoir demander, à Mr. le Président de la Confédération, ce qu'il y avait de wai dans cette supposition. Il m'a dit que, si le fait avait eu quelque gravité, il l'aurait su officiellement et qu'H avait toute raison de croire qu'il ne s'agissait que d'un de ces légers désordres inévitables dans les foules et qui ne méritait pas meme d'etre mentionné.

Le Prince et sa sreur ont quitté Lucerne dès le 29 juin, jour qui avait été fìxé d'avance pour leur départ.

(1) Non pubblicato.

476

ISTRUZIONI DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CARACCIOLO DI BELLA

Torino, 5 luglio 1862.

Destinandola a rappresentare l'Italia nell'Impero Ottomano il Governo del Re ha dato alla S. V. lll.ma splendida testimonianza della fiducia che ispirano la sua capacità e l'operoso suo affetto alla grandezza ed agli interessi della patria italiana. Non ha d'uopo notarle diffatti, Signor Marchese, di quanto rilievo sia la missione che le vien affidata e quanto utili servigi Ella possa prestarvi al nostro paese.

Gli eventi di questi ultimi anni, quelli che di presente succedono in alcune parti della Turchia, danno alla quistione di Oriente un carattere di gravità che giustamente preoccupa le potenze Europee. L'Italia specialmente non può a meno di rivolgervi l'attenzion sua e le sue sollecitudini tanto per le conseguenze che le cose orientali possono avere nel sistema politico e nelle alleanze d'Europa, quanto per la posizione che il Regno Italiano occupa nel Mediterraneo e nell'Adriatico ossia in due mari che costituiscono per cosi dire la sua atmosfera vitale.

Noi non dobbiamo pertanto rimanere estranei a nissuna delle grandi quistioni che si agitano o venissero a sorgere rispetto alla Turchia nè rinunciare a quel .grado di influenza che ci è assegnato dalla nostra situazione e dalla natura delle nostre relazioni colla Porta. Ciò d'altronde che è per l'Italia una necessità ed un dovere è in pari tempo un formale e positivo nostro diritto. Quanto riflette l'indipendenza e l'integrità territoriale dell'Impero Ottomano e la posizione sua giuridica nel concerto europeo direttamente ci riguarda. Le stipulazioni del trattato di Parigi del 30 mrurzo 1856 non permettono dubbio a questo proposito. Esse conferiscono a tutte le potenze garanti eguali diritti ed eguali doveri.

Non debbo tacerle però, Signor Marchese, che l'esercizio di questo nostro

diritto, che il Governo del Re ha acquistato a titolo oneroso, in pratica ha incon

trato per il pa•ssato ed incontrerà forse ancora difficoltà non poche nè leggiere.

Per motivi diversi e che sarebbe inutile l'accennare alla di Lei perspicacia l'In

ghilterra e l'Austria si mostrano altamente gelose della nostra ingerenza nelle

cose della Turchia. Gli intrighi dell'Austria, e l'adito che essi trovano nei timori del Gabinetto Britannico han .già fatto sì che la Sardegna venisse esclusa dall'intervenire nella quistione della Siria col futile ed irragionevole pretesto che la condizione di quei paesi era stata regolata da atti anteriori al trattato di Parigi, ·come se questo trattato non avesse creato per l'Impero Ottomano un nuovo diritto pubblico, e l'intervento armato di altre potenze non toccasse l'indipendenza della Turchia. Cosi pure noi non fummo compresi nelle Commissioni internazionali mandate a studiare i confini del Montenegro e ad investigare le condizioni dei Cristiani della Bosnia, nè chiamati alle conferenze che approvarono le proposte della prima di quelle Commissioni. Gli ostacoli che in tali congiunture si affacciarono potendo riprodursi reputo necessario, Signor Marchese, di segnarle alcune norme generali che le siano di guida nella sua condotta e nel suo linguaggio. Possono esservi quistioni di poco momento come sarebbero piccole rettificazioni di frontiere specialmente in Asia, o leggiere modificazioni d'interesse puramente locale nei rapporti flra il Governo Ottomano e le provincie vassalle. In simili casi converrà astenersi da soverchi impegni quando il Ministro del Re non fosse chiamato alle Conferenz·e dei Rappresentanti delle potenze garanti, procurando però che il non intervenire abbia l'aspetto di una volontaria astension nostra e non costituisca un precedente dannoso ai nostri diritti. Questo procedere largo e faC'ile nelle piccole cose lungi dal nuocere alla nostra influenza farà sì che noi abbiamo maggior vigore ~d autorità maggiore nello esigere di essere partecipi dei comuni accordi nelle quistioni di più alta importanza.

Diffatti quando si trattasse dei rapporti internazionali della Turchia, dell'ordinamento delle provincie vassalle, d'interventi diplomatici od armati in alcuna di esse, di essenziali mutazioni alla condizion loro territoriale, allora l'Italia non potrebbe per verun conto rimanersene in disparte, ed il Rappresentante del Re a Costantinopoli dovrebbe con prudenza bensì e con moderazione, ma nello stesso tempo con fermezza, rivendicare nei consigli dei Rappresentanti delle potenze garanti quel posto che .gli è attribuito dai Trattati.

Sonvi particolarmente alcuni paesi i Principati Danubiani cioè, la Serbia, il Montenegro, e l'Egitto, per i quali noi abbiamo sommo interesse di osservarne l'andamento e di essere chiamati ad ogni atto che fosse inteso a regolarne o modificarne le sorti.

Nei Principati Danubiani si tratta della causa di una nazionalità che noi abbiamo cooperato a fondare, della formazione di uno Stato che potrà forse col tempo essere elemento di utili cambiamenti nell'assetto Europeo. Gli affari della Serbia e del Montenegro, potrebbero parimente in date eventualità collegarsi con serie combinazioni in Europa. L'Egitto ha per il commercio dell'Italia, ora tanto più che trovasi riunito in un solo Stato, un'importanza grandissima; la libertà del Mediterraneo, la ponderazione delle forze in quel mare dove principalmente si svolgono i traffici italiani essenzialmente dipendono dalle condizioni di possesso di quelle regioni.

Quanto succede adunque in quei paesi vuoi essere per l'Ill.ma S. V. oggetto di costante attenzione, ed Ella dovrà singolarmente invigilare perchè l'Italia sia rappresentata in tutte quelle trattative che a riguardo loro si tenessero dai Ministri delle Potenze garanti in Costantinopoli: qualora le risultasse che dalla Porta si facessero comunicazioni, o che aves·sero luogo conferenze che riflettessero quelle Provincie, la S. V. Ill.ma dovrà far valere i diritti del Governo Italiano a prendervi parte e fare rimostranze quando questi diritti venissero disconosciuti. Prima però di dar corso a proteste uffiziali la S. V. Ill.ma dovrà informare per il mezzo più celere il Ministero ed aspettarne le istruzioni affine di non C!Teare complicazioni e difficoltà che fol's.e gli officii del Governo del Re potranno tener lontane.

Per il passato il nostro concorso alle intelligenze comuni fu senza ostacoli ammesso per due soli dei paesi che le ho accennati ossia per i Principati Danubiani e per la Serbia. Ma finora non ci fu dato poter intervenire a pratiche nè per l'Egitto, nè per il Montenegro. Ella dovrà quindi giovarsi di ogni occasione che si presentasse propizia per trovar modo d'ingerirsene, procedendo tuttavia con molta cautela e prudenza massime riguardo al Montenegro per non alimentare i sospetti che già pur troppo son nutriti dal Governo Britannico. Così pure la S. V. Ill.ma farà cosa conforme alle viste del Governo del Re ed ai nostri sentimenti come potenza cattolica cetrcando di ottenere ·che, ritornando in -campo le quistioni della Siria e del Libano ed in generale dei Cristiani d'Oriente, noi non siamo più esclusi. Su questo punto però Ella dovrà in ogni caso, prima di movere un passo qualunque, intendersi col Rappresentante di Francia. Ella potrà eziandio presentire il modo di vedere del Ministro di Russia e procurare di rendercelo favorevole, ma conducendosi con grande riserbo per non correre rischio di impegnare prematuramente la politica del Governo del Re e mettere gelosia all'Inghilterra. Queste avvertenze intorno ai modi che la S. V. Ill.ma avrà a tenere nel tutelare costantemente ed efficacemente i diritti che ci sono guarentiti dai Trattati, mi son parse tanto più necessarie ed opportune che la situazione della Turchia e delle provincie dipendenti è piena d'incertezze e di pericoli, e potrebbe da un momento all'alt!To richiedere l'opera collettiva delle potenze. Le cognizioni sue politiche mi dispensano, Signor Marchese, dall'addentrarmi seco Lei nelle condizioni dell'Impero Ottomano. Quell'eterogeneo accozzamento di dieci o dodici razze diverse, di dieci

o dodici religioni o sette differenti e ripugnanti fra loro è travagliato da mali che lo vanno sfasciando ed ai quali il Governo Ottomano è impotente a recare rimedio. Il fanatismo religioso molto vivo ancora fra i Turchi anche nelle classi elevate, i vizi inerenti alla stessa religione musulmana, il fermento delle nazionalità soggette che aspirano ad indipendenza, sono impedimento insuperabile alla sincera applicazione di riforme civili che siano capaci di condurre una fusione delle varie parti dell'Impero in uno stato ordinato e tranquillo. Senza finanze regolate e senza un sistema ragionato di pubbliche imposte, in preda alle dilapidazioni ed alle corruzioni che dal Serraglio si estendono a tutto il ceto governativo, privo dei mezzi pecuniari per tenere in piedi un esercito disciplinato ed istrutto, il Governo Turco è ridotto ad uno :stato di ,spossamento che non gli permette di frenare le opposizioni che incontrano dovunque i suoi provvedimenti e la sua autorità. Intanto la sua esistenza è seriamente minacciata e dai disordini interni e più ancora

dal movimento che si manifesta in varie Provincie un tempo a Lei soggette e che furono costituite a Stato indipendente, sulle quali la Porta non conserva più che un vano titolo di alta sovranità. La posizione presa dalla nazionalità Rumena nei Principati Danubiani, le tendenze degli Slavi della Servia, della Erzegovina e del Montenegro, la guertra che già ferve in questi due ultimi paesi e che minaccia di estendersi anche alla Servia, le commozioni della Tessaglia a cui corrispondono gli sforzi del partito nazionale del Regno Ellenico giustificano la previsione di gravi avvenimenti, d'importanti deliberazioni delle Potenze.

Le prime quistioni che probabilmente si affaccieranno e che già quasi possono dirsi in corso saranno quelle della Servia, dell'Erzegovina, del Montenegro e dei Principati Danubiani. Credo per conseguenza tornerà utile alla S. V. Ill.ma il trovare qui raccolti, a scanso di lunghe ricerche nei primotrdi della sua missione, alcuni dati sulla posizione giuridica di quelle provincie e di conoscere sin d'ora l'opinione del Governo del Re intorno alle vertenze cui potranno dar luogo.

In virtù del Trattato di Adrianopoli del 1829 la Servia otteneva dopo varii anni di contese la sua autonomia, ma sotto la protezione della Russia. Un Hattisceriffo del 1830 regolava le condizioni di quel paese rispetto alla Porta. Per esso conferivasi al Principe Milosch Obrenovitch la dignità di Bass-kuez della Servia colla successione ereditaria nella sua discendenza mascolina immediata, e si accordava al Principato una amministrazione quasi del tutto indipendente. Fra le disposizioni principali di quell'atto eravi che nissun Turco potrebbe abitare in Servia fuori del raggio delle fortezze di Belgrado e di alcune altre in cui la Turchia conservava il diritto di guarnigione. Che i Turchi, discendenti la massima parte dagli Spahi e Giannizzeri fra i quali all'epoca della conquista era stata distribuita a guisa di feudi la miglior parte del territorio, avessero un anno di tempo per vendere ai Serbi i beni immobili da essi posseduti. Se qualche Turco non volesse vendere i suoi beni, i redditi ne fossero riscossi dai Serbi e versati alla Turchia insieme coll'annuo tributo che il Principato dovrebbe pagare alla Porta. In seguito a discordie intestine nel Principato la Turchia d'accordo colla Russia dava alla Serbia nel dicembre 1838 uno Statuto organico, U.stav, promulgato il 18 febbraio 1839. Questo Statuto restringeva i poteri del Principe specialmente rispetto alle relazioni coll'estero, e conferiva la somma degli affari ad un Senato di 17 membri i quali sarebbero nominati a vita, dovrebbero giurare di nulla fare contro l'autorità della Porta, e non potrebbero essere destituiti che in virtù di un giudizio confermato dal Governo Ottomano. Una rivoluzione costringeva nel 1839 il Principe Milosh a lasciare la Servia, e succedevagli non però più con titolo ereditario il Principe Alessandro Cara Giorgevitch figlio del celebre Czerni-Giorgio stato primo autore della ,guerra d'indipendenza della Servia contro la Porta.

Il trattato di Parigi del 1856 non mutava la condizione della Servia, salvocchè alla protezione della Russia sostituiva la guarentigia collettiva delle Potenze contrattanti e proibiva ogni intervenzione armata senza loro consenso. Del resto dichiarava che la Servia continuerebbe a godere le sue immunità conformemente agli Hattisceriffi Imperiali che le avevano determinate, e che per conseguenza formano ancora legalmente parlando il pubblico diritto di quel paese. Ma in ottobre 1858 l'Assemblea Nazionale Serba (Skupcina) destituiva il Principe Alessandro Giorgevich, e richiamava al Trono il Principe Milosh a cui succedeva il 21 settembre 1860 il Principe Michele, suo figlio.

Da quel momento nascevano tra la Servia e la Porta gravi differenze. In primo luogo la Porta pretendeva che la famiglia degli Obrenovitch avendo perduto il Trono nel 1839 la condizione del potere ereditario si era spenta. D'altronde il Principe Michele faceva adottare dall'Assemblea Nazionale e promulgava poi con Decreti del 29 agosto 1861 importanti mutazioni alle leggi organiche del Principato e segnatamente all'Ustav o Statuto del 1838. Le principali fra queste leggi risguardavano la successione al Trono, il Senato, l'Assemblea Nazionale e la Milizia.

La legge sulla successione non solo confermava il diritto ereditario ma conferiva al Principe la facoltà di adottare fra vivi o di designare per testamento un successore al Trono quando gli mancassero discendenti maschi. La legge sul Senato oltre al togliere l'inamovibilità ai Senatori dichiarava che il Principe solo rappresenta la Servia verso le potenze estere, conchiude trattati e stipula convenzioni.

La legge sulla milizia obbligando tutti i maschi dai 20 ai 50 anni a servire

o nelle truppe attive o nella riserva creava un esercito di 50 mila uomini circa. In somma si costituiva il Principe a vero Sovrano assolutamente indipendente dalla Porta e si fondava una forza militare superiore agli interni bisogni del paese.

La Porta protestava contro queste riforme specialmente contro l'autorità sovrana assunta dal Principe, e contro la formazione di un così forte esercito dichiarandole contrarie al Trattato di Parigi del 1856. L'Inghilterra e l'Austria si pronunciavano nello stesso senso. La Turchia intanto ammassava truppe sui confini del Principato e faceva disposizioni di difesa a Belgrado. Per contro la Servia chiedeva e chiede la ricognizione del principio dell'eredità, e l'eseguimento degli antichi patti che escludono i Turchi dal soggiornare e posseder beni nel Principato. Tali sono, Signor Marchese, le ragioni apparenti del conflitto che di questi giorni ha preso proporzioni maggiori per i sanguinosi fatti di Belgrado. Dopo il bombardamento di quella città la Servia non si limita più a chiedere l'allontanamento degli abitanti Turchi dal territorio del Principato, ma sembra volere lo sgombro dei presidii ottomani dalle fortezze, particolarmente da Belgrado ed una assoluta indipendenza. Queste dimande poi che la Servia si mostra pronta a propugnare colle armi sembrano celare più vasti disegni. Da vari anni si è formato in quel paese un partito numeroso a cui pare aderire il Principe, che vorrebbe ricostituire l'antico Impero Serbo del medio evo, od almeno riunire alla Servia i distretti Serbi della Bulgaria, una parte della Bosnia e segnatamente la Erzegovina. Questo partito ha ramificazioni ed intelligenze cogli Slavi meridionali non solo della Turchia ma eziandio dell'Austria, il che è cagione di serie inquietezze per il Governo Austriaco e dei preparativi d'intervento da esso fatti a quelle frontiere. Sembra poi che in certe congiunture il partito Serbo pensi a cercare appoggio nell'Ungheria ed anche nella Grecia, cosicchè i casi della Servia potrebbero far divampare una vastissima conflagrazione in tutti i paesi che dai Carpati e dai Balcani si estendono all'Adriatico ed al Mediterraneo.

Colle agitazioni della Servia hanno affinità grandissima i moti dell'Erzegovina e del Montenegro poichè gli abitanti dei tre paesi riconoscono la stessa origine e sono propensi assai se non ad unirsi in un solo Stato, almeno a sostenersi vicendevolmente per sottrarsi affatto alla signoria della Porta.

L'Erzegovina fa tuttoi!'a parte integrante della Turchia ed è soggetta all'autorità del Pascià della Bosnia. Ma già da tempi antichi ne furono frequenti le insurrezioni, e nei distretti della Montagna gli Slavi dell'Erzegovina vivono di fatto in una quasi totale indipendenza. Negli ultimi mesi del 1861 vi scoppiava la rivoluzione che dura tuttavia. II Governo Ottomano faceva promesse ai Delegati di quel paese recatisi a Costantinopoli ed Omer Pacha speditovi con un esercito le confermava con suo Proclama. Queste promesse recavano in sostanza: si approverebbe la scelta che ogni villaggio è autorizzato a fare di uno o due Muhtar o sindaci secondo l'importanza del villaggio; sarebbero nominati per ogni nahia o distretti due ufficiali amministrativi (Rogia-basci) presi fra gli indigeni che godano la fiducia dei loro concittadini. Sarebbevi libertà assoluta dei culti con facoltà di fabbricar chiese e servirsi delle campane. La quota delle imposte di ciascuna casa verrebbe prelevata e rimessa all'autorità dai Muhtar e Rogia basci. Raccomanderebbesi al patriarca greco di mandare agli Erzegovini Vescovi della loro nazione e parlanti la loro lingua. Si faciliterebbe agli abitanti l'acquisto di proprietà fondiarie.

Gli insorti però continuarono ad operare contro dei Turchi e ricevettero ajuti dai Montenegrini i quali fecero varie irruzioni sul territorio ottomano.

I Turchi volendo perciò reprimere i Montenegrini invasero quel Principato, e cominciarono la guerra che si prosegue con poco prospera fortuna per gli Ottomani.

L'indipendenza del Montenegro era stata riconosciuta nel 1799 dalla Porta che promettevagli più estesi confini. I cento mila abitanti di quel piccolo paese avendo diffatti poco terreno, montuoso e sterile sono costretti a cercarsi il vivere nella Erzegovina e sulle sponde del Lago di Scutari. Oltre all'odio adunque di religione e di razza che li spinge contro ai Turchi, i Montenegil'ini anelano ad avere nella pianura alcuni distretti più fertili sui quali vantano antichi diritti. Vorrebbono poi eziandio uno sfogo alla marina il che li mette in cattiva armonia anche coll'Austria avendo essi più volte accennato alle bocche di Cattaro. Dopo l'insurrezione del 1858 nella quale i Turchi patirono gravi sconfitte, le potenze garanti essendosi interposte, una Comm~sione internazionale fu in·caricata di studirure •sul luogo la questione dei Confini e la Conferenza di Costantinopoli approvò le sue proposte. II principale desiderio dei Montenegrini quello cioè di avere uno sbocco al mare trovasi deluso. Di quattro distretti o Nahie, cioè di Grahovo, della Joupa, di Kutchi e di Vasavich di cui chiedevano l'incorporazione al loro territorio solo i due primi furono conceduti, e nella delimitazione fattasi poi sul terreno, avvenne ancora qualche restrizione. Da ciò il malcontento dei Montenegrini e le ostilità loro coi Turchi.

Sino al 1854 i Principati Danubiani furono soggetti alla protezione uffiziale della Russia e governati da due Ospodari nominati dalla Porta. Il Trattato di Parigi del 1·856 e la Convenzione del 19 agosto 1858 mutarono la giuridica loro condizione. La Moldavia e la Valacchia furono dichiarate Principati Uniti sotto l'alta Sovranità della Porta. Stabilissi che godrebbero piena autonomia amministrativa. Sarebbonvi due assemblee elettive una per la Moldavia l'altra per la Valacchia e due Mini!steri. Ognuna delle due Assemblee nominerebbe un Ospodaro a vita; l'unione amministrativa dei due Principati avrebbe effetto mediante una Commissione centrale sedente a Fochsani ed un'alta corte di giustizia e di cassazione. Le milizie delle due provincie avrebbero la stessa organizzazione.

Le Assemblee di Moldavia e Valacchia in vece di eleggere due Ospodari distinti nominarono ambedue il Principe Couza, l'elezione fu approvata dalla Conferenza di Parigi con protocollo del 6 settembre 1859, ed il Principe ebbe l'investitura dalla Porta. Quindi l'anomalia di un ?rincipe solo con due Ministeri e due Assemblee, il che faceva difficile il governare.

La Porta aderendo nel 1861 alle istanze del Principe Couza ed ai consigli della maggior parte delle potenze garanti emanava un Hattisceriffo le cui eSisenziali disposizioni sono le seguenti.

Finchè i due Ospodarati rimarranno riuniti nella sua persona il Principe Couza governerà col concorso di un solo Ministero. Le Assemblee saranno parimenti riunite in una sola che verrà presieduta alternativamente dal Metropolitano di Valacchia e dal Metropolitano di Moldavia. La Commissione centrale di Fochsani è soppressa. È cil"eato un Consiglio provinciale per ciascuno dei due Principati il quale esaminerà le leggi d'interesse speciale prima che siano presentate all'Assemblea. L'Hattisceriffo stabilisce infine che alla prima vacanza le cose ritorneranno nello stato prescritto dalla Convenzione del 1858 e dal Protocollo di Parigi del 1859. Questa clausola però non fu ammessa dalla maggior parte delle potenze garanti le quali riservaronsi di procedere all'evenienza del caso secondo che sarebbe consigliato dall'esperienza.

Nei Principati sonvi due partiti che cercano ciascuno mutare la presente costituzione. Il partito dei Bojari o gran Possidenti i quali vi avevano la somma del potere e potevano aspirare a due troni. Questi rappresentano la reazione e mirano ricondurre l'antico ordine di cose. Il partito radicale non grande di numero ma operoso che vorrebbe non solo la indipendenza assoluta dei Principati ma riunirvi i Rumeni dipendenti dall'Austria e formare un Regno di Rumenia che potrebbe avere dai 9 ai 10 milioni di abitanti.

Questi -cenni, Signor Marchese, basteranno a darle una chiall"a idea della posizione di diritto e di fatto delle provincie dell'Impero Ottomano da c;ui sorgeranno presumibilmente le prime e le più essenziali quistioni di cui Ella dovrà occuparsi.

Quanto alla politica di cui Ella è chiamata ad essere l'interprete in tali quistioni mi sarà facile il compendiarla.

Difensori in Italia dei principii di nazionalità e d'indipendenza, di eguaglianza civile, di libertà di cos•cienza noi non possiamo niegare le simpatie nostre ai popoli cristiani della Turchia che invocano quei principii medesimi. La materia è però di somma delicatezza sia per le divergenze. e le rivalità che corrono :lira le potenze, sia per la· poca civiltà in cui sono ancora quei popoli cosicchè riesce più difficile applicare loro in tutto e per tutto le istituzioni europee, e trattenerli da improvvide e pernic'io.se combustioni. D'altronde sarebbe pericoloso per noi il mostrarci poco r~spetto.si dei trattati che regolano la condizione dei principati vassalli della Porta, giacchè l'Inghilterra di ·cui non dobbiamo compromettere l'amicizia, e l'Austria a cui non ci conviene porgere occasione di guadagnall"si l'alleanza inglese, propendono piuttosto a restaurare che a diminuire l'autorità del Governo Ottomano. Ella dovrà pertanto, Signor Marchese, andar cautelato e guardingo, sia nelle sue relazioni coi Ministri della Porta e coi Rappresentanti esteri, sia in seno alle Conferenze che venissero tenute. Quando Ella veda che l'idea di nuove concessioni sia divisa dalla Francia, dalla Russia e non

troppo apertamente contrastata dall'Inghilterra, vi darà il suo appoggio, ma sarà prudente consiglio si astenga dal pigliare l'iniziativa. Eguale, anzi forse maggiore riserbo debbo raccomandarle riguardo agli affari di alcuni paesi che non fanno parte della Turchia ma la cui attitudine ha intima connessione colla quistione d'Oriente; e di cui Ella si troverà d'altronde spesse volte necessitata ad occuparsi, voglio parlare della Grecia, delle isole Jonie e dell'Ungheria. I Greci credono di essere chiamati a ricostituire l'antico Impero d'Oriente, nè vedono gli ostacoli che loro oppongono il loro esclusivismo religioso, la poca considerazione di cui godono per coltura, per costume e per carattere, le mire divers1e infine delle ~andi potenze.

Nelle isole Jonie un partit~ abbastanza numeroso vorrebbe operare l'annes· sion loro alla Grecia. La S. V. Ill.ma si asterrà dall'incoraggiare simili tendenze specialmente per le isole J onie e procurerà tenere una via di mezzo che non ci privi delle simpatie dei Greci, ma che non ci comvrometta in alcun modo colla Gran Bretagna.

Quanto all'Ungheria l'aperto appoggio dato nel 1860 dal Governo del Re agli emigrati Ungheresi che radunavansi nei Principati Danubiani, l'invio di armi che venne fatto pel Danubio, hanno messa la Legazione di Costantinopoli in cattivo odore presso alcune potenZ:e. Bisogna evitare gli errori commessi a questo proposito, continuare a tenerci amica .una nazione •che in certe eventualità può essetrci molto utile, ma astenendoci accuratamente da pubblicità, da fatti che possano destare sospetti dannosi alla causa ungherese ed alla nostra. Insomma la

S. V. Ill.ma non dovrà dimenticare mai che, sia per compiere 'i destini d'Italia sia quando saranno compiuti e l'Italia avrà il possesso della Venezia e delle sue naturali frontiere, l'Oriente vuoi essere come la stella polare della nostra politica. Ma frattanto è tben incerto ancora se nelle combinazioni futur•e noi entreremo alleati della Francia e dell'Inghilterra come nel 1855 o con qualche altro sistema di alleanze. Quindi sarebbe inopportuno il pronunciarci in modo troppo reciso nel nostro linguaggio anche amichevole o di conve11sazione su queste lontane ed incerte eventualità: Tenerci indissolubilmente uniti colla Francia, .guardatrci dal porgere un pretesto qualunque ai malumori ed alle diffidenze dell'Inghilterra, mostrarèi amici e ·cortesi colla Russia, benevoli coi Turchi, coi Greci, e colle altre nazionalità d'Oriente ma senza stringere impegni con nissuno, ecco in sostanza, Signor Marchese, le massime direttive della nostra attuale politica in Oriente.

A diminuire la difficoltà di questa .sua missione gioverà la natura dei rapporti ch'Ella ·stabilirà coi funzionari turchi e coi rappresentanti esteri a Costantinopoli ed il grado di considerazione che saprà acquistarvi. Ella dovrà pertanto procurare di venire nei migliori termini possibili coi Membri del Governo lusingandone l'amor proprio ed usando loro tanto maggiori riguardi di cortesia che i Turchi ricordando l'antica loro grandezza sono più suscettivi nel presente loro abbassamento. È poi importante che la S. V. Ill.ma viva in contatto assiduo col Corpo Diplomatico. Perciò nella state Ella dovrà prender villa sul Bosforo a YP.ni-Keui, a Therapia od a Bojukdéré. L'aumento fatto all'assegnamento del Ministro del Re in Costantinopoli lascia margine sufficiente a questa spesa. Cosi pure la somma che Le è assegnata petrmetterà alla S. V. Ill.ma, e ciò è di grandissima conseguen

32 -Documenti diplomatici • Serie I • Vol. II.

za in Oriente, di tenere rappresentanza decorosa e di stare almeno a pareggio della Legazione Prussiana. Quando avrà potuto assumere le occorrenti informazioni scriverà al Ministero per tenere un kaik sul Bosforo per uso della Legazione come fa la Prussia. La S. V. Ill.ma avrà cura d'ind'ormare con frequenza il Governo del Re dell'andamento delle cose d'Oriente. Per quanto riflette la Grecia, Ella comunicherà le notizie di maggior rilievo eziandio al Ministro di

S. M. in Atene, il quale dal canto suo ragguaglierà la S. V. Ill.ma di ciò •che fosse a sua ·cognizione rispetto alla Turchia. Nelle quistioni delicate la S. V. chiederà istruzioni al Governo di S. M. o per telegrafo o per •Corrispondenza postale secondochè saranno di maggiore o minor premura.

Oltre alla parte politica del suo mandato altri officii importanti sono a Lei commessi, Signm Marchese, qual Rappresentante del Governo del Re, la protezione cioè dei nostri connazionali, la tutela degli interessi commerciali d'Italia.

La protezione dei sudditi in Oriente è cosa di massima importanza. Ella sa, Signor Marchese, che nell'Impero Ottomano e nelle sue dipendenze, i Governi Europei hanno sui loro sudditi una vera giurisdizione ·civile e criminale. In virtù di antichi accordi chiamati Capitolazioni gli Europei sono esenti dalle giurisdizioni locali. Queste Capitolazioni sin ora non furono soggette a modificazioni nelle provincie realmente governate dalla Porta o nelle sue dipendenze fuori d'Europa. Ma nei Principati Danubiani e nella Servia quei Governi pretendendo essere costituiti i loro paesi a forme libere e civili vorrebbero che gli stranieri fossero sottomessi al diritto comune. I Consoli delle potenze radunati rispettivamente a Bukarest od a Belgrado proposero Vllll'ie modificazioni alle Capitolazioni, per cui gli stranieri sarebbero privati di alcuni privilegi.

Sebbene le modificazioni proposte non ·s,iano gravissime, io le credo però in parte premature massime nei Principati Danubiani dove è molta corruzione nei Magistrati come nei pubblici funzionari, e qualche malevolenza verso gli stranieri.

Sarà bene che la S. V. Ill.ma prenda cognizione in Costantinopoli del punto in cui è questa pratica la quale debb'esser"' sottoposta al12 ConftLenza, e veda d'intendersi coi suoi Colleghi massime con quelli di Francia, d'Inghilterra e di_ Russia perchè non si facciano concessiofli dannose agli Europei, anche per non dare colorato motivo alla Porta di chiedere uguali modificazioni. Quanto ai limiti ed ai modi di esercizio della giurisdizione dvile e criminale devoluta agli Agenti Consolari essi sono stabiliti dalle patrie leggi dai Codid cioé e dalla Legge e dai Regolamenti Consolari.

Per renderne più agevole e più regolare l'esercizio ai nostri Consoli il Governo del Re ha addetto al Consolato di Costantinopoli come a quello di Alessandria un membro della nostra Magistratura.

La S. V. Ill.ma dovrà tenere mano forte a questo nostro Magistrato in Costantinopoli e vedere che sia energico ed attivo. Le condizioni morali dei nostri coloni specialmenie nella classe dei girovaghi d'Oriente, sono cattive. L'onore italiano richiede che si cerchi di moralizzarli colla rigorosa amministrazione della giustizia. Del resto la Colonia Italiana in Costantinopoli è impOil'tante e converrà che la S. V. Ill.ma si tenga in buone relazioni coi membri principali di essa, come il Cav. Zino, il Cav. Pedemonte ed altri negozianti onesti.

La protezione dei sudditi specialmente nei vari scali fuori di Costantinopoli

suscita alcune volte quistioni di competenze sia fra .gli Agenti Consolari e le

Autorità turche, sia fra gli Agenti di una potenza e quelli di un'altra.

Riguardo al primo •caso Ella troverà alla Legazione in Costantinopoli le trac

cie di vari punti che vennero successivamente decisi e che possonò servire di pre

cedenti. Regola generale poi di sua condotta in questa parte dovrà essere, Signor

Marchese, di ·sostenere i Consoli nell'esercizio di tutti i privilegi e facoltà che

siano realmente conformi alle Capitolazioni ed alla consuetudine ma di non per

mettere che si abusi o con pretese esagerate o con parzLalità a favore di nazio

nali le quali rechino danno ai Turchi, dovendo noi mostrarci giusti ed onesti

con tutti.

Per andare al riparo dei conflitti che nascevano tra gli Agenti Consolari di

vari Governi e di altri inconvenienti i Rappresentanti delle principali potenze

intesero fra loro di di.Jramare ai loro Consolati la ·circolare di cui è acchiusa

qui copia (1) e chiesero che la Legazione del Re ne facesse altrettanto.

Sin ora da noi non fu presa decisione, ma non potrebbesi più decentemente differire una risposta ed al suo arrivo in Costantinopoli bisognerà che la S. V. Ill.ma provveda. Eccole adunque, Signor Marchese, il parer nostro. Circa ai tre primi punti proposti Ella potrà aderirvi senza difficoltà veruna. Ma sul quarto richiede qualche osservazione se venisse interpretato in modo che la parola suddito straniero significasse individuo straniero non ;per tutti due i Consoli di cui uno già lo proteggesse e l'altro fosse richiesto di proteggerlo, ma solo straniero o non legalmente suddito per rispetto a quest'ultimo, ne deriverebbe la conseguenza che noi non potremmo accogliere a protezione i Veneti che già fosseri inscritti al Consolato d'Austria. Ora potendovi essere fra di loro persone o già compromesse o che vengano a compromettersi politicamente, se queste chiedessero la nostra protezione per isfuggire al pericolo di essere fatte arrestare dagli Agenti Austriaci, sarebbe indecoroso per noi il doverle abbandonare alla loro sorte.

Quindi •Senza entrare in discussione alcuna, nè indica,re verun motivo la

S. V. Ill.ma nell'accettare anche il quarto articolG dichiarerà però espressamente dover essere ben inteso che gli Agenti Consolari del Regno d'Italia conserveranno in ogni caso la facoltà di cui già usano per ordine del loro Governo di accordar protezione a tutti gli ltalianL che ne facciano richiesta.

Le nostre relazioni commerciali sono regolate dal Trattato del 10 luglio 1861. Base fondamentale del nuovo trattato per la parte fiscale è che le merci di origine nostra nazionale per l'importazione non pagheranno che quanto si paga o sarà pa.gato pei prodotti di qualsiasi altro Stato, e che ·in ogni caso il diritto non potrà essere superiore all'8 %; che per !'•esportazione di merci della Turchia si paghi un diritto di 8 %, il quale però andrà dimmuendo d'anno in anno dell'l % sinchè trovisi ridotto all'l % ad valorem. La Turchia ha proposte le stesse basi alle altre potenze, ma non tutte sinora le hanno accettate. Quindi continua per queste ad essere in vigore l'antico trattato che era comune a tutti gli Stati e per cui il diritto d'importazione era solo del 4%, mentre quello d'esportazione era del 12.

Ora siccome il nostro trattato dice chiaramente che per le importazioni noi

non pagheremo ·che quanto si paga dalla nazione più favorita, i nostri commer

cianti segnatamente in Alessandria, Tripoli, Beilrouth, Smirne e Salonlcco già

reclamarono in vari casi credendo aver diritto a p!'etendere che loro si appHchi

solo la tassa del 4 %, sinchè vi è una qualche potenza che goda di questo trat

tamento.

È sorta pure un'altra quistione di interpretazione molto simile e che ver

rebbe in certo modo risolta quando lo fosse la prima.

Secondo l'antico trattato i diritti si regolavano non secondo la provenienza

o la destinazione della merce, ma secondo la nazionalità della persona cui era destinata, o che la spediva. Presentemente si decide giusta la provenienza. Ne avviene pertanto che una merce austriaca o portoghese e destinata ad un Italiano pagherebbe secondo l'antico sistema solo il 4 %, mentre ora le Dogane pretendono che si paghi 1'8 % portato dal recente Trattato. L'art. XIII del Trattato medesimo stipulando che i nostri nazionali che fanno commercio di prodotti esteri non paghino diritti maggiori di quelli che si pagherebbero dai sudditi dei paesi da cui provengono quei prodotti sembra favorire anche in questo i reclami dei nostri commercianti.

La Legazione di S. M. ebbe quindi ordine di sostenere i due punti ed essa

fece ultimamente un'apposita comunicazione alla Porta.

La qutstione frattanto ha perduto gran parte della sua importanza se non per le indennità .che fossero dovute per diritti in più esatti nel passato, almeno per le tasse avvenire, giacchè non vi rimane che la sola Grecia la quale non abbia aderito al nuovo trattato. Siccome poi ripugnerebbe alquanto ad equità che la Turchia fosse danneggiata perchè il rifiuto ed il ~ritardo di una sola potenza ci porge rigorosamente parlando diritto ad interpretare a vantaggio nostro qualche articolo del nuovo trattato, la S. V. Ill.ma s'informerà di quello che faranno le altre potenze, particolarmente la Francia, l'Inghilterra e la Russia e seguirà il loro esempio tenendo conto altresi dei favori speciali fatti ultimamente all'Austria pel commercio colla Bosnia, l'Erzegovina ed i Principati Danubiani con articolo addizionale al Trattato dalla stessa firmato nel maggio 1862.

A sua volta la Turchia ci chiede in virtù dell'articolo 19 il cabotaggio per i suoi bastimenti. Sinora la quistione è pendente avendo il Govetl'no del Re chiesto informazioni per sapere se nei mari dell'Impero Ottomano le nostre navi siano ammesse al pieno esercizio del commercio di cabotaggio, •gia•cchè la legge nostra del 9 aprile 1855 vuole che per concedere il cabotaggio vi sia la reciprocità.

Ottenute poi che si saranno le opportune notizie si deciderà secondo il loro risultamento e si farà conoscere alla S. V. Ill.ma la determinazione che sarà presa.

In generale poi riguardo al commercio Le raccomando, Signor Marchese, di adoprarsi per quanto potrà e con informazioni e con consigli perchè si estenda il più possibile, che invece di restringersi quasi al solo commercio di esporta

zione gli Italiani siano animati colla prospettiva di un traffico vantaggioso ad importare in Turchia prodotti delle loro mdustrie. Queste istruzioni, Signor Marchese, le additano la via che EUa dovrà seguire

per ·Secondare gli intendimenti del Governo in ogni parte dell'onorevole ed importante incarLco a Lei commesso.

Io son persuaso che l'opel"a sua corrisponderà pienamente alla favorevole aspettazione di Lei concepita, e Le acquisterà chiare benemerenze presso il Governo di S. M. e presso i suoi 'concittadini.

(1) Manca.

477

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 325. Parigi, 5 luglio 1862, ore 16,15 (per. ore 17,33).

Je suis informé que le parti d'action prépare une nouvelle tentative contre le Tyrol en passant par le Canton Tessin. Je vous envoye aujourd'hui détails par courrier.

478

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (1)

R. 408. Berlino, 5 luglio 1862.

Je prie V. E. de faire rectifier la date de mon rapport n. 407 (2). Il devait porter la date du 4 au lieu de celle du 5 Juillet.

Hier, à une soirée donnée par le Comte de Bernstorff en l'honneur de la mission extraordinaire de la Perse, ce Ministre m'a annoncé que le coumier de Cabinet porteur des instructions au Comte Brassier, était parti dans la journée, en se rendant diredement à Turin. A cette méme ·soirée, S. E. a instruit mon collègue de France de la démarche qu'Elle avait faite auprès de nous, et en lui parlant des explications à fournir de notre part sur Rome et sur Ven'ise, Elle lui a 1a1ssé comprendre, qu'Elle ne prétendait point pour autant nous demander des garanties proprement dites, mais des assurances, en termes généraux, sur notre ferme volonté de nous opposer, nommément quant à ·ces deux questions, à toute tentative qui serait de nature à porter atteinte au maintien de l'ordre et de la paix.

Sur de semblables hases, il y aura manière de s'entendre, d'autant plus que le Comte de Bernstorff s'est complètement rangé à mon avis que du moment où la Russie nous aura reconnus, la Prusse, à moins de se condamner à l'isolement, ne pourrait rester sur la méme ligne que l'Autriche.

Monsieur de Bernstorff a également déclaré au Prince de La Tour d'Auvergne, comrne à moi, que la Prusse n'agirait pas simultanément avec la Russie; mais la suivrait à courte distance. Je me félicite donc d'avoir fait accélérer de 24 heures le départ du courder Prussien. Ainsi que je l'ai dit hier: dans. ces drconstances, un délai n'aurait eu aucun avantage, et aUTait pu entrainer des inconvéniens.

Il est assez nature! que le Cabinet de Berlin ait été un peu froissé de la mise en demeure à si courte échéance qui lui a été adressée par la Russie, et que dès lors il se soit résolu à faire route seui. Mais, à notre point de vue, nous ne

saurions blamer les allures un peu cavalières du Prince Gortschakoff. En conduisant ces négociations avec un cerlain mystère, en n'arrivant ici qu'avec un fait accomp:l.i, il a prouvé qu'il connaissait parfaitement son terrain; car s'il eut fallu négocier de concert avec la Prusse à Paris, les pourparlers auraient trainé en longueur. Le Gouvernement Prussien awrait entre autres voulu, je le sais de la meilleure source, faire payer sa condescendance par une promesse de concours de la part de la France et de la Russie dans la question du SchleswigHolstein. Or, ces deux Puissances étant !fort peu disposées à contrader un sembable engagement, il fallait nécessairement, pour aboutir au resultat principal, se ,concerter préalablement en deho11S de la Prusse.

Je puis ajouter, à l'appui des renseignemens que je transmets à V. E., que Lord L,oftus a reçu de.s explications analogues de la part du Comte de Bernstorff. Il suffira, dans la réponse qui me sera adressée pour en donner Lecture et copie, que nou.s renouvelions les assurances déjà données en maintes occasions que nous ne négltgeron.s rien pour établir de plus en plus f,e triomphe du princiiPe monarchtque en Italie, ainsi que pour prévenir, et au ibesoin empecher, toute entreprise qui mettrait en péril la cause de l'ordre et de la tranquillité générale. Il ne s'agilrait donc que d'une paraphrase de nos cil'culaires et du langage tenu aux Chambres par le Gouvemement. En désirant Le renouvellement de semblables déclarations, le Cabinet Prussten a bien moins en vue sa propre sauvegarde, que de ,se nantir d'argumens à opposer à ceux qui ne manqueront pas de l'interpeller sur son rapprochement avec l'Italie.

Je ne saurais trop louer l'attitude que le Prince de La Tour d'Auvergne a su prendre dans notre intérèt, soit vis-à-vis de la Russie par l'entremise du Baron de Budberg, soit vts-à-vis du Cabinet de BerHn. Il serait, je crois, de bon gout que V. E. chargeat Monsieur le Chevalier Nigra d'en exprimer notre satisfaction à Paris. C'est le Prince de la Tour d'Auvergne qui avait réussi à obtenir le concours très utile du Baron de Budberg, dont les sentimens à notre égard s'étaient déjà notablement améltorés, quand je fus chargé par le Baron Ricasoli de lui faire des ouvertures confìdentielles.

Lord Loftus a également fait preuve de la meilleure volonté, ainsi que d'un zèle et d'un tad merveilleux. Je serai de mème bien aise que le Cabinet Btt-itannique en fftt informé, et que son Agent diplomatique fut aussi remercié en notre nom (1).

P. S. -Le Comte de Bernstorff recommande que les négociations restent confidentielles, pour ne pas donner l'éveil aux adversaires.

(1) -Notazione marginale del Durando: • Accusargli ricevuta, e ringraziarlo e far ringraziare i personaggi che accenna •. (2) -Cfr. n. 474.
479

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. s. n. (annesso al R. 408). BerLino, 5 LugLio 1862.

Les négociations de la Russie pour la reconnaissance avaient pour but principal de préparer entente avec la France sur d'autres question.s qui la touchent

plus directement. Monsieu.r de Budberg a réussi à s'assurer le concours de la France pour le règlement des aftiaires du Monténégro et de 1a Serbie. Il est présumalble que des .conférences s'ouvriront hientòt à Constantinople dans ce but. La Prusse voulait aussi faire son trafique pour le Schleswig et Holstein, mais, arrivée trop tard sur la p1ace elle reste avec un pied de nez et l'embarras de sa marchandise.

(1) Notazione marginale del Durando: • Incaricarlo di ringraziarli lui direttamente a Berlino •.

480

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE 85. Parigi, 5 luglio 1862.

Ho ricevuto ieri sera il telegramma con ·cui V. E. m'incarica, d'ordine del Re, di far pervenire alla Corte di Pietroburgo le espressioni di ra:mmarilco di

S. M. per l'attentato commesso a Varsavia sulla persona del Gran Duca Costantino.

Ho adempiuto questa mane all'incarico affidatomi, pregando il Conte di Kisseleff di volersi rendere l'interprete ufficioso di questi sentimenti di S. M. presso l'Imperatore di Russia.

Il Conte di Kisseleff assunse volentieri l'esecuzione di questa commissione di S. M. il Re, e ne scrisse per telegrafo a Pietroburgo. Non dubito .che l'Imperatore di Russia sarà tenuto a S. M. di questo suo buono pensiero.

481

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (1)

R. CONFIDENZIALE 86. Parigi, 5 luglio 1862.

Mi affretto a trasmettere qui unita a V. E. una nota• rimessami da sicura sorgente, contenente parttcol•ari intorno ad un p·rogetto di movimento che si vuol tentare dal partito d'azione nel Tirolo passando pel Cantone Ticino.

Molti nomi e l'itinerw-io progettato vi si trovano indicati.

Prego l'E. V. di fare uso discreto di questa ·comunicazione.

482

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A BERNA, JOCTEAU

T. 217. Torino, 6 luglio 1862, ore 10,30.

Le Ministre du Roi à Paris me télégraphie ce qui suit: Je suis informé que le parti d'action prépare une nouvelle tentative contre le Tyrol en passant par le Canton Tessin. Les enròlements clandestins qui se font maintenant en Lombardie et le retour inattendu du Colone! Nullo à Bergame conseillent une active surveillance à cet égard.

(1) Notazione marginale del Durando: • È già stato comunicato confidenzialmente dal M.inistero alla Guerra e Interni, e si conserva da me »·

483

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, DELLA MINERVA, E AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 218. Torino, 6 luglio 1862, ore 11,30.

S. M. le Roi et S. A. R. la Princesse Marie Pie donnent leur consentement pour le mariage avec S. M. le Roi de Portugal; le courrier de Cabinet partira demain pour Lisbonne porteur d'une lettre autogr~he de S. M. en réponse à celle du Roi de Portugal (1).

484

CIRCOLARE TELEGRAFICA DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

T. 219. Torino, 6 luglio 1862, ore 11,30.

Le Roi a donné son ·consentement pour le mariage de la Princesse Marie Pie avec le Roi de Portugal; faites usage de cette communiootion avec une certaine réserve.

485

IL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 326. Belgrado, 6 luglio 1862, ore 6)5 (per. ore 21).

Les nouvelles de Bosnie ne rassurent pas la paix car 20/m. Bachi Bouzouch ont reçu ordre de marcher vers la fronti:ère Serbe et 22 canons sont dirigés meme còté. Un ingénieur autrichien accompagné d'un officier turc de Vidin a inspecté la frontière Serbe-Bulgare. Les Consuls de France, de Russie et moimeme nous sommes pas édifiés du Commissaire Impérial qui fait des phrases et rien de bien sérieux. Je crains que l'on cherche de gagner du temps. Tout est tranquille.

486

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI-GAROFOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 235. Madrid, 6 lugLio 1862.

li giorno 2 di questo mese il Presidente del Consiglio dei Ministri lesse alle Cortes il Real.e Decreto che sospende le sedute delle due Camere nell'attuale Legislatura. Nel Congresso dei Deputati il signor Calvo Asensio volle però chiedere [prima la parola per una questione che definì di decoro nazionale, e ciò sebbene egli conoscesse che non le sarebbe stata aceordata per essere espressamente convocata la Camera onde udire il Decreto di sospensione. Questo tardivo eccesso di suscettibilità nazionale mi parve di poco effetto, gia,cchè in una Legislatura di otto mesi l'opposizione con tante oc•casioni com'ebbe, ora colla questione Italiana, ora con quella di Messico non seppe mai con efficacia approfit

tarne. Per·ciò il decoro nazionale, che il Deputato Democrata voleva incontrare offeso nel discorso del signor Billault, non è che una ripetizione delle tante altre volte in cui questo stesso decoro venne offeso, mentre la dtscussione era possibile e libera, senza che l'opposizione ne approfittasse, come doveva e poteva; perciò mi permetto di qualificare la domanda del signor Calvo Asensio come una specie di richiamo agli Elettori; attendete, si direbbe che egli atbbia voluto dire, e nel novembre vi darò un grande discorso d'qpposizione.

Ora parrebbe che la politica dovrebbe soffrke una pausa, ma non succede così; chiusa da tre giomi la tr~buna la politica prende un movimento più dedso. Il signor Mon posto in falsa posizione nella sua ambasciata di Parigi, non contento della condotta del Governo nell'affare Messicano, rassegnò ieri le sue dimissioni dall'alto carico diplomatico che occupava presso l'Imperatore Francese. Tal notizia stordì i ministe~riali veri, e s'adoperano ora a tutt'uomo per dissuadere il Mon dal suo proposito; ma non credo sarà facile riescirvi, il Mon uomo scaltro conosce che forse le ore del Ministero attuale stanno contate, perciò si vuole disporre ad essere possibile in altra amministrazione; si ritirerà, s'eclisserà anche nel tempo del gran ca:ldo e poscia riverrà in Madrid ed t suoi amici avranno preparato il terreno, e facile gli ·sarà di prendere il potere. Come per tutto ciò è necessario che l'animo della Regina sia disposto, pare che il ],avoro stia ora in palaz.zo ed il nuovo Intendente dt Corte Goicoerrotea è uomo atto per favorire il Mon col quale è unito in vincolo d'antica amicizia.

Ebbi l'onore di ricevere i due telegrammi di V. E. al primo dei quali diedi immediata risposta; quanto al secondo attenendomi alla riserva contenuta devo offerirle però i miei rinl'(raziamenti ed esprimere a V. E. il vivo 1Piacere che vi ebbi a provare.

I giornali di qui s'occupano assai del matrimonio del Re di Portogallo colla nostra Principessa Maria Pia, e se i liberali sono concordi nel mostrarsi lieti dell'unione di due dinastie così amate dai loro popoli, ·i giornali più o meno neo-cattolici si :scatenano contro ,con un furore che non puossi definire che di ridicolo. In pessimo stato deve trova1rsi un paese se per un matrimonio di un principe estero vede minacciata la sua indipendenza!

Mi permetto di qui unito rimettere a V. E. un estratto di giornale che raccoglie il parere di vaTi altri suoi colleghi su questo importante e fausto ;;~vvenimento (!).

(1) c In fine di questa lettera -scriveva il Durando in una sua memoria (Episodi, cit., pp. 303-304) -il Re augurava al suo futuro genero la stelLa che aveva presieduto ai destini d'Italia. L'augurio era un'allusione troppo apparente all'unione della Spagna col Portogallo. Io feci osservazione sulle dicerie che quella frase avrebbe potuto far nascere; ma il Re tenne duro, volle che la stell.a. rimanesse, e mi dovetti accontentare. Ma all'indomani pregai l'incaricato d'affari di Portogallo, signor De Castro, di scrivere confidenzialmente al marchese di Loulè affinchè pregasse il Re Luigi di non pubblicare l'ultima parte della lettera per non attirarmi addosso un fascio di querimonie diplomatiche •.

487

!L MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A BERNA, JOCTEAU

T. 221. Torino, 7 ~uglio 1862, ore 16,20.

D'après les informations qui sont venues augmenter celles dont je vous a. donné connaissance dans ma dépèche de samedi dernier (2), Mendrisio serait le cE:ntre où doivent .se ra,ssembler en nombre de 4 à 5 cent !es Corps Francs italiens. Le Syndic de Mendrisio (Cattaneo) doit aider pour le transport des armes. Sacchi, Antongini, Vigo, Palizzari, Lodìgìani, Wolff sont envoyés par le Comìté Démocratique de Milan pour faire les préparatifs.

(1) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 482.
488

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 222. Torino, 7 luglio 1862, ore 17.

Le Ministre d'Angleterre a exprimé au nom de son Gouvernement le désir que S. A. R. le Prince de Carignan préside pour l'Italie la cérémonie du 11. Veuillez bien soumettre ce dés·ir à S. A. R. Dans le cas ou S. A. refuse, tenez-vous à ma dépeche du ,5 (1).

489

IL MINISTRO DEGLLI ESTERI, DURANDO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, DELLA MINERVA

D. CONFIDENZIALE S. n. Torino, 7 luglio 1862.

Il mio telegramma in data di jeri (2) le ha annunziato il consenso dato jeri stesso da S. M. al matrimonio dell'Augusta sua figliuola Madama la Principessa Maria Pia.

S. M. non può a meno .che vedere in questa alleanza di famiglia un segno splendidissimo dell'affetto della R. Casa di Braganza verso di Lui e la sua Casa e le virtù che adornano l'Augusto Principe che siede sul trono portoghese non lasciano dubitare a S. M. ,che la figliuola sua non sia per trovare in quest'unione quella maggior felicità che il cuor suo di padre possa desiderarle.

D'altra parte la lieta accoglienza che, come scmgo dal Dispaccio riservato da Lei direttomi in data del 22 Giugno ultimo C3), riceve in Portogallo la notizia di questo matrimonio, dimostra a S. M. tutta la convenienza di tale alleanza dal punto di vista politico.

Dal .canto suo la Reale donzella acconsenti pur jeri alle progettate nozze nella ·certezza che queste Le procureranno il più lieto avvenire. Il Governo di S. M. si riserva di trattare ulteriormente e senza ritardo con quello di Lisbona i particolari del matrimonio. Di quanto sopra Le esposi, Ill.mo Signore, Ella potrà valersi nelle sue conversazioni coi Sig.ri Ministri del gabinetto Portoghese.

Aggiungerò ·che non mancai di esporre a S. M. lo zelo da V. S. dimostrato in questa circostanza e la M. S. si compiacque esprimere la sua alta soddisfazione.

490

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (4)

T. 329. Londra, 7 lrnglio 1862, ore 18 (per. ore 21).

Les noms mentionnés dans la dépeche télég.raphique d'avant-hier appartienment à maisons respectables mais faibles; leurs demandes des concessions ne sont

nominativi ai quali si allude.

5C6

pas jugés sérieuses; ici on suppose qu'elles ont pour but la spéculation plutòt que son exécution; d'ailleurs veuillez bien vous souvenir que politiquement les Italiens indiqués passent tous ici pour Mazziniens et que à la moindre réclamation brouilleraient tout ce parti.

(1) -Manca. (2) -Cfr. n. 483. (3) -Cfr. n. 431. (4) -All'Archivio del Ministero degli Affari Esteri manca ogni elemento per chiarire
491

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 330. Parigi, 7 luglio 1862, ore 20,25 (per. ore 22,10). La dépeche ordinaire portée par le courrier Russe sera communiquée demain à Thouvenel; elle contient la résolution de l'Empereur Alexandre de recevoir un Envoyé du Roi d'Italie et de réta.blir les relations diplomatiques. Cette

dépeche vous sera envoyée demain. Veuillez m'envoyer par télégraphe un mot pour Thouvene1 qui vient de me faire lui-meme ses félicitations.

492

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 409. Berlino, 7 luglio 1862. Le Courrier de Cabinet qui apportait la reconnaissance de la Russie à Paris, est arrivé avant hier à Berlin; il ne s'y est 'arreté que quelques heures. Le Comte de Bernstorff, en réponse à la communication des documens y relatifs avait de

son còté mis au courant le chargé d'affaires Russe des démarches récentes du Ca~binet Prussien. Chacun avait agi pour son propre compte.

V. E. aUll'a remarqué la différence qui exilste entre les dépeches des deux Gouvernemens. La Russie reconnait l'Italie sur la base uti possidetis sans se lier, ni vouloir nous lier les mains pour l'avenir. Elle ne formulait pa,s de réserves politiques proprement dites; elle se bornait à nous demander des engagemens dans le but de prévenir un appel quelconque aux moyens révolutionnaires, à l'élément extra-.gouvernemental.

La Prusse va plus loin: elle touche aux questions de Rome et de Venise, quoiqu'en maintes occasions j'eusse souvent insisté sur la convenance, le cas échéant, de les passer sous silence. Mais V. E. sait par quels motifs le Comte de Bernstorff explique son excursion sur oe terrain délicat. Le Ca.binet de Berlin a cru devoir faire preuve de quelques ménagemens vis-à-vis de ses confédérés et du parti catholique, en nous demandant quelques assurances sur ces deux points. Et quant à l'article sur Venise, il aura peut-etre voulu ne pas avoir l'air de se dégager de certaine promesse ve:r!bale qu'on prétend avoir été faite l'année dernière à Toeplitz à l'Empereur François Joseph par le Roi Guillaume. De cette mantère on a mis la conscience du Souverain plus à l'aise et on s'est mis à couvert vis-à-vis de l'Autriche. Je n'ai pas besoin d'ajouter qu'une semblable promesse, si elle existe réel1ement, n'a pas une grande valeur; car elle n'a été consignée dans aucun acte officiel, et ne serait certainement point ratifiée par l'opinion publique.

Au reste si le Comte de Bernstorff a jugé à propos de nous demander les engagemens ci-dessus pour sa propre justification, nous conservons une grande latitude pour notre réponse afin de tourner adroitement les difficultés. Ce n'est, à mon avis, qu'une affaire de rédaction; et d'ailleurs Monsieur de Bernstorff a laissé entendre, à plus d'une personne, qu'il se considérerait comme satisfait d'une paraphrase de nos circulaires et des déclarations que nous avions déjà faites à plusieures reprises.

Il est un point cependant sur le quel les Cabinets de St. Pétersbourg et de Berlin sont d'accord, celui de nous demander la restitution des biens personnels de François II, en réservant en notre faveur la question d'opportunité.

Les événemens m'ayant presque toujours donné raison, quand je me gardais d'un jugement trop précipité à l'égar:d de la Prusse, je ne puis me défendre mème aujourd'hui de n'accepter encore que sous bénéfice d'inventaire une réalisation immédiate des meilleures dispositions qu'elle témoigne pour l'Itaiie. Je ne veux point dire pour autant que sa reconnaissance ne soit pas assurée, mais je crains qu'elle ne soit retardée jusqu'à une époque moins prochaine que celle que semble indiquer de premier abord la situation actuelle. L'imp·révu peut déjouer bien des calculs. La Prusse vient d'ailleurs vers nous sans profits, ni mérite, poussée par la force des choses; elle fait de nécessité vertu. Le Comte de Bernstorff est cependant dans l'illusion de croire avoir montré une grande fermeté dans cette circonstance, en calmant les scrupules du Roi. La corde après s'ètre tendue, pourrait se détendre par un siffiiPle effet de réaction. Peut ètre alors faudra-t-il attendre que le Ministre actuel cède son portefeuille à Monsieur de Bismarck qu'un vent plus favorable ne tardera pas, je le crois, à ramener à Berlin.

Je désire me tromper dans ces prévisions; mais il m'a paru utile d'entrer dans ces détails, tant pour nous préparer à quelque déception passagère, tant pour qu'ils nous servent de jalons dans le langage bienveillant, mais digne, que nous tiendrons au Gouvernement Prussien.

P. S. -Je remercie V. E. du télégramme chiffré en date d'hier. Je me conformerai à la réserve qui m'est prescrite sur l'intéressante nouvelle que s'y trouve mentionnée (1).

493

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE 209. Londra, 7 Zuglio 1862.

S. A. R. il Principe Napoleone nel soggiorno che fece ultimamente in Londra ebbe la bontà di frequentemente parlarmi sullo stato attuale delle quistioni pendenti per riguardo alla politica Italiana.

Come altri personaggi attualmente a Londra fu di parere che senz'alcun dubbio Lord Palmerston fra gli uomini di Stato Inglesi era primo fra gli amici nostri perchè fà quanto fà per convinzione vera e simpatia sincera, mentre gli altri o son timidi nell'agire o agiscono a seconda dell'impulso del momento.

Questa timidità o inoperosità degli uomini del governo Inglese in questo

momento pare colpisse S. A. I. il quale forse un rpo' a torto li giudicò nO'Il

curanti delle cose Italiane.

Sabbato avant'jeri pranzammo da Lord Palmers.ton e dopo pranzo il Principe

nuovamente ripeté quanto m'avea detto prima ed io cercai di dargli spiegazioni

che forse correggessero le opinioni che avea concepite a questo riguardo.

Insisteva precipuamente il Principe sulla necessità di far partire da Roma il Re Francesco e si lagnava ·Che il Ministero Inglese non agisse con energia bastante a Parigi per spingere l'Imperatore a agire efficacemente a questo riguardo. Ed io gli risposi che i Ministri Inglesi avevano la migliore volontà ma quando si rivolgevano al Sig. Thouvenel a Parigi egli insisteva perchè l'Inghilterra lasciasse queste quistioni a maneggiare dalla Francia facendo intendere che a Roma le potenze protestanti avrebbero poca autorità e che in Francia pure .l'intromettersi dell'Inghilterra farebbe pessimo effetto e forse ritarderebbe la

soluzione.

Il principe replicò ·Che non al Thouvenel il di cui mestiere era d'allontanare

e l'evitare, ma all'Imperatore stesso direttamente per mezzo di Lord Cowley

dovevasi rivolgere il Governo Inglese. Esser l'Imperatore timido ed esitante

infinitamente più di quanto si credea. Aver bisogno dunque d'esser spinto ed

appoggiato. Esser questo il momento di farlo dicendogli non esser questa qui

stione religiosa ma politica e non potersi supporre che dopo aver tanto fatto per

l'Italia vorrebbe lasciar imperfetta que·sta sua creazione in balia al disordine

ed al brigandaggio.

Domandai al P.rincipe se avesse parlato quel linguaggio ai Ministri Inglesi

mentre del suo soggiorno a Londra. Ed egli mi disse che nella sua qualità di

Principe francese non potea precisamente parlar contro a quanto facevasi alle

Tuileries e perciò trovarsi imbarazzato a parlar come iacea a me.

Ed io gli consigliai allora d'aver qualche conversazione con persone non offi

cialmente impiegate ma pure che han gran peso sui Ministri e gliene additai.

Mi rispose il Principe esser pronto a farlo. E lo fece diffatti appena finito

il [pranzo. Ebbe una conversazione prolungata colla persona che gl'indicai e que

sta l'indomani fece palese tutto quanto s'era detto a Lord Palmerston il quale

ne parve molto colpito dicendo riescirgli nuovo e doversene tenere gran conto.

Anzi doversene scrivere a Cowley il quale deve a .giorni venire in congedo

a Londra.

Intanto io andai ieri a Richmond a discorre:rne ugualmente con Lord Russell

il quale mi parve lui pure prendervi molto interesse e disposto ad agire. Benchè

si attaccasse evidentemente a provarmi che dal canto loro avevano senza posa

cercato di fare tutto quanto dipendeva da loro in quel senso. Al punto che ulti

mamente ancora avevano fatto ricevere dall'Imperatore a Parigi il Signor Odo

Russell al suo passaggio dall'accompagnar sua madre onde mettergli bene in chia

ro la situazione. Ma l'Imperatore s'era limitato a dire che gli dessero una solu

zione possibile ed egli l'adotterebbe.

Intanto dal linguaggio del Principe Napoleone e da quanto mi disse Lord

Russell pare che il Sig. La Valette afbbia dovuto presentare condizioni di cui

una per ruorme che. vennero respinte. Tutto questo e l'unione fra i legittimisti

e la Chiesa finiranno coll'aprir ·gli occhi 'all'Imperatore sopra i suoi veri interessi.

Io intanto vedrò se posso oggi ancora Lord Palmerston onde mantenerlo in queste sue buone disposizioni. E ca-edo uniformarmi cosi alle istruzioni datemi dal Governo del Re a Torino.

Lord Russell ricevette mentre io stavo con lui un telegramma circa la ricognizione per parte della Prussia del Regno d'Italia. E. mi disse a questo riguardo che la Prussia era in collera assai col Governo Russo il quale aveva fatta questa ricognizione senza dirgliene una parola. Locché gli avea fatto fare una meschina figura. Diedi a Lord Russell le assicurazioni di cui ero incaricato sulla sorveglianza esercitata dal Governo sui movimenti dei facinorosi, ed egli mi raccontò che il Ministero Greco avea per ottenere la reddizione di Nauplia acconsentito alle condizioni dei rivoltosi invitando il Generai Gartbaldi a venire in Grecia.

(1) Cfr. n. 484.

494

IL CONSOLE A BUCAREST, STRAMBIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 213. Bucarest, 7 luglio 1862.

Mi pervenne jeri da Costantinopoli la lettera qui unita del signor Canini, la cui forma grammaticale contrasta un poco colla missione di cui egli si dice incaricato per parte del Regio Ministero della Pubblica Istruzione.

Col ·corriere di domani ne spedirò copia al R. Incaricato d'Affari in Costantinopoli pregandolo di voler far sapere al signor Canini che io non ho ricevuto fin qui la lettera ch'egli accenna avermi spedita il 28 giugno p. p. da Galatz, e quanto al resto di fargli soggiungere, se lo crederà opportuno, che gli Agenti Regii sogliono render conto dei fatti loro al Regio Governo e che non avviene mai senza loro dispiacere ch'essi debbano rifiutarsi ad assecondare in alcuni casi le domande dei loro connazionali.

Di questa via ·credo dover riferire a V. E. questa particolare cireostanza che attualmente trovasi in Bucarest, colla propria moglie, figlia dell'assassinato Ministro Cattargi (1), il signor Béclard ex Commissario di Francia in Siria, quegli stesso che essendo qui .Aigente e Console Generale nel 1859, provocò

l'espulsione del Canini.

.ALLEGATO.

CANINI A STRAMBIO

Costantinopoli, l luglio 1862.

Appena giunto a Costantinopoli per affrettare una sua risposta alla mia lettera del 28 datata da Galatz.

Spero che questa volta egli non rifmterà di sodisfare alla mia domanda.

L'Italia si era [sic] apposta dei rappresentanti nei paesi esteri perchè sodisfacciano alle domande dei suoi cittadini che viaggiano con passaporti regolari e massime accompagnati da speciali raccomandazioni e missioni dei ministeri. In attenzione di una pur pronta e favorevole risposta, mi dichiaro ...

(1) 11 Ministro Cattargi, avverso alla celebrazione del 23 giugno come festa nazionale rumena perchè in quel giorno nel 1848 si era commesso un attentato. contro il Capo dello Stato, era stato assassinato da un fanatico radicale il 20 giugno 1862.

495

IL CONSOLE GENERALE FRANCESE A PALERMO, PILLET, AL PREFETTO A PALERMO, PALLAVICINO (Ed. in CRISPI, Carteggi Politici, pp. 116-117 n.)

Palermo, 7 luglio 1862.

Je viens de lire dans les journaux le nouveau discours que M. le Général Garibaldi a cru devoir prononcer, en votre présence et celle de toutes les autorités locales, pendant la revue de la garde nationale.

Je m'abstiencfrai, Mr. le Préfet, de le qualifier et je me 1bornerai à vous faire cette déclaration: si je ne connaissais pas les sentiments de l'Empereur pour le pays dont on l'accuse d'etre ennemi, si je ne ·crargnais pas de créer des embarras à son loyal allié, le Roi Victor-Emmanuel, par un éclat dont je comprends toute la gravité, je ne resterais pas une heure de plus dans une ville, où ni le droit des gens, ni le respect dù à l'autorité du Roi, ne peut préserver des injuries d'un de ses sujets l'Auguste Souverain qui a tant fait pour l'Italie, de qui elle a encore tant à attendre et dont ne sauraient trop apprécier l'alliance ceux qui placent au dessus de sentiments personnels les droits de la réconnaissance et l'intéret de leur Pays!

Mais sachant à quel point Sa Majesté l'Empereur pousse la sympathie pour la cause italienne et le désir de seconder, dans sa noble mission, un Roi que vous pouvez nommer avec orgueil le plus honnete et le plus brave soldat de son royaume, je m'abstiendrai d'une démarche qui, je le répète, poUil'rait créer aux deux pays des graves embarras, et j'attendrai les ordres du gouvernement. Mais je désirerais vivement, Monsieur le Préfet, que le Ministère de Turin fùt instruit par vous des raisons qui me font prendre cette résolution. Je tiens à ce qu'il sache que ce n'est ni par faiblesse, ni par coupable Lndifférence que je m'impose l'obligation de conserver, jusqu'à décision supérieure, une position que le sentiment profond du devoir peùt seul me contraindre à garder plus long temps.

496

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 223. Torino, 8 lugUo 1862, ore 10,30.

Reçu votre télégramme d'hier au soir sur le Prince de Carignan (1). Tenezvous à ce que je vous ai mandé hier à mon tour (2,).

497

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 224. Torino, 8 lugLio 1862, ore 11.

Nous avons reçu les communications importantes relatives aux projets du Parti Garibaldien (3). Nous :avons en conséquence pris toutes les dispositions nécessaires.

(1) -Cfr. n. 490. (2) -Cfr. n. 488. (3) -Cfr. nn. 477 e 481.
498

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 225. Torino, 8 luglio 1862, ore 11,30. Veuillez remercier tout particulièrement Thouvenel de l'empressement qu'il a mis dans ·cette importante affaire de la reconnaissance de la Russie. Hier au soir le Ministre de Prusse m'a lu et donné copie d'une note du Cabinet de Berlin, dans laquelle la reconnaissance de la Prusse n'est subordonnée qu'à certaines déclarations que nous avons déjà fait publiquement relatives à Rome et Venise (1). Le Roi ferait par son Ministre actuel à Berlin et par lettre autographe la notification officielle de son nouveau titre de Roi d'Italie et dès lors les rapports seraient rétablis sans meme renouveler les lettres de créance des Ministres respectifs. Je pense que dans le courant de cette semaine tout .cela sera parfaitement réglé. La Prusse a voulu traiter directement avec nous, elle veut agir indé

pendamment de la Russie, elle veut qu'on sache cela. Faites pour le moment un usage modéré de cette communication.

499

IL MINISTRO DEGLI ESTERI. DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 226. Torino, 8 luglio 1862, ore 11,45. La réponse de Russell a Brougham d'après laquelle la reconnaissance de

la Russie serait soumise à certaines conditions qui la rendraient incertaine a produit ici une fàcheuse impression. Donnez-nous des renseignements à cet égard.

500

IL MINISTRO DEGLI ESTERI. DURANDO, AL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO

T. CIFRATO 227. Torino, 8 luglio 1862, ore 12,15. Tout porte à croire que le Comité Romain est d'accord avec Garibaldi et le parti d'action pour faire une tentative sur Rome aidé par l'intérieur. Cette tentative insensée produirait un résultat opposé et reculerait encore la solution

de la Question Romaine qui est en bonne voie. Employez tous vos moyens pour la détourner soit à l'intérieur soit à l'extérieur.

501

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 332. Parigi, 8 luglio 1862, ore 13,50 (per. ore 15,35). J'envoie aujourd'hui un Courrier à Turin avec dépeche ·portant la commu

nication officielle de la reconnaissance de la Russie. Thouvenel envoye également aujourd'hui à la Légation de France à Turin la meme communication..

(1) Cfr. n. 474.

502

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 333. Parigi, 8 luglio 1862, ore 15,25 (per. ore 18,05). La dépeche russe dit que le Czar par suite des assurances qu'il a reçues et dans le but d'aider le Gouvernement du Roi à continuer dans la voie d'ordre qu'il suit est pret à recevoir un Envoyé du Roi d'Italie et à rétablir les relations diplomatiques. La dtWeche ajoute que le Gouvernement Russe a Iieu de croire que le fait mentionné dans les communications précédentes·sur les conciliabules avait réellement existé et que le Cabinet de Pétersbourg espère que le Gouvernement du Roi voudra régler selon l'équité la position financière de François II, s'il consEJnt à se éloigner de l'Italie. Thouvenel n'a pars voulu relever ce,s deux derni:ères clauses, ,ce n'est donc pas exacte de dire que la reconnaissance est subo:rdonnée à des conditions. Elle peut etre considérée en ce moment comme

un fait accompli; sans entrer en détails vous pouvez démentir l'existence de conditions qui la rendraient incertaine.

503

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 334. Parigi, 8 luglio 1862, ore 16,50 (per. ore 18,15). L'Ambassadeur de Russie est venu en personne me prier de faire parvenir au Roi les remerciements du Czar pour les sentiments que S. M. lui a fait témoigner à l'occasion de l'attentat sur le Grand Due Constantin. Ne prenez aucun

engagement sur la personne à envoyer à Pétersbourg avant d'avoir reçu mes dépeches d'aujourd'hui (1).

504

IL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 335. Belgrado, 8 luglio 1862, ore l(} (per. ore 23,50). Le bateau à vapeur de guerre turc Silistria est arrivé à Severn en face de la cote Serbe. Aali-P.acha a dit au Capitaine Kyaia Serbe que ce bateau est destiné à se mettre à la disposition de la forteresse de Bel.grade. Les Serbes considèrent leur droit lesé vu que par traité il ne peut etre établi des forces turques en déhors des forteresses. Ils chargent leurs représentants de communiquer cela à Aali-Pacha ainsi qu'aux représentants des Puissanc·es et que. présence du bàteau peut produire des agitations meme un conflit. Les habitants de Belgrade continuent à se retirer de la ville et enlever leurs marchandises, plus de commerce,

presque plus d'habitants; les Serbes sont à ce qui disent résolus d'abandonner la ville si les Tures n'évacuent pais la forteresse.

33 -Dowmenti diplomati.ci -Serie I -Vol. II.

(1) Cfr. 1m. 507, 508 e 509.

505

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. RISERVATO 14. Bujukderé, 8 luglio 1862. Ieri mi recai a visitare S. A. Aalì Pascià nel suo Yalì sul Bosforo. Gli dissi ch'ero istrutto della prossima convocazione delle conferenze allo scopo di appianare le difficoltà surte tra il Governo Serbo e l'Ottomano. S. A. Aalì Pascià rispose: che nulla erasi per anco deciso sulla riunione delle conferenze, ed avendogli io espresso la ferma speranza che veruna difficoltà sarebbesi frapposta alla nostra partecipazione, replicò, che il governo della Sublime Porta al certo sarebbesi astenuto dal farne, come, aggiunse, non ebbe a farne all'occa,sione in cui si tennero quelle per l'organamento dei Principati-Uniti. In vista della necessità di tenermi, nelle vresenti occorrenze, al corrente di quanto meditasi dal corpo diplomatico intorno alle coruferenze, stabilii per alcuni giorni il mio domidlio a Bujukde.ré: ed infatti tra ieri ed oggi ebbi l'opportunità di conferire con parecchi de' miei colleghi delle maggiori potenze. L'ambasciatore di Francia mi disse che la situazione delle cose in Serbia, mantenendosi sempre grave, si affretterebbe la riunione delle confer·enze e cre

deva quindi ·che la loro apertura potrebbe aver luogo entro una diecina di giorni. Mi promise il suo concor;;o nel caso di difficoltà ma mi consigliò di preg1are

V. E. ad interessarne direttamente i gabinetti di Parigi e di Londra.

Il Principe Lobanow aspetta tuttora istruzioni particolareggiate, intanto mi assicurò che per parte sua non farebbesi la menoma obbiezione al nostro intervento e ch'erasi espresso in questo senso con S. A. Aali Pascià. Ritengo poi che se in questo frattempo accadrà la ricognizione del Regno d'Italia per parte della Russia, avremo in questa un potente alleato che appoggierà i nostri reclami al posto che abbiamo diritto di occupare.

Il Barone Werthern Ministro di Prussia manca di istruzioni nè crede rice

verne ·così presto, in ogni ,caso mi disse, confidenzialmente, che lungi dal farci

opposizione sarebbe assai lieto della nostra partecipazione alle ·conferenze.

Avrei vivamente bramato incontrarmi con S. E. Sir H. Bulwer le ·cui istruzioni stanno per il concorso di tutte le potenze garanti alle conferenz:e, ma in questa epoca dell'anno egli è pressochè introvabile: ·così stò spiando l'istante in cui farà un'apparizione sul Bosforo. Se mai ritardasse di troppo in allora mi rivolgerò a lui per iscritto e lo richiederò del 1SUO appoggio e come de·cano del nostro corpo diplomatico e come rappresentante d'un governo che ci diede tante segnalate testimonianze di simpatia e d'amicizia. Non ho d'uopo d'insistere presso V. E. per dimostrarLe che, atteso il carattere fantastico e contradicente di questo diplomatico sempre animato da sentimenti ostili all'Italia e parziali per l'Austria, v'ha luogo a temere che non impieghi a nostro favore tutta quell'energia e quello zelo che siamo in diritto da attendere da un rappresentante dell'Inghilterra.

Se poi mi è lecito l'esprimere il mio convincimento rper rapporto al risultato delle prossime conferenze, dirò alla E. V. ch'esso sarà nullo. Il Principe Michele di Serbia pretende la ·consegna delle fortezze presidiate dai tur.chi o per quanto meno la loro demolizione. Il governo ottomano è deciso a non fare veruna concessione in questo senso e prepara.si a spingere le .cose ad ogni estremità. Sono avvertito che all'arsenale di Top Hanè lavorasi indefessamente alla fabbricazione di cannoni rigati, che alcune batterie già furono incamminate per il Danubio nascoste su navi di commercio, rimorchiate però da vapori dello stato. Il Sultano è spinto alla resistenza dalle persone che lo avvtcinano e solo per atto di riguardo alla diplomazia europea accetta il tentativo di conciliazione offertogli col mezzo delle •Conferenze.

506

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. RISERVATO 15. Costantinopoli, 8 luglio 1862.

S. A. Aalì Pascià ieri nella sua conversazione ricondusse con ostentazione il discorso sulla presenza di Garibaldi in Sicilia.

Mancando di notizie positive a questo riguardo non potei contradire questa sua asserzione; solo gli lasciai intendere che la prossima venuta de' RR. Principi in Costantinopoli era un motivo sufficiente per credere che il Governo del Re non avrebbe permesso a veruno de' nostri il menomo atto di ostilità verso l'Impero Ottomano.

Sarebbe al certo da desiderarsi ·che il Marchese Caracciolo al suo arrivo in questa Capitale dissipasse dalla mente di Aalì Pascià ogni preoccupazione a questo proposito, preoccupazioni che l'Austria ad arte mantiene vive per alienarci sempre più l'animo di quest'uomo di stato.

Ringrazio l'E. V. del lieto annuncio del matrimonio di S. A. la Principessa Maria Pia con S. M. il Re di Portogallo (1). Supplico l'E. V. a voler deporre a' piedi del trono l'omaggio rispettosissimo de' miei più fervidi voti nell'occa.sione di così fortunato avvenimento.

Spero non essermi troppo allontanato dalla riserva raccomandatami in questa circostanza dalla E. V. ·coll'averne istrutto confidenzialmente S. E. l'Ambasciatore di Francia.

Qui unito mi pll"egio trasmetterle un dispaccio diretto alla E. V. dal Comm. Scovasso, del quale presi cognizione. Ai documenti annessi io ne aggiungo altro consegnatomi dal signor Ristich. Esso è un Memorandum ttrasmesso dal signor Garachanin ai Rappresentanti delle Potenze garanti (2).

507

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (Ed. in LV 4, p. 13)

R. CONFIDENZIALE 87. Parigi, 8 lugHo 1862.

La ·comunicazione ufficiale del riconoscimento del Regno d'Italia per parte della Russia, già annunziata per telegrafo, giunse ieri l'altro per dispaccio ordì

nario all'Ambasciata Russa a Parigi e fu da questa comunicata oggi al Ministro Imperiale degli Affari Esteri. Il Signor Thouvenel mi diede partecipazione del contenuto del dispaccio del Principe Gortchakoff di cui egli non ha ritenuto copia.

In detto dispacdo il Gabinetto di Pietroburgo annunzia a quello delle Tuileries che S. M. l'Imperatore Alessandro avendo trovato soddisfacenti le assicurazioni e le spiegazioni contenute nel dispaccio di V. E. del 16 giugno scorso, consente a ricevere un Inviato di S. M. il Re, incaricato di notificargli la costituzione del Regno d'Italia, ed a ristabilire le relazioni diplomatiche tra i due Governi d'Italia e di Russia. Il Principe Gortchakoff aggiunge che la risoluzione dello Czar ha per uno dei suoi scopi principali il pensiero d'aiutare con questo atto il Governo del Re a pe1·severaxe nella via d'ordine e di regolare amministrazione da esso seguita.

In seguito alla presente comunicazione ufficiale fattami dal Sig. Thouvenel e che Le sarà rinnovata dalla Le.gazione di Francia a Torino, l'E. V. potrà provocare gli ordini di S. M. per mandare senza ritardo a Pietroburgo un Inviato della Maestà Sua con incarico di annunziare allo Czar la costituzione del Regno Italiano.

F.o partire in corriere il Capitano Hawermann con missione di rimettere il presente dispaccio nelle mani di V. E.

(1) -Cfr. n. 484. (2) -Non allegati. Il memorandum serbo è in Archives Diplomatiques, 1863, I, pp. 116-118.
508

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE 88. Parigi, 8 luglio 1862.

Nel dispaccio russo, relativo al riconoscimento, si trovano due clausole che

il Sig. Thouvenel si astenne dal rilevare, ma di cui mi diede -confidenziale notizia.

La prima di queste clausole concerne il fatto asserito precedentemente di

conciliaboli che avrebbero avuto luogo in Italia contro la sicurezza dell'Im;pero

Russo. Il Principe GOtrtchakoff, dichiarando · però di non voler tornare sulla

questione, mantiene quanto era detto nelle ,precedenti sue comunicazioni intorno

all'esistenza di questi conciliaboli, benchè per avventura siano stati ignorati

dal R. Governo, ed accenna alla gita a Genova di Mieroslawski.

In secondo luogo il Principe manifesta la speranza che il Governo del Re

vorrà regolare, conforme ad equità e giustizia, la posizione finanziaria toccante

il patrimonio privato di Francesco II, quando questi consenta a lasciare l'Italia.

Com'ebbi l'onore di dire all'E. V. il Signor Thouvenel si astenne, com'egli

stesso m'annunziò, di rilevare questi due punti, di cui il primo trovasi eliminato

in seguito alle spiegazioni già date dal Governo del Re, ed il se-condo non po

trebbe ad ogni modo ammettere discussione, fuor·chè nel -caso di eventualità che

ancora non si verificarono.

Io credo quindi che, malgrado questi due appunti, H riconoscimento si deve

considerare come incondizionato ed ho ragione di •credere che sia egualmente

considerato per tale sia dal Governo Francese per cui mezzo fu trattato, sia dal'lo

stesso Governo Russo, essendosi il Barone di Budberg espresso meco in questo

senso in risposta alle mie domande.

509

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

(Ed. in CoLOMBO, 25)

L. P. Parigi, 8 luglio 1862.

Le mando il senso della comunicazione verbale fattami ufficialmente dal Signor Thouvenel sul riconoscimento della Russia. Un'eguale comunicazione Le sarà fatta ·contemporaneamente dall'Incaricato d'affari di Francia (1). Il riconoscimento è .fatto senza condizioni. Lo Gzar si dichiara pronto a ricevere l'Inviato del Re. Solamente il Principe di Gortchakoff, a ·guisa piuttosto di spiegazione che di recriminazione, osserva che i conciliaboli di ·cui parlò ·si rirfeTivano alla gita in Italia di Mieroslawski ed esprime la speranza che il Re si offrirà a regolare la posizione lfinanziaria privata di Francesco Il, quando questi consenta a lasciare l'Italia. Benchè questi due punti del dispaccio russo non costituiscano condizioni, benchè il Sig. Thouvenel abbia dichiarato di volersi astenere dal rilevarli, volli tuttavia domandare al Sig. Budberg alcune spiegazioni in proposito. Questi mi disse che il Gabinetto di Pietroburgo, accennando i due punti citati, non intendeva di porre condizioni di nessuna specie, bastando quanto al primo le assicurazioni date, e contenendo il secondo un semplice desiderio. Quanto a quest'ultimo, il Sig. de Budberg mi disse che se il Re faceva spontaneamente offrire allo Czar di regolare la posizione privata finanziaria di Francesco II se lascia l'Italia, ciò farebbe favorevolissima impressione sopra l'animo di S. M. l.

francese a Torino, De Massignac, era il seguente.

c La correspondance de la Iégation m'est parvenue jusqu'au 3 de ce mois et au n. 59.

Vous savez déjà par la dépèche télégraphique que j'ai eu l'honneur de vous adresser hier soir, que l'Empereur de Russie a résoJ.u de reconnaitre le royaume d'Italie. Mr. le Baron de Budberg, chargé de suivre ici la négociation qui a précédé cette résolution, est venu m'annoncer que son Souvei'ain était prèt à recevoir un envoyé du Roi Victor-Emmanuel et à pourvoir immédiatement après à la nomination de son représentant près Sa Majesté Italienne.

II m'a lu en mème tems une dépèche dans laquelle le prince Gortschakoff s'est attaché à indiquer les motifs qui ont déterminé la ligne de conduite suivie par son gouvernement dans une circonstance si importante.

Il résulte de cette communication que le Cabinet de Pétersbourg a été surtout guidé par cette considération d'un ordre supérieur et d'un intérèt général, qu'il importait d'aider le roi Victor-Emmanuel à affermir son pouvoir dans de telles conditions qu'il lui fiìt permis de triompher des opinions extrèmes, de maitriser les élémens révolutionnaires, et d'offrir à l'Europe les garanties d'un gouvemement régulier et en mesure de remplir ses obligations internationales.

Le gouvernement russe s'est cru d'autant mieux autorisé à suivre cette inspiration, quele cabinet de Turin a montré, dans des circonstances récentes. qu'il était véritablement résolu à résister à la violence des partis extrèmes en Italie, [cancellato: et que par la suppression de l'école polonaise à Cuneo il} et qu'il a donné des gages de la loyauté des déclarations et des engagements dont la dépèche de Mr. le général Durando à Mr. Nigra contenait l'expression.

Nous ne pouvons, Mr. [le COIIlte]. qu'applaudir à ces vues du Cabinet de Pétersbourg,puisque [sic] elles n'ont jamais cessé d'ètre celles du gouvemement de l'Empereur. Nous partageons aussi l'espérance, exprimée par Mr. le prince de Gortschakoff, que le gouvernementdu roi Victor-Emmanuel persistera et s'ffe!1mira de jour en jour davantage dans une politique qui en fortifiant son autorité au dedans aura pour effet de consolider ses relations avec les autres Etats. Nous pensons, en effet, avec le gouvernement russe, que l'Italie n'aurait qu'à perdre à encourager aucune entreprise révolutionnaire, et qu' elle doit s'attacher à se reconstituer dans les conditions de force et de stabilité qui lui sont propres, et à développ~er les élémens de sa prospérité et de sa grandeur sans faire appel à des auxiliaires qui ne pourraient que compromettre sa cause et lui aliéner' les sympathies que les gouvermens sont disposés à lui accorder.

Je vous autorise à donner lecture de cette depeche à Mr: le général Durando • (Archives Diptomatiques 1863, I, pp. 22-223, collazionato sulla minuta in Archives du Ministère des Affaires Etrangères, Paris, MSS, Corr. Pol., Italie, vol. IV, pp. 306-307, n. 29}.

Aggiunse poi che a suo giudizio Francesco II non accetterebbe nessun accomodamento di tal natura.

Il Sig. Thouvenel non tenne copia del dispaccio russo (1), ed agì prudentemente, perchè ·Così la base del riconoscimento poggerà unicamente sul dispaccio francese nel ·quale non è fatta, credo, nessuna menzione dei punti suddetti.

c Votre expédition du 16/22 juin a été placée sous les yeux de l'Elnpereur. J'y réponds

aujourd'hui d'ordre de Sa Majesté.

Je suis sur que le Gouvemement Français a parfaitement saisi les motifs qui nous inspirent nos résolutions actuelles dans la question italienne. Nous avons vo.ulu rendre d'abord un service personnel à la France, en contribuant à lui assurer en Italie une position dont, jele répète, no.us n'éprouvons aucune jalousie, parce que nous sommes persuadés qu'elle en ferait usage dans l'intéret de l'ordre et du repos général.

Nous n'avons pas varié un seui instant dans cette intention, et vous avez déjà pu en

donner l'assurance formelle à Mr. Thouvenel.

Ensuite nous avons été guidés par le désir de fortifier l'assiette du pouvoir du Roi

Victor-Emmanuel, afin de contribuer en tant que cela dépend de nous, à le rendre maitre

des opinions extrèmes et des éléments révolutionnaires qui s'agitent autour de lui, et afin

qu'il puisse se présenter à l'Europe avec un gouvernement sérieux, dont les relations se

déterminent invariablement par les règles du droit international.

Nous avons déploré, l'Europe le sait, les principes d'après lesquels s'est formé le nouveau

Royaume d'ltalie. Nous n'avons pas été seuls à les condamner, mais seuls no.us avons été

plus loin que le.s autres, en suspendant nos relations diplomatiques avec le gouvernement

du Roi Victor-Elnmanuel. Les convictions que nous entretenions à ce sujet ne se sont pas

modifiées. Nous n'avons pas cessé de regretter que la réalisation d'une idée, dont nous ne

voulons pas méconnaìtre la grandeur, ait été amenée par des moyens qu'on ne saurait ap_

prouver. Nous le regrettons d'autant plus que nos sympathies n'ont jamais fait défaut à

l'Italie, que nos intérèts, loin (le se heurter, peuvent souvent se confondre, et que le Piémont,

en particulier, conserve dans son histoire et ses traditions la preuve des dispositions qui de

tout temps ont animé les Souverains de Russie à son égard.

Si aujourd'hui nous faisons taire nos scrupules, c'est parce que, embrassant d'une

certaine hauteur les intérèts généraux de l'Europe, nous voyons dans un accord intilne avec

la France le gage d'un rétablissement des idées d'ordr.e si violemment ébranlé partout, que

dès lors, il nous a paru ilnportant d'établir également cet accord là où il n'existait pas,

c'est-à-dire dans une attitude autant que possible analogue vis-à-vis de l'Italie; et enfin

parce que le gouvernement du Roi Victor-Elnmanuel a montré ces derniers temps une dispo

sition prononcée à résister à la violence des parties extrèmes.

C'est de l'ensemble de ces considérations que découle la demande de garanties que

nous avons adressée au gouvernement du Roi Victor-Etnmanuel. Je les ai consignées dans

le télégramme que je vous ai expédié à la fin de mai.

Vous aurez certainement observé, et peut-ètre en aurez-vous été surpris, que toutes

ces garanties portent exclusivement un caractère social et antirévolutionnaire, sans se rattacher

à des questions purement politiques. Nous avons passé entièrement sous silence celle de

Rome et de la Vènétie. Nous l'avons fait, parce que nous voulions mettre le Roi Victor

Emmanuel en mesure de nous répondre dans le mème esprit de loyauté qui nous a animé en

lui adressant nos questions, et cela lui était d'autant plus •facile que !es solutions que nous

indiquions étaient conformes aux intérets de son propre pouvoir. En touchant à Rome et à

la Vénétie, nous l'aurions mis dans une fausse position. Il n'aurait pu que nous faire des

réponses ambigiies; nous comprenons que, dans la poursuite de la tàche qu'il a entreprise,

il ne poùvait pas se lier les mains par des déclarations explicites. Certes, nous sommes loin de

vouloir encourager le Roi Victor-Elnmanuel à la destruction de la souveraineté temporelle

du Pape, ni à l'essai d'enlever une nouvelle province à l'Autriche; nous laissons a sa propre

appréciation les dangers et les graves conséquences d<> ~emblables entreprises. C'est une de

ces questions réservées à la sagesse qui présiderait dans les conseils du Roi. Nous insisterons

cependant sur une nuance qui rentre dans l'ordre des idées sur lesquelles nous demandons

des garanties, c'est-à-dire que si le cas venait à échoir, aucun moyen révolutionnaire ne

fiìt mis en pratique.

Ayant écarté ainsi des garanties que nous avons demandés au Roi Victor-Emmanuel

celles qu'il ne pourrait pas nous offrir de bonne foi, nous devons etre d'autant plus explicites

et péremptoires sur les conditions de notre reconnaissance puisées dans l'ordre social. C'est

pourquoi de silnples déclarations, qui pourraient Iier un ministère et ètre désavouées par

celui qui lui succéderait, ne pouvaient pas nous suffire. Une question de principe et

d'intérèt positif de cette importance ne devait pas ètre livrée aux chances de la vie par

lementaire d'un pays. Il nous fallait des faits positifs engageant la royauté elle-mème

dans une voie qu'il ne dépendrait plus de ses organes du moment d'abandonner. En insistant

sur ce point, nous rendons à la royauté italienne, je le répète, un service réel, tout en

soignant les intérèts généraux de l'Europe.

Ce coup d'ceil rétrospectif achevé, j'aborde les communications que Mr. le Chargé d'affaires de France nous a faites d'après les ordres de Mr. Thouvenel, portant la date du 19 juin, et plus particulièrement la dépèche du général Durando au chevalier Nigra du 16 du mème mois. Quant à cette pièce j'y regrette, par exemple, le passage où Mr. le général Durando affirme que les vceux expr'ilnés par le Cabinet lmpérial quant à l'émigration polonaise dans le Royaume italien, vceux qu'il admet oomme étant conformes aux usages établis

Il Sig. Stackelberg, sarà scelto dallo Czar per rispondere alla missione che sarà dal Re inviata in Russia, dimodochè il Generale suddetto adempirà ad un tempo alla missione straordinaria e poi all'ordinaria e permanente.

Quanto alle persone da invirursi a Pietroburgo per notificare la costituzione del Regno d'Italia, S. M. il Re potrà scegliere o fra i personaggi politici come

entre toutes les nations civilisées, auraient été remplis par anticipation par le gouvernement du Roi Victor-Emmanuel. Mr. le général Durando assure, nommément, qu'il n'est pas à sa connaissance que des conciliabules polonais dirigés contre l'intégrité de l'Empire Russe aient eu lieu dans les Etats du Roi.

Tous les renseignemens parvenus à notre connaissance ne nous permettent pas d'adhérer à cette supposition. Toutes les fois que Mieroslawski et consorts ont paru à Génes, ils y ont librement organisé des conciliabules avec les émigrés dans des vues directement hostiles à la Russie. Sous ce rapport, l'autorité locale a usé plus que de tolérance, et sa conduite a, jusqu'à un certain point, rapellé cene qu'elle a observée lors de l'expédition de Garibaldi en Sicile, qui a été accompagnée des mémes dénégations de la part du gouvernement.

Au reste notre intention n'est nullement de récriminer ni d'épiloguer sur le sens de la dépéche de Mr. le général Durando. J'ai voulu seulement indiquer qu'à l'instar de notre maniere de procéder, nous eussions préféré une explication parfaitement franche avec ses avantages et ses écueils.

Tout de méme, mon cher Baron, l'imprèssion générale des déclarations du gouvernementdu Roi Victor-Emmanuel est satisfaisante. Un fait d'une portée réelle a été accompli par la suppression de l'Ecole polonaise à Cuneo. L'engagement positif de ne point former de légion étrangère avec des élémens contraires à la Russie est donné; des menées dirigées contre nous ne seraient plus tolérées dans les Etats du Roi, et aucune action révolutionnaire n'entre dans les combinaisons de la politique du Cabinet de Turin. C'est un faisceau de preuvés ou au moins de bonnes intentions, qui nous donne l'espoir que le gouvernement du Roi persistera et prospérera toujours davantage dans une vaie qui, fortifiant san pouvoir chez lui, consoliderait les relations qu.'il entretiendrait et rétablirait avec les autres Etats de l'Europe.

Nous n'entrerons pas davantage dans le développement de ces questions. Nous élagueronsles détails qui en découlent nécessairement, c'est-à-dire tout encouragement aux amis de la Révolution donné ailleurs, en Grèce, en Orient, dans les Principautés, persuadés que le fond de notre pensée étant saisi et admis par le gouvernement du Roi Victor-Emmanuel, il tiendra à honneur d'en surveiller lui-méme l'application consciencieuse et loyale.

No.us ne croyons que l'Italie se reconstituant dans des conditions de force ait besoin de rechercher des appuis extérieurs de ce genre; nous pouvons affirmer qu'il lui suffit pour se développer et prospérer, de vivre de sa vie propre, et alors elle peut étre assurée que nous n'assisterons pas à cette reuvre en spectateurs indifférens, encore moins hostiles.

Je ne saurais m'abstenir de vous rappeler ce que je vous ai dit quant à la personne du Roi François II. La restitution de sa fortune est, aux yeux de notre Auguste Maitre, un acte de probité privée qui doit étre indépendant de toute considération politique, c'est-à-dire qu'on ne devrait dans aucun cas la subordonner à l'humiliation d'une renonciation quelconque et devrait étre faite au Roi François II. Il serait loisible à S. M. de refuser ou d'accepter.

D'ordre de l'Empereur, je me !SUis expliqué avec une entière franchise. Notre pensée, j'ose l'espérer, a été débarrassée de toutes Ies questions de détail qui auraient pu en obscurcir le sens; nous sommes disposés à entrer en relations régulières avec un gouvernementsérieux, fort chez lui, soucieux de sa dignité, comprenant les devoirs internationaux que lui imposerait sa nouvelle .situation. En un mot nous faisons une déclaration loyale, à laquelle nous aimons à étre pensuadés que la méme loyauté répondra. Dès lors, récapituler en détail les consequences qui doivent découler des principes que nous posons, serait, à nos yeux, ne pas se piacer à la hauteur des circonstances ni rendre justice aux sentirnents que les assurances contenues dans la déclaration de Mr. le général Durando nous autorisent à supposer au gouvernement du Roi Victor-Emmanuel.

Je vous engage à donner lecture à Mr. le Ministre des Affaires étrangères de France

de la lettre que je vous adresse aujourd'hui. Je désire que Mr. Thouvenel connaisse toutes

les nuances de notre pensée dans les termes mème où je vous l'ai exprimée. C'est une preuve

de confiance que je crois lui devoir, et dont je m'acquitte avec un plaisir réel. Il dépendra

de Mr. Thouvenel de faire parvenir l'exposé que ma lettre contient à la connaissance du

Cabinet de Turin en réponse à la dépéche de Mr. le général Durando. S. E. pourra faire

savoir, ainsi que je vous l'ai dit dans mon télégramme de la fin de mai, que notre Auguste

Maìtre est prét à recev<oir une mission munie d'une lettre du Roi, et destinée à rétablir

nos rélations avec le Cabinet de. Turin.

Aussitòt après, l'Empereur procédera à la nomination de san représentant près S. M.

le Roi d'Italie •. (Archives du Ministère des Affaires Etrangères. Paris. Mss. Mémoires

et Documents. Papiers de Thouvenel vol. XIV, pp. 273-276. Copia).

Congedato dal ministero degli Affari Esteri, il Thouvenel più tardi comunicò al Nigra

questo dispaccio e il Nigra lo trasmise al ministro degli Affari Esteri Pasolini (ma nelle

Carte Pasolini a Ravenna manca) col seguente commento il 15 gennaio 1863: c Il sig. Tho.u

venel m'ha comunicato, ora solamente, e in via privata un documento che per essere antico,

non perde della sua importanza, e la cui notizia può esserle utile in questo momento in

cui si tratta della nomina d'un Ministro del Re a Pietroburgo.. È una lettera del Principe

Gortchakoff al Barone di Budberg sul riconoscimento dell'Italia. Thouvenel non me la comunicò

quando l'ebbe ricevuta, perché temeva che questo documento fosse di natura a spingerei sulla

via delle rivendicazioni. È notevole il passaggio concernente Roma e Venezia. Ne faccia, natu

ralmente, uso riservato e discreto •.

Ricasoli, d'Azeglio, Arese, o fra i generali della sua casa. Voglia però sottoporre

a S. M. la sconvenienza che ci .sarebbe a mandare a Pietroburgo il glorioso vin

citore di Gaeta. .&ppunto perchè vincitore di Francesco II, il ,generale Cialdini

non potrebbe essere scelto convenientemente per questa missione (1).

L'E. V. sa quanti riguardi ha lo Czar per l'antica casa di Napoli. Bisogna

evitare di ferirlo in questi suoi sentimenti. Quale poi che sia la scelta, abbia la

bontà di notificarmela per telegrafo.

Il Sig. Thouvenel parte per Londra per assistere alla distribuzione dei pre

mii agli esponenti, in mancanza del Principe Napoleone che è arrivato a Parigi

e di Rouher che viaggia coll'Imperatore in Alvernia.

(1) ll testo di questa comunicazione inviata 1'8 luglio dal Thouvenel all'Incaricato d'affari

(1) Il Thouvenel, invece, ne conservò copia nel suo carteggio privato col duca di Montebello, ambasciatore francese a Pietroburgo: è datato Tzarskoe-Selo, 20 giugno-2 luglio 1862 ed il testo è il seguente :

510

IL CONSOLE A SCUTARI, DURIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 45. Scutari, 8 luglio 1862. Avant'ieri questo Console di Francia volle darmi :parziale visione di un dispaccio del Signor Thouvenel, con cui si dà entière approbation (parole che lessi io) al suo operato all'occasione dell'arresto dell'Abate Mitrato dei Mirditi (appar rapporto n. «affari in genere:.) (2), e gli si dice che egli était pleinement en droit di lfare quello che aveva fatto. Confesso che tal piena approvazione data da un Ministro degli Affari Esteri di Francia, che è in pari tempo fra i più rimarchevoli uomini di stato del giorno, all'azione illegale, violenta, e virtualmente provocatrice di disordini evitati solo per mira.colo, e che se fossero avvenuti avrebbero potuto determinare un eccidio, confesso, dico, ·Che mi cagionò una inesprimibile sm-presa, colpa forse delle monche mie cognizioni di bene e male, di giusto ed ingiusto, di diritto d'ogni specie. Denunzio la suriferita approvazione come un sintomo evidentemente qualificativo dell'attitudine della Francia in Oriente. Il Console di Francia mi ditsse pure qu'il aurait fait toutes les i.njures possibles au Serdar-Ekrein, qu'il l'aurait blessé dans son amour propre, etc., etc. A tutte le sue parole risposi col più assoluto ,silenzio, e per quanto di nessun valore non ebbe da me una sola sillaba di felicitazione pella detta approvazione, e non l'avrà •mai. Abdi Pascià comandante del corpo d'armata di operazione nel Montenegro presso Spouz ha improvvisamente assunto il governo di questo Pascialik. Ieri ebbi occasione di dire a S. A. il Serdar-Ekrein che si aveva voluto farmi credere che Abdi Pa.scià era stato destituito del comando del suo corpo di armata. Dopo

alcune reticenze, S. A. finì per dirmi confidenzialmente ·che veramente Abdi Pascià era stato destituito perchè per cinque volte aveva disobbedito agli ordini

.

Le moment venu d'envoyer quelqu'un à Saint-Pétersbourg, le choix du baron Ricasoli me paraitrait très bon •.

suoi di marciare in avanti, impedendo così a Dervisch Pascià dopo la vittoria di Osbvog di riunirsi a lui, e di tenninare la campagna. S. A. mi disse che la scelta di Abdi Pascià a comandante di un corpo di spedizione nel Montenegro era opera del Ministero della ,guerra di Costantinopoli, e che quella scelta era dovuta alla influenza del figlio di Abdi Pasdà che è tuttodi creatura personalmente bene affetta al Gran Vizir.

Quello che io so del Circasso Abdi Pascià è che esso è decorato di un gran cordone russo, fattogli conferire da questo Console di Russia, come questo ultimo mi disse mesi sono; che questo Corusole di Russia gli andò incontro al suo arrivo qui e che giunti l'uno a portata deH'altro si gettarono scambievolmente nelle braccia; che il Console di Russia era in corrispondenza ep~stolare con Abdi Pascià dopo la costui rimozione dal Governo di Scutari avvenuta l'anno scorso; che il Corusole di Russia ha il ritratto di Abdi Pascià, e che l'Imperatrice di Russia volle essa pure averne una copia; che per ultimo il Console di Russia che ha i Turchi in conto di spine nell'occhio non mi parlò mai di Abdi Pascià senza un entusiasmo, senza una commozione che ho finito per trovar puerile.

Come già ebbi l'onore di riferire, il Principe del Montenegro non ac,cettò l'armistizio sì e come gli venne proposto dalla Francia. e rispose che per sola deferenza verso la Francia avrebbe accettato un armistizio puro e semplice. Ho poi fondatissimo motivo per affermare confidenzialmente alla E. V. che la Francia non insisterà forse più per consigliare l'accettazione di un armistizio qualunque al Principe del Montenegro.

(1) Cfr. quanto il Thouvenel scriveva al Benedetti in una lettera particolare il 26 giugno 1862 (L. THOUVENEL, Pages de t'histoi-re du Second Empire, Parigi 1903, p, 372): • J'espère que le courrier que M. de Budberg attend me donnera plus de satisfaction que l'entretien du prince Gortschakoff avec M. Foumier. Je ne puis admettre un instant que la Russie, en reconnaissant le royaume d'ltalie, nous rende un si grand service! et comme elle a plus besoin de nous en Orient que nous n'avons besoin d'elle en Italie, je me propose de le lui faire sentir assez nettement.

(2) Cosi nel testq. Ci si vuol evidentemente riferire al R. 42 c Affari in genere • . del 17 giugno 1862, non pubblicato.

511

IL PREFETTO A PALERMO, PALLAVICINO, AL CONSOLE GENERALE FRANCESE A PALERMO, PILLET

(Ed. in CRISPI, Carteggi politici inediti, p. 117 n.) Palermo, 8 luglio 1862.

J'ai l'honneur ·de répondre à votre lettre du 7 courant. Je ne puis qu'applaudir à la résolution que vous venez de prendre. Votl'e d~art pourrait nous créer des embarras d:ort graves: c'est un danger qu'il ifaut conjurer à tout prix. Conformement à vos désirs le Ministère de Turin sera instruit par moi de votre conduite à la d'ois digne et prudente. Il saura que ce n'est ni par faiblesse, ni pail' une coupable indifférence, que vous vous imposez l'obligation de conserver jusqu'à décision supérieure votre position actuelle. Veuillez agréer, M. le Consul Général, l'assurance de ma considération très distìnguée.

512

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL CONSOLE A MARSIGLIA, CASTELLINARD

T. 228. Torino, 9 lugLio 1862, ore 13. Pour votre :règle on a lieu de soupçonner que le Comité Bourbonien présidé par Ruffo à Marseille corresponde par le moyen du Consul de France à Génes avec les notabilités Bourboniennes de Naples. Le Consul transmettrait les corre

spondances à M. Pucci Commandant général de la Marine à Genes, lequel avec les papiers d'office les enverrait à Naples.

513

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 230. Torino, 9 lugLio 1862, ore 21,45.

Nous avons 'communiqué au Comte Brasster la lettre au Hoi de Prusse ainsi que la note qui vous est adressée pour la reconnaissance du Royaume d'Italie. Monsieur le Comte a trouvé la teneur de ces deux pièces de nature à pouvoir satisfaire le Roi de Prusse et son Gouvernement. Il serait de l'intéret commun de pouvoir dès demain, ou tout au plus après demain, annoncer au Parlement, en meme temps que la reconnaissance de la Russie, ·celle de la Prusse soit comme accomplie, soit comme imminente. Le Comte Brassiecr écrit dans le meme sens au Cabinet de Berlin.

514

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO,

AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

(Ed. in LV 4, pp. 14-15)

R. CONFIDENZIALE S. n. Torino, 9 lugLio 1862.

M. le Comte Br'assier de S. Simon est venu me donner ·communication d'une dépeche datée du 4 ·courant parla quelle le Comte de Bernstorff nous fait connaitre les nouvelles di.spositions du Gouvernement de S. M. le Roi de Prusse au sujet de la reconnaissance du Royaume d'Italie (1).

Cette communication, que l'attitude sympathique du Gouvernement Prussien ainsi que votre correspondance nous avaient fait pressentir nous cause une vive satisfaction, car elle térnoigne que les intentions du Gouvernement du Roi sont dignement appréciées par le Cabinet de Berlin.

Tout en tenant ·compte des difficultés intérieures et des raisons de convenance temporaire qui ont pu retarder cet acte, nous n'avons jamais cessé de penser qu'à son tour la Prusse estimerait à leur valeur les garanties d'ordre et de tranquillité que donne à l'Europe la reconstitution de l'Italie.

Cette puissance exprime cependant le désir d'obtenir de nous des déclacrations qui la rassurent sur certains points de notre politique intérieure et extérieure; ce à quoi nous adhérons d'autant plus volontiers que nous n'avons qu'à répéter celles que nous avons faites antérieurement dans les termes les plus explicites.

La question de la Vénétie parait préoccuper particulièrement le Cabinet de Berlin; à ses yeux, elle intéresse la siìreté de la Confédération Germanique. Suivant l'exemple de M. de Bemstorff, je ne discuterai pas id jusqu'à quel point la possession de Vénise par l'Autr.iche peut importer à la siìreté de l'Allemagne; je me réfère, à cet égard, au contenu de la note Circulaire que ce Ministère vous a adressé en date du 20 Mars dernier (2). Dans cette note nous signa

lions aux Puissances les dangers aux quels l'Europe est exposée par suite de la situation exceptionnelle de cette province italienne, ~retenue sous la domination étrangère; puis nous ajoutions que c'est aux Puissances qui ont crée cet état de choses qu'il appartient de pourvoir à 'la solution pacifìque de cette grande question. Il y a plus: en prévision du cas où des entreprises imprudentes viendraient à se former en déhors de l'action réguUère des pourvoirs constitués, le Gouvernement déclarait dans la mème note qu'il se sentait assez fort pour empèchex que la question de la Vénétie ne fiìt préjugée par des tentatives de nature à troubler l'état actuel des rélations existantes, et qu'on ne le verrait point faillir à sa tàche.

Ces engagements que le Gouvernement du Roi prenait envers lui mème et en face de toutes les Puissances, et qu'il n'a :pas de difficulté à renouveler ici formellement, ·ont été ·constamment tenus; et l'Allemagne, en ce qui la concerne particuHèrement, en a trouvé la preuve dans la répression prompte et complète de l'agression préparée sur quelques points de nos frontières ·contre le Tyrol. La fermeté déployée par le Gouvernement devant les pa.rtis extrèmes, l'appui éclairé que lui donne le pays dans l'ac·complissement de sa mission doivent ètre pour les Gouvernements conservateurs de l'ordire ·et de la paix en Europe des motifs irrécusables de se rassurer entièrement 1Sur les dispositions de l'Italie, manifestées d'ailleurs à plusieurs reprises par le Gouvernement du Roi.

Le Comte de Bernstorff, par déférence sans doute pour les susceptibilités réligieuses d'une partie de la population du Royaume de Prusse, touche à une autre question, celle de Rome. Nous ne sommes pas moins explicites à ce sujet qu'à l'égard de Vénise. Les hommes d'Etat qui se sont succédés au pouvoir en Italie depuis 1859, ont tous reconnu et proclamé hautement devant le Parlement national et devant l'Europe que cette question ne devait ètre résolue que par des moyens moraux et par les voies diplomatiques. Nous devons ajouter aujourd'hui que nous attendons avec assurance les résultats de cette politique, lrrévocablement tracée par les délibérations du Parlement; ces résultats, tels que nous les concevons satisferont ·en meme tems aux légitimes exigences des consdences catholiques et aux droits de l'Italie.

Je ne doute pas qu'après ces explications que vous communiquerez, M. le Ministre, au Cabinet de Berlin en lui donnant copie de cette dépeche, les dernières incertitudes qui pouvaient encore l'arrèter ne se dissipent, et que les anciens rapports d'amitié existants entre l'illustre Maison Royale de Prusse et celle de notre Auguste Souverain ne soient bientòt pleinement rétablis.

(1) -Cfr. n. 473. (2) -Cfr. n. 186, ripubblicata, perciò, in traduzione francese in LV 4, pp. 1-6.
515

IL MINISTRO A BERNA, JOCTEAU, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 336. Berna, 9 lugLio 1862, ore 9,50 (per. ore 12,25). Le Conseil Fédéral reçoit du Gouvernement du Tessin la ré;ponse suivante: Il n'existe à Mendrisio aucun Comité Italien, aucune apparence de réunion de volontaires, de personnes étrangères ni de transport d'armes. Tranquillité com plète à Mendrisio et dans les distrtcts. Ces informations concordent avec celles

d'un employé fédéral à Mendrisio qui pense que nos informa.tions ne sont pas fondées. Une surveillance active continue.

516

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (1)

T. 337. Londra, 9 luglio 1862, ore 12 (per. ore 14,10).

D'apres ce que Lord Russell lui-mème m'a dit ,c'est d'apl'ès des données que lui a fournis une dépèche de Bloomfield qu'il a parlé à la Chambre.

517

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 231. Torino, l O luglio 1862, ore 11.

Reçu votre 'COurrier. Le Chargé de Fa.-ance est venu nous lire la dépèche de Thouvenel (2). C'est bien. Je prendrai immédiatement les ordres du Roi pour la Mission Extraordinaire à Pétersbourg. J'attends aujourd'hui un· télégramme de Berlin et nous espérons pouvoir annoncer aux Chambres la reconnaissance de la Russie, celle de la Prusse et le mariage de la Princesse Marie Pie tout en mème temps. Je réfléchirai sur le contenu de votre lettre particulière relative à la personne à envoyer à Pétersbourg.

518

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 340. Berlino, 10 luglio 1862, ore 12,55 (per. ore 14,50).

Le Roi étant absent de Berlin ce ne sera que demain matin que V. E. recevra réponse au télégramme de hier au soir (3).

519

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINIS.TRO DEGLI ESTERI, DURANDO ( 4)

T. 341. Londra, 10 luglio 1862, ore 13 (per. ore 15,55).

Lord Russell dit que quant aux conditions dont il a rparlé il a entendu la Prusse et les journaux ont confondu avec la Russie à cause de ressemblance de prononciation en Anglais; mais il pense du reste que la Russie a mis pour condition la dissolution de l'école polonaise.

(1) -Cfr. n. 499. (2) -Cfr. nota l al n. 509. (3) -Cfr. n. 513. (4) -Cfr. nn. 499 e 516.
520

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 342. Costantinopoli, 9 luglio 1862, ore 14,30 (per. ore 18 dellO).

L'Ambassadeur de France m'a dit que les COil!férences se réuniront dans une dixaine de jours, il appuie notre admi.ssion; la Porte, Prusse et Russie ne feront objection contre nous. J'ignore encore les dispositions de l'Autriche. La situation en Ser:bie est toujours plus tendue, la Turquie a expédié un navire de guerre par le Danube à Be1grade. Le Prince Miche·! demandera aux Conférences la rémission des forteresses, sans la [sic]' on devra avoir recours aux armes.

521

IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 72. Atene. 10 luglio 1862.

Nell'ultimo mio dispaccio (1) V. E. veniva infovmata della partenza del Signor Elliot. Ora, aggiungo che si dà per sicuro il signor Elliot congedandosi dal Re Ottone avergli significato ex offìcio l'approvazione amplissima che Lord John Russell à espressa intorno al programma m'inisteriale di cui io mandavo copia nella mia relazione del 12 giugno n. 66 (2). Altre volte aver dovuto quel Lord dubitare delle promesse o a dir meglio del vedere francamente eseguite le promesse del Ministero ellenico. Questa volta dargli fiducia le parole di S. M. contenenti la sua ferma deliberazione di volere che il governo proceda nelle strette vie costituzionali.

Similmente, credo di sapere ·che il signor Elliot à comunicato alle autorità elleniche l'intenzione del governo Britannico di approvare un voto esp-resso dal parlamento jonio di pareggiare in tutto le navi greche del Regno a quelle delle Sette isole rispetto alle libertà commerciali e ai diritti portolani e persino al commercio di costa. Dubito molto che i greci di qui vogliano in ricambio concedere a quegl'isolani il -commercio di costa del Regno ellenico. Ma quando ciò accadesse, noi ci avremmo subito la nostra parte in virtù dei trattati nè io mancherei di richiederla. Ma dico di dubitarne; perchè nei greci del Regno è molta gelosia di quella sorta di commercio e ve n'è altrettanta in genere per ogni connazionale nato fuori di qui e chiamato eteròctono che vuoi dire forestiero. Meschinissima .gelosia che va forse scemando in Atene dove sono pochi gl'indigeni e cresce la istruzione comune; ma che pur troppo è viva e ardente tuttora nelle provincie e in ispecie nel Peloponeso.

Grandemente mi -sono compiaduto .che V. E. approvasse la massima significatale più d'una volta che \gl'interessi italiani e la causa generale della civiltà vogliono vedere robusto in Levante e prospero l'elemento gre.co, solo contrappeso allo slavismo -che da ogni parte prorompe e viene mufruttuato ogni giorno più dalla potenza moscovita. Ma con ,dispiacere debbo altresl ripetere a V. E. che

quell'elemento è per le intestine discordie assai debole ed è al tutto impreparato

al conflitto grave ed anzi terribile che può forse da un dì all'altro scoppiare fra

il tur·co e l·e popolazioni cristiane a lui soggette. Non credo ciò che si vocifera

da alcun giornale ·europeo essere la Grecia .prossima ad una ·conflagrazione popo

lare contro il presente stato di cose. Mancano (come iteratamente io scriveva)

capi abili ed autorevoli alla rivolta; e se la fede che spira il .governo è scarsa,

quella che ·spirano i demagoghi non è maggiore. D'altro lato, il Ministero non à

forza morale alcuna e pochissimi e quasi niuno aspetta il bene dal Re e g'li si

serba affezionato. La necessità sola tiene in piedi lui ed il sistema. presente. Nella

stessa truppa rimasta fedele v'è magagna. Il tesoro poi è in tali secche da spa

ventare ogni anima più sicura, e'del credito publico non v'è più vestigio. La na

vigazione ed i traffichi non osano ripigliare l'attività passata che pure non era

stragrande. I greci banchieri dimoranti fuori di Grecia e stati insino al dì d'oggi

liberalissimi del loro denaro inverso la patria (esempio raro e gpecchiato !per

qualunque paese) dkhiarano di voler chiudere al tutto gli scrigni e si pentono

delle somme spedite. Per verità, di parecchie di queste o non si à dato nessun

buon conto o si fece uso al tutto contraa-io alle intenzioni dei donatori. Quanto

alle riforme promesse ed incominciate, io già dovetti significare a V. E. come

per mio giudicio il .governo siesi immediatamente gittato nella falsa via man

tenendo una Camera di deputati spregiatissima e odiatissima insieme e di più

incaricandola di riformare le istituzioni più malagevoli ad esser corrette e in

cui s'incardina ogni libertà e l'edificio intero costituzionale.

Ciò non astante, se i Ministri nuovi proseguissero a mostrare nell'opere loro

quel rispetto per le franchigie pubblicate e per l'osservanza della legge che in

alcuno atto loro speciale si è lasciato ravvisare, il paese stanco, sfiduciato ed

incredulo come è, nè molto progredito nell'educazione politica, piglierebbe viva

speranza dal fatto; e posto che in qualche modo si pervenisse ad effettuare un

leale reggimento parlamentare, del certo non ·chiederebbe con troppa curiosità

se siano state !buone o cattive, se rette o distorte, se rapide o lunghe le vie cal

cate per arrivarvi. ò dovuto assai volte concludere le mie relazioni a V. E. su

questo proposito con dire che tutto ciò è da desiderare e sperare ma non si fonda

in molta probabilità di successo.

Le rinnovo, pertanto, preghiera caldissima di insistere appresso al Governo greco e segnatamente appresso al capo non responsabile di riconoscere la gravità estrema delle circostanze e riconciliarsi compiutamente •Col popolo suo abbracciando con franchezza e schiettezza le libertà pubbliche, lasciando governare a ·chi tocca e ponendo tutti i suoi sudditi nella necessità di incolpare non lui ma se stessi degLi errori che si ·commettono e dei traviamenti che si deplorano. Se l'autorità del Regno d'Italia non osa competere con quella dell'Inghilterra, è divenuta nondimeno assai rispettabile e l'aura popolare le cresce ogni giorno

un pò d'efficacia (1).

(1) -Kon pubblicato. (2) -Non pubblicato.

(1) Notazione marginale del Durando: • Non manchi il nostro Ministro d'insistere su questa via. Ma purtroppo è a temersi che la nostra ingerenza eccessiva non dia luogo a sospetti e a diffidenze •.

522

CIRCOLARE TELEGRAFICA DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

T. 235. Torino, 11 luglio 1862, ore 15. J'ai communiqué aujourd'hui au Parlement la reconnaissance du Royaume d'ltalie par la Russie comme un fait accompli; celle de la Prusse comme un fait

imminent. Les deux Chambres envoyent une députation au Roi pour le féliciter du mariage de la Princesse Marie-Pie avec le Roi de Portugal.

523

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO

T. 236. Torino, 11 luglio 1862, ore 23,30. J'ai communiqué aujourd'hui au Parlement la reconnaissance du Royaume d'Italie par la Russie comme un fait accompli; celle de la Prusse comme un fait imminent, et le mariage de la Princesse Marie-Pie avec le Roi de Portugal. Faites comprendre aux Romains l'importance de ces faits pour la solution de la Question de Rome; ils ne doivent désespérer de la diplomatie, il faut qu'ils aient patience et confiance, qu'ils ne fassent aucun trouble à l'intérieur et qu'ils ne prennent

aucune part à des folles tentatives extérieures; qu'ils respectent la France et leurs vreux seront exaucés.

524

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI, AL PREFETTO A PALERMO, PALLAVICINO (Ed. in CRISPI, Carteggi politici inediti, p. 117 n.)

T. Torino, 11 luglio 1862. Il governo è dolente per le informazioni avute del discorso di Garibaldi contro l'Imperatore e non comprende come le autorità locali abbiano assistito senza nulla osservare tirattandosi di un'offesa diretta contro il capo di una nazione alleata. Attendo da Lei più precisi ragguagli per vedere ciò che dovrà farsi. Quanto agli arruolamenti di cui si parla, mi sembra che non potrebbero occorrere istruzioni; la legge non permette ad alcuno di fare arruolamenti il cui diritto spetta esclusivamente al Governo. A Lei, come a tutti i funzionari, in

combe lo stretto dovere di fare rispettare la legge ed impedire che venga in qualunque modo violata.

525

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 344. Londra, 11 luglio 1862, ore 5,20 (per. ore 7,40).

Avant que S. A. R. prit une détermination quant à la cérémonie j'ai été informé d'une manière positive que si comme il était probable l'Ambassadeur

d'Autriche réclamait son droit de préseance, le Foreign-Office malgré sa bonne volonté ne pourrait refuser d'y obtempérer, j'ai été le premier à conseiller à

S. A. R. de s'albstenir et j'y vais à ,sa piace; comme nous avons mi.s la cho,se sur le compte de la santé de S. A. R. la question diplomatique n'a pas du etre discutée officiellement. Hier j'ai vu Lord Palmenston avant qu'il ne se rendit à la Chambre et j'ai pu faire en sorte qu'il répondit dans le sens que vous désirez quant à la reconnaissance de la Russie, mais Lord Russell qui avait lu la dépeche russe me soutenait hier au soir encore qu'à deux reprises il est question de garanties données.

526

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 345. Costantinopoli, 10 luglio 1862~ ore 19,10 (per. ore 8 dell'(1). L'Ambassadeur d'Angleterre a demandé officiellement à Aali Pacha la réunion des Conférences pour les a:ffaires de Serbie; Aali Pacha y a consenti; les Conférences s'ouvriront donc la semaine prochaine ici. Les représentants de France et d'Angleterre ont demandé instructions à leurs Gouvernement pour le cas où l'Autriche ferait opposition à notre admission. Veuillez bien dans tous

les cas envoyer au plus tòt v01s instructions et me dire si la reconnaissance du Royaume d'Italie par la Russie est officielle.

527

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 347. Berlino, 11 luglio 1862, ore 0,16 (per. ore 14,15). Le Comte de Bernstorff m'a dit qu'il n'avait pas d'objection à ce que V. E. informe le Parlement qu'elle croit pouvoir annoncer aussi que la reconnaissance

de la Prusse est très prochaine. Il attend avec confìance les documents de Turin. Il ne m'a pas été possible d'obtenir réponse plus explicite.

528

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 410. Berlino, 11 luglio 1862. J'ai reçu à une heure avancée de la nuit le télégramme que V. E. m'a fait l'honneur de m'espédier le 9 c. t. (1). Le Comte de Bernstorff m'a accordé une audience le lendemain matin a onze heures avant midi. Je lui ai exposé le désir exprimé par V. E. Il a décliné de m'autoriser à

signaler la reconnaissance de la Prusse, comme une chose accomplie, avant la réception des documens annoncés de Turin. J'ai diì me rabattre alors •su:r le mot

imminent. Grace aux argumens que j'ai développés à cet égard il me paraissait assez disposé à admettre cette expression, mais il n'osait se prononcer pour l'affirmative sans avoir pris les ordres du Roi. A cet effet il.voulait télégraphier à Sa Majesté qui se trouvait dans un de ses palais près de Potsdam. Je l'en ai dissuadé en l'engageant à en parler de préférence de vive voix, puisque dans quelques heur-es H devait s'aboucher avec son Souverain à l'occasion d'une fete offerte à la mission Persane. Une simple démarche par télégraphe, je l'ai dit an toute franchise, ne permettait pas d'entrer dans toutes les considérations que j'avais présentées à S. E.

Le Comte de Bernstorff a bien voulu se conformer à mon avis, et m'a prié de repasser dans la soirée au Ministère pour entendre sa réponse qui m'a en effet été donnée, -et que vers minuit j'aì transmise télégraphiquement à V. E. (1).

* (2) Monsieur de Bernstorff avait rencontré quelque résistance; le mot imminent avait paru trop accentué, et il a dù s'en tenir à .c·elui de très prochain. La distinction est subtile, mais elle peint le caractère du Roi *. Sur ce point son Mini:stre des Affaires Etrangèr·es m'a fait quelques révélations curieuses à noter.

*La dépeche Prussienne du 4 Juillet était à peine expediée, que Sa Maj-35té fìt demander au Comte de Bernstorff, de la lui soumettre une seconde fois, car il importait dans une question aussi grave, de ne s'engager qu'a bon escient! Heureusement que le Comte de Bernstorff a pu dire en toute vérité que cette dépeche avait déjà pris son vol. Le lendemain, le courrier Russe apportait une lettre de l'Empereur Alexandre insistant pour une action combinée entre les deux Cours du Nord. Nouveaux scrupules, crainte que la Russie ne se formalise de ce que le Cabinet de Berlin ait transmis des instructions au Comte Brassier avant de les avoir communiquées à St. Péters·bourg. Le Roi Guillaume voula·it alors que Monsieur Brassier reçtlt l'ordre de retarder la remise de la dépeche précitée du 4 Juillet. Monsieur de Bernstorff put heureusement encore déclarer qu'il était trop tard, puisqu'à cette meme date de son còté et du mien nous a:vions annoncé cette démarche de la Prusse par télégrammes; et que d'ailleurs elle était indiquée du moment où il avait été décidé qu'il n'était pas de la dignité du Gouvernement Prussien de se soumettre à l'étrange prétention de la Russie que la Prusse emboitàt son pas dans un délai de 24 heures •.

Ces révélations me donnent complètement raison d'avoir su engager le Comte de Bernstorff à nous annoncer dès le 4 Juillet par le télégraphe la démarche dont il s'agit, et à transmettre le meme jour au Comte Brassier les documens y relatifs.

D'après ces détails V. E. peut voir que si en apparence tout marche bien, il y a dans les coulisses des échappemens à recul qui pourraient retarder l'accomplissement de nos désirs.

Le Comte de Bernstorff a néanmoins bon espoir, surtout si, camme il l'espère, le Comte Brassier ne s'est pas mépris dans le jugement qu'il a porté sur notre réponse. Dans le cas contraire, le Cabinet de Berlin se croirait délié de tout engagement. Il y a une autre circonstance qui me met aussi un peu en

·34 -Documenti diplomatici • Serie I -Vol. II.

garde contre des prévisions trop optimistes. Le secret des négociations n'en est plus un pour personne du moment où le parlemtmt Anglais en a eu connaissance. L'Autriche et les Etats de Wiirtzbourg vont intriguer de plus belle pour · nous mettre des bàtons dans les roues. Je m'en réfère d'ailleurs à mon rapport

N. 409 (1).

Si tout allait pour le mieux le Comte de Bernstorff pense que lors meme que le Gouvernement Russe ait précédé la Prusse par des déclarations qui le lient dès à présent, il sera du moins possible au Cabinet de Berlin d'arriver en meme tems, ou à très courte distance, pour l'accomplissement des formalités qui se rattachent à cet acte.

(1) Cfr. n. 513.

(1) Cfr. n. 527.

(2) I passi tra asterischi sono riprodotti in Die av.swèirtige Politik Preussens, 1858-1871, II, 2, nota 3 e nota 7 del n. 472.

529

IL CONSOLE A ROMA, TEGCIO DI BAYO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 355 (annesso al R. 201). Roma, 11 lug-lio 1862 ..

Je m'empresse de rassurer V. E. au sujet de sa dernière dép&he chiffrée (2). Le Parti libéral ici déplore les excès de Garibaldi et meme ses amis intimes les désavouent. Vrai Parti d'action n'existe pas à Rome; s'il y a quelque chose à craindre c'est plutòt près la frontière napolitaine surtout à Anagni, mais ce ne sont que des fractions sans ramification que la surveillance des troupes françaises pourrait déjouer. J'ai conféré avec réserve avec le Comité, il agira selon les vues du Gouvernement de S. M. dans lequel il a pleine confiance et il croit pouvoir répondre de meme des Comités des Provinces.

530

IL PREFETTO A PALERMO, PALLAVICINO,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI

(Ed. in CRISPI, Carteggi politici inediti, p. 118)

Palermo, 11 luglio 1862.

Se Torino conoscesse meglio Palermo, forse l'E. V. non disapproverebbe la condotta da me tenuta, la quale mi fu imposta dalla logica inesorabile degli avvenimenti. A questi avvenimenti io non ebbi alcuna parte, ma sono costretto a subirne le conseguenze. Ella non comprende come io assistessi senza nulla osservare ad una filippica contro il capo di una nazione alleata. Ma poteva io fare osservazioni trattandosi di un discorso accompagnato dagli applausi di 50000 spettatori ebbri di entusiasmo ed infiammabili come il loro vulcano? Ogni osservazione sarebbe tornata inutile, anzi dannosa. Se l'Oratore avesse ingiuriato il Re, o fallito ai principii proclamati dal Plebiscito, io avrei certamente protestato, anche a costo di esporre il paese ai pericoli di una rivoluzione; ma l'alleanza francese non è un principio, non è un fatto nazionale: è un fatto unicamente ministeriale che può essere diversamente giudicato. Il Generale Garibaldi poteva dunque condannare questo fatto senza offendere le nostre leggi.

L'E. V. non s'illuda. Qui esistono tutti gli elementi di una rivoluzione che scoppierebbe infallibilmente se il Governo si scostasse da Garibaldi. Ma quali sarebbero le conseguenze probabili di una rivoluzione palermitana? La rivoluzione di tutte le province meridionali, e la perdita delle Due Sicilie. Ecco il pericolo supremo che Torino non conosce e non vuoi conoscere. lo l'ho scongiurato fin'ora: questa è la mia colpa.

La coscienza mi dice che ho fatto bene; e sono tranquillo. Se l'E. V. crede il contrario può richiamarmi; io mi giustificherò innanzi al Parlamento. Forte della mia coscienza non temo nulla; non il giudizio dei contemporanei, non quello dei posteri.

(1) -Cfr. n. 492. (2) -Cfr. n. 500.
531

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 237. Torino, 12 Zuglio 1862, ore 11.

Télégraphiez-moi aussitot que vous aurez communiqué au Ministre Bernstorff la note que le courrier vous apporte (1) afin de la communiquer au Parlement. Je voudrais meme pouvoir le faire avant si cela était possible et convenable.

532

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 238. Torino, 13 Zuglio 1862, ore 12.

Difficultés graves pour envoyer à Pétersbourg un des hommes politiques que vous indiquez. Le Roi désirerait envoyer Cialdini; hors de lui il y a des difficultés pour envoyer un autre militaire. Voyez si vous le jugez opportun l'Ambassadeur Russe et tàchez d'arranger cela confidentiellement. Nous ne ferons rien qui puisse etre désagréable à la Russie et attendrons vos ultérieures informations meme s'il le faut de Pétersbourg.

533

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI

T. 239. Torino, 13 Zugl!io 1862, ore 15,45.

Réponse à votre réservée du 2 Juillet (2). Abstenez-vous d'encourager des entreprises et des individus sans une recommandation toute spéciale de ce Ministère.

(1) Cfr. n. 514.

(2) ~fr. n. 466.

534

IL CONSOLE A SCUTARI, DURIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 350. Scutari, 13 luglio 1862, ore 11,55 (per. ore 16).

Le Consul de France ayant amené son pavillon j'ai accepté la protection des intérets français qu'il m'a fait l'honneur de me confier. Les cano.ns de la forteresse aimoncent la réunion de Dervich et Abbi Pachas dans le Monténégro.

535

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 351. Parigi, 13 luglio 1862, ore 18,55 (per. ore 19,50).

L'Ambassadeur de Russie. et Mr. Budberg sont aux eaux, Thouvenel est à Londres, l'Empereur à Vichy, je ne crois pas pouvoir faire une communication de la nature de celle que V. E. m'a ordonnée à un simple Conseiller de Légation. Je vous conseillerais à :faire demander à Londres par télégraphe l'avis de Thouvenel qui a été l'intérmédiaire de toute la négociation.

536

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE 89. Parigi, 13 luglio 1862.

Ho l'onore di trasmettere qua unite a V. E. alcune informazioni ivtorno a progetti che s'attribuiscono al partito d'azione e a Garibaldi (1).

Fo questa comunicazione con tutta riserva, benchè la sorgente da cui le informazio!).i mi vengono sia degna di fede. Il Governo del Re saprà senza dubbio discernere quanto di fondato vi possa esistere in esse.

537

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO (2.)

T. 233. Torino, 14 luglio 1862, ore 9.

Difficultés pour envoyer à Pétersbourg en mission extraordinaire un homme politique parmi ceux qui seraient indiqués. Parmi les militaires le Général Cialdini serait agréable au Roi et à tous; mais nous craignon.s les susceptibilités de la Russie. Priez de ma part Thouvenel qui a été l'intermédiaire de la reconnaissance de la Russie de sonder le terrain à cet égard de la manière qu'il jugera convenable.

(1) -Mancano gli annessi, ma cfr. Episodi, pp. 248-251. (2) -Cfr. n. 535.
538

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI

T. 240. Torino, 14 Zuglio 1862, ore 9,35. J'ai donné instructions au Marquis Caracciolo qui arrivera à Constantinople vers le 20. D'accord avec la France vous devez soutenir le règlement des affaire:; serbes dans le sens plus largement favorable à la Serbie, sans vous éloigner de l'esprit du Traité de Paris; allez m~me si vous le pouvez convenablement jusqu'à la démolition de la forteresse de Belgrade; mais ne pouvant obtenir cela insistez sur l'évacuation des familles musulmanes de la Serbie et de Belgrade; bien entendu avec tous les égards et ménagements dfts à 11humanité. S'il est question du droit héréditaire du Prince, soutenez-le; enfin en désespoir de cause appuyez

la subjection des fall),illes musulmanes aux Au.torités locales sur la plus grande base possible.

539

IL MINISTRO DEGLl ESTERI, DURANDO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI

T. 241. Torino, 14 Zuglio 1862, ore 13,15. Je vous ai télégraphié ce matin pour votre conduite. Si l'on vous exclue de la participation aux Conférences, vous devez faire une protestation digniteuse et ferme, la remettre à Aali Pacha avec copie aux représentants des Puissances signataires du Traité de Paris qui ont reconnu l'Italie; vous pouvez le faire

officieusement à la Prusse. Concertez-vous sur cela avec l'Ambassadeur de France et télégraphiez-moi.

540

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 353. Berlino, 14 Zuglio 1862, O'l"e 15,20 (per. ore 17,10). Je viens de communiquer au Ministre des Affaires Etrangères votre dép~he 9 Juillet (1), il m'a paru satisfait de cette communication. Il la soumettra demain

au Roi absent aujourd'hui de la capitale; en attendant rien ne s'oppose à la publication des documents.

541

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 354. Costantinopoli, 14 Zuglio 1862, ore 18,25 (per. ore 23,20). Aali Pacha a formulé verbalement des plaintes assez vive:s sur l'attitude hostile de notre Consul à Belgrade enver,s le Gouvernement Ottoman. Je prévois que l'Autriche fera opposition à notre participation aux Conférences et intri

guera avec la Turquie pour nous exclure. Veuillez me dire en tout cas jusqu'où dois-je pousser mes réclamations.

(1) Cfr. n. 514.

542

IL MINISTRO A BERNA, JOCTEAU, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 273. Berna, 14 lugLio 1862. J'ai eu l'honneur de transmettre à V. E. avec une dépeche du 22 mai,

N. 1265 (1) le rapport présenté à l'Assemblée fédérale, par le Conseil fédéral, sur sa gestion pendant l'année 1861, pour ce qui conce:rrne le Départemen.t politique.

Je crois devoir maintenant mettre sous le yeux de V. E. J.e rapport de la Commission du Conseil des Etats qui a été chargée de donner son avis sur cette gestion.

Vous y verrez, Monsieur le Ministre, que cette Commission, tout en constatant l'importance que la Confédération attache à la solution de la question encore pendante des droits de la Suisse sur le territoire neutralisé de la Savoie, ne croit pas pouvoir émettre d'avis sur le point de savoir par quels moyens et en quel temps la solution de cette question peut etre amenée. Elle constate que la reconnaissance de ce droit, formulée dans le traité de cession du 24 mars 1860, constitue un point de départ et une base pour les négociations à entamer; mais, comme le Conseil fédéral, la Commission répond négativement à la question de savoir si cette affaire pourrait etre ll'ésolue, lors de négociations en matière commerciale, si la position de la Confédération, sous le rapport politique ou du droit, devait etre préjudiciée par le fait de concessions matérielles. Or, comme le Gouvernement français parait etre dans l'intention de ne pas conclure, avec la Suisse, une convention commerciale, sans y rattacher la solution de la question de J.a Savoie, (ce qui semble prouver suffisamment le peu d'empressement et les conditions onéreuses qu'il met à la négociation commerciale) on peut supposer avec raison que ces deux questions resteront longtems encore sans solution.

V. E. remarquera dans le passage du rapport relatif à l'Italie, que la commission, sans rien objecter à l'empressement avec lequel le Conseil fédéral a répondu dans le tems à la notification annonçant que le Roi, Notre Souverain, avait pris le titre de Roi d'Italie, attribue à cette réponse la valeur d'une reconnaissance qui, à teneur de la Constitution, est cependant de la compétence de l'Assemblée fédérale. Cette remarque n'implique aucune intention de censure; elle n'est qu'une espèce de réserve d'un droit des Conseils législatifs. J'ai fait connaitre à cette époque, au Ministère que parmi les membres du Conseil fédéral, il y en avait qui, sans mettre un instant en question le fait de la reconnaissance, auralent désiré qu'elle fut retardée, au moins jusqu'à ce [que] quelques unes des Grandes Puissances eussent pris l'initiative de cette résolution, ce qui aurait permis d'attendre la réunion de l'Assemblée fédérale. Mais, comme j'avais insisté sur les inconvénients d'un retard qui enlèverait tout le mérite d'une résolution, qui n'aurait de prix qu'autant qu'elle serait immédiate, le Conseil fédéral pas1sa outre, et nous témoigna ainsi un empressement, dont il a été juste de lui tenill' d'autant plus de compte, que pour en donner ce témoignage, il s'est un peu écarté des règles ordinaires.

Comme je me le suis réservé dans ·un de mes précédents rapports, j'ai l'honneur d'adresser à V. E. le message du Conseil fédéral à l'Assemblée concernant l'extension au Royaume à'ItJalie actuel, des traités conclus avec le Royaume de Sardaigne. Ainsi que je l'ai mandé, le Conseil demande les pleins-pouvoirs nécessaires pour échanger, avec le Gouvernement de Sa Majesté, une Déclaration portant que les anciens traités doivent trouver leur application dans toutes les Provinces du Royaume d'Italie actuel.

La dépeche Ministérielle du 18 Juin 1860, N. 816, m'ayant autorisé à déclarer que les .accords conclus précédemment, entre la Suisse et la Sardaigne en matière de douane, nommément le traité commerciai du 8 juin 1851, devaient etre considérés comme applicables aux dites Provinces; et celle du 10 mars 1862,

N. 986, à proposer au Conseil fédéral l'échange d'une Déclaration confirmant l'abolition des droits d'aubaine et de détraction, etc., je pense que le Gouvernement de Sa Majesté accueillera sans difficulté la proposition d'échanger, à ce sujet, avec la Suisse une déclaration qui s'appliquerait également à la convention du 28 avril 1843 pour l'extradition réciproque des malfaiteurs, comme la chose a déjà lieu de fait. Du reste, ce ne pourra etre que dans quelques semaines, et après y avoir été autorisé par l'Assemblée, que le Conseil fédéral nous en fera la proposition.

En offirant à V. E. mes sincères remerciments pour le télégramme qu'Elle a bien voulu m'adresser en date du 12 (1), je m'associe avec empressement à la vive satisfaction que les importantes nouvelles, qu'il renferme, font éprouver aux amis de l'Italie, comme aux vreux qui accompagneront l'Auguste fille du Roi, notre Souverain, dans l'union qu'Elle va contracter.

Je viens de recevoir, du Conseil fédéral, communication de la réponse, cijointe en copie, dans laquelle le Gouvernement du Tessin complète le télégramme, dont j'ai envoyé l'analyse à V. E. le 9 courant (2), relativement au projet supposé d'une réunion de volontaires italiens à Mendrisio. Le Conseil fédéral, tout en témoignant le regret que ces suppositions, qu'il croit dénuées de fondement, aient été si facilement accueillies, donne l'assurance qu'il ne négligera cependant rien de ce qui dépend de lui, pour remplir ses devoirs internationaux.

.ALLEGATO.

IL CONSIGLIO DI STATO DEL CANTONE 'fiCINO ALL'ALTO CONSIGLIO FEDERALE (BERNA) (Copia)

Locarno, il 9 luglio 1862. Cari e fedeli Confederati, Il Commissario di Mendrisio ci ha confermato con lettera il tenore del dispaccio telegrafico speditovi ieri.

Il Sindaco di quel comune dichiara d'ignorare affatto, che debba aver ivi luogo una riunione di volontari italiani, come pure ignora che vi sia stato, e che possa esservi trasporto d'armi.

Il Commissario aggiunge che non si trova a Mendrisio gioventù italiana che vi sia comparsa da recente data allo scopo di tener riunione veruna, e che ai bagni

di Stabbio, ove potrebbero per quel pretesto riunirsi dei volontari, non vi sono che pochi esteri di malferma salute, specialmente donne e fanciulli. In Mendrisio poi tanto una riunione, suppongasi pure di pochi individui stranieri, quanto un trasporto d'armi si farebbero tosto palesi.

Questo Consiglio di Stato è spiacente della facilità colla quale sembra ammettersi la supposizione che l'autorità Cantonale non vegli su ciò che potesse avvenire in offesa delle relazioni internazionali. Tanto meno si dovrebbe prestar fede a voci di riunione di addetti al partito d'azione italiano in Mcndrisio o in altra parte del Cantone, non potendosi da qui prender le mosse per alcuna delle spedizioni alle quali notoriamente tende esso partito.

Gradite, cari e fedeli Confederati etc.

Per il Consiglio di Stato

Il Presidente

f.to A. CoREcco

per il Consigliere Segretarie di Stato f.to ROMERIO

(1) Cfr. n. 342.

(1) -Cfr. n. 522. (2) -Cfr. n. 515.
543

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

tAST, Legazione Francoforte, cart. 5)

R. 38. Francoforte, 15 luglio 1862.

J'ai eu l'honneur de recevoir les trots. dépeches télégraphiques que V. E. a bien voulu m'adresser et je m'empresse de Lui offrir tous mes remerciments pour les importantes communications qu'elles renfermaient.

La reconnaissance du Royaume d'Italie par la Russie a fait une impression d'autant plus profonde en Allemagne que, ainsi que j'ai eu l'honneur d'en informer V. E., l'opinion publique voit dans cet acte considérable de la politique russe une communauté de vues avec la France et l'Italie, dont les importants 1resultats ne tar:deront pas à se faire sentir dans les grandes questions du jour. Les partisans de l'Autriche aussi bien que ses organes en sont à la lettre atterrés, et ce n'est pas sans un légitime effroi qu'ils voient le vide toujours plUJs, grand qui se fait autour de l'Autriche et de sa politique désormais impossible. Ils disent bien il est vrai, qu'en reconnaissant le nouveau Royaume, la Russie y a mis certaines conditions de nature à assurer l'Autriche contre une agression de la part de l'Italie, mais la manière embarassée dont ils présentent ces prétendues conditions indique assez qu'ils sont les premiers à ne pas y croire.

L'inauguration du tir national a eu Iieu ici avant hier. La fete a commencé par le défilé d'un immense cortège formé de tous les tireurs d'Allemagne et d'une nombreuse députation venue de la Suisse ayant tous à leur tete le drapeau de leur pays. L'on a beaucoup remarqué celui du Holstein qui était recouvert d'un crepe, par allusion à la situation des habitantls de cette province vis-à-vis de leurs frères d'Allemagne.

La ville toute entière était pavoisée de drapeaux aux couleurs nationales. et l'on peut dire que la pensée unitaire flottait à toutes les fenetres. Malgré le soin qu'avait mis l'Autriche à se mettre ostensiblement à la tete du mouvement avec ses phalanges compactes de Tyroliens et de Bavarois, tous soigneusement choisis et dévoués à sa cause, le grand succès de ia journée a été pour le Due de Saxe-Cobourg, le représentant le plus populaire de l'unité Allemande, qui à sa descente de vagon a été l'objet d'une ovation des plus enthousiastes de la foule, et dont le discours rempli d'allusions à «l'unité de la patrie ~ a été couvert d'applaudrssements frénétiques. Au reste, au milieu de cette masse d'hommes dont on porte le nombre à douze mille, et tous armés de leur carabine, l'on n'a pa.s eu à regretter le moindre désordre; et aujourd'hui, troisième jour de la fète, tout continue à se passer avec la plus grande tranquillité.

Au point de vue politique, l'on ne peut pas dire que cette fète nationale, inspirée dans le principe par la pensée unitaire mais habilement modifiée par les manceuvres de l'Autriche, ait des résultats bien positifs et surtout immédiats pour la cause de l'Unité. Mais il n'en est pas moins certain qu'à un jour donné elle aura aussi sa part d'influence dans les événements futurs: elle a donné occasion à tous les chefs du nationalverein de se réunir ici, de se connaitre, de se concerter et, lorsque le moment sera venu, de savoir de quelles forces .ils peuvent disposer et où ils doivent 1es prendre.

L'on annonce de Vienne qu'après de laborieuses conférences avec les Etats du Sud, l'Autriche serait à la veille de formuler un programme complet sur la question des reformes fédérales à présenter à la Diète. Il est plus que douteux que la Prus.se veuille s'associer à des projets qui awraient pour résultat d'amoindrir considérablement sa position en Allemagne, en limitant d'une manière absolue son action politique. Ce qui ressort de plus clair de tous ces efforts du Cabinet de Vienne, c'est que l'Autriche après avoir irrévocablement perdu sa domination en Italie, et craignant vivement à la moindre commotion de se voir dépossédée de celle si compromise, qu'elle essaye encore de défendre en Hongrie, cherche par tous les moyens possibles à renforcer la seule base d'appui qui lui reste encore en Allemagne.

C'est là l'interprétation la plus sensée que l'on puisse donner aux efforts incessants de l'Autriche pour contrebalancer l'influence de la Prusse dans les moindres questions, et se mettre à la tète de l'Allemagne en affectant des sentiments libéraux dont il est au moins permis de douter.

544

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (1)

R. CONFIDENZIALE 90. Parigi, 15 luglio 1862.

Ricevo da sorgente sicura l'unita corrispondenza di Mazzini (2) che contiene notizie e particolari meritevoli d'esser portati a .sollecita notizia del R. Governo. La sorgente di questa comunicazione è degna di tutta fede. L'E. V. non avrà del resto difficoltà a scoprire nel contenuto e nella forma della corrispondenza stessa il carattere dei documenti che emanano dal celebre agitatore.

(1) -Notazione marginale del Durando: • Accusarne ricevuta. I documenti annessi si conservano dal Ministro in pratica riservata •. (2) -Manca.
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L'INCARICATO D'AFFARI A STOCCOLMA, MIGLIORATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 141. Stcx:colma, 15 luglio 1862. Riferendomi al mio dispaccio n. 137 del 29 scorso mese (1), ho l'onore di confermarLe che Sua Maestà il Re Carlo XV, partito l'altro ieri da Stoccolma, si recherà in Danimarca a far visita al Re Federico, in un Castello nelle vicinanze di Copenhague. Questo viaggio, da quanto mi si assicura, ha uno scopo politico. Il Signor Blixen, ex Ministro per gli Affari Esteri di Danimarca, ed attualmente Capo del partito, che potrebbesi denominare d'azione, venne sul principio di questo mese, con incarico di decidere il Re alla partenza, e portatore di una lettera autografa del suo Sovrano, manifestò la ragione per cui tanto a questa visita si teneva, cioè per interloquire sulle basi di un trattato di alleanza offensiva e difensiva tra la Svezia e la Danimarca. Questo Monarca acconsentendo al viaggio, non si è, però, nullamente compromesso, e non rifiutando l'idea, si è lasciata la più intera libertà di azione. Non s'illude che in questo trattato -senza tener conto che della parte positiva di esso -tutto il vantaggio sarà della Danimarca, che da un momento all'altro può trovarsi in guerra con la Germania. Ed è ciò tanto chiaro che divisamento di Federico VII era di condurre il Suo Augusto Amico ed Ospite ad Alsen, posizione fortificata, per strategia di grandissima importanza, chiave dello Slesvig, ove muovesse un'invasione. Carlo XV rifiutò assolutamente di andarvi. Teme dasse troppo nell'occhio alla Prussia, e troppo lo compromettesse in faccia alla Germania. Però un viaggio in altre parti delle Provincie meridionali, e visite ad altre strategiche posizioni pare siano risolute. Poco dopo la missione del Signor Blixen, giunse qui il Signor Conte di Hamilton, Ministro Svedese a Copenhague portatore di proposizioni dell'attuale Ministro per gli Affari Esteri, Signor Hall, che simili quanto al fondo della quistione, ho ragione a credere, non solo diversifichino nelle particolarità, ma pure offrino più vantaggio·se condizioni per gl'interessi uniti di Svezia e Danimarca. Il Re propende più verso questo secondo progetto. Ambidue, pertanto, si possono prendere come dei tdtonnements -mi permetta quest'espressioni -non ardirei dire, una iniziativa, verso la gran

quistione di Unitd Scandinava. È questa arrière-pensée che sovratutto deciderebbe il Re di Svezia al trattato propostogli.

546

IL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE 4. Belgrado, 15 luglio 1862.

M'affretto a rettificare il P. S. del mio rapporto al Signor Conte Greppi del 13 andante (la cui copia credo sarà già pervenuta a V. E.) relativo alla conversa

zione di Vefyk Effendi che mi rimase oscura (1). Infatti io interpretai le sue pa

role in senso tutto favorevole ai Serbi mentre gli erano affatto contrarie. Io non

avevo .capito che S. E. faceva allusione alla mis.sione infruttuosa del Signor Gara

chanine dell'anno scorso, quando disse: c: non devo occuparmi della quistione

delle famiglie turche dimoranti fuori delle fortezze perchè è cosa risolta,,

Poi soggiunse: c: neppur devo ricercare nè rilevare il torto dei Serbi verso :la

Sublime Porta. Essa vuole obliar tutto »; al che risposi: c: I Serbi si credono

invece gli offesi e sperano che ciò risulterà dall'inchiesta».

Vefyk Effendi si studia di parlare un linguaggio sibillino; non profetizza ma il senso delle sue paTole è oscuro ed ambiguo. Non v'è che il Console inglese

-o fors'anco quello austriaco che facciano mostra di credere sincere le parole di S. -E. Il Signor Tastu, il Signor Vlangaly, il Signor Meroni, Console di Prussia, se devo credere a ciò ch'egli mi dice, ed. io stesso lo stimiamo ben diversamente. Pochi giorni sono il Signor Tastu osservava al Commissario Imperiale che i fatti non s'accordavano punto colle sue parole. Vefyk Effendi rispose: c: prendo atto di quel che mi dite» ed il Signor Tastu: c: Voglia, Eccellenza, prender atto piuttosto che i suoi ordini non sono ubbiditi, e riflettere ciò che possiamo aspettarci da questo stato di cose! ».

Vefyk Effendi è venuto jeri a restituirmi la visita che gli avevo fatta 1'11 corrente. S'infu-attenne 3/4 d'ora parlandomi della prosperità di Belgrado d'or fanno 100 e 30 anni. Ho tentato di condurlo a parlare delle cose attuali, gli ho detto: c: Ella pensa che queste differenze potranno presto comporsi ad una pace stabile onde la confidenza rinasca. In questo caso converrebbe curare il male dalla radice». Rispose che non poteva prevedere ancora quel che si farà a Costantinopoli. Quanto all'agglomerazione delle molte truppe ottomane. sulla frontiera serba ha provveduto, egli disse, perchè abbiano a tenersi un pò lontano dai confini onde non siano viste dai serbi. Giudtchi Eccellenza se nelle circostanze attuali questo è un linguaggio serio. Vefyk Effendi s'intrattiene tutti i giorni col Console Generale inglese, e molto col Gerente il Consolato d'Aust:ria SignoT Vassich. Tratta soventi delle cose attuali col Console Generale di Francia, meno con quelli di Russia, di Prussia ·e con me, anzi parve che jeri si studiasse di evitare meco ogni conversazione sugli affari importanti che tanto ci occupano.

L'E. V. avrà rimarcato che quando accenno all'opinione del Console di Prussia Signor Meroni non sono mai affermativo: egli è perchè non è uomo che abbia un'opinione sua propria ben sicura, e capace di difenderla, almeno co' suoi colleghi si dimostra tale, cossicchè parlando col signor Longworth è dell'opinione inglese, e con ciascuno di Noi è della nostra, e non v'è cosi ragione perchè non sia anche dell'opinione di Vefyk Effendi. È un uomo onesto, non lo si può negare, ma debole ed indeciso. Non è amico di Vassich: mi disse giorni addietro che aveva ricevuto un dispaccio del suo governo che qualificava di oscura, di equivoca :la condotta tenuta dal Gerente Austriaco nei giorni 15, 16 e 17 e che il Mtnistro plenipotenziario Prussiano a Costantinopoli gli scrisse che sono stati riconosciuti contrarri al vero i primi rapporti del Signor Vassich all'Internunzio Austriaco. Tutto ciò sarà vero ma il Console Austria·co doveva servire il suo

Governo che aveva interesse a presentare le cose diversamente da quel ch'erano infatti, e lo ha talmente soddisfatto che lo nominò Cavaliere dell'Ordine della Corona di Ferro. Credo che il Principe Michele entri per qualche cosa nella onorificenza ottenuta dal Signor Vassich perchè .pare che il Governo Austriaco non fu molto soddisfatto della riparazione condizionata data da S. A. al suo Agente.

Il Signor Meroni mi disse anche che il Signor Longworth gli ha confidato che Sir H. Bulwer è d'opinione che i posti della città sgombrati dalle truppe ottomane in vilrtù della Convenzione del 16 Giugno, devono essere rioccupati triplicandone quadruplicandone il numero dei soldati onde togliere ai Serbi ogni voglia di scacciarneli.

Domenica sconsa Vefyk Effendi si è recato a Semlino col Signor Vassich; fece una lunghissima visita al generale Filippovich comandante di quella città e distretto; visitò pure l'illustre madre del Signor Tastu che durante il bombardamento si è colà ritirata e non ritornerà a Belgrado che quando la pace sarà assicurata. Essa fu balzata dal letto dal fracasso che fece una palla di cannone che traforò il muro della casa precisamente al dissopra della finestra della sua camera.

Il linguaggio e la condotta del Console Generale Inglese sono di .giorno in giorno più risolutamente favorevoli ai turchi. Io non so come potrà conciliare le sue espressioni ed i suoi atti dei giorni 15, 16 e 17 colla condotta attuale. Ma, lo ripeto, allora serviva il suo cuore, ed oggi serve il suo governo.

Avant'ieri, discorrendo col Signor Tastu, gli disse: «Noi siamo divisi ma quando si tratterà d'agire saremo ancora uniti». A me poi raccontò che Sir H. Bulwer aveva ritirato il biasimo che inflisse alla sua condotta nei giorni del conflitto mediante un'ampia approvazione.

Che la Prussia era d'accordo coll'Inghilterra nelle cose d'Oriente (mi pare aver capito che gli fu detto dal Console Merorri), che la Russia nulla poteva intraprendere intrattenuta com'era da' suoi gravissimi affari interni. Quanto alla Francia, sebbene occupata nella ardua spedizione del Messico e ne avesse altre due anche importanti, potrebbe forse bastare ancora a far fronte a 2 Potenze, ma contro 4 nulla intraprenderà.

Che l'Italia non era preparata e sog,giungeva interrogandomi: «L'Italia ha poi un grande interesse nelle questioni d'Oriente? ». «Io non posso ben dirlo, risposi, ma certamente le questioni di Oriente non ci sono indifferenti. Siamo una delle Potenze garanti. Io credo poi che abbiamo un grande interesse a combattere gl'intrighi dell'Austria in quest'impero, ed impedire per quanto possiamo che le sue ambizioni si realizzino, è anche troppo forte per permettergli di aumentare la sua possanza. Del resto noi siamo amici della Turchia e in sua difesa abbiamo versato il nostro sangue in Crimea».

«Ho scritto invece a lord Russell et [sic] a Sir H. Bulwer che voi siete perfettamente d'accordo col Console francese».

« Io lo ero anche con voi, J:'ipresi, le mie istruzioni me lo comandano, ma voi avete cambiato. Noi qui dobbiamo occuparci dei fatti E; non della quistione politica che sarà sciolta a Costantinopoli».

«Il mattino ch'io giunsi di congedo passeggiando sulla spianata che mette alla Cittadella m'avete detto che credevate impossibile di comporre le cose senza fare alla Servia 1-e stesse condizioni che si fecero ai Principati Danubiani. Si vedeva che questa era la vostra convinzione. Avete risposto a coloro che vi pregavano di andare alla fortezza a trattare col Pascià Aschir: No, non sard mai ch'io tmtti con un uomo senza onore, il suo bombardame>nto ha messo un precipizio fra noi due, hanno fucilato il Pascid di Damasco per molto meno, spero che fucilemnno anche lui ed i suoi Consiglieri (queste parole le diceva al Signor Vassich che lo pregava a nome di Aschir di recarsi alla fortezza, il Consigliere era anche Vassich). Cosa vuoi dire che ora non siete più della stessa opinione? ».

«Io sono convinto per testimonianze irrefragabili, e sopratutto per quella della maggioranza de' miei colleghi che i Ser-bi sono 1stati provocati dai Turchi. Oggi voi vedete il contrario, mentre per agire il giorno 15, 16 e 17 ma specialmente il giOO'no 15 e 16 come avete fatto bisognava bene che il torto dei Serbi non fosse così chiaro come or lo vedete. Io sono sempre dell'avviso che mentre vi saranno dei Turchi in Servia in :potere di nuocere non vi sarà pace durevole. Il Console Generale di Francia e [quello] di Russia vedono e pensano com'io. Quello di Prussia mi disse le cento volte ·ch'era pienamente del mio modo di vedere e giudicare. Sareste dunque solo col Console d'Austria e coi Pascià turchi nella vostra nuova maniera di considerare e giudicare le cose. Le mie non sono simpatie, ma giustizia, ed imparzialità che mi condussero ad accostarmi al Consol~ francese e vi dichiaro schiettamente, che come individuo le mie simpatie, in questa circostanza, sarebbero piuttosto per quelli che furono ingiustamente bombardati, che non per i bombardatori perchè questi atti crudeli ripugnano».

c Il mio Governo desidera da me una cosa sola, che lo informi dei fatti nella loro nuda verità, e lo faccio scrupolosamente secondo le mie coscienziose convinzioni».

Il Signor Longworth rispose:

c Quanto al bombardamento sono sempre della stessa opinione -lo considero ingiusto-Non so però capire come il Signor Durio (il mio predecessore) mentre era qui l'ebbi costantemente a compagno nella mia politica, e presentemente a Scutari è perfettamente d'accordo col Console inglese contro il francese:..

Io replicai: «La mia non è politica, sono cose di fatto. In Scutarì il signor Durio vede le cose nello stesso modo del Console inglese -là forse si occuperanno di politica. Io qui ricerco la verità dei fatti; questa mi dice che i Serbi furono provocati, poi ingiustamente bombardati. Alla maggioranza dei miei colleghi dice lo stesso. A voi invece parla diversamente. Io dunque sono colla maggioranza ».

Egli mi osservò: «È vero; questo dipende dall'opinione personale ~. Ho preferito essere tedioso ma raccontare tutta intiera questa conversazione a V. E.

Si pretende da alcuni (austro-turcofUi) che gli avvenimenti deplorabili di

Belgrado furono provocati dai Serbi, era il segnale dell'insurrezione, alla quale

si lavorava da molto tempo. Il viaggio stesso del Principe a Chabatz in quei

giorni, secondo loro, ne sarebbe una prova.

A me consta che or ,sono più di due mesi e mezzo, qu;:~.ndo visitai Chabatz,

si facevano colà dei preparativi per ricevere il Principe; e poi come si può cre

dere che, se S. A. avesse saputo che Belgrado è in pericolo, vi avrebbe lasciata

la Principessa sola?

Ma perchè non si è sinceri e non si dice francamente la verità? Cioè che la Servia ben governata prosperava, si rinvigoriva, la formazione della sua guardia nazionale spaventava l'Inghilterra, la Turchia, l'Austria medesima-Che fare? trovar modo di schiacciarla.

Se l'E. V. avrà la bontà di rileggere i miei rapporti di quattro e cinque mesi a questa parte vi troverà dettagliate le cose ch'or vado accennando, e le mie previsioni già mezzo avverate.

L'Inghilterra aveva incaricato il suo Console di far desistere il principe Michele dalla formazione della milizia nazionale colle minaccie. S. A. non si spaventò (la Francia e la Russia lo confortavano) anzi spinse con più sollecitudine la creazione di quella milizia. Il Signor Longworth disse a me nel bollore d'ell'ira: c La Guardia nazionale non è ancor formata, e picchiando un forte pugno sul tavolino, non si formerà ~ (Rapporto 28 aprile n. 3 confidenziale al R. Ministro a Costantinopoli (1)).

L'Austria meno franca ecco ciò che faceva mentre il suo agente col miele in bocca ed il sorriso sul labbro visitava soventi il Konak (o Conak) del Principe, impiegava una parte della sua stampa a discreditare la Servia, l'altra ad eccitarla perchè insorgesse contro il Turco, e porgesse la mano ai Slavi della Turchia (quando dico l'Austria intendo parlare del suo governo) si tentava di torcere l'opinione pubblica d'Europa sulla Servia rappresentandola come una fucina di rivoluzione. Anche il Times ebbe i suoi articoletti d'insurrezioni o conflitti immaginari. Indi riuniva truppe, munizioni, artiglierie, cavalli, magazzini etc. etc. sulle rive della Sava e del Danubio. Faceva parlare il suo generale Filippovich, appena giunto da Vienna, un linguaggio che allarmava il paese, pronosticava il bombardamento di Belgrado, s'ostinava a credere la Servia in combustione, infine si cospirava contro di essa, e tutto ciò mentre godeva d'una calma perfetta mentre il governo del Principe era intento, lo ripeto, a promuovere la prosperità ad organizzare le fOII"ze del paese. Per ultimo si muniva bene la fortezza turca di projetili, polvere etc. e poscia si appiecava l'incendio colla provocazione del giorno 15 giugno, ma fortunatamente la saviezza del governo serbo, e l'intervento dei Consoli impedirono sin ora che l'incendio divampi nel paese. Eccole, Eccellenza, spiegate secondo la mia opinione, le vere cause del conflitto, l'origine del male che ora si deplora. L'Austria come si vede non riuscl che in pàrte, il più essenziale, l'intervenzione, falll; però la non si 'tiene per vinta.

Essa ora fa divulgare nei cerchi diplomatici di Vienna che ila Servia è in piena rivoluzione per cacciare il Principe Michele dal trono, e che è intesa coi rivoluzionari di tutta Europa ed altre tali invenzioni. Non si possono asserire cose meno vere di queste. I Serbi sono tranqui,lli -l'ordine il più perfetto,

l'ubbidienza la più passiva al Governo regnano in questo momento; il paese aspetta con rispetto e pazienza la decisione delle potenze garanti. Questa situazione fa il più grande elogio del buon senso del (pOpolo serbo.

L'Austria con queste manovre tenta di aliena.re le simpatie che forse la maggioranza delle potenze hanno per la Servia, e forse vi riuscirebbe se in Belgrado non vi fosse che il Console Austriaco. Il Principe Balabine scriveva

ieri al Signor Vlangaly per chiedergli cosa v'era di reale in queste voci, che se una sola parola di esse si trovasse esatta ne lo informasse col telegrafo. Il Console Russo telegrafò che non v'era l'ombra di verità, egli rappresentò quanto vengo ad esporre che è lo stato reale delle cose.

Posso affermare che attualmente il Principe Michele è amato, venerato, ubbidito dail suo popolo, e lo sarà mentre difenda, anche coll'armi se fosse d'uopo, il diritto de' Serbi.

Se v'è pericolo per S. A. potrebb'essere piuttosto in una pace che lasciasse i Turchi in possesso delle fortezze, ma anche questo non lo scorgo evidente perchè mi pare che la grande effervescenza prodotta dall'irritazione contro i turchi si va:di calmando.

Due partiti esistono attualmente: uno della .guerra, l'altro che vuole la pace. n Principe dà volontieri ascolto al partito bellicoso senza riflettere che la Servia non è preparata per ~a guerra.

Gli uomini gravi pensano che se non si potesse ottenere l'evacuazione e demolizione delle fortezze e specialmente di quella di Belgrado sarebbe miglior consiglio quello di sacrificare la capitale, e riedificarla fuori dell tiro del cannone. Che fra la nuova dttà e 1a cittadella esistesse un terreno neutro i cui limiti nessuna delle parti potesse oltrepassare. Questa determinazione sembrerebbe loro preferilbne alla guerra; ma questi uomini sono in grande minoranza, è però probabile che ·guadagnino <terreno. Se ciò avviene sarà una fortuna. Non sono molti giorni che n Signor Gaa:achanine era sul punto di dare la sua dimissione soprafatto dalla maggioranza cioè dal partito della guerra. Sarebbe ciò stata una grave sventura per la Servia.

Nel mentre mi riservo di completare la trasmissione di tutti i documenti che risguardano gli avvenimenti del 15, 16 e 17 ·giugno, che già ho inviati al Conte Greppi, assieme al piano della Città di Belgrado, m'affretto di compiegare intanto a V. E. in modo tutto riservato copia d'un dispaccio che n Signor Garachanine inviò al Signor Ristich Capokyaya (Rappresentante) del Principe a Costantinopoli, e le poche linee particolari colle quali mi venne rimesso dal Signor Marinovich Presidente del Senato (1) uno dei due più eminenti uomini di Stato della Servia (l'al<tro è Garachanine).

Voglia, Eccellenza, rimarcare, che onde togliere a questa comunicazione ogni veste ufficiale si evitò di farmela pel canale del Ministro degli Esteri. È importante ehe l'E. V. si degni leggere il vigliettino del s~gnor Marinovich.

Non ho tempo di 'commentare il detto dispaccio. Esso può per a:vventura lasciar qualche cosa a desiderare nella forma, ma nella sostanza mi par bene.

Nella copia del Rapporto che scrissi il 13 andante al Conte Greppi (2), ho narrato l'arrenamento del noto vapore da guerra turco Silistria nel passo delle porte di ferro fra Tounseverin e Orsova. La compagnia austriaca che s'era incaricata del salvataggio non potè conseguirlo. Il Silistria è dunque perduto, ma le munizioni da guerra furono rimorchiate alla forte:llza di Belgrado dal rimorchiatore austriaco Comorn. So pure di barche cannoniere turche che rimontarono il Danubio sino a Tounseverin .rimorchiate, da quanto mi fu detto, da va

pori austria-ci. Non si -conosce il vero motivo della loro fermata colà, si presume

che temino di andar più oltre per la scarsità dell'acque del fiume.

Non si lagnerà certo la Porta di non trovare ogni facilitazione presso gli

Austriaci.

Un telegramma d'oggi ci annunzia che i due corpi di trup!J€ che attaccarono il Montenegro operarono la loro -congiunzione, se ciò è vero il Montenegro sarebbe tagliato in mezzo che è quanto dire perduto. In questo -caso tutto porta a credere che la Sublime Porta sarà meno condiscendente coi Se11bi. Frattanto essa si prepara alla lotta colla Servia aumentando le sue truppe alla frontiera, munendo la fortezza di Belgrado, facendo costrurre un blokhaus a qualche chilometro fuori del raggio della forteZJza di Sokol, a Rojane, sulla strada che mette in Bosnia coll'.invio di bastimenti da guerra a Belgrado, che poi la provvidenza che vigila al mantenimento della pace, fa naufragare: e tutto ciò· in isfregio del convenuto nell'armistizio del 16 Giugno, e fors'anche contro lo spirito dei trattati vigenti. La Servia invece quanto a Belgrado osserva scrupolO'samente il capitolato nell'armi-stizio o Convenzione suddetta cioè lo statu quo. Ha però inviato delle milizie alla frontiera, e riunisce ed esercita con più ardore le sue milizie cittadine che mobilizza.

Il Principe cerca alleati: ha inviato una per,sona di confidenza in Grecia, altra nel MO'llrtenegro, ma forse troppo tardi se sono esatte le suaccennate notizie telegrafiche, quanto alla Bulgaria ed alla Bosnia ed all'Erzegovina credo che ha già pensato, ·come anche all'Albania ek. Delle vive simpatie si rimrurcano fra i serbi della Voivodina, e .generalmente fra gli slavi austriaci come in Croazia.

[Segue in cifra come un P. S.] (1).

Il m'a été assuré que trois mille Hongrois sont prets à se battre pour la Serbie.

Le Prince Michel m'a dit sous le plus grand secret que deux, un rbataillon Régiments frontière grénzer... lui ont offert en cas de guerre pa&ser en Serbie... armes et bagages et que une partie des dits Régiments sont pour lui si les officiers qui sont venu lui... ces dispositions faire les pas des émissaires gouvernement et qu'il.... l'affaire est importante. Il m'a dit aussi c·e qui fait plus défaut n'est pas arg.ent mais des armes pour la Serbie, Bosnie, Herze.govine, Bulgarie.....etc. On en attend mais la difficulté est de les faire entrer Serbie, car loyauté Prince Couza bien suspecte, qu'il fera en peu de mois les préparatifs de guerre qu'il aurait fait en deux ans.

Que si les Tures n'évacuent forteresses je réunis Scuptcina... Je leur dirai de choisir entre mon abdication et la guerre.

Moi, je crois que des conseils plus réflechis finiront.. pour prévaloir sur l'esprit du Prince Miche! car malgré tout je ne vois pas Serbie.. preparée pour la guerre. Lui départ encore un ou mieux deux ans et Russie, France, Italie pour différente cause ne le sont pas plus. Elle n'avait donc rien à p€rdre attendre moment plus favorab'le. V. E. veut-elle que je parle.. dans ce sens car d'après ce que je vois la guerre entre Serbie.. Turquie entraine guerre générale

cause des éléments divers dont elle devrait se servir et les dispositions Autriche en faveur de la Turquie. [Segue in chiaro].

Il Governo serbo si occupa d'un'inchiesta che mi comunicherà su appoggio al Riassunto istorico che mi ha già comunicato e ch'ebbi l'onore di rassegnare a V. E. col mio rapporto al n. 9 delli 3 andante politico (1). Appena mi verrà rimesso il risultato della medesima mi farò premura di inviarlo al Signor conte Greppi.

Profitto del cocriere del Consolato General·e Russo che parte per Vienna per dirigerle questo rapporto 'che .raccomando al Cav. Nigra al quale sarà rimesso dall'Ambasciata Russa in Parigi, essendosi gentHmente offerto il mio Collega Vlangaly di raccomandarlo a tal fine all'Ambasciata Imperiale in Vienna.

Trovo le più grandi difficoltà per far pervenke a V. E. i miei dispacei C()lla dovuta celerità, e me ne duole perchè qui gli avvenimenti si seguono rapidamente e le notizie che posso porgere a V. E. se giungono ritardate non hanno quasi più importanza.

Lo stesso Commissario Imperiale è costretto d'inviare un ufficiale di confidenza ogni volta che manda dei Dispacci al 'suo Governo, perchè gli Austriaci gli fa·cevano ritardare molti giorni quelli che riceveva come quelli che trasmetteva a Costantinopoli. Egli scrive in Turco e questa lingua non è molto conosciuta; erano forse obbligati gli Austriaci d'inviarli a Vienna per farli leggere.

P. S. -Mi venne rimessa dal Sig. Ol:impich maggiore nell'esercito serbo la lettera che mi permetto ·compiegarle per il Sig. Adam Vranexvies, maggiore nella Legione Ungherese, con preghiera di volergliela far pervenire.

(1) Non pubblicato.

(1) Manca.

(1) Non pubblicato

(1) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicato.

(1) Il testo decifrato non risulta chiaro.

547

IL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. l'il. Roma, 15 luglio 1862. La notizia del riconoscimento del Regno d'Italia, per parte della Russia, non potè venir festeggiata dal Partito Hberale, siccome avre,bbe desiderato, per deferenza alle intenzioni del R. Governo, ed ai consigli di queste Autorità, francesi. Pur tuttavia la popolazione non ha voluto tener·si totalmente in silenzio in così fausta circostanza, ed ha cercato di dimostrarlo in moldo da non compromettersi con iserizioni bandiere ed altri emblemi tricolori, con detonazioni a polvere, in specie nel .giorno di domenka 13 ·corrente. La Polizia PonHfi.cia allarmata da tali disposizioni prese in detta sera delle precauzioni straordinarie, facendo guardare i canti deme vie principali da picchetti di gendarmi, mentre altri percorrevano le medesime, e stazionavano a cavallo sulle Piazze di Venezia e del Popolo. Le truppe francesi erano incaricate di eguale missione, e forti pattuglie perlustravano la Città. Quantunque la tranquillità pubblLca non venisse menomamente turbata,

pure il Governo locale credè trovare dei colpevoli e si sfogò in alcuni arresti ed in molte perquisizioni, fra le quali una al Signor avvocato Solidali, Membro

S45

35 -Documenti diplomdtici • Serie I · Vol. II.

del Comitato Nazionale. Nella notte dal sabato alla domenica i Gendarmi e gli Agenti di Polizia non si peritavano di perquisire personalment·e quanti incontravano, temendoli detentori di cartellli liberali, od altri oggetti riprovati.

Detta Polizia volle eziandio usare mezzi di precauzione sulla mia persona, ma antecedentemente alla surriferita circostanza. Sino dal 3 corrente .mi ero accorto, che un individuo seguitava tutti i miei passi; volendo chiarirmi del vero motivo, tantopiù che era stato veduto discorrere con un Gendarme Pontificio, credetti bene di fermarlo, e mediante poco denaro seppi dal medesimo, che aveva ricevuto questo incarico da Monsignor Matteucci, Direttore di Polizia, e che doveva giornalmente fare il suo rapporto a un Maresciallo di Gendarmeria, d'accordo con Nardoni. Da quel momento egli mi diveniva innocuo, non tanto per me, che mai mi ·sono curato di simili investigazioni, già altre volte riprodottesi sotto diversa forma, ma per le persone che avrei per avventura potuto compromettere frequentandole. Questa manovra durò per sei giorni e avrà forse servito di lezione alla Polizia del tempo perduto a mio riguardo.

Trovandosi il s·tgnor De Kisseleff Ministro di Russia presso la Santa Sede, in villeggiatura a Frascati, ieri l'altro si volle festeggiare da quella popolazione il riconoscimento del Regno d'Italia con moltissime bandiere tricolori, mentre veniva presentato a S. E. un gigantesco mazzo di fiori, egualmente ai tre colori.

Le scorrerie dei malviventi che infestano da lungo tempo le Provincie di Marittima e Campagna, si sono pure manifestate in quella di Civitavecchia: Montalto, Canino, Corneto ed altri paesi della medesima, sono quasi in stato di blocco, la campagna essendo in libero possesso dei ladri, che arrivano in pieno giorno sino alle porte delle abitazioni, arrestando e portando taluni alle vicine macchie, ed imponendo loro lforti ri.scatti. Alcuni di questi malfattori appartengono alla categoria dei disertori stati accasermati in Civitavecchia, e che non vollero arruolarsi nelle truppe pontificie, o che disertarono nuovamente da queste.

Erano state caricate ultimamente a Ripagrande su trasporto pontificio, molte ·casse di fucili, presi per ordine di De Merode dal deposito armi, situato dietro la Basilica di S. Pietro, e per nasconderne il ca1rico, ricoperti con uno strato di pozzolana. Dovevano discendere il Tevere fino a Fiumicino per ivi veni·r trasbordati, si ignora per quale destinazione, ma giunto detto trasporto a poca lontananza di tale porto, investì e si affondò: ora si cerca di ricuperare il carico, ma la cosa è troppo divulgata, perchè possa destinarsi al brigantaggio, siccome pareva prefisso.

Qui annesso mi reco a dovere di trasmettere a V. E. una lettera del noto Agente (1), alquanto in ritardo, non essendomi ·fidato di trasmetterla il 12 corrente colla solita occasione di Rieti, sull'avviso datomi che la Polizia era entrata in sospetto sulla medesima, e che anzi aveva già perquisito, senza alcun risultato però, un carro che si credeva portasse la cor~rispondenza. Nè mal mi apposi nella mia peritanza, poichè venni informato che la diligenza di Rieti venne appunto visitata e perquisita, sequestrandone le carte, ed arrestando il conduttore ed un'altra persona.

P. S. -Profitto della circostanza del Corriere inglese per qui unire diverse lettere particolari statemi raccomandate.

(1) Non pubblicato.

(1) Manca.

548

1L CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE S. n. Roma, 15 luglio 1862.

Ieri soltanto mi pervenne il telegramma di V. E. dell'll corrente (1) tr'asmessomi però regolarmente dal Sotto-Prefetto di Rieti nel giorno successivo, e ritardatomi non so come.

Mi 'sono recato a ben grata premura di far parte alle persone più influenti

del Partito liberale, dei saggi consigli che Ella si compiace favorirmi, e che furono graditissimi al pari delle liete notizie che li accompagnavano.

Nel confermarLe il rapporto in cifra che ebbi l'onore di dirigerLe in data dell'll corrente (2), mi è grato eziandio di rinnovarLe le assicurazioni che cn-edevo poterLe dare sul poco . o niun appoggio, che avrebbero trovato presso questa pop~lazione, progetti insensati per parte di Garibaldi od altri. Questi sentimenti più spontanei nelle persone assennate sono divisi eziandio dalle altre classi, non ostante· il prestigio che esercita sovra esse un tal nome, e polsso assicurare V. E. che la fiducia inspirata in loro dall'Augusto Capo della Nazione, e dal suo Governo è abbastanza potente da far tacere nel loro animo imprudenti consigli. Non Le nascondo che vi siano dei malcontenti, e forse anco male intenzionati cui una tale longanimità può parere soverchia, ma questi elementi di wgitazione sono troppo in minoranza per dare a temere. Non vorrei pur rendermi garante che ove apparisse Garilbaldi alle porte di Roma non si avessero a pronunziare aspivazioni sopite: un popolo oppresso non lascia sfuggire simili occasioni per redimersi, ma che ora possa lasciarsi sedurTe da lontane lusinghe, e facilitare al partito d'azione i mezzi di cui potrebbe disporre, non mi sembra che il suo contegno tenuto fin qui non possa giustificarlo; esso non dimanda meglio che di lasciarsi conquistare ma legalmente, ammaestrato pur troppo dalle vicende passate.

Il Comitato Nazionale, abbenchè non obbedisca forse in tutto alle pil'oprie tendenze, si studia di alimentare queste disposizioni, costretto a riconoscere che la via della moderazione è la sola che .può condurre a una vera soluzione. Si è in tale intendimento che giovandosi dello spirito di concordia che regna finora nelle diverse classi della popolazione, ha diramato delle i1s.truzioni onde regolare la loro condotta; con queste cerca di dissuadere da qualsia,si dimostrazione che possa promuovere disordini, e chiamare rl'intervento della truppa francese. ed a viemmeglio prevenirli ha persin vietato qualunque assembramento e riunione in squadra, che potesse dar pretesto alla Polizia locale di disperderli.

Cosi agendo ha creduto accostarsi alle generose intenzioni del R. Governo, che mi occonse più volte di manifestargli, e di mostrarsi deferente ai consigli che vengono dati continuamente sia dall'Ambasciatore di Francia come dal Comando francese, i quali per non trovarsi nella difficile posizione di pronunziarsi, come alla fine dovrebbero, cercano di p1revenire persino la possibilità, adottando spesso misure e precauzioni che si direbbero soverchie.

H Comitato si è peritato però a dover impedire che nelle circostanze di esultanza nazionale, a ·SCanso di dimostrazioni, non avesse la popolazione a permettersi di manifestare le proprie intenzioni con segni di attualità. Conoscendo che ciò sarebbe stato impossibile, ha cercato soltanto di regolare tali innocue dimostrazioni, in modo da non dare mai :presa alila Polizia per iscoprirne gli autori, e si è perciò che queste vanno ripetendosi quasi giornalmente, senza arrecarne finora serie conseguenze. Il Comitato si lusinga che il R. Governo non troverà superflua questa soddisfazione concessa ad esigenze, che potrebbero davvero essere maggiori, e che sarebbe desiderabile che così si mantenesS€ro.

Mentre mi è grato constatare a V. E. gli ottimi rapporti che ho la soddisfazione d'intrattenere col Signor Marchese di La Valette, non mi trovo in grado di parlarLe delle mie relazioni col Duca di Montebello, non essendomi ancora abboccato col medesimo. .A!bbenchè mi recassi al suo primo arrivo per riverir'lo, e non trovatolo, gli lasciassi il biglietto di visita, egli finora non me lo restituì, e mi ·conviene perciò interpretare che io debba astenermene. Il Generale Goyon non dimenticò mai un tal riguardo, il solo in vero a cui si limitava, non avendomi mai invitato al:le sue serate e feste, ma un simile contegno lo. tennero m eco egua:J.mente, tranne pochissime eccezioni, quelli del Patriziato e· del Corpo Diplomatico, quantunque io sia con parecchi di essi in buonissime relazioni.

Ma di tali riserve e di molte altre, ·che. mi parrebbe puerilità il rammentare, ne ho fatto talmente scuola, dacchè mi trovo in questa posizione eccezionale che le tengo in quel conto che appunto si meritano, bastandomi la simpatia che generalmente mi si dimostra.

Mi reco a dovere di trasmettere qui acchiuso a V. E. una lettera del noto Agente al solito indirizzo (1).

(1) -Cfr. n. 523. (2) -Cfr. n. 529.
549

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. 421. Torino, 16 luglio 1862.

Essendomi pervenuto altresì il di Lei rapporto politico n. 408 del 5 andante (2) e pertanto anteriore a quello n. 409 (3·) di cui ebbi a segnalarLe ricevuta sin d'ieri, non voglio frapporre indugio a ringraziarLa pei vari ed interessanti dettagli che vi si contengono circa le pratiche relative al riconoscimento• del Regno d'Italia per parte della Russia e della Prussia. Ho rilevato con mo.Jta soddisfazione l'utile concorso prestato in tali pratiche dai Ministri di Francia, d'Inghilterra e di Russia, e desiderando esternarne particolarmente ai Sig. Principe di La Tour d'Auvergne, Lord Loftus e Barone di Budberg la nostra sincera gratitudine, prego ed incarico specialmente la S. V. Il1l.ma di farsi presso i medesimi l'interprete di questi nostri sentimenti.

(1) -Manca. (2) -Cfr. n. 478.

(3) ctr. n. "'"""·

550

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (Ed. in CoLOMBO, 26)

T. 35ft. Londra, 15 luglio 1862, ore 21,37 (per. ore 7,50 del16). Le Ministre des Affaire>s Etran.gères de France qui a été absent de Londre.s est décidément d'avis sans meme qu'il soit nécessaire de pressentir à Pétersbour.g qu'il faut à tout prix éviter dans le choix d'un Envoyé un personnnage

qui ayant été mélé d'une manière principale dans les événement<s à Naples blessevait les susceptihilìtés et sympathies récentes de la Cour de Russie.

551

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 359. Costantinopoli, 16 luglio 1862, ore 10,35 (per. ore 16,20). Merci pour vos dépeches télégraphiques du 12., 13, 14 (1). Avant-hier représentants de France et Russie ont in.ststé longtemps près le Baron ProkeschOsten pourqu'il accepte notre participation àux conférences; il s'y refuse opiniatrement; les ·conférences étant indispensables grand embarras des grande<s. Puissances. Cabinet de Londres soutient notre pa'rticipation, Lord Bulwer est à la recher·che d'un faux~fuyant. Fort de vos instructions je maintiendrai nos· droits. Consul de France à Scuta~ri a bais.sé <Son pavillo.n par <suite de fo~te mésintel

ligence avec le Gouvernement de la Province et a .confié protection intérets français à notre Consul.

552

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI-GAROFOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 360. Madrid, 16 luglio 1862, ore 14,10 (per. ore 18,30). Les journaux ministérie>ls expriment la nécessité de reconnaitre le Royaume d'Italie. Le Ministre des Affaires Etrangères m'a <témoigné ver:balement le

désir de me voir dans que1ques jours. Prévoyant qu'il m'entretiendra de la reconnaissance, je désire vos ordres.

553

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. RISERVATO 16. Costantinopoli, 16 luglio 1862.

n giorno istesso in cui il signor Graziani consegnò la nota relativa alla riU·· nione delle ·conferenz.e a S. A. Aalì Pascià, questi interpellò vivamente il R.

Dragomanno sul contegno del Console i:ta.Iiano in Belgrado qualificandolo d'assolutamente ostile al governo ottomano e chiamando lui, sentinella avanzata della rivoluzione e, riscaldandosi sempre più, chiese: Sommes nous les alliés ou les ennemis de la Porte?

Il signor Graziani fece osservare a S. A. ch'il signor Scovasso essendosi trovato assente durante gli ultimi torbidi di Belgrado, non poteva esserne accagionato e che se in alcune sue escursioni nell'interno del paese fu salutato con dimostrazioni di simpatia dalle popolazioni ciò non poteva essergli attribuito a colpa, ma provava soltanto ch'il nome italiano riesciva ben accetto anche in quelle contrade.

Ho avvertito per lettera dell'occorso il signor Scovasso.

(

(1) Del 12 non pubblicato, del 13 e 14, cfr. nn. 533, 538, 539.

554

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 95. Costantinopoli, 16 luglio 1862. Mi accingo a render .conto all'E; V. delle varie fasi che percorse il progetto di riunire delle Conferenze al fine di regolare in modo definitivo la vertenza di Servia, fasi di cui ebbi già l'onore di far cenno sommariamente a V. E. coi miei telegrammi di questi ultimi giorni. La convenienza di tener delle ·conferenze sulla questione di Servia fu accertata da Sir H. Bulwer, il quale ne andò inteso con S. A. Aall Pacha in particolare colloquio. Ma la difficoltà principale a questa riunione era sempre la nostra partecipazione. Or sono pochi giorni il signor Erskine primo Segretario dell'Ambasciata Britannica venne da me e dissemi mandato dal suo Capo per informarmi in via ojjìciosa ch'esso, d'accordo coi suoi colleghi, avea indirizzato una Nota a S. A. Aall Pacha esprimendogli l'opinione del suo Governo sull'opportunità di tenere delle Conferenze per assestare in modo definitivo la questione di Servia. Questa comunicazione, quantunque fatta in forma strana, permettevami l'interpretazione ch'io pure fossi compreso nel novero dei Colleghi a cui accennava Sir H. Bulwer; ma la sera stessa veniva istrutto che nella ultima riunione de' rappresentanti delle cinque Grandi Potenze (riunioni privilegiate da più mesi introdottesi con gran danno dell'azione e dignità delle altre Legazioni) erasi convenuto che ogni Rappresentante delle cinque Gran Potenze indirizzerebbe una Nota a S. A. Aali Pacha per chiedere la riunione de' rappresentanti delle Potenze Garanti in Con. ferenza per regolare la questione di Servia. Sarebbesi desiderato che la Nota fosse identica, ma a ciò non si pervenne, stantechè i rappresentanti non erano d'accordo sui termini coi quali chiedere la riunione della Conferenza come avrò a dL-nostrarlo più innanzi nel mio rapporto. All'invero fui colpito dall'essere stato io escluso da questo primo accordo e mi risolvetti recarmi dall'Ambasciatore di Francia a saperne il motivo. Fui assai

cortesemente accolto dal Marchese di Moustier il quale s'affrettò non solo a darmi lettura della Nota da lui indirizzata a S, A. Aali Pacha, ma mi concesse di ritenerla e di usarne per calcarvi sopra quella ch'Egli mi consigliò d'indirizzare al Ministro degli Affari Esteri, impegnandomi solo a modifìcarla in alcuni punti perchè la identità non fosse troppo evidente. Mi permetto quindi qui unito di trasmettere copia di questo documento alla E. V.

Il Marchese di Moustier spinse la sua gentilezza a darmi lettura della nota trasmessa da Sir H. Bulwer e dal Barone Pro~esch. La nota di Sir H. Bulwer è meno accentuata di quella dell'Ambasciatore di Francia tuttavia, ciò che importa per noi, vi rilevai l'espressione d'« une conférence avec le concours des Représentants des Puissances Garantes ». La nota poi dell'Internunzio d'Austria è affatto scolorita ed ha l'aspetto d'un atto al quale egli dovette sottoporsi per puro compiacimento ad altri suoi Colleghi. Già s'intende ch'egli affetta di accennare alle sole cinque Grandi Potenze come a quelle che debbono comporre la

Conf<~rer;za.

Interpellai in seguito il Marchese di Moustier s'egli credeva che la nostra partecipazione alla Conferenza avrebbe incontrato serie difficoltà. Mi rispose che prevedP.va che l'Austria ne avrebbe fatto al certo; ma che non supponeva sarebbero invincibili; che in aspetto tuttavia di esse avea per telegrafo interrogato il sig. Thouvenel quale contegno avrebbe dovuto tenere nel caso queste difficoltà si verificassero. La risposta non gli era ancora pervenuta. Aggiunse però che se in questi giorni si realizzasse la ricognizione del Regno d'Italia per parte della Russia, quest'evento ci sarebbe d'un grande appoggio nelle presenti circostanze ed imporrebbe ritegno alle ostili pretese dell'Austria; in ultimo non mi nascose che la Turchia, o per meglio dire Aall Pacha, sarebbe felicissimo di trovare un pretesto per tenerci lontano dalle Conferenze, nella persuasione che il voto nostro non sarebbegli favorevole.

A questo proposito interrogai l'Ambasciatore sul contegno ch'intendeva assumere nelle Conferenze. Dissemi che sapeva che il Principe Michele di Servia pretendeva l'assoluta evacuazione de' Turchi dalle fortezze ed il suo Governo non trovava esagerata questa pil'etesa ·come quella che era dettata dalla necessità non potendosi più sperare tranquillità in Servia finchè v'alberga un solo Turco. Tuttavia dubitava assai del buon accoglimento della sua proposta la quale sarebbe che la Turchia serbasse il diritto di tener guarnigione nelle fortezze serbe, ma ne limitasse il diritto aLle sole eventualità di guerra, ·giacchè avendola fatta pervenire ad Aalì Pacha, questi ·con piglio accigliato la respinse, dicendo « se noi ci assoggettassimo a ciò tanto farebbe che noi ripassassimo il Bosforo».

Sabato, giorno 12 corrente, il R. Dragomanno Signor Graziani rimise da

parte mia a S. A. Aali Pacha la nota di cui ho l'onore di acchiudere qui copia

all'E. V. Come Ella, Signor Generale, spero vorrà avere la compiacenza di rile

varlo dal confronto con quella ·consegnata dal Marchese di Moustier, la mia nota

non si discosta sensibilmente dalla Francese. Le modifìcazioni introdottevi bastano

a togliere il carattere di identità con questa ed a correggere alcune espressioni

un poco altere ch'in bocca nostra sarebbero state giudicate disadatte. Da quanto

mi disse il signor Graziani, Aali Pacha si limitò .a legger·e attentamente a due

riprese la nota tuttochè l'espressione del suo volto esprimesse poca soddisfa

zione per quella comunicazione.

Per non discostarmi in nulla da' miei colleghi, diressi copia della mia nota ad Aali Pacha, a tutti i rappres.entanti delle Potenze Garanti, tranne a quello d'Austria, accompagnandola d'un mio biglietto particolare. Qui unito ho l'onore di trasmettere alla E. V. copia di quello che diressi a Sir. H. Bulwer; mi dispenso dall'annettere copia degli altri accostandosi questi a quello diretto all'Ambasciatore d'Inghilterra.

Avendo avuto l'opportunità d'incontrarmi posteriormente col signor Ersk1ne questi mi disse ch'in seguito alla presentazione della mia nota ad Aalì Pacha le Conferenze erano poste in forse, il Barone Prokesch facendo opposizione alla nostra partecipazione, nè a questo tentativo sarà rimasta estranea l'azione dell'Ambasciatore d'Inghilterra, il quale per meglio penetrarsi del pensiero di Aalì Pacha ed esporgli il proprio, albergò per una notte ed una giornata intiera al Yali del Ministro degli Affari Esteri dopo aver assistito all'ebdomadaria riunione dei Rappresentanti delle cinque Grandi Potenze.

Se ora abbandonasi il progetto delle Conferenze la Sublime Porta dovrà comporre le sue differenze direttamente col Principe Michele e bisognerà discenda a larghe concessioni, giacchè solo a questo prezzo il Governo Serbo smetterà la sua attitudine ostile verso la Turchia.

Mi è lecito attribuire non solo alla nostra partecipazione, ma ben anco al timore che l'azione delle Conferenze abbia ad uscire· dalla sfera che per ora le venne determinata, il tentativo della Turchia per sottrarsi al controllo delle Conferenze. Nel tempo stesso persone ben istrutte mi dicono che una volta posto in disparte il pensiero delle Conferenze l'Austria, appoggiata dalla Turchia e dall'Inghilterra, non dispera di far rivivere il vagheggiato progetto di occupare con truppa la Servia o quanto meno la Bosnia. Ma ·su questo piano non mi arresto più a lungo, non avendo dati sufficienti sui quali appoggiare le mie apprezzazioni.

ALLEGATO l. DE MOUSTIER A AALI' PACHA (1)

La Sublime Porte ne peut douter du regret avec le quel mon Gouvernement

a reçu la nouvelle des événemens dont la ville de Belgrade a été dernièrement le

théàtre, et qui ont compromis l'existence des bonnes relations entre le Gouverne

ment de S. M. le Sultan et la Principauté de Servie. Le Cabinet des Tuileries

espère que l'envoi d'un Commissaire Ottoman dans le but de faire une enquete

sur les incidens qui se sont produits, permettra, en en révélant les causes, d'en

prévenir le retour.

Quelle que soit I'issue des négociations ouvertes, en ce moment, entre la

Sublime Porte et le Gouvernement du Prince Miche!, le concours des Puissances

Garantes, n'en sera pas moins nécessaire pour le règlement définitif de cette ques

tion, et le rétablissement durable des bons rapports entre la Servie et la Puissance

Suzeraine.

Ce but, dont il appelle de tous ses vceux la réalisation, semble à mon Gouver

nement ne pouvoir etre mieux atteint que par la réunion à Constantinople, des

Représentants des Puissances garantes et d'un Représentant de la S. Porte.

En faisant part à V. A. de cette manière de voir, j'ose espèrer qu'Elle ne

méconnaitra pas le danger que, dans les circonstances actuelles, il pourrait y avoir

à retarder l'époque de cette réunion, et qu'Elle voudra bien la fixer le plustòt possible, c'est-à-dire aussitòt que le représentant qu'Elle jugera à propos de désigner sera muni de toutes les pièces de l'enquète faite, en ce moment, par le Gouvernement Turc, et sera en mesure de les soumettre à la Conférence.

ALLEGATO 2.

GREPPI A AALI' PACHA (1)

C'est avec regret que mon Gouvernement a reçu la nouvelle des événemens dont la ville de Belgrade a été dernièrement le théàtre et qui ont compromis l'existence des bonnes rélations entre le Gouvernement de S. M. le Sultan et la Principauté de Servie. Le Cabinet de Turin a pleine confiance dans les mesures adoptées pour prévenir le retour des incidens qui se sont produits.

Quelle que soit l'issue des négociations ouvertes, en ce moment, entre la

S. Porte et le Gouvernement Serbe, le concours des Puissances Garantes ne sera pas moins nécessaire pour le règlement définitif de cette question, et le rétablissement durable des bons rapports entre la Servie et la Puissance Suzeraine.

Ce but dont il appelle de tous ses vceux la réalisation semble a mon Gouvernement ne pouvoir ètre atteint que par la réunion à Constantinople de tous les Représentants des Puissances Garantes et d'un Représentant de la Sublime Porte.

Qu'il me soit donc permis à'espérer qu'en vue des circonstances actuelles V. A. voudra bien solliciter l'époque de cette réunion et la fìxer le plustòt possible, c'est-à-dire aussitòt que le Représentant, qu'Elle jugera à propos de désigner, sera muni de toutes les pièces de l'enquète faite, en ce moment, par le gouvernement Turc et sera en mesure de les soumettre à la Conférence.

ALLEGATO 3.

GREPPI A BULWER (2)

Je m'empresse de remercier V. E. de la communication officieuse dont Elle a bien voulu charger M. Erskine pour moi.

Je m'en suis prévalu pour adresser ainsi que l'ont fait mes autres Collègues Représentants des Puissances Garantes une Note, dont j'ai l'honneur de transmettre ci-joint copie (3), à S. A. Aalì Pacha, concernant la réunion en Conférence de tous les Représentants des Puissances Signataires du Traité de Paris, dans le but d'aviser au règlement définitif de la question de Servie et au rétablissement durable des bons rapports entre la Servie et la Puissance Suzeraine.

(1) Copia di una nota inviata 1'8 luglio 1862 (Archives Diplomatiques, 1863, I, pp. 236237). Il testo del documento ha in margine alcune varianti apportate dal Greppi. Queste sono riprodotte nel seguente allegato.

555

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI-GAROFOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 236. Madrid, 16 luglio 1862.

Ebbi l'onore di ricevere il telegramma che l'E. V. degnavasi indirizm.rmi in data 12 corrente (4) col quale mi vengono ·Confermate le importanti notizie del

riconoscimento del Regno Italico per :parte della Russia il prossimo ri-conoscimento della Prussia e l'al!tra non meno fausta notizia della parte presa dalla nostra Camera pel matrimonio definitivamente combinato tra S. A. R. la Principessa Pia e l'Augusto Sovrano Lusitano.

Nel porgere or.a a V. E. i doverosi miei ringmziamenti per la comunicazione di tali fatti che tanto onorano il Ministero attualle e che collocano il nome di

V. E. fra quelli dei più lavoriosi fautori della presente gloria della patria nostra italiana, devo rendere informata l' E. V. dell'impressione che qui produssero tali cose ed incomincerò a dichiarare che gli amici nostri politici provarono eguale contento nella conferma di queste ;:wtizie come se si avesse trattato di cosa propria Spagnuola. Ma l<asciando in disparte le dimostrazioni favorevoli della stampa liberale, la quale naturalmente non poteva che rallegrarsi nel vedere quasi compiuti i voti d'un gran popolo fratello, passerò ad osservare 1..!tampa ministeriale non curandomi per ·certo delle diatribe miserande della stampa reazionaria degna compagna di quella degli altri paesi. La sorpresa qui prodotta nel campo ministeriale pel riconoscimento della Russia non è cosa facile ad essere descritta; si neg:ava sino in quest'ultimi giorni la possibilità di tal cosa, ma giunta la notizia officiale s'occuparono seriamente a determinare qual condotta si dovrebbe tenere ed infatti il Diario e la Epoca con articoli un poco più studiati dell'ordinario lasciano vedere il disgusto di trovarsi in posizione cosi poco conforme col vero interesse del paese. I due articoli della Epoca come elahorati dopo lunga conferenza del Coello col Signor Calderon Collantes, mi credo in dovere di qui uniti rimettedi a V. E. lasciando essi vedere che l'intenzione del Signor Calderon sarebbe di preparare il terreno onde disporre la Regina a non impedire che venga riconosciuto il fatto compiuto in Italia. Tali preparativi di conciliazione come è facile comprendere sono motivati dal timore di vedersi isolati compiutamente dal resto d'Europa, prP.vedendo che in caso d'un congresso Europeo la Spagna non sarebbe invitata ad intervenirvi. Come ebbi l'onore di manifestare a V. E. nel telegramma d'oggi (1) il Signor Calderon che vidi perchè si annunziava prossima la sua partenza pei bagni e desiderando anche di fargli conoscere che avevo ricevuto le notizie ultime importantissime, non solo mi ricevette con straordinaria cortesia, ma mi disse che desiderava fra giorni vedermi e parlarmi, ma che pel momento non poteva spiegarsi maggiormente. Non volli insistere. Ma ben compresi che le disposizioni del Gabinetto Spagnuolo sono ora tali da permettere ch'io creda che facilmente vorrà tentare di ll."iavicinarsi a noi e •con tal motivo riconciliarsi colla Francia. Il Conte di Bondy mi disse che il Sig. Collantes J.o trattenne a lungo sulla possibilità di riconoscere ben presto l'Italia che non lo ritenevano da ciò fare i diritti degli ex Principi nè quelli eventuali della Spagna, ma che la posizione triste in cui si trova il Pontefice era il solo motivo che impediva la Regina ad unirsi al resto d'Europa per riconoscere il Regno d'Italia.

La Correspondencia, periodico ministeriale, stampa oggi un articolo annunziando il prossimo riconoscimento; mi dò l'onore di rimetterlo qui unito a V. E.

(1) -Copia di una nota inviata il 10 luglio 1862. (2) -Copia di una lettera particolare inviata il 12 luglio 1862. (3) -È la copia di cui all'allegato precedente. (4) -Cfr. n. 522.

(1) Cfr. n. 552.

556

IL CONSOLE A BUCAREST, STRAMBIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 215. Bucarest, 16 lugUo 1862. Il signor Alessandro Buda, che qui venne da oltre un anno e mezzo col titolo di maggiore nell'armata meridionale, speditovi dal Comitato ungarese per rap.presentare specialmente gli interessi suoi, ha deciso di ricondursi in Italia, vedendosi ormai privo di quei mezzi che gli sono necessari per provvedere alle bisogna sue personali ed a quelle della missione di cui è incaricato. Il signor Buda, medianti le relazioni sue private in Valachia, le sue corrispondenze coll'Ungheria e la Transilvania, la sua collaborazione a giornali e le direzioni date ai propri connazionali che qui con più o meno frequenza capitavano, cercò di :;:ervire, il meglio che potè la causa magiara; e se i risultati non furono splendidi, malgrado l'appoggio che ebbe da questa R. Agenzia, devesi ciò attribuire alle condizioni infelici in cui versa questo paese, in cui infiacchita dimostrandosi sempre più ogni aspirazione nazionale, conservasi pur vivo l'odio antico verso i Magiari, le cui concessioni parvero fin qui insufficienti ed inaccettabili. Però le basi di conciliazione che vennero in ultimo proposte da Kossuth nel suo programma di confederazione danubiana sono generalmente accolte con favore dai liberali rumeni e come punto di partenza di possibile accordo. Il Generale Klapka dicevami aver scelto il signor Buda per ciò appunto ch'egli è transilvano e più simpatica ai rumeni supponeva dover riescire la di lui azione in favore dei magiari. Sempre tutto l'opposto. I più focosi lo considerarono come un traditore e gli uomini più importanti del partito liberale o democratico dimostrarono sempre ripugnanza ad intrattenere relazioni col medesimo. Del resto, cessato già da tempo ogni passaggio di ungheresi, la presenza del signor Buda in questa ctttà fassi sempre meno necessaria, specialmente dacchè trovasi egli tanto sorvegliato dagli agenti austriaci e da quelli stessi del Governo rumeno. Anzi se il medesimo non si fosse trovato difeso dalla mia protezione già sarebbe stato espulso dai Principati, conformemente alla domanda che l'internunzio austriaco in Costantinopoli fece qui pervenire. Siccome in seguito all'assassinio del signor Cattargi ad alcun altro più oscuro magiaro era stato intimato lo sfratto, che feci immediatamente rivocare, perchè destituito di ogni legittimo motivo. Se più tardi potesse ancora ravvisarsi utile l'azione del Signor Buda in questi Principati, sarà egli disposto a ritornare. Intanto potrà egli riferire all'E. V., s'Ella crederà di chiamarlo al Ministero in breve udienza, siccome fin d'ora pà" mio mezzo riverentemente sollecita, le condizioni di questi paesi nei loro rapporti colla nazionalità magiara e la missione segreta da esso lui esercitatavi. L'E. V. è informata come il signor Berzenczy, il quale adempiva in Galatz ad eguale ufficio in servizio del Comitato ungarese, privato pur egli della pensione che in passato gli si pagava ed invano ha reclamato, siasi indotto, spinto dalla miseria, a rendersi all'Austria. Consegnavasi al Consolato Austriaco di Galatz, che lo fè accompagnare fino a Pesth da un suo agente di polizia, troverebbesi ora

libero, a quanto mi fu riferito, in Ungheria, dopo essere stato trattenuto per poco in Vienna.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI-GAROFOLI

T. 244. Torino, 17 luglio 1862, o'l"e 14.

Ne prenez pas initiative d'aucune négociation pour la reconnaissance de l'Italie, mais acceptez les ouvertures. Tàchez d'obtenir la reconnaissance pure et simple. Les déclarations que nous avons faites à la Russie ne sont point applicables .à l'Espagne. Celles que nous avons faHe•s à la Prusse de n'employer pour la solution de la Question de Rome que des moyens moraux et diplomatiques, nous sommes prets à les renouveler à l'Espagne. Nous n'avons pris avec la Russ:.e et la Prusse aucune espèce d'engagement relatif aux Princes dépossédés et nous ne pouvons pas en prendre avec l'Espagne. Après la reconnaissance on examinera la question des biens appartenant à titre de patrimoine privé aux dits Princes; cet examen toutefois ne pourra avoir lieu que lorsqu'ils auront quitté l'Italie. J'attends sous peu de jours, peut-etre demain ou après-demain la reconnaissance définitive de la Prusse. Si l'Espagne nous autorisait à déclarer en meme temps que pour la Prusse sa reconnaissance, ou accomplie, ou imminente cela ferait un bon effet par tout. Vous userez en tout ceci plus grande réserve. Répondez si vous avez bien compris.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE S. n. Torino, 17 luglio 1862.

I giornali Italiani di questi ultimi giorni hanno pubblicato una lettera che il Principe Murat avrebbe indirizzato ad un titolato Napoletano (1). Pel caso che la S. V. non l'avesse ancora letta Le mando qui acchiuso un esemplare del giornale il Diritto che la dà per intiero.

Gli atti con cui l'Imperatore ha mostrato all'Europa la sua ferma volontà di mantenere i risultati della gloriosa guerra del 1859, le recenti prove di favore che esso ha date all'Unità italiana, i solenni onori resi al Re durante l'ultimo suo viaggio a Napoli, gli uffizii infine che il Governo Francese ha fatti per ottenere il riconoscimento del nuovo Regno Italiano dalle Corti del Nord ci convincono che l'Imperatore è lungi dall'approvare queste aspirazioni del suo parente.

Ciò nullameno a torre ogni esca ai partiti e ad impedire che dal silenzio dell'Imperatore e dai riguardi ·che La stampa nostra deve usare verso un parente di S. M. I. si tragga argomento a meno esatte supposizioni non sembra inopportuno che la S. V. si apra confidenzialmente sopra questo argomento col Sig. Thouvenel onde veda se non fosse il caso che il Moniteur, come già fece altra volta, (cioè nel maggio 1861) ·recas,se qualche frase diretta a dimostrare che il Governo Imperiale non approva la parte di pretendente che assume il Principe Murat, ed a rimuovere ogni causa che possa scemare il prestigio dell'unione nostra colla Francia.

1925, I, pp. 269-270; e recentemente anche in F. BARTOCCINI, Il Murattismo, Milano, Giuffrè, 1959, pp. 259-260.

Aggiungerò poi che il contenuto della accennata lettera del Principe dispensa

il Ministero dall'indicare a V. S. quale debba essere il contegno suo ne' suoi

rapporti eventuali col Principe stesso.

Le sarò tenuto, Ill.mo Signore, se m'informerà dell'esito delle sue pratiche

a tale riguardo.

ALLEGATO.

DAL GIORNALE IL DIRITTO

[14 luglio 1862].

Collochiamo qui, come un'amenità qualunque, una famosa lettera-proclama, che un .bell'umore ha avuto la degnazione di mandarci da Firenze col mezzo della posta.

Crediamo che sia lo stesso documento che provocò a Napoli l'arresto del Duca .d'Avalos e poscia di un suo fratello non Duca.

Quantunque sia vos~ibile che qualche lievito di lVIurattismo fermenti nelle Provincie napoletane -e tutto è possibile dopo che s'è visto minacciare di prender corpo il fantasma del Murattismo persino in Sicilia -nondimeno muove il riso codesto pretendente che vuol credere ad inviati, ad associazioni, a partiti, che spasimano per lui. ·

Se la cosa meritasse d'esser presa sul serio, vorremmo consacrare alla meritata infamia codeste mene di una setta separatista e straniera, che vorrebbe minare lo splendido edifizio della n.1stra unità nazionale.

Ma la condanna migliore è quella di pubblicare nella sua integrità il buffo _documento. Eccolo: Parigi, 25 giugno. Caro Duca,

Credo utile ed opportuno rispondere-in pari tempo e alle vostre lettere ed alle proposte d'alcuni che da me vennero, dicendosi rappresentanti di politiche associazioni. Voglio formularvi la mia opinione e farvi testualmente conoscere, per iscritto, la risposta da me data verbalmente a questi inviati, acciocchè non vengano snaturate le mie parole, fraintesi i miei intendimenti.

A coloro che mi fanno continua ed urgente premura di recarmi nel Regno

delle Due Sicilie, osservando che chiamato ed aspettato ivi sono da un partito

pronto a sormontare le consorterie e le sette che vanno tiranneggiando, predando

e insanguinando l'infelice nostro paese, risposi:

Che dall'acquisto d'un Regno nell'interesse mio e de' miei, non procede la 'responsabilità della cura che assumerei delle agitate sorti di tanta parte d'Italia;

Che l'animo mio rifugge al pensiero di suscitare un partito, il quale, per quanto rette e savie fosserv le sue intenzioni, vincendo, aggraverebbe forse i vostri mali, percuotendovi di nuove e profonde piaghe;

Che vado si altero dello splendore della paterna rimembranza, che a niun prezzo vorrei oscurarla della minima ombra d'odio cittadino; Che nondimeno, se, in virtù dell'ordinarsi spontaneo d'un partito nazionale,

a. me, potente di tale rimembranza s'aprisse la via di pacificare il Regno delle Due ' Sicilie, liberandolo da estranea dominazione e restaurandone l'autonomia; io sarei felice d'accingermi e darmi tutto a tanta impresa;

Che ben comprendevo come il popolo delle Due Sicilie, intendesse a ricuperare la sua Sovranità, senza però disgiungersi dagli altri popoli d'Italia, desideroso anzi di. ristringersi con loro in alleanza difensiva o in qualsiasi ordine di guarentigie nazionali contro lo straniero.

Quanto a coloro che. paiono convenire nello stesso pensiero, e m'inviano Deputati per sapere s'io e mio figlio, in caso di felice successo, daremmo alla Sicilia la costituzione dell'anno 1812, i-o ho risposto:

Il rispetto delle pubbliche libertà ch'io professo maggiore è del vostro. Comprendo che un Re il quale, per sangue suo, rivendica l'eterno diritto divino, conceda di sua propria individua autorità uno Statuto al suo popolo; ma non comprendo che tale autorità si arroghi un Principe assunto al trono dalla volontà nazionale, scevra, immune d'inganni, di macchinati spaventi e d'ogni genere di corruzione. Veramente quando si mutano gli Stati per ordinarli a libertà, ai soli eletti dal suffragio universale appartiene il supremo diritto di dettare il nuovo patto sociale, e il Principe scelto dal popolo, fatto esecutore della legge, dee schiettamente accettare il patto o respingerlo; dee accettarlo senza occulte mire, e provvedere che sia fedelmente, religiosamente effettuato; ove lo respinga, scenda in pari tempo dal trono.

Tale, o caro Duca, è la mente mia; tale fu la mia risposta, in questa parola compendierò quanto dissi e quanto ora v'ho scritto: non sarò mai strumento d'alcun partito; il pensiero pubblico, la volontà nazionale saranno sempre la mia legge e la scorta mia.

Ricevete ecc.

Firmato L. MuRAT

(1) Ristampata in A. Luzro, La Massoneria e il Risorgimento Italiano, Bolognà, Zanichelli,

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in CoLOMBo, 27) (1)

L. P. Torino, 17 luglio 1862.

Col corriere di stasera o di domani riceverà un dispaccio relativo alle lettere che va pubblicando il Principe Murat. Veramente io me ne sarei vendicato abbandonandolo alla riprovazione dell'opinione pubblica e alla sferza del ridicolo. Ma il mio Colle,ga, M. Pepoli, per ragioni di parentela, e per certe onorevoli suscett~bilità come membro del Gabinetto attuale, ha preso la cosa sul serio e mi ha richiesto di rfar qualche comunicazione al Gabinetto di Parigi al che ho volentieri acconsentito. Ne facda quell'uso prudente che stimerà.

Le nostre cose vanno assai, prospere. Ho già qualche apertura colla Spagna. Mi studio di stimolare la tardigrada Prussia, minacdandola dell'imminenza del riconoscimento Spagnolo come ho fatto coll'esempio della Russia, ed ora mi valgo dell'esempio delle due per controstimolare la Spagna.

Garibaldi se,gue imperterrito a battere una via che ci conturba noi e lo conduce a qualche miseranda catastrofe. Ora l'ha ·con Roma; sogna vespri, macchina spedizioni, è un vero allucinato. Ma siamo in guardia; se vuole la guerra civile, l'accetteremo e guai a Lui! (2) ma intanto non è men vero che la posizione dei Romani ·diventa ogni ,giorno !Più difficile. Il Comitato Romano su cui finora abbiamo esercitato una soda influenza, potrebbe esautorarsi; è minato dal partito mazziniano ed è difficile che mantenga ancora per molto tempo la sua autorità e faccia argine al torrente. Che ne avverrà da un conflitto fra i francesi e la popolazione romana? Certo il meno sarebbe un ritardo della soluzione; ma

'Benedetto umnol che nella sua mente non sa .scernere il possibile dall'impossibile. Stiamo in guardia: ma temo che non sia concorde il S'enno politico •· (Nota del Colombo).

il raffreddamento delle simpatie italiane verso la Francia ne sarebbe anche una deLle deplorabili conseguenze. Pensi l'Imperatore che ormai non ha più nulla a sperare dai Clericali i quali aspettano la sua caduta e veggono con piacere le sue difficoltà.

Ho detto a Benedetti che vedesse· modo di portarmi al suo ritorno qualche proposta, quakhe avvenimento, qualche principio della fine.

In caso contrario io non so se !POtrei astenermi dal prendere qualche inLziativa e rivolgere io stesso a Parigi delle proposizioni e forse un sistema completo per lo sgombro di Roma per parte dei francesi e per un accordo nostro col Papa. È impossibile passare la prossima sessione del Parlamento colle mani in tasca.

(1) -Già edita in Episodi cit. pag. 232, ma con lacune e alterazioni nel testo. (Nota del Colombo). (2) -Nell'edizione cit. questo periodo è dato cosi: • Garibaldi segue imperterrito a battere una via che conturba noi, e condurrà a qualche catastrofe. Ora l'ha con Roma.
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lL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 74. Atene, 17 luglio 1862. Annunziandosi dalle nootre gazzette e da molte lettere particolari l'improvviso giungere del Garibaldi a Palermo e il sospetto che dava di macchinare uno sbarco in Grecia ed in Albania, mi sono creduto in debito di tranquillare questi Signori Ministri non mediocremente turbati, riferendo loro le ferme dichiarazioni espresse dal Presidente del Consiglio s~gnor Rattazzi e inducendoli ad avvertire la poca o nessuna probabilità e verisimigl'ianza delle sparse notizie e di quella singolarmente che assegnerebbe il Regno stesso della Grecia per luogo scelto dal Garibaldi alla sua spedizione. Nondimeno, aggiungevo non essere inutili le precauzioni e le diHgenze. L'apprensione è pur grande nella Legazdone Ottoroana; e v'è inquietudine anche nella Britannica la quale, peraltro, va accertando questo governo che legni inglesi porrannosi immediatamente in crociera cosi nelle acque di SidUa come in quelle dell'Albania. Mi occorre anche di ricordare che questo Governo mostrasi di più in più confidente nella lealtà e buona amicizia del Governo italiano. Se poi il Garibaldi tentasse alcuna cosa in Epiro ed in Albania, il ministero greco non sarebbe cosi dolente nella realtà come ne farebbe le viste. Perchè in lui la prudenza politica lotta col desiderio della comune emancipazione; e in questo sol sentimento s'accordano tutti i partiti. Quanto al Re, non si può formare giudi'Cio esatto e sicuro. Egli teme pur troppo ogni innovazione ed ogni peripezia e a me •sembra impossibile ·che egli non ~rechi in mezzo ai suoi pensied d'in.grandimento e d'indipendenza nazionale quella medesima perplessità di animo e grettezza di consiglio che usa tuttogiorno nelle faccende interiori del Regno. Ciò non ostante, non voglio nascondere che persone bene istruite e di mente abbastanza penetratiV1a e fredda persistono a credere che il Re Ottone è :risolutissimo a qualunque impresa la quale gli possa promettere la emandJPazione completa dei greci. Comunque ciò sia, la sfortuna di questo popolo vuole che pochissimi oggimai ànno fede nel re, e dubito forte la possa ricuperare. Onde anche per questo i savi non desidel"ano punto si dia principio oggi stesso alla sollevazione orien

tale, perchè si rischia che i .greci vi abbiano a.$Sai poca parte e vi fac·ciano mala prova.

Del resto, era nelle mie incombenze di ricercare e :frugare quanti ragguagli e indizi potessi circa il supposto sbarco o a dir meglio circa il disegno di sbarco. E però dico a V. E. che in sino a qui tutte le mie indagini non ànno potuto scoprire nulla di definito e di positivo. Questo Ministero mi confessava candidamente essere nella stessa ignoranza di me e sapere poco più di quello che il volgo ne discorre su per le piazze. La voce maggiormente diffusa e creduta si è che uno sbarco debba a'ccadere nelle vicinanze di Prevesa o di Auilona. Dietro questa voce il Pascià di Janina scriveva a questo Ministro signor Fotiadis che s'era messo egli medesimo a visitare tutti i luoghi principali di quelle coste e non aveva scope.rtò nè Comitati nè radunanze nè indizio alcuno d'intelligenze e d'accordi segreti presi con Garibaldi o coi suoi agenti nè arrivo e partenza: dì emissari.

Vero è che a Lamìa nella Ftiotide (provincia limitrofa con la Tessaglia) le popolazioni sembrano entrate· in insolita ardenza e pretendono di trascinare in qualunque modo il .governo alla zuffa contro il turco. Qualche giorno fa cinquantotto paUcari con pochi soldati e un sotto uffidale pas,savano in Tessaglìa con intenzione di formarvi una banda armata. Io mi sono al presente affiatato con tal persona che :spero conoscere appuntinq ogni movimento di quelle parti; e intanto, egli mi conferma nella credenza che nullla non sussista di' ben prep·arato e di positivo, nulla che accenni alla aspettazione di uno sbarco.

Mi rimane d'informare V. E. che Lunedì giungevami il suo dis!Paccio cifrato del quale ò fatto l'uso più conveniente. Da ultimo, debbo ringraziarla della spedizione che si compiacque di farmi d'un dispaccio da Napoli in cui mi si manda copia del Decreto Reale che approva la nomina mia a Socio Nazionale non residente di quella R. Accademia di scienze morali e politiche.

P. S. -È giunto queseoggi col Vapore postale francese il signor Ministro Caracciolo il quale si propone di fare vela domani stesso per Costantinopoli.

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IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (AST, Legazione Francoforte, cart. 5)

R. 39. Francoforte, 17 luglio 1862. J'ai eu l'honneur de recevoir avec ses annexes la dépèche de V. E. en date du 12 courant (1) et je m'empresse de Lui offrir tous mes remerciments pour l'autorisation qu'Elle a bien voulu m'accorder de prendre un congé d'un mois et demi à partir du l •r Aoiìt prochain. Comme il serait cependant possible que par suite de communLcations qui pourraient encore etre présentées .par l'Autriche relativement à la question de la ~réforme fédérale, la Diète prolongeat ses séances

jusqu'aux premiers jours du mois prochain, je ne partirai pas avant qu'elle ne soit entrée officiellemènt en vacances.

Ce n'est pa>s sans un certain étonnement que l'on vient d'apprendre à Francfort que malgré l'i.n:succès notoire de ses tentatives ;passées pour entrer avec toutes :ses provinces dans le Zollverein, l'Autriche cependant vient d'adresser une nouvelle demande à la Prusse pour en .faire partie. Les raisons pour lesquelles l'idée d'une union douanière avec l'Autriche a ·constamment été repoussée sont encore aujourd'hui ce qu'elles étaient lol"s de la création du ZoJlve.rein, et il est im;possible d'admettre que l'Autriche puisse songer ,gérieusement à vaincre des résistances qui s'appuient sur des intérets positifs. Aussi, l'on est amené à croire que l'Autriche sùre ·comme elle l'e•st d'un refus, n'a d'autre but que de rendre encore plus vive l'opposition des Etats du Sud contre le traité de commerce avec la France, et de provoquer atnsi la di.ssolution du Zollverein dont elle profiterait pour attirer à elle dans une nouvelle union commer·ciale les Etats secondaires du Sud auxquels elle offrirait pour débouché de leurs produits toute l'étendue de l'empire autrichien. L'on regarde ici comme très habile cette nouvelle manreuvre de l'Autriche dirigée évidemment contre la Prusse et que l'on dit faire suite à toutes les ·combinaisons.qui dans ces dei'Illiers temps ont eu !.JOUr objet d'amoindrir la prépondérance Prussienne. Cependant cette prétendue habileté pourrait bien se tourner contre l'Autriche en finissant par éclaLrer la Prusse sur la seule politique qui lui reste à suivre en fa·ce d'un système d'hostilité p1us ou moins déguisée.

Il s'est produit hier à un banquet du tir national un incident qui a failli troubler la bonne harmonie qui a regné jusqu'ici. Dans un discours empreint des 'idées unitaires les plus avancées, l'un des chefs du Nationalverein, Mr. Metz, en est venu à dire: «qu'au milieu de l'allegresse générale il ne fallait point oublier les enfants de douleur qui gémissaient encore en Holstein et en Autriche ». A peine avait-il prononcé ces paroles qu'un Docteur d'fJ:nspruch s'est levé et a protesté avec une extreme violence de langage contre cette appréciation qu'il a traìté de calomnieuse. L'on commençait déjà à s'ag1ter de part et d'autre, lorsque le Colone! Kurtz de Berne est parvenu par des paroles concilìantes à ramener le ·calme.

Une remarque importante que l'on a faite c'est qu'au milieu des discours unitaires, qui se succèdent sans interruption à tous les banquets, les orateurs s'abstiennent tous de parler de la Prusse, et sans que le mot en ait jamais été prononcé, sembleraient plutòt pencheli' vers des insrtitutions républic·aines. L'on attribue ·cette nouvelle dtsposition d'esprit aux oscillations de la politique prussienne, disposition qui naturellement disparaitrait avec une autre adminiJStration plus ferme et surtout plus nationale.

Un journal Autrichien dit qu'en faisant part au Cabinet de Vienne de sa

résolution de reconnaitre le Royaume d'Italie, la Russie déclarait que ce n'était

point par un sentiment d'hostilité envers l'Autriche qu'elle avait pris cette

détermination; que bien au contraire, elle avait acquis la certitude que en ce qui

concerne sa politique extérieure, le Cabinet de Turin était resolu à marcher

dans la voie de l'ordre et de la modération.

36 -Documenti diplomcttici · Serie I · Vol. II.

(1) Non pubblicato.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 245. Torino, 18 luglio 1862, ore 9.

Après votre audience du Roi de Prusse, ;partez immédiatement pour Turin si rien de grave ne •S'y oppose (1).

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CIRCOLARE TELEGRAFICA DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

T. 246. Torino, 18 luglio 1862, ore 10,30.

La reconnaissance du Royaume d'Italie par la Prusse ·comme fait accompli nous est arrivée ce matin. Le Roi de Prusse recevra lundi (21) notre Ministre à Berlin qui lui présentera la lettre du Roi d'Italie. Nos rapports avec la Prusse sont maintenant parfaitement réguliers.

564

CIRCOLARE TELEGRAFICA DEL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

T. 249. Torino, )8 luglio 1862, ore 15,45.

S. A. I. la Prince,sse Clotilde est accouchée ce matin d'un Prince (2). Le Ministre des Affair·es Etrangères l'a annoncé au Parlement en mème temps que la reconnaissance du Royaume d'Italie par la Prusse. Gette double nouvelle a été accueilHe avec une très vive satisfaction et des applaudissements enthousiastes ont suivi les parole,s du Ministre.

565

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI-GAROFOLI

T. 250. Torino, 18 luglio· 1862, ore 16.

Tachez d'obtenir du Cabinet de Madrid que je sois autorisé à annoncer aux Chambres dimanche que j'aurai les interpellations sur la politique étrangère que la reconnaissance de l'Espagne es,t imminente ou trrès prochaine. C'est ce que a fait la Prusse.

566

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 251. Torino, 18 luglio 1862, ore 20,30.

Le Roi a répondu à la communication du Prince Napoléon (3) aujourd'hui vers deux heures et un quart.

(1) -Cfr. n. 569. (2) -Cfr. n. 567. (3) -Cfr. n. 570.
567

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 361. Parigi, 18 luglio 1862, ore 8,10 (per. ore 9,15).

La Princesse Clotilde a heureusement accouché d'un enfant male (1). Lft Princesse et le Prince nouveau-né se portent bien.

568

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI-GAROFOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 362. Madrid, 18 luglio 1862, ore 12,.55 (per. ore 14,40).

Je me tiendrai à vos ordres, mais je crois que l'on voudra laisser le mérite de la reconnaissance au nouvel Ambassadeur de France (2) à Paris.

569

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 363. Berlino, 18 luglio 1862, ore 12 (per. ore 17 ).

Le Roi de Prusse a jugé acceptables nos déclarations et 1a re.connaissance de l'Italie est résolue. 1La réponse de S. M. et la dépeche officiellle par laquelle son Ministre des Affaires Etrangères annonce cette résolution partiront lundi 21 Juillet au soir après l'audience 1que le Roi m'a déjà fixée à la meme date pour lui remettre la lettre de Notre Auguste Souverain. V. E. jugera peutétre utile de me rappeler à Turin pour '<ionner explications verbales et recevoir ses instructions éventuelles. Je lui 'serai obligé de me répond!re par le télégraphe.

570

IL MINISITRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 364. Parigi, 18 luglio 1862, ore 15,55 (per. ore 17,10).

Veuillez supplier le Roi d'envoyer de suite un télégramme en réponse de la communication du Prince Napoléon sur l·a naissance de son enfant.

571

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 411. Berlino, 18 luglio 1862.

Immédiatement après avoir reçu la dépeche de V. E. en date du 9 Juillet (3), je me suis rendu chez le Ministre des Affaires Etrangères pour lui en communiquer le contenu.

Il m'a paru satisfait de cette communication; mais avant de m'exprimer officiellement sa manière de voir, il s'est réservé de prendre les ordres de son Souverain.

En attendant il avait déjà prévenu le Prince Carini, le Ministre de François II, et le représentant de l'Autriche de la prochaine reconnaissance de l'Ita:lie dans le cas où notre réponse à sa dépeche du 4 Juillet serait satisfaisante. Le meme avertissement avait été envoyé au Cardinal Antonelli par l'entremise du Baron de Canitz.

Enfìn hier au soir le Comte de Bernstorff m'a autorisé à faire savoir à Turin que nos déclarations ayant été jugées acceptables, le Roi de Prusse s'était décidé à nous reconnaitre, et à recevoir de mes ma'ins, le 21 courant, la lettre de notifìcation adressée à cet effet à Sa Majesté par le Roi d'Italie.

Les chefs des missions Etrangères, selon l'étiquette de cette Cour, ne sont admis à l'audience Royale que lol'squ'ils présentent leurs lettres de créance ou de rappel. Vu la circonstance tout à fait exceptionnelle, j'avais demandé une audience spéciale, et je suis bien aise qu'elle m'ait été accordée pour constater toujours davantage qu'après l'accomplissement de cette formalité je a:-eprésenterai le Roi d'Italie.

J'espère que le Comte de Bernstorff me communiquera préalablement sa réplique à notre dépeche précitée du 9 Juilllet, et 'je :ferai de mon mieux pour qu'elle soit rédigée dams des termes qui cadrent avec nos déclarations.

Gomme V. E. a bien voulu consentir à m'appeler à Turin, je partirai d'ici Lundi au soir, bien entendu s'il ne survient aucun empechement grave et indépendant de mon très vif désLr de me rapprocher de V. E.

Je me réserve alors de lui donner en personne tous les détails qui se ratta

chent à la circonstance actuelle.

Le Cabinet de Vienne dissimule mal sa mauvaise humeur de se voir isolé.

Le Gomte de Rechberg a répondu à Monsieur de Balabine, qui lui twtifìait la

reconnaissance de la Russie, en qualifiant cet acte de violation du droit des

gens, et qui plus est une immoralité politique. Il se prononcera sans doute avec

la meme animosité sur la conduite de la Prusse (1); au reste les l'elations entre les

deux pays ·sont assez tendues. La note par la quelle le Gouvernement Autrichien

propose aux Etats Allemands la fusion de l'Empire dans le Zollverein a été fort

mal accueillie ici. Ce n'est qu'une manceuvre pour faire échouer le traité de

commerce et de navigation entre la France et l'union douanière.

Le Comte de Bernstorff m'a parlé de ce projet de fusion, comane d'une chi

mère. Il est •en effet impossible à la Prusse de se preter à une semblable com

binaison.

(1) -11 principe Napoleone Vittorio Girolamo Federico. (2) -Recte: Espagne. (3) -Cfr. n. 514.
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L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI-GAROFOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 367. Madrid, 19 Zuglio 1862, ore 15,35 (per. ore 19,30).

Powr obtenir réponse ·claire à la dépeche de V. E. je me suis adressé au Président du Conseil des Ministres qui me dit n'avoir pas eu le temps de réfléchir

sur la question reconnaissance et ne pouvoir prendre une résolution si grave loi'Sque quatre Ministres sont absents de Madrid. Demain j'écris par la poste à V. E.

(1) Cfr., infatti, la lettera del Rechberg al conte Kiirolyi, ambasciatore austriaco a Berlino, 26 luglio 1862, in Staatsarchiv, III, n. 409, Archives Diplomatiques, 1863, I. p. 154.

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IL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 382 (annesso al R. 116). Roma, 19 luglio 1862. L'agitation excitée d'abord par les nouvelles vexations de :La police continue à gagner ap11ès l'attentat d'un débavquement de volontaires sur ces cotes; d'ailleurs on ne peut se persuader ici que le Gouvernement du Roi et le Gouvernement du Roi [sic] soient étrangers à ces mouvements et, mème en l'admettant,

on croit devoir s'associer au parti d'action craignant l'effet de la diplomatie lent et incertain dans l'.impatience de le dévancer.

574

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 256. Torino, 20 luglio 1862, ore 14,~5. Le Préfet de Messine écrit qu'un émissaire de François Il, qui fait de fréquents voyages à Rome et qu'on trouve melé dans toutes les menées Bourboniennes, aurait dit en passant dernièrement à Messine qu'une réaction est imminente et qu'on n'attend plus que la réussite des dispositions prises pour faire assassiner le Roi Victor Emmanuel et l'Empereur Napoléon. Nous n'ajoutons

aucune foi à ces paroles, cependant je vous en informe à toute bonne fin pour votre gouverne.

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L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI-GAROFOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 237. Madrid, 20 luglio 1862. È mio dovere d'informare V. E. in modo più chiaro di quello che è \:lato farlo con dispa·ccio telegrafi·co di quanto qui successe riguardo al movimento bastantemente favorevole osservato in questi giorni pel ri.conoscimento del. Regno d'Italia. Come ebbi l'onore di far notare a V. E., nel mio ultimo rapporto que•sto movimento venne dato al primo annunzio del riconoscimento della Russia dallo

ste.sso Ministero per mezzo dei giornali suoi addetti. La Correspon.dencia; la Epoca, il Diario, il Con.stitucionp,~, furono concordi nel dichiarare la necessità di quest'atto.

AI ricevere io il di!waccio dell'E. V. nel quale veniva annunziato il riconoscimento russo ed il prossimo della Prussia si scorgeva come probabile questo mutamento di linguaggio perciò mi presentai al Ministro di Stato e gl.i dissi non tener io incarico di ·comunicare officialmente dette notizie ma che siccome erano di grande interesse credevo che mio primo dovere era farle conoscere a lui, la mia intenzione in ciò fare non credo necessitare spiegazioni. Il Signor Calderon mi ringraziò e dopo un discorso di cose generali mi disse: « Si lasci vedere e parleremo». Amici nostri e ministeriali m'assicurarono delle buone disposizioni del Signor Calderon e ciò fece si che mi dicidessi a spedire il primo telegramma nel quale facevo conoscer a V. E. il desiderio d'aver ordini in caso che il Signor Calderon mi avesse parlato di riconoscimento. Passarono due giorni soli, ma in questi due ,giorni il Governo seppe •che il Prim non si sarebbe posto contro di Lui al giungere in Madrid, e ciò avvenne, giacchè il Generale fu ricevuto ieri dai Ministri e dalla Corte e tutto procedè in quiete e pare infatti che il Conte di Reus rimanga per ora fedele al Duca di Tetouan. La Corte poi sorpresa dal linguaggio degli organi ministeriali si mostrò assai allarmata e la devozione o bigotismo non mancò di porre in opera ogni studio per rsospendere almen per ora il riconoscimento.

Giunse ieri l'altro il telegramma di V. E. ·con le saviie di Lei istruzioni e devo dichiarare che ebbi gran piacere di vedermi raccomandata la riserva, a mal cuore avrei fatto passi per ottenere favori (1), ma il terreno era già lavorato dall'intrigo ed ai pochi amici che stavano pregandomi di avanzarmi potei con più certezza rispondere che non m'era possibile. Tant'era la'voglia di farmi fare il primo passo che l'avermi visto in anticamera del Ministro di Stato bastò ad un Direttore di giornale ministeriale per dfchiarare che avevo notificato d'ordine Re,gio il riconoscimento russo e [prussiano e che poteva ciò considerarsi quasi come un primo passo nostro, mentre in realtà non feci che dare una notizia.

Ricevuto poi ieri il telegramma di V. E. nel quale chiaramente mi si chiede la determinazione di questo Gabinetto, e poche· ore dopo il dispaccio suiD.a nascita del Princi{pe Imperiale, non che il ricevimento fatto dal1a Camera all'annunzio del definitivo riconoscimento della Russia (2), pensai di far conoscere immediatamente tali notizie ultime aL Signor Calderon Collantes e ciò feci per prepararmi una intervista con Lui, ma l'impossitbilità d'incontrarlo occupato come è col Prim, colla nomina del Marchese dell'Avana a Parigi e colle cerimonie di Palazzo che in questi gio11ni sono numerose pel puerperio d~la Regina, mi decise di recarmi dal GeneraLe O'Donnel uomo fran·co, almeno in parole, e dal quale non attendevo frasi di sola cortesia, infatti il Duca di Tetouan al quale domandai che dovevo dire al mio Governo sul riconoscimento tanto patronato dai suoi giornali mi rfspose le precise parole che posi nel telegrramma, cioè che il tempo gli mancò per pensare su ciò, che d'altronde motivi di delicatezza l'impedivano a prendere decisione alcuna nel mentre ·che tre o quattl'o suoi coUeghi Ministri stanno fuori di Madrid. Ora debbo dichiarare per spiegare tutto ciò che oltre l'essersi diminuita la possibilità di complicazioni interne le quali obbligavano il Ministero di dare una soddisfazione all'·opinione liberale, la Regina essendosi dichiarata ·contraria alla decisione ·che si diceva volessero prendere i Ministri, rimasero questi più sorpresi che convinti. Altro ostacolo che per ora si frappone è il Generale Giuseppe Concha che recandosi Ambasciatore in Pari.gi vuole avere il suo portafogli [pieno di buone notizie e questa [pure !del riconoscimento brama

tenerla per una ·circostanza utile. Le notizie poi di Skilia servono (per quanto vengo assicurato) di scusa apparente per persuadere a bassa voce gli amici ministeriali liberali dell'opportunità di attendere ancora alcun tempo.

Insomma ·l'intrigo di Palazzo, la timidezza mim.isteriaile e l'ambizione personale fecero si che un atto più utile alla Spagna che a noi non venga ora opportunamente ·compiuto.

L'esposizione franca del mio operato spero che otterrà l'approvazione di

V. E. dolente pur troppo sono di vedere di non poter esser utile ;per .ora alle alte mire di V. E. ma mi consola l'idea che ·conoscendo V. E. questo paese comprenderà che l'assurdo ha troppo so]lide radici ;per esser sveLto in breve tempo.

(1) -Cfr. n. 557. (2) -Cfr. n. 564 e n. 565.
576

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 371. Costantlinopoli, 20 lugLio i862, ore 17 (per. ore 3,30 del 21). J'ai commun~qué hier au Ministre de Prusse la reconnai•ssance du Royaume d'Italie par son Souverain; j'ai été vivement félicité, pa.r presque tout le Corps Diplomatique. On vient de m'assurer que le 22 je re·cevrai communication de la Porte :pour la convocation des Conférences qui s'ouvriront tres pro·chainement. L'Autriche cédera à l'adion commune de la France, Angleterre, Russie et Prusse qui demandent notre participation. Aali Pacha a donné satisfaction à l'Ambas

sadeur de &ance pour l'affaire du Coll!SUl de France à Soutari. A Atlhènes on craint renouvellement des trou'bles, parti d'action espère en Garibaldi.

577

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 373. Berlino, 21 Luglio 1862, ore 15 (per. ore 17,40). Je viens de remettre au Roi de Prusse la lettre du Roi d'ltalie. S. M. a reçu

avec une hienveillance parfaite le représentant du nouveau Royaume. Je pars aujourd'hui, j'arriverai Samedi soir à Turin.

578

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 375. Costantinopoli, 21 luglio 1862, ore 14,35 (per. ore 19,45). Je reçois à l'instant l'invitation par Aali Pacha d'assister aux Conférences

dont la première séance aura Iieu demain. Le nouv·eau Ministre n'ayant pas encore présenté ses lettres de créance, j'y assisterai en attendant.

579

IL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

r. 376. Belgrado, 21 luglio 1·86.2, ore 15,30 (per. ore 21;>40).

Hier le Commissaire Impérial a réuni le Corps Consulaire chez le Consul d'Angleterre pour nous lire une note qu'il dirige au Gouvernement Serbe demandant la démolition des baJITicades et le désarmement de la ville pour que la confìance renaisse, et nous a engagé de persuader le Gouvernement Serbe de faire ce qui [sié] lui demande. Demain je résumerai mieux la note. Le Consul de France pense déclarer que jamais il se pretera à pareille chose qui a l'air d'une trahison, car les Tures augmentent les canons braqués sur la ville et ils ont construit une nouvelle plateforme formée contre la ville, que ce matin on a armée tle canons. Si le Consul de France faisait cette déclaration dois-je l'appuyer? Veuillez me donner demain vos instructiorus. Les Consuls d'Angleterre et d'Autriche sont d'accord pour appuyer la note du Commissaire. Le Consul de Russie probablement appuyera celui de France, le Consul de Prusse est encore incertain. Tout ceci irrite les Serbes, les idées belliqueuses qui paraissaient se calmer reviennent dans la ville p1us ardentes, dans l'intérieur on ne veut plus entendre parler des Tures et l'effervescence augmente. Toutefois si les Turc•s n'attaquent point, les Serbes restent tranquils.

580

IL MINISTRO DEGLI ESTERI PRUSSIANO, BERNSTORFF, AL MINISTRO PRUSSIANO A TORINO, BRASSIER (1)

(Ed. in Staatsarchiv, III, n. 408)

D. 22. Berlino, 21 luglio 1862.

Le Roi Victor-Emmanuel a adressé au Roi une lettre qui a pour objet de demander à Sa Majesté de reconnaitre le titre de Roi d'Italie que ce Souverain a pris.

En meme temps le Cabinet de Turin nous a fait une communication, en réponse à ma. dépeche du 4 de ce mois, et qui est destinée à nous rassurer sur ses intentions relativement aux questions de Venise et de Rome.

Dans une dépeche en date du 9 du courant que Monsieur le Comte de Launay a été •Chargé de me remettre, Monsieur le Ministre des Affaires Etrangères, en se référant à une note circulaire du Cabinet de Turin en date du 20 Mars dernier, se prononce à l'égard de la Vénétie, en ce sens que «c'est aux Puissances qui ont créé c·et état de choses qu'il appartient de poUJI"Voir à la solution pacifìque de cette grande question ».

Monsieur ·le Général Durando ajoute que « en prévision du cas où des entre

prises imprudentes viendraient à se former en dehors 'de l'action rég;ulière des

pouvoirs constitués -leGouvernement déclarait dans 1a meme note (du 20 Mars)

qu'il se sentait assez fOTt pour elll!P~cher que la question de Venise ne fut préjugée par des tentatives de nature à troubler l'état actuel des relations existantes et qu'on ne le verrait pofnt faillir à sa tàche ».

«Ces engagements » continue le Ministre, « que le Gouvernement du Roi a pds envers lui-m~me et en face de toutes les Puissances et qu'il n'hésite pas à renouveler ici formellement ont été constamment tenus; et l'Allemagne, en ce qui la concerne particulièrement, en a trouvé la preuve dans la répression prompte et complète de l'agression préparée sur quelques points de nos frontières contre le Tyrol. La fermeté déployée par le Gouvernement devant les partis extremes, l'appui éclairé que lui donne le pa,Y'& dans l'accomplissement de sa mission doivent ~tre pour les Gouvernements conservateurs de l'ordre et de la paix en Europe, des motifs irrécusables de se rassurer entièrement sur les dispositions de l'Italie manifestées d'ai11eurs à plusieurs repri.ses par le Gouvernement du Roi ».

Pour ·ce qui concerne la Question de Rome, Ile Général Durando s'exprime, en ces termes: «Les hommes d'Etat qui se sont succédés au pouvoir en Italie depuis 1859 ont tous reconnu et proclamé hautement devant 1e Parlement national et devant l'Europe que cette question ne devait ~tre résolue que par des moyens moraux et par les voies diplomatiques. Nous devons ajouter aujourd'hui que nous attendons avec assurance les résultat.s de cette poHtique irrévocablement tracée par les délibérations du Parlement ».

Nous prenons acte, avec satisfaction, de ces déclarations du Gouvernement du Roi Victor-Emmanuel sur ses intentions pacifiques à l'égard de la Vénétie auSISi bien que de Rome.

Après avoir reçu ces assurances formelles par le Cabinet de Turin, le Roi, Notre Auguste Maitre, a résolu de reconnaitre le titre de Roi d'Italie. Mais en prenant cette décision il nous importe que notre reconnaissance ne soit pas interpr~tée d'une manière inexacte.

Le Gouvernement du Roi n'a caché en aucune drconstance ses opinions sur les événement.s qui 'Se sont accomplis dans la péninsule. La reconnaiss&nce de l'état des ,choses qui en est résulté ne pourrait donc en etre la .garantie, de meme qu'elle ne saurait impliquer une 'Sanction rétrospective de la politique que le Cabinet de Turin a suivie.

Encore moins entendons-nous préjuger des questions qui ·concernent des tiers et renoncer à une entière liberté d'appréciation à l'égard d'éventualités qui pourraient modifier l'état actuel des choses.

Si, dans un moment aussi grave, je crois ne pas devoir laisser subsister le moindre doute sur l'esprit dans lequel nous entendons reconnaitre le titre de Roi d'Italie, l'acte meme de la reconnaissance, parle assez haut pour attester l'intéret que nous portons à l'Italie, à la consolidation d'un ordre de choses régulier à l'intérieur camme au développement de sa puissance et de son indépendance à l'extérieur. Puisse cette marque éclatante de nos dispositions bienveillantes devenir pour nos relations réciproques une source féconde de heureux résultats.

V. E. voudra bien donner lecture et remettre copie de cette dép&he à Monsieur le Général Durando.

(1) Il Brassier rimise questo dispaccio al Durando il 26 luglio e una lettera autografa del Re di Prussia al Re d'Italia il 27 successivo, cfr. Die auswiirtige Po!itik Preussens, 1858-1871, II, 2, n. 481.

581

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 412. Berlino, 21 luglio 1862.

Dans un entretien que j'ai eu avec le Comte de Bernstorff a,près avoir expédié mon rapport n. 411 (1), ce Mini:stre a bien voulu me donner lecture de la dépeche par laquelle le Cabinet de Berlin nous annonce la reconnaissance de l'Italie par la Prusse. Dans le corps de cette dépeche, il prend acte de nos déclarations, et formule certaines réserves.

Ce document avait reçu l'approbation du Roi.

J'ai exprimé au Comte de Bernstorff mes regrets que le Gouvernement Prussien ne se fut pas borné à prendre acte purement et simpl·ement de nos déclarations. J'ai ajouté que du moment où S. E. ·croyait ne pouvoir modifier les termes d'une dépeche déjà approuvée par Sa Majesté, je devais, à mon tour, maintenilr intacte au Gouvernement du Roi, Mon Auguste Souverain, une entière liberté d'action dans ses nobles efforts pour diriger les destinées de l'Italie conformément à notre programme, et aux déclarations précitées ·contenues dans la dépeche de V. E., en date du 9 Juillet (2).

En tenant ce 'langa•ge au nom du Gouvernement de S. M., j'ai prévenu Monsieur de Bernstorff que ma correspondance officielle en ferait foi (3).

582

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE 413. Berbino, 21 luglio 1862.

J'avai:s déjà expédié mon rapport n. 411 (4), quand le Comte de Bernstorft' m'a donné lecture de la dépeche annonçant la reconnaissance de la Prusse.

Une phrase m'a tout d'abord frappé: ·celle où il déduisait de nos assurances que nous étions décidés à repousser solenneUement toute idée d'agression contre Rome et Venise.

J'ai exprimé le regret qu'après nos expilications satisfaisantes, le Cabinet de Berlin ne se fut pas borné à en prendre acte purement et simplement, et à témoigner ainsi une entière confiance dans ces expUcations. Il n'entrait nullement dans nos intentions de suivre une politique agressive, nommément contre l'Autriche; aucun homme sensé dans la péninsule ne pouvait désirer la guerre. Mais quelles garanties avions-nous que le Cabinet de Vienne ne nourrit ipas contre nous des projets hostiles, qu'il ne cherchàt pas à nous prendre en défaut, à nous forcer à sortir de notre attitude expectante, afin de laisser croire alors que l'atta:que

serait partie de notre coté, quand norus n'y aurlons été contraints que dans un but de légitime défense. Ne travaìlle-t-il pas dans ce moment encore à ameuter plusieurs Etats de l'Allemagne? Qui nous garantit contre une alliance entre l'Autriche et Ja Bavière par exemple? Nous ne sommes, il est vrai, moralement liés que par nos propres déclarations; mais encore conviendrait-il de ne pas en tirer des conséquences exagérées et de 'TLature à jeter, le cas échéant, un faux jou.r su.r la sincérité de nos réponses au. Gou.ve·rnement Prussien. Ce que celui-ci pouvait nous demander, dans la mesure juste et raisonnable, nous l'avons accordé, (dépeche du 9 Juillet) (1) mais le Gouv·ernement de Sa Majesté n'a jamais entendu renoncer à l'action libr,e et régulière des pouvoirs ,constitués, lors meme qu'il soit résolu à épuiser torus !1es moyens pacifìques ,porur !Parvenir à la réalisation d'un programme dicté par des aspirations aussi légitimes qu'immuables.

A .cet égard, je trouvais que la phrase nou.s repou.ssons solennellement toute idée d'agression etc. etc. etc. renfermait une déduction qui n'était pas tout à fait en rapport avec les prémisses contenues dans notre dépeche précitée, et qu'ain>s.i. il serait mieux, stnon de la supprimer, du moins d'en modifì.er la teneur.

Quant aux réserves, je les regrettats également lors meme que Monsieur de Bernstorff alléguait qu'e11es étaient amt1ogues à celles faites par la France, celLe-ci ayant eu bien plus de ménagements à garder ensuite de •son nom apposé au Traité de Zurich. La Prusse a retardé jusqu-ici à nous reconnaitre pour des motifs que des liommes d'Etat peuvent apprécieiX, mais que l'opinion publique saisit difficilement, dès lors il lui importerait, par une correspondance qui entrera dans le domaine de la publicité, de s'assurer plus ·en plus les sympathies de la nartion italienne, en écartant les mais et lessi....... Quel intéret aurait d'ailleurs cette Puissance à se donner l'air de rest!Xeindr·e notre liberté d'action, quand il pourrait surgir telle éventualité où elle n'aurait qu'à se féliciter de nous voir les coudées franches.

Je devais donc entièrement resserrer les prérogatives de mon Gouvernement, et demander quelques ·changements à •ce projet de dépeche. Il suffirait, entre autres, de se déclarer satisfa.it de nos intentions pacÌifìques.

Monsieur de Bernstorff m'a répondu que cette dépeche ayant déjà été sorumise au Roi, il ne se croyait pas autorisé à déférer à ma demande; qu'il allait sans dire que ces déductions .s'appHquaient aux drcolllStances actuelles; qu'il n'entrait pas dans sa pensée de préjuger l'avenir, surtout s'il présentait des combinaisons où la nécessité se ferait sentir d'une entente p1us étroite encore entre les deux pays, et qu'au reste nous n'étions engagés que par ce que nous a.vions dit nous-memes et non point par des raisonnemens de déducUon. Ces raisonnemens avaient été de rigueur pour décider le Roi à :liranchir le Rubicon. Lui, Monsieur de Bernstorff, avouait qu'à ses yeux notre langage sur Venise laissait à désirer, mais que pour abréger les pourparlers, il s'était appli:qué, au lieu de l'amoindrir, à en accentuer la portée aux yeux de Sa Majesté. La dépeche qu'il nous adressait avait été écrite dans ·ce meme but, sinon 1'acte de la reconnaissance serait encore ·en suspens. Il fallait en outre au Gouvernement Prussien un document en quelque sorte justificattf, ·comme ll'était celui du 4 Juillet, pour

combattre les nombreux adversaiires de cette détermination. A la Chambre, le Parti catholique a déjà !formulé une inteq>ellation. Monsieur de BernstOTff ne voyait en attendant aucun inconvénient, si par hasard on montrait queLque suscept1bilité dans notre Parlement à l'égard du passage concernant Venise, que

V. E. déclaràt de son propre chef que d'après notre manière de voir, cette phrase s'appliquait aux éirconstances actuelles.

Monsieur de Bernstorff espérait donc qu'en suite de ces explications, d'une

nature tout à lfait confidentielle et réservée, noU!s nous abstiendrions de rép1i

quer et d'engager une polémique désormais sans b'Ut pratique. n comptait à cet

effet sur mon entremiiSe.

J'ai pcr-omis de rendre compte de cet entretien à V. E.; mais j'ai cependant insisté pour quelques modifications, en suggérant d'intercaller (sic) les mots: « dans les conjonctures actuelles ~ et de supprimer au moins l'adjectif déterminatif toute (idée). Il n'a ·consenti qu'à cette suppression, en laissant V. E. juge de l'opportunité de faire de son propre mouvement une réserve applicable aux conjonctures actuelles. Il m'a d'ailleurs paru que lui-méme était de l'opinion qù'·en politique les engagements, quelque sérieux qu'Hs soyent au moment où Hs sont contractés, reçoivent parfois des démentis par la force meme des choses.

Le lendemain de cet entretien, le Ministre des Affaires Ertrangères m'a

invité à me rendre chez lui. La nuit avait porté conseil. Il avait médité sur mes

considérations, et la phrase incriminée, ·comme il l'appelait, a été remplacée par

celle~ci à J.aquelle nous pouvons souscrire:

Nous prenons acte avec satisfaction de ces déclarations du Gouvernement du Roi. Victor Emmanuel, sur ses intentions pacifiques à l'égard de la Vénétie aussi bien que de Rome.

En outre dans l'artide des réserve.s, on a corrigé les mots état de fait, remplacés par ceux état actuel etc. etc.

Telles sont les seules modifications que j'ai 1réussi à obtenir; mais me rappelant le désir que le Comte de Bernstorff m'avait témoigné de m'inte•rposer dans le but de prévenir une réplique à cette seconde dépeche; je lui ai dit que peut-étre y consentirions-nous, si de mon còté j'écrivais à V. E. une dépéche officielle qui servirait de contre-poids, par sa publication simultanée. J'ai immédiatement indiqué quel en serait le contenu, et mon interlocuteur n'a fait aucune objection. Je joins ici cette dépeche à laquelle j'appose la meme date qu'à la communication prussienne. Il suffirait que V. E., en m'en accusant réception, voulut bien m'autoriser à déclarer au Cabinet de Berlin que le Gouvernement du Roi a donné son assentiment à mon langage.

Je crois qu'.ainsi notre point de vue reste sauvegardé, comme i1 l'était déjà, d'une manière si habile, parla dépeche de V. E. du 9 Juillet (1). Au reste, quelle que soit la forme; la Prusse nous reconnait; c'est là l'essentiel. Des vreux énoncés, voir meme des réserves n'arretent pas le cours de l'histoire. En attendarnt, pour juger la va:1eur de nos succès, il suffit de se rendre compte de l'impression qu'ils ont produit à Vienne.

PoU!II' ce qui me concerne, je me félicite, et je ·suis fier d'etre le premier lVHnistre du Roi d'Ita1ie en Prusse.

(1) -Cfr. n. 571. (2) -Cfr. n. 514.

(3) Notazione marginale del Durando: c Répondu à Berlin au Chargé d'Affaires qu'on approuve parfaitement la conduite du Roi et le langage de Launay; que le Comte Brassier nous a donné lecture et copie d'une office du Comte Bernstorff du 20 Juillet, et que je me suis borné· à lui donner ·verbalem:ent·.acte de cette communioation •·

(4) Cfr. n. 571.

(1) Cfr. n. 514.

(1) Cfr. n. 514.

583

IL CONSOLE A ROMA, TECOIO DI BAYO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 389 (annesso al R. 203). Roma, 21 lugtio 1862. Je viens d'apprendre que la diligence de Rieti à Rome, qui a été arretée et dont la correspondance a été saisie par les gendarmes papales le 14 courant, avait des dépeches pour moi que iLe conducteur a eu le temps de détruire,

Je crois de mon devoir de le faire savoir dans le cas où V. E. et le Ministère de l'Intérieur me les auraient envoyées.

584

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 257. Torino, 22 lruglio 1862, o1"e 9,15.

S. E. le Général d'Armée Hector de Sonna.z, Collier de l'ordre de l'Annonciade, Sénateur, partira dans le courant de cette semaine pour Pétersbourg en Mission Extraordinaire. Il touchera Paris et Bruxelles. Prévenez-en avant tout le Cabinet Français et l'Ambassadeur de Russie ensuite, si cela est dans les usages en pareil cas.

585

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO

T. 259. TD1"ino, 22 luglio 1862, ore 10,45. Les Conférences à Constantinople s'étant ouvertes hier c'est à elles à déterminer les conditions et les changements de la position respective des parties belligérantes. Jusque là je pense que les choses doivent rester dans le statu quo, à moins que les Tures ne désarment eux-memes la forteresse, et replacent les choses comme avant la collision. Dans ce cas seulement on peut examiner s'ill y a lieu à ce que les Serbes fassent quelques concessions da:ns leur attitude de

guerre, dans le but d'épargner le sang et la'isser aux Conférences de Constantinople le temps nécessaire pour aviser.

586

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CARACCIOLO DI BELLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 96. Costantino;>ali, 22 luglio 1862. Giunto a Costantinopoli da pochi giorni, non ebbi ·per anche il tempo di presentare le mie credenziali a S. M. I. il Sultano, nè credo ·che tal presentazione sia ·per aver luogo prima della entrante settimana, essendomi stato

assegnato il giorno di sabato 26 per le visite alla Porta, le quali debbono precedere l'udienza del Sultano.

Le conferenze per gli affari di Serbia erano già officia[mente annunziat& U giorno del mio arrivo. Il Conte Greppi, ·come IncaricatQ degli Affaxi di questa Legazione, prese parte alla prima conferenza di questa mattina. Da una lettera a me diretta, e ch'io acchiudo all'E. V., rileverà quale ne sia stato il tenore, e quali le deliberazioni prese fino a quest'ora. Quando l'E. V. riceverà queste mie comunicazioni, sarà già ,peTVenuto per telegrafo a nostra notizia qual giudizio faccia il governo del Re della riserva e.m>ressa dal Plenipotenziario Austriaco, e dei termini in cui tal riserva fu ·concepita, quanto al titolo di Re d'Italia, proclamato e riconosciuto dalle altre potenze garanti dopo il trattato di Parigi.

È opinione generale, confermata da rapporti che ricevetti dal nostro Console di Belgrado, che il risultamento delle suddette conferenze non sarà per risolvere definitivamente la vertenza Seflba, attesa l'intenzione dimostrata dal governo Turco di voler perseveraxe nella politica di resistenza e d'intervento, e l'attitudine del governo Serbo, che, dietro le domande formolate dal rappresentante del Principe Michele a Costantinopoli, si mostra conciliante e largo quanto alle indennità, si rimette con fiducia al giudizio delle Potenze garanti quanto alla questione politica, ma si chiarisce in quella vece poco-disposto a transigere sul punto della evacuazione delle FortezZle per parte delle truppe Ottomane. E cosi fatta attitudine del Governo viene avvalorata dal sentimento delle popolazioni, che per effetto delle notizie sparse di nuovo invio di truppe ana Frontiera, disertano mano mano la loro Capitale, nella previsione di nuove aggressioni e per l'apparecchio di nuova e vigorosa difesa.

Prima ancora delle visite ufficiali credetti usar cortesia a S. A. il Min1stro degli Affari Est·eri Aalì Pacha, conducendomi a visitarlo amichevolmente. Fui ricevuto dal Ministro con molta gentilezza, con parole ossequiose per il mio Governo, e lusinghiere per la mia persona. Ma non mancò nel corso della conversazione di accennare a non so quai disegni di inva·sione attribuiti da akuni organi della stampa Europea all'iniziativa del Gene~rale Garibaldi. Mostrai nella mia risposta di considerare questa allusione piuttostO! come cosa detta senza molta importanza nella libertà del discm-so familiare, che come espressione di un .sospetto seriamente concepito. Non tralasciai per altro di ricordargli che il Ministero avea dato segno nella repressione de' fatti di Sarnico di non permettere che veruna azione minacciosa per qualsiasi potenza si spiegasse con arbitrio da .chicchessia indipendentemente dai diritti ·e dai poteri della Corona. Ritenga ad ogni modo l'E. V. che la parola detta dal Ministro Aalì Pacha non fu proffe~rita a caso, e risponde ad una preoccupazione dominante ne' Consigli della Porta, che la rende vieppiù condiscendente ai suggerimenti poco benevoli per l'ItaÌia dell'Internunzio Austriaco, a cui spesso si accosta il Ministro d'Inghilterra.

P. S. -Dietro richiesta del Signor Scova1sso ho l'onore di acchiuderle in copia un Estratto di un rapporto diretto da quest'ultimo alla R. Legazione in data 13 Luglio 186·2,, il quale fo~iva all'E. V. più ragguagliate notizie intorno allo stato delle cose in .Servia, di che io toocava poco innanzi in questa mia re·lazione.

.ALLEGATO l.

SCOVASSO ALLA LEGAZIONE D'ITALIA A COSTANTINOPOLI (1)

Belgrado, 13 luglio 1862.

Aali Pascià ha chiesto al Rappresentante di S. A. il Principe a Costantinopoli di formolare le domande del suo Governo. Queste partivano oggi da qui. In esse il Governo Serbo si mostra conciliante riguardo agli indennizzi, ma insiste a che le fortezze del Principato siano evacuate dal Governo ottomano. I Serbi continueranno ad aspettare con pazienza la decisione delle Potenze purchè i Turchi non porgano loro motivi di lagnanza, or coll'aumentare le truppe alla frontiera, ora colla spedizione annunziata da Costantinopoli di 40 Uffiziali per questa fortezza, or colla costruzione di nuovi forti, or coll'intercettare la navigazione della Sava e finalmente col mettersi in ostilità cogli abitanti. I Serbi sono decisi di sacrificare la loro capitale piuttostochè rimanere sotto il cannone della fortezza, e se sono vere o meglio sincere le parole dette al Console di Francia da Vefyk Effendi, che cioè la coexistence de la ville et de la citadelle lui semblait impossible, mais que c'était son opinion pe1·sonnelle farebbero credere che finalmente egli pure si è convinto di una tale verità.

Chi pretende che l'ordine del bombardamento venne da Costantinopoli, chi invece afferma (e fra questi è il Console inglese) che fu estorto al Cadì dalla pressione e dalle minacce degli abitanti della fortezza ammutinati. Comunque sia la cosa sta il fatto che la fortezza ha bombardato Belgrado senza la menoma ragione e contro il diritto delle genti.

Gli abitanti turchi della città che si sono ritirati nella fortezza vengono regolarmente esercitati alla manovra del cannone; la fortezza è armata di 240 cannoni, di cui 65 in posizione di tirare contro la città. Belgrado è difesa da 7 mila uomini fra truppe regolari e milizie nazionali, ma sprovvedute di artiglieria di assedio.

Non esiste più nel Corpo Consolare quell'accordo che trovai quando giunsi. Il Console inglese, che durante il con'flitto ed il bombardamento aveva dimenticato di essere l'uomo ufficiale dell'Inghilterra per ascoltare il suo cuore d'onest'uomo indignato dalli eccessi turchi, è ritornato dopo la venuta del Commissario Imperiale e le istruzioni ricevute specialmente da Costantinopoli, fra le quali vi è il divieto assoluto fattogli da Sir H. Bulwer di non apporre più la sua firma in nessun atto, turcofilo sfegatato. Io, che perduro a credere trovarsi la ragione dal lato dei Servi, mi sono sempre più accostato ai miei Colleghi di Francia e di Inghilterra (2) che vedono le cose nella loro nuda verità. Parmi che anche il Console di Prussia, Sig. Meroni, le vede e giudica come noi. I Serbi nanno dimostrato col loro savio contegno, colla loro disciplina, colla loro generosità durante la lotta, coll'ordine osservato dopo la medesima, d'essere degni dell'interesse e della simpatia che loro dimostra la maggioranza delle Potenze. Il Console d'Inghilterra invece e quello d'Austria ostentano di pensare il contrario di Noi.

Nella visita che ho fatto a Vefyk Effendi, egli si mostrò meco gentile. Mi

parlò della sua inchiesta ed ebbi a convincermi che essa contiene alcuni fatti non

conformi al vero. Citerò un esempio.

Certo Perolo al mio servizio, nativo di Biella, fu presente il giorno 15 verso le

7 lh di sera al lamentevole fatto che finì colla morte di alcuni gendarmi francesi (3)

e che provocò tutto il conflitto. Il Perolo afferma con giuramento che i gendarmi

serbi non avevano la carabina, che i soldati turchi loro fecero fuoco a bruciapelo,

che i Serbi non si servirono neppure delle loro pistole nè delle loro daghe. Vefyk

Effendi all'incontro mi affermò che i Gendarmi furono i primi a sparare contro

i Turchi.

Io non potei tacergli che il suo racconto non poteva per nulla accordarsi con c1o che mi aveva narrato un testimonio oculare che non era nè Serbo nè Turco, e scorgendo che Vefyk Effendi non mi domandava di udire la sua deposizione, aggiunsi: • Mi trovo pertanto in obbligo di ricevere io stesso la dichiarazione del mio servo, ad assistere alla quale inviterò tutti i miei Colleghi, perocchè io devo, per quanto mi è possibile, ricercare la verità, la pura verità dei fatti per norma del mio Governo •. Ma egli nulla mi rispose.

In seguito, consigliato probabilmente dal Console inglese, Vefyk Effendi accettò di esaminare il Perolo, il quale anzi fu esaminato questa mattina dallo stesso Commissario Imperiale, e ad una parte dell'interrogatorio era anche presente il Console inglese. Io vi assistetti dal principio alla fine, e posso assicurare la S. V. che con questa testimonianza rimane evidente che i Gendarmi non avevano carabina, che i Turchi fecero fuoco contro dei Serbi senza che questi pensassero pure a difendersi. Domani o dopo riceverò nella "forma legale in questo Consolato la deposizione del Perolo, alla quale assisteranno i miei Colleghi, e ne invierò copia a V. S. ed al R. Ministero.

ALLEGATO 2. GREPPI A CARACCIOLO DI BELLA (1)

Non avendo Ella ancora presentato le lettere che la accreditano in qualità d'Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario di S. M. il Re d'Italia presso

S. M. I. il Sultano, ebbi l'onore d'assistere per intanto alla prima Conferenza sulle cose di Servia che si tenne dai Rappresentanti delle Potenze segnatarie del Trattato di Parigi nel Yalì di S. A. Fuad Pacha Gran Vizir nella giornata d'ieri.

Non ho d'uopo di rammentare le sorde opposizioni che nel principio riscontrò l'ammissione d'un Rappresentante di S. M. il Re d'Italia. Questa partiva principalmente dal Ministro d'Austria e teneva dietro nascostamente quella del Governo Ottomano che temeva il voto nostro nella questione di Servia, nè lo stesso Sir

H. Bulwer mostrassi alieno dal rintracciare un mezzo termine per escludere l'Italia dal far parte delle Conferenze. Le precise ed energiche istruzioni che mi furono trasmesse da S. E. il Generale Durando mi posero in istato di palesare con qualche fermezza che nell'occorrenza presente l'Italia doveva occupare nelle Conferenze il posto al quale avea dintto per i tanti sacrifizi di sangue e di denaro ai quali andò incontro per sostenere l'incolumità della Turchia e che quindi sarebbe stato violenta ingiustizia quella di volerla escludere dal presentare il proprio voto nelle prossime Conferenze, ingiustizia contro la quale avrebbe protestato nel modo più energico e solenne.

La ricognizione del Regno d'Italia per parte della Russia, alla quale tenne tosto dietro quella della Prussia, ci assicurò un caldissimo appoggio; i Gabinetti poi di Londra e di Parigi fedeli alle tradizioni d'amicizia verso di noi inviarono istruzioni precise ai loro Ambasciatori a Costantinopoli perchè al Rappresentante d'Italia fosse assicurato quel posto nelle Conferenze a cui aspirava ed agirono tanto efficacemente sul Gabinetto stesso di Vienna che S. E. il Barone Prokesch annunziò ch'egli cessava dall'opporsi al mio intervento e che limiterebbe la sua azione ad una formale riserva sul titolo pel quale io avrei preso parte alla deliberazione.

È mia opinione eziandlo che l'aspetto sempre più grave che prende giornalmente lo stato delle cose in Servia fu potentissimo motivo a sollecitare la riunione delle Conferenze ed a superare le difficoltà alle quali ho più sopra accennato, difficoltà che scemavano al certo d'importanza dirimpetto ai grandi interessi sui quali premeva che le Conferenze deliberassero.

Il giorno 20 ricevetti adunque la Nota qui unita della Sublime Porta in risposta a quella ch'ebbi l'onore d'indirizzarle in data del 10 corrente per chiedere come lo fecero gli altri miei colleghi la riunione delle Conferenze nella questione di Serbia. Questa Nota è scritta in termini assai concitati ed io credo non lasci sperare

nel Governo Ottomano quello spirito di conciliazione il quale è indispensabile per appianare le presenti difficoltà. La Nota era accompagnata dall'invito di trovarmi il giorno 22 al Yali di S. A. Fuad Pacha Gran Vizìr per prender parte alle Conferenze.

Quantunque le Note dei Rappresentanti delle Potenze Garanti avessero fatto cenno del desiderio di conferire con un Delegato della Sublime Porta, il Governo Ottomano giudicò l'occorrenza abbastanza importante per delegare ad assistere alle Conferenze i due suoi principali funzionari, il Gran Vizir e S. A. Aalì Pacha Ministro degli Affari Esteri. ·

Com'era stato prevenuto all'apertura delle Conferenze, il Barone Prokesch chiese di leggere e deporre una dichiarazione che la sua particolare posizione di fronte a quella d'uno de' Rappresentanti tla mia) esigeva che fosse fatta aggiungendo che esempi di tali dichiarazioni in casi Identici non erano rari, e quindi lesse con voce non iscevra del tutto da emozione la dichiarazione di cui ho l'onore di trasmetterle, Signor Marchese, copia qui unita (1).

Questa dichiarazione è assai semplice e non lesiva della dignità nostra, imperocchè per essa non è vincolata la nostra azione e se occorresse che il nome del Rappresentante Italiano figuri a piedi di qualche atto, non figurerà al certo che come Rappresentante del Re d'Italia quaJJ.tunque il Trattato dal quale teniamo il diritto di prender parte alie Conferenze sia stato firmato da S. M. il N. A. S. in qualità di Re di Sardegna.

Tuttavia questa dichiarazione fu accolta con profondo silenzio essendo cosi convenuto da tutti i Rappresentanti ed impegnato io pure vivamente a seguire il loro esempio, il che si fece pei motivi su esposti.

Il tempo in oggi m'è troppo ristretto per potermi allargare nelle particolarità delle cose discusse nelle Conferenze d'ieri. Mi fu dato pur osservare ne' Plenipotenziari Ottomani veruna disposizione a voler formolare concessioni a favore de' Serbi, quantunque i Rappresentanti della Francia e della Russia insistessero sulla necessità di farne dimostrando che gl'avvenimenti potrebbero nell'avvenire essere tali da strapparne d'assai più rilevanti. Il Barone Prokesch mostrossi affatto alieno dal voler venire in appoggio delle istanze fatte dal Marchese di Moustier e dal Principe Lobanow. Sir H. Bulwer tutto che dichiarasse che la Porta non doveva far concessioni a riguardo delle fortezze ne consigliava per trovar mezzo d'impedire ogni contatto tra Serbi e Turchi e rimproverava la S. Porta di non aver saputo prevenire i disordini lamentati coll'ispedire il funzionario già da più mesi annunziato in Serbia coll'incarico di ·aggiustare la vertenza della giurisdizione degli Ottomani stabiliti nella Serbia.

La Porta avendo insistito sulla necessità d'impedire durante le Conferenze un nuovo conflitto, seduta stante, si spedì ai rispettivi Consoli in Belgrado un dispaccio telegrafico ed identico per consigliare al Principe Michele d'astenersi d'ogni atto ostile e da ogni provocazione, attesochè la Porta dava le uguali assicurazioni dal canto suo. Ella troverà, Signor Marchese, qui unito copia del detto telegramma circolare (2).

Vorrei lusingarmi che nella prossima seduta fissata a Domenica 29 corrente, il Plenipotenziario Ottomano formulerà le sue intenzioni a riguardo della Serbia, ma non debbo nasconderle, Signor Marchese, che nutro poca speranza su un utile risultato delle Conferenze le divergenze su ciò che si chiede e quello che si vuoi accordare sono troppo accentuate.

Mi riservo, Signor Marchese, di sottoporle fra breve un resoconto più particolareggiato della Conferenza alla quale ebbi l'onore d'assistere.

Mi permetta d'aggiungere che le Conferenze hanno un carattere affatto privato

e tengonsi sotto forma, almeno per ora, di discussione famigliare quindi non v'ha

redazione di protocollo.

37 -Documenti diplomatici • Serie I · Vol. II.

Debbo del pari accennarle, Signor Marchese, che il Barone Prokesch rompendo finalmente quel contegno ostile che da qualche tempo avea osservato colla R. Legazione fu meco oltre modo cortese e m'espresse la sua particolare soddisfazione di trovarsi meco in rapporto.

(1) -Estratto di un rapporto. (2) -Sic, ma evidentemente si tratta di una svista del trascrittore: dovrebbe Ieggersi Russia. (3) -Sic, ma evidentemente si tratta di una svista del trascrittore: dovrebbe leggersi serbi.

(1) Copia di una lettera inviata il 23 luglio. 1862.

(1) -Non pubblicata. (2) -Non pubblicato.
587

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO (Ed. parziale in Episodi, pp. 236-237, integrale in CoLOMBO, 28)

L. P. Parigi, 22 ZugLio 1862.

Dai giornali francesi E1la avrà veduto quanto :llavorevolmente l'opinione pubblica abbia accolto i di Lei documenti comunicati aUa Cam·era. L'attitudine e il linguaggio del Governo del Re furono approvati non solo dai partiti a noi apertamente favorevoli ma anche dalle pel'sone politiche appartenenti ad altri pal'titi. Ella se ne convincerà leggendo l'unita lettera del Conte di Circourt il cui salone è frequentato da persone distintissime, ma in parte poco amiche al movimento italiano.

Chiamo la di lei attenzione su quanto è detto in questa lettera: del Circourt sull'articolo della Rivista di Edimburgo (1). Credo io pure che sarebbe bene il farlo pubblicare in italiano.

Benedetti tiene qui un linguaggio affatto coruforme al nostro modo di vedere, insistendo perchè si cominci un negoziato sulle cose di Roma. Thouvenel è pure dello stesso parere. Si :spera che pel 15 agosto l'Imperatore pronunzierà qualche buona parola in risposta alle felicita·zioni ufficiali. In ogni caso ii sig. Thouvenel profitterà della circostanza che ricondurrà l'Imperatore a Parigi per fare nuove istanze. Intanto l'Imperatore è chiuso in se stesso e per ora non presta orecchio a discorsi su Roma. Non volle nemmeno ricevere finora il sig. Benedetti. In tale stato di cose io credo •che sarà savio partito il preparare un progetto da sottomettersi al Governo Francese, ove al giungere ài Benedetti in Torino l'Imperatore non abbia preso nessuna determinazione. Se ne occupi alacremente apportandovi quella maturità di ·senno politico di cui diede e dà tanta prova. Il Ministero non potrà essere ormai accusato d'impazienza. Esso deve mettersi in regola col paese e col Parlamento sottomettendo le sue proposte all'Imperatore. Le fo i miei ·complimenti del successo oratorio di ieri l'altro. Non ho sott'occhio il discorso: ma spero che mi perverrà col giornale di domani. Qui nelle sfere ufficiali v'è una insolita inquietudine intorno a Gartbaldi. Si teme uno sbarco sulle coste romane e due bastimenti francesi vi furono mandati in crociera con istruzione di colare a fondo ogni nave che si presentasse con intenzioni di invasione (2). Veramente se si potesse ottenere che Garibaldi tornasse a Caprera, la fama di lui e il bene del paese ci guadagnerebbe molto.

P. S. -In seguito alle assenze del sig. Thouvenel che ricominceranno sabbato prossimo, nel qual giorno parte per l'Allemagna, non potrò fare che dopodomani la comunicazione sulla lettera di Murat (3).

(1) -Ed. in Episodi, p, 237. (2) -c S'il [Garibaldi] s'approche, i! sera cou!é •• dichiarò il Thouvenel all'incaricato d'affari inglese: Grey a Lord Russell, confidential, Paris, 24 July 1862: Record Office, Foreign Office. France 27, vol. 1443, n. 64. (3) -Cfr. n. 558.
588

IL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 172. Roma, 22 lugtio 1862.

Ho l'onore di •cond'ermare a V. E. il mio rapporto in citfra, in data del 19 corrente, annesso a quello affari in genere n. 116 (1), col quale mi recavo a do~ vere di informarJa del sequestro della ·corrispondenza alla diligenza che da Rieti veniva a Roma, operato dai Gendarmi Pontificii nel giorno 14 di questo mese, eccettuato però pochi pieghi, tra i quali due a me diretti, che H Conduttore ebbe fortunatamente il tempo, e la destrezza di distruggere.

In seguito a tale sequestro vennero fatte diverse perquisizioni, ed arresti, ed altri se ne temono tuttavia: tali vessazioni vengono pur consigliate alla Polizia dalle dimostrazioni, innocue però e di poca entità, che si succedono giornalmente, quantunque non riesca a sorprendere alcuno sul fatto,. ed agisca ordinariamente rper spirito di vendetta, e senza cognizione di causa. Queste dimostrazioni nel modo che vengono fatte dal popolo romano sono bene indicate, perchè mentre dimostrano 1a persistenza e vivacità dei suoi sentimenti patriottici, non fanno correre H pericolo di collisioni ·coi Francesi, tanto desiderate dai clericaH, e che il Partito Hberale si studia di evitare.

Il timore qui destatosi dalla appari!zione di due legni da guerra italiani, nelle acque di Civitavecchia, si è dissipato, e le trU(ppe francesi che si erano portate a sorvegliare quelle coste, sono già rientrate quasi tutte ai loro quartieri. L'agitazione prodottasi nella maggior parte di questa popolazione, nella speranza di uno sbarco di volontari, si è eziendio calmata, e per quanto potesse giustifica:rla l'oppressione di questo Governo, ed il vivo desiderio di redimersi, ritorna o'ra al suo stato normale, sicura nella fiducia che le ispira il R. Governo, e nella giustizia della sua causa.

Mi si scrirve da Civitavecchia che di tanto in tanto arrivano colà disertori, i quali a detta di quel Comandante francese sommano a 164. Il Governo Pontificio cerca di arruolare i Romagnuoli e i Toscani, ma non i Napoletani che sono i più numerosi, ma dei quali non crede fidami.

Mi reco a dovere di trasmettere qui compiegato a V. E. una lettera del noto A·gente pel Ministero dell'Interno (2), ed un piego pel Chiar. Professore Passaglia. Mi prendo eziandio l'ardire di raccomandare alla somma di Lei gentilezza una lettera pel mio Procuratore, assai premendomi il suo sicuro ricapito.

589

IL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 378. Belgrado, 22 luglio 1862, ore 21,34 (per. ore 11,55 del 23).

Sans réponse de V. E. j'ai envoyé à la Légation à Constantinople le télégramme suivant:

« Tandis que des renforts d'hommes, d'officiers et des munitions arrivent à la forteresse et que toutes les nuits des petits groupes de soldats tures sortent et jettent meme des coups de pierre aux sentinelles serbes pour les provoquer, que jour et nuit on fait des préparatifs hostilès et qu'il est permi,s croire que ces travaux sont exécutés sous la direction d'officiers autrichiens, le Commissaire Impérial dans une Note demande au Gouveil'nement Serbe pour ranimer la confiance la destruction des misérables barricades qui défendent l'entrée des principales rues de la ville et le rappel dans celle-ci des employés et de leurs familles, tandis que aucun de ces employés n'a pu la quitter sans encourir la destitution et des peines plus graves, et il a demandé au Corps Consulaire d'appuyer par une démarche collective cette mise en mesure. Le Corps Consulaire, moi-meme, moins les Consuls d'Angleterre et d'Autriche en pense que cette démarche d'ailleurs inutile ne pourrait qu'etre nuisible aux Serbes et ainsi très mal interprétée par eux et il s'y est refusé. Je pense que le Commissaire n'est pas loyal, le temps dira si j'ai tort ».

(1) -Cfr. n. 573. (2) -Manca.
590

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 381. Costantinopoli, 23 luglio 1862, ore 13,20 (per. ore 19). Dans la première Conférence d'hier le Baron Prokesch-Osten a lu réserve formelle qu'il ne saurait prendre part aux délibérations, ni signer un acte officiel avec le représentant du Roi Victor Emmanuel avant qu'il ne soit constaté et reconnu qu'il ne peut agir qu'au nom du Royaume de Sardaigne, puisque à ce titre seulement il a place parmi les Puissances signataires. Mes Collègues m'ont vivement engagé à imiter leur silence n'important ni approbation ni désapprobation à cette lecture. Les Plénipotentiaires Ottomans ont demandé la suspension armements Serbes, droit d'occuper éventuellement le territoire serbe, déclarent respecteront les droits des Serbes, mais refusent toute concession. Les représentants des Puissances par dépeche télégraphique engagent le Prince Miche! à s'abstenir acte hostile la Porte donnant les memes assurances; ils repoussent la

demande d'occupation eventuelle; ont engagé la Porte à formuler ses intentions pour la séance fixée au 27. Les Conférences se tiennent sans faire protocole.

591

IL MINISTRO A BERNA, JOCTEAU, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 274. Berna, 23 luglio 1862. L'Assemblée Fédérale n'ayant été appelée à s'occuper, dans sa session actuelle, que d'objets d'un intéret étranger à la politique, comme j'ai eu l'honneur de le mander dès sa convocation, ses délibérations ne devaient avoir qu'une importance secondaire. Les discours d'ouverture des Présidents des deux Conseils Législatifs n'ont en effet présenté !l'ien de remarquable, et les choix de l'Assemblée pour la nomination aux deux premières Magistratures de la Confédération

ne sont pas sortis des voies ordinaires, puisqu'ils sont tombés, suivant l'usage, sur Mr. Fornerod, Vice Président actuel, pour la charge de Président de la

Confédération :pendant l'annèe 1863, et sur Mr. Dubs qui, représentant dans le Conseil Fédéral le Canton de Zurich, un des plus importants de la Confédération, était en quelque sorte désigné d'avance pour la Vice Présidence du pouvoir exécutif.

Cependant le parti de l'opposition a élevé quelques griefs contre l'Administration du Conseil Fédéral, et il a cru en trouver un prétexte dans le retard qu'éprouve la liquidation des pensions dues aux anciens officiers Suisses au service de Naples. Une circonstance facheuse est venue ·e~citer encore cette mauvaise disposition, je veux parler des paroles, au moins imprudentes, prononcées par le Général Bixio dans le Parlement, relativement à l'annexion du Canton du Tessin à l'Italie.

Dès l'époque où un article malencontreux de la Gazette Militaire de Turin faillit ètre une cause de retard à la reconnaissance du Royaume d'Italie par le Conseil Fédéral (1), j'ai signalé plusieurs fois au Ministère la désagréable impression que causaient toujours en Suisse les allusions de ce genre qui paraissaient dans les journaux Italiens. Le langage du Général Bixio a du naturellement en produire un plus facheux encore; mais comme il ne m'en avait point été parlé ofliciellement, je ne devais pas en prendre l'initiative,. et je m'en suis abstenu. Toutefois dans mes conversations particulières, j'ai eu l'occasion de faire remarquer que le Ministère ne pouvait pas ètre responsable de ces paroles, dont au reste les murmures de désapprobation de la Chambre me semblaient avoir suffisamment fait justice, sans que quelque membre du Cabinet se criìt obligé de protester, en donnant peut-ètre ainsi, à ce langage, une importance qu'il ne fallait pas y trouver.

Cependant l'opposition n'a pas raisonné ainsi, et elle a saisi ce prétexte, et celui des pensions pour disputer au Conseil Fédéral le chiffre d'une faible augmentation de traitement proposée pour la Légation de Turin, comme d'ailleurs pour ·celles de Paris et de Vienne, en essayant ensuite d'élever une question constitutionelle rétrospective, quantau droit, qu'à son avis, le pouvoir exécutif s'était indument arrogé, seulement en déclarant l'intention de continuer, avec le Royaume d'Italie, les memes rapports qu'avec celui de Sardaigne. Mais comme ce fait était conforme à d'autres précédents, le Conseil Fédéral n'a pas eu de peine à réfuter d'aussi faibles arguments.

Du reste, comme Monsieur le Président de la Confédération me l'a dit hi&, la réponse si bienveillante que V. E. a eu la bonté de faire aux observations que

M. Tourte a été chargé de lui présenter, au sujet des paroles de M. Bixio (2) et surtout les assurances que ce Ministre vient de transmettre relativement

Saffi interruppe : • La Svizzera non vuol cedere il Ticino • e Bbdo: c Quando saremo forti ce lo prenderemo, e allora sarà finita •.

aux pensions, calmeront entièrement cette mauvaise humeur qui, il faut le dire, a eu 'SOurce bien plus dans cette question d'intéret matériel, que dans les prétextes sous lesquels elle a été déguisée.

Les deux Consei1s ont approuvé, sans discussion, la proposition d'étendre au Royaume d'J::talie, l'application des traités conclus avec La Sardaigne, conformément au messa:ge du Conseil Fédéral que j'ai eu l'honneur de transmettre à V. E.

L'Assemblée ayant bientòt épuisé la liste des objets dont elle avait à s'occuper, terminera probablement ses séances samedi, ou au plus tard les premiers jours de 1a :semaine pr<Y.:haine.

(1) -Cfr. Serie l, vol. 1°, n. 28. (2) -Nino Bbdo, il 29 giugno 1862, aveva detto (Atti, Uff. Carn. ~ep., n. ,692, p. 2679): c Aspettate un anno due anni; come volete adesso, senz avere organlZzato l armata, senza la marina militare, ~enz'avere le fortificazioni di Ancona che ora si stan facendo, cacciarvi in una guerra che può essere l'ultima? E se la farete per il Ticino, tirarvi addosso la Svizzera; se per il Tirolo e per le coste adriatiche, la Confederazione germanica? So bene che anche questo si potrebbe fare da un partito; ma non da un Governo, il quale ha l'obbligo di assicurare con tutti i provvedimenti della forza e della prudenza, l'esito favorevole della guerrache intende intraprendere. Ma quando io penso· che, cominciando una guerra rivoluzionaria e senz'alleanza occorrerebbe di prendercela colla Francia per la Corsica e per Roma, coll'Inghilterra p~r Malta, colla Germania e colla Svizzera per gli altri paesi che ho accennati, io dico che ci vuole un ardimento al di sopra della natura umana, ed io fin là non ci vado •·
592

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 40. Francoforte, 23 lugLio 1862. Je m'empresse de venir accuser reception à V. E. et de La remercier de ses deux dépeches télégraphiques du 19 courant dont la dernière m'annonçait l'heureuse délivrance de S. A. R. la Princesse Clotilde (1). Permettez-moi dans cette circonstance, Monsieur le Ministre, de m'associer à la joie qu'a :llait naitre parmi les députés de la nation un aussi heureux événement. L'Allemagne libérale a applaudi des deux mains à la reconnaissance du Royaume d'Italie par la Prusse; le seui regret qu'elle ait éprouvé c'est que cette importante décision réclamée avec tant d'instance par l'opinion publique se soit fait attendre si longtemps, et n'ait pas devancé celle de la Russie. Quant aux Gouvernements secondaires (et c'est précisément là dessus que je désire appeler l'attention de V. E.), l'exemple du Cabinet de Berlin n'a rien changé à leurs dispositions hostiles à notre égard. L'Autriche est toujours là pour les maintenir dans la profonde rancune qu'elle porte au nouvel ordre de choses, et à moins que le Cabinet de Vienne ne change radicalement de politique ou que de nouveaux pouvoirs viennent se substituer en Allemagne à ceux actuellement existants, l'on ne peut pas trop espérer qu'il se produise un changement de dispositions en notre faveur. En déhors de ces deux prévisions qui peuvent se faire attendre encore longtemps, il y aurait cependant un moyen de nous donner la ·chance d'etre reconnus parla Confédération Germanique, sans compromettre en rien la dignité du Gouvernement du Ro[ Voici quel serait ce moyen: aux termes de la Constitution fédérale, la question de reconnaissance d'un nouveau Royaume doit se resoudre à la simple majorité des voix. En l'état, entre les adhésions qui nous sont déjà acquises et celles qui ne peuvent nous manquer, nous pouvons compter sur le vote favorable de la Prusse, du Danemark, de la Hollande, de Bade, de Oldenbourg, de la Saxe (Maison) et des Villes-Libres; en tout sept voix sur dix-sept. Or, si l'on considère que aujourd'hui que la Prusse nous a reconnus il lui

importe essentiellement dans l'intéret mème de son influence et de sa prépondérance en Allemagne, que son exemple soit suivi par le plus grand nombre possible

des Etats moyens, l'on en arrive nécessairement à cette conclusion, que dans cette question, notre cause est aussi celle de la Prusse, et qu'en travaillant pour nos intérets elle travaillerait aussi pour les .siens. Partant de ce principe ne pourrait<>n pas demander à la Prusse qu'elle usat de toute son influence auprès des Cours qui sont forcément obligées de suivre sa politique de manière à en gagner seulement deux d'entre elles, et obtenir ainsi la majorité de neuf voix qui nous est nécessaire. De cette manière l'on n'agirait qu'à coup siìr et l'on n'adresserait une notification à la Diète, qu'en étant siìrs à l'avance de son adhésion.

Ce sont là, Monsieur le Ministre, de simples considérations que je me permets de soumettre à la haute appréciation de V. E. J'ajouterai que la Diète devant bientòt prendre des vacances de près de trois mois, l'on a tout le temps d'ici là de sonder le terrain à Berlin et de voir quelle suite l'on pourrait donner à cette idée.

Les fetes du tir national se sont terminées hier sans incidents bien remarquables. Une députation de la seconde Chambre de Berlin en a cependant sin.gulièrement animé la fin en prononçant des discours empreints du patriotisme le plus ardent en faveur de l'indépendance et de l'unité de l'Allemagne. Quoique l'expression de ces sentiments ne fut point partagée par les députations du Tyrol ·et de la Bavière envoyées tout exprès par l'Autriche pour contrebalancer l'i:n..fluence prussienne, l'on n'a pas entendu la moindre opposition à ces discours auxquels la foule a répondu par des applaudissements enthousiastes.

Au moment de fermer cette dépeche, l'on reçoit de Berlin la nouvelle quc

la Prusse a repoussé pétemptoirement la demande présentée tout récemment

par l'Autriche de faire partie du Zollverein. C'est la Légation de Prusse qui a été

chargée de notifier cette importante déci!s.ion au Gouvelrllement de Francfort en

sa qualité de membre de l'union douanière.

(1) Cfr. nn. 563 e 564.

593

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, DELLA MINERVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 55. Lisbona, 23 Zuglio 1862. In conformità del mio dispaccio telegrafico in data di oggi (1) ho l'onore di annunziare la partenza di S. E. il signor Visconte da Carreira Consigliere di Stato, Gran Ciambellano, il quale si reca a Genova ed a Torino sul va;pore da guerra portoghese Sagres nella qualità di Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario in missione speciale per domandare in nome di S. M. il Re di Portogallo la mano di S. A. R. la Principessa Maria Pia, negoziare e firmare il relativo contratto di nozze. Lo accompagna il signor Fausto Guedes nella qualità di Applicato, quello stesso che come Corriere di Gabinetto portò a Torino la lettera del Re di Portogallo e riportò a Lisbona la risposta del nostro Augusto Sovrano. Lo raggiungerà a Torino il Cav. di Caibral Addetto alla Legazione Porto

ghese aParigi, il quale ricevette ordine di partire per far parte della missione straordinaria del Visconte da Carreira in qualità di Segretario.

Il Visconte da Carreira' che per varii anni è stato Inviato Straordinario e

Ministro Plenipotenziario presso varie Corti d'Europa è conosciuto dal nostro

Sovrano, per avere nella qualità di Ajo accompagnato il defunto Re D. Pedro V

ed il Duca d'Oporto attuale Re, nel viaggio che questi Augusti Personaggi fecero

in Italia ed in altri Stati.

Per quanto io sappia credo che al momento nulla siavi di decisamente stabilito sull'epoca in cui avrà luogo ii matrimonio. n Marchese di Loulé mi espresse il desiderio che ciò avesse luogo nella prima quindicina di ottobre, sia per evitare i cattivi tempi e le piogge autunnali, che cominciano verso il fine d'ottobre, sia perchè le feste siano finite prima del mese di novembre in cui occorrono non pochi funebri anniversarii della famiglia Reale e fra gli altri i recenti lutti dell'anno scorso che tanto attristarono l'a Casa di Braganza. Ma per l'incontro non manca chi vorrebbe consigliare che le festiv1tà delle nozze avessero luogo dopo passate quelle tristi rimembranze.

Approfittando della partenza del Visconte da Cam-eira trasmetto a V. E.

un pacco contenente cinque fascicoli, che mi furono rimessi per far pervenire

a codesta Commissione di statistica.

(1) Non pubblicato.

594

IL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO.

(Annesso cifrato al) R. 19. Belgrado, 23 luglio 1862. Les forteresses Turques en Serbie, excepté Belgrade, sont presque toutes en mauvais état. Belgrade est en très bon état, avec 203 canons en batterie dont 100 sur la Ville; 46 sur la Save et 50 sur le Danube; plus 100 canons de siège et de réserve; 40 mortiers, trois batteries de campagne sans chevaux, et une garnison d'environ 3000 à 3500 soldats réguliers, et 2000 à 2200 hrubitants capables à manier le fusi!. Cette forteresse est à l'abri d'un coup de main, et ne pourrait etre prise que par un siège régulier et avec une bonne et nombreuse artillerie. Le Prince Miche! aura bientòt 5 batteries de campa·gne montées, de douze et de six, et il a de 30 à 35 canons de mème calibre non montés mais aucun de siège, avec trois batteries de montagne servies par des chevaux car ici il n'y a pas de mulets; 35 à 40 mille bons fusils dont 18 à 20 mille rayés, et environ 80.000 autres du pays qui depuis plusieurs générations passent de père en fi}ls, qui ne valent rien dans une guerre sétrieuse. J'ai passé nuit dernière embusqué au delà des sentinelles serbes avancées de la porte Vidin. Le Consul de Angleterre a voulu m'y suivre pour vérifier par nous memes les sorties nocturnes que de tems à autre font Jes troupes Tur·· ques de la forteresse, que mon Collègue d'Angleterre suppose etre des Serbes déguisés, tandis que Ies Collègues de France, de Russie, de Prusse et moi mème sommes convaincus que ce sont des Tures comme l'affirment les officiers de garde qui les ont vus, mais il n'y a pas eu de sortie cette fois. Je continuerai toujours, d'accord avec mes collègues, cette surveillance dans le but de les empècher car Iorsque on saura à la forteresse que les Consuls veillent eux mèmes, ou les sortiei n'aua-ont plus lieu, ou on pourra attaquer sérieusement le Commissaire

lmpérial qui nie toujours. Dans les deux cas nous parviendrons à éc:arter un grave danger de collision, car si un coup de fusil était tiré1 la forteresse y répondrait par des coups de canon et le feu se répandrait sur toute la1 ligne comme une trainée de poudre. C'est peut-etre ce que les Tures chevchent avec leurs sorties qui vont jusqu'à provoquer les sentinelles Serbes à coups de pierre; ils comptent peut-etre sur quelque imprudence des S.erbes pour se loger de nouveau dans la Ville avant que les Conférences commencent.

595

IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 75. Atene, 24 luglio 1862. La voce pubblica che Garibaldi medita di sbarcare in Grecia prosegue a correre per tutte le bocche, sebbene nessun fatto cognito le abbia potuto crescer valore. Il governo vi attese molto poco in principio; ora quasi se ne intimidisce. La fregata Amalia e la corvetta Ottone guardano le acque della costa orientale del Regno dal Capo Colonna in giù. A Vonitza verso i confini dell'Epiro à distribuito lungo la spiaggia gendarmi a cavallo per avvertire subitamente la prefettura (Momarchia) di qualunque novità da quel lato. In un colloquio ch'ebbi altrasera col signor Eliopoulos Ministro delle Relazioni Estere mi significò di avere molta fiducia nell'Inghilterra e sapere che legni inglesi sono preparati a Corfù e nel mare di Sicilia a dare la caccia a Garibaldi dove tentasse una spedizione. Di questi legni inglesi a ciò apparecchiati in que' due luoghi non ò alcuna notizia ed anzi avrei la contraria e cioè a dire .che insino ad oggi non à l'Inghilterra dato segno nessuno di voler provvedere al supposto caso. Aggiungevami il signor Eliopoulus d'essere soddisfattissimo del governo italiano; l'incaricato d'affari signor Roque avere ottenuto udienza altresì dal

Presidente del Consiglio il quale iteratamente lo assicurava che il governo del Re userebbe d'ogni mezzo legale e d'ogni vigilanza per isventare qualsia disegno di spedizione.

Io scrissi a V. E. nell'ultimo spàccio che a questi Minfstri greci non sarebbe aila fine riuscito trOIPPO doloroso un tentamento di sbarco del Garibaldi qualora fosse rivolto verso l'Albania od altra provincia turchesca. Aggiungevo che la mente del Re in tale proposito non !asciavasi indovinare, ·come pel .generale rimane chiusa ed oscura in ogni negozio. Ciò che al presente non è più dubio, e già ne ò scritto replicatamente a V. E., si è che la Corte smania di far ~redere a tutti il suo gran desiderio di cominciare la lotta orientale. Se il Re s'illude sulla opportunità di cotal suo voto ed è leale e ardito a bramare e sperare vicina qualche catastrofe nell'Oriente non so risolvere. Quello che del sicuro conosco si è che Ottone si adopera con ogni forza a divertire l'animo de' suoi sudditi dalle faccende interiori e addirizzarlo ad altri oggetti. Ò già informato

V. E. di ·parecchi emissari da lui mandati in Italia e altrove a tal fine. L'ò pure informata dello straordinario fervore che mostrano i contadini della Ftiotide e dell'Acarnania per la causa nazionale e come sperano di avere con essi il Governo o di trascinarlo. Una certa divisione di pareri intorno al proposito si è pure introdotta fra i più caldi liberali, onde questi al presente procurano di

riunirsi; e il concetto loro a scioglierlo dalle fra·si in eui per timore del fisco apparisce involto, viene ad esprimere che non si dee pensare minimamente alla Grande Idea, insino a ehe la nazione greca non à !Provveduto all'interno assetto del Regno; e tale assetto dee consistere prineipalmente a scegliere un altro re e rompere ogni patto ed ogni .conciliazione eon la dinastia Bavarica. Cinque giornali i più accreditati e indipendenti concorrono a significare eotal pensiero in modo chiarissimo e risolutissimo e sono la Luce, la Minerva, l'Evangelizzatore, l'Avvenire della Grecia e la Nuova Generazione. Dalla parte del Governo combattono il Précurseur, lo RisvegLiamento e l'ALba, ma sapendosi che sono pagati dal governo medesimo fanno poca brecda nella generale opinione. Il Secolo (Aion) benchè divenuto ministeriale, non trova credito e per la subita voltata e per conoscere ognuno la stretta amicizia del suo compilatore con due dei presenti ministri. Intanto, io credo di 5aJPere che quella specie di manifesto dei giornali della opposizione è pubblicato d'accordo coi comitati segreti di qui e coi mezzo segreti comitati della emigrazione greca. Ciò pone in giusta e grave apprensione il governo. E però comincia a dubitare essere i disegni del Garibaldi rivolti più presto verso il Regno greco che altrove. Di qui gli esagerati timori e troppo male dissimulati.

Io non indovino se nell'ora che scrivo il Generale Gartbaldi ,sia tornato a Caprera o visiti qualche interna provinda italiana o abbia dato altri indizi e prove che non accoglie in mente alcuna idea di prossima ~dizione. Se ciò è, quello che sto per aggiungere riuscirà discorso perduto e V. E. voglia considerarlo come una superfluità dettatami dal desiderio di compiere il più esattamente e più lavgamente che posso tutti i carichi del mio ufficio.

Io stimo, adunque, a giudicare le cose se.condo i ragguagli che ò e i segni e sintomi che vo raccogliendo non essere la paura del .governo e del Palazzo senza qualche fondamento; perchè credo che il Garibaldi, se pure medita alcuna impresa di sbarco, volge più fa·cilmente i suoi pensieri alla Grecia che ad altro luogo. Del sicuro, gli emigrati greci (fanatici come in genere sono i rifuggiti politici) tengongli un discorso molto simile all'infrascritto: -« Generale, a Voi è oggimai impossibile condurvi dietro più navi cariche d'armi e d'armati. Solo alla vostra audacia e solerzia può riuscire di sbarcare con un legnetto e con assai poca gente in qualche punto di Grecia fra noi concertato. Sceso appena nel nostro suolo, la scontentezza comune e profonda scoppia da ogni lato e voi spazzerete via come polvere il Re Ottone, la sua corte, qualche suo satellite se pur gliene rimane ancora uno solo in tutto il Regno. Voi invitate il popolo ad eleggere una Camera Costituente, radunate le truppe stanziali e i volontari, radunate le artiglierie, le armi e tutte le provisioni da guerra .che ancora colà sussistono e prima assai ·che truppe :firancesi ed inglesi invadano il territorio, Voi siete entrato nell'E!piro, sollevate la Tessaglia ed offrite ai Montenegrini ed ai Serviani la potenza del vostro nome e un nerbo non dispregievole di armi e di combattenti».

Ebbi l'onore di ricevere il dispaccio di V. E. del 9 luglio n. 23 (1) ed i due dispacci telegrafici relativi ai fausti avvenimenti del riconoscimento della Russia e della Prussia e del m.atrimonio della Principessa Pia (2).

(1) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 522.
596

IL MINISTRO A BERNA, JOCTEAU, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 275. Berna, 24 luglio 1862.

Des interpellations, déjà annoncées, doivent etre adressées demain au Conseil Fédéral, dans les deux Chambres de l'Assemblée, relativement aux déclarations, que vous avez faites, à l'égard de la Suisse, dans le Parlement italien. Malhereusement le langage de V. E. n'a pas été résumé de la meme manière par les journaux, et la Perseveranza lui aurait preté des :D·aroles propres à e~citer un sérieux mécontentement en Suisse. Vous en jugerez, Monsieur le Ministre, par un artide qui vient de paraitre dans le Bund, mais qui assurément n'a pas une source offi.cielle [Allegato 1].

Bien que .cette version de la feuille de Milan soit trlès différente de celle des autres journaux, et qu'elle n'ait pas de vraisemblance, l'opposition n'a pas moins saisi ce nouveau prétexte pour revenir sur cette question de l'annexion du Tessin, qui semblait terminée, de l'opinion meme de Monsieur le Président de la Confédération, telle que je l'ai résumée dans ma dépeche d'hier.

,J'a voulu voir aujourd'hui Monsiewr Staempfli et d'autres membres du Conseil fédéral, pour m'entretenir avec eux, avant les interpellations annoncées, mais ils se Sont tous rendu.S ce matin a Fribourg, pour l'inauguration du pont

du chemin de fer.

Je ne mets pas en doute, du reste, que leur réponse, conforme à ce que doit etre le véritable sens des paroles de V. E., ne satisfasse la grande majorité des Conseils; mais la minorité awra obtenu le résultat qu'elle se proposait, en donnant plus de retentissement encore à cette affaire.

ALLEGATO I. L'ANNESSIONE DEL CANTON TICINO

Il recente discorso di Bixio nel Parlamento italiano, col quale il rinomato generale Garibaldino, lasciava trapelare il proposito di annettere il Canton Ticino al Regno d'Italia produsse nella Svizzera un giusto risentimento. Tale risentimento venne alquanto mitigato dalla notizia che l'Ambasciatore Svizzero in Torino abbia annunziato telegraficamente al Consiglio Federale che il Governo Italiano abbia già disapprovato o disapproverebbe in prossima circostanza le parole di Bixio. [Allegato Il].

Se però ciò che il Generale Durando ebbe a dire nella scorsa domenica (1) deve essere la disapprovazione annunziata, in tal caso la Confederazione ha ogni

• La nostra situazione verso la Svizzera è alquanto delicata. La Camera rammenterà come in una recente tornata si fece qui allusione a certe porzioni di nazionalità italiana che non sono ancora riunite alla madre patria... Bisogna che io parli chiaro su questo fatto. Io ritengo che sarebbe un altissimo. errore della politica italiana ogni passo, ogni tentativo, <Jgni incoraggiamento, che minacciasse direttamente quella composizione, artificiale se si vuole, ma pur J)Otente (Bravo!}. Io credo, o signori, che se nell'avvenire dell'Italia noi dobbiamo cercare delle alleanze sicure, noi do.bbiamo cercar modo di trovare qualche nazionalità, qualche Stato intermedio, che ci tenga lontano od almeno non vicino a quelle razze, dalle quali per secolare tradizione, ci vennero pur troppo e per tanto. tempo le sciagure italiane. Io dunque non posso non condannare quest'opinione, e per mia parte dichiaro che assolutamente non farei mai nulla per incoraggiare certe aspirazio.ni, che possono venire da quelle popolazioni della Svizzera, le quali chiamino d'essere riunite all'Italia, perchè temerei che questo non fosse il principio del fine di una confederazione, di uno Stato, la cui posizione strategica e politica la ritengo altamente necessaria all'indipendenza dell'Italia

(Bravo!), Io dichiaro ancora che, qualora per la forza delle cose, per certe eventualità che <Jra non so prevedere, ma che in questo rimescuglio di avvenimenti pure potrebbero avvenire; qualora dico, fo.sse necessario e conveniente che una parte di quel territorio potesse essere ricongiunta alla sua patria naturale, io, se pure fossi nel caso ancora di esercitare qualche influenza negli uffici del Governo, cercherei qualche combinazione, per cui venisse la Svizzera compensata per altra parte per quella porzione, di cui essa dovesse essere scemata, .e quindi fatta meno potente, meno efficace alla difesa sua ed a quella dell'Italia » (Bene!).

ragione di starsene in guardia. La disapprovazione è più offensiva dell'orazione di Bixio imperciocchè giusta la Perseveranza essa suoni non come piaceva all'Opinione di trascrivere (vedi sopra nella Rivista giornaliera) ma sibbene come segue:

• Sarebbe cosa assai impolitica, se l'Italia volesse alterare le relazioni amichevoli colla Svizzera. Nel caso però, che certe eventualità richiedessero di annettere una parte del Territorio Svizzero alla patria che gli destinava natura, in tal caso io m'adoprerei in ogni modo possibile per risarcire la Svizzera mediante l'annessione di nuove provincie in compenso delle staccate •.

Ma inutilmente ci affatichiamo per scorgere in tale diplomazia un concetto politico. Si sente l'Italia per avventura già così forte da affrontare puranche l'inimicizia della Svizzera? -O non comprende il Gabinetto di Torino che un negozio di territorio svizzero ideato dagli uomini liberali d'Italia, non è d'un sol capello meno odioso ed offensivo di quanto sarebbe se egli fosse ideato dalla Imperiale Corte di Vienna?

Noi ringraziamo perciò i Signori GrUngerbiibler e Eytel di aver jeri indirizzato interpellanze su argomento di tanto interesse al Consiglio Federale: e la unanimità con cui (agitatosi questo nel Consiglio Nazionale) esso venne eminentemente chiarito n'è pegno che giammai potrà aver la Svizzera autorità e popolo si concordi che aliorquando l'audacia italiana si lasciasse condurre a tale delirio.

ALLEGATO Il.

TOURTE A DURANDO Turin, 19 Juillet 1862. Excellence, Je prends la liberté de Vous rappeler la promesse que Vous m'avez faite de relever, demain, dans la Chambre des Députés les paroles imprudentes que le Général Bixio a prononcées au sujet de l'annexion du Canton du Tessin. On a pris fort au sérieux, en Suisse, non pas tant cette incartarle que le silence avec lequel elle a été accueillie sur les bancs ministériels; et on m'a reproché amèrement, dans l'Assemblée fédérale, de .ne pas avoir demandé de suite satisfaction à ce sujet. Veuillez, Excellence, ne pas prendre en mauvaise part cette susceptibilité peutétre exagérée de mes compatriotes. Vous le savez, les petis peuples ne sauraient se montrer trop jaloux de leurs droits. Je vous connais trop équitable et trop· bien disposé pour la Suisse, pour ne pas faire droit à ma réclamation, comme Monsieur de Cavour le fit dans une occasion semblable. Veuillez agréer, Excellence, l'assurance de ma très haute considération.

(1) Durando il 20 luglio 1862 aveva dichiarato (Atti uff. Cam. Dep., n. 775, p. 2998):

597

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE RISERVATO 91. Parigi, 24 luglio 1862.

Ho posto oggi sotto gli occhi del Signor Thouvenel la lettera del Principe Murat stampata nei nostri giornali e annessa al dispac·cio riservato di V. E. del 17 corrente (1). Dissi a questo Ministro che la costante condotta dell'Imperatore verso l'Italia, condotta che dimostra la sua ferma volontà di mantenere i risultati della guerra del 1859 e quindi l'Unità Italiana, non lasciano alcun dubbio che S. M. I. non disapprovi completamente le aspirazioni di pretendente al trono di Napoli manifestate dal Principe Murat. Ma soggiunsi che il silenzio dell'Imperatore a questo riguardo avrebbe potuto dar luogo a meno esatte supposizioni

che era nell'interesse dei due Governi d'impedire. Domandai quindi al Signor Thouvenel se non fosse il caso, come già fu fatto altra volta, di fare inserire nel Moniteur una disapprovazione del contegno e del linguaggio usato dal Principe Murat.

Il Signor Thouvenel mi rispose, dopo aver preso lettura della lettera suddetta, che esso non esitava a dichiararmi la sua disapprovazione intorno a questo procedere del Principe Murat; ,che non credeva conveniente dì intrattenerne per lettera l'Imperatore; ma che l'avrebbe fatto a voce appena S. M. fosse torn::\to da Vkhy. Aggiunse poi che avrebbe esaminato coll'Imperatore se fosse il caso di fare inserire qualche parola in proposito nel Moniteur o se non fosse meglio che l'Imperatore stesso facesse pervenire direttamente le sue osservazioni al Principe Murat. Notò infine che del resto la pubblica opinione in Francia aveva fatto giustizia, non occupandosene, della lettera del Cugino dell'Imperatore.

Il Sig. Thouvenel mi diede, in questa circostanza, lettura di parecchi rapporti del Console di Francia a Palermo ove sono riferiti i fatti a cui diede luogo in questi ultimi giorni la presenza del Generale Garibaldi in Sicilia, i discorsi di questi, le dimissioni del Principe di S. Elia, gli arruolamenti .che si vanno proseguendo. Il Governo Francese ricevette di questi fatti una trista impressione ed il Sig. Thouvenel si fece l'interprete presso di me dei sentimenti del suo Governo intorno ad essi. Non ripeterò le parole del Sig. Thouvenel giacchè egli mi disse che la Legazione di Francia a Torino aveva incarico di leggere a V. E. un dispaccio sul proposito (1). Ma sodisfo ad un desi.derio espressomi dallo stesso Ministro chiamando la di Lei attenzione su questi avvenimenti non senza osservarLe però che ho fatto presente al Sig. Thouvenel la posizione difficile e delicata che la presenza del Generale fa in Sicilia al Governo del Re, il quale trovasi perciò nella dura alternativa o di limitarsi alla semplice disapprovazione di atti che possono interpretarsi come lesivi della propria autorità e spiacevoli alle nazioni amiche ed alleate o di esercitare una azione repressiva da cui potrebbero nascere più gravi inconvenienti e forse anche un moto popolare. In seguito a mia domanda il Sig. Thouvenel mi ha [pUre spiegato succintamente il suo modo di vedere sulla questione serba e sulla nostra partecipazione oramai incontestata neì relativi negoziati. Mi limito a farne questo ·cenno all'E. V. giacchè anche su ,questo al'!gomento Ella ha dovuto avere dalla Legazione di ~'rancia in Torino comunicazione delle intenzioni del Governo Imperiale. Non chiuderò tuttavia il presente dispaccio senza muoverLe preghiera di volermi partecipare, ove lo creda utile al servizio del Re, quella parte delle istruzioni, da Lei impartite su questo argomento al Ministro d'Italia in Costantinopoli.

(1) Cfr. n. 558.

598

IL MINISTRO A BERNA, JOCTEAU, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 384. Berna, 25 luglio 1862, ore 13 (per. ore 16,30).

Des interpellations ont eu lieu aujourd'hui au Conseil Fédéral sur le désaveu donné par V. E. aux paroles de Bixio. Le Conseil Fédéral tout en y re

connaissant une bienveillante intention a déclaré protester cependant devant l'assemblée et devant l'Europe contre l'idée d'une annexion éventuelle du Tessin moyennant compensations territoriales. Après une vive discussion on a voté à l'unanimité l'ordre du jour suivant: « confiant dans la vigilanc·e du Conseil Fédéral pour repousser par tous les moyens toute proposition tendant directement ou indirectement à porter atteinte à l'intégrité Helvétique l'Assemblée etc. l>.

(1) Thouvenel a Massignac, Parigi, 26 luglio 1862, in Livre jaune, 1862, pp. 45-46.

599

IL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 385. Belgrado, 25 luglio 1862, ore 14130 (pe1·. ore 20).

J'ai envoyé hier à V. E. un rapport avec documents voie d'A:utriche. Reçu télégramme de V. E. du 22 (1). Un télégramme du Ministre des Affaires Etrangères de France d'hier annonce au Consul Français qu'on obtiendra l'éloignement des Tures, l'évacuation de toutes les forteresses e~cépté Belgrade; il pense cependant obtenir démolition des bastions qui gardent la ville et la diminution de la garnison. Il l'engage à persuader le Gouvernement Serbe à s'accomoder de cet arrangement. Je crois que le Gouvernement Serbe s'y arrangera sì le parti de la guerre ne poussera pas trop le Prince Michel. Je tiens cette nouvelle d'une manière toute confidentielle. Tout va bien ici et dans l'intérieur.

600

IL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 386. Belgrado, 25 luglio 1862, ore 21,45 (per. ore 22,40). ·

Je prie V. _E. de me dire quelle espèce de confiance je dois accorder à l'Avocat Canip.i que vous m'avez recommandé avec votre lettre du }er Mai (Cabinet Particulier) et me donner ses signalements. Il arrive aujourd'hui de Valachie avec lettres de Kossuth et du Général Klapka pour le Prince Michel et Garachanin et des proclamations de Garibaldi, Klapka et Kossuth. Je vous prie de télégraphier au plus tòt.

601

IL MINISTRO A BERNA, JOCTEAU, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 276. Berna, 25 luglio 1862.

Je complète le télégramme que je vous ai expédié tout à l'heure (2), en vous envoyant un résumé, aussi approximatif •que possi!ble, de la discussion à laquelle a donné lieu ce matin, au Conseil National, l'allusion que V. E. a faite

aux paroles de Mr. le Général Bixio, dans sa réponse aux inter:pellations du député ·Petruccelli.

Un passage de ·ce discours, auquel on a donné assurément un sens différent de celui qu'il devait avoir, a excité ici, j'ai le devoir de le dire, une extrème susceptibilité. C'est celui où V. E. doit avoir dit que si jamais il survenait un bouleversement politique pour suite duquel une partie de la Suisse devrait étre réuni à la Mère Patrie, ce ne devrait étre, que contre une compensation territoriale qui ne diminuirait point l'étendue et la force de la Confédéra.tion.

Le Conseil Fédéral a bien fait son possible pour prévenir le fa:cheux effet de cette interprétation, mais comme les parole<::; contre lesquelles l'opposition récriminait, ont été confirmées par Mr. Tourte (car le texte officiel n'en est pas encore arrivé ici) il n'a pas cru qu'il lui fut posstble d'accepter devant l'Assemblée, l'eventualité d'une annexion du Te·ssin à l'Italie contre une compensation, et il s'est cru en devoir de protester contre cette idée.

Il a cru donner ainsi satisfaction au mécontentement qui s'est produit à cette occasion, et qui se manifeste, i'l faut le dire, d'une manière d'autant plus vive parmi les députés que le parti hosti1e au Conseil Fédéral, et qui cherche à miner la position de Mr. Tourte pour le faire remplace.r par un homme à sa dévotion, ne néglige rien de ce qui peut exdter cet .amour propre et cette susceptilbilité si faclles à passionner dans ce pays.

Du ll"este cette agitation, plus factice peut-ètre que réelle, ne tardera pas à se calmer dès que l'Assemblée Fédérale aura terminé sa session.

ALLEGATO l.

RESUMÉ DE LA SÉANCE DU CONSEIL NATIONAL DU 25 JUILLET 1862

Monsieur le Conseiller Naeff a commencé par lire un message du Conseil fédéral, résumant la question du Tessin. Le Général Bixio, ayant affirmé dans le Parlement italien, que l'Italie avait des droits sur ce Canton, M. Tourte a été chargé de prier S. E. Monsieur le Ministre des Affaires Etrangères d'ltalie, de désavouer publiquement ces paroles. M. Naeff communique ensuite une dépèche télégraphique et une dépèche écrite de M. Tourte, annonçant que Monsieur le Général Durando a profité de l'interpellation Petruccelli, pour satisfaire, dans les termes les plus bienveillants, au désir exprimé par le Conseil fédéral. Mais le texte mème du dis'cours étant arrivé, on y a remarqué la phrase suivante: « si jamais dans un bouleversement général politique, possible dans l'avenir, quelque partie de la Confédération devait ètre réunie à sa mère patrie, et si j'avais alors une influence dans les affaires, je m'empresserais de chercher à la Suisse une compensation, pour que son territoire ne fùt point amoindri •.

Les membres du Conseil fédéral, tout en reconnaissant les termes bienveillants dont s'est servi Monsieur le Général Durando, y ont entrevu une supposition d'échange ou de remaniement de territoire, qui, à leur point de vue, est impossible, et blesse l'honneur national des Suisses. Ils protextent donc, comme citoyens et comme représentants, devant l'Assemblée et devant l'Europe, contre une telle éventualité. Ils ne donneront toutefois point de suite diplomatique à cet incident.

Plusieurs députés, dont trois tessinois, demandent la parole, et parlent tous dans le mème sens. lls font acte de la ferme volonté des tessinois de rester suisses, en ajoutant que la force seule pourrait en triompher. Ils remercient le Conseil fédéral de sa protestation énergique, et proposent que, puisque cette question a été introduite au sein de l'Assemblée, celle-ci joigne sa voix à celle du pouvoir exécutif. La question étant ouverte aujourd'hui, il ne faut point l'éluder, en se dissimulant les dangers de la situation, mais au contraire constater qu'elle existe, la poser, et assurer au Gouvernement la force et les moyens de soutenir les droits de la Confédération, quand meme l'Italie, possédant Rom~ et Venise, serait une puissance formidable.

Les journaux ministériels italiens, tels qui la Rivista Contemporanea (1) et la Perseveranza, reviennent de tems à autre sur ces prétentions. La Monarchia Nazionale, et la Gazzetta del Popolo disent qu'il ne s'agirait là que d'une revendication de territoire de la part de l'Italie. Les tessinois, voyageant en Lombardie, sont pressés par des personnes, qui les conseillent à s'annexer. Il est fàcheux de voir l'Italie, à peine constituée, convoiter des conquétes. • Oui •, disent-ils, • le Canton du Tessin est it&lien; mais l'art et la civilisation peuvent franchir la barrière des Alpes; tandis que le bien de la liberté, qui fait notre force, est indissoluble. Le principe de la fraternité des peuples vaut mieux que celui de la nationalité •.

• M. le Président de la Confédération a rétabli la question, en soutenant qu'il n'y avait point un danger imminent; mais que dans le cas d'une conflagration générale européenne, qu'il croit, lui meme, entrevoir dans l'avenir, on n'acceptera certes aucun projet d'échange, ni le Tyrol, ni le Voralberg, ni la Foret noire, etc.

Une proposition demandant qu'on votat les fonds nécessaires pour fortifier le Canton du Tessin, a été retirée après le discours de M. Staempfli; mais on a accepté à l'unanimité l'ordre du jour suivant: • L'Assemblée fédérale de la Confédération Suisse, pleine de confiance dans la vigilance du Conseil fédéral pour repousser, par tous les moyens en son pouvoir, toute prétention qui tendrait, directement ou indirectement à porter atteinte à l'integrité helvétique, en quelque bien que ce soit, passe à l'ordre du jour • (2).

Ce meme ordre du jour a été adopté par le Conseil des États.

(1) -Cfr. n. 585. (2) -Cfr. n. 598.
602

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO

T. 262. Torino, 26 luglio 1862, ore 10.

Reçu vos deux dépeches d'hier (3). M. Canini n'a qu'une mission du Ministre de l'Instruction Publique pour des objets littéraires; il n'a aucune mission politique. Vous devez le désavouer formellement s'il y a lieu, mais éviter la publicité.

603

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

(Ed. in CoLOMBO, 29)

T. 388. Pa.rigi, 26 luglio 1862, ore 7,30 (per. ore 8,30).

En réponse à ma communication, la Légation de Russie me prie de prévenir par votre entremise S. E. le Général De Sonnaz que le Czar sera de retour de Péterhof à Pétershourg le ler Aout au plus tòt.

(Ripubblicato in C. CATTANEO, Scritti politici ed Epistolario, Firenze, 1901, III, pp. 335-343).

(1) Nella Rivista Contemporanea (maggio 1862) si era parlato dell'italianità del Canto~ Ticino, ma in un articolo anonimo del Politecnico l o luglio 1862 intitolato L'Italia e t! Canton Ticino, Car'lo Cattaneo aveva combattuto ogni rivendicazione irredentista sul Cantone.

(2) La dichiarazione del Consiglio Federale sulla questione è in Archives Diptomatiques, 1863, I, PP. 381-384.

(3) Cfr. nn. 599 e 600.

604

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

(MRT, Carte Durando, orig. autogr.)

R. CONFIDENZIALE RISERVATO 92. Parigi, 28 luglio 1862 (1).

il Sig. Thouvenel è partito ieri in congedo per pochi .giorni. Penso ch'e si troverà di nuovo a Parigi il 6 del ;prossimo mese, pel qual giorno si aspetta anche l'Imperatore. Ad ogni modo il Ministro degli Aflla.ri Esteri sarà di ritorno prima del 15 agosto.

n giorno innanzi alla sua partenza ebbi un colloquio •COn questo Ministro e gli domanda~ .se nutriva la fiducia che i negoziati intorno all'evacuazione di Roma potessero ben presto intavolarsi direttamente fra i due Governi d'Italia e di Francia, non essendovi oramai nessuna speranza di trattative colla Corte di Roma. Io lasciai presentire al Si1g. Thouvenel ·che nel ·caso ~n ·cui il Governo Imperiale non intendesse di pigliare al proposito un'iniziativa dentro un termine non lungo, al Governo del Re sarebbe ·corso l'obbligo di piigliare esso stesso quest'iniziativa, nella qual cosa però desiderava di procedere col massimo possibile accordo col Gabinetto Franc·ese.

Il Sig. Thouvenel Ini disse ·che non era in misum di .farmi ora una risposta precisa, prima d'aver conferito ·coll'Ima;>eratore, ciò che non accadrà che verso la metà dell'agosto. L'opinione di questo Ministro è che l'Imperatore pigli esso stesso l'inizi,ativa, e che si sostituisca ad un accordo formale tra i due Governi d'Italia e di Francia, una ,semplice dichiarazione dell'Imperatore stesso, con cui S. M. annunzierebbe: che le truppe !francesi non possono rimanere più oltre a Roma senza gravi inconvenienti per la Franci!a; che saranno quindi richiamate; e che intanto la Francia dar~bbe sicurtà al Papa che nessuna invasione sull'attuale territorio pontificio sarebbe operata sia peli' parte del Governo Italiano,-sia per [parte di volontarii!. Secondo il Sig. Thouvenel questa forma sarebbe preferibile al progetto d'una Convenzione speciale. Nel farmi questa comunicazione confidenziale, il Sig. Thouvenel rinnovò però l'espressione del suo vivo rammarico che il contegno e il linguaggio del Generale Garibaldi possano impedire o ritardare una soluzione. «È la 'Seconda volta», egli disse, «che Garibaldi impedisce l'evacuazione di Roma. Quando partì per la Sicilia, gli ordini erano dati per l'imbarco della guarnigione francese negli Stati Pontificii, e furono rivocati all'annunzio della spedizione Siciliana. Se questa spedizione si ritardava d'un mese, da due anni Roma sarebbe sgombra del presidio francese. Voglia Dio, che non si rinnovi ora il medesimo fatto, che sarebbe sorgente d'eguali e più gravi imb<l['azzi per l'Italia e la Francia» (2).

L'interim del Ministero degli Affari Esteri sarà esercitato dal Sig. Rouher che torna domani a Parigi. Mi si assicura che il Sig. Thouvenel gli abbia confidato il suo portafogli a condizione che non cfaccia nulla che im[pegni per ora la Francia nella .via del riconoscimento degli Stati Confederati del Sud d'America. Questo è certo però, che tale è veramente l'opinione del Sig. Thouvenel intorno a questa grave questione.

38 -Docum~ntt diplcrnatici -Serie I -Vol. Il.

(1) -Sunteggiato in COLOMBO, 31. (2) -Cfr. Thouvenel a Massignac, Parigi, 26 luglio 1862, in Livre jaune, 1862, PP-' 45-46.
605

IL CONSOLE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CARACCIOLO DI BELLA

R. s. n. (copia). Bebgrado, 28 luglio 1862. Nel dispaccio che il Conte Greppi m'à fatto l'onore di scrivermi 1'11 andante n. 11/261 Serie Politica (1) ebbe la bontà di informarmi che S. A. Aali Pascià si era fortemente la,gnato della mia attitudine, che diceva ostile al Gove;no di S. M. I. il Sultano accusandomi fra le altre cose d'essere la sentinella avanzata della rivoluzione. L'E. V. capirà ch'io non possa stare sotto una tale imputazione destituita com'è d'ogni fondamento. Infatti sono giunto a Belgrado il 24, cioè dopo il bombardamento, colla missione d'inquirire i fatti ch'ebbero luogo e riferirli nella lO!l"o pura e semplice verità. La prima persona alla quale mi sono diretto per informazioni è stato il Console Generale d'Inghilterra, il quale mi disse che il bombardamento della città non era stato provocato, ch'era un atto barbaro e 'senza scusa. Che aveva sottoscritta assieme a' suoi colleghi la Convenzione del 16 giugno tra il governo Serbo ed il Pascià Aschir comandante o Governatore dell.Ja fortezza. Che aveva prestato il concorso della sua persona a l'eva,cuazione dei Nizams o truppe regolari (tW"che) dalle porte della Città accompagnando unitamente a' suoi colleghi (meno quello d'Austria) il Ministro Garachanine ed il Kaimakan della fortezza che eseguivano quest'atto in virtù della suddetta convenzione. Che aveva sottoscritta la protesta che i Consoli fecero (ad eccezione dell'austriaco) contro il bombardamento in risposta alla lettera che Aschir Pascià loro aveva diretta dopo il primo bombardamento. Che aveva detto al signor Wassich che lo invitava da parte del Pascià Aschir a volersi recare alla fortezza: « Non, je n'irais pas, je ne veux avoir rien à faire avec un homme qui a manqué à sa parole d'honneur, on a pendu le Pa,cha de Damas et on pendra aussi Asch~ et ses Conseillers » (rimarchi, Eccellenza, che l'allusione ai Consiglieri era tutta contro il Sig. Wassich che si ~credeva e si crede complice per il suo Governo del hornbardamento). Se poscia il Sig. Longworth ha cambiato d'atVviso a me non spetta di denunciarne le cause. Continuando le ricerche. Ho trovato il mio Collega di Prussia indignato contro la condotta tenuta in quelle circostanze dall'Agente Consolare Austriaco, condotta che il signor Meroni qualificava di equivoca, di sospettosa e peggio. Condannava il bombardamento nei termini i più risentiti come ingiusto e barbaro. Ho parlato coi Consoli Generali di Fmncia e di Russia e loro pure si mostrarono indegnati d'un atto tanto ingiusto quanto odioso. Lo stesso signor Wass1ch ha biasimato il bombardamento davanti a S. E. Vefyk Effendi in presenza del Corpo Consolare, epperciò anche in mia presenza.

Ma l'agente austriaco, per quanto si può argomentare, doveva parlare di un modo, ed agire e scrivere in un altro.

Come l'E. V. scorge tutti i miei colleghi erano allora unanimi contro 1 Turchi, e pertanto, se Aall Pascià ha potuto cons,iderarmi un rivoluzionario perchè il mio giudizio su quegli avvenimenti non è favorevole alla Turchia, ne consegue che tutto il Corpo Consolare era ;rivoluzionario. Da quell'epoca due membri del medesimo hanno cambiato d'opinione, ma i fatti non .sono punto cangiati, e rimangono così ancora quattro Consoli rivoluzionari, cioè quelli di ~·rancia, di Russia, di Prussia e d'Italia.

Mi sono altresì iruformato presso tutte le persone che conosco, e tutti mi raccontarono i fatti della stessa maniera cioè che il bombardamento era inescusabile, quanto al conflitto erano anche d'accordo che i turchi l'avevano provocato.

I membri del Governo serbo, lo stesso Principe, la Principessa mi hanno narrati gli stessi fatti e dello stesso modo.

E finalmente il mio cuoco Carlo Perolo, :piemontese, che si trovava presente il gioxno 15 verso le 7 lh a 7 % pomeridiane all'uccisione dei gendarmi fatta dai turchi nella strada dietro alla polizia turca che ha provocato il grande e sanguinoso •conflitto, m'assicurò col suo giuramento che i gendarmi non avevano schioppo, portavano soltanto le loro armi normali, cioè pistola ed una specie di daga; che l'ufficiale turco sfodrò la sciabola e pel'lcosse pel primo i gendarmi colla medesima, e che i soldati ch'esso comandava spararono i loro fucili, armati di bajonetta, a bruciapelo contro i gendarmi.

È bensì vero che qualche giorno ;prima un gendarme seribo uccise un battelliere turco ma l'uccisore fu processato e fucilato.

Che un altro agente del Governo Sel'bo essendo stato gravemente insultato da un officiale turco gli tirò un colpo di pistola che uccise un pandour al servizio dell'Austria.

Che i turchi (1) batterono un gendarme serbo e lo ferirono togliendo1i due prigionieri tul'chi che aveva in custodia. Ma questi fatti puramente accidentali non provocarono nessun sanguinoso conflitto.

È vero altresì ·che dopo il bombardamento, dei serlbi si sono abbandonati al saccheggio del quartiere turco, e dell'israelita (2) ma i principali capi sono fucilati, e credo ·che il Governo serbo non si rilfìuti d'indennizzare i derubati.

È anche vero che dopo il bombardamento due corrieri turchi al servizio dell'Austria ·sono stati assassinati nell'interno della Servia. Gli assassini furono condannati a moxte e fucilati, ed il governo serbo si offerse a pagare una somma alla famiglia delle due vittime turche.

Ma chi si deve incolpare di questi deplorabili eccessi se non coloro che provocarono le ire e le rappresaglie? Ecco, Ec·cellenza, quel che ho imparato, e quello che ho dovuto esporre alla

R. Legazione ed al R. Governo. Perciò rper quel che concerne le vere cause che trassero la Servia e la Turchia a questi lamentevoli casi non ho ·che riferirmi

ai rapporti ch'ebbi l'onore d'indirizzare a codesta R. Legazione da 5 mesi in qua.

Per me ho veduto in tutto questo una mano straniera che ha ordito e poscia

spinto gli avvenimenti per un interesse che non mi sembra certo quello della

Turchia.

Io mi sono dunque limitato a raccogliere i fatti ed a rilferirli. Dovevo na

sconderli? Si pretendeva forse ch'avessi mancato al mio dovere, ingannato il

mio governo?

Si suppone per avventura che il Governo del Re mi ha inviato a Belgrado

per lavorare a meritarmi l'ordine delLa Corona di ferro testè rcoruferto dal

l'Austria al suo Agente, o quello del Medjedié?

La mia missione a Belgrado, e V. E. lo sa, si re.stringe ad osservare e a

fedelmente riferire la verità, soltanto la verità, al Governo del Re ed a V. E. Non

ho mancato sin'ora, io credo, a questo compito, nè vi mancherò mai qualunque

sieno le osservazioni che questa condotta potrà suggeriJre a S. A. Aalì Pascià.

Ma siccome penso che non sia lecito ad un Ministro straniero di lanciare

delle accusazioni gratuite ed offensive contro l'a.gente del Governo d'una nazione

alleata, che ha vel'sato il suo sangue per la difesa della Turchia, s[pero che l'E. V.

giudicherà necessario di chiedere a S. A. Aali Pascià d'indicare i fatti su cui

basa le sue lagnanze, e Lei mi farà l'onore di abbassarmeli. Potrò allora, proba

bilmente, in faccia d'una accusa precisa, dimostrare a S. A. che posso 'benissimo

non dividere le siiDIPatie del Ministro Turco, senz'essere per questo la sentinella

avanzata della rivoluzione.

(1) Manca, ma cfr. n. 541 e specialmente n. 553.

(1) -I soldati regolari [Nota del documento]. (2) -So che un israelita di civile condizione raccontò a un impiegato della Cancelleria Consolare francese che i turchi ed alcuni ebrei cominciarono la notte del 15 a derubare nel quartiere degli ebrei, e non fu che il 17 che i serbi lo saccheggiarono a loro volta. Non ebbi questa notizia che ieri [Nota del documento].
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ISTRUZIONI DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, ALL'INVIATO STRAORDINARIO A PIETROBURGO,

GERBAIX DE SONNAZ

Torino, 29 luglio 1862.

S. M. il Re volendo darLe una novella prova del pregio in cui tiene i lunghi servigi e le eminenti qualità di V. E. L'ha prescelta per recarsi in Missione Straordinaria presso S. M. l'Imperatore di tutte le Russie all'oggetto di presentaJre alla M. S. la lettem con ·cui S. M. l'Augusto N o.stro Sovrano gli notifi.ca aver assunto il titolo di Re d'Italia, ed iniziare iPer tal modo il ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra i due Governi, interrotti sullo scorcio del 1860 dal Governo Russo a cagione degli avvenimenti succeduti in Italia in quell'epoca.

In questa Sua Missione l'E. V. viene accompa~nata dai Signori: Gerbaix de Sonnaz Cav. Gius. Colon. Capo di Stato Maggiore del 4<> diparto.; Dracorens de Savoiroux Cav. Gius. Maggiore nel Io reggo Grana.tieri,

uffic. d'ordin. di S. M. il Re; Di Somma duca Nicola, maggiore di Stato Maggiore; Sey.ssel d'Aix, Cav. cap. nei Lancieri Montebello; Cesarini di Segni Fr.co Luogotenente dei Lancieri di Novara; Roero di Cortanze march. Vittorio Aless. Luogoten. nel 3° Granatieri; Arconati Visconti march. Gio. Luogoten. nel 5° reggo Bersaglieri;

ai quali si aggiunsero per maggior lustro della Missione i seguenti ufficiali del

Corpo Diplomatico, destinati s·in d'ora a far parte della Legazione Italiana a

San Pietroburgo. Sono essi i Signoni:

Marchese Oldoini, Segretario di Legazione di la classe che già preceden

temente disimpegnò le funzioni di tal grado, ed in alcune circostanze anche

quelle d'Incaricato d'Affari interinale presso il Governo Russo;

Il Barone Maurizio Maroc·chetti, Segretario di Legazione di 2a classe;

Il Barone Galvagna, volontario diplomatico presso questo Ministero che

rimarrà Addetto alla Legazione in Russia.

Giunta che sarà V. E. nella capitale russa coi singoli membri della Mis

sione, Ella si farà a domandare al Ministro Imperiale degli Affari Esteri una

udienza dall'Imperatore, per presentare alla M. S. ,la lettera Sovrana di •cui è

latore e che Le viene qui rimessa, colla copia d'uso da consegnarsi al prelodato

Ministero delle relazioni estere.

Ottenuta questa udienza e compiute le visite d'uso ai Principi Imperiali come anche ai rappresentanti delle Potenze amiche i quali abbiano grado di Ambasc;iatore (poichè per gli altri credo ·ch'Ella possa limitarsi a mandar loro carte di visita), l'E. V. potrà considerare siccome terminata la Sua missione, e far tosto ritorno in Italia, quando non vi si oppongano affatto ragioni di convenienza. Ma prima dii prendere ·commiato dal Signor Ministro degli Affari Esteri di Russia, l'E. V. vorrà compiacersi di piresentargli il Signor Marchese Oldoini quale incaricato Idi reggere la R. Legazione Italiana a Pietroburgo ·fino all'arr·ivo dell'Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario che sarà ulteriormente designato da S. M. il Re a rappresentarlo presso quella Corte Imperiale. Per il caso poi che in tal circostanza il predetto Signor Ministro mostrasse desiderio di avere anche una mia lettera di presentazione a favore del lVIarchese Oldoini, rimetto pure col presente una lettera mia pel Signor Principe Gortschakoff all'E. V., della quale unisco anche la copia e che V. E. potrà consegnare al Marchese Oldoini per essere da lui presentata qualora ciò occorra.

Le spese cosl del viaggio d'andata e di ritorno, come del soggiorno che farà in Rus·sia Le verranno rimborsate a piede di list~; per ·cui Ella viene pregata a volerne far tenere nota per quanto possibile esatta, onde questo Ministero sia a suo tempo in grado di .soddisfare alle relative esigenze del Controllo devoluto alla Corte dei Conti.

Poichè la missione affidata all'E. V. sarà di assai breve durata e meramente onorifica, non mi occorre aggiungere particolari istruzioni in materia politica, nè di tracciarLe gli intendimenti del Governo in siffatto argomento. A ciò d'altronde potrebbero bastare all'uopo le idee che ebbi occasione di svolgere anche ~recentemente in seno della Rappresentanza Nazionale.

Ma se Ella, per la natura del suo mandato estraneo alla politica avrà su questo terreno ad usare la massima riserva nei suoi discorsi, e dovrà anzi schermirsi dallo esprimere pensieri ·che potessero impegnare in qualche modo il

R. Governo, ciò non impedirà ·che Ella possa approfittare del breve suo soggiorno in Russia per pigliar nota di ogni nozione che possa interessare il Go~ verno del Re sulle attuali ·condizioni di cose in quel vasto Impell"o.

Le informazioni che l'E. V. potrà trovarsi in grado di comunicarmi al Suo ritorno in Italia mi torneranno altrettanto gradite quanto riesciranno utili al Governo del Re per le relazioni ch'esso è ora lieto di poter ripristinare colla Russia.

Persuaso d'altronde che l'E. V. ·Compierà la Sua onorevole missione con quella prudente riserva ·che le circostanze consigliano non meno che con tutto H decoro ·compati:bile coUe esigenze finanziarie dello Stato, La prego di accogliere i miei sinceri augurii pel"chè Le sia prospero il viaggio che sta per intraprendere, e di gradire le proteste del distintissimo mio ossequio.

ALLEGATO

DURANDO A GORTSCHAKOFF

Torino, 29 luglio 1862.

La Mission Extraordinaire confiée par le Roi N. A. S. à S. E. le Général de Sonnaz constatant l'heureuse entente des deux Gouvernements pour le rétablissement de leurs rapports diplomatiques, S. M. m'a ordonné de confier à

M. le Marquis Oldoini, Premier Secrétaire de Légation, qui s'est déjà trouvé dans le cas de gérer temporairement la Légation Royale à S. Pétersbourg, le soin de reprendre les relations de cette Mission Royale avec le Gouvernement de S. M. l'Empereur de toutes les Russies. M. le Marquis Oldoini se rend dans ce but dès à présent en Russie avec les membres de la Mission Extraordinaire, et il a ordre de remplir par interim les fonctions de Chargé d'Affaires d'Italie jusqu'à l'arrivée du Ministre Plénipotentiaire qui sera désigné ultérieurement près la Cour Impériale de Russie.

La connaissance que V. E. a déjà des qualités personnelles qui distinguent le Marquis Oldoini assure d'avance à ce diplomate ce méme accueil bienveillant qu'il a déjà été heureux de trouver dans des circonstances précédentes auprès de V. E. Je ne m'empresse pas moins de le recommander à vos bontés, Monsieur le Prince, avec l'espoir que V. E. voudra bien avec son obligeance habituelle lui préter encore le concours dont il pourra avoir besoin pour l'accomplissement de la tache qui lui est confiée.

607

ISTRUZIONI DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, OLDOINI

Torino. 29 Zuglio 1862.

Colla Missione Straordinaria affidata a S. E. il Cav. de Sonnaz e che V. S. Ill.ma accompagna in Russia unitamente agli altri componenti della Missione stessa, trovandosi riaperte le relazioni diplomatiche interrotte fra i due Governi nell'anno 1860, il Governo di S. M. desidera di tosto ristabilire la R. Legazione in Pietroburgo. A quest'effetto specialmente la S. V. Ill.ma è stata invitata a far ritorno in quella capi:tale, e furono pure destinati a recarvisi colla Missione Straordinaria suddetta il Barone Maurizio Maroc·chetti ed il Barone Galvagna, i quali vi rimarranno, il primo nella sua qualità di Segretario di Legazione di 2a classe, il secondo ·in quella di Addetto alla Legazione. A V. S. Ill.ma viene affidato l'onoo:evole incarico di reggere la R. L·egazione Italiana in Pietroburgo, fino all'arrivo del Ministro Plenipotenziario che S. M. designerà ulteriormente per rappresentarla presso quella Corte Imperiale. Eppertanto prima di prendere commiato dal Signor Ministro degli Affari Esteri di Russia,

S. E. il Generale de Sonnaz gli presenterà la S. V. Ill.ma in qualità d'Incaricato d'Affari ad interim e pel caso occorresse una mia lettera in pro

posito diretta a S. E. il Principe Gortschakoff, questa lettera sarà dal Generale de Sonnaz rime'ssa a V. S. perr-presentarla aJ. sullodato Signor Ministro. Una delle prime conseguenze della nuova nostra posizione verso la Russia deve essere quella di abilitare i Consoli di S. M. nell'Impero ad assumere il titolo di Consoli d'Italia, non solo ne' loro atti d'ufficio, ma altresl negli stemmi sovr~posti alle loro abitazioni, ed io non dubito che questa facoltà verrà ad essi 'conceduta dal Governo Russo senza che occorra munire i nostri Consoli di una nuova patente da presentarsi all'Exequatur, tanto più che niuna nuova formalità verrà dal Real Governo richiesta nelle presenti circostanze perchè gli Agenti Consolari di Russia stabiliiti ne' varii porti del Regno possano continuare ad esercitarvi le funzioni alle quali furono in passato autorizzati.

Ella vonrà quindi tosto entrato in funzioni adoperarsi presso il Ministero· Imperiale degli Affari Esteri perchè i R. Agenti Consolari in Russia possano regolarmente assumere senz'altro la quali!fica di Consoli d'Italia, ed all'uopo V. S. Ill.ma potrà invocare l'esempio dato dalle altre Potenze che prima d'ora hanno rkonosciuto il Regno d'Italia.

Intanto oltre a' sigilli per la Legazione, Le rimetto in apposita cassetta quelli pel Regio Consolato in Pietroburgo e pelle Delegazioni Consolari dal medesimo dipendenti, ed alle quali lo stesso Regio Console è incaricato di distribuirli.

Le rimetto parimenti l'ottavo volume dei Trattati della Real Casa, e la raccolta speciale de' Trattati in vigore non ha guari pubblicata, come pure alcuni altri stampati che vennero distribuiti alle Regie Legazioni in questi ultimi tempi.

In piego separato Ella rkeverà pure col presente i dizionari di cifra pella corrispondenza della Legazione col Ministero. In quanto agli archivi della R. Legazione che, come Ella sa, furono affidati in custodia al Ministro di S. M. Britannka al momento della partenza del Marchese Sauli da Pietroburgo, rimetto a V. S. Ill.ma il qui unito processo

ver:bale redatto in tale circostanza, e mi riservo di scrivere direttamente al Signor Ministro Inglese per pregarlo di consegnare detti archivi a V. S. Ill.ma e nel tempo ·stesso per ringraziarlo della usataci cortesia.

Acchiudo infine un dispaccio ministeriale di argomento politico che, per essere giunto a Pietroburgo nell'ottobre 1H60, dopo la partenza del R. rappresentante, era stato qui rimandato; Ella vorrà classificarlo fra le corrispondenze di questo Ministero ·colla R. Legazione. Persuaso ·Che nel disimpegno del temporaneo incarico affidatole, la S. V. Ill.ma saprà pienamente conrig,pondere alle intenzioni del Real Governo, ispirandosi a' sentimenti di viva soddisfazione co' quali riprendiamo le antiche ed inauguriamo nuove amichevoli relazioni coll'Impero russo, valgomi.......

608

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 395. Costantinopoli, 29 luglio 1862, ore 11,25 (per. ore 19).

A l'ouverture de la seconde Conférence j'ai lu contre réserve en réponse à la déclaration précédente du Baron Prokesch-Osten, disant que les com;idérations qui ont suggéré cette dernière sont exclusives et spéciales au Gouve~r~ nement d'Autriche. La contre réserve a été approuvée par tous les Ministres. Aalì~Pacha a lu un long rapport sur les événements de la Serbie. Un mémoire fait en partie par les représentants de France et de Russie et par l'Ambas.sadeur d'Angleterre propose la destruction de la partie turque de la ville de Belgrade en .compensant les propriétaires, et l'évacuation des familles ottomanes de Serbie. Je crois que la proposition de la cession des .forteresses turques à la Serbie, exdu Belgrade, a probabilité d'etre adoptée dans la prochaine Confé-rence du 31 Juillet.

609

IL MINISTRO A BERNA, JOCTEAU, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 277. Berna, 29 luglio 1862. J'ai raison de croire qu'au Palais fédéral, on commence à regretter la préci~ pitation avec laquelle les Conseils de la Confédération ont provoqué et adopté une motion grave, avant de connaitre le texte du discours de V. E. qui en a été le prétexte. Néanmoins, comme cette étourderie ne peut plus étre réparée, le Conseil Fédéral, de méme que les meneurs à qui la cause doit en étre surtout attribuée, sont occupés des moyens de donner à cette affaire un retentissement qui en augmente la gravité. A:insi, m'assure-t-on, en meme temps que le Conseil a transmis l·e compte-r·endu de la séance de vendredi à M. Tourte pour le faire porter à la connaissance du Cabinet du Roi, il a fait la meme communication à Paris et à Londres. D'un autre còté, la Municipalité de Lugano, répondant sans doute à l'impulsion qu'elle a reçue, a adressé au pouvoir exécutif, une protestation dans le sens de la motion de l'Assemblée fédérale, et l'on assure qu'un très grand nombre de communes Tessinoises feront une démarche semblable. Ce moyen d'agitation n'aura probablement pas de résultat bien sérieux, car le bon sens des populations ne tardera pas, je pense, à faire justice de cette ridicule susceptibilité des Conseils, surtout lorsqu'on connaitra, plus au long que par le court résumé que le télégraphe vient d'en apporter, la réponse de Mr. le Président du Conseil aux interpellations qui ont été faites hier, à ce sujet, dans le Parlement Italien. Pour ma part, tout en :m'exprimant dans le sens de ·c-ztte réponse dans mes

conversations, j'ai évité jusqu'à présent d'entrer en discussion à ce sujet, avec Mr. Staempfli, afin de ne pas m'exposer à m'écarter peut-etre du langage que

V. E. aurait tenu au Ministre de la Confédération à Turin.

L'ex-Reine Douairière de Naple's, accompa,gnée de deux Archiducs, a passé hier à Berne, se rendant à Interlaken. Elle •a été reçue à la gare par le Ministre d'Autriche, auquel s'étaient joints deux anciens officiers suisses au service Na

politain

P. S. (1). -Le Gouvernement du Canton du Tessin a lui-meme, me dit-on en ce moment, protesté auprès du Conseil fédéral contre toute idée d'annexion à l'Italie.

(1) Di pugno del Jocteau.

610

IL CONSOLE A BUCAREST, STRAMBIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 221. Bucarest, 29 luglio 1862.

Sono in debito d'informarLa intomo alle successive avventure del signor Canini, lietissimo intanto che le prime determinazioni state da me prese a di lui riguardo siano state dall'E. V. approvate.

Già da un mese innanzi il precedente Ministero conservatore avvertito, credo dall'Agente austriaco, della prossima venuta del Canini in questi Principati, avea diramato ordini a tutte le frontiere perchè venisse, come infatti successe, respinto. Ritomatosene perciò allo stesso vapore che lo avea condotto fino a Braila, mi scrisse durante la fermata nel porto di· Galatz, la lettera qui unita al n. l (1), Vi farò alcune poche osservazioni:

Il Canini conosce perfettamente la lingua rumena e sulle origini di questo popolo già da tempo pubblicò un lavoro e per conseguenza per tali scopi letterarii e storici non era più mestieri che venisse nei Principati. Se poi era mosso da fini politici, anche supponendoli buoni o semplicemente toJlerabili, non avrebbero potuto questi essere assecondati, nè in alcuna misura raggiunti perchè troppo qui inopportuno il momento e troppo pure compromesso il nome del Canini, il quale si dice convertito, ma non era -conosciuto in .questo paese che quale un ardente mazziniano; ed in prova, il solo·timore del di lui sbarco avendo gettato l'allarme non solo fra le autorità rumene, ma altresì fra i Consoli esteri che s'erano affrettati di dame avviso ai loro Governi.

Di qui è a prevedere quale potrà essere il suc-cesso della Società ItalaRumena della quale il Canini si proclama fondatore.

Il signor Boeresco, giornalista, rimase in coni•spondenza col Canini, dopo la partenza di costui. Div-enuto Ministro fece promesse che non possono vincolare i suoi succe,s·sori, ma quindi ripulse le istanze del suddetto per essere nominato Agente dei Principati presso il R. Governo, poi almeno Segretario dell'Agenzia ed infine per ottenere sussidii di denaro, •fu interrotta ogni relazione con lui.

Si disse anche ·che, promossa dal Canini si volesse qui formare una legione Rumena per l'Italia ed alcune persone appartenenti al partito estremo raccoglievano già soscrizioni, ed andavano in kaccia di un generale, non essendosi ancora trovati soldati.

La circostanza che lo .si volesse, tre anni or sono, consegnare all'Austria sarebbe assai drammatica, ma sgraziatamente pel signor Canini non ha ombra di fondamento, e già dissi come invece in quell'occasione gli sia stata usata molta benignità; il Principe Couza lo avea anzi fatto ·chiamare a se, per veder forse che sarebbevi stato alcun modo di salvarlo, ma non glielo fomì il Canini, rispondendo che sua missione era di far guerra ai tiranni.

Delle mina-ccie poi con cui termina la lettera non fo caso alcuno, sapendo che iì Canini abbia naturalmente un carattere assai esaltato, e d'altronde non curo mai le conseguenze degli atti che compio col convincimento del dovere.

Il medesimo volendo ad ogni costo penetrare in Valachia e di là in Servia, pensò anzitutto di trarmi in inganno dirigendomi una lette:r;'a datata da Costantinopoli, che io ho rasse,gnata a V. E. ,col mio n. 213, ma invece non prosegui oltre a Tulcia ove sbareò ed accompagnato da ~certo Kavalambi, che non è altramente un as,sassino del principe Couza, sibbene un Agente della polizia del 'SUO governo, a quanto mi disse il Principe stesso, s'inoltrò per terra e per la riva destra del Danubio, ·che tentò di traversare a Giurgevo, ma ne fu impedito da quel Pred:etto, fino a Zimnicia, ove riuscì di sbarcare, inoltrandosi poi sul territorio Valaco fino ad Alessandria nella quale dttà venne arrestato e di là mi ha spedito la lettera più calma che pure compiego al n. 2 (1).

Qui cominciavasi ormai a non (parlar più ·che del Canini e dei progetti suoi politici che ingigantivano di bocca in bocca. Recatomi pertanto dal Principe fui fortunato d'incontrare colà, essendo giorno di sabbato, riservato al rice'Vimento degli agenti esteri, i miei ,colleghi d'Inghilterra e di Russia ed il Reggente il Consolato Generale di Francia, che col mio contegno e le mie parole potei perfettamente ~edificare e per essi gli altri assenti; il Principe invece si mostrò si calmo e moderato che, prevenuti come si è ~sempre sul conto suo, ingenerò sospetti, se non affatto 'di complicità, almeno di compiacenza. Io in sostanza deplorai e condannai i fatti del Canini, e chiesi, mostrandosi il Principe irresoluto su quel ~che convenisse !fare, che 'gli si usasse indulgenza, avuto riguardo alla sua naturale esaltazione di spirito, e venisse perciò tradotto in carrozza, senza alcun aa;J~Parato di forza fino a Galatz, ove l'avrei !fatto ritenere al Consolato fino al sabbato seguente .in cui sarebbe stato imbarcato sulle Messaggerie Imperiali e respinto cosi in ·Italia.

Due giorni dopo, verso il mezzodi, in compagnia del Ministro dell'Interno che era venuto a cercarmi, per desiderio anche di S. A. andai a vedere il Canini, che, giunto alla barriera di Bucarest, diretto a Galatz, non si desiderava entrasse in dttà. Il Ministro aveva in altri tempi :protetto il Canini e si uni meco, con apparente successo, per calmare il suddett'uomo ed indurlo ad assecondare di 'buon animo le misure che erano state prese a di lui riguardo. Il Canini però dimenticando in quel momento le miserie sue, con sempre eguale fanatismo ci scongiurava a lavorare dietro <il programma di Klapka e Kossuth che diceva in parte opera sua, ed indurre il Principe e spedire a Torino alcuni Rumeni che potessero porsi in ·comunicazione coi Se11bi, i Croati ed altri che già vi si trovavano e simili altre ,cose, fra cui faceva sgraziatamente allusioni che avrebbero potuto farlo credere rivestito di un'autorità che certo non gli appartiene.

Già prima il Ministro esprime'Vami a nome di S. A. rincrescimento per l'eccesso di zelo spiegato dal Prefetto di Turno-Magurele, il quale aveva circondato di guardie il Canini e sequestrategli carte e denaro, assicurandomi che in giornata quel Prefetto sarebbe stato destituito. Lo stesso Ministro restituì al Canini una trentina di lire turche, un pacco di carte portante ancora i suggelli della Prefettura di Turno-Magurele che si volle qui lasciare intatto, ed un Registro giornale, sciolto, da cui il Direttore del Ministero dell'Interno, per altro eccesso di zelo, avea estratto, sotto ad una segreta coperta, parecchie altre lettere Ìra

cui, una almeno diretta al Principe Couza, cui erano state recate, scritta dal Generale Klapka, come del resto si venne a sapere. Richiestone nei giorni appresso dall'Agente Austriaco, S. A. rispose che in v·erità aveva visto tre o quattro di queste lettere ma che avevano scrittura e firma illegibile.

Allontanati gendarmi e ·guardie e !asciatene una sola in abito borghese, il Canini prosegui in buona carrozza alla volta di Galatz. Ma fu grande il mio stupore quando verso sera ricevetti un biglietto dal Ministro dell'Interno col quale mi si avvisa.va .Clhe, ritferite al Principe Couza tutte le circostanze del colloquio col Canini e le pressanti jstanze che questi faceva dapprincipio perchè lo si facesse tradurre invece a Turno-!Severino onde di là potesse passare in Servia, per la quale destinazione avea passaporto regolare, si era deciso di a~~econdare questa domanda, e che perciò si era spedito un gendarme sulla via di Galatz [per far retrocedere la ·carrozza del Canini (che fu raggiunto a Plojesti) ed avviarla per l'opposta direzione di Turno..::;everino.

Era troppo tardi perchè si potesse porre ostacolo a questa nuova determinazione; d'altronde pensai che non convenisse a me mostrarmi più severo verso il Canini ·che non il Governo stesso dei Principati, che illlfine io aveva già fatto abbastanza per porre pienamente in salvo la posizione mia e quella del R. Governo e che perciò poteva lasciare al Principe Couza tutta intiera la reSIPonsabiHtà degli ultimi atti suoi.

Questi produssero un'alquanto viva impressione in paese e specialmente fra i miei colleghi. I più benevoli suppongono che siano stati inspirati dal timore che ebbe Couza del Canini e del suo partito, gli altri dalla compiacenza che avrebbe il Principe del disordine in casa altrui, sperando forse di poterne trarre in qualche modo vantaggio a vece di temere di rimanerne vittima egli primo. Il Principe poi ufficialmente dice ·Che pur non volendo il Canini nei Principati non spetta a lui di far la Polizia per conto d'altri e che nè la Porta nè il Princ1pe Michele lo avevano richiesto d'impedire al Canini l'andata sua in Servia.

Colà giunto il Canini, ·con aria d'uomo assai contento del fatto suo, mi scrisse la lettera che qui unisco al n. 3 (1), e fummi recata da individuo sconosciuto. Molte altre lettere e stampati egli ebbe pur mezzo di lfar qui pervenire a molte persone e domenica scorsa, doè avant'ieri, il Giornale democratico di Bucarest, il Romanul, redatto dal signor Rosetti, il quale II'imase sempre il più fedele amico del Canini ed in corrispondenza con lui, stampò senz'altre paure il proclama di Garibaldi ai popoli dell'Europa Orientale, il Programma di una Confederazione Danubiana sottoscritto da Klapka e Pulszky, e quello della Società !taio-Rumena, firmato dallo stesso Canini e dal Prof. D'Ancona e da molti illustri promotori. Uni'sco un esemplare del numero suddetto (2). L'Agente Austriaco reclamò verbalmente presso il Ministro degli Affari Esteri, il quale, pur facendo le dichiarazioni le più rassicuranti, rispose che stante la legislazione in vigore, non si avrebbero potute impedire simili pubblicazioni.

La menoma ambiguità nella mia ·condotta avrebbe avuto una troppo grave significazione per non sollevare reclami e difficoltà nuove al R. Governo. Credo invece che sia apparsa, siccome già dissi, soddisfacentissima e sia così stata da noi allontanata ogni qualunque responsabilità.

(1) Non allegata.

(1) Non allegata.

(1) -Non allegata. (2) -Non allegato. Il proclama di Garibaldi ai popoli dell'Europa Orientale, Brescia, 10 aprile 1862, è in CosTAS KEROFILAS, La Grecia e l'Italia nel Risorgimento Italiano. Fil'lenze 1919, pp. 174-175; il programma Klapka-Pulszky è il n. 251.
611

IL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. CONFIDENZIALE S. n. Roma, 29 luglio 1862.

Questo Comitato Nazionale mi ha diretto una lettera con preghiera di comunicarne il contenuto a V. E. ed a S. E. il Presidente del Consiglio. Non ho creduto perciò rifiutarmi al suo desiderio, trasmettendola qui acclusa in copia, e pregando la di Lei gentilezza a scusarmi se in tutto ciò vi può essere qualche cosa di contrario alle di Lei intenzioni.

Si fu egualmente per compiacere detto Comitato, ·che trasmisi oggi a V. E. un telegramma, per mezzo del Sotto Prefetto di Rieti, giacchè le di Lei istruzioni le avevo già al medesimo comunicate per di Lei ordine, e qualunque fosse il pensiero del R. Governo nel dettarle, esso doveva darsene per inteso e regolarsi in conseguenza.

Non posso però nasconderLe l'equivoca situazione di detto Comitato nanti questa popolazione sentendo tutt'altri sentimenti di quelli che è costretto a predicare, e forzato ad infondere parole di moderazione ad un popolo che soffre da troppo tempo per più a lungo contenersi. D'altronde difficilmente può entrare in questi animi la persuasione che il R. Governo sia estraneo ai moti che $i preparano, e che non vi sia consenziente eziandio quello dell'Imperatore, tantopiù che gli uffiziali francesi vanno esprimendosi in modo tale da non !asciarne dubbio. È bensì vero che il Comitato dichia['a di agire nel senso delle istruzioni avute dal R. Governo, ma il popolo non si acquieta, addebitandolo della inerzia a cui lo condanna, e che eosso crede pregiudicievole ai suoi interessi. Tale equivoca posizione si rivolge poi a mio riguardo sia verso al Comitato come alla popolazione, se .non che io non devo curarmi, come non mi curo infatti di qualsiasi insinuazione in proposito, lasciando ad essi ed al loro buon senso di giudicare sino a qual punto debbano uniformarsi.

In ogni modo sarei lieto, e riconoscentissimo alla somma compiacenza di

V. E. qualora per ogni eventualità che potesse insorgere vole,~se favorirmi istruzioni, e c10 vieppm nel caso possibilissimo che entrando nello Stato Pontificio truppe o bande di volontari mi si ·chiedesse partecipazione ed appoggio dei

medesimi.

ALLEGATO.

IL COMITATO NAZIONALE ROMANO

A TECCIO DI BAYO

La situazione nostra si fa sempre più grave. Da ogni parte ci giungono lettere che ci affermano prossimo un tentativo di Garibaldi nelle Provincie ancora Papali, e ci stimolano ad accordarci con lui. Emissari di Garibaldi sono in quelle Provincie, sono anche in Roma, e si agitano, e tentano ogni mezzo per iscalzare la fiducia che il popolo romano ci ha sin qui mantenuta salda. Voi vi compiaceste di comunicarci un telegramma del Signor Generale Durando, col quale ci poneva sull'avviso di non fare movimenti interni, e di astenerci dal prender parte a folli tentativi che si praticassero all'esterno (1). Noi, come sempre, ci siamo attenuti a queste istruzioni del Governo, poichè siamo convinti che ogni iniziativa al di fuori di esso potrebbe anzicchè giovare, ed affrettare nuocere, ritardare la soluzione della nostra questione: ma le ingiurie scagliateci addosso dal Petruccelli della Gattina in Parlamento, pel contegno che noi teniamo (contegno insinuatoci dal Governo) ci sono giunte a complicare la nostra situazione. Per se stesse sarebbero state nulla, ma dove ha dato forza il silenzio assoluto del Generale Durando intorno a noi. Egli ha risposto a tutto, non ha avuto una parola per noi Romani che sa pure essere in lotta coi partiti estremi che ci eccitano al di dentro, e al di fuori. Ciò ha dato un'arma agli agitatori. Vedete?-essi van predicando-Se il Governo approvasse il contegno dei Romani, se fosse vero che il Comitato è interprete fedele dei suoi disegni, il Ministro degli Esteri non avrebbe lasciato noi Romani sotto il peso della ingiuria, e delle accuse fatte loro dal Petruccelli. Questo argomento, Signor Console, non è illogico, e perciò da trovare di leggeri chi vi si lasci prendere. Vi confessiamo che questo fatto combinato con tutti gli altri che rendono la presente situazione assai critica per noi c'induce a riflettere seriamente. È forse il Governo tacitamente consenziente nei tentativi di Garibaldi? Ovvero seguendo la massima che di cosa si fa cosa vuole lasciare fare, e tenersi nella posizione di disapprovare il contegno del Comitato romano se gli avvenimenti pieghino favorevoli a Garibaldi? Questa seconda ipotesi, quantunque sia respinta dalla fede che noi portiamo nella onestà, e sul senno del Presidente, e di tutto il Consiglio dei Ministri del Re, pure si affaccia alla nostra mente. Insomma il silenzio assoluto nella nostra condotta accusata, che il Generale Durando ha rigidamente osservato, fa molto seria, ed intrigata la nostra situazione, mentre una sua parola sarebbe bastata per fortificarla. Se la fiducia che il paese ha in noi si altera di un punto, noi non possiamo più tener fronte alla impazienza pubblica fomentata da continui eccitamenti. Essa irromperà tanto più sfrenata quanto più è stata compressa, e quanto più dubiterà il popolo di essere stato guidato in una falsa via. Noi abbiamo dato prove di abnegazione nel tenerci nel posto in cui siamo. Ma quando noi sentiamo di non esservi sostenuti da chi lo può, e lo dovrebbe, quando il difetto di questo sostegno ci rende impossibile una azione vigorosa contro i partiti estremi, quando infine ci persuadiamo di non potere, per le addotte ragioni, far l'utile del nostro paese, cessa in noi il dovere di sacrificare la nostra individualità. Noi pertanto abbiamo risoluto di dimetterci: assuma chi vuole la direzione delle nostre cose locali, noi non intendiamo di durare oltre nella responsabilità di mantenere il paese nella via indicataci do>.l Generale Durando,

accusata in pubblico Parlamento, nè dal Ministro stesso difesa, come giusta, ed utile al paese, e alla soluzione della nostra questione.

Voi ci siete testimonio, Signor Conte, dei nostri sforzi per mantenere il paese nella devozione del Governo, e del frutto ricavatone. Voi potete affermare che la lotta continua da noi sostenuta contro ogni agente di società provocatrici alla rivolta è stata sempre vinta da noi, che perciò non vogliamo più rimanere nella posizione che privi dell'appoggio del Governo, ed incerti della sua approvazione, verrebbe presto il giorno che non potremmo più tenere. Noi vi domandiamo dunque:

l) È il Governo pronto a cogliere, o a far nascere, e sollecitamente, un'occasione per dichiarare in Parlamento che la condotta dei Romani è approvata da lui? 2) Nel caso di un tentativo di Garibaldi, e questo temiamo sia non lontano, è il Governo pronto a darci chiare, rette, precise istruzioni?

Se il Governo non sia disposto ad appagare queste nostre domande, che ci sono dettate dalla situazione critica in cui ci troviamo, noi rientriamo nella nostra individualità, e il paese si regolerà come meglio crede.

Vi preghiamo, Signor Conte, di sottoporre al giudizio del R. Governo questa nostra lettera, e d'insistere perchè per vostro mezzo egli si piaccia di farci conoscere quali siano le sue intenzioni in proposito. Ogni indugio peggiorerebbe d'assai le nostre condizioni.

(1) Cfr. n. 500.

612

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 268. Torino, 30 luglio 1862, ore 9,15. Monsieur le Général d'armée De Sonnaz part ce soir pour Pari.s, il vous

fea:-a dire où illogera. Il est accompagné par une Mission Militaire et une Mission Diplomatique provisoire pour installer la Légation Italienne à Pétersbourg.

613

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI-GAROFOLI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 239. Madrid, 30 luglio 1862. Ho rimesso ieri ·come presentii nel mio ra11Jporto, ch'ebbi l'onore d'indirizzare a V. E. il 28 corrente (1), la ·copia d'uso in mani di S. E. il Signor Calderon Collantes e la lettera Reale accompagnata da nota allo stesso Ministro per farla giungere a S. lVI. Nell'abboccamento avuto col Ministro di Stato mi studiai di farlo entrare nella questione del riconoscimento, e sebbene abbia osservato in lui una certa tal rara parsimonia di parole, pure mi disse, che non perdeva di vista quella questione, che .grandi difficoltà esistevano per la Spagna ed erano la fede cattolica della nazione intera, la quale impediva di precipitare una decisione che poteva urtare il sentimento religioso di quasi tutto il paese. Che la Regina non nutriva per certo avversione per uno o !Per altro stato di cose, ma che il sentimento religioso era in Lei fortissimo e che poi da questo lato s'incontrava altra difficoltà ed era il sentimento generoso della Sovrana che parevale far atto di bassezz·a abbandonando ·compiutamente in tali momenti i Principi suoi parenti. Ma soggiunse le difficoltà non stabiliscono un'impossibilità perciò tutto esamino e non perdo di vista la questione, le cose gravi si devono maturare poco a poco e cosi prepararle. Da queste parole vaghe per verità credei però trovare la coruferma che già esposi a V. E. che tutto lo studio dei Ministri è di preparare l'animo della Regina incontrato contrario al primo passo !fatto al giungere la notizia del riconoscimento della Russia e della Prussia, comprendendo essi l'impossibilità per la Spagna di rimanersi più a lungo isolata. Il Signor Calderon Collantes mi parlò del discorso di V. E. e come è naturale non [potè che elogiarlo e mi disse, in esso si vede che il Generale Durando come in altra epoca il Conte di Cavour, comprende l'eccezionale posizione della

Spagna e che qui non è possibile risolvere prontamente una quistione che interessa la reHgione sola dominante nel Regno e l'altra non meno grave gl'interessi dinastici.

Senza che s'attendesse ieri ·comparve nella Gazzetta la nomina di questo Sotto Segretario di Stato Comyn ad Inviato Straordinario a Costantinopoli. Il poco accordo ·che re·gnava tra detto funzionario ed il Signor Calderon motivò tal destinazione poco gradita a chi pare si voglia rimunerare pei servizi prestati.

(1) Non rinvenuto.

614

VITTORIO EMANUELE II A OTTONE, RE DI GRECIA (Minuta di risposta)

S. d. (luglio 1862).

Je viens de recevoir Votre lettre qui m'a été remise par le Colone! Botzari. Je ne puis qu'admirer les sentimens qui l'ont dictée et Vous remercier de la confìance que Vous mettez en moi. J'ai mis aussitot le Colone! en relation avec les personnes sur lesquelles il peut entièrement confier. J.e désire en tout ce que je pourrai etre agréable à Votre Majesté. Je fais des vreux bien •sincères pour le bonheur et la gioire de Vo1lre Majesté et pour l'accomplissement des .grandes destinées du peuple Ellénique.

615

GARIBALDI A VITTORIO EMANUELE II

(Ed. in Da. Aspromonte a Mentana, p. 22, n. 2)

T. S. d. (ma fine luglio 1862).

... L'affaxe della Grecia è un affare rancido; ne parlerò poi con V. M. quando saremo a Roma ...

616

NAPOLEONE III A VITTORIO EMANUELE II (Ed. in Da Aspromonte a Mentana, p. 22, n. l)

T. S. d. (ma 31 luglio 1862) (1).

. .. J'ai toujours désiré de quitter Rome ·avec l'assentiment du Pape; mais Garibaldi m'y fixe de plus pa~r •ses menées; je ne céderai jamais à la menace, et je ferai mon devoir quelques soient les conséquences ...

(1) È certamente un brano del telegramma che Rattazzi trasmetteva al Re il 31 luglio col seguente commento (A. Luzro, Aspromonte e Mentana, Firenze 1935, p. 146): c Eccole il dispaccio in risposta dell'Imperatore. Vedrà V. M. quanto sia sibillino: ciò peraltro che v'ha di chiaro si è che l'Imperatore non vuole a qualsiasi patto andarsene da Roma. Dice che prima era pronto a partire col consenso del. Papa. Parmi bastasse questo per dire che volevEstarvi perpetuamente per'chè il Papa non gli dirà mai d'andarsene, sinchè ne avrà bisogno ed il bisogno IllOn cesserà sino a quando gli austriaci potessero prendere il di lui posto. Ma oltre di ciò egli aggiunge che ora le minaccie di Garibaldi Io faranno stare ancora più fermo. Tante grazie! Cosi possiamo essere sicuri che vi starà per omnia saecula. Comunque è bene che si conosca il di lui pensiei1o ed è pot bemssimo che V. M. Io abbta direttamente avvertito: avvenga qualunque cosa, ~on potrà dire che V. M. abbia mancato a quei riguardi che potevanoconsiderarsi dovuti per ragioni di convenienza..•.. •.

617

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CARACCIOLO DI BELLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

T. 401. Costantinopoli, 31 luglio 1862, ore 11 (per. ore 23,30). Lord Bulwer proposa à la Conférence d'aujourd'hui que la Porte fasse les concessions suivantes appuyées par Prokesch-Osten, acceptées par le Plénipotentiaire Ottoman. Démolition du faubourg turc de Belgrade et des deux forteresses. Variations proposées par la France. Démolition de toutes les forteresses excepté peut-etre Belgrade. Ultimatum. La Porte refuse la démolition des forteresses sur la Save et le Danube, la Porte prit l'engagement d'en faire faire part par ,ses représentants aux Cabinets des Cours Garantes. Sur les instances de

Lord Bulwer la pi:ochaine Conférence est fixée à dimanche en prévision de complications futures. Donnez instructions précises.

618

IL MINISTRO AD ATENE, MAMIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DURANDO

R. 76. Atene, 31 luglio 1862. Dalle parole violente del Garibaldi contro la Francia il governo del re Ottone piglia speranza che quel generale non mediti alcuna cosa intorno la Grecia ma volti i suoi pensieri altrove. Ciò comincia a mettere in calma l'animo di questi Ministri che da qualche tempo vivono di sospetto e paura. Qui senza farla da moralista viene troppo acconcia la considerazione di quanto sia misero lo stato d'un governo sfornito d'ogni autorità, timoroso d'ogni avvenimento, incerto d'ogni avvenire. Debbo avvertire V. E. che il re Ottone è lietissimo della nuova assicurazione avuta dal Signor Roque che i nostri reali Principi non toccheranno il suolo del regno Ellenico. E perchè il console greco di Smirne scrive che in quella città si apparecchiano a festeggiare i due personaggi in modo assai clamoroso e antibavarico, il Palazzo desidererebbe fosse il viaggio delle L.L. A.A. in Oriente rinlesso a tempi più quieti. È utile che V. E. sia ra,gguagliata anche di questo particolare, potendo avvenire che 'simili cose o non si scrivono al Signor Roque in Torino o il Signor Roque non comuni·ca a V. E. Questo ministro delle relazioni esteriori (persiste a dire che dalla parte di

Missolounghi qualche legno inglese è in crociera e che a Cattaro la flottiglia austriaca si va ingrossando di navi ogni giorno.

ADDENDA

619

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (1) (M R R, busta 591, fase. 93)

Torino, 11 gennaio 1862.

Lei sarà stupito di non sapere più niente di quà ricevetti le sue due lettere, lessi quelle che lei mandò a Rattazzi e a Castelli, ma vedo che lei manca di fede,

si credette dimenticato, e con lei le nostre cose, e per ciò più non mi scr1sse, dicendo son certo, che qui tutto va a,d magnam.

Qualche cosa va cosi, ma non tutto, io per esempio sono sempre impavido ed attento, lavorai moltissimo, ed ho, credo, preparato da me solo tutto l'avvenire del '62, gli altri non facendo niente: non le parlerò della questione ministero, ne sarà perfettamente al corrente da quello che le avranno scritto gli altri, ma spero che si scioglierà questo benchè quei Signori non vogliono capire e tengono i portafogli coi denti stretti. La prima delle ragioni per la quale non le scrissi è che in questi ultimi tempi essendo io a studiare l'avvenire, la Francia non poteva ajutarmi in niente prima ch'io avessi fatti i miei calcoli, e la sola cosa in cui poteva venirmi ·in ajuto era la quistione Romana, e la Francia non volendone sapere, era inutile sul momento di farlo lavorare Lei.

o"ra ho bisogno che lei sappia dirmi tre cose:

1°. Che effetto fece la mia lettera all'Imperatore.

2°. Perchè l'Imperatore non volle ricevere Tii.rr da me mandato. Klapka non potendo partire. 3o. In che maniera di pensare si trova l'Austria (1) e la Prussia sul riconoscimento perchè credo ·Che è importante che la cosa si faccia presto.

Essendovi molta carne al fuoco e le cose facendosi più serie, guardi di partire subito e venirmi a trovare facendo consapevole l'Imperatore della sua partenza e dicendoli, se però Lei è ancora nelle grazie imperiali, che desidero farle sapere molte cose per mezzo suo, essendo troppo Jungo me.tterle in lettera. Ma le dica prima di partire, ·Che da buona sorgente Austriaca e anche dal Principe Oscar seppi che l'Austria forte del non intervento della Francia nella questione Italiana, medita ed ordisce per questa Primavera la maniera di attaccarci all'impensata, come noi abbiamo fatto nell'Umbria e nelle Marche, per finirla una volta dicono loro; non posso dire come lo so, ma che si mediti questo progetto è cosa sicura.· Noi questa Primavera saressimo mal pronti, non così da qui a 5 o 6 mesi; l'Imperatore potrebbe fare svanire questi progetti dicendo che se l'Austria ci attacca la prima esso prende fait et cause, per me, questo farà ritardare l'Austria.

Venga, lo aspetto e combineremo, io feci già tutto il lavoro, mentre Lei credeva ch'io vivessi nel sonno. A rivederla :fra breve, cominci a rimandarmi Cusano con queste risposte.

3g -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. II.

(1) Sola firma autografa. Si trova nel fondo Nelson Gay. Per il contenuto, cfr. nn. 20, 32.

(1) Si tratta evidentemente d'un lavsus invece della Russia. Russia, infatti, è scritto in un'altra copia della stessa lettera, fatta il 16 maggio 1885 dal collezionista romano Giancarlo Rossi e conservata nella collezione Piancastelli di Forli.

<
APPENDICI

APPENDICE I

AMBASCIATE E LEGAZIONI ITALIANE ALL'ESTERO

BELGIO

Bruxelles -LUPI DI MoNTALTo conte Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MAROCHETTI barone Maurizio, segretario di legazione di seconda classe; GERBAIX DE SoNNAZ Carlo Alberto, addetto.

BRASILE

Rio de Janeiro -GALATERI DI GENOLA Gabriele, incaricato d'affari (fino al 30 marzo); FE' D'OsTIANI conte Alessandro, ·incaricato d'affari (dal 30 marzo).

CONFEDERAZIONE GERMANICA

Francoforte -DE BARRAL conte Camillo, ministro residente; SEYSSEL DI SoMMARIVA marchese Alberto, segretario di legazione di seconda classe; GoNELLA nobile Alfonso, addetto.

DANIMARCA

Copenaghen -MIGLIORATI marchese Giovanni Antonio, incaricato d'affari.

FRANCIA

Parigi -NIGRA Costantino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ARTOM !sacco, segretario di legazione di prima classe (dal 3 marzo); INCONTRI marchese Luigi, segretario di legazione di seconda classe; BoYL DI PuTIFIGARI conte Alberto, segretario di legazione di seconda classe; SoRMANI MORETTI conte Luigi, segretario di legazione di seconda classe; ALBERTI MORI UBALDINI conte Arturo, addetto; DE GREGORIO Leopoldo, duca di Noia, addetto.

GRAN BRETAGNA

Londra -TAPARELLI D'AzEGLIO marchese Vittorio Emanuele, inviato straordinario e ministro plerripotenziario; CoRTI c~nte Luigi, segretario di legazione di prima classe; MAFFEI DI BoGLIO conte Carlo Alberto, segretario di legazione di seconda classe; LANZA dei principi di Butera Francesco, segretario di legazione di seconda classe; CoLONNA DI FIUMEDINISI marchese Gabriele, addetto.

GRECIA

Atene -MAMIANI DELLA RovERE conte Terenz'io, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; JoANNINI CEVA DI SAN MICHELE conte Luigi, segretario di legazione di seconda classe.

PAESI BASSI

L'Aja -TALIACARNE marchese Andrea, incaricato d'affari (fino al 15 marzo); CARUTTI DI CANTOGNO barone Domenico, ministro residente (dal 15 marzo); RATI OPIZZONI conte Luigi Carlo, segretario di legazione di prima classe; SCOTTI Alberto, addetto.

.PLATA

Paranà -ULISSE BARBOLANI conte Raffaele, incaricato d'affari.

PORTOGALLO

Lisbona -PEs DI SAN VITTORIO conte Della Minerva, Domenico, incarica,to d'affari; DELLA CROCE DI DOJOLA conte Enrico, .segretario di legazione di seconda Classe.

PRUSSIA

Berlino -DE LAUNAY conte Edoardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; QUIGINI PULIGA conte Efisio, segretario di legazione di prima classe; PERRONE DI S. MARTINo barone Ferdinando, segretario di legazione di seconda classe.

RUSSIA

Pietroburgo -OLDOINI marchese Filippo, incaricato d'affari (dal 29 luglio).

SPAGNA

Madrid -TEcco barone Romualdo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (assente); CAVALCHINI-GAROFOLI barone Carlo Alberto, incarkato d'af~ ifari interinale; AVOGADRO DI COLOBIANO ARBORIO Francesco, addetto.

STATI UNITI

New York -BERTINATTI Giuseppe, ministro residente; CovA Enrico, segretario di legazione di seconda classe.

SVEZIA E NORVEGIA

Stoccolma -MIGLIORATI marchese Giovanni Antonio, incaricato d'affari (fino al 27 marzo); TALIACARNE marchese Andr€a, ministro residente (dal 27 marzo; ma raggiunse effettivamente la sede 1'8 settembre); DE MARTINO Renato, segretario di legazione di seconda classe.

SVIZZERA

Berna -JocTEAU Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SALLIER DE LA TouR conte Vittorio, segretario di legazione di prima classe; Tosi Antonio, segretario di legazione di seconda classe; AsiNARI DI S. MARZANO conte Ermolao, addetto; ZANNINI conte Alessandro, addetto.

TURCHIA

Costantinopoli -CERRUTI Marcello, ministro residente (fino al 6 maggio); CARACCIOLO DI BELLA mar.chese Camillo, 'inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 26 luglio); GREPPI conte Giuseppe, segretario di legazione di prima classe, incaricato d'affari daJ 6 maggio al 26 luglio; TORNIELLIBRUSATI conte Giuseppe; addetto; VERNONI Alessandro, dragomanno in lo; GRAZIANI Edoardo, dragomanno in 2°; BARONE Antonio, dragomanno 'in 2°.

APPENDICE II

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

MINISTRO

RICASOLI on. barone Bettino (1).

SEGRETARIO GENERALE

CARUTTI DI CANTOGNO Domenico (2).

CAPI DI DIVISIONE DI PRIMA CLASSE

CRAVOSIO barone Luigi Bartolomeo (Direttore Capo della Divisione delle Legazioni (3); CAPUCCIO Alessandro (Direttore Capo della Divisione amministrativa).

CAPI DI DIVISIONE DI SECONDA CLASSE

SusiNNO Romano (Capo della Sezione Ili delle Legazioni).

CAPI DI SEZIONE

GRAVIER Paolo Camillo; TRossr Giuseppe (Capo della Sezione I della Divisione amministrativa); GATTINARA DI ZuBIENA conte Giuseppe (Capo della Sezione I della Divisione consolare); SALVINI Luigi; CoRso Edoardo (Capo della Sezione II delle Legazioni).

SEGRETARI DI PRIMA CLASSE

ScHIARI conte Domenico; VALLETTI Maurizio; CAVALLI n'OLIVOLA Giovanni; ARNAUD DI CHATEAUNEUF Felice; FALCONET Giuseppe; GAL G. Battista; CANTON Carlo.

(1) -Fino al 3 marzo; dal 3 al 31 marzo Rattazzi on. Urbano; dal 31 marzo Durando Giacomo, luogotenente generale, senatore del Regno. (2) -Fino al 2 marzo. Nel Ministero successivo il consigliere di Stato on. Luigi Amedeo Melegari fu c chiamato al Ministero per compiere quegli uffizi che gli saranno affidati e che non richiedano specialmente la firma del Ministro •, svolgendo di fatto le funzioni del Segretario Generale. (3) -Circa le competenze dei singoli uffici, vedi R. MoscATI, Le Scritture del Ministero degti Affari Esteri det Regno d'Italia dal 1861 al 1887, Tipografia riservata del Ministero degli Affari Esteri, Roma, 1953.

SEGRETARI DI SECONDA CLASSE

BLANC Alberto; PEtROLI Augusto; FESTA Carlo Stefano; TROY Cesare; Mo Carlo Alberto; PoNs Emanuele Eusebio; CARRERA Angelo Gustavo.

APPLICATI DI PRIMA CLASSE BRASCHI conte Daniele; CATTANEO Angelo; CENTURIONE marchese Enrico.

APPLICATI DI SECONDA CLASSE

Pucci-BAUDANA Eugenio; BARRILIS Diego Lorenzo; TRABAUDI-FoscARINI Marco; RADICATI DI BROSOLO conte Casimiro.

APPLICATI DI TERZA CLASSE BoREA D'OLMO marchese G. Battista; CAPELLO Carlo Felice.

APPLICATI DI QUARTA CLASSE

MoNTARSINo Francesco; BAZZONI Augusto; JACQUIER Vittorio; MARGARIA Augusto; LATTES Giuseppe; BERNONI Luigi.

PROFESSORE CALLIIGRAFO BERTOLLA Giuseppe.

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

Presidente: ScLOPIS DI SALERANO conte Federico, pi"imo presidente di corte d'appello, vice presidente del Senato del Regno.

Vice Presidente: SAULI D'IGLIANO ·conte Lodovico, senatore del Regno.

Segretario: N. N.

Consiglieri: BARBARoux Carlo, consigliere della corte d'appello del Piemonte; MANCINI Pasquale, professore di diritto internazionale nella R. Università di Torino; PtNCHIA Carlo, Consigliere di Stato; VxscoNTI-VENOSTA nobile Emilio; ALFIERI DI MAGLIANO cortte Carlo.

CORRIERI DI GABINETTO BAJ.LESIO Giovanni Battista; ARMILLET Giuseppe; CoLLINo Cand.idQ.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

Belgio -SoLVYNS visconte Henri, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BARTHOLEYNS DE FOSSELARET, segretario di legazione.

Brasile -SAUVAN VIANNA DE LIMA Cesar, incaricato d'affari.

Francia -BENEDETTI Vincent, inviato straordinario e ministro plen'ipotenziario; DE MASSIGNAC, conte, primo· segretario; LÈ SouRDÈ George, secondo segretario; DE BouRGOING conte Othon, addetto; DE CuRVAL, visconte, addetto; Du CASSE, barone, cancelliere.

Gran Bretagna -HuDSON sir Jame.s, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SACKVILLE WEST Lyonel, addetto; FENTON Henry Philip, addetto; DE BURGH lord Herbert, addetto; DUDLEY SAURIN, addetto; SANDFORD Graham, addetto; CADOGAN onorevole George, colonnello, addetto militare; SMALwooD capitano Edward, cancelliere.

Grecia -KALERGIS maggior generale Demetrius, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RoQUE Phocion, incaricato d'affari interinale.

Paesi Bassi -HELDEWIER IKHR Maurice, incaricato d'affari.

Portogallo -FERREIRA BoRGES DE CASTRO Josè, incaricato d'affari; DI THOMAR ·conte A., addetto.

Prussia-BRASSIER DE S. SIMON VALLADE conte M. Anton Josef, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; voN BuNSEN Karl, consigliere di legazione; VON ScHMIDTALS Richard, segretario di legazione; VON BUDDENBROCK, barone, addetto; WEBER, dottore, medico dell'ambasC'iata.

Spagna -DE DuRo Augusto, incaricato daffari; EscALANTE D. PEDRO,-addetto.

Stati Uniti -PERKINS MARSH Geol.'lge, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DILLON Roman, segretario di legazione.

Svezia e Norvegia-HocHSCHILD barone Carl Ferdinand Lotar, incaricato d'affari.

Svizzera -TouRTE Abraham, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Turchia -RusTEM BEY, ministro residente; CARADJA BEY, primo segretario.